HI -TE CH
Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/Milano
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AMBIENTE
MENSILE - TECNOLOGIE AMBIENTALI PER L’INDUSTRIA E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE -
ANNO XXXII APRILE 2021
N4
SALUTE E SICUREZZA
TRE MODI POSSIBILI
Il controllo delle polveri
Il punto sulla produzione di idrogeno
a pagina 32 a pagina 37
TECNOLOGIE ED ESEMPI DI SUCCESSO
DA BIOGAS A BIOGNL, ECO-ENERGIA CONCENTRATA a pagina 22
SOMMARIO PANORAMA
SPECIALE "DA BIOGAS A BIOGNL”
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PolyREC rendiconta il riciclo di plastica in UE
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I rifiuti urbani in Italia
SICUREZZA
Il controllo delle polveri
Produzione in lieve calo e differenziata a +3,1% in un anno, con le regioni del Meridione che superano il 50% e Treviso che si classifica come la città più virtuosa
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Stop alle polveri con EcoFog Gli impianti abbattono all’origine le emissioni polverose inquinanti mediante un flusso continuo di nebbia micronizzata
DEPURAZIONE Il trattamento MBR dei reflui di raffineria
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Abbattimenti tra 82 e 99% nei principali indicatori di inquinamento sono stati ottenuti impiegando bioreattori con membrane a fibra cava
TECNOLOGIA
Il punto sulla produzione di idrogeno
La bio-pulizia dei carrier MBBR
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L'idrogeno verde a costo ridotto
Il trattamento dei reflui tessili
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La tecnologia degli evaporatori Formeco, impianti modulari a multiplo effetto e a basso consumo energetico, per la depurazione dell’acqua contaminata dagli inchiostri
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Mediante reforming del metano, con o senza CO2 emessa catturata e riutilizzata, per elettrolisi dell'acqua, per fermentazione o per pirolisi di biomasse o rifiuti
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Il trattamento biologico dei corpi di riempimento, in modo efficace, sicuro ed economico, con il formulato batterico liquido Progen LCD
Un nuovo processo che integra l'elettrolisi ad ossidi solidi ad alta temperatura con le energie rinnovabili
GREEN ECONOMY
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L’idrogeno è il futuro Una grande scommessa per l’Italia manifatturiera e Bosch Rexroth vuole essere tra i player nella corsa alla leadership italiana dell’H2
RIFIUTI Pannelli isolanti da rifiuti C&D
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Prodotte tre tipologie di strutture prefabbricate leggere che incorporano aggregati provenienti da scarti edili riciclati
Il compostaggio per reflui agro-zootecnici
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Il sistema, dai vantaggi ambientali, economici e sanitari, lavora su tunnel rettilinei singoli o doppi, con traslazione automatica del movimentatore
MARKET DIRECTORY
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ECOTECH
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INSERZIONISTI 18
Cinque modelli di vagli a tamburo e tanti possibili adattamenti in base al tipo di materiale in ingresso
Con RedUnit, da scarto a risorsa
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Sottovalutarne il rischio può rivelarsi estremamente pericoloso se vengono disattese regole essenziali che riguardano macchinari e processo di lavorazione
E’ nato il Consiglio Europeo per l'Innovazione
Scelta accurata, vagliatura efficiente
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AMG IMPIANTI Srl BARRA PROJECT INT. Srl BRUNO WOHLFARTH Srl CID ING VENTURA Srl DELTA COVER Srl ECOMEDIT Srl FORMECO Srl GIOTTO WATER Srl GRAMAGLIA Srl HYSYTECH Srl
ICEB F.LLI PEVERONI Srl ITELYUM-IDROCLEAN Srl N.C.R. BIOCHEMICAL Spa PPE-PLASTIC PROJECT EUR. Srl RAFT Srl RAGAZZINI Srl SCOLARI Srl TPI-TECNO PROJECT IND. Srl VOGELSANG Srl
GLI INDIRIZZI DELLE AZIENDE CITATE SONO A PAG. 50 Hi-Tech Ambiente
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panorama Programma congiunto
PolyREC rendiconta il riciclo di plastica in UE Petcore Europe, PlasticsEurope, Plastics recyclers Europe e VinylPlus hanno deciso di unire le forze e creare l'organizzazione Polyrec, che monitorerà, verificherà e riporterà i rispettivi dati di riciclo e utilizzo di riciclato in Europa, sulla base del sistema comune di raccolta dati recotrace. Polyrec garantirà tracciabilità, trasparenza e credibilità dei materiali riciclati lungo l'intera filiera delle plastiche. un esclusivo sistema di monitoraggio interpolimero, quindi, che trarrà vantaggio dal collaudato e affidabile sistema recovinyl, diventato lo standard di settore nella raccolta di dati di riciclo. PolyrEc arriva in un momento in cui è fondamentale il monitoraggio della circolarità dei polimeri, soprattutto nel contesto della circular Plastics alliance (cPa).
Questo sistema sarà in grado di soddisfare gli obiettivi della cPa, le richieste normative di tracciabilità e i grandi impegni di riciclo assunti dall’industria della plastica. <<La creazione di meccanismi che dimostrino in modo trasparente i progressi nel guidare la circolarità delle plastiche è un must se vogliamo raggiungere gli obiettivi dell'uE. E l'annuncio di oggi da parte della filiera delle materie plastiche, che comprende riciclatori, produttori di materie prime e trasformatori, è un passo significativo verso un approccio credibile e sistemico per migliorare realmente produzione, raccolta e riciclo. Questo comune approccio alla raccolta dati è indispensabile per misurare il progresso del settore utilizzando criteri omogenei>>.
Nuova iniziativa UE: Il manifatturiero vira il consumo sostenibile al digitale e al green
E’ stata di recente varata dalla commissione Europea la green consumption Pledge initiative, il nuovo “impegno per un consumo verde”, che rientra nel patto europeo per il clima e che invita le aziende a intensificare il loro contributo alla transizione verde. L’obiettivo è spingere verso una ripresa economica sostenibile e rafforzare la fiducia dei consumatori nelle prestazioni ambientali delle imprese e dei prodotti. Le prime realtà a partecipare a questo progetto pilota, i cui risultati saranno valutati tra un anno, prima dell'adozione delle misure
successive, sono: la catena francese di sport Decathlon, il gruppo danese Lego, il colosso francese dei cosmetici L’oréal, l’azienda olandese di elettronica ricondizionata renewd e la catena belga di supermercati colruyt. L'impegno per il consumo verde si basa su un insieme di cinque impegni fondamentali, e le aziende devono adottare misure concrete in almeno tre di questi ambiti: calcolare l'impronta di carbonio dell'azienda, catena di approvvigionamento compresa; calcolare l'impronta di carbonio di alcuni propri prodotti di punta; aumentare la quota di prodotti o servizi sostenibili nelle vendite totali dell'azienda o del comparto aziendale selezionato; assegnare una parte del budget alla promozione di pratiche sostenibili; assicurare che le informazioni sulle impronte di carbonio dell'azienda e dei prodotti fornite ai consumatori siano facilmente accessibili, precise, chiare e sempre aggiornate.
in base all’ultima analisi (primo trimestre 2021) dell’osservatorio mEcSPE di Senaf (BolognaFiere) migliora la fiducia degli imprenditori italiani sull’andamento della propria azienda, e il processo di trasformazione industriale oggi si muove nella direzione della sostenibilità. nonostante le difficoltà del periodo, negli ultimi mesi il 31% delle aziende intervistate dichiara che la
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sensibilità al tema è aumentata e di avere implementato processi volti alla sostenibilità nella propria azienda. tra gli aspetti su cui le imprese stanno puntando maggiormente, al primo posto c’è la riduzione dei consumi (42%), ma anche l’attenzione all’inquinamento e all’impatto ambientale (36%), insieme ad un orientamento crescente verso l’eco-sostenibilità dei prodotti (17%).
raPPorto iSPra 2020
I rifiuti urbani in Italia Produzione in lieve calo e differenziata a +3,1% in un anno, con le regioni del meridione che superano il 50% e treviso che si classifica come la città più virtuosa i rifiuti urbani prodotti in italia nel 2019 sono circa 30 milioni di tonnellate, dato in lieve calo rispetto al 2018 dello 0,3% (-80.000 ton). incremento solo al nord italia, con quasi 14,4 mln di ton di rifiuti, dello 0,5% rispetto al 2018, mentre è in calo al centro (-0,2%) con circa 6,6 mln di ton e al Sud (1,5%) con 9,1 mln di ton. ogni cittadino italiano, in un anno, ha prodotto circa 500 kg di rifiuti, ed è in Emilia romagna la produzione pro capite più elevata, con 663 kg (+0,3%). Le altre regioni con un pro capite superiore a quello medio nazionale sono to-
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La riqualificazione energetica È online il nuovo portale SiaPE, lo strumento nazionale per la raccolta degli attestati di Prestazione Energetica (aPE) di edifici e unità immobiliari. il portale, implementato dall’Enea, fornisce funzionalità e servizi a tutti i soggetti coinvolti nella filiera della riqualificazione energetica, dai singoli utenti ai tecnici, dalle banche alle amministrazioni locali. “il nuovo portale costituisce una base comune di conoscenze e la sinergia dei diversi soggetti di filiera potrà facilitare il percorso di rinnovo del patrimonio immobiliare”, sottolinea mauro marani, direttore della Divisione Enea di Servizi integrati per lo Sviluppo territoriale. “L’opportunità di raccogliere e centralizzare in un’unica banca dati gli aPE di edifici e unità immobiliari presenti sul territorio italiano è fondamentale per la conoscenza approfondita del patrimonio edilizio e può rappresentare un valido supporto
per le politiche energetiche nazionali, sia per monitorarne l’efficacia che per individuare i settori con maggiore necessità di interventi di riqualificazione energetica”. al Siape, che ha l’obiettivo di gestire tutte le informazioni contenute negli aPE e tracciare un quadro dettagliato dello stato dell'arte della riqualificazione energetica del parco edilizio nazionale, sono attualmente collegate 13 regioni e 2 Province autonome.
una volta ultimata la connessione diretta con tutti i catasti energetici, il sistema potrà raggiungere il massimo delle sue potenzialità, consentendo anche di valutare l’efficacia a livello temporale degli incentivi messi in campo per la riqualificazione e l’efficientamento del patrimonio edilizio nazionale.
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https://siape.enea.it
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scana, Valle d’aosta, Liguria, marche, umbria, Lazio e trentino alto adige. a livello regionale è soprattutto al Sud che si registrano i maggiori cali di produzione di rsu, soprattutto in molise (-4,5%). a livello provinciale, invece, è reggio Emilia che produce più rifiuti (774 kg/ab.) e Potenza che ne produce meno (322 kg/ab.). Quanto alla raccolta differenziata, essa aumenta ancora (+3,1%), raggiungendo i 18,5 mln di ton. i maggiori incrementi si hanno in molise (+12%) e Sicilia (+9%), ma in generale tutto il Sud conferma il suo trend di crescita degli ultimi anni, superando per la prima volta il 50% di differenziata. Superano invece l’obiettivo del 65% di differenziata ben 8 regioni, capeggiate dal Veneto con il 74,7%. E a livello provinciale è, come negli anni precedenti, treviso la città più virtuosa, con l’87,7% di differenziata; mentre il livello più basso si ha a Palermo (29%) che, in ogni caso, fa rilevare un +9,1% rispetto all’anno prima. L’organico si conferma la frazione più raccolta in italia (39,5% del totale), ma con un aumento più contenuto rispetto al passato. carta e cartone rappresentano il 19,1% del totale; seguono il vetro, con il 12,3%, e la plastica con l’8,3% della raccolta e una crescita del 12,2%. nel 2019 sono operativi 658 impianti di gestione dei rifiuti urbani: 355 al nord, 121 al centro e 182 al Sud. il 21% di rsu è smaltito in discarica, pari a quasi 6,3 mln di ton (-3,3%). Solo nel centro italia si è registrato un +19,4%, mentre al Sud il ricorso alla discarica è in calo (-15,2%). il 18% di rsu è invece incenerito (oltre 5,5 mln di ton, ossia +1,4%) e il 2% viene esportato, soprattutto da campania e Lombardia, principalmente verso austria e Spagna. Quanto, infine, ai costi di gestione, la media nazionale è di 175,79 euro/ab/anno, con Venezia, la città in cui si paga di più (366,11 euro) e udine quella con il minor costo (119 euro).
Da ricErca FuturiStica a ProgEtti concrEti
E’ nato il Consiglio Europeo per l'Innovazione La commissione Europea ha di recente varato il consiglio Europeo per l'innovazione (cEi) con un bilancio di oltre 10 miliardi di euro per il periodo 2021-2027 al fine di sviluppare e ampliare innovazioni rivoluzionarie. in pratica viene associata la ricerca sulle tecnologie emergenti a un programma di accelerazione e a un apposito fondo azionario, il Fondo del consiglio Europeo per l'innovazione per dare una spinta alle start-up innovative e alle piccole e medie imprese (Pmi). circa 3 miliardi di euro del bilancio del cEi saranno destinati al Fondo cEi. È stato inoltre pubblicato il primo programma di lavoro annuale del cEi, che offre opportunità di finanziamento per oltre 1,5 miliardi di euro nel 2021. L’obiettivo di questa nuova iniziativa europea è, in buona sostanza, convertire la ricerca tecnologica fu-
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turistica in innovazione nell'impresa. il cEi presenta diverse caratteristiche che lo rendono unico nel modo di sostenere iniziative e progetti pionieristici. alla squadra dei responsabili del programma cEi, infatti, sarà affidato lo sviluppo di progetti futuristici di scoperte tecnologiche e innovative (tra cui, ad esempio, l'idrogeno verde), la gestione dei portafogli dei progetti cEi e il compito di riunire i portatori d'interessi per trasformare in realtà le visioni del futuro. L'acceleratore del cEi prevede un nuovo sistema di candidature favorevole agli innovatori, in cui le start-up e le Pmi possono presentare domanda di finanziamento in qualsiasi momento con un iter semplificato. composto da innovatori di spicco, il comitato consultivo cEi elabora la strategia del cEi e fornisce consulenza sull'attuazione. tutti i progetti del cEi, infatti, hanno accesso ai servizi di accelerazione d'impresa che forniscono formatori, mentori, consulenti, opportunità di partenariato con imprese, investitori ecc. oltre a una serie di servizi ed eventi.
monitoraggio amBiEntaLE
Dati EnEa
I semi-robot per suolo e aria
Più rinnovabili, meno consumi ed emissioni il 2020 è stato l'anno del calo record sia dei consumi energetici (10%) sia delle emissioni di co2 (-12%), rispetto all'anno precedente. Secondo l'analisi del sistema energetico italiano elaborata da Enea, infatti, emerge un netto miglioramento (+38%) dell'indice iSPrED, elaborato per misurare la transizione energetica sulla base dell'andamento di prezzi, sicurezza e decarbonizzazione. il notevole aumento dell’indice è dovuto al forte miglioramento di prezzi (+80%) e alla decarbonizzazione (+40%). infatti, la forte diminuzione di
Piccoli, smart e biodegradabili, potranno disperdersi autonomamente nell'ambiente, sia nel suolo sia in aria, per monitorare parametri quali temperatura, umidità, presenza di inquinanti. Stiamo parlando dei primi semi-robot in fase di sviluppo partendo dallo studio della biomeccanica dei semi naturali e investigando nuove soluzioni ingegneristiche, di progettazione e di materiali bioispirati. Questi particolarissimi sensori sono al centro del nuovo progetto di ricerca europeo i-Seed, coordinato dall'istituto italiano di tecnologia (iit) e che vede coinvolti per l'italia anche l'istituto di Bio-
petrolio e carbone ha spinto al minimo storico la quota di fossili nel mix energetico (72% contro il 74% del 2019), mentre il gas si rafforza come prima fonte energetica in italia (37,4%), anche se con consumi in calo del 5,6% rispetto all'anno prima. Stabili, invece, restano le rinnovabili (+1% per quelle elettriche) la cui quota (FEr) sui consumi finali, grazie alla riduzione dei consumi energetici totali, è pari al 20% circa (+2% rispetto al 2019), un dato che consente all'italia di superare il target uE del 17% al 2020.
robotica della Scuola Superiore Sant'anna e l'istituto sull'inquinamento atmosferico (iia) del cnr. il progetto intende realizzare due tipi di robot seme: i-Seed Ero, che penetrerà nel terreno per avvitamento grazie alla sua forma a cavatappi, e i-Seed Sam, che volerà in aria. La dispersione dei semi avverrà mediante un drone e grazie a uno specifico software i ricercatori potranno tracciare la loro posizione e monitorare le condizioni ambientali circostanti. Per facilitare il tracciamento, i semi-robot saranno fluorescenti e i droni useranno un sistema a scansione laser (LiDar) per rilevarli a distanza.
DaL 1 LugLio
Bioplastica: cala l’eco-contributo il conai, su proposta del consorzio Biorepack, ha rideterminato il contributo ambientale per tutti gli imballaggi in bioplastica. Da luglio prossimo, infatti, sarà ridotto a 294 euro per tonnellata. La decisione di attribuire un contributo ambientale ad hoc per gli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile è Hi-Tech Ambiente
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frutto di un lavoro di squadra intenso e molto produttivo tra i due enti, a beneficio dell'intero sistema e a conferma del valore del riciclo organico. Biorepack, infatti, lavora per ottimizzare i processi di riciclo dei bioimballaggi all'interno della filiera dei rifiuti organici, ossia il loro destino naturale.
DEPURAZIONE A C Q U A
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A R I A
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S U O L O
Il trattamento MBR dei reflui di raffineria Ridotto ingombro e acqua riutilizzabile
abbattimenti tra 82 e 99% nei principali indicatori di inquinamento sono stati ottenuti impiegando bioreattori con membrane a fibra cava Le acque di scarico delle raffinerie sono il risultato di diversi processi: dissalazione del grezzo, lavaggio delle frazioni leggere per eliminare i composti di zolfo, decantazione dei fondami di serbatoi e navi cisterna, spurghi delle torri di raffreddamento, scarti del trattamento di addolcimento delle acque di processo, ecc. i volumi prodotti sono notevoli, in quanto per ogni tonnellata di grezzo lavorato viene prodotta una quantità presso a poco equivalente di acqua di scarico; la composizione e il tipo di inquinanti presenti possono variare notevolmente, secondo il tipo di grezzo che viene lavorato e secondo gli impianti che sono presenti
(cracking catalitico, reforming, produzione di oli lubrificanti, trattamento di frazioni pesanti, ecc.). come è facilmente prevedibile, gli idrocarburi sono gli inquinanti più presenti, in concentrazioni di 1 g/l e oltre; sono presenti anche composti dello zolfo (solfuri e mercaptani) in quantità che può raggiungere diversi grammi per litro, fenoli (in quantità minori rispetto ad altri inquinanti, ma notevolmente dannosi per tossicità, cattivo odore e difficile biodegradabilità), ammoniaca e ioni metallici, tra i quali spesso metalli tossici. i processi classici di trattamento Impianto AkvoFloat di Akvola Technologies
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Il trattamento MBR dei reflui di raffineria per le acque di raffineria richiedono diversi passaggi: uno stadio di disoleazione e sedimentazione in lunghe vasche rettangolari (separatori aPi) provviste di sfioratori dello stato oleoso superficiale e di raschiatori per il prelievo dei fanghi di fondo; segue poi un trattamento classico di coagulazione e flocculazione, per ottenere la riduzione della torbidità e del carico organico, e successivamente di flottazione con aria disciolta (DaF) per la rimozione degli idrocarburi. nella vasca di flocculazione viene spesso aggiunto solfato ferroso, per ottenere la precipitazione dei solfuri. Per completare la rimozione degli idrocarburi e del coD è infine necessario un trattamento biologico, che può essere eseguito con il classico processo aerobico a fanghi attivi, oppure con un trattamento anaerobico uaSB (upflow anaerobic Sludge Blanket), o con una combinazione uaSB + trattamento aerobico su filtri aerati. come stadio finale può essere usata la filtrazione su sabbia, per eliminare la torbidità residua; in qualche caso possono essere necessari trattamenti di adsorbimento su carbone attivo, o di ossidazione chimica, per eliminare completamente i composti fenolici o altri inquinanti particolarmente resistenti.
AkvoFloat impianto pilota - semindustriale di Akvola Technologies
IL RUOLO DELLE MEMBRANE
Le membrane sono state inizialmente usate come stadio successivo al trattamento fisico di disoleazione, cioè per completare la rimozione degli idrocarburi; tuttavia, in questa applicazione le membrane si intasano facilmente, costringendo a frequenti cicli di controlavaggio. Per ottenere buoni risultati sono necessarie membrane molto sofisticate, come nanotubi di carbonio in una matrice multistadio di PVDF, oppure stadi di pretrattamento con carbone attivo. risultati migliori si sono ottenuti facendo avvenire l'ossidazione biologica sulla superficie delle membrane, cioè con i processi mBr (membrane Biological reactor): un reattore mBr con membrane a fibra cava assicura abbattimenti tra 82 e 99% nei principali indicatori
Raffineria canadese Co-op
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di inquinamento (coD, BoD5, solidi sospesi, torbidità). i principali vantaggi dei processi a membrana rispetto ai trattamenti convenzionali sono il ridotto ingombro e la possibilità di ottenere acqua direttamente riutilizzabile. il ridotto ingombro (in particolare, come superficie di terreno richiesta) può essere un notevole vantaggio in situazioni dove devono essere ampliate o ammodernate vecchie raffinerie situate in zone abitate; la possibilità di ottenere acqua riutilizzabile nella stessa raffineria è una carta vincente in zone aride, ma anche in zone altamente industrializzate, dove esiste una situazione di competizione nell'accesso alle risorse idriche. un classico esempio è la raffineria canadese co-op (regina, Saskatchewan), dove la maggiore richiesta di acqua in conseguenza di un aumento della capacità è stata coperta costruendo un pretrattamento di flottazione ad aria disciolta, seguito da un trattamento mBr e da trattamenti avanzati di finitura. tutta l'acqua in uscita dal sistema viene riutilizzata nella raffineria, nelle torri di raffreddamento, in alimentazione delle caldaie e in altre applicazioni di processo. un caso particolare è il trattamento chimico-fisico attualmente in atto presso una raffineria tedesca. Questo trattamento impiega un processo brevettato di flottazione e filtrazione su membrane ceramiche, sviluppato dalla akvola technologies e denominato akvoFloat, il cui scopo è di rendere riutilizzabile per gli usi di raffineria l’acqua depurata in uscita dal trattamento biologico. Dopo filtrazione su sabbia, a monte dell’akvoFloat il refluo viene addizionato con 10 ppm di cloruro ferrico, indi viene sottoposto a flottazione con aria compressa a 1 atm, in uscita da un generatore di microbolle. in questo stadio si eliminano solidi sospesi, oli, idrocarburi e i fiocchi formati dal cloruro ferrico; tutti questi materiali si raccolgono sulla superficie e vengono rimossi a intervalli regolari. Lo stadio successivo è una filtrazione su membrane ceramiche sommerse, con porosità 0,1 micron; il refluo in uscita va ad un filtro a carbone attivo e infine all’osmosi inversa, dalla quale si ottiene un permeato riutilizzabile al 100%.
La bio-pulizia dei carrier MBBR NCR Biochemical
il trattamento biologico dei corpi di riempimento, in modo efficace, sicuro ed economico, con il formulato batterico liquido Progen LcD
Stato di riempimento dei carrier prima del test industriale
Stato di riempimento dei carrier dopo il test industriale
nell’ultimo decennio le cartiere che utilizzano come materia prima carta da macero, hanno dovuto affrontare la scelta di dotarsi di un impianto di depurazione per il trattamento delle proprie acque reflue in conformità con le vigenti Bat. Per assolvere a tali esigenze le cartiere si stanno orientando su nuovi impianti di depurazione o sul revamping di impianti a fanghi attivi già presenti con l’introduzione di tecnologia a biomassa adesa mBBr, acronimo di moving Bed Biofilm reactor. gli impianti mBBr rappresentano l’evoluzione tecnologica dei biorulli o dei letti percolatori, comportando una considerevole riduzione dei volumi di ossidati-
carta. tale fenomeno porta alla perdita di resa depurativa del comparto mBBr per il riempimento dei carrier di frazione inorganica e, nei casi più estremi, la necessità di aumentare la quantità di aria somministrata per mantenere in sospensione i carriers, portando a maggiori costi gestionali e lavoro sotto sforzo dei compressori - anomalo riempimento di sostanza organica dovuta a un non corretto dimensionamento della vasca mBBr o dei tassi di riempimento dei corpi di riempimento, per via di un eccessivo carico organico. in questo secondo caso si ha una perdita della resa depurativa, soprattutto in termini di abbatti-
vo installati a parità di spazio impiegato, grazie all’inserimento nelle vasche di ossidazione di carrier dalle diverse geometrie, che hanno lo scopo di aumentare in modo significativo la superficie utile ai processi biologici. allo stesso tempo risulta determinante provvedere ad accorgimenti tali da mantenere sempre massima l’efficienza depurativa dei carrier stessi. il riferimento è in particolare a due fenomeni che hanno maggior tendenza a verificarsi con le acque reflue di cartiera: - Decantazione parziale o totale dei carriers sul fondo delle vasche mBBr, per la presenza di sali disciolti a base carbonatica addizionati in fase di produzione
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mento del coD, con distacchi massivi di una quantità considerevole di materiale organico, soprattutto in mBBr progettati come puri. IN CARTIERA IL PROBLEMA E’ RISOLTO
il laboratorio di ricerca e sviluppo di ncr Biochemical, in collaborazione con cartiere clienti che hanno lamentato tali problematiche, ha sviluppato una biotecnologia innovativa, denominata Progen LcD, utile a prevenire e, in condizioni più severe, risolvere tali problematiche senza incorrere in maggiori costi economici legati a fermo impianto o all’utilizzo di sistemi meccanici che, se
utilizzati nel lungo periodo, portano al danneggiamento dei corpi di riempimento stessi. Progen LcD è un formulato batterico liquido selezionato e non patogeno a base di miscele di spore di bacilli facoltativi in grado di espletare un’azione biologica sul biofilm adeso contenuto nei carriers, favorendo la naturale attività di spoglio e depellicolamento del fango contenuto in essi per via strettamente biologica. tale azione viene svolta in associazione con particolari adiuvanti biodegradabili presenti in formulazione, che promuovono un effetto di detersione. Vengono di seguito riportati i principali risultati ottenuti durante il più significativo test condotto su scala industriale con reflui in cartiera che produce cartoncino. con una portata in alimento di 45 mc/h al comparto mBBr “puro” del volume di 320 mc e riempito al 60% con carrier di tipologia meteor 660, si verificavano fenomeni di intasamento dei carriers dovuti a riempimento da sostanza organica che non viene depellicolata dai carrier. in seguito a funzionamento prolungato con tassi
100-115 mc/h, e con un dosaggio di Progen LcD di almeno due mesi continuativamente a 35 ppm si è potuto valutare un incremento dell’abbattimento del coD tra ingresso e uscita impianto di depurazione stabilmente superiore del 30%. inoltre, è stata verificata la perdita di cattivo odore dei due comparti ossidativi mBBr e una contemporanea riduzione del 5% del quantitativo di fango di supero prodotto.
I VANTAGGI IN SINTESI di riempimento prossimi al limite soglia di 30 g/mq, dopo una settimana di trattamento con Progen LcD a 20 ppm in relazione alla portata influente, il tasso di riempimento dei carrier è stato ridotto di 1 g/mq, per poi stabilizzarsi, dopo un mese di esercizio a 25,22 g/mq, mantenendo un valore di SV mai inferiore al 90%. in serie alla vasca mBBr, la vasca di ossidazione a fanghi attivi ha visto un incremento di solidi sospesi totali di 2 g/L con un incremento della frazione minerale del 4%,
correlabile ad una migliore degradazione della componente biodegradabile contenuta nel fango adeso precedentemente localizzato all’interno dei carriers. L’innesco di tale meccanismo di spoglio naturale del fango ha portato alla regolarizzazione dell’età del fango anche nel comparto ossidativo in serie all’mBBr. un altro riscontro di carattere industriale è stato ottenuto in una cartiera cliente che produce carta da imballo, con portate medie in alimento alla vasca mBBr, di
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cosa è possibile ottenere grazie all’uso del formulato Progen LcD si può così riassumere: regolarizzazione del depellicolamento del fango in sistemi mBBr puri, controllando il tasso di riempimento dei carriers; utilizzo di ceppi batterici a elevata concentrazione e pronti all’uso; riduzione dei consumi energetici e degli interventi manutentivi; ottimizzazione delle rese depurative in termini di coD; controllo della produzione di fango di supero e dei cattivi odori.
Il trattamento dei reflui tessili Stampa digitale
La tecnologia degli evaporatori Formeco, impianti modulari a multiplo effetto e a basso consumo energetico, per la depurazione dell’acqua contaminata dagli inchiostri La crescente attenzione per l’ambiente sta spingendo molte aziende a cercare soluzioni per ridurre al minimo i loro sprechi e, di conseguenza, risparmiare anche sui costi di smaltimento. tra i settori che si muovono in questa direzione rientra anche quello dell’industria tessile; in particolare quello legato alla stampa e al finissaggio dei tessuti. Le prime tecniche di stampa, la stampa “offset” e quella serigrafica, erano molto costose, rendendo così impossibile la personalizzazione di un solo capo o la produzione di piccolissime quantità. La svolta avviene con l’arrivo del digitale. Per ottenere la stampa desiderata, vivida e impercettibile sul tessuto senza limiti in termini di quantità di dettagli e colori, oggi ci si affida alla stampa digitale su tessuto, conosciuta anche come Dtg. Si tratta di una tecnica che consente di stampare direttamente sul tessuto, andandone a colorare le fibre e permettendo che la stampa risulti così morbida, impercettibile al tatto e allo stesso tempo duratura. Per applicare questa tecnica si utilizzano dei macchinari specifici che ricordano la comune stampante in quadricromia (quella che mescola quattro colori: ciano, magenta, giallo e nero). risulta chiaro che quando si devono pulire queste macchine da stampa dopo il cambio dei colori, l’acqua utilizzata sarà sporca e carica di residui di inchiostro. cosa fare dunque di questi reflui? Le opzioni so-
Evaporatore Formeco WT 1500 HS-Cf 3E
no due: smaltirli secondo le normative vigenti oppure trattarli per poter arrivare a un loro riutilizzo, riducendo di conseguenza, non solo l’impatto sull’ambiente, ma anche i costi di smaltimento dell’azienda. Formeco ha fornito ad una realtà industriale del settore un evaporatore per il trattamento delle acque reflue. Si tratta di un modello alimentato a vapore, che sfrutta questa fonte energetica già presente in azienda, consentendo così economie in campo energetico e costi di investimento sensibilmente ridotti. LA SOLUZIONE FORMECO
L’acqua contaminata dagli inchiostri viene portata a temperatura di ebollizione tramite uno scambiatore
di calore alimentato, come detto, a vapore. Si tratta di un impianto modulare a multiplo effetto, in cui il vapore viene utilizzato per far evaporare il liquido nella prima camera di evaporazione. il vapore d’acqua prodotto viene poi sfruttato, attraverso uno scambiatore di calore, per far evaporare il liquido nella seconda camera di evaporazione; il procedimento è poi ripetuto anche per il terzo effetto. ciò è reso possibile grazie a un grado di vuoto più spinto nella camera di evaporazione successiva, rispetto a quella che la precede. tutto questo si traduce in minor consumo energetico, fino al 65% in confronto a un normale impianto a singolo effetto. i vapori generati sono poi condensati tramite
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un altro scambiatore, alimentato da una torre di raffreddamento o da un chiller. IL RISULTATO FINALE
L’azienda beneficia di un’enorme diminuzione del refluo destinato allo smaltimento, in quanto circa il 92% del liquido residuale iniziale torna in forma di acqua distillata, che potrà nuovamente essere utilizzata nel processo di pulizia dei macchinari. il rimanente 8% del liquido iniziale (il concentrato) sarà smaltito secondo le normative vigenti. Queste peculiarità rendono la scelta di un evaporatore Formeco per il trattamento di acque reflue una soluzione che va verso lo scarico zero.
RIFIUTI T R A T T A M E N T O
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S M A L T I M E N T O
Pannelli isolanti da rifiuti C&D Progetto InnoWee
Prodotte tre tipologie di strutture prefabbricate leggere che incorporano aggregati provenienti da scarti edili riciclati i rifiuti da costruzione e demolizione non pericolosi, che comprendono calcestruzzo, mattoni, piastrelle e ceramica, rappresentano oltre il 10 % del totale dei rifiuti europei (o circa 335 milioni di tonnellate). Questo materiale viene riciclato come aggregato non legato (pezzi delle dimensioni di ciottoli) per il riempimento e come sottofondo stradale, nonché talvolta come aggregato legato nel calcestruzzo. Sebbene il percorso di riciclo del calcestruzzo offra il valore aggiunto maggiore, la natura del cemento limita questa opzione. un’alternativa fattibile sarebbe quella di raccogliere i rifiuti edili più idonei tramite demolizione selettiva e quindi riciclarli insieme a nuovi leganti. ciò produrrebbe un pannello per l’edilizia di elevata qualità compatibile con gli ideali dell’economia circolare. il progetto europeo innoWee ha concretizzato questo concetto, riuscendo a produrre tre tipologie di pannello prefabbricato leggero per l’edilizia che incorporano aggregati provenienti da rifiuti c&D selettivamente riciclati. Si tratta dei cosiddetti pannelli tipo Etics da 40x90 cm per uso esterno, dei pannelli quadrati per facciate ven-
tilate per uso esterno da 59,5 cm e dei pannelli radianti a soffitto per uso interno anch’essi in formato quadrato da 59,5 cm, che rappresenta una dimensione standard del settore. in questi eco-pannelli, l’aggregato riciclato viene legato a un nuovo geopolimero sviluppato appositamente dal team del progetto. il geopolimero, in pratica, lega l’aggregato come il cemento, ma pre-
senta una migliore impronta di carbonio ed è più duraturo. «Lo strato di geopolimero fornisce anche la finitura, senza bisogno di ulteriore intonacatura spiega adriana Bernardi, coordinatrice del progetto – e i pannelli possono essere potenzialmente prodotti con varie strutture superficiali, che è possibile proteggere attraverso una vernice multifunzionale trasparente o colorata».
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L’aggregato da costruzione riciclato comprende il 50% dei pannelli in peso, cui si aggiunge polistirene espanso (EPS), per le sue proprietà di isolamento termico e il peso ridotto. il polistirene espanso è stato praticamente l’unica scelta possibile a causa del budget e dei tempi a disposizione imposti dal progetto – spiega Bernardi – ma non è la scelta definitiva, dato che nel medio termine cercheremo di sostituirlo con un materiale più sostenibile, come ad esempio schiume inorganiche». i test tecnici e ambientali effettuati sui nuovi pannelli da esterno ne hanno confermato le eccellenti proprietà meccaniche, di resistenza al gelo, di isolamento termico e inerzia e altri fattori, quali ad esempio la longevità. anche i pannelli da interno si sono comunque comportati meglio rispetto alle versioni tradizionali, sia per l’isolamento al caldo che al freddo. il team del progetto continuerà a perfezionare i prodotti in vista di una definitiva fase di commercializzazione, che richiede anche l’approvazione dei nuovi leganti geopolimerici da parte degli organismi di valutazione tecnica europei, così da superare le barriere legislative relative al loro impiego.
Il compostaggio per reflui agro-zootecnici Impianti Scolari
il sistema, dai vantaggi ambientali, economici e sanitari, lavora su tunnel rettilinei singoli o doppi, con traslazione automatica del movimentatore L’agricoltura, l’allevamento, la silvicoltura generano costantemente rifiuti organici, il cui volume è in continua crescita e, si prevede, che potrà raggiungere cifre insostenibili. oltre ai significativi problemi ambientali considerare questi reflui come rifiuti vuol dire sostenere importanti perdite economiche, mentre con il loro riciclo/riutilizzo potremmo ottenere ammendanti, fertilizzanti, etc. il riciclo e il riutilizzo dei reflui organici prodotti dalle aziende agricole e dagli allevamenti zootecnici, presenti sul territorio, possono permettere la produzione di compost tramite la semplice realizzazione di impianti di compostaggio aziendali. Questa soluzione ha il vantaggio di ridurre la produzione di scarti e il loro trattamento come rifiuti e avere per questi materiali una valorizzazione economica e ambientale per ripristinare le quantità e qualità della sostanza organica nei suoli agricoli e/o per il loro recupero e riutilizzo in allevamento. i risultati che si possono ottenere con la produzione di compost e il suo utilizzo costante e continuo, sono i seguenti: - incremento quantitativo e miglioramento qualitativo della sostanza organica del suolo - ripristino della fertilità chimicofisica e biologica dei suoli, minore compattazione, minore erosione e maggior ritenzione idrica - miglioramento della produttività - riduzione delle emissioni di
Compostaggio della frazione solida del digestato
Compostaggio di letame bovino
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gas-serra dai suoli agrari - diffusione del riutilizzo degli scarti produttivi per la produzione di compost ad uso agrario - riutilizzo del compost come lettiera per bovini incluse lattifere, in quanto trattasi di materiale sanificato, stabilizzato, compostato, privo di salmonelle o patogeni (con evidenti vantaggi, per il materiale trasformato in compost, che esula dalla Direttiva nitrati). altro aspetto molto importante è quello legato alla mitigazione dell’effetto serra. un‘azienda agricola o un allevamento zootecnico, infatti, possono attuare alcuni interventi per ridurre le proprie emissioni di co 2 , tra cui, non a caso: applicare a chilometro zero una tecnologia di compostaggio per i propri residui aziendali, peraltro abbattendone i costi economici e ambientali; utilizzare prevalentemente compost prodotto in azienda in sostituzione dei concimi di sintesi chimica, per la cui produzione si immettono nell’aria ingenti quantitativi di co2; utilizzare compost in sostituzione della paglia per la lettiera delle bovine, con vantaggi economici oltre che sanitari per la produzione di latte e della salute animale. ma non è tutto: un terreno ricco di sostanza organica presenta ulteriori motivi di minor rilascio di co2 perché trattiene meglio l’acqua, ha rese produttive più elevate e ha minori problemi fitosanitari (quindi meno trattamenti). altro aspetto da evidenziare è che
il compostaggio è oggi di grande interesse anche dal punto di vista energetico, oltre che ecologicoambientale e igienico-sanitario: il processo, infatti, si autosostiene energeticamente grazie all’energia derivante dalla demolizione dei legami biochimici caratterizzanti le complesse molecole della sostanza organica. Diversi sono i metodi di compostaggio applicabili nell’azienda agricola. La scelta del metodo più opportuno dipende da diversi fattori, come quantità giornaliere da compostare, qualità dei substrati, disponibilità di spazio, tempi di compostaggio, budget a disposizione. il sistema di compostaggio realizzato da Scolari coniuga discretamente tutti i vari fattori. trattasi di un sistema che lavora su tunnel rettilinei singoli o doppi, con traslazione automatica del movimentatore da un tunnel all’altro o su più tunnel mediante un carrello transfert. La capacità di trattamento giornaliero può variare da 6 a 70 mc (capacità annua 1.300-15.000 ton) in funzione della soluzione adottata. Sono impianti totalmen-
Compostaggio di deiezioni avicole
te automatici che richiedono la presenza di un operatore solo per il carico dell’umido e la ripresa
del compostato. gli impianti possono lavorare in ciclo continuo o con ciclo “tutto pieno tutto vuo-
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to” in base alle esigenze aziendali. Questi impianti sono installati in numerose aziende e allevamenti italiani, europei e asiatici. oltre agli allevamenti avicoli, negli ultimi anni si sono diffusi anche in allevamenti bovini dove il materiale compostato è riutilizzato per lettiere in sostituzione, quasi completa, della paglia con ottimi risultati. il processo di compostaggio può essere applicato a tutti i materiali fermentescibili come letami, deiezioni galline ovaiole, frazione solida di liquami zootecnici, lettiere avicole, digestati, sanse di oleifici, fanghi di depurazione, forsu, pastazzo d’agrumi, ecc. i valori ottimali di umidità del materiale da compostare sono compresi fra il 65 e il 45%. con valori inferiori al 40% si ha un rallentamento del processo dell’attività biologica. E’ possibile, comunque, sottoporre a compostaggio anche materiali con umidità oltre il 65%, ma in tal caso si devono operare opportune miscelazioni del prodotto con materiale ad alto contenuto di sostanza secca, come cortecce, paglia sfibrata, foglie secche.
Scelta accurata, vagliatura efficiente Ecotec Solution e Pronar
cinque modelli di vagli a tamburo e tanti possibili adattamenti in base al tipo di materiale in ingresso Sono trascorsi 5 anni del primo vaglio a tamburo Pronar reso operativo in italia. Da allora queste soluzioni di vagliatura, distribuite in esclusiva da Ecotec Solution, hanno riscosso ampio consenso tra gli operatori del settore. i vagli a tamburo vengono impiegati per separare il materiale in ingresso in diverse granulometrie e si adattano perfettamente alla lavorazione di svariati materiali quali rifiuti urbani, legname di scarto e cippato, biomassa, inerti e molto altro. Queste macchine permettono di ottenere ricavi aggiuntivi dalla vendita di materiali che possono essere riciclati o utilizzati come fonte di energia. Pronar produce 4 modelli di vagli a tamburo: mPB 14.44, mPB 18.47, mPB 20.55 e mPB 20.72. a questi esemplari si è aggiunto
Vaglio Pronar MPB 18.47 Vagliatura di rifiuto biologicamente stabilizzato
di recente il nuovo vaglio mPB 18.47/1, che garantisce tutte le funzionalità del modello standard più venduto, l’mPB 18.47, ma che grazie ad un design più compatto permette un ulteriore rispar-
mio sull’investimento. La superficie di vagliatura effettiva varia dai 16 ai 40,6 mq, in base al modello prescelto. La produzione di tali macchine è concepita in modo che ogni mo-
Coltelli aprisacco nel tamburo
dello possa essere adattato alle specifiche esigenze delle aziende. L’adattamento dei vagli alle esigenze degli operatori del settore comprende il continuo miglioramento delle prestazioni, la capacità della macchina di lavorare diverse tipologie di materiale e la possibilità di scegliere gli accessori. Pronar mette a disposizione un numero importante di equipaggiamenti speciali non solo per aumentare le funzionalità del vaglio, ma anche per garantire che ogni funzione ampli la gamma di servizi che ogni acquirente può offrire ai propri clienti. Per assicurare un vero ritorno sull’investimento, ci sono diversi fattori che le aziende devono tenere in considerazione quando decidono di acquistare un nuovo Separatore ad aria
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Vaglio a tamburo MPB 20.55 - Vagliatura di rifiuti
vaglio a tamburo. una questione importante da affrontare è la scelta del tamburo che deve lavorare il materiale. L’acquirente può scegliere la forma della foratura: le più comuni sono quella quadrata e rotonda, con dimensioni che vanno da un minimo di 10 mm a un massimo di 10 cm. Se la foratura risultasse ancora troppo grossolana, sarebbe possibile raggiungere granulometrie inferiori tramite una maglia a griglia speciale che viene montata attorno allo scheletro del tamburo. La forma e la dimensione dei fori non sono le uniche caratteristiche tra cui l’acquirente può scegliere: il tamburo può essere dotato di coltelli apri-sacco, che favoriscono la rottura dei sacchetti e di altri materiali quali zolle e terriccio, oppure di facchini, che sollevano il materiale durante il processo di vagliatura, migliorandone la qualità. La funzionalità dei vagli Pronar può essere ulteriormente incrementata sostituendo il tamburo montato di serie con un vaglio stellare, adatto alla lavorazione di materiale umido, come rifiuti urbani, rifiuti industriali, compost, legno o corteccia. L’acquirente può scegliere se dotare la macchina di un motore diesel Deutz oppure caterpillar o, in alternativa, di un motore elettrico, perfetto per l’utilizzo al chiuso. il motore è montato su un telaio estraibile, il che permette una rapida installazione e facilita la successiva manutenzione. il vaglio può essere allestito su telaio gommato oppure cingolato. in quest’ottica la scelta è dettata, in primo luogo, dalla disponibilità di mezzi edili per lo spostamento del macchinario stesso e,
Vaglio a tamburo MPB 20.55g - Vagliatura di terreno
in secondo luogo, dalla tipologia di terreno su cui il cliente deve operare. tra i principali equipaggiamenti opzionali con cui i vari modelli possono essere configurati si annoverano: la griglia sassi a sollevamento idraulico, per la protezione della tramoggia e del tamburo da pietre e sassi di grandi dimensioni; il separatore ad aria, per dividere la frazione leggera dal sopravaglio e un conseguente ulteriore recupero di materie prime secondarie come pellicole o carta; i rulli magnetici montati su entrambi i nastri di scarico, per la rimozione efficace di elementi ferrosi e metallici dal materiale in uscita.
ogni vaglio Pronar include tra gli allestimenti di serie un sistema di lubrificazione centralizzato, che permette un funzionamento senza manutenzione degli elementi in movimento che sono esposti a carichi pesanti e a condizioni operative difficili, e una spazzola a comando idraulico, che protegge la foratura del vaglio da eventuali intasamenti. La fiducia nel marchio Pronar è dovuta soprattutto alle relazioni positive che intrattiene con i clienti e con i partner. <<Pronar si è sempre dimostrata in grado di recepire ciò che il mercato richiede - afferma martin mairhofer, managing Director
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di Ecotec Solution - e questo aspetto si traduce in continue migliorie sulle macchine. Dopo aver messo in funzione diversi vagli a tamburo Pronar in tutta italia e grazie alla costante interazione con il nostro partner, siamo in grado di offrire una consulenza professionale nella scelta della soluzione di vagliatura più adatta alle specifiche esigenze e con il miglior ritorno economico. Disponiamo anche di vagli Pronar in pronta consegna, pertanto invitiamo tutti coloro che sono interessati all’acquisto di una macchina performante e che desiderano maggiori informazioni a contattarci>>.
Con RedUnit, da scarto a risorsa Vogelsang
La giusta tecnologia trasforma senza problemi i rifiuti alimentari e i sottoprodotti di difficile gestione in prodotti pompabili, per processi di lavorazione più semplici TRITURAZIONE EFFICACE SENZA TEMPI DI FERMO
Durante la macellazione, oltre al prodotto primario, vengono creati una moltitudine di sottoprodotti di origine animale e rifiuti non adatti al consumo umano o solo a determinate condizioni. Questi resti (ossa, frattaglie, cotenne, ecc.) forniscono un autentico valore aggiunto se riutilizzati per altri usi, ad esempio nella produzione di gelatina, mangimi per animali o come substrato per impianti di biogas. Per rientrare nel ciclo, questi materiali devono essere trasformati in una sospensione pompabile impiegando una tecnologia appropriata. Per fare questo, servono trituratori e sistemi di pompaggio robusti e affidabili: più piccole sono le particelle, meglio possono essere utilizzate nei processi successivi, ma i prerequisiti per la lavorazione di materia solida tenace sono in ogni caso la robustezza, l'alta affidabilità e la triturazione coordinata con la tecnologia delle pompe. UNA COMBINAZIONE SOFISTICATA
ossa, zoccoli, corna, piume o frattaglie contenute nei resti impongono enormi requisiti a trituratori e pompe. allo stesso tempo, sono spesso necessari anche rapporti di riduzione delle dimensioni specifici, che rispettino una grandezza massima per continuare a utilizzare i materiali da trattare. La corretta filiera di preparazione per il riciclo degli scarti e dei sottoprodotti della macellazione varia
molto, quindi, in funzione delle caratteristiche dei materiali da triturare e della resa finale desiderata. con redunit, Vogelsang ha sviluppato una pratica soluzione compatta e plug-and-play. una combinazione di tecnologia di triturazione e pompaggio progettata appositamente per la valorizzazione
degli scarti alimentari che offre vantaggi significativi rispetto alle soluzioni stand-alone: richiede meno spazio e potenza, è più semplice da controllare e manutenere, e offre la massima sicurezza operativa. inoltre, i rotori e gli schemi di taglio possono essere adattati in modo flessibile alle esigenze del cliente.
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Dai macelli avicoli e suini, ai produttori di gelatina, le aziende con la più ampia varietà di requisiti di lavorazione fanno affidamento sulla redunit di Vogelsang. ad esempio, una cooperativa del bolognese, attiva nel settore agroalimentare e in quello dei salumi, dove si effettuano macellazione e sezionamento dei bovini e dei suini, adottando le procedure operative più avanzate per assicurare il benessere animale e alti standard di qualità nel sistema di trasformazione e lavorazione. Per operare con sensibilità nel campo della sostenibilità ambientale, l’azienda ha investito nella realizzazione dell’impianto di biogas per la produzione di energia elettrica e calore da sottoprodotti aziendali. gli scarti di macellazione (principalmente pacchi intestinali suinicoli) prima di essere inviati al pastorizzatore vengono sminuzzati attraverso un sistema di triturazione e successivamente pompati da un sistema di pompaggio volumetrico. il processo prevede lo scarico del materiale in una tramoggia di carico e successivamente l’invio tramite una coclea a un sistema di triturazione. Da qui la pompa volumetrica trasporta il prodotto in un pastorizzatore, all’interno del quale il prodotto subisce l’obbligatorio processo prima di essere inviato al digestore. La soluzione precedentemente installata prevedeva la triturazione attraverso un tritacarne classico (simile ad un mulino) con una potenza
installata sopra i 35 kW. Successivamente, questa macchina veniva collegata a una pompa monovite che spingeva il materiale all’interno del pastorizzatore. tale sistema non risultava ottimale per le necessità lavorative e creava diverse problematiche operative ed economiche. La sostituzione di questo sistema con una redunit XrL 186-520QD con pompa monovite serie cc è stata realizzata senza dover effettuare modifiche importanti del layout e, quindi, con costi di investimento ridotti. inoltre, si è ottenuto un rilevante risparmio energetico a autoconsumo dell’impianto: lavorando con una tecnologia più efficiente l’impianto non solo ha una resa maggiore, ma anche una spesa energetica inferiore.
che/blocchi impiantistici e intervenire specificamente sul problema. ECONOMICA E DI FACILE MANUTENZIONE
redunit consente di risparmiare spazio, energia e tempo rispetto ai trituratori utilizzati in precedenza, poiché non richiede ulteriori pompe a valle o trasportatori a coclea. i singoli elementi sono impilati verticalmente uno sopra l'altro, in modo che il materiale triturato cada direttamente nella pompa integrata. L'assenza di tratti di trasporto intermedi significa che anche il consumo di elettricità diminuisce nel
complesso. Poiché la redunit non ha bisogno d’acqua, neanche durante il processo di triturazione, anche i consumi idrici diventano notevolmente inferiori. redunit vanta il concetto QuickService per una manutenzione rapida e semplice, che offre diverse opzioni per la sostituzione del rotore e dello statore e per i cambi di tenuta. Se la pompa deve essere nuovamente operativa il più rapidamente possibile, lo statore e il rotore vengono sostituiti come una singola unità. L'intera unità rotante può essere sostituita anche senza smontare parti del tubo sia dal lato di aspirazione che di mandata. in alternativa, lo statore e il rotore
INDUSTRIA 4.0
a corredo è stato fornito un quadro con PLc e il software sviluppato da Vogelsang, interfacciato perfettamente con la logica di funzionamento dell’intero impianto biogas. il tutto si va a inserire in un contesto armonico che permette l’operatività dell’impianto senza dover attuare costanti operazioni di avviamento e/o controllo. La macchina è assicurata da corpi estranei o materiali che la possono danneggiare attraverso un sistema di allarmi, che ne vanno a controllare il corretto funzionamento nei parametri di lavoro impostati. Lavorando con una logica automatizzata, redunit permette un notevole risparmio di tempo-lavoro del personale, il quale riesce a modulare la macchina stessa in base alle proprie necessità, a individuare in tempo zero le eventuali problematiHi-Tech Ambiente
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possono essere sostituiti individualmente. il sistema redunit è modulare, offre quindi una soluzione plug-andplay per tutte le più svariate esigenze di pompaggio e triturazione, rendendo l’installazione incredibilmente semplice. inoltre, l'unità viene messa in servizio da personale qualificato già prima di lasciare la fabbrica. ciò garantisce che il sistema sia controllato professionalmente e riduce al minimo il tempo necessario per l'installazione presso il cliente. Dopo la consegna, la redunit può entrare in funzione immediatamente come soluzione “chiavi in mano”.
SPECIALE DA BIOGAS A BIOGNL
BioGNL: eco-energia concentrata Tecnologie di produzione
Una panoramica sui processi utilizzati per la liquefazione del metano, con particolare attenzione ai micro impianti Il trasporto pesante viene proposto da più parti come la naturale destinazione del BioGNL. A parità di contenuto energetico, il BioGNL ha un prezzo più basso e presenta minori emissioni inquinanti, sia in termini di particolato che di SOx e NOx: secondo dati forniti da Iveco, l'autocarro Stralis NP alimentato a biometano produce il 95% in meno di CO2 di origine fossile, il 99% in meno di particolato e il 90% in meno di NO2, rispetto allo stesso veicolo con un motore Diesel conforme alla normativa euro 6. Soprattutto, l'abbandono dei carburanti di origine fossile è previsto come necessario per conseguire l'obiettivo UE di ridurre le emissioni di gas serra del 55% entro il 2030. Attualmente in Europa circolano 4.000 camion alimentati a metano liquido (per ora di fonte fossile, ma che potrebbero passare senza problemi a BioGNL non appena questo sarà disponibile alle pompe); e in Europa ci sono già più di 300 stazioni di rifornimento di metano liquido (GNL), di cui 58 in Italia. Oltre al trasporto su gomma, buone prospettive per il BioGNL si prevedono anche per il trasporto navale e ferroviario. La direttiva europea DAFI (Deployment of Alternative Fuels Infrastructure), recepita in Italia con il D.Lgs 257 del 16/12/2016, prevede la realizzazione entro la fine del 2025 nei porti italiani di "un numero adeguato di punti di rifornimento per il GNL"; analogo impegno è previsto (entro al fine del 2030) per i porti della navigazione interna.
Lo stesso D.Lgs 257/16 obbliga le Regioni a far installare distributori di GNL tutte le volte che viene richiesta un’autorizzazione per ristrutturazione degli impianti di distribuzione esistenti o di realizzazione di nuovi impianti.
LE TECNOLOGIE DI PRODUZIONE
L'inizio della produzione su larga scala del metano liquefatto (di fonte fossile) avvenne all'inizio degli anni '60 del secolo scorso, per sfruttare
le ingenti quantità di metano scoperte in Algeria oppure ricavate come sottoprodotto dai pozzi di petrolio del Medio Oriente. I processi utilizzati per la liquefazione del metano derivavano direttamente da quelli già sperimentati per la liquefazione dell'aria (processi Linde e Claude) e risultavano adatti per impianti di grandi dimensioni (oltre 5.000 ton/giorno). I processi di produzione di biometano (e quindi di BioGNL) hanno di solito produzioni nettamente inferiori, anche meno di 10 ton/giorno, e richiedono quindi diverse tecnologie. Tuttavia, gli impianti di BioGNL di maggiori dimensioni utilizzano spesso un ciclo Linde (che è il più semplice da realizzare) fino a 25 ton/giorno, e un ciclo Brayton inverso per gli impianti di dimensioni superiori. I diversi cicli si differenziano per le modalità di recupero dell’energia termica e meccanica, ma in tutti, in sostanza, il biometano viene raffreddato a -161 °C attraverso un processo di scambio termico con un "fluido di lavoro" che subisce le classiche fasi di compressione, condensazione ed espansione. Il metano bolle a -161 °C: ciò significa che è sufficiente raffreddare il metano al di sotto di questa temperatura per ottenerlo in forma liquida, senza bisogno di comprimerlo. Se si aumenta la pressione, la temperatura di ebollizione sale: ad esempio, con una pressione di 15 bar la temperatura di ebollizione è di 120 °C. Una volta liquefatto, il metano diminuisce di 600 volte il suo volume rispetto allo stato gassoso, consentendo quindi di trasportare Continua a pag. 24
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SPECIALE DA BIOGAS A BIOGNL Continua da pag. 22
BioGNL: eco-energia concentrata una forma di "energia concentrata". Ci sono un certo numero di tecnologie presenti sul mercato che consentono la liquefazione del gas naturale a seconda delle dimensioni dell'impianto che si vuole realizzare. Le categorie tipiche possono essere così classificate: micro, con capacità inferiore a 40 ton/giorno; piccola scala, ossia da 40 a 700 ton/giorno; di media scala, cioè da 700 a 5.000 ton/giorno; di grande scala, pari ad oltre 5.000 ton/giorno. Gli impianti di grande scala hanno di solito una struttura modulare, cioè sono costituiti da più impianti medi (“treni di liquefazione”) che lavorano in parallelo. I principali processi di liquefazione su scala medio-grande sono i seguenti: - Metodo C3-MR (detto anche PPMR, cioè Propane Pre-cooled Mixed Refrigerant) è attualmente il metodo principale, anche per la sua notevole flessibilità, in quanto può essere adoperato sia per impianti di grandi dimensioni che per quelli medio-piccoli, e un miglioramento su questo metodo (metodo AP-X) è utilizzato anche per i grandi impianti di GNL. Propano e refrigeranti misti (azoto, metano, etano e propano) sono usati come refrigerante. - Metodo "Cascade" è un metodo sequenziale che utilizza propano, e-
I PROBLEMI DI SICUREZZA Lo stoccaggio criogenico a bordo di un camion di un gas infiammabile come il metano può suscitare giustificate preoccupazioni di sicurezza. Il metano liquido è stato sottoposto a diversi test previsti dalle normative per i liquidi infiammabili e ha superato tutte le prove, sia per quanto riguarda la possibilità di esplosione (Bonfire Test) che per quanto riguarda le eventuali perdite a seguito di urti al serbatoio (Drop Test). Sorprendentemente, la temperatura di autoignizione del metano liquido (537 °C) è molto più alta di quella del gasolio (210 °C) e anche il campo di infiammabilità del metano liquido risulta più lento di quello del gasolio:
tilene e metano come liquido di raffreddamento, in una configurazione “a cascata” (Conoco-Phillips) - Metodi a refrigeranti misti, che esistono in varie configurazioni, che possono coprire dalla piccola alla grande scala. I tipi principali sono il DMR (Shell), che utilizza due tipi di refrigeranti misti (un mix di etano e propano e di azoto-metano, etano e propano) e il metodo SMR, chiamato anche “processo Prico”, che utilizza un solo tipo di refrigerante misto (Black & Veatch) - Metodo “Brayton nitrogen cycle”, che utilizza il solo azoto come refrigerante ed è adatto soprattutto per gli impianti di liquefazione di piccole dimensioni (anche se l’impiantistica è complessa e i costi conseguentemente alti). Generalmente, i diversi tipi di impianti risultano sensibili alle economie di scala, cioè all'aumentare della capacità cresce l'efficienza e diminuiscono i costi di produzione. questo si infiamma quando in aria è presente lo 0,6% dei suoi vapori, mentre per il metano bisogna raggiungere il 5%. Lo stoccaggio criogenico richiede che la temperatura all'interno del serbatoio venga mantenuta al di sotto della temperatura di ebollizione; pertanto deve essere sempre attivo il circuito di raffreddamento del serbatoio, anche quando il camion è fermo. Per ovviare a questo inconveniente si può installare un serbatoio ausiliario per il metano gassoso che evapora; il metano gassoso potrà poi essere usato come carburante, senza particolari problemi. Tuttavia, lo stoccaggio criogenico può essere consigliato solo per mezzi destinati a un uso intenso, come quello previsto per i
I MICRO-IMPIANTI
Per “micro liquefazione” si intende una capacità di produzione inferiore a 40 ton/giorno, che è possibile grazie ai sistemi di liquefazione molto piccoli e compatti che sono ora disponibili sul mercato. Per quanto riguarda la costruzione, si impiegano componenti standard, preassemblati in forma modulare, eventualmente facili da espandere o anche smontabili e trasferibili; molto spesso l'impianto è perfino containerizzabile. Anche le modalità installative sono state notevolmente semplificate, fino al caso di avviamento "plug and play". Le tecnologie utilizzate derivano da quelle degli impianti più grandi, ma con numerose semplificazioni. I cicli maggiormente utilizzati sono: ciclo Linde, ciclo Claude, ciclo semplificato a refrigeranti misti (MFRC), ciclo Brayton inverso / Stirling inverso, scambio termico con azoto liquido. mezzi pesanti, e non per le auto, che sono spesso usate per poche ore al giorno o addirittura solo il fine settimana: l’automobilista rischierebbe di non trovare più niente nel serbatoio.
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Il ciclo Linde è simile a quello dei frigoriferi domestici, è il più semplice e quindi ha il costo iniziale più basso, a prezzo però di una scarsa efficienza energetica. Il ciclo Claude si differenzia dal Linde per la presenza di una turbina nella fase di espansione, dalla quale è possibile ottenere energia. Questo consente di raggiungere buoni rendimenti energetici, a prezzo di una maggiore complessità dell’impianto. Il ciclo MFRC utilizza un mix di mezzi refrigeranti con un singolo compressore e uno scambiatore di calore, con una unità di pre-cooling per migliorare l'efficienza e assicurare stabilità al sistema; questa tecnologia presenta bassi costi operativi, e utilizzando componenti tradizionali, offre anche dei vantaggi in termini di costi di investimento. Il ciclo è più complicato degli altri e richiede diversi scambiatori di calore e organi di espansione, ma consente di ottenere efficienze più elevate, intorno a 0,9 kWh per kg di LNG prodotto. Il sistema può essere completamente automatizzato per la gestione e anche per l'operatività, potendo, nel caso di utilizzo nell'autotrazione, rifornire i mezzi anche in modalità completamente fai-da-te. Nel ciclo Brayton inverso si usa come mezzo refrigerante l'azoto, che viene successivamente compresso ed espanso, restando però sempre in fase gassosa. L'efficienza è intermedia tra quello dei cicli Linde e Claude, ma vi sono meno problemi di sicurezza e la progettazione e la conduzione risultano più semplici, tanto che nel caso del rifornimento di automezzi possono funzionare da soli, senza la presenza di un operatore. Un ciclo analogo è il cosiddetto "Stirling inverso", che impiega elio come fluido refrigerante; si presenta molto semplice e con costi di installazione ridotti, ma con bassa potenzialità specifica. Questo ciclo si è dimostrato adatto per produzioni da 1 a 30 ton/giorno. Infine, si può ottenere la liquefazione per scambio termico con azoto liquido, che viene poi scaricato in atmosfera. Si tratta di un impianto molto semplice e quindi a basso costo di investimento, che però risulta penalizzato dal costo dell'azoto liquido; a meno che questo non sia disponibile "in loco", ad esempio come sottoprodotto di impianti per la produzione di ossigeno liquido. La combinazione delle migliori tecnologie può consentire di ottenere biometano liquefatto con costi molto ridotti, fino a 130-140 euro/ton.
SPECIALE DA BIOGAS A BIOGNL LIQUIGAS E AIR LIQUIDE
Il BioGNL per l’autotrazione in Italia Liquigas ha di recente firmato un accordo quinquennale in Italia con Air Liquide per la fornitura di biometano liquido: un impegno concreto per lo sviluppo, in Italia, di carburanti alternativi a basse emissioni di CO 2 , la cui produzione si inscrive in un approccio di economia circolare. La partnership prevede una fornitura incrementale di BioGNL che sarà destinato da Liquigas al proprio mercato dell’autotrazione, per alimentare gli impianti di stoccaggio ed erogazione del biometano presso le sedi private di flottisti e società di autotrasporti, e presso le stazioni di rifornimento. Per le prime forniture, previste per il secondo semestre 2021, il biometano sarà prodotto dai due impianti attualmente in costruzione a Truccazzano (Milano) e a Fontanella (Bergamo) attraverso la fermentazione della parte biodegradabile di liquami zootecnici e residui agricoli e forestali provenienti dalle aziende agricole del territorio circostante. Il processo produttivo è finalizzato inoltre ad ottenere fertilizzanti organici innovativi, sia liquidi che solidi, destinati alla coltivazione di orticole e cerealicole in pieno campo e in impianti serricoli. Tali scarti agricoli alimentano quindi un perfetto meccanismo di economia circolare che ha come risultato un fertilizzante organico e un carburante a bassissimo impatto ambientale. Infatti, il BioGNL, oltre ad essere una fonte rinnovabile, consente di ridurre
significativamente le emissioni di gas serra e particolati rispetto agli altri combustibili.
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SPECIALE DA BIOGAS A BIOGNL AB ENERGY
AIR LIQUIDE
BioCH4nge è l’impianto proposto da AB Energy per la produzione di biometano a partire da biogas. Disponibile in taglie da 150 a 1.500 Nmc/h, è completo di sistemi di pretrattamento associabili agli impianti biogas esistenti e integrabili con possibili estensioni legate alla liquefazione del gas e alla valorizzazione della CO2. La prima fase del processo di upgrading è dedicata all’eliminazione dell’acqua, condensata per raffreddamento tramite un apposito scambiatore. Il gas deumidificato viene compresso, raffreddato, attraverso un secondo scambiatore ed inviato alla successiva fase di trattamento, a carboni attivi, in versione “Lead-Lag, in condizioni di pressione e temperatura ottimali. Il biogas pretrattato è ora pronto per la separazione del CH4 dalla CO2: il gas viene compresso affinché possa attraversare più
Air Liquide offre soluzioni chiavi in mano adatte ad ogni esigenza per la purificazione del biogas e la liquefazione del biometano. L’offerta risponde alle specifiche richieste di aziende agricole, responsabili del trattamento dei rifiuti o professionisti del settore ambientale. Grazie allo sviluppo delle nuove tecnologie, tra cui le membrane di separazione CO2, le soluzioni proposte consentono di purificare tutti i biogas, con capacità di trasformazione che vanno da un centinaio a diverse migliaia di mc/ora, da moduli standard e moduli on-demand. Per il processo di upgrading da biogas a biometano l’azienda propone una tecnologia di separazione a membrane a fibra cava polimeriche proprietarie (Medal). Questo efficiente sistema genera un biometano di alta qualità (purezze dal 96,5% al 99%). Per la liquefazione del biometano, invece, offre unità di liquefazione industriale compatibili con le diverse necessità. La competenza riconosciuta di Air Liquide nel settore dei gas industriali, combinata con l’esperienza
stadi di membrane che separano, massimizzando così l’efficienza di recupero. Nel sistema di liquefazione CH4LNG il cuore del processo è il cryocooler, basato sulla tecnologia di Stirling Cryogenics (Gruppo Hysytech), ovvero una macchina alternativa per generare il potere frigorifero comprimendo ed espandendo elio in un ciclo chiuso. Si tratta di una soluzione modulare containerizzata disponibile anche per taglie piccole e molto piccole, con Capex and Opex competitivi per qualunque taglia, funzionamento plug in e nessun consumo di N2.
www.gruppoab.com
acquisita nella purificazione del biogas, sono i principali punti di forza che garantiscono il successo dei progetti del cliente, anche perché gli esperti dell’azienda garantiscono assistenza costante, dalla fase di progettazione alla consegna dell’impianto, allo start up ai servizi di manutenzione. Non a caso Air Liquide gestisce 15 impianti di produzione di biometano nel mondo, ha oltre 30 anni di esperienza nella produzione di membrane, ha circa 70 stazioni Natural Gas Vehicles (NGV) in Europa, più di 100 anni di esperienza nella separazione del gas e una capacità produttiva di biometano di oltre 1 TWh/anno.
www.industria.airliquide.it
CRYO PUR Cryo Pur propone una gamma di soluzioni per l’upgrading criogenico del biogas, la liquefazione del biometano e della bio-CO2. La tecnologia proposta è adatta a processi con flussi da 200 a 2.000 Nmc/h di biogas e per produzioni da 2,3 a 18,5 ton/giorno di BioGNL e da 4,7 a 37,9 ton/giorno di BioCO2. Cryo Fuel è il processo per trasformare il biogas in un carburante fruibile per i veicoli pesanti. Si tratta di una soluzione integrata per l’upgrading del biogas e la liquefazione del bioCH4. Altamente efficiente per un'ampia gamma di portate, che offre anche la possibilità di produrre bio-CO2 liquida. Il sistema di liquefazione del biometano vero e proprio è il Cryo LNG con efficienza ottimale per una gamma di portate di micro-scala. Il processo produce da 2 a 50 ton/giorno di BioGNL, ha un consumo elettrico di 0,8 kWe/kg di GNL, un tasso di recupero di CH4 del 100%, è di facile installazione e funzionamento, adattato a varie portate e composizione. Il biometano viene poi compresso a 15 bar e Hi-Tech Ambiente
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liquefatto a -120 °C, pronto da essere stoccato in contenitori criogenici; ma, se necessario, un ciclo di boil-off e di ri-liquefazione consente di produrre BioGNL a 2 bar e 160 °C. Cryo CO2 è invece il processo per la produzione di bio-CO2 liquefatta ad alta purezza e prevede la catturata CO2 attraverso l’alternanza di fasi di congelamento e scongelamento tramite due scambiatori di calore. Il sistema Cryo Pur nel suo complesso è adattato al trattamento del biogas prodotto da qualsiasi tipo di biomassa organica: scarti agricoli, forsu, fanghi di depurazione, discarica. Esso garantisce un tasso di recupero massimo (la perdita di bioCH4 è solo dell’1%), un livello di purezza del 99% per il bioCH4 e di oltre il 99,9% per la bio-CO2 liquefatta, e un minimo consumo di energia elettrica. Le unità Cryo Pur, inoltre, possono trattare tra -50% e +20% della portata nominale del biogas mantenendo le prestazioni.
www.cryopur.com
SPECIALE DA BIOGAS A BIOGNL ECOSPRAY TECHNOLOGIES
GREENTHESIS
Il processo di Ecospray Technologies di upgrading del biogas a biometano e sua liquefazione in BioGNL è adatto per micro applicazioni ma anche scalabile per produzioni superiori con bassi consumi energetici. Il pretrattamento del biogas avviene mediante una soluzione ottimizzata del processo PSA a pressione ambiente che garantisce alta efficienza e bassi consumi, e l’upgrading rimuove la CO2 senza l’uso di sostanze chimiche. È possibile aggiungere il sequestro e la liquefazione di CO2 come opzione. Il sistema di upgrading può trattare biogas di diversa composizione e portata (unità da 10-5.000 mc/h), e si caratterizza per: bassi costi e consumi dell’adsorbente (zeoliti sintetiche); basso consumo grazie all’assenza di compressione del biogas (circa 0,2 kWh/Nmc biogas); rigenerazione dei letti adsorbenti con un ciclo di sottovuoto spinto; elevata tolleranza alle fluttuazioni delle impurità del biogas; automazione totale e controllo attivo. La Nitrogen
Presso la discarica per rsu di Borgo Montello (LT), di proprietà di Greenthesis Group, buona parte del biogas prodotto dai vari lotti, fino a poco tempo fa interamente utilizzato per produrre energia elettrica con gruppi elettrogeni a ciclo continuo, viene ora convertito in gas naturale biologico e successivamente liquefatto a temperatura intorno ai -150 °C per essere poi venduto al mercato dell’autotrazione, come combustibile da fonte rinnovabile. Presso questo impianto, la proBioGNL è di circa duzione di 2.000.000 kg/anno grazie alla trasformazione di circa 6.000.000 Nmc/h di biogas da discarica. Il biometano così prodotto può essere impiegato, tal quale o miscelato in qualsiasi percentuale con il gas naturale, senza limitazioni tecniche e nessuna modifica tecnologica, nei veicoli già funzionanti a metano per il trasporto leggero e pesante, nella distribuzione urbana delle merci, nel trasporto pubblico e a breve, anche nella meccanizzazione agricola. Proprio negli ultimi anni, infatti, il mercato dei trasporti ha visto una cresci-
Rejection Unit consente l’assorbimento selettivo di metano (rilasciato a bassa pressione) o azoto, catturando l’uno o riducendo l’altro (3-4% di uscita). Ecospray propone soluzioni per la liquefazione del biometano. I sistemi di micro-liquefazione chiavi in mano, con portate da 1 fino a 50 ton/giorno, hanno un design compatto per facilitare l’installazione. Due i processi possibili, al fine di soddisfare al meglio le esigenze dei clienti, che seguono i principi dei cicli Linde e Claude, rispettivamente basati sulla compressione ed espansione del metano stesso senza l’utilizzo di fluido intermedio di raffreddamento. Tali sistemi di liquefazione sono caratterizzati da: semplicità, efficienza, flessibilità, automatizzazione, compattezza. E’ recente l’installazione di un impianto ad alta tecnologia per la produzione di BioGNL presso la discarica SRT di Novi Ligure (GE).
www.ecospray.eu/it
HYSYTECH
SAPIO
Hysytech è da anni attiva in prima linea sul tema biometano. Nel 2014, insieme ad Acea Pinerolese Industriale, ha realizzato l’impianto di upgrading da biogas ottenuto dalla digestione anaerobica della forsu. Nel 2016, insieme a EGEA, FCA e CNH, ha inaugurato il pieno di biometano destinato al rifornimento di mezzi a BioCNG. A marzo 2020, grazie alla continua collaborazione con Acea Pinerolese Industriale, è entrato in funzione un impianto di biometano che tratta fino a 1.500 Smc/h di biogas e immette il biometano nella rete di distribuzione di gas naturale con destinazione d’uso in autotrazione. Nel 2018, insieme a Stirling Cryogenics, società di sua proprietà, ha inaugurato a Troia (FG), all’interno del progetto europeo Store&Go, il primo impianto in Italia di metanazione della CO2 per la produzione di BioGNL. Si tratta di un impianto integrato con i trattamenti necessari alla purificazione del biometano e con i cicli di raffreddamento necessari per la liquefazione. La tecnologia di liquefazione permette di pro-
Sapio si fa carico di tutti gli investimenti necessari alla produzione “in situ” del biometano liquido, un prodotto “a km 0” potendo essere distribuito nelle stazioni di rifornimento più vicine al sito produttivo. Sapio si propone quindi come partner di aziende agricole e industrie, offrendo le competenze necessarie lungo tutta la filiera del biometano avanzato, ossia tutto ciò che è necessario per passare dalla produzione di biogas alla produzione di biometano, alla sua distribuzione e immissione nel mercato dell’autotrazione. Il modello di business proposto da Sapio prevede forme di collaborazione che vanno dalla firma di contratti per la compravendita di biogas, fino alla costituzione di società di scopo, basandosi sulla valorizzazione delle competenze tecniche distintive dei soggetti coinvolti. Riguardo alla fase di liquefazione, l’azienda offre due principali tecnologie in base alle caratteristiche e alla dimensione dell’impianto. Una prima soluzione è chiamata a “ciclo aperto” e prevede l’impiego di azo-
durre BioGNL a basse pressioni, anche in presenza di gas più leggeri (ad esempio N2, O2, H2). Si tratta di una tecnologia criogenica consolidata in grado di arrivare fino alla temperatura di 15K. L’impianto, inoltre, con esecuzione modulare, consente di trattare anche piccole portate. Si tratta, infatti, di un criogeneratore in grado di fornire il raffreddamento necessario al processo di liquefazione su taglie d’interesse per la produzione locale di GNL. In particolare, la tecnologia in oggetto risulta molto competitiva per la maggior efficienza energetica rispetto ai tradizionali processi di taglia maggiore sull’intervallo di produzione giornaliera da 1 tonnellata fino a 30 tonnellate.
www.hysytech.com
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ta importante di mezzi pesanti che utilizzano, al posto del diesel, il GNL come combustibile, proprio perché permette una forte riduzione delle emissioni di CO2 e, in misura molto più elevata, di particolato e di NOx (un inquinante primario che si forma generalmente dai processi di combustione ad alta temperatura), così come riportato da tutte le tabelle fornite dalle case produttrici di questi mezzi. In questo caso, però, utilizzando un BioGNL, ossia un GNL di origine biologica, le emissioni di CO2 risultano ulteriormente ridotte, abbattendole di più del 90%. A questo proposito, è recentissimo l’accordo siglato con il Gruppo SOL, grazie al quale questo biometano va a rifornire alcune delle circa 80 stazioni di rifornimento di mezzi pesanti alimentati a metano liquido presenti oggi in Italia, consentendo così una consistente riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera, rispetto a mezzi diesel tradizionali, responsabili di un impatto ambientale superiore ai 5 milioni di kg di CO2 all’anno.
www.greenthesisgroup.com
to liquido in uno scambiatore di calore in controcorrente. Lo scambio termico tra i due fluidi genera la liquefazione del biometano e l’evaporazione dell’azoto, che ritorna in atmosfera senza impatti ambientali. La seconda consiste in una liquefazione meccanica a “ciclo chiuso” tramite impianto di compressione ed espansione. Il biometano liquido è stoccato in serbatoi criogenici e infine distribuito nelle stazioni di rifornimento per essere immesso in commercio. Ad esempio, il primo l’impianto di upgrading fornito da Sapio è entrato di recente in esercizio in Sicilia, presso la Società Agricola Assoro Biometano, della provincia di Enna. Alimentato con biogas proveniente da biomasse della filiera agro-alimentare, l’impianto produce 500 Smc/h di biometano mediante la tecnologia di upgrading PSA Pressure Swing Adsorption della Xebec Adsorption Europe, filiale della società canadese con cui Sapio ha un accordo in esclusiva.
www.sapio.it
sicurezza
Il controllo delle polveri Salute e sicurezza
Sottovalutarne il rischio può rivelarsi estremamente pericoloso se vengono disattese regole essenziali che riguardano macchinari e processo di lavorazione Il termine "polvere" non ha un significato scientifico preciso; in genere per "polvere" si intende un solido ridotto in particelle minute, dove le dimensioni delle particelle sono importanti tanto quanto la natura chimica della polvere ai fini della determinazione della pericolosità. In genere, i tipi di polveri più pericolosi sono quelli composti da particelle minutissime, altrimenti dette polveri sottili: le particelle di questo tipo sono sufficientemente piccole da poter essere inalate, ma allo stesso tempo sufficientemente grandi da rimanere intrappolate nei tessuti polmonari invece di essere esalate. Esistono, tuttavia, alcune sostanze (come ad esempio l'amianto) che, pur producendo polveri molto grossolane con particelle di grandi dimensioni, possono risultare pericolose. L'esposizione alla polvere nel settore manifatturiero è spesso inevitabile: si tratta di un ambito lavorativo che per sua natura prevede attività e azioni che producono polvere e che la diffondono nell'aria. Nemmeno le pulizie regolari e minuziose possono garantire livelli di polvere adeguati nelle fabbriche o nei magazzini. Ciò si traduce in un rischio costante per la salute dei dipendenti, i quali sono esposti a gravi malattie respiratorie e a disturbi cutanei che possono accompagnarli per il resto della vita. Ma le polveri presentano rischi non solo per la salute ma anche per la sicurezza.
cue, come cereali, segatura, materie plastiche, zucchero, cotone e altre, possono dar luogo a esplosioni anche catastrofiche quando si trovano in forma di polvere fine. Il requisito principale è che il materiale in polvere sia combustibile. Perchè le polveri possano causare un'esplosione occorre la presenza simultanea di tre condizioni: una concentrazione di materiale combustibile sospesa nel-
l'aria, una adeguata quantità di ossigeno e una fonte di innesco sufficientemente potente. Quando queste tre condizioni si combinano si verifica una combustione; se essa avviene all'interno di un ambiente chiuso (silos, containers, edifici, ecc.) può verificarsi un'esplosione. La particolare pericolosità delle polveri è dovuta al fatto che le particelle hanno una superficie di contatto con
l'ossigeno molto elevata: se prendiamo, ad esempio, delle particelle di legno di circa 0,1 mm di diametro sparse nell'aria in una concentrazione tale da assicurare a ognuna di esse un volume d'aria sufficiente per una completa combustione, la combustione stessa avverrà molto velocemente; e se ciò avviene in uno spazio chiuso, la pressione originata dalla rapida combustione che non ha modo di sfogarsi all'esterno, potrà facilmente causare un'esplosione. Si tratta di eventi relativamente frequenti: secondo una recente statistica Inail, il 7% delle esplosioni verificatesi in Italia negli ultimi 6 anni è dovuto a polveri. L'analisi e la prevenzione dei rischi delle esplosioni da polveri sono dettagliatamente trattate nelle "Direttive ATEX", recepite in Italia con i D.Lgs 85/2016 e 233/2003. La valutazione dei rischi di esplosione negli ambienti di lavoro è un obbligo esplicitamente previsto dal Titolo XI del D.Lgs 81/2008. E per ridurre i rischi derivanti dalle polveri è necessario considerare sia la progettazione dei macchinari, che organizzare ogni singola fase del processo di lavorazione per controllare la dispersione di polveri. CONVOGLIAMENTO
Ci sono due sistemi per convogliare materiali in forma polverulenta attraverso le tubazioni: aria compressa e aspirazione. Nel primo caso, l'aria ad alta pressione
RISCHI PER LA SICUREZZA
Sostanze apparentemente inno-
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del processo produttivo non comporta di per sè l'accumulo di polveri. Se l'alimentatore scarica le materie prime in ambienti chiusi, il rischio di dispersione di polveri si può evitare facilmente; talvolta, però, alcuni alimentatori scaricano su tramogge aperte o bilance, nel qual caso è altamente raccomandata l'adozione di un sistema di controllo delle polveri centralizzato.
Stop alle polveri con EcoFog spinge le polveri attraverso i tubi, mentre nel secondo viene usata aria a pressione negativa per aspirare le polveri attraverso i tubi. Sebbene siano impiegati entrambi, i sistemi di aspirazione hanno dei benefici particolari nel controllo delle polveri: dato che essi operano a pressione negativa, eventuali perdite nel sistema di convogliamento causano l'ingresso di aria nelle tubazioni, senza creare fughe o dispersioni. FILTRI
I sistemi di filtraggio giocano un ruolo fondamentale per il controllo delle polveri, in quanto le catturano separandole dall'aria in uscita dai sistemi di raccolta, impedendone la dispersione. In genere essi sono collocati sopra la tramoggia di carico, e non solo puliscono l'aria, ma impediscono anche il sovraccarico della tramoggia, e consentono di riciclare nel processo produttivo le polveri riutilizzabili.
SVUOTAMENTO DEI SACCONI
L'aria così depurata può essere impiegata per la ventilazione degli ambienti o dispersa all'esterno. E' necessario effettuare una regolare e accurata manutenzione dei filtri, per mantenere la loro efficienza: infatti, l'accumulo di polveri sui filtri riduce la superficie filtrante e, infine, ne provoca l'intasamento. Esistono filtri auto-pulenti, ma occorre comunque effettuare controlli periodici per verificare l'assenza di strappi o fessurazioni. Esiste in commercio un'ampia varietà di filtri, per soddisfare le esigenze più diverse. Molti sono
fatti in poliestere, ma ne esistono anche costituiti da materiali diversi, come i filtri anti-statici. Particolarmente efficaci sono quelli in PTFE (politetrafluoroetilene), in quanto in grado di trattenere particelle di pochi micron; essi sono molto efficaci anche con materiali appiccicosi, dato che il rivestimento in PTFE consente di rimuovere questi materiali più facilmente rispetto ai filtri in poliestere. ALIMENTAZIONE
In genere la fase di alimentazione
I RISCHI PER LA SALUTE I danni all'organismo umano provocati dalle polveri dipendono dalle dimensioni delle particelle. Le particelle grossolane (diametro superiore a 10 micron) si fermano nelle prime vie respiratorie; le particelle fini (PM10) dette anche polveri inalabili, penetrano nel tratto superiore delle vie aeree o tratto extratoracico (cavità nasali, faringe o laringe); le particelle finissime (PM2,5), dette anche polveri respirabili, possono giungere fino alle parti inferiori dell'apparato respiratorio o tratto tracheobronchiale (trachea, bronchi, bronchioli ed alveoli polmonari). L'esposizione alla polvere può causare polmonite e asma. Alcune polveri sono più dannose di altre: ne sono un esempio quelle derivate da cereali, farine, legno e coloranti reattivi, che possono causare attacchi di tosse, respiro sibilante e senso di oppressione al petto. L'asma professionale è debilitante, ma la polmonite derivante da accumuli di polvere e
infezioni ai polmoni può essere fatale. Si possono avere anche danni all'epidermide, poichè il problema della polvere è che da qualche parte deve pur depositarsi. Anche utilizzando tutte le adeguate attrezzature di protezione, parte della pelle rimane esposta alla polvere e questo
può portare reazioni allergiche. Un'esposizione prolungata può causare prurito, desquamazione e secchezza della pelle. Alcune polveri che si creano in determinati ambienti produttivi contengono sostanze chimiche cancerogene che possono portare al cancro alla pelle.
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Lo svuotamento dei sacconi contenenti materiale di vario genere può causare elevate dispersioni di polveri: in genere ciò accade a causa di apparecchiature non adeguate o errori degli operatori. Durante le operazioni di svuotamento esistono quattro azioni base da adottare: ogni saccone deve essere ben collegato alla macchina che effettua lo svuotamento, con i bordi del sacco ben tirati e perfettamente connessi al macchinario; la connessione deve portare a una tramoggia dotata di un proprio sistema di controllo delle polveri; appena il materiale inizia a fuoriuscire dal saccone per entrare nella tramoggia, l'aria in uscita da essa deve essere aspirata dal sistema di controllo polveri; infine, il saccone vuoto deve essere schiacciato quando è ancora connesso al sistema di aspirazione, per eliminare i residui che inevitabilmente restano all'interno dello stesso e che spesso rappresentano la fonte primaria di accumulo di polveri nell'area dove vengono effettuate le operazioni di svuotamento. Anche gli errori degli operatori possono causare la dispersione di polveri, ed è per questo che devono essere adeguatamente formati e il loro lavoro monitorato per assicurare il rispetto delle procedure e il corretto impiego dei dispositivi di controllo delle polveri. Infine non bisogna trascurare le dispersioni causate da strappi e lacerazioni nei sacchi dovuti a azioni incaute durante la loro movimentazione e stoccaggio, adottando tutte le misure possibili per minimizzare il rischio (dalla formazione degli operatori alla progettazione delle aree in cui avviene lo svuotamento).
AREE DI SCARICO SACCHI
CONVOGLIATORI FLESSIBILI
Lo scarico dei sacchi consiste nel tagliare i sacchi che contengono il materiale grezzo, rovesciandone il contenuto nell'area a ciò dedicata. Queste operazioni possono produrre molte polveri ed è quindi necessario adottare sistemi di raccolta che entrano automaticamente in funzione quando l'operatore apre la porta dell'area di scarico, per evitare possibili dimenticanze. I ventilatori entrano in funzione automaticamente e soffiano un flusso di aria dall'area in cui si trova l'operatore verso la tramoggia così, quando l'operatore inizia l'attività di scarico, la polvere viene spinta nella tramoggia. Anche in questo caso occorre prestare attenzione ai sacchi vuoti e ai residui che essi contengono, poichè uno stoccaggio inadeguato può causare dispersioni di queste polveri residue. Si raccomanda, quindi, di dotare le aree di scarico di un sistema che raccoglie i sacchi vuoti in un sacco per rifiuti sigillato.
Si tratta di una sezione flessibile in materiale plastico, che può essere introdotta in un sistema di tubazioni per agevolare il transito di un flusso di materiale, e che è particolarmente efficace per il convogliamento di materiali appiccicosi, ad elevata densità o alto contenuto di grassi. Il convogliatore flessibile è connesso alle tubazioni tramite morsetti posti alle estremità, e la sua flessibilità gli consente di vibrare e muoversi, permettendo di eliminare gli ingorghi di materiale. Ciò richiede una costante manutenzione per assicurare la tenuta dei morsetti ed evitare accumuli di polveri, particolarmente importante nel caso di sistemi di convogliamento a pressione. La manutenzione deve anche riguardare il controllo di eventuali perdite o strappi nei convogliatori flessibili, che possono verificarsi proprio a causa del costante movimento e conseguente usura.
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Stop alle polveri con EcoFog Barra Project International
Gli impianti abbattono all’origine le emissioni polverose inquinanti mediante un flusso continuo di nebbia micronizzata
La gestione delle polveri industriali generate dalla lavorazione e movimentazione di materiale più o meno volatile sta catturando sempre maggior interesse, sia in termini di sicurezza operativa e tutela della salute dei lavoratori sia in ambito ambientale. Si rende pertanto necessario impedire la diffusione in atmosfera di queste polveri, eliminandole all’origine. Per far fronte a questa esigenza, Barra Project International ha lanciato sul mercato i propri impianti EcoFog, progettati per abbattere l’emissione polverosa mediante micronizzazione di acqua a basse pressioni e con consumi energetici minimi (pressioni di lavoro: 2-3 bar acqua;
0,2-0,5 bar aria). Le polveri industriali costituiscono da una parte una perdita di materiale nel bilancio complessivo della filiera di produzione e un costo di gestione spesso non indifferente, dall’altra sono una forte fonte di inquinamento ai danni della fabbrica stessa (danneggiamento di impianti), delle strutture limitrofe e dell’ambiente circostante. Per raggiungere in maniera efficace e poco dispendiosa un buon livello di depolverazione delle aree di lavoro è necessaria una tecnologia specifica che risulti compatibile con la realtà ambientale nella quale questi impianti si trovano ad operare. Nato per l’applicazione in ambienti come cave estrattive, stazioni di tra-
sporto, frantumazione e vagliatura, fosse rifiuti urbani, cementifici, acciaierie, raffinerie, fonderie, industria del legno, aree portuali, etc., EcoFog si caratterizza per affidabilità operativa e per semplicità di taratura e manutenzione. Invece che concentrarsi sulla gestione delle polveri durante tutte le fasi del ciclo produttivo, EcoFog agisce a monte, diffondendo un flusso continuo di nebbia micronizzata direttamente sui punti di generazione polveri. Ciò significa ridurre il livello di emissione nelle movimentazioni successive e non doversi preoccupare dello smaltimento delle polveri raccolte (a differenza di quanto avviene con i sistemi tradizionali, come
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incapsulamento e filtrazione). La nebbia generata è composta da una miriade di goccioline micronizzate che entrano in contatto con le polveri inglobandole, e ciò consente di: captare perfettamente le polveri senza che si disperdano in ambiente; appesantire le polveri facendole ricadere sul materiale che le ha generate e reimmettendole direttamente nel ciclo produttivo; evitare sprechi di materiale; eliminare la necessità di successivi trattamenti di smaltimento delle polveri; non bagnare il materiale sottostante (l’apporto di H2O è infinitesimale), evitando così la formazione di fanghi che danneggiano e sporcano ambiente e macchinari. Fiore all’occhiello di EcoFog sono i nebulizzatori AirOx Impact, ugelli modulari in acciaio inox (o altri materiali per settori specifici) con sistema di micronizzazione ad impatto. Si tratta di ugelli con nebulizzazione esterna altamente affidabili e a basso rischio di otturazione. Sono semplici da installare grazie alle diverse soluzione di fissaggio ed estremamente versatili; sono infatti dotati di testine intercambiabili in funzione delle esigenze di portata e della tipologia di nebbia desiderata. Questa struttura modulare ne rende facile e veloce la manutenzione. Gli impianti EcoFog forniti da Barra Project International sono completi in ogni loro componente: dai nebulizzatori ai sistemi di fissaggio, dai regolatori ai quadri di gestione (anche con sistemi antigelo), dalla distribuzione ai sistemi di rilevazione, etc. Gli accessori sono progettati per facilitarne l’installazione (direttamente realizzabile dall’utilizzatore finale) ed hanno un impatto praticamente nullo sulle strutture impiantistiche pre-esistenti.
tecnologia
Il punto sulla produzione di idrogeno Tre modi possibili
Mediante reforming del metano, con o senza CO2 emessa catturata e riutilizzata, per elettrolisi dell'acqua, per fermentazione o per pirolisi di biomasse o rifiuti 1a parte
Diciotto anni fa usciva un libro di J. Rifkin dal titolo "Economia all'idrogeno", in cui prevedeva il prossimo esaurimento del petrolio e il passaggio a una rete di produzione energetica interconnessa su scala mondiale e basata sull'idrogeno prodotto da fonti rinnovabili. Il libro suscitò molti entusiasmi, ma praticamente nessuna delle sue previsioni si è avverata: di petrolio ce n'è più di prima, l'interconnessione dell'energia su scala mondiale non interessa a nessuno, e l'idrogeno prodotto da fonti rinnovabili rappresenta meno del 5% del consumo totale di questo gas. Inoltre l'idrogeno avrebbe dovuto diventare il carburante del futuro, grazie al suo utilizzo nelle fuel cells che consentivano di produrre energia elettrica a bordo delle auto; ma in realtà la "mobilità sostenibile" si sta decisamente orientando verso le auto elettriche con batterie rifornite dalla rete, che sono molto più semplici costruttivamente (e quindi meno costose) ma, soprattutto, molto più sicure. Quale ruolo avrà quindi l'idrogeno nel prossimo futuro? La risposta a questa domanda, almeno per quanto riguarda l'Europa, va cercata nel programma "European Green Deal", con il quale l'Unione Europea si è impegnata a diventare un continente a zero impatti sul clima (e quindi a zero emissioni di CO2) entro il 2050. Il primo passaggio verso questo obiettivo dovrebbe
avvenire tra appena 10 anni, con un dimezzamento entro il 2030 delle emissioni di CO2 rispetto al livello del 1990; per raggiungere questo obiettivo la Commissione Europea era disposta (in un programma preparato a fine 2019) a investire fino a 10 miliardi di euro l'anno per finanziare le iniziative di ricerca e transizione verso un'economia decarbonizzata. Erano inoltre previste penalizzazioni economiche, attraverso la "carbon tax" e il sistema di "emission trading" per le industrie che non attueranno iniziative concrete di riduzione delle emissioni di CO2. Al momento non sappiamo se le ingenti spese connesse all'emergenza Covid-19 costringeranno la Commissione Europea a rivedere o spostare questo programma; ma il contenimento delle emissioni di CO2 è un problema globale ormai ineludibile. L'utilizzo dell'idroge-
no al posto dei combustibili fossili può essere un modo per ridurre le emissioni di CO2, purchè l'idrogeno sia prodotto su larga scala utilizzando energie rinnovabili o comunque usando processi che non immettano CO2 in atmosfera. Sotto questo aspetto si distinguono tre modi di produrre idrogeno: - idrogeno grigio, che è quello prodotto mediante "reforming" del metano o di altri idrocarburi, come si fa oggi. Il carbonio presente nei materiali di partenza viene inesorabilmente convertito in CO2, a cui si somma la CO2 necessaria per la produzione dell'energia necessaria a sostenere la reazione. In totale, per produrre 1 tonnellata di idrogeno vengono emesse da 10 a 12 ton di CO2; purtroppo, per motivi economici il 95% dell'idrogeno utilizzato industrialmente oggi viene prodotto con processi di questo tipo
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- idrogeno blu, che viene prodotto con gli stessi processi dell'idrogeno grigio, ma la CO2 emessa viene catturata e utilizzata, oppure rimossa in modo permanente mediante iniezione nei fondali marini, in strati geologici o simili. Alcune fonti propongono anche idrogeno "Super Blu", che verrebbe prodotto con impianti di reforming alimentati a energia elettrica da fonti rinnovabili; in questo modo la CO2 prodotta verrebbe circa dimezzata. Attualmente la produzione di questi tipi di idrogeno è minima; tuttavia, esistono almeno 4 impianti (in Usa, Canada, Francia e Giappone) che producono in totale circa 2.500 ton/anno di idrogeno, iniettando la CO2 in formazioni geologiche - idrogeno verde, che viene prodotto per elettrolisi dell'acqua, usando energia elettrica da fonti rinnovabili, oppure per fermentazione (processo promettente ma ancora in fase di sviluppo pre-industriale), o pirolisi di biomasse o rifiuti, cioè senza emettere "nuova" CO 2 in atmosfera. Ad oggi viene prodotto con questi metodi il 4-5% dell'idrogeno oggi utilizzato nell'industria. LUCI E OMBRE DELL'ELETTROLISI
I problemi dei processi elettrolitici sono di due tipi: produrre l'energia elettrica necessaria, usanContinua a pag. 38
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Il punto sulla produzione di idrogeno do esclusivamente fonti rinnovabili; abbassare i costi delle apparecchiature di elettrolisi. Il primo problema è più politico che tecnico: sappiamo come produrre energia da fonti rinnovabili, ma dobbiamo trovare i giusti incentivi economici e soprattutto superare il problema della discontinuità. Una volta che la produzione di elettricità rinnovabile avrà raggiunto le dimensioni adeguate, si porrà un problema di priorità: è meglio destinare l'elettricità rinnovabile ai consumi domestici oppure a quelli industriali (tra i quali rientra la produzione di idrogeno)? La risposta non è semplice, anche perchè la stessa produzione di idrogeno può essere utilizzata per risolvere il problema della discontinuità delle rinnovabili. Il secondo problema è legato soprattutto alle economie di scala, che in parte hanno già ridotto sensibilmente i costi dei nuovi elettrolizzatori. D'altra parte, su scala nazionale le economie di scala potranno realizzarsi solo quando ci sarà sufficiente disponibilità di elettricità rinnovabile; e questo sta già avvenendo in alcuni Paesi, come Norvegia, Svezia, Danimarca e Canada. Lo sviluppo della tecnologia può essere un fattore importante, soprattutto per quanto riguarda le celle elettrolitiche a membrana di scambio protonico (PEM), oppure per nuove tecnologie come quelle foto-elettrochimiche. Esistono oggi due tipi principali di tecnologie elettrolitiche: quelle alcaline e quelle a membrana (le PEM appunto). Le celle alcaline rappresentano una tecnologia tradizionale e consolidata, maggiormente adatta a grandi impianti. Ad esempio, la società tedesca Thyssenkrupp Industrial Solutions, in collaborazione con l'italiana De Nora, produce ogni anno un totale di celle per elettrolisi corrispondente a 1 GW di potenza elettrica. La stessa azienda offre celle elettrolitiche modulari prefabbricate, con produzione di 4.000 Nmc/ora di idrogeno, con speciali rivestimenti anodici e catodici (sviluppati da De Nora), che garantiscono valori di effi-
cienza fino all'80%. Le celle a membrana hanno un consumo di energia più basso, si adattano meglio alle variazioni nell'alimentazione di corrente e possono erogare idrogeno già sotto pressione (fino a 50 bar); sono però più costose, poichè richiedono catalizzatori a base di metalli preziosi, come platino e indio, e devono essere costruite con leghe metalliche resistenti all'acidità. Particolarmente promettente è la possibilità di accoppiare direttamente i sistemi di produzione di energie rinnovabili (eolico e fotovoltaico) con le PEM. Attualmente, nelle ore in cui la produzione di energia rinnovabile eccede la
VERDE O GRIGIO? DIPENDE DALL’INPUT Il processo di Steam Reforming, oggi utilizzato per produrre “idrogeno grigio” partendo da metano o altri idrocarburi fossili, può diventare un produttore di “idrogeno verde” se la materia prima in ingresso (cioè il metano) proviene da una fonte rinnovabile, come il biogas ottenuto per digestione anaerobica di biomasse o rifiuti. In questo caso il bilancio della CO2 risulterà praticamente neutro, perché la CO2 emessa proviene dal carbonio catturato dalle piante per crescere, mediante il processo di fotosintesi; diviene però di particolare importanza il consumo energetico dell’impianto. Un’interessante realizzazione viene dalla società Hysytech, che produce un reformer flessibile e modulare, battezzato “H2genio”, alimentabile con metano di qualsiasi provenienza (anche odorizzato), e caratterizzato da bassissimo fabbisogno elettrico: l’impianto di taglia più piccola produce 86 kg/giorno di idrogeno, con un
domanda, i generatori vengono staccati dalla rete, rinunciando quindi ad un’aliquota della produzione; collegando un generatore elettrolitico, l'eccedenza energetica verrebbe usata per produrre idrogeno, che potrebbe essere immagazzinato come riserva energetica o venduto alle industrie (anche se i costi di trasporto, in assenza di una rete analoga a quella del metano, sono ancora onerosi). La ditta tedesca Hoeller Electolyzer produce sistemi PEM molto compatti, adatti ad essere connessi direttamente ai generatori eolici; e in Danimarca è operativo dal 2018 un impianto PEM da 1,2 MW, connesso al campo eolico di consumo di appena 18 kW. L’idrogeno ottenuto ha una purezza del 99,99% (o anche maggiore, se necessario) e può quindi essere utilizzato direttamente nell’industria o per alimentare fuel cells; inoltre, esce con pressione da 5 a 12 bar e non richiede quindi (almeno per gli impieghi più comuni) uno stadio di compressione. H2genio viene prodotto in diversi moduli, con capacità da 86 a 1.382 kg/ora di idrogeno, tutti pre-assemblati in container, che funzionano in modo completamente automatico, senza richiedere manodopera. La CO2 in uscita può essere recuperata e riutilizzata per usi agricoli (serre a rapida crescita) o industriali, oppure avviata a processi di occultamento geologico.
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Hobro. Impianti sperimentali basati sullo stesso principio, ma connessi a sistemi fotovoltaici, sono stati messo a punto in Spagna, nel quadro del progetto europeo ELY4OFF, e in Germania (progetto PECSYS, al quale ha partecipato anche il CNR con una installazione a Catania). Sul versante delle tecnologie emergenti, meritano una citazione le celle con membrane a scambio anionico (AEM). Queste celle sono ancora allo stadio di prototipi di laboratorio; dovrebbero combinare i vantaggi delle PEM (come la rapidità di risposta) con il basso costo di costruzione delle celle alcaline. I PROCESSI DI GASSIFICAZIONE
E' noto da tempo che tutti i materiali basati su carbonio e idrogeno possono essere trasformati in syngas, cioè una miscela di ossido di carbonio e idrogeno, mediante pirolisi, cioè riscaldamento ad alta temperatura in assenza di ossigeno. Il syngas può essere poi fatto reagire con vapor acqueo, producendo altro idrogeno e CO2, che può essere facilmente separata e successivamente trasformata in metanolo o altri prodotti chimici. Il processo è oggetto di particolare attenzione da parte di Eni, che sta costruendo a Porto Marghera un impianto da 25.000 Nmc/ora di idrogeno; anche la raffineria di Livorno dovrebbe (almeno in parte) essere convertita a processi di questo tipo in un prossimo futuro, e la Regione Toscana ha incluso nel suo piano di gestione dei rifiuti per i prossimi anni la trasformazione di plastiche miste e altri rifiuti difficilmente riciclabili in idrogeno e biocarburanti presso la raffineria di Livorno. Nel frattempo, in California è in programma la costruzione di un impianto che tratterà 42.000 ton/anno di rifiuti selezionati, sottoponendoli ad una gassificazione con plasma a 3.500-4.000 °C. A questa temperatura il syngas prodotto è perfettamente pulito e privo di fuliggine, materiale incombusto e metalli pesanti. L'impianto dovrebbe essere pienamente operativo nel 2023; impiegherà 35 persone e produrrà 3.800 ton/anno di idrogeno, a un prezzo che viene previsto competitivo con l'idrogeno prodotto da combustibili fossili.
L'idrogeno verde a costo ridotto Progetto Prometeo
Un nuovo processo che integra l'elettrolisi ad ossidi solidi ad alta temperatura con le energie rinnovabili Ridurre i costi di produzione dell’idrogeno verde, a meno di 2 €/kg in prospettiva, grazie ad una tecnologia altamente efficiente che combina l’elettricità da fotovoltaico (o eolico), con il calore da solare a concentrazione. È l’obiettivo del progetto europeo PROMETEO (Hydrogen PROduction by MEans of solar heat and power in high TEmperature solid Oxide electrolysers), coordinato da Enea, nell’ambito del programma pubblico-privato FCH JU, (Fuel Cells and Hydrogen Joint Undertaking). Nell’iniziativa è coinvolto un pool di imprese e istituzioni di ricerca italiane ed europee: la Fondazione Bruno Kessler (FBK), la spagnola Imdea Energy e l’Istituto di ricerca svizzero EPFL si occuperanno insieme all’Enea dell’integrazione del prototipo con le fonti rinnovabili; l’italo-svizzera SolidPower fornirà elettrolizzatori e il sistema di termo-regolazione, mentre il gruppo italiano Maire Tecnimont sarà a capo dell’ingegnerizzazione del prototipo e della messa in marcia dell’impianto. Un ruolo fondamentale nello sviluppo di applicazioni finali lo avranno anche i potenziali utilizzatori della tecnologia: la Snam per l’iniezione di idrogeno verde nella rete gas, la spagnola Capital Energy per lo stoccaggio chimico di elettricità rinnovabile e l’olandese Stamicarbon per i possibili impieghi nell’industria chimica. <<Il cuore della sfida di Prometeo - spiega Alberto Giaconia, il ricercatore Enea che coordina il progetto - sta nel garantire continuità alla produzione di idrogeno da elettrolisi anche quando l’energia rinnova-
bile da fonte solare non è disponibile a causa dell’intermittenza o nei periodi in cui è più conveniente utilizzarla, come ad esempio nei sur-
plus di produzione; ciò consentirà di essere altamente competitivi in termini di costi>>. Il progetto prevede la realizzazione
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in Italia di un prototipo di elettrolizzatore ad ossidi solidi da 25 kWe in grado di produrre 15 kg di idrogeno al giorno, che in seguito verrà validato in Spagna presso un impianto fotovoltaico. <<È auspicabile che a fine progetto il prototipo venga installato anche nella nostra Hydrogen Valley del Centro ricerche Casaccia – afferma Giaconia – per favorirne il trasferimento tecnologico al settore Power-to-Gas>>. <<La prima grande sfida – sottolinea Dina Lanzi, responsabile Sviluppo Tecnologico della BU Idrogeno di Snam – è quella di produrre idrogeno a zero emissioni su larga scala e a bassi costi per decarbonizzare l’industria energivora e la mobilità pesante. Il progetto Prometeo contribuirà a sviluppare e scalare tecnologie efficienti di produzione grazie alle alte temperature, abbattendo i costi di produzione dell’idrogeno verde e aumentandone la competitività. Il secondo obiettivo consiste nell’integrare questa tecnologia nell’infrastruttura energetica, accoppiando la rete gas e la rete elettrica, per vincere le attuali e future sfide del sistema energetico italiano ed europeo>>. “Il progetto Prometeo sarà un tassello importante per costruire il mosaico della decarbonizzazione in Europa - dichiara Luigi Crema, direttore del Centro Sustainable Energy di FBK - soprattutto nei settori industriali maggiormente coinvolti nella transizione energetica come quello energetico, chimico e in particolare dei fertilizzanti azotati. È una grande sfida che affronteremo con passione e dedizione>>.
La "Hydrogen Valley" italiana Progetto Enea
Un polo di ricerca e un incubatore tecnologico per lo sviluppo di una filiera nazionale dell’idrogeno a disposizione dell’industria L’Enea ha in progetto la realizzazione della prima Hydrogen Valley italiana in cui sviluppare una filiera nazionale per la produzione, il trasporto, l’accumulo e l’utilizzo di idrogeno, puntando su ricerca, tecnologie, infrastrutture e servizi innovativi. Questo incubatore tecnologico per lo sviluppo della filiera dell’idrogeno, finanziato con i fondi del programma europeo Mission Innovation, vedrà la collaborazione di università, istituti di ricerca, associazioni e imprese, con l’obiettivo di favorire la transizione energetica e la decarbonizzazione. <<Si tratta di una piattaforma polifunzionale, inclusiva - spiega Giorgio Graditi dell’Enea - in cui ci occuperemo di idrogeno a 360 gradi, per accelerare ricerca e innovazione e mettere a disposizione dell’industria infrastrutture hitech per arrivare a colmare il gap fra scala di laboratorio e industriale>>. Il progetto prevede la realizzazione presso il Centro Ricerche Enea Casaccia, alle porte di Roma, di un insieme di infrastrutture hi-tech per la ricerca e la sperimentazione lungo tutta la filiera dell’idrogeno: dalla produzione alla distribuzione, dall’accumulo all’utilizzo come materia prima per la produzione di combustibili puliti e come vettore energetico, per ridurre le emissioni di CO2 nell’industria, nella mobilità, nella generazione di energia e nel residenziale. <<Questi sono solo alcuni esempi delle potenzialità di un progetto tutto italiano che darebbe la pos-
sibilità alle aziende di produrre innovazione - commenta Graditi sperimentando e validando le proprie tecnologie in un ambiente
dedicato e con il supporto di personale e laboratori qualificati. E per realizzare il primo dimostratore di ‘taglia rilevante’ della rea-
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le fattibilità di un’economia green basata sull’idrogeno, sfrutteremo tutte le potenzialità del nostro Centro Ricerche Casaccia che si estende su oltre 100 ettari, con circa 1.000 ricercatori, importanti infrastrutture e laboratori di ricerca, una rete autonoma del gas e dell’energia elettrica, circa 200 edifici, strade e servizi>>. Oggi l’idrogeno verde può essere ottenuto da diverse fonti di energia rinnovabile come il fotovoltaico e l’eolico. La piattaforma di ricerca Enea consentirà anche la sperimentazione di nuove tecnologie per la produzione di idrogeno, ad esempio, attraverso l’utilizzo dei rifiuti (biomasse residuali) e l’impiego del calore rinnovabile a media-alta temperatura prodotto da impianti solari a concentrazione. All’interno dell’incubatore potrà essere utilizzato idrogeno puro e in miscela con gas naturale per la produzione di energia elettrica; verranno, infatti, messe a punto miscele idrogeno-metano da immettere nella rete interna di distribuzione del gas e sarà realizzato un “idrogenodotto” locale dedicato al trasporto di idrogeno puro in pressione, da utilizzare in modo capillare a seconda della domanda delle utenze. È prevista anche la realizzazione di una stazione di rifornimento per veicoli a idrogeno, come i mezzi per la movimentazione delle merci, bus e automobili, in uso all’interno del Centro Ricerche Enea, con l’obiettivo di dimostrare il contributo di questo combustibile alla decarbonizzazione del settore mobilità.
Tra le applicazioni di maggiore interesse che verranno studiate nell’Hydrogen Valley, c’è anche il power-to-gas, un processo che, attraverso l’elettrolisi, consente di produrre idrogeno dall’energia elettrica generata da fonti rinnovabili. L’idrogeno così prodotto può essere convertito in metano o essere immesso nella rete interna del gas naturale. In questo modo è possibile accumulare l’energia prodotta da fonte rinnovabile, svolgere anche una funzione di ‘stabilizzazione’ della rete elettrica e agire come elemento di congiunzione con la rete gas, in previsione del forte incremento di produzione da rinnovabili. La strategia Enea sull’idrogeno prevede inoltre la realizzazione di progetti per la decarbonizzazione dell’industria, in particolare quella ad alta intensità energetica, ma anche dei trasporti pesanti su gomma e ferroviari alimentati ancora a diesel. <<La crescente attenzione verso l’idrogeno è dovuta ad alcune sue caratteristiche - spiega Giulia Monteleone dell’Enea – in quanto si tratta di un gas leggero e ad al-
to contenuto di energia per unità di massa, che può essere prodotto su scala industriale ed è più facile da immagazzinare a lungo termine rispetto all’elettricità. Ma, soprattutto, può essere utilizzato per produrre energia pulita. La sua combustione, infatti, non è associata alla produzione di anidride carbonica e può essere condotta per via elettrochimica in celle a combustibile, con efficienze complessive superiori alla combustione termica e senza l’emissione di ossidi di azoto>>. Per le sue caratteristiche, l’idrogeno verde potrebbe ricoprire un ruolo di primo piano per il raggiungimento della neutralità climatica al 2050, come prevede la Hydrogen Strategy for a climateneutral Europe, lanciata dalla Commissione Europea a luglio 2020. A dare concreta attuazione alla strategia UE sarà, invece, la European Clean Hydrogen Alliance, la piattaforma per l’idrogeno dell’Unione Europea che riunisce al suo interno industria, ricerca, istituzioni pubbliche e società civile. In questo organismo sono presenti oltre 30 membri italiani, tra cui Enea.
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Il mercato dell’idrogeno verde La Germania è un pioniere
L’H2 permette di immagazzinare a lungo termine l’energia da rinnovabili, migliora il bilancio di CO2 dell’economia e può creare tanti nuovi posti di lavoro Secondo quanto emerge da uno studio di Aurora Energy Research dell’Università di Oxford, la Germania è il mercato europeo più interessante per l’idrogeno. Con oltre 70 TWh/anno, questo Paese rappresenta attualmente più di un quinto del consumo totale di idrogeno in Europa. Entro il 2050 il fabbisogno annuale di idrogeno in UE dovrebbe aumentare di quasi otto volte, passando dagli attuali 327 a 2.500 TWh. Grazie alla strategia per l’idrogeno del governo tedesco, che prevede incentivi sia per la produzione di idrogeno a basse emissioni di carbonio che per la decarbonizzazione dell’industria, e alle crescenti capacità di impianti solari ed eolici, la Germania sta diventando il mercato europeo più appetibile per gli investimenti specialmente nel cosiddetto “idrogeno verde”, ricavato dall’acqua per elettrolisi usando energia rinnovabile. <<L’idrogeno offre un enorme potenziale per l’economia climaticamente neutra, se per la sua produzione viene utilizzata elettricità rinnovabile - afferma Werner Diwald, presidente di DWV, l’associazione tedesca per l’idrogeno e le celle a combustibile – e la combinazione di energia rinnovabile e idrogeno potrebbe presto diventare la nuova accoppiata vincente della transizione energetica>>.
migliorare il bilancio di CO2 del nostro sistema economico, ma ha anche il potenziale di creare e assicurare centinaia di migliaia di posti di lavoro in Europa>>, spiega Diwald, sottolineando un altro punto a favore dell’industria delle energie rinnovabili. A questa conclusione è giunto anche uno studio del Wuppertal Institute per clima, ambiente e ener-
gia: se il 90% dell’idrogeno necessario per raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica fosse prodotto in Germania, nel 2050 sarebbe possibile realizzare più di 800.000 posti di lavoro aggiuntivi ed effetti in termini di creazione del valore fino a 30 miliardi di euro. La produzione tramite elettrolisi prevista nella strategia nazionale te-
SERVE PIU’ ENERGIA RINNOVABILE
<<Usare idrogeno verde da energie rinnovabili non solo permette di Hi-Tech Ambiente
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desca per l’idrogeno aumenterà la domanda di elettricità, ma gli obiettivi di espansione per le energie rinnovabili non terranno il passo, almeno fino al 2030, come evidenzia uno studio di Energy Research. Se i piani attuali verranno concretizzati, il fabbisogno in aumento di elettricità per la produzione di idrogeno limiterebbe addirittura la quota delle energie rinnovabili a solo il 55% del mix elettrico nazionale entro il 2030. Per aumentare la quota, come previsto, al 65%, entro il 2030 occorre raddoppiare o quasi i 125 GW di potenza installati attualmente per la generazione di energia rinnovabile. Gli autori dello studio raccomandano quindi che l’industria dell’idrogeno e l’espansione delle energie rinnovabili vengano coordinate con attenzione, considerandole come parti di un unico “pacchetto”. Affinché la transizione energetica abbia successo, quindi, non solo il comparto dell’idrogeno deve decollare, ma soprattutto la produzione di energia solare ed eolica deve essere costantemente ampliata. Solo allora il vettore energetico idrogeno potrà adempiere in modo ideale alla funzione di stoccaggio a lungo termine per energie rinnovabili come integrazione ad accumulatori a batteria flessibili. L’idrogeno è considerato anche una soluzione “passepartout” ai fini dell’intersettorialità, in quanto può essere utilizzato nei veicoli a celle a combustibile, nei processi industriali, nei sistemi di riscaldamento residenziale o per la riconversione in elettricità.
GREEN ECONOMY L’idrogeno è il futuro Bosch Rexroth
Una grande scommessa per l’Italia manifatturiera e l’azienda vuole essere tra i player nella corsa alla leadership italiana dell’H2 LA TRANSIZIONE ENERGETICA
La Commissione Europea ha introdotto il "Green Deal", un piano per rendere l’Europa neutrale dal punto di vista delle emissioni di carbonio entro il 2050. Questo grande obiettivo potrà essere raggiunto solo agendo su chi produce i maggiori quantitativi di emissioni di CO2, primi fra tutti i trasporti e i settori dell’industria. Nel mondo, ogni anno, l’utilizzo di combustibili fossili per la generazione elettrica, il trasporto e il riscaldamento e l’industria comporta l’immissione di circa 37 miliardi di tonnellate di CO2 nell’atmosfera. SOSTENIBILITA’ AMBIENTALE ED ECONOMIA INDUSTRIALE L’impiego dell’idrogeno viene studiato da decenni a livello sperimentale, ma solo da due anni a questa parte viene considerato a tutti gli effetti “il futuro”, come testimoniamo i piani d'investimento di diversi paesi europei che riconoscono all’idrogeno il ruolo chiave nella riduzione delle emissioni climalteranti. L'idrogeno eco-sostenibile verrà prodotto da energia solare nei paesi caldi, da eolico nei paesi costieri e da reforming del metano nei paesi ricchi di gas combinato a sistemi di cattura della CO2. Il tutto abbinato ad efficienti sistemi di elettrolisi dell'acqua e di trasporto del gas in forma compressa oppure liquida. Il suo impiego servirà a decarbonizzare interi comparti che oggi basano il loro funzionamento su combusti-
bili fossili: trasporto e industria pesante, ma anche il riscaldamento degli edifici. A beneficiare di questa transizione non sarà soltanto l’ambiente, ma l’economia: oltre al mercato dell'idrogeno stesso (in Italia la stima è tra i 3 e
i 5 miliardi di euro al 2030) saranno davvero significative le opportunità d'investimento per le infrastrutture che si occuperanno della produzione, il trasporto, lo stoccaggio e la distribuzione dell’idrogeno.
L’Italia è il secondo Paese in Europa per valore aggiunto del settore manifatturiero ed è il primo per numero di piccole e medie imprese manifatturiere, un tessuto economico-industriale che racchiude alcune delle competenze distintive nella produzione di tecnologie applicate lungo la filiera, per questo la spinta dell’idrogeno è fondamentale per l’economia del manifatturiero. Ma le aziende italiane non saranno sole nella corsa alla leadership dell'idrogeno e dovranno competere con i leader industriali come Germania e Francia. L'Italia, però, è ben posizionata per accaparrarsi una buona fetta del mercato diventando un catalizzatore di tutta l'industria grazie alla sua posizione geografica che la rende il crocevia naturale tra Africa e Medio Oriente, grandi potenziali esportatori, e i paesi del nord, grandi potenziali consumatori. Il Belpaese è quindi nella situazione ideale per avere un ruolo chiave nella gestione del trasporto dell'idrogeno tramite gasdotti o in forma liquida sfruttando il trasporto marittimo e ferroviario. Ma è anche sulla produzione che l'Italia può concentrare le sue risorse, indirizzando le sue aziende ad alto contenuto tecnologico verso lo sviluppo di sistemi di elettrolisi, di generazione di energia rinnovabile, di stoccaggio e di sistemi di distribuzione inno-
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L’idrogeno è il futuro vativi ed efficienti: in tutte queste aree sono infatti ancora lontani i livelli di efficienza e di costo richiesti per una vasta adozione dell'idrogeno. In Italia ci sono già diverse attività sia nella distribuzione sia nell’utilizzo finale a livello di produzione di energia. Queste attività riguardano i maggiori player del settore industriale della “hydrogen economy”. L’introduzione di idrogeno nelle reti energetiche rappresenta il primo passo per la diffusione e lo sviluppo di idrogeno verde da fonti rinnovabili, abbattendone i costi. L’idrogeno verde generato tramite elettrolisi dell’acqua, processo che avviene senza emissioni di CO2, può sfruttare le infrastrutture gas già esistenti. Nel 2019, Snam ha avviato con successo, come prima azienda in Europa, test di immissione di idrogeno nella propria rete di trasmissione con percentuali in volume fino al 10%. Altro step già effettuato è la produzione di turbine “hydrogen ready” in grado di bruciare miscele di gas e idrogeno, dal 5 fino al 100% di H2, quindi in grado di operare direttamente da reti alimentate con miscele di gas e idrogeno oppure con idrogeno stoccato. Questo ultimo impiego è cruciale per l’introduzione di sistemi nuovi di “power-to-gas-topower”, quelli che consentono la gestione dell’eccesso di produzione da impianti FER (Fonti Energia Rinnovabile) che possono essere utilizzati in modo intensivo quando le condizioni climatiche permettono di generare grandi quantitativi di energia elettrica utilizzata per la produzione di idrogeno tramite elettrolizzatori da destinare allo stoccaggio e al successivo utilizzo. Questi nuovi sistemi rappresentano un’opportunità di decarbonizzazione e di flessibilità per la gestione di picchi di richiesta dalla rete, ad esempio con turbine in grado di bruciare idrogeno e/o ammoniaca.
stema tutti gli attori industriali coinvolti e ne coordini le iniziative. Di fondamentale importanza è indirizzare gli investimenti nei nodi chiave della filiera e favorire la nascita di un sistema economico competitivo che poi possa esportare queste tecnologie anche all'estero. Il percorso è complesso e sfidante, ma probabilmente siamo alle porte di una nuova rivoluzione industriale e, facendo leva anche sul Recovery Fund, l'Italia ha possibilità concrete di scrivere le pagine di questa nuova industria. E fondamentale è e sarà la ricerca: le scoperte realizzate grazie alla cooperazione delle imprese del settore industriale, delle università e degli istituti di ricerca, stanno dando una fortissima spinta alla tecnologia dell’idrogeno. LA STRATEGIA DI BOSCH REXROTH Consapevole che l’idrogeno rappresenti il futuro, al di là delle soluzioni che Rexroth sta già sviluppando, l’azienda ha scelto di diventare partner di H2IT, l’Associazione Italiana Idrogeno e Celle
a Combustibile, che si prefigge l’obiettivo di promuovere il progresso delle conoscenze e lo studio delle tecnologie ed i sistemi per la produzione e l’utilizzazione dell’idrogeno puntando a stimolare la creazione dell’infrastruttura per l’uso dell’idrogeno ed essere portavoce degli attori del settore assicurando un futuro ruolo di leadership per l’Italia nel mercato mondiale. Per Bosch Rexroth è fondamentale partecipare attivamente ai piani di sviluppo che si stanno delineando negli ultimi mesi, sedersi al tavolo dei principali player, studiare le normative e le certificazioni di cui queste tecnologie hanno bisogno, cooperare con i principali player che poi genereranno gli impianti finali e capire come la tecnologia Rexroth possa integrarsi e performare al meglio all’interno degli impianti finali. LE STAZIONI DI RIFORNIMENTO A IDROGENO L’applicazione in cui Bosch Rexroth è già operativa in termini di applicazioni idrauliche si trova a
L’IMPORTANZA DELLA RICERCA In molti ritengono che per vincere questa grande scommessa l’Italia dovrà adottare un approccio strutturato e sistemico che metta a siHi-Tech Ambiente
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bordo delle stazioni di rifornimento a idrogeno, dove i suoi sistemi vengono utilizzati per l’azionamento di compressori idraulici a più stadi che portano la pressione del gas al livello necessario per il rifornimento tramite il distributore In linea generale, queste soluzioni di azionamento idrauliche sono presenti per la generazione di energia elettrica da fonti rinnovabili, la produzione di idrogeno, il trasporto, lo stoccaggio e la conversione in energia. Ad esempio, per quanto riguarda la generazione di energia per la produzione di idrogeno verde, ovvero prodotto da fonti rinnovabili come l’eolico e il solare, sulle torri eoliche la tecnologia Rexroth viene utilizzata sia per la parte di trasmissione di potenza, sia per quella di rego-
lazione. Se si pensa all’ eolico marino, tutta la parte di fabbricazione dei parchi eolici richiede l’impiego di complessi macchinari a bordo delle navi che si occupano della loro installazione, macchinari che già utilizzano i sistemi idraulici sviluppati da Bosch Rexroth. Guardando invece allo stadio finale di generazione di energia elettrica da combustibile idrogeno, in questo caso è presente la tecnologia idraulica di attuazione delle valvole di processo. All’interno della filiera dell’idrogeno, inoltre, rivestono un ruolo fondamentale apparecchiature quali elettrolizzatori e celle a combustibile la cui costruzione su larga scala richiederà macchinari come presse e sistemi di movimentazione nei quali trovano impiego tutte le varie tecnologie di azionamento dell’azienda.
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Un cocktail di enzimi per plastica bio
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Un’alternativa sostenibile e compostabile alle pellicole convenzionali per gli imballaggi è stata creata grazie al progetto europeo REBICOM. I ricercatori si sono concentrati sulla tecnologia enzimatica che accelera la distruzione della plastica. «La plastica impiega centinaia se non migliaia di anni per degradarsi, decomponendosi in parti ancora più piccole – spiega Joaquín Buendía, coordinatore del progetto- e l’aggiunta di alcuni composti alla plastica potrebbe fungere da coltura per i microrganismi. Gli enzimi secreti dai batteri, infatti, iniziano la depolimerizzazione del materiale, si nutrono di legami di carbonio e accelerano così la biodegradazione». I ricercatori hanno inserito alcuni complessi enzimatici in una matrice di poliolefine (polipropilene e polietilene), ottenendo un masterbatch che è stato incorporato nella formulazione di pellicole di plastica durante il processo di produzione. «Le pellicole di plastica ospitano un carico inattivo completamente riciclabile - aggiunge Buendía – e quando finiscono nell’ambiente a contatto con microrganismi, il loro carico innesca una reazione enzimatica che le rende biodegradabili in un intervallo di tempo relativamente breve con una temperatura e livelli di umidità adeguati». Le pellicole prototipo ottenute soddisfano le necessità del mercato delle pellicole per imballaggi di plastica e sono conformi alla norma europea EN 13432, nonché alla legislazione europea sui mate-
riali a contatto con gli alimenti. Questi progressi creano nuove opportunità per la produzione di pellicole di plastica biodegradabili, compostabili e riciclabili a basso costo, senza modificare gli attuali metodi di lavorazione della plastica. Il processo, inoltre, consente ai prodotti di essere riciclati in modo efficiente e sicuro in plastiche nuove di elevata qualità.
Depurare con nanomateriali biocompatibili Lo sviluppo della scienza dei materiali gioca un ruolo cruciale nell’ambito dello sviluppo sostenibile e della transizione ecologica. Grazie al design e alla realizzazione di nuovi materiali biocompatibili “intelligenti”, ossia che siano in grado di compiere azioni predeterminate, i nanomateriali di nuova generazione trovano infatti importanti applicazioni nella depurazione delle acque inquinate. Ne sono un esempio le innovative nanoparticelle magnetiche di ossido di ferro, ricoperte di un coating polimerico biocompatibile, in grado di rimuovere dall’acqua ioni provenienti da metalli pesanti. La sintesi delle macromolecole funzionalizzate è avvenuta nell’ambito di un progetto di ricerca dell’Università Roma Tre, in partnership con l’Università Boku di Vienna. L’assorbimento degli inquinanti da parte delle nuove nanoparticelle, la biocompatibilità e le proprietà magnetiche che ne permettono una estrazione controllata rendono il nuovo materiale intelligente estremamente promettente per un potenziale utilizzo nell’ambito della purificazione e monitoraggio delle acque, sia all’interno
di filtri sia in soluzione, per future possibili applicazioni in ambito industriale.
Recupero di metalli dai raee con le bucce d'arancio E' noto che il recupero dei diversi metalli dai raee presenta notevoli difficoltà e produce emissioni gassose e liquidi inquinanti. D'altra parte, anche la lavorazione delle arance per produrre succhi e bibite produce grandi quantità di rifiuti, come bucce, sostanza bianca e semi; materiali che, pur essendo biodegradabili, richiedono comunque un trattamento per essere smaltiti. Gli scienziati dell'Università Tecnologica di Nanyang (a Sin-
gapore) hanno trovato il modo di combinare utilmente questi due rifiuti, utilizzando una sospensione ottenuta da bucce di arancio tostate e macinate, combinate con acido citrico, per estrarre i metalli dalla cosiddetta "massa nera", ottenuta per macinazione di batterie esauste e altri RAEE. Nel processo finora maggiormente utilizzato, la massa nera viene trattata a caldo con soluzione acida e acqua ossigenata; ma oltre ai metalli si ottengono grandi quantità di residui inquinanti. Il trattamento con bucce d'arancio estrae circa il 90% di cobalto, litio, nichel e manganese dalle batterie esauste, con un'efficienza paragonabile al trattamento con acqua ossigenata; inoltre i residui del processo non sono nocivi.
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Il successo del trattamento con le bucce d'arancio è dovuto alla conversione in zuccheri della cellulosa presente nelle bucce d'arancio, durante il trattamento termico e durante lo stesso processo di estrazione; gli zuccheri si legano ai metalli, mentre gli antiossidanti naturali della frutta impediscono la formazione degli ossidi.
L’estrusione con plastica riciclata La plastica, è innegabile, ha un ruolo chiave nella protezione e conservazione dei prodotti, dalla produzione al consumo, in ogni settore. La plastica, resistente, sicura, igienica, asettica, leggera, durevole e riciclabile, mantiene la sua imporTuttavia il settore è attivo per limitarne l’impatto ambientale. La sensibilizzazione su questi importanti aspetti, che da decenni interessa il settore, ha messo in moto un meccanismo virtuoso che ha portato gli addetti ai lavori alla realizzazione macchine che lavorano la plastica a basso consumo energetico e di contenitori in plastica dal peso e volume ridotto, anche del 30%. Ma c’è chi va oltre, come la Plastiblow, impegnata da tempo nel contribuire alla riduzione dell’utilizzo di plastica vergine, perché ha sviluppato tecnologie di co-estrusione multistrato capaci di lavorare materiali riciclati per la produzione di nuovi contenitori. Ne risulta un prodotto finale in cui il materiale riciclato costituisce lo strato centrale (del 60-70%) racchiuso tra due strati di materiale vergine, generalmente PEHD, dello spessore del 10-20%, quindi estremamente contenuto.
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LE AZIENDE CITATE 2LNG Srl Tel 0586.984445 Email info@2lng.com
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Aurora Energy Research Tel +44.7912.568570 E-mail caroline.oates@auroraer.com
Greenthesis Group Tel 02.893801 E-mail info@greenthesisgroup.com
PROMETEO project Tel 06.30486542 E-mail alberto.giaconia@enea.it
Bosch Rexroth Spa Tel 02.923651 E-mail marketing@boschrexroth.it
Gruppo Sapio Tel 039.8398225 E-mail biometano@sapio.it
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Hoeller Electolyzer Gmbh Tel +49.3841.389010 E-mail info@hoeller-electrolyzer.com
Scolari Srl Tel 030.6848012 E-mail info@scolarisrl.com
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Hysytech Srl Tel 011.3970273 E-mail hysytech@hysytech.com
Senaf Srl Tel 02.3320391 E-mail info@senaf.it
Cryo Pur Sas Tel +33.1.80384132 E-mail stephane.senechal@cryopur.com
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TPI Tecno Project Industrialre srl Tel 035.4551811 E-mail info@tecnoproject.com
DWV Tel +49.398.2099460 E-mail h2@dwv-info.de
ISPRA Tel 329.0054756 E-mail s tampa@isprambiente.it
Università degli studi Roma Tre Tel 06.57332310 E-mail alessia.delnoce@uniroma3.it
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Liquigas Spa Tel 0372.532211 E-mail scnord@liquigas.com
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Vogelsang Italia Srl Tel 0373.970699 E-mail info@vogelsang-srl.it
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PECSYS project Tel +49.30.8062.15675 E-mail sonya.calnan@helmholtz-berlin.de
Wuppertal Institute Tel +49.202.2492187 E-mail christin.hasken@wupperinst.org
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