Hi-Tech Ambiente n.8 - Settembre 2019

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AMBIENTE

MENSILE - TECNOLOGIE AMBIENTALI PER L’INDUSTRIA E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE -

ANNO XXX SETTEMBRE 2019

N8



SOMMARIO PANORAMA

ENERGIA

La nuova vita delle centrali La “tariffa puntuale” in Toscana

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La produzione di H2 col vento

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Da energia eolica a 500 kg di idrogeno verde al giorno passando per un elettrolizzatore da 1,2 MW

DEPURAZIONE

MACCHINE & STRUMENTAZIONE

ll riciclo dei reflui 4.0

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Il trattamento delle acque di scarico prevede il riutilizzo e l’estrazione di energia, sostanze nutritive e sottoprodotti a valore aggiunto

Depur Padana Acque

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Esperienza consolidata nella realizzazione di impianti a tecnologia MBR (Membrane Bio Reactor)

Le turbosoffianti efficienti e longeve

Il Polaris FID in versione smart

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LABORATORI

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SPECIALE “STUDI TECNICI AMBIENTALI”

RIFIUTI

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Certificata, competente, in continua formazione e con strumentazione d’avanguardia, garantisce una corretta e puntuale esecuzione delle attività

RETI IDRICHE

Il recupero di legno contaminato

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Un metodo efficace, a basso costo e alto rendimento che impiega un liquido ionico come solvente per sciogliere e poi recuperare lignina, emicellulosa e cellulosa

L’acqua del rubinetto 2.0

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Il “sistema acqua” cresce

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In sperimentazione l’impiego di un dittero saprofago per produrre biocarburanti, nuovi biomateriali e compost

TECNOLOGIE

Il decommissioning nucleare

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Smantellamento e messa in sicurezza delle centrali e gestione dei rifiuti radioattivi

BIOMASSE & BIOGAS Il progetto Record BioMap

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Le due nuove Sanitaire TurboMax e TurboLight sono basate sulla tecnologia avanzata Miti che utilizza particolari cuscinetti aerodinamici

ECR: servizi a 360°

Insetti: bioraffinerie del futuro

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I sistemi avanzati di digestione anaerobica: tecnologie per una maggiore produttività e per la miniaturizzazione

La compressione del biogas

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La fermentazione anaerobica a secco

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MARKET DIRECTORY

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ECOTECH

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ENTERPRISE EUROPE NETWORK

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GLI INDIRIZZI DELLE AZIENDE CITATE SONO A PAG. 50 Hi-Tech Ambiente

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panorama Destinazioni D’uso alternative

La nuova vita delle centrali il modo di produrre energia sta cambiando. il tradizionale modello che vedeva l’energia prodotta dalle grandi centrali è superato da quello della “generazione distribuita”, in cui è determinante il ruolo di impianti da fonte rinnovabile diffusi sul territorio. in ragione di ciò, è giunto il momento di pensare al futuro di quelle centrali termoelettriche che hanno esaurito il loro ruolo nel sistema energetico o stanno per farlo e per le quali, quindi, enel deve trovare nuove destinazioni d’uso che incontrino le reali esigenze delle persone e dei territori. ogni impianto, infatti, è un patrimonio industriale che può essere nuovamente valorizzato. ed è quello che sta facendo enel con il progetto Futur-e, riconosciuto come best practice di circular economy. Concorsi internazionali, laboratori,

tavoli di lavoro: il percorso per dare nuova vita agli impianti segue molte strade, accomunate dalla volontà di individuare, caso per caso, soluzioni condivise con le comunità locali. i potenziali investitori presentano proposte per acquisire e riqualificare i siti, che vengono poi valutate da un’apposita commissione. solo i progetti che rispondono a criteri di sostenibilità, innovazione ed economia circolare e che vengono ritenuti idonei rispetto alle esigenze delle comunità accedono alla negoziazione finale per la cessione del sito. tra i siti per cui è stata scelta questa procedura ci sono trino (vC), Porto tolle (ro), Bastardo (PG), Montalto di Castro (vt) e rossano (Cs). lanciato nel 2015, Futur-e rappresenta oggi un vero e proprio metodo per individuare un futuro sostenibile per le centrali in dismissione, che l’azienda ha scelto di applicare anche in altri siti. È il caso dell’ex miniera di lignite di santa Barbara, un’area di circa 1.600 ettari vicino a Firenze.

italiani a Favore

nasCe l’esr

Il marchio “climate change”

L’eco-consulente dei rifiuti

l'85% degli italiani si dichiara a favore dell’introduzione di “un marchio sui cambiamenti climatici” da apporre sui prodotti, per una maggiore trasparenza delle informazioni. e’ quanto emerge da una nuova ricerca del Carbon trust, secondo cui i consumatori concordano sull’importanza di un marchio o un’etichetta che descriva come un determinato prodotto sia stato realizzato nel rispetto dell’ambiente e con l'impegno di misurarne e ridurne la relativa impronta di carbonio. Parte di uno studio globale su sette nazioni, il sondaggio ha messo in

luce il potenziale in termine di vantaggi ottenibili dai brand attraverso azioni concrete e dimostrabili nell’ambito dei cambiamenti climatici. l’obiettivo, infatti, è guidare i consumatori verso un cambiamento delle proprie decisioni di acquisto quotidiane in favore di prodotti a basse emissioni di carbonio. in assenza di informazioni affidabili, i consumatori non sono in grado di fare scelte migliori e, come dimostra la ricerca, vi è un aumento dell’interesse alla comprensione circa l'impatto causato dai prodotti sul nostro clima.

Col fine di dare assistenza e consulenza alle aziende nella gestione dei rifiuti, l'uni (ente italiano di normazione) in collaborazione con l'associazione eptas (esperti prevenzione tutela ambiente e salute) hanno istituito una nuova figura professionale. si tratta dell'esr (esperto sistema rifiuti), un professionista che ha una specifica conoscenza dell'intero processo di gestione dei rifiuti in modo da ottimizzarlo principalmente dal punto di vista dell'impatto am-

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bientale ma anche, dove possibile, dal punto di vista economico. Questo nuovo profilo professionale ha caratteristiche e competenze nel proprio specifico settore tali da poter supportare sia le piccole aziende sia le realtà industriali più grandi e strutturate in tutte le varie fasi della gestione tecnica e amministrativa dei rifiuti, ed è in grado di coordinare le varie attività delle figure già previste dalla normativa vigente senza entrare in conflitto con esse.



sei toscana è la prima azienda italiana di raccolta integrata dei rifiuti ad entrare nel programma europeo urban agenda, lanciato con il Patto di amsterdam del 2016, che ha lo scopo di promuovere la cooperazione tra gli stati membri, le città, la Commissione europea e altre parti interessate al fine di stimolare la crescita, la vivibilità e l’innovazione nelle città del continente. l’importante accordo, stipulato a fine giugno scorso, prevede la sperimentazione del toolkit, elaborato a livello comunitario, per l’implementazione di sistemi di tariffazione puntale (Payt). Fra gli obiettivi principali di urban agenda, infatti, c’è quello di promuovere l’economia circolare ed individuare modalità standard per l’introduzione in tutti gli stati della tariffa puntuale. l’obiettivo è quello di permettere al cittadino di pagare la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti urbani in misura proporzionale rispetto alla quantità di rifiuti indifferenziati prodotti e conferiti al servizio pub-

toolkit in sPeriMentazione

La “tariffa puntuale” in Toscana

blico, diversamente da quanto accade oggi dove i parametri sono ancorati alla numerosità del nu-

cleo familiare e alla grandezza del proprio appartamento. una vera e propria rivoluzione nel si-

stema di raccolta e smaltimento, se applicata su scala globale, in grado di incentivare in modo determinante la raccolta differenziata e il conseguente riciclo, così da attuare finalmente il noto principio comunitario “chi inquina paga”. <<la scelta di coinvolgere sei toscana nella sperimentazione deriva da alcune unicità che la caratterizzano – commenta leonardo Masi, presidente di sei toscana – a cominciare dal fatto che si tratta del gestore unico della raccolta integrata dei rifiuti che opera nel più grande ambito territoriale italiano e ha già previsto, nel proprio piano industriale, investimenti nell’ambito di sistemi di raccolta intelligenti con accesso controllato, riconoscimento dell’utente e misurazione dei conferimenti, indispensabili per arrivare alla tariffa Puntuale. Questa sperimentazione sarà un banco di prova efficace per individuare uno standard replicabile nelle altre realtà italiane ed europee>>.

@AMBIENTE ON-LINE@AMBIENTE ON-LINE@AMBIENTE ON-LINE@

La piattaforma per un’economia a bassa CO2 Ha preso il via la piattaforma web imeas.eu ideata da enea per condividere esperienze e strumenti a supporto della transizione energetica verso un’economia a basse emissioni di Co2. il nuovo applicativo nasce nell’ambito del progetto europeo iMeas (integrated and Multi-level energy models for the alpine space) per condividere nuovi strumenti di pianificazione e implementazione delle politiche energetiche dei 7 Paesi dello spazio alpino (italia, Francia, Germania, austria, slovenia, svizzera e liechtenstein). <<la Piattaforma è una vera e

propria community di persone e istituzioni che, una volta registrati sul sito, possono accedere a strumenti open source, linee guida e documentazione su tematiche relative a energia e clima spiega roberta roberto, responsabile del progetto - e dove possono condividere i loro stessi risultati, prodotti ed esperienze, fi-

no alla promozione di eventi e news. le registrazioni in questa prima fase vedono in prima linea utenti da Germania, Francia, slovenia, austria e italia appartenenti a enti di ricerca, agenzie energetiche e istituzioni ma anche privati cittadini>>. il progetto coinvolge 12 partner sull’integrazione multi dimensio-

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nale della governance e sull’incremento delle capacità necessarie per un’efficace pianificazione energetica. <<Crediamo che l’utilizzo di metodologie integrate e armonizzate - conclude roberta - abbia un ruolo fondamentale nell’attuazione di strategie efficaci per abbattere le emissioni di Co2. Consentendo la condivisione di strumenti e informazioni la piattaforma diventa sia uno spazio interattivo che un modo per favorire la disseminazione dei risultati dei progetti e delle ricerche che verranno inseriti dagli utenti dei vari Paesi. Questo, inoltre, permetterà di creare una rete tra utenti con interessi e competenze comuni>>.

www.imeas.eu


VinylPlus: riciclo storico del PVC

Con quasi 740.000 tonnellate di PvC riciclate nel 2018, in crescita del 15,6% rispetto al 2017, vinylPlus ((l'impegno volontario per lo sviluppo sostenibile dell'industria europea del PvC) ha di recente messo in evidenza questo eccezio-

Il settore farmaceutico è più green

nale risultato. il principale contributo proviene ancora da recovinyl, che ha registrato 734.568 tonnellate di PvC riciclato. Complessivamente, quasi 5 milioni di tonnellate di PvC sono state riciclate dal 2000. <<vinylPlus continua a essere all’avanguardia nell'economia circolare commenta Brigitte Dero, direttore generale di vinylPlus – e attraverso il nostro “impegno volontario” stiamo facendo continui progressi verso i nostri obiettivi di sostenibilità, in linea con lo sviluppo di politiche ue che hanno un impatto sul settore delle materie plastiche>>.

secondo i dati divulgati di recenti da Farmindustria, nel periodo tra il 2008 e il 2018 l'industria farmaceutica, a fronte di un incremento della produzione del 22%, ha fortemente migliorato il suo impegno

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ambientale: il settore in un decennio è riuscito ad abbattere i consumi energetici di oltre il 50% e le emissioni dei gas nocivi per il clima (anidride carbonica, biossido di azoto, metano) del 74%.


DEPURAZIONE A C Q U A

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A R I A

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S U O L O

ll riciclo dei reflui 4.0 Progetto INCOVER

il trattamento delle acque di scarico prevede il riutilizzo e l’estrazione di energia, sostanze nutritive e sottoprodotti a valore aggiunto il nostro pianeta dispone di molta acqua dolce, distribuita però in modo non uniforme e una gran parte è sprecata, inquinata e gestita in modo non sostenibile. il trattamento delle acque reflue può essere di grande aiuto. a questo proposito un consorzio paneuropeo che lavora sul progetto inCover (innovative eco-technologies for resource recovery from Wastewater), finanziato dall’ue, sta testando nuove soluzioni per dimezzare i costi operativi, produrre energia, recupererare sottoprodotti a valore aggiunto (biofertilizzanti, biometano e bioplastica) e ridurre le emissioni di gas a effetto serra fino all’80%. obiettivo del progetto, infatti, è spingere il trattamento dei reflui verso il recupero di bioprodotti e la fornitura di acqua riciclata.

e per arrivare a ciò sono state ottimizzate e sperimentate numerose tecnologie, testate individualmente su scala di laboratorio e ora verificate insieme su larga scala presso tre impianti (situati in Germania e spagna) che trattano le acque di scarico urbane,

provenienti da fattorie e dall’industria alimentare e delle bevande. FOTOBIOREATTORI ORIZZONTALI

l’impianto che si trova a vilade-

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cans, in spagna, ha tre fotobioreattori (PBr) orizzontali che producono una biomassa di microalghe dominata da cianobatteri. Deflussi agricoli vengono forniti ai PBr per incrementare le concentrazioni di cianobatteri nel primo PBr e per accumulare poliidrossibutirrato, una bioplastica biodegradabile, negli altri due PBr. la biomassa raccolta dal terzo PBr viene trattata con fanghi secondari da depurazione in un digestore anaerobico per produrre biogas. il fango viene quindi lavorato in una zona umida per il trattamento dei fanghi, mentre l’acqua proveniente dal decantatore viene trattata in colonne per il recupero delle sostanze nutritive e sterilizzata usando l’ultrafiltrazione effettuata grazie al sole. l’effluente in uscita viene usato per l’irrigazione.


BACINI ALGALI AD ALTA VELOCITA

Bacini algali ad alta velocità (HraP) sono in fase di collaudo in due siti nel sud della spagna. in Chiclana de la Frontera, la produzione della bioplastica PHa (poliidrossialcanoato) avviene mediante un sistema HraP anaerobico-fotosintetico in due fasi. subito dopo la produzione di PHa, la biomassa rimanente è trasformata in biogas usando un pretrattamento termico e un processo a-

naerobico di codigestione, e successivamente in biometano mediante purificazione. il secondo impianto di trattamento dei reflui è quello di el toyo ad almería, dove è stato installato un HraP dimostrativo da 3.000 mq per ottenere acqua idonea all’irrigazione. i reflui vengono trattati direttamente senza chiarificatori anaerobici o primari, facendo di questo bacino HraP il primo al mondo del suo genere su vasta scala di tali dimensioni. Filtri ve-

getali piantati vengono usati per migliorare il recupero di fosforo e azoto. i sistemi di disinfezione che funzionano grazie al sole garantiscono la qualità dell’acqua da irrigazione, e un sistema intelligente di irrigazione garantisce efficienza energetica e idrica. TRATTAMENTO DEGLI SCARTI DELLA BIOMASSA

a lipsia, in Germania, un pro-

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cesso biotecnologico basato sul lievito viene utilizzato per produrre acido organico dalle acque reflue industriali provenienti dal settore alimentare. una volta estratto l’acido, i residui vengono usati per produrre biogas, poi impiegato in un cogeneratore per generare elettricità o calore. infine, i fanghi anaerobici in eccesso vengono trattati usando la carbonizzazione idrotermale per trasformare la biomassa di scarto in fertilizzanti pronti all’uso.




Depurare con i serbatoi in PRFV Naldi Ecologia

strutture leggere, resistenti agli agenti atmosferici, all’aggressione chimica, agli sbalzi di temperatura e all’usura la naldi ecologia opera fin dagli anni '60 del secolo scorso nella produzione di materiali plastici rinforzati in fibra di vetro (P.r.F.v.). in particolare, l'azienda impiega questo materiale per realizzare serbatoi, decantatori, sedimentatori e serbatoi a doppia parete con intercapedine monitorata; impianti di depurazione per il trattamento e la depurazione dei reflui civili e industriali; modelli e stampi per particolari a disegno. le caratteristiche dei manufatti naldi in PrFv possono essere così riassunti: elevata coesione e resistenza all'aggressione di agenti corrosivi, praticità d'uso per la leggerezza (peso specifico pari a 1/4 del peso dell'acciaio), finitura traslucida che permette di visionare il contenuto, insensibilità alle variazioni di temperatura (-40/90 °C), durata di esercizio pressochè illimitata, facilità di riparazione e modifiche in loco, superficie interna liscia che evita l'adesione del prodotto alle pareti, non conduce elettricamente. Particolare attenzione viene riservata alla selezione qualitativa delle materie prime, e a particolari accorgimenti nella produzione (come il post-indurimento in forno), che sono determinanti per garantire gli standard qualitativi richiesti.

mento primario delle acque di scarico annovera: degrassatori in versione ottagonale, compatta e corrugata e fosse imhoff in versione stretta, corrugata e modulare. la gamma di soluzioni per il trattamento secondario delle acque di scarico riunisce:; filtri percolatori di tipo anaerobico, anche modulare, di tipo aerobico, anche modulare con uscita bassa; depuratore biologico; impianto a fanghi attivi modulare; impianto di fitodepurazione; disabbiatore corugato; deoleatore a coalescenza. SERBATOI A DOPPIA PARETE

i decantatori sono costituiti da serbatoi a sezione cilindrica con fondo conico, provvisti di piedistallo, flange di entrata e uscita e scarico fanghi al fondo. i sedimentatori lamellari hanno

struttura analoga, ma contengono all’interno un cono di calma e un pacco lamellare estraibile in PvC; sono inoltre provvisti di canalina di sfioro dentellata. la gamma di soluzioni per il tratta-

TRATTAMENTO ACQUE

Per quanto riguarda il trattamento delle acque, naldi ecologia realizza sedimentatori e decantatori ad asse verticale con capacità da 1.000 a 50.000 litri e diametri da 1 a 3 metri, e sedimentatori lamellari con capacità da 50.000 a 190.000 litri (diametri da 1,6 a 3 m). Hi-Tech Ambiente

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la naldi ecologia ha messo a punto e realizzato serbatoi a doppia parete, dotati di sistemi di monitoraggio in continuo per il controllo di eventuali perdite, per il rispetto e la tutela di specifiche esigenze ambientali, evitando dannosissimi sversamenti nel terreno di liquidi altamente inquinanti. tali sistemi rappresentano la miglior difesa da questo tipo di problema. Questa specifica tipologia di serbatoio presenta una doppia difesa contro gli agenti inquinanti, in quanto per la realizzazione vengono impiegate resine ad alta resistenza chimica e, strutturalmente, viene creata una doppia parete che consente il controllo di eventuali perdite nell'intercapedine posta tra la parete esterna e quella interna del serbatoio stesso tramite un sistema di monitoraggio. Questi serbatoi sono pertanto idonei all'immagazzinamento interrato non a pressione di liquidi infiammabili.


SPECIALE STUDI TECNICI AMBIENTALI

Ricapitolando…l’ambiente Rapporti Ispra-Snpa

i dati principali su aria, acqua, suolo, inquinamento acustico, nucleare ed elettromagnetico, rifiuti e cambiamenti climatici l’annuario dei dati ambientali (arrivato quest’anno alla 16a edizione), pubblicato dal sistema nazionale per la Protezione dell’ambiente (isPra-snPa), rappresenta la fonte ufficiale più completa e attendibile per quanto riguarda l’informazione ambientale in italia. in particolare, l’annuario contiene un gran numero di dati aggiornati e rappresenta un utile strumento per gli esperti del settore, come ad esempio studi tecnici ambientali e società di ingegneria. una sintesi di tale annuario, per una sua maggior fruibilità, è rappresentata dall’“annuario in cifre” e dal un altro riassunto dal ti-

tolo “ricapitolando…l’ambiente”, che fornisce una sintesi e un confronto con gli altri Paesi europei per alcuni temi ambientali di maggior interesse. QUALITA’ DELL’ARIA

Il ruolo dell’ingegnere ambientale società di ingegneria e studi professionali che si occupano di servizi ambientali sono chiamati a risolvere problematiche legate all'ambiente. Grazie ai propri professionisti sono impegnati nel prevenire, controllare e minimizzare gli effetti nocivi delle attività dell'uomo o i danni che possono derivare da eventi naturali eccezionali, oltre che a promuove la gestione consapevole del territorio. lavorano quindi per rilevare, analizzare, prevenire e contenere i rischi legati alla cattiva gestione dell'ambiente, naturale e costruito, e delle risorse naturali. tra le principali commesse vi è il controllo dell'inquinamento: identificare gli agenti inquinanti, studiare il loro trasporto, la propagazione, l'impatto sull'ecosistema e sull'essere umano a bre-

ve e lungo termine, e i fenomeni collegati come le piogge acide, l'erosione del terreno, l'effetto serra e il buco dell'ozono. Ma anche studiare e ottimizzare i sistemi di trasporto, trattamento e smaltimento dei rifiuti e delle acque reflue prodotti da abitazioni, uffici e industrie. inoltre, elabora nuovi metodi per riciclare i rifiuti o convertirli in risorse energetiche, e ricerca e sviluppa nuovi sistemi e impianti che riducano le emissioni atmosferiche, idriche e acustiche, in modo che vengano rispettati i vincoli e le soglie di concentrazione stabiliti dalle normative ambientali in vigore. Figura di riferimento per queste realtà è l’ingegnere ambientale, che può occuparsi anche di ispezionare impianti, fabbriche e siti di produzione per conto delle autorità competenti,

per verificare che le emissioni siano a norma di legge. non solo: l'ingegnere per l'ambiente predispone e mette in pratica piani di bonifica ambientale di siti inquinati, così da permette di recuperare e riqualificare aree compromesse da fenomeni di contaminazione e di eliminare potenziali rischi per l’ambiente e l’uomo. Ma il lavoro di un ingegnere ambientale si può articolare anche in molte altre attività. ad esempio, può studiare i sistemi di approvvigionamento idrico di una città, valutare l'impatto ambientale di una nuova costruzione (edifici, impianti industriali, cave, ecc.), predisporre piani di sviluppo urbanistico e industriale che siano ambientalmente sostenibili, progettare impianti di depurazione, ecc.

l’inquinamento atmosferico derivante dalle attività antropiche è notoriamente un fattore di rischio per la salute umana e gli ecosistemi. Dal 1990 al 2017 sono stati compiuti notevoli progressi: si è registrata una diminuzione dei livelli di atmosferici di particolato primario (PM10, PM2,5) e dei principali precursori del particolato secondario (ossidi di azoto, ossidi di zolfo, ammoniaca). Ciononostante, i limiti previsti dalla legislazione nazionale sono ancora superati sul 31% del territorio italiano, e il raggiungimento dei livelli raccomandati dall’oMs appare ancora lontano. in particolare, il bacino padano rappresenta una delle aree in europa nelle quali l’inquinamento atmosferico è più rilevante; per realizzare gli obiettivi europei in materia di qualità dell’aria saranno necessarie misure aggiuntive rispetto a quanto oggi attuato, secondo quanto previsto dalla Direttiva 2016/ 2284/ue. EMISSIONI INQUINANTI NELLE ACQUE

Bisogna considerare separatamente le acque interne da quelle marino-costiere. Per quanto attiene le prime, in italia sono stati identificati 7.841 corpi idrici superficiali (tra fiumi e laghi) e 1.052 corpi idrici sotterranei, distribuiti in 8 distretti idrografici. riguardo ai Continua a pag. 16

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SPECIALE STUDI TECNICI AMBIENTALI Continua da pag. 13

Ricapitolando... l’ambiente fiumi, il 43% raggiunge l’obiettivo di qualità per lo stato ecologico (che considera la qualità della struttura e del funzionamento dell’ecosistema), con il 5% che ha ottenuto la classe “elevato”, e il 38% la classe “buono”. il 41% si trova in classe “inferiore” (con il 16% dei fiumi non classificato). Quanto allo stato chimico (ossia il grado di soddisfazione degli standard di qualità ambientale da parte dei corpi idrici), il 75% raggiunge l’obiettivo di qualità, con 6 distretti su 8 in stato “buono”. in merito ai laghi, invece, il 20% raggiunge l’obiettivo di qualità per lo stato ecologico, dei quali 3% in classe elevato, 17% in classe buono. il 39% si trova in classe inferiore, e il 41% non è classificato. Quanto allo stato chimico, il 48% dei laghi raggiunge l’obiettivo di qualità, con 4 Distretti in stato “buono”. relativamente alle acque sotterranee sono 2 i parametri considerati: stato chimico (sCas), con il 58% delle acque sono in classe “buono”, il 25% in

classe “scarso” e il 17% non è classificato; stato quantitativo (sQuas), che misura la capacità di sostenere gli emungimenti nel lungo periodo, con il 61% in classe “buono”, 14% in classe “scarso”, 25% non classificato. sono ancora numerosi i corpi idrici identificati ma non ancora classifi-

cati, soprattutto in sicilia dove il numero arriva all’82%. veniamo ora alle acque marino-costiere. Più del 89% delle acque costiere di balneazione ha ottenuto la classificazione di “eccellente” nel triennio 2014-2017 (percentuale che è superiore alla media europea, che si attesta all’87%). la situazione non è buona per le “acque di transizione” (acque salmastre originate dal mescolamento tra le acque costiere e le acque dolci dei fiumi), dove in quasi tutti i distretti si riscontra un’alta percentuale che non raggiunge la sufficienza per lo stato ecologico. si deve rilevare che molti corpi idrici marino-costieri sono ancora “non classificati”, specialmente nelle isole. il primo passo verso la tutela delle acque è la funzionalità dei sistemi di collettamento e depurazione. sotto questo aspetto, in 12 regioni e nelle Province di trento e Bolzano la conformità dei sistemi di collettamento ai requisiti previsti dalla normativa ha raggiunto il 100%, mentre è compreso tra 9299,8% nelle restanti regioni. il carico organico convogliato in fognatura nel territorio nazionale è pari a 74.926.829 ab.eq., cui si devono aggiungere 3.972.461 ab.eq. di acque smaltite in sistemi individuali o non convogliate. la frazione del carico organico depurato corrisponde a 72.997.751 ab.eq. (pari al 92,5% del carico totale). l’indice di conformità dei sistemi di depurazione è risultato superiore al 90% in 12 regioni e nelle Province di trento e Bolza-

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no, e in 8 regioni compreso tra il 70 e il 90%. IL SUOLO

si stima che ormai in italia siano irreversibilmente persi circa 23.000 kmq di suolo; il fenomeno è tuttora in crescita, anche se con un sensibile rallentamento rispetto agli anni passati. il consumo di suolo è particolarmente rilevante nella fascia costiera: entro 300 m dal bagnasciuga è artificializzato il 24,3% del territorio, con valori che raggiungono il 45% in liguria e nelle Marche. il nostro Paese è al primo posto in europa per l’erosione idrica dei suoli, con valori annui superiori a superiore a 8 ton/ettaro (contro una media europea di circa 2,5 ton/ettaro/anno). INQUINAMENTO ACUSTICO, RADIOATTIVO ED ELETTROAMOG

l’inquinamento acustico rappresenta un serio problema ambientale, soprattutto negli agglomerati urbani: la maggior parte dei controlli effettuati dalle arpa sono stati svolti a seguito di esposti della cittadinanza, e nel 32,1% dei casi sono stati riscontrati superamenti dei limiti normativi. va rilevato che solo il 61% dei Comuni italiani ha approvato un “Piano di classificazione acustica” per la pianificazione e gestione sul territorio dell’inquinamento acustico; a livello regionale si va Continua a pag. 18



SPECIALE STUDI TECNICI AMBIENTALI Continua da pag. 16

Ricapitolando... l’ambiente da oltre il 91% in val d’aosta, lombardia, veneto e Marche, fino a meno del 15% in Puglia, abruzzo e sicilia. in Molise, Basilicata e Calabria non risulta nessun Comune dotato di questo Piano. numerosi controlli hanno riguardato l’inquinamento da campi elettromagnetici (impianti radiotelevisivi, stazioni radio base per telefonia mobile ed elettrodotti). nel 2017, il numero dei casi di superamento dei limiti di legge è risultato in aumento rispetto all’anno precedente, sia per gli impianti rtv che per quelli di telefonia. Quanto all’esposizione alle radiazioni ionizzanti, essa deriva principalmente dalla radioattività naturale (radon), che è rilevante soprattutto in lazio e lombardia. RIFIUTI URBANI

nel 2017 la produzione di rsu è stata di 29,6 milioni di tonnellate; la percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti urbani è salita

al 55,5%, e l’85% di questo quantitativo è stato avviato a riciclo o recupero. nonostante la crescita degli ultimi anni, non si è raggiunto l’obiettivo del 60% di raccolta differenziata fissato per il 2011, e ov-

viamente neppure quello del 65% fissato per il 2012. la situazione è particolarmente critica nelle regioni meridionali, anche se c’è stato un sensibile miglioramento rispetto agli scorsi anni: Puglia e Calabria sono intorno al 40%, il Molise è a poco più del 30% e la sicilia a meno del 22%. CAMBIAMENTI CLIMATICI

Gli aspetti principali dei cambiamenti climatici in italia nel 2017 sono stati la siccità, con il 22% in meno di precipitazioni rispetto alla media degli ultimi 15 anni (alternate però ad eventi improvvisi di precipitazioni di forte intensità), e l’aumento di 1,3 °C della temperatura media rispetto al 1990. Ciò nonostante, nel nostro Paese si è riscontrato un andamento decrescente delle emissioni di gas serra (-17,5% rispetto al 1990 il Ministero dell’ambiente sta predisponendo il Piano nazione di adattamento ai cambiamenti climatici; in questo ambito è stata approvata la strategia nazionale di adattamento, che individua le azioni per fronteggiare tali cambiamenti sia per il prossimo anno 2020 che oltre. AGENTI CHIMICI

l’italia è il terzo produttore di agenti chimici in europa, e il decimo a livello mondiale. le imprese chimiche in italia sono oltre Hi-Tech Ambiente

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2800, con 108.000 addetti; di queste imprese, quasi 1000 sono soggette alla “Direttiva seveso”, in quanto presentano rischi di incidenti rilevanti. un impatto ambientale particolarmente critico è presentato dai pesticidi. il monitoraggio di queste sostanze nelle acque indica un aumento rispetto agli anni trascorsi: sulle acque superficiali si sono riscontrate concentrazioni superiori ai limiti di qualità ambientale nel 24% dei controlli, e nelle acque sotterranee nel 8,3%. le sostanze maggiormente coinvolte sono il glifosato nelle acque superficiali e il bentazone in quelle sotterranee. PERICOLOSITA’ GEOLOGICHE

il rapporto considera anche terremoti ed eruzioni vulcaniche, che non vengono in genere considerati tra i rischi ambientali. limitandoci al dissesto idrogeologico, in italia oltre 6 milioni di abitanti sono residenti in aree a media pericolosità idraulica; questo fattore di rischio è aggravato dagli eventi meteorologici parossistici, come le “bombe d’acqua”, che causano piene improvvise e frane. i principali eventi di frana nel 2017 sono stati 172 e la popolazione a rischio frane (in quanto residente in aree a pericolosità “elevata” o “molto elevata”) è di oltre 1,2 milioni di abitanti.



RIFIUTI T R A T T A M E N T O

E

S M A L T I M E N T O

Il recupero di legno contaminato Processo ionoSolv

Un metodo efficace, a basso costo e alto rendimento che impiega un liquido ionico come solvente per sciogliere e poi recuperare lignina, emicellulosa e cellulosa In Italia il riciclo degli imballaggi e di altri rifiuti industriali in legno è gestito dal Consorzio Rilegno, che ogni anno ne recupera circa 1,8 mln di ton. La destinazione prevalente è la produzione di pannelli truciolari per mobili; ma esistono alcuni rifiuti di legno che non si prestano al riciclo, perchè contaminanti da trattamenti con presevanti tossici. La società inglese Chrysalis Technologies propone di applicare a questi rifiuti un processo sviluppa-

to dall'Imperial College di Londra, denominato ionoSolv e basato sulla dissoluzione del legno mediante liquidi ionici. Obiettivo di tale processo è ricavare bioetanolo e altri materiali utili dalle biomasse legnose di scarto, e allo scopo impiega come solvente un liquido ionico (cioè un sale di acido organico, liquido e a temperatura ambiente) di costo paragonabile a quello dei solventi organici di sintesi. La Chrysalis non ha divulgato la natura del liquido io-

nico utilizzato, ma in base a quanto ne è stato recentemente scritto pare si tratti dell'idrogeno-solfato di trietilammonio. Questa sostanza ha attualmente un costo di 1,24 $/kg, e se prodotto su larga scala costerebbe intorno a 0,5 $/kg. Il liquido ionico scioglie lignina ed emicellulosa, lasciando la cellulosa come residuo solido, recuperabile per filtrazione; successivamente, per aggiunta di acqua si ottiene un precipitato contenente la lignina, e l'emicellulosa può es-

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sere ricavata dalla soluzione direttamente oppure trasformandola in furfurolo, che è un importante materiale per l'industria chimica e per la raffinazione del petrolio. La cellulosa può essere utilizzata per produrre biogas oppure idrolizzata e trasformata in glucosio, dal quale facilmente si ottiene bioetanolo mediante fermentazione; oppure può essere utilizzata come materia prima per la produzione di plastiche o fibre tessili. La lignina può essere usata come combustibile o come componente di pannelli truciolari; l'emicellulosa può essere utilizzata per produrre biogas oppure sottoposta a fermentazione. I prodotti ottenuti con il processo ionoSolv hanno un valore di mercato intorno a 250 euro per ogni tonnellata di legno trattata; aggiungendo il risparmio sui costi di smaltimento, si arriva a 340 euro/ton. Il processo ha un basso impatto ambientale, perchè i liquidi ionici non producono vapori; il liquido ionico usato nel processo viene recuperato e riciclato per evaporazione dell'acqua, con un recupero del 99,5%.


Insetti: bioraffinerie del futuro Rifiuti organici come cibo

In sperimentazione l’impiego di un dittero saprofago per produrre biocarburanti, nuovi biomateriali e compost Utilizzare insetti che si nutrono di materia organica in decomposizione per la produzione di biocarburanti avanzati, materiali innovativi biodegradabili o fertilizzanti agricoli (ammendanti). È l’obiettivo di un progetto condotto da un team di ricercatori del Centro Enea Casaccia che punta ad alimentare le larve di un insetto saprofago, un dittero conosciuto come “Black Soldier Fly”, con cibo di cui è ghiotto, come i fanghi di depurazione di acque reflue, letame e scarti dell’industria agro-alimentare o della gestione del verde. Durante la crescita le larve riescono ad operare la bioconversione di questi substrati organici, trasformandoli in molecole quali lipidi, proteine e polisaccaridi che possono trovare applicazione in campo energetico, cosmetico, farmaceutico e agroindustriale. Nell’ambito del progetto, condotto in collaborazione con il Laboratorio di Entomologia Sanitaria dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna, è stata messa a punto una vera e propria “bioraffineria” di piccole dimensioni che punta a sfruttare materiali da smaltire per ottenere biocarburanti avanzati ma anche nuovi materiali per la chimica verde, come bioplastiche e rivestimenti biodegradabili, in linea con i principi dell’economia circolare. Oltre alla biomassa di insetti, attraverso il processo di bioconversione si ottengono deiezioni e re-

sidui che possono avere un elevato valore agronomico se utilizzati come ammendanti per favorire la crescita delle piante in agricoltura o nel florovivaismo. Il processo di bioconversione è caratterizzato da un’elevata efficienza, dato che le larve riescono a metabolizzare e ridurre in soli 15 giorni fino all’80% del volume del substrato organico. Inoltre, alcuni studi hanno dimostrato che il microbioma dell’apparato digerente di questo insetto

riesce a modificare la microflora del substrato, riducendo la carica di eventuali batteri nocivi quali Escherichia coli e Salmonella enterica e senza che le larve o gli esemplari adulti ne diventino portatori. <<Il nostro obiettivo è incrementare l’efficienza del processo e caratterizzarlo - sottolinea Silvia Arnone del Laboratorio Biomasse e Biotecnologie per l’Energia dell’Enea - determinando il profilo nutrizionale e lipidico e il con-

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Ovideposizione in camera climatica

tenuto di polisaccaridi come la chitina negli stadi maturi dell’insetto, con la prospettiva di amplificare e migliorare la strategia di utilizzo di questa specie, che finora è stata considerata solo nella produzione di farine proteiche per la zootecnia>>. Nel mondo si contano oltre 4.000 specie di insetti saprofagi che nutrendosi di materia organica come vegetali, carcasse di animali o Continua a pag. 22


500 larve di Black Soldier Fly

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Insetti: bioraffinerie del futuro

Ovideposizione

escrementi, permettono al substrato di decomporsi e diventare nuovamente disponibile per piante e altri esseri viventi, svolgendo

un importante ruolo nel ciclo della vita. <<Prove preliminari con tre regimi alimentari e diverse composizioni del substrato- con-

clude Arnone - hanno dato risultati incoraggianti, propedeutici alla messa a punto di prove sperimentali su una scala maggiore

PER SmALTIRE IL PROBLEmA

Via i biorifiuti con gli scarafaggi La Cina ha un enorme problema legato allo smaltimento dei propri rifiuti urbani. La sola Pechino ne produce circa 25.000 ton/giorno, di cui una grossa fetta è rappresentata dagli scarti alimentari. ma nel Paese hanno pensato di farsi aiutare dagli scarafaggi, che si stanno rivelando estremamente utili allo scopo, al punto che stanno aumentando gli allevamenti di questi animaletti. Ad esempio,

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l’impianto gestito dalla Shandong Qiaobin Agricultural Technology alleva circa un miliardo di scarafaggi, fornendo loro 50 ton/giorno di rifiuti alimentari. Gli insetti vengono coltivati in ambienti caldi e umidi, ideali per il loro habitat, e quando muoiono vengono destinati ad altre aziende che li trasformano in mangime proteico destinato ad animali da allevamento. Eclatante anche il caso di un privato che ha creato il suo personalissimo allevamento di scarafaggi, arrivando a possederne ben 3,4 milioni, che rivende a buon prezzo agli allevamenti suinicoli, come mangime per la pesca e, soprattutto, alle aziende farmaceutiche. Pare, infatti, che lo scarafaggio abbia qualità mediche ed estetiche miracolose.


ENI E mAIRE TECNImONT 2

Da rsu a H e metanolo

Residuo di 500 larve dopo separazione prepupe lasciato all'aria 24h

con fanghi in combinazione con altre biomasse di scarto, come la frazione organica dei rifiuti urba-

ni o il digestato, un sottoprodotto derivante dalla fermentazione anaerobica delle biomasse>>.

Eni e NextChem (gruppo maire Tecnimont) studieranno e realizzeranno una tecnologia di conversione, tramite gassificazione ad alta temperatura e a bassissimo impatto ambientale, di rifiuti solidi urbani e plastiche non riciclabili per la produzione idrogeno e metanolo. Le due società valuteranno sinergicamente dal punto di vista tecnico ed economico l’applicazione della tecnologia, che potrebbe essere realizzata in siti industriali di Eni in Italia. In particolare, Eni ha già manifestato l’interesse a valutare il progetto “Waste to Hydrogen” nella bioraffineria di Venezia, a Porto marghera, e ha già realizzato lo studio di fattibilità in collaborazione con NextChem. L’accordo, con il quale Eni è codeveloper della tecnologia NextChem, permetterà di applicare concretamente l’economia circolare, dando una seconda vita a centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti non riciclabili attraverso la produ-

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zione di prodotti chimici e combustibili, contribuendo così alla sostenibilità ambientale dei siti industriali nell’ambito di un sistema sempre più integrato ed efficiente volto al contenimento e riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera. «Con questa partnership - commenta Giuseppe Ricci, Chief Refining & marketing Officer di Eni Eni acquisisce una tecnologia fortemente innovativa che, unitamente al grosso patrimonio tecnologico accumulato in decenni di attività di raffinazione, permetterà l’avvio di una concreta economia circolare che dai rifiuti produrrà carburanti a basso impatto ambientale».


BIOMASSE & BIOgAS B I O M A S S A

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B I O g A S

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B I O M E TA N O

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C O g E N E R A z I O N E

Il progetto Record BioMap Il “cuore” del processo

I sistemi avanzati di digestione anaerobica: tecnologie per una maggiore produttività e per la miniaturizzazione 2a parte

Nel precedente articolo abbiamo visto il contributo portato dal progetto Record Biomap allo sviluppo dei sistemi di pretrattamento; vediamo ora il "cuore" del processo di digestione, cioè il digestore stesso. L'importanza di questo aspetto è testimoniata dall'elevato numero di partecipanti a questa parte del progetto: ben 13 tra Università, Enti di ricerca e industrie hanno presentato progetti e proposto nuove tecnologie. Volendo raggruppare le tecnologie secondo il loro principale obiettivo, potremmo distinguere tra: tecnologie che puntano a maggiore produttività e tecnologie che puntano alla miniaturizzazione

Biogas + di Applied Nanoparticles

MAGGIORE PRODUTTIVITA’

Digestore PRV ad alto carico della Metener in Cina

Il digestore ad alte prestazioni (High Performance Digester), sviluppato dalla società tedesca PRV, punta a superare il problema del grande volume richiesto ai digestori in caso di substrati a basso contenuto di materiale organico, riducendo il tempo di ritenzione idraulica (HRT) nella fase liquida. Questo si ottiene immobilizzando i batteri metanogenici su masse filtranti di materiale organico (paglia sminuzzata), e facendo ricircolare il liquido all'interno del digestore, in modo da scindere l'HRT della fase liquida da quello della fase solida. Il materiale fibroso viene alimentato Hi-Tech Ambiente

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al digestore in miscela con il substrato liquido; nel giro di qualche settimana, si formano diversi strati: - a livello più alto si concentrano le fibre leggere, che aiutano a prevenire la formazione di schiuma, e supportano batteri con attività idrolitica - nello stato intermedio troviamo particelle più dense, semi-digerite, dove si concentrano gli acidi che derivano dalla fermentazione - lo strato sottostante è quello a maggiore attività biologica, dove si concentrano i diversi microorganismi, e dove vengono trattenuti i solidi non completamente digeriti, insieme ai batteri metanigeni a lenta crescita - il liquido nello strato adiacente al fondo è il digestato, che contiene poco materiale organico e viene pompato fuori a intervalli predefiniti (ogni giorno oppure ogni ora) Rispetto ai digestori tradizionali si hanno vantaggi di volumi e costi di investimento limitati, e basso costo di esercizio in quanto l'agitazione è molto ridotta. E' però necessario che il digestore abbia un'altezza superiore a 8 m. Un diverso approccio (non del tutto nuovo) verso una maggiore produttività consiste nella digestione anaerobica termofila. La società norvegese Hyperthermics ha presentato un nuovo processo, basato su batteri termofili isolati nei camini idrotermali sottomarini. Grazie a questi batteri è possibile condurre la digestione a 80 °C, con vantaggi nella resa in biogas e in una più si-


cura igienizzazione del digestato. Attualmente, la tecnologia è applicata in un impianto in piena scala (10.000 ton/anno) gestito dalla società norvegese Lindum.

- il reattore con miscelatore a gabbie, sviluppato in forma di prototipo e brevettato dalla Università polacca UWm (University of Warmia and mazucy, Olsztyn). Il prototipo consiste in un cilindro con 1,2 m di diametro e 0,4 m di altezza, riempito con il materiale in fase di digestione fino ad un livello di 0,3 m. Il biogas viene raccolta in una cupola, nella quale si trova anche la valvola di ingresso del substrato. L'elemen-

MINIATURIZZAZIONE

molti dei progetti presentati nel quadro di Record Biomap hanno come obiettivo la realizzazione di impianti in piccola scala, allo scopo di rendere il processo di digestione anaerobica adatto e redditizio anche per le piccole aziende agricole. Tra i processi di questo tipo interessanti da citare: - il sistema con flusso a pistone ad alto carico organico ERA-NET, sviluppato dalla tedesca Ventury. Consiste in un reattore avente al centro un corpo cilindrico verticale, attraverso il quale avviene l'alimentazione del substrato; il flusso del materiale e la formazione di biogas sono sufficienti ad assicurare l'agitazione, riducendo così le spese di esercizio e manutenzione. Il sistema è promettente, soprattutto perchè consente elevati carichi organici (circa 10 kg VS/mc al giorno), e perchè il flusso a pistone ottimizza l'uso del materiale organico, evitando lo scarico di materiale parzialmente digerito. Gli svantaggi sono la necessità di alimentare solo substrati liquidi e facilmente degradabili e il maggiore spessore delle pareti del digestore, che deve resistere a pressioni superiori rispetto alle configurazioni standard (per questo motivo la Ventury fornisce i digestori già prefabbricati) - il reattore orizzontale mR della svedese ED Biogas, che si basa anch'esso sulla tecnologia del flusso a pistone ("plug flow"). Il materiale viene trasportato da uno speciale agitatore a vite a bassa velocità, che assicura un flusso lento dall'ingresso all'uscita e consuma pochissima energia, tant’è che è sufficiente un motore di 130 W per un reattore da 200 mc. Il processo è continuo. richiede da 10 a 12 giorni e si svolge a 50-60 °C, consentendo la naturale igienizzazione del digestato. E' possibile alimentare alti livelli di materiale secco (fino al 30% TS per i fanghi di depurazione), per cui questo processo è particolarmente adatto a installazioni come mattatoi, bacini di piscicoltura e serre, e meno adatto a substrati diluiti, con meno del 10% di sostanza secca, per i quali può essere difficile mantenere le condizioni di flusso a pistone

Impianto della Hyperthermics presso l'azienda Lindum

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Il progetto Record BioMap to innovativo è costituto dal sistema di agitazione, che consiste in due gabbie cilindriche, che ruotano su se stesse a circa 5 giri/min e contemporaneamente si spostano lungo la circonferenza del reattore. Questo sistema assicura un miglior rilascio del biogas, un’uniforme macinazione del substrato e l'eliminazione delle schiume - il "micro Batch Reactor", sviluppato dal Politecnico di Czestochowa (Polonia) con l'obiettivo di rendere le piccole aziende agricole (da 6 ettari in su) autosufficienti dal punto di vista energetico. Si tratta di un reattore da 51 mc, operante in mesofilia (37-39 °C), in cui il flusso di biogas (3,8 Nmc/h) viene usato per azionare un motore monocilindrico, collegato ad un generatore da 7 kWe. E' previsto il recupero del calore prodotto dal raffreddamento del motore e della sua tubazione di scarico, per complessivi 13 kWt. L'analisi economica mostra una possibile convenienza per una azienda agricola che abbia un'area coltivata da 30 a 50 ettari, 6-7 dei quali utilizzati per colture energetiche - Il "digestore casalingo", sviluppato dall'Università della Catalogna con l'obiettivo di produrre gas per uso di cucina nelle aree povere dell'America Latina. Si tratta di un sistema estremamente semplice, costituito da un saccone in plastica interrato, provvisto di una tubazione di ingresso per le deiezioni e di una tubazione di uscita. Il biogas si raccoglie nella parte superiore, viene accumulato in un serbatoio e distribuito nelle cucine. L'uso del biogas così prodotto copre circa il 60% delle necessità di combustibile per usi di cottura, consentendo di ridurre la ricerca di legna da ardere, e quindi la spinta alla deforestazione - il reattore ad alto carico (High Rate ABR-2) della norvegese Waterment, che deriva da ricerche della USN (University College of Southeast Norway). Questo impianto combina il reattore UASB (Upflow Anaerobic Sludge Blanket), largamente utilizzato nell'industria agroalimentare, con il reattore ABR (Anaerobic Baffle Reactor). Il nuovo reattore, denominato ABR2, è stato realizzato su scala pilota e si è rivelato particolarmente adatto a impianti di piccola taglia, alimentati con reflui suinicoli.

Estrazione di batteri termofili isolati nei camini idrotermali sottomarini (Hyper Thermics)

Il reattore orizzontale MR della ED Biogas Impianto della Hyperthermics presso l'azienda Lindum

CONFIGURAZIONI INNOVATIVE

Le configurazioni innovative possono riguardare la parte impiantistica (reattori multistadio) oppure l'utilizzo di nuovi materiali (nanoparticelle). Nuove configurazioni di impianto sono state proposte: - dalla già citata UWm, con un sistema a tre stadi denominato Special Reactor Concept, composto da un reattore di pretrattamento (dove si svolgono le reazioni di idrolisi),

un reattore di fermentazione e uno di post-fermentazione. Tutti i reattori sono dotati di sistemi di agitazione ad asse verticale; i primi due reattori sono riscaldati, mentre il terzo non lo è. Il sistema è particolarmente adatto per impianti di piccola scala, alimentati a biomasse legnocellulosiche, che utilizzano sul posto il biogas per produrre calore; la gestione è semplice, ma i costi di esercizio risultano piuttosto elevati - dall'Università della Lettonia, un sistema a 4 stadi, ciascuno dei quali ospita diversi microorganismi, creando ambienti separati e ottimizzati per le diverse reazioni. Le prime due sezioni producono idrogeno, attraverso reazioni di idrolisi e acidificazione, mentre nella terza sezione viene aggiunta biomassa fresca, che viene poi convertita in metano (insieme agli acidi prodotti nelle prime due sezioni) nella quarta sezione.

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In pratica le 4 sezioni costituiscono settori di un unico reattore compatto, di forma cilindrica e provvisto nella parte superiore di sistemi di agitazione e sensori per pH e temperatura. Secondo i proponenti, questa configurazione assicura elevate rese in biogas, in quanto è possibile ottimizzare separatamente le condizioni operative delle diverse sezioni, eventualmente aggiungendo enzimi o altri catalizzatori - dalla società finlandese metener, un sistema a fermentazione a secco a 4 stadi (digestore PRV ad alto carico), ognuno dei quali si alterna secondo un ciclo trimestrale. A differenza dei processi proposti da Università ed Enti di ricerca, il processo della metener è già operativo con un impianto da 250 kW in Finlandia, ed è in corso di installazione un impianto in Cina - l'utilizzo di nanoparticelle di ferro è l'elemento innovativo proposto dalla società spagnola Applied Nanoparticle, con il suo processo Biogas+. Le particelle di ferro si sciolgono in modo controllato nel reattore, esplicando un’attività catalitica che stimola il metabolismo batterico e accelera la produzione di biogas, che raggiunge valori tripli rispetto a quelli degli impianti convenzionali. Ulteriori vantaggi si hanno nel maggior contenuto in metano del biogas prodotto, nella migliore qualità del digestato, nei ridotti consumi energetici e nell’eliminazione degli odori di ammoniaca e idrogeno solforato. AVANZAMENTO DELLE TECNOLOGIE

Tra le tecnologie sopra elencate, solo tre hanno un TRL (Technical Readiness Level) superiore a 5, che le qualifica per un trasferimento immediato sul mercato. Si tratta del digestore PRV ad alto carico, del sistema a 4 stadi dell’Università della Lettonia, e del sistema di fermentazione a secco (anch’esso a 4 stadi) della metener. Tra gli scopi del progetto Record Biomap rientra comunque anche lo scambio di idee e di esperienze, finalizzato ad accelerare l'innovazione e abbreviare i tempi di ingresso nel mercato delle tecnologie più promettenti. Stabilire una graduatoria di merito tra le diverse tecnologie proposte è al momento impossibile, anche perchè gli stessi proponenti sono ancora restii (per comprensibili motivi di riservatezza) a fornire dettagli tecnici.



La compressione del biogas Adicomp

messo a punto un compressore rotativo a iniezione di olio e la specifica linea UVG, con pressione in uscita fino a 40 bar e flusso fino a 6.000 Nmc/ora Negli ultimi 15 anni Adicomp ha maturato un'ampia esperienza nei trattamenti di purificazione e compressione del biogas, del gas di discarica, del gas naturale e di altri gas come azoto, argon, idrogeno e gas di sintesi, che attualmente alimentano diverse centinaia di impianti sparsi in tutto il mondo. La compagnia ha migliorato il suo know-how sviluppando soluzioni adatte per ogni diversa condizione climatica, dalle basse temperature di Russia e Finlandia, alle alte temperature di Australia e messico. La tecnologia chiave dell’azienda è il compressore di gas rotativo a iniezione di olio, che è progettato e prodotto dal gruppo Termomeccanica (del quale Adicomp fa parte); vengono inoltre impiegate tecnologie collaudate per la rimozione di contaminanti come acqua, polveri e silossani. TRATTAMENTO DEL BIOGAS

Il biogas "grezzo" prodotto dalla digestione anaerobica o dalle discariche consiste normalmente nel 50-60% di CH4 e nel 45-35% di CO2; la parte restante è costituita da ossigeno, azoto e altri contaminanti come idrogeno solforato, silossani, ammoniaca, vapor acqueo, polveri ecc. Nella produzione di biometano dal biogas la CO2 deve essere separata e l'ossigeno rimosso; allo stesso tempo, gli altri contaminanti devono essere eliminati o ridotti, per raggiungere lo standard qualitativo del metano necessario per la sua immissione nella rete di distribuzione. Esistono vari modi per trasforma-

re il biogas in biometano: alcuni di essi comportano la compressione del biogas a una certa pressione, per essere poi sottoposto a trattamento con tecnologie a membrane, assorbimento a pressione alternata, soluzioni di etanolammine ecc. Il processo Adicomp prevede, prima della compressione del biogas, sia la rimozione del contenuto di acqua fino al punto di rugiada (5 °C) sia la riduzione del contenuto di olio residuo in quantità non superiore a 0,01 mg/mc, oltre a ridurre praticamente a zero la presenza di silossani nel biogas. La compressione del biogas viene di solito condotta in compressore rotativo a iniezione di olio monostadio, ma qualora siano richieste pressioni più elevate il processo può essere condotto in un compressore a due stadi con viti immerse in olio, per ottimizzare i consumi energetici. Nella versione monostadio, il compressore è composto da 2 rotori: un rotore “maschio” a 5 lobi, e un rotore

“femmina” a 6 fenditure, con profili asimmetrici. Il calore sviluppato durante la compressione viene rimosso grazie alla circolazione di olio tra i due rotori. I COMPRESSORI UVG

In particolare, Adicomp ha sviluppato una specifica linea di gruppi di compressione e trattamento del biogas, denominata UVG e comprendente macchine con pressione in uscita fino a 40 bar e flusso fino a 6.000 Nmc/ora. La compressione e il trattamento del biogas avvengono in un impianto composto dal compressore di gas rotativo a iniezione di olio, accoppiato a un motore elettrico attraverso un giunto flessibile, controllato da un inverter e completato dai seguenti elementi: in fase di aspirazione, un filtro a tenuta di gas con separatore di acqua e un sistema di drenaggio automatico del condensato dotato di un interruttore di sicurezza; in fa-

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se di scarico, un refrigerante con separatore di acqua e drenaggio automatico del condensato, dotato di un interruttore di sicurezza. In genere viene anche installato uno scambiatore di calore finale tra gas ed acqua. Il gas umido è aspirato attraverso un filtro, che funge anche da separatore di acqua, dotato di un sistema automatico di scarico del condensato; dopodichè, il gas passa attraverso una valvola di controllo della aspirazione. Tutti i componenti in contatto con il gas sono fatti in acciaio inox, oppure debitamente protetti, a causa della presenza di CO2 e contaminanti aggressivi nel gas. Durante il processo di compressione, l'olio viene iniettato dentro la camera di compressione a viti rotanti, per effettuare tre funzioni principali: lubrificazione, sigillatura e assorbimento di calore. Lavorando in circuito chiuso, l'olio viene pressurizzato per fluire attraverso un refrigerante, quindi viene filtrato prima di essere nuovamente immesso nella camera di compressione. Normalmente viene anche installato un set di filtri a coalescenza, per rimuovere l'olio residuo dal gas fino a 0,01 mg/mc; successivamente, il gas passa attraverso uno scambiatore di calore prima di uscire dall'impianto. Quando sia lo scambiatore di calore ad aspirazione gas/acqua che lo scambiatore di calore a scarico gas/acqua sono necessari per rimuovere l'umidità dal gas prima e dopo la compressione, occorre aggiungere un’unità di raffreddamento per produrre la quantità di acqua fredda (3-5 °C) necessaria per trattare il gas.


Inaugurato di recente a Faenza, il primo impianto di produzione di biometano agricolo in Italia, ossia il primo che utilizza matrici del settore agroindustriale. La cooperativa vitivinicola Caviro produrrà biocarburante avanzato partendo dal biogas generato con la digestione anaerobica dei sottoprodotti del ciclo produttivo e da reflui di allevamenti della zona. Tale impianto, una volta a regime, produrrà 12.000.000 Nmc di biometano, pari all’alimentazione di 18.000 autovetture per un anno. <<Il biometano è un biocarburante avanzato che può giocare un ruolo primario nella transizione energetica e non solo – afferma Piero Gattoni, presidente CIB – e l’esempio di Caviro dimostra come la cooperazione e il modello di azienda circolare possano essere un prototipo vincente per rafforzare la competitività del settore agroindustriale e per contribuire alla decarbonizzazione del settore energetico favorendo, al contempo, la tutela ambientale>>. All’impianto di up grading arriva biogas proveniente da 2 linee indipendenti da 1.500 Nmc/h di biogas ognuna. Il biogas in ingresso ha il 55-70% di CH4, ha meno di 500

NUOVO ImPIANTO

Anche Caviro va a biometano Il primo in Italia a produrre biocarburante avanzato, utilizzando matrici del settore agroindustriale ppm di H2S, meno di 400 mg/Nmc di COV ed è saturo di umidità. Impianto di up grading, realizzato da Provedal, ha le seguenti caratteristiche: modulare (possibilità di aumentare le portate all’interno dello stesso container aggiungendo moduli di membrane), ridondante (2 chiller, 2 soffianti, 2 carboni attivi, 2 compressori), controllabile (telecontrollo H24), semplice da gestire (con processi lineari e dinamiche semplici), efficiente (recupero di metano superiore al 99,5%), ha integrato l’impianto di recupero di CO2 liquida, consente continuità di servizio (oltre 97% ore/anno). Inoltre, utilizzo di reagenti chimici o acqua è previsto il recupero termico dai compressori, e non vi è alcun consumo di prodotti chimici e acqua.

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La fermentazione anaerobica a secco Thöni

Tecnologia, impianto tipo e sinergie tra digestore e termovalorizzatore per dare valore aggiunto a entrambe le strutture Gli impianti di digestione anaerobica si possono classificare in base al contenuto di sostanza solida nel digestore in: impianti a umido, con frazione solida da 5 a 8%; impianti a semi-secco, con frazione solida tra 8 e 20%; impianti a secco, con frazione solida oltre il 20%. Gli impianti a secco garantiscono un’elevata produttività con un impegno di spazio limitato, e una grande flessibilità nei substrati alimentabili, ma richiedono uno speciale know-how, soprattutto relativamente alla tecnologia di miscelazione. Tra i vari impianti presenti sul mercato, quelli della società austriaca Thöni si distinguono per il particolare disegno del digestore, che comprende componenti brevettati, come il fondo riscaldato ispezionabile e il robusto albero di miscelazione, provvisto di pale con speciale profilo e realizzato con acciaio particolarmente resistente all'usura (TTV). Queste caratteristiche impediscono ogni possibilità di sedimentazione o di formazione di strati galleggianti all'interno del digestore: il flusso a pistone trasporta i materiali inerti verso l'uscita, consentendo il funzionamento senza problemi anche in presenza di elevate quantità di impurità nel rifiuto alimentato. L'azionamento del miscelatore avviene tramite un motoriduttore epicicloidale, con potenza 15 kW e velocità 0,3 giri/min: questo valore particolarmente basso garantisce una notevole economia nei consumi. Il processo di digestione anaerobica Thöni si svolge in ambiente

ne particolarmente robusta del digestore consente di trattare portate fino a 35.000 ton/anno con un solo modulo. La configurazione standard degli impianti di digestione anaerobica prevede che il digestato in uscita venga immesso in presse a coclea, ricavando una frazione solida compostabile e un concime liquido di alta qualità utilizzabile in agricoltura. La pressa a coclea Thöni TSP 350 C, con portata fino a 50 mc/giorno, assicura un contenuto di sostanza secca in uscita del 35-40%; sono attualmente in funzione oltre 150 presse di questo tipo, in diverse parti del mondo. E comunque i 25 anni di esperienza di Thöni consentono di elaborare alternative a scarico zero di liquido, mediante tecnologie innovative di trattamento del digestato adattate alle singole esigenze del cliente.

Impianto di Augsburg (Germania)

IMPIANTO TIPO

termofilo (55 °C); all'interno del digestore, una pompa a stantuffo trasporta il digestato ai successivi stadi di separazione solido/liquido e di essiccazione della parte

solida; una parte del digestato viene reintrodotta nel digestore come materiale di inoculo, in modo da garantire il corretto apporto di microorganismi. La costruzio-

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Un impianto tipo è quello di Brandholz (Germania), inaugurato nel 2016, che ha una portata di 25.000 ton/anno, lavora rifiuti organici e scarti verdi e produce 3 milioni di mc/anno di biogas, 11.000 ton/anno di fertilizzante liquido e 14.500 ton/anno di compost solido. La ricezione dei rifiuti avviene all'interno di un capannone chiuso, dove il rifiuto organico e il verde vengono portati mediante pala gommata alla pre-lavorazione, costituita da trituratore, deferrizzatore e vaglio stellare. Il materiale vagliato viene trasportato tramite pala gommata al bunker


di stoccaggio. A questo punto inizia il trattamento integralmente automatizzato dei rifiuti, i quali vengono convogliati al digestore tramite un carroponte automatico e una tramoggia. L'alimentazione dei digestori avviene mediante un mescolatore esterno, che produce una omogeneizzazione del rifiuto organico. Il substrato viene poi inserito all'interno del digestore mediante una pompa a pistone e uno scambiatore di calore. Il substrato rimane all'interno del digestore riscaldato per circa 18 giorni. Alla fine del processo di digestione, il digestato viene poi inviato alle coclee di pressatura mediante pompe a pistone, per ottenere una frazione solida e acqua di processo. Una parte dell'acqua di processo viene utilizzata per inumidire il materiale in ingresso al digestore. La parte eccedente viene condotta in vasche di stoccaggio e utilizzata poi in agricoltura. La frazione solida viene trattata in celle di biossidazione per ottenere come prodotto finito un compost di altissima qualità. Il metano prodotto nel digestore viene usato per produrre energia elettrica con l'ausilio di un cogeneratore. L'energia elettrica viene immessa in rete, mentre il calore viene usato per riscaldare il digestore e gli edifici del sito. TERMOVALORIZZAZIONE + DIGESTIONE ANAEROBICA

La realizzazione nello stesso sito di impianti di termovalorizzazione e di un impianto di digestione anaerobica a secco offre un gran-

IDROLISI TERMICA SOTTO PRESSIONE DEI FANGHI DI DEPURAZIONE

Pressa a coclea TSP 350 C

de potenziale di sinergie. I vari flussi di materiali ed energia possono essere combinati in maniera vantaggiosa, producendo in questo modo un valore aggiunto per entrambi gli impianti. I necessari componenti infrastrutturati, quali pesa, zone destinate alla viabilità, sistemi di alimentazione e smaltimento, ma anche il personale, possono essere impiegati per entrambi gli impianti. In molti casi si provvede anche alla consegna separata dei rifiuti residui e dei rifiuti organici dalla raccolta differenziata. Le brevi distanze tra i due impianti favoriscono uno scambio proficuo di materiali ed energia. I flussi d'aria di scarico, le acque di scarico e i rifiuti prodotti nell'esercizio dell'impianto di digestione anaerobica a secco possono essere smaltiti nell'impianto di

termovalorizzazione a basso costo e in maniera efficiente. Inoltre, il termovalorizzatore garantisce l'alimentazione affidabile dell'impianto di digestione ananerobica con corrente elettrica e calore e ne copre il fabbisogno quotidiano. Un impianto che già utilizza questi potenziali è quello di Augsburg in Germania. Il termovalorizzatore tratta 225.000 ton/anno di rifiuti. Le tre linee di combustione con una portata di 12 F/h ciascuna sono dotate di griglie orizzontali martin. L'energia liberata dalla combustione viene utilizzata per la produzione di corrente elettrica e viene immessa in una rete di teleriscaldamento. Un impianto di digestione anaerobica a secco è in funzione sul sito di termovalorizzatore di Ausburg dal 2013. L'impianto è in

Miscelatore TTV a pale

I fanghi di depurazione delle acque di scarico ed i rifiuti dell'industria alimentare possono essere trattati in un reattore di idrolisi termica sotto pressione a funzionamento continuo (processo TDH). Questo trattamento scinde la frazione organica di fanghi e rifiuti in molecole più semplici, che risultano prontamente biodegradabili nel processo anaerobico. In questo modo si ottiene un aumento significativo della resa in biogas ed una migliore drenabilità del digestato. Il calore necessario al processo è ottenuto dal calore di scarto della centrale termica alimentata a biogas, consentendo vantaggi economici rispetto ad altri processi di trattamento dei fanghi.

grado di trattare 75.000 ton/anno di rifiuti organici e scarti verdi dalla raccolta differenziata. Vengono impiegati digestori Thöni basati sul principio del flusso a pistone, che producono 35 milioni kWh/anno di biogas, che viene poi trattato e immesso nella rete di gas naturale sotto forma di biometano. Oltre al biometano, l'impianto produce compost e concime liquido di alta qualità. Avvalendosi dello stesso personale di esercizio, entrambi gli impianti possono essere monitorati e gestiti continuamente 24 ore al giorno.

Impianto di Brandholz (Germania) Hi-Tech Ambiente

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energia SITO PILOTA IN DANImARCA

La produzione di H2 col vento Da energia eolica a 500 kg di idrogeno verde al giorno passando per un elettrolizzatore da 1,2 mW Con l’obiettivo comune di ridurre le emissioni di carbonio, il mondo industriale e la comunità scientifica stanno su più fronti lavorando per ottenere energia elettrica a partire da fonti rinnovabili. In questo contesto gioca un ruolo primario l’idrogeno come vettore energetico versatile, pulito e sicuro. La sua produzione basata sull’energia eolica che utilizza l’elettrolisi, la separazione dell’acqua in idrogeno e ossigeno, è ormai una tecnologia nota. Si è però rivelata difficile la produzione economicamente competitiva e sostenibile di grandi quantità di idrogeno con questo processo. Questa sfida è stata accolta dal progetto europeo HyBallance, che ha portato alla realizzazione di un impianto che produce idrogeno a partire dall’energia fornita dal vento mediante turbine eoliche. Nel sito pilota è presente un elettrolizzatore con capacità di 1,2 mW, che consente di produrre circa 500 kg di idrogeno al giorno senza rilasciare CO 2. Grazie a questo sito sarà possibile stoccare elettricità rinnovabile a basso costo, fornendo servizi di bilanciamento delle reti, oltre che produrre idrogeno da impiegare per usi industriali e per il rifornimento di veicoli. Il bilanciamento della rete è fondamentale per la stabilità dei sistemi

elettrici. Infatti, a causa della loro natura intermittente, le fonti di energia solare o eolica possono dare eccessiva o poca elettricità ad una

rete. Se non correttamente bilanciate, la sovratensione e la frequenza derivanti dall’eccesso di elettricità potrebbero causare danni all’elet-

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tronica. Gli elettrolizzatori consentono alle aziende di servizi pubblici di immagazzinare l’energia che andrebbe sprecata per lunghi periodi di eccesso di offerta. Durante il picco di domanda, l’idrogeno immagazzinato può essere utilizzato per generare sufficiente elettricità. <<L’energia eolica è fluttuante – spiegano gli scienziati - e richiede adeguate opzioni di flessibilità per garantire l’equilibrio della rete elettrica. L’elettrolisi dinamica dell’acqua offre tale flessibilità utilizzando l’elettricità quando i prezzi sono bassi o c’è bisogno di bilanciarla e trasformarla in idrogeno>>. Nel suo tentativo di promuovere la transizione ecologica, HyBalance svilupperà modelli di business che determineranno quando conviene trasformare l’energia eolica in idrogeno. Il progetto utilizzerà la tecnologia di elettrolisi a membrana a scambio protonico (PEm), che è caratterizzata da un’elevata efficienza (più idrogeno prodotto per kWh di elettricità) e flessibilità. I partner auspicano che questa tecnologia sia pienamente convalidata per le applicazioni commerciali al termine del progetto. Il progetto HyBalance vuole così dimostrare il legame tra lo stoccaggio di energia sotto forma di idrogeno e lo sviluppo di soluzioni per la mobilità dell’idrogeno. <<Non solo convaliderà la tecnologia di elettrolisi PEm altamente dinamica e i processi innovativi di erogazione dell’idrogeno coinvolti aggiungono i ricercatori - ma li dimostrerà anche in un ambiente industriale reale, applicando apparecchiature per la produzione e il rifornimento di idrogeno ad alta pressione>>.


L’Unione Europea sta sostenendo la creazione delle cosiddette “comunità dell’energia rinnovabile” (Rec-renewable energy community), ossia piccoli gruppi costituiti da enti locali, produttori, distributori e consumatori di energia presenti su uno stesso territorio che insieme diventano autonomi dal punto di vista energetico, soprattutto sfruttando le risorse rinnovabili, prima tra tutte la biomassa legnosa. Un’applicazione concreta di ciò arriva dal Comune di Tirano (SO), in Valtellina, che si è candidato per la costituzione della prima Rec alpina nell’ambito di un progetto pilota dedicato che vede coinvolti anche il mondo della ricerca (RSE), i produttori (TCVVV, Energia Legno) e i distributori di energia elettrica (Reti Valtellina Valchiavenna) e termica da fonte rinnovabile presenti sul territorio, nonché le associazioni di categoria (Fiper). <<L’idea è di far evolvere il modello Tirano, Comune già 100% rinnovabile – spiega Franco Spada, sindaco della cittadina lombarda – all’autonomia energetica. Se il Comune diventa autosufficiente, potrebbe vantare una pesante riduzione del costo energetico del 30-40%, perché non andrebbe a pagare le accise per infrastrutture che non usa>>. Dal momento che l’obiettivo del

RENEWABLE ENERGy COmmUNITy

Tirano: comunità rinnovabile Un progetto per rendere il Comune energeticamente autonomo sfruttando la biomassa legnosa

progetto è di rendere il sistema energetico locale, quindi elettrico e termico, più efficiente e resiliente, un ruolo di primo piano all’interno

della Rec sarà svolto dalla figura del “prosumer” ovvero un produttore-consumatore di energia. E nel Comune di Tirano sono presenti 8

produttori in media tensione, di cui 3 termici cogenerativi, 5 fotovoltaici e 192 prosumer. TCVVV, con la rete di teleriscaldamento, soddisfa circa l’80% della domanda di energia termica da fonte rinnovabile dai 58 mWt installati nelle utenze finali e 1,1 mW elettrico dato dalla cogenerazione. Energia Legno produce 1,8 mW elettrico e 3,6 mW termico. Attualmente, a Tirano vi è già un surplus di energia rinnovabile che potrebbe rimanere sul territorio se opportunamente accumulata e redistribuita nei momenti di maggior richiesta. Questo nuovo modello di produzione e distribuzione di energia rinnovabile, fortemente voluto dall’UE, in prospettiva potrà apportare oltre agli eventi benefici ambientali in termini di riduzione di CO2 anche vantaggi economici ai membri della comunità medesima.

ture, rispetto alle tradizionali turbine eoliche, riesce a sfruttare il vento in alta quota, quasi sempre presente con 6.000-7.000 ore di media ogni anno, garantendo una capacità produttiva più elevata e costante. L’impiego degli aquiloni, oltre a risolvere il problema della discontinuità della fonte eolica, bypassa anche quello dell'ingombro delle pale. Gli aquiloni, infatti, possono essere posizionati ad una distanza inferiore tra loro, aumentando il rapporto tra energia prodotta e spazio occupato. Realizzati con un’ala ad arco, so-

no molto più resistente rispetto all’ala piana dei sistemi concorrenti e sono più facili da manovrare, anche perché più leggeri; inoltre, sono in grado di rimane sempre di taglio rispetto al vento e sono meno pericolosi in caso di avaria e caduta. Questa soluzione decisamente innovativa, sviluppata nell’ambito di un progetto di ricerca tutto italiano e oggetto di oltre 40 brevetti internazionali, è stata portata a livello industriale da KiteGen Venture, che ha di recente siglato un accordo con Saipem per la sua commercializzazione.

ACCORDO SAIPEm-KITEGEN

Energia eolica dagli aquiloni La nuova frontiera dell'eolico passa dagli aquiloni che librano oltre i 1.000 m di altezza, collegati con un doppio cavo elettrico

a un generatore posto a terra, in grado di produrre fino a 3 mW di potenza elettrica. La tecnologia della KiteGen Ven-

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macchine & strumentazione

Le turbosoffianti efficienti e longeve Xylem Water Solutions

Le due nuove Sanitaire Turbomax e TurboLight sono basate sulla tecnologia avanzata miti che utilizza particolari cuscinetti aerodinamici Da un punto di vista teorico, lo scopo dell'aerazione dei sistemi biologici negli impianti di trattamento delle acque reflue è di portare l'ossigeno contenuto nell'aria direttamente nel cuore della massa liquida e trasferirlo alla biomassa, ovvero alle popolazioni batteriche. Questo apporto di ossigeno consente alla biomassa di

degradare la materia organica presente nell'effluente attraverso un metabolismo batterico chiamato respirazione aerobica. Per portare l'ossigeno a questa biomassa, è necessario comprimere l'aria e insufflarla in modo continuo e omogeneo, creando turbolenza, per ottimizzare il trasferimento di gas/liquido.

La fase meccanica di compressione e insufflazione dell'aria alla biomassa è essenziale per garantire il corretto funzionamento di un impianto di trattamento. La compressione dell'aria per il sistema di aerazione rappresenta generalmente almeno un terzo del consumo totale di energia dell'intero impianto di trattamento delle

Turbosoffiante Sanitaire TurboLight

acque reflue. Le soffianti sono quindi essenziali per garantire il corretto funzionamento del processo ed è importante disporre di macchine efficienti e flessibili per fare un lavoro così energivoro. Ogni impianto di trattamento è inoltre speciale e richiede uno studio specifico di più parti tra loro interagenti quali, oltre alle soffianti, i sistemi di diffusione, il piping e le valvole di controllo. È possibile comprimere l'aria utilizzando diverse tecnologie che soddisfano particolari vincoli legati alle esigenze del processo, alle dimensioni della vasca e all'altezza idraulica della stessa, al volume d'aria da comprimere, alle variazioni di carico e a quelle al contorno. Ancora una volta, l'obiettivo di Xylem è proporre la soluzione che offra il miglior compromesso possibile tra costo dell'investimento, vincoli operativi, longevità e manutenzione. E nel ventaglio di tecnologie disponibili per la compressione dell'aria, l’azienda ha scelto di promuovere e sviluppare turbocompressori Turbomax e TurboLight basati sulla tecnologia avanzata miti che utilizza cuscinetti aerodinamici. La turbina di questi turbocompressori è montata diretta-

Turbosoffiante Sanitaire TurboMax Hi-Tech Ambiente

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mente su un albero motore rotante che si solleva con la generazione di un campo di pressione (cuscino d’aria) attorno a sé durante la sua rotazione. La struttura deformabile del cuscinetto consiste in una pila di fogli lisci e ondulati (rinforzi). Una delle chiavi di questa tecnologia è il controllo della deformazione del cuscinetto durante il funzionamento, nonché i suoi materiali e rivestimenti specifici di cui è fatto. Per le cosiddette applicazioni "fredde" come quelle di Turbomax e TurboLight, il foglio è costituito da una pila multistrato in inconel e teflon addittivato di nano particelle d’argento in superficie, coinvolte nella lubrificazione agli on-off. I vantaggi di queste macchine rispetto ai tradizionali sistemi di compressione dell'aria sono molteplici: - elevata efficienza energetica grazie all'uso di motori sincroni a magneti permanenti molto leggeri, compatti ed estremamente efficienti in un ampio range funzionale di carico e grazie alla semplicità del sistema, con l'assoluta assenza di attriti e nessuna trasmissione (la turbina è montata

direttamente all'estremità dell'albero motore lievitante) - costi di manutenzione molto ridotti, con possibilità di effettuare almeno 55.000 on-off sulla macchina prima ricorrere a una manutenzione sui cuscinetti - gamma di potenza estesa (da 7,5 a 37 kW per unità per le soffianti Sanitaire-TurboLight e fino a ben 600 kW per unità per le soffianti Sanitaire-Turbomax) - flessibilità di utilizzo in portata e pressione grazie a inverter di primaria marca europea, con la possibilità di combinare queste macchine con tutti i tipi di soffianti eventualmente già presenti sugli impianti - dimensioni estremamente ridotte, che consentono un facile inserimento nei locali esistenti, senza necessità di basamenti o ancoraggi di alcun tipo - soffianti assolutamente oil-free - ridotta rumorosità, assenza di pulsazioni e vibrazioni e di trasmissione delle stesse al piping - soffianti pronte per l’uso e userfriendly, con ridotte e semplici manutenzioni, solitamente limitate alla sostituzione di semplici filtri aria.

POMPE E SISTEMI DI MISCELAZIONE PER FANGHI La mAP commercializza in Italia pompe di diversi tipi, tra i quali sono particolarmente interessanti quelle prodotte dalla società americana Vaughan. Con il marchio Rotamix, la Vaughan produce sistemi di miscelazione meccanica e idraulica dei fanghi, con l'obiettivo di renderli adatti all'alimenta-

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zione degli impianti di digestione anaerobica. Il sistema Rotamix consiste nell'azione combinata di ugelli, alimentati da una pompa triturante Vaughan; entro il recipiente di miscelazione si creano così due zone, e cioè una zona centrale con flusso veloce a vortice, e una zona periferica a velocità uniforme.

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Il Polaris FID in versione smart Pollution Analytical Equipment

Un analizzatore leggero, compatto, sicuro ed ergonomico per l’analisi on-site del carbonio organico totale L’analizzatore Polaris FID Smart Edition (SE) è l’evoluzione smart del già noto Polaris FID, realizzato da Pollution Analytical Equipment, che effettua il monitoraggio on-site della concentrazione di carbonio organico totale (TOC). E si tratta infatti di uno strumento completamente portatile perché incorpora al suo interno tutto ciò che è necessario per le analisi. Inoltre, è agevole anche per effettuare screening ambientali. Questa nuova versione, però, è anche smart grazie alla connessione

Fluimac: pompe per liquidi difficili La Fluimac produce e distribuisce una gamma di pompe a doppio diaframma, particolarmente adatte a pompare liquidi difficili in condizioni di bassa pressione e con valori di flusso contenuti. In particolare, le pompe della serie "Accurate Phoenix", che utilizzano l'aria compressa come forza per spostare fluido di processo, sono controllabili dall'esterno via PLC, essendo azionate Accurate Phoenix

Twin Phoenix

da impianti elettrici; questo le rende perfettamente idonee al trattamento delle acque di scarico, al dosaggio di prodotti chimici (come ipoclorito, cloruro ferrico, polielettroliti) e al tra-

sferimento di fanghi e fluidi contenenti parti solide sospese, come pietre o pezzi di metallo. Le pompe "Twin Phoenix" sono anch'esse usate nel settore delle acque di scarico, ma le loro principali applicazioni si hanno nell'industria tessile e in quella cartaria; la caratteristica peculiare di queste pompe è la capacità di trasferire due diversi fluidi, in modo indipendente e simultaneo, senza miscelazione. Fluimac produce anche pompe svuotafusti, e pompe peristaltiche (Helios AS), assolutamente adatte per sospensioni di abrasivi, prodotti altamente densi e viscosi, prodotti sensibili all'azione di taglio esercitata dalle normali pompe. Queste pompe hanno tubi disponibili in un'ampia gamma di mescole, scelte in funzione del fluido pompato e in base alle condizioni di lavoro, e possono essere utilizzate in ambienti a rischio di esplosione.

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bluetooth e all’applicazione dedicata, per visualizzare i dati in tempo reale su qualsiasi device Android. La miniaturizzazione del detector a ionizzazione di fiamma (FID) e del sistema volumetrico di campionamento determina un notevole risparmio energetico e consente pertanto il funzionamento dello strumento anche con batterie ricaricabili integrate. Garantisce, inoltre, la massima accuratezza e ripetibilità delle sequenze di analisi. Lo strumento è stato progettato per resistere a campioni ad elevata temperatura ed umidità, tipica condizione dei fumi in emissione a camino. Il gruppo detector, il sistema di campionamento e l’intero complesso valvole sono integrati in un unico blocco e riscaldati uniformemente, in modo da eliminare tutti i possibili punti freddi ed evitare così indesiderate condensazioni locali del campione. Polaris FID SE è completo di tutto ciò che serve per l’analisi: batterie, accumulatore di idrogeno, pompa e filtro ai carboni attivi per l’aria comburente, bombolette di gas di calibrazione e di aria tecnica per uno zero estremamente accurato. Il raccordo intercambiabile di ingresso del campione, con filtro di sicurezza, è compatibile con le linee di campionamento presenti sul mercato. Altro punto di forza dello strumento è che gestisce in completa autonomia tutto il processo analitico. Accensione e monitoraggio fiamma, verifiche diagnostiche, cicli di


Grazie a un innovativo sensore elettrochimico sarà possibile misurare sul campo, con riscontro immediato e poco costoso, la concentrazione di perfluorottano sulfonato (PFOS), una delle molecole della famiglia dei PFAs più diffuse e inquinanti. I PFAs sono dei composti molto resistenti al degrado e conferiscono proprietà idrorepellenti e ignifughe al materiale su cui sono applicati; per tale ragione sono largamente utilizzati in processi industriali per la produzione soprattutto di tessuti. Per la loro persistenza nell’ambiente e accumulo negli organismi viventi sono considerati inquinanti emergenti e pericolosi a livello globale, e in ragione di ciò sono sotto stretta osservazione. Fondamentale, quindi, è il monitoraggio dei PFAse l’attuale tecnica per la loro determinazione è la cromatografia liquida ad alta prestazione (HPLC) accoppiata alla spettrometria di massa, che richiede però strumentazione calibrazione e altre operazioni sono svolte automaticamente dal microprocessore di controllo integrato. Inoltre, la connettività bluetooth consente la connessione wireless del pc tramite il software mc-FID e, per di più ogni misura è georeferenziata. E’ integrato nello strumento anche l’innovativo e compatto accumulatore di idrogeno, con tecnologia ad idruri metallici, che desorbe autonomamente il combustibile con flusso e pressione adeguati alla fiamma del detector. E’ estremamente sicuro e non necessita di riduttori di pressione; pratico perché permette di eseguire analisi per molte ore anche in continuo. Data la sua peculiarità, ne è consentito il trasporto in auto e in aereo senza alcuna restrizione. Può essere comodamente ricaricato in laboratorio in poche ore utilizzando una normale bombola di idrogeno dotata di riduttore, o di un generatore con uscita ad alta pressione.

Caccia ai PFAs con sensore ad hoc Misura selettiva della concentrazione

Basato su un polimero a stampo molecolare, è facile da gestire, rapido nel risultato, di elevata sensibilità e basso costo

complessa e costosa e un complicato pretrattamento del campione, prolungando quindi i tempi di attesa dei risultati, oltre a essere gestibile solo da personale tecnico specializzato. A baypassare questi limiti arriva un brevetto dell’Università Cà Foscari di Venezia, che consiste in un sensore elettrochimico per il rilevamento di PFOS e derivati, basato su un polimero a stampo molecolare (sensore mIP) realiz-

zato ad hoc. Lo stampo molecolare è un procedimento mediante il quale un elettrodo viene rivestito da una sorta di ‘reticolo’ polimerico che presenta delle cavità che coincidono con le molecole che si vorranno riconoscere: lo stampo intrappola quindi solo le molecole complementari. In questo caso, conoscendo l’impronta del PFOS, il sensore è in grado di riconoscerlo e misurarne selettivamente la concentrazione. Il sensore ha

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un limite di rivelabilità molto basso, di 0.038 nm, pari a circa 19 nanogrammi per litro e, quindi, permette di rilevare concentrazioni di PFOS inferiori rispetto ai 30 nanogrammi pe litro fissati dalla Regione Veneto nelle acque destinate al consumo umano. L’invenzione non sostituisce in toto le costose analisi di laboratorio finora in uso, ma permette di individuare, sul posto, i siti più inquinati dove concentrare ulteriori approfondimenti analitici. I vantaggi di tale sensore posso essere così riassunti: semplicità di misurazione, screening rapido su un numero anche molto elevato di campioni, possibilità di misurazioni in tempo reale, elevata sensibilità, basso costo, ampia disponibilità di strumentazione, possibilità di miniaturizzazione e automazione delle procedure, gestione del dispositivo e leggibilità dei risultati anche da parte di personale non specializzato. Attualmente, l’invenzione ha un TRL (Technology Readiness Level) 4, ossia si tratta di una tecnologia validata in laboratorio. Ecco che il team universitario è alla ricerca di collaborazioni aziendali per ingegnerizzare il dispositivo e sviluppare un prototipo che renda facilmente e immediatamente fruibile da display la misura effettuata dal sensore. Il risultato finale sarà un apparecchio simile al glucometro, comunemente utilizzato per misurare la glicemia.


laboratori

ECR: servizi a 360° Eco Chimica Romana

Certificata, competente, in continua formazione e con strumentazione d’avanguardia, garantisce una corretta e puntuale esecuzione delle attività Eco Chimica Romana (ECR) è specializzata in servizi e consulenze alle aziende in vari settori, tra cui la tutela ambientale. Dispone a questo scopo di un laboratorio, in grado di effettuare analisi chimiche, fisiche e microbiologiche, avvalendosi della strumentazione più moderna e di tecnici altamente qualificati. Il portafoglio clienti comprende importanti industrie italiane del comparto energetico, chimico-farmaceutico, edilizio e ambientale, inclusi Enti pubblici. LA QUALITA’ DELL'ARIA

La valutazione delle emissioni gassose in atmosfera e della qualità dell'aria sono fondamentali per il controllo dell'inquinamento atmosferico. Si tratta di misure

che richiedono una formazione tecnica specifica, oltre alla capacità di operare in condizioni ambientali e logistiche complesse. A questo riguardo, oltre alle analisi delle emissioni, ECR fornisce servizi di consulenza tecnico-legislativa per tutti gli aspetti relativi sia alla realizzazione degli impianti di trattamento che alla presentazione delle richieste di autorizzazione, affrontando anche aspetti legati alla percezione del problema da parte della popolazione; organizza inoltre corsi di formazione e aggiornamento sulla legislazione e sulle norme tecniche di settore. LA QUALITA’ DELL'ACQUA

ECR esegue campionamenti e analisi su diverse tipologie di ac-

que, come: acque potabili, reflue, acque superficiali e sotterranee, acque marine, di irrigazione e di processo; acque di depurazione, ecc. Tutte le analisi sono eseguite impiegando le metodiche ufficiali e utilizzando strumentazioni avanzate (ad es. ICP-mS, cromatografo ionico). I parametri determinati sono valutati in funzione dei limiti previsti dalle normative vigenti, anche per microinquinanti particolari (pesticidi, IPA, diossine, furani). Vengono effettuati campionamenti e piani di monitoraggio, oltre alla verifica dell'efficienza di interventi di bonifica. ECR fornisce un servizio di consulenza tecnico-normativa per la progettazione, validazione e redazione dei manuali relativi ai sistemi di monitoraggio delle acque,

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nonchè per le richieste di autorizzazione allo scarico di insediamenti produttivi. RIFIUTI E BIOMASSE

La caratterizzazione dei rifiuti è indispensabile per realizzarne la corretta gestione, sia per il riciclaggio che per lo smaltimento della parte residua. La normativa in materia è estremamente complessa e soggetta a continue modifiche, per cui sono necessarie approfondite competenze sia per la tutela dell'ambiente che per i rilevanti aspetti penali connessi. ECR offre una completa gamma di servizi relativa a: richieste di autorizzazioni, analisi e classificazione dei rifiuti secondo le metodologie ufficiali; caratterizzazione chimica e batteriologica di


fanghi, scarti industriali e scorie; gestione dei rifiuti e caratterizzazione chimico-fisica di suoli contaminati; consulenze e studi per la realizzazione di aree di stoccaggio e di discariche controllate. Nel settore della biomassa, Eco Chimica Romana esegue determinazioni di potere calorifico, cloro e metalli pesanti, in modo da scegliere al meglio le tipologie di impianti adatti per il recupero energetico o per la trasformazione biologica. Queste analisi sono eseguite con strumentazioni all'avanguardia, come spettrometri di massa, analizzatori XRF, TGA, ecc. SUOLI, TERRENI E BONIFICHE

La reale situazione di contaminazione di un suolo costituisce il punto di partenza per la bonifica ed il recupero finale. A questo scopo ECR esegue: attività di campionamento, indagine e monitoraggio, atte a definire il livello di contaminazione di suoli e siti, di sedimenti e di residui, in modo da classificarli secondo le norme vigenti; campionamento e analisi dei suoli superficiali, secondo le metodiche previste dal min. Agricoltura; attività tecniche specifiche, come stesura di relazioni e rapporti di prova, secondo quanto richiesto dai clienti; valutazioni di idoneità dei processi di bonifica di suoli e sedimenti; realizzazione di piani di monitoraggio di suoli contaminati.

AMBIENTI INDOOR E OUTDOOR

ECR dispone di una trentennale esperienza sul campo, grazie alla quale è in grado di partire dai dati di laboratorio per arrivare a formulare un "giudizio igienistico",

indispensabile per le azioni di prevenzione e adeguamento. In particolare vengono ricercati: agenti chimici aerodispersi derivanti da attività produttive (IPA, SOV, polveri, fumi, metalli pesanti, amianto, ecc.); agenti chimici ubiquitari e presenti anche in ambienti di vita

e lavoro non industriale (ozono, VOC, CO, benzene, formaldeide, amianto, ecc.); agenti fisici (radon e radiazioni ionizzanti, campi elettromagnetici, microclima, rumore, vibrazioni, ecc.); agenti biologici (batteri psicrofili e mesofili, come legionella, muffe e allergeni).

LABORATORIO “mATERIALI E PROCESSI CATALITICI”

Biogas: SOS fumi di raffinazione Il laboratorio “materiali e Processi Catalitici” della società RSE (Ricerca sul Sistema Energetico – RSE), svolge attività sperimentali finalizzate allo sviluppo di materiali e processi innovativi per l'abbattimento di inquinati gassosi presenti nei fumi di combustione e raffinazione del biogas a biometano. Le principali attività del laboratorio materiali e processi catalitici riguardano fondamentalmente: la preparazione di materiali catalitici e di sorbenti; la misura delle prestazioni di catalizzatori impiegati nel trattamento fumi; i test di adsorbimento di inquinanti su sorbenti operanti in letto fisso o in letto fluido. Oltre ad apparecchiature da banco adoperate per la preparazione dei materiali catalitici e dei sorbenti, il laboratorio è dotato dei due seguenti circuiti di prova: - circuito per la misura delle pre-

stazioni di catalizzatori strutturati, in forma di monoliti a nido d'ape o a piastre, nell'abbattimento di inquinanti atmosferici (principalmente NOx ed Hg) attraverso processo catalitico SCR-DeNOx con ammoniaca. Recentemente, il circuito è stato implementato dotandolo di un reattore per la determinazione dell'efficienza di filtri catalitici, per il contemporaneo abbattimento di NO e particolato dai

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fumi di combustione da carbone, e di un reattore per la misura di attività di film catalitici depositati su metallo, da impiegare sulla superficie di scambio termico del generatore di vapore dei cicli combinati ai fini del simultaneo abbattimento di NO e recupero di calore; - circuito per la determinazione delle prestazioni di materiali, in forma di polveri o pellets, sia nella cattura della CO2 attraverso processo di assorbimento con sorbenti solidi sia nell'abbattimento di NOx mediante processo SCR-DeNOx con ammoniaca. Entrambi i circuiti sono dotati di analizzatori per tutte le specie gassose d'interesse (NO, NH 3, SO2, N2O, CO, CO2) e sono alimentati con correnti gassose la cui composizione simula quella dei fumi di combustione, operando quindi in condizioni prossime a quelle reali di esercizio.


reti idriche

L’acqua del rubinetto 2.0 Mappatura dei rischi e tecnologie innovative

Con il primo Water Safety Plan italiano, progetto pilota di Gruppo CAP, ci sono più controlli, più prelievi, più parametri L’acqua del rubinetto è diventata 2.0. Il primo Water Safety Plan italiano è partito nel 2017 dall’area metropolitana di milano, innovazione che si sta estendendo a tutto il paese e che renderà la risorsa idrica cge sgorga dagli acquedotti ancora più controllata e sicura. Sfida epocale quella lanciata da Gruppo CAP, gestore del servizio idrico del capoluogo lombardo, che punta a trasformare la filiera dell’acqua potabile in un settore high tech, in cui un sofisticato disegno statistico prevede i possibili rischi, mentre sonde e analizzatori controllano in tempo reale i parametri di potabilità. Dati sempre disponibili sulle consolle e sui palmari degli operatori e anche su un’app a disposizione di tutti i cittadini. Il progetto ha individuato come area pilota la zona di Legnano, con tre Comuni coinvolti: Legnano, Cerro maggiore e San

Giorgio su Legnano. <<Abbiamo un sogno – racconta Alessandro Russo presidente di Gruppo CAP – quello di non comparire più tra i primi tre posti della classifica dei Paesi che consumano più acqua in bottiglia. Oggi, infatti, siamo al terzo posto dopo messico e Thailandia, segno che i cittadini non si fidano ancora abbastanza dell’acqua del rubinetto. E per farlo diventare realtà abbiamo scelto di fare una vera e propria rivoluzione dell’acqua potabile facendola entrare da subito nel futuro, ossia un avanzato sistema di controlli che unisce tecnologie, analisi predittive e grandi competenze scientifiche, come quelle dell’Istituto Superiore di Sanità, che collabora con noi. In questi anni di lavoro insieme abbiamo posto le basi di un progetto che può diventare modello per l’intera filiera idropotabile italia-

na>>. <<Come Istituto Superiore di Sanità, insieme al ministero della Salute, crediamo molto in questo strumento che può consentire di prevenire molte emergenze – commenta Luca Lucentini, dell’ISS – e quella di Gruppo CAP è una realtà eccellente, che ha lavorato in progressione da anni, e che con il Water Safety Plan garantisce ai cittadini una reale fiducia nella qualità dell’acqua>>. ma cos’è il Water Safety Plan? Introdotto dalla normativa europea, il WSP consente di decidere insieme alle autorità sanitarie e alle altre autorità competenti, sulla base di una concreta e puntuale valutazione dei rischi, quali parametri monitorare con più frequenza, o come estendere la lista di sostanze da tenere sotto controllo in caso di preoccupazioni per la salute pubblica. Il tutto anche grazie

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al coinvolgimento attivo dei Comuni e degli stakeholder. In concreto, si tratta di ripensare interamente la natura e le tecnologie utilizzate per i controlli, estendendoli nel numero e nella tipologia e includendo anche il punto finale di erogazione dell’acqua. In particolare, la scelta di Gruppo CAP e dei tre Comuni pilota coinvolti è stata quella di partire dagli edifici scolastici: in tutto 24 punti di erogazione collocati nelle mense delle scuole. Gruppo CAP ha poi ottenuto dall’Istituto Superiore di Sanità il via libera all’estensione su tutto il territorio del progetto pilota sperimentato sul sistema acquedottistico di Legnano, Cerro maggiore e San Giorgio su Legnano. La sperimentazione è diventata un modello per garantire sempre più e sempre meglio la qualità di ciò che beviamo.


Il “sistema acqua” cresce Utilitalia

Aumentano gli investimenti, migliora la situazione della depurazione, passi avanti verso la gestione industriale ma c’è ancora divario tra Nord e Sud Crescono gli investimenti e diminuiscono le aree sotto infrazione europea per la depurazione; la gestione diventa sempre più industriale anche se il Sud rimane indietro rispetto al resto del Paese; contemporaneamente si registrano passi avanti verso una gestione unica degli ambiti territoriali, mentre la tariffa è ancora tra le più basse d’Europa. Questa la situazione dell’acqua in Italia secondo i recenti dati del Blue Book, la monografia sull’industria del servizio idrico integrato realizzata dalla Fondazione Utilitatis, centro ricerche di Utilitalia (la Federazione delle imprese di acqua energia e ambiente).

Il report, infatti, analizza il settore attraverso approfondimenti che spaziano dallo stato della governance agli aspetti tecnico-economici fino alle performance e agli investimenti, offre un punto di riferimento per capire quale sia lo stato dell’arte del servizio idrico nel nostro Paese. INVESTIMENTI

Da una prima stima relativa alla media annuale degli investimenti effettivamente realizzati è evidente un significativo impulso legato alla programmazione 2018-2019, collegato all’introduzione della regolazione della qualità tecnica

introdotta da Arera. Si tratta di un importante risultato che riguarda però solo i gestori industriali, i quali operano grazie ad affidamenti conformi alla normativa di settore. Viceversa, le analisi effettuate sugli investimenti realizzati dai Comuni ancora gestiti “in economia”, rilevano una sostanziale inerzia nella manutenzione e nello sviluppo delle infrastrutture idriche. TRASPARENZA E QUALITA’ DEL SERVIZIO

Sono sei i campi di miglioramento delle performance tecniche individuati da Arera entro i quali si

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articola la programmazione degli investimenti: perdite idriche, interruzioni di servizio, qualità dell’acqua, adeguatezza del sistema fognario, quantità dei fanghi residui della depurazione inviati in discarica e, infine, qualità dell’acqua depurata. Pur con intensità diversa, questi ambiti impattano sulla vita dei cittadini, venendo percepiti come indicatori della qualità del servizio. L’azione dell’Autorità va quindi nella direzione di un più efficace orientamento degli investimenti per il superamento delle criticità, a favore di una maggiore traspaContinua a pag. 42


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Il “sistema acqua” cresce renza per gli utenti e di una reale misurabilità del dato. Gli effetti di questa nuova disciplina evidenziano come gli investimenti siano destinati per il 20% alla riduzione delle perdite idriche e per oltre il 34% all’adeguamento del sistema di raccolta reflui e all’ottimizzazione degli impianti di depurazione. INFRAZIONI UE

Sul fronte delle infrazioni Europee, inflitte all’Italia per il mancato o non corretto adempimento della direttiva europea 91/271/CEE sulle acque reflue, bisogna segnalare una positiva evoluzione: gli agglomerati oggetto della prima infrazione si sono ridotti da 109 a 74; mentre per la seconda infrazione sono stati sanati 27 siti irregolari su 41. ATO, AFFIDAMENTI E CONSOLIDAMENTI

Se la geografia degli Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) sembra essere stabile (62 in totale), emergono segnali di movimento riguardo all’assetto gestionale, promuovendo un importante passo avanti nella riduzione della fram-

mentazione del settore. Passando al tema dell’attuazione della governance, l’attuale fotografia evidenzia 78 bacini affidati sui 91 disegnati dalle Regioni; di questi, solo 58 hanno individuato il gestore unico d’ambito. Nelle isole, solo il 35% degli abitanti ha un gestore unico, nel Nord Est il 38%, al Centro ben il 90%. Analizzando in dettaglio le cessioni di ramo d’azienda e le fusioni, si rileva che hanno interessato oltre 2,6 milioni di Italiani che, in questo modo, hanno visto cambiare il proprio gestore di riferimento, a favore di operatori di

dimensioni maggiori a controllo pubblico, già presenti nei territori vicini. Un passo avanti è stato compiuto anche nella transizione da gestioni dirette comunali a gestioni industriali: per il 40% al Nord, per il 31% al Centro e per il restante 29% al Sud. TARIFFE E MOROSITA’

Sul fronte tariffario l’Italia resta ancora uno dei Paesi con i livelli più bassi. Lo stesso metro cubo di acqua che a Roma si paga soltanto 1,69 dollari (rilevazione anno 2017), a Berlino costa 5,4 dollari,

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a Oslo 4,7 dollari, a Parigi 3,5 dollari e a Londra 2,6 dollari. In tema di morosità, argomento quanto mai attuale, il dato sui crediti rimasti non pagati a distanza di due anni (il cosiddetto ‘unpaid ratio’ a 24 mesi) disegna un’Italia divisa in tre: un’area meridionale, incluse le isole, in cui vengono raggiunti picchi del 27% e una media del 14%; il Centro, che registra un valore medio di mancato incasso del 6%, con punte di circa il 19%; infine il Nord in cui il livello massimo di criticità non supera il 6%, mentre il dato medio si attesta al 2,4%.


tecnologie 1a parte

Il decommissioning (ossia lo smantellamento e messa in sicurezza degli impianti nucleari e la gestione dei rifiuti radioattivi) costituisce l’ultima fase del ciclo di vita di un impianto nucleare. Esso comprende: mantenimento in sicurezza dell’impianto; allontanamento del combustibile nucleare esaurito; decontaminazione e smantellamento delle installazioni nucleari; gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, in attesa del loro trasferimento al deposito nazionale; caratterizzazione radiologica finale. Tutte queste attività hanno l’obiettivo di riportare il sito a “prato verde” (ossia una condizione priva di vincoli radiologici), in modo che possa essere riutilizzato dalla comunità. In questa area opera il Gruppo Sogin, una società interamente partecipata dal ministero dell’Economia e delle Finanze, che agisce in base agli indirizzi strategici del Governo italiano; il suo finanziamento è assicurato tramite una componente della tariffa elettrica. Sogin ha inoltre il compito di localizzare, progettare, realizzare e gestire il deposito nazionale, un’infrastruttura ambientale di superficie (la cui localizzazione deve essere ancora stabilita), dove sistemare in totale sicurezza tutti i rifiuti radioattivi. Sogin realizzerà inoltre il Parco Tecnologico, un centro di ricerca dove svolgere attività nel campo del decommissioning, della gestione dei rifiuti radioattivi e dello sviluppo sostenibile, in accordo col territorio interessato. Oltre alle quattro ex centrali nucleari di Trino, Caorso, Latina e Garigliano e all’impianto FN di Bosco marengo, Sogin gestisce il decommissioning degli ex impianti di ricerca Enea per il riciclo del combustibile Eurex di Saluggia, Opec e Ipu di Casaccia e Itrec di Rotondella.

Il decommissioning nucleare Mappatura dei rischi e tecnologie innovative

Smantellamento e messa in sicurezza delle centrali e gestione dei rifiuti radioattivi di separare le materie riutilizzabili dai rifiuti finali e di condizionare questi ultimi in una forma chimico-fisica che ne garantisce il trasporto e la conservazione in sicurezza nel lungo periodo). La quasi totalità del combustibile esaurito è stato inviato all’estero per il suo riprocessamento; non esiste infatti in Italia alcun impianto in grado di svolgere attività di questo tipo. LA GESTIONE SOGIN DEI RIFIUTI RADIOATTIVI

Centrale nucleare del Garigliano dopo lo smantellamento del camino Allontanamento dei fusti a più alta attività dal Cemerad di Statte (TA)

LA GESTIONE DEL COMBUSTIBILE ESAURITO

Sogin gestisce in sicurezza i rifiuti radioattivi prodotti dalle pregresse attività degli impianti nucleari e dai lavori per il loro decommissioning. In ogni impianto i rifiuti sono trattati, condizionati e stoccati in depositi temporanei realizzati sul sito di origine, in vista dal loro trasferimento al futuro deposito nazionale; al termine delle operazioni di decommissioning, i depositi temporanei saranno smantellati. Inoltre, Sogin raccoglie e gestisce anche i rifiuti radioattivi prodotti quotidianamente dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca scientifica. IL DEPOSITO NAZIONALE

Il Deposito sarà una struttura con barriere ingegneristiche e naturali, progettata in base alle migliori esperienze internazionali e secondo i più recenti standard AIEA, che consentirà la sistemazione de-

Prima di avviare le operazioni più complesse del decommissioning, è necessario rimuovere dall’impianto il combustibile esaurito, che deve essere stoccato in sicurezza e trasferito per il riprocessamento (il processo che consente

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Il decommissioning nucleare finitiva di circa 75.000 mc di rifiuti di bassa e media attività e lo stoccaggio temporaneo di circa 15.000 mc di rifiuti a media e alta attività. In questi quantitativi rientrano sia i rifiuti derivanti dall’esercizio e smantellamento degli impianti nucleari (circa il 60% del totale), sia di quelli prodotti dall’industria e dalle attività mediche (40%). Il trasferimento dei rifiuti radioattivi in un’unica struttura assicurerà la loro gestione efficiente e razionale, e consentirà di terminare il decommissioning nel rispetto delle direttive europee, allineando l’Italia ai Paesi che da tempo han-

La prima barriera del Deposito Nazionale, il manufatto

no in esercizio sul loro territorio depositi analoghi. Quanto alla localizzazione, il D.Lgs 31/2010 ha introdotto in Italia un processo partecipativo per decidere la futura ubicazione del dDeposito Nazionale e del Parco Tecnologico, che si fonderà su tre principi fondamentali: informazione, trasparenza, coinvolgimento. Sulla base di questi principi, Sogin svilupperà attività volte a dare voce e ascolto ai bisogni e alle proposte delle comunità locali e a stimolare le manifestazioni di interesse delle Istituzioni dei territori individuati dalla Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI) a ospitare il Deposito Nazionale e Parco Tecnologico. E’ comunque facile prevedere che l’iter di localizzazione (attual-

Depositi temporanei per rifiuti radioattivi

mente ancora da iniziare) non sarà né facile né breve. Una volta stabilito il dove, fondamentale sarà la realizzazione delle barriere ingegneristiche di protezione, che dovranno essere costruite con materiali speciali garantiti per confinare la radioattività dei rifiuti per il tempo necessario al suo decadimento. Esse sono così composte: prima barriera, ossia i rifiuti radioattivi vengono condizionati con matrice cementizia e inseriti in contenitori metallici (manufatti), per il loro trasferimento al deposito nazionale; seconda barriera, ossia i manufatti vengono inseriti e cementati in moduli di calcestruzzo speciale (3x2x1,7 m), progettati per resistere 350 anni; terza barriera, ossia i moduli in calcestruzzo vengono inseriti in celle di cemento armato (27x15,5x10 m), progettate per resistere 350 anni. Una volta riempite, le celle vengono sigillate e ricoperte con più strati di materiale per prevenire le infiltrazioni d’acqua. Inoltre, attraverso un sistema di drenaggio

sotto ciascuna cella vengono assicurate la raccolta e il controllo di eventuali infiltrazioni o possibili condense durante tutte le fasi di vita del deposito. LE ATTIVITA’ DI NUCLECO

mentre Sogin si occupa delle ex centrali e dei siti di ricerca nucleare, per le attività connesse alla gestione dei servizi radiologici, dei rifiuti radioattivi di origine industriale e delle attività di decontaminazione e bonifica di impianti nucleari e siti industriali opera la società Nucleco (controllata da Sogin). Nucleco offre un servizio completo, che parte dalla progettazione e sviluppo dei lavori di decontaminazione e smantellamento fino alla loro attuazione e alle attività di caratterizzazione finale del sito, che dovrà essere privo di vincoli di natura radiologica. I servizi offerti dalla società comprendono una serie di attività tra cui la caratterizzazione radiologica e chimica, nel cui ambito effettua ad esempio analisi con

Interno del deposito temporaneo di rifiuti radioattivi

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tecniche distruttive o non distruttive (trattamento dei campioni, spettrometria alfa, beta e gamma, analisi chimica), e con sistemi gamma e neutronici combinati per rilievi on site e off site (NIWAS, Nucleco Integrated Wasted Assay System). Per quanto riguarda, invece, il trattamento e condizionamento dei rifiuti radioattivi, a prescindere dalla loro provenienza, Nucleco fornisce servizi di: raccolta, imballaggio e trasporto; campionamento e analisi in laboratori radiochimici di radionuclidi di difficile individuazione; riduzione di volume (attraverso supercompattazione), di rifiuti solidi di bassa e media attività; condizionamento in manufatti qualificati; trattamento di rifiuti liquidi attraverso processi di tipo biologico, chimico e fisico; stoccaggio temporaneo dei rifiuti radioattivi in depositi autorizzati; rilascio incondizionato dei materiali allontanabili. L’azienda ha a disposizione unità mobili per il trattamento e condizionamento e per la caratterizzazione radiologica e chimica. Inoltre, dispone di un moderno laboratorio per la qualifica dei metodi di cementazione utilizzati nei diversi processi di condizionamento. Infine, è in grado di trattare rifiuti pericolosi, quali amianto, contaminati da sostanze radioattive. Tra i vari esempi di attività svolte, recentissimi, nell’ambito del progetto di disattivazione del reattore di ricerca RTS-1 “Galileo Galilei” del ministero della Difesa – CISAm (Centro Interforze Studi Applicazioni militari) a S. Piero a Grado (Pisa), sono i lavori di smantellamento del circuito primario, dei circuiti degli effluenti e dei drenaggi attivi e dell’impianto di purificazione dell’acqua di piscina. Continuativa, invece, è la gestione dei rifiuti radioattivi prodotti dai vari laboratori del Centro Enea di Casaccia (Roma) e dai due reattori di ricerca ubicati nel Centro stesso. In tale contesto, Nucleco svolge attività di raccolta di rifiuti radioattivi solidi e liquidi, caratterizzazione radiologica, trattamento, condizionamento e stoccaggio temporaneo, oltre a effettuare analisi di laboratorio, chimiche e radiochimiche. Sicuramente molto impegnativo il decommissioning della centrale nucleare di Latina. A metà degli


anni ’80, Nucleco ha eseguito la campagna pilota di estrazione dei rifiuti dalle “fosse splitter”; nel 2000 ha poi effettuato la campagna di supercompattazione di oltre 1.600 fusti di rifiuti tecnologici. Dal 2015 cura la progettazione esecutiva di un impianto per l’estrazione, la cernita e la caratterizzazione radiologica dei residui magnox, oltre alla progettazione e esecuzione di attività per il trattamento della lana di roccia proveniente dalla decoibentazione del circuito primario, la caratterizzazione radiologica dei rifiuti radioattivi prodotti dall’esercizio della centrale, e la progettazione e l’esecuzione di una campagna per il recupero dei filtri KCFC. Da evidenziare che, nello svolgimento di ogni sua attività, Nucleco adotta il principio ALARA (As Low As Reasonably Achievable), affinchè in ogni intervento l’esposizione radiologica sia ridotta al minimo, anche grazie all’esperienza consolidata nella progettazione e realizzazione di schermature e sistemi ad operatività remota.

gli interventi Nucleco in campo industriale Nucleco offre soluzioni efficaci e ambientalmente sicure per la gestione di materiali contenenti radionuclidi naturali provenienti dal settore petrolchimico, chimico e minerario-estrattivo; possiede inoltre competenze e tecnologie per svolgere servizi di bonifica e decontaminazione presso impianti industriali, cantieri navali ed edili, ospedali e acciaierie. Tra le attività svolte in que-

sto campo ad esempio: - presso la Tioxide Europe di Scarlino (Grosseto), applicando innovative tecniche di caratterizzazione radiologica, ha determinato lo stato radiologico di alcuni serbatoi metallici, il livello di contaminazione e il tipo di radionuclide naturale presente. Ha poi effettuato la loro decontaminazione rimuovendo il rivestimento di ebanite che risultava

contaminato - presso il sito Agip di Caviaga (Lodi), ha svolto uno studio sulle tecniche di decontaminazione, sulle misure preventive e correttive e sulla formazione del personale, per prevenire la deposizione di isotopi radioattivi naturali sulle attrezzature di perforazione. In particolare, lo studio è stato effettuato sui tubi di perforazione contaminati da depositi di sali di radio 226 e altri isotopi della famiglia uranio-radio. L’analisi ha dimostrato la fattibilità tecnologica di decontaminare i tubi attraverso l’utilizzo di un circuito chiuso ad acqua ad alta pressione.

IL PERCORSO DEL RIFIUTO RADIOATTIVO

La gestione Nucleco dei rifiuti radioattivi segue diverse fasi, a cominciare da quella di raccolta. Il detentore del rifiuto radioattivo contatta l’infrastruttura Nucleco più vicina, illustrando le caratteristiche del rifiuto. Nucleco fornisce il servizio di confezionamento e trasporto presso le sue strutture, dove i rifiuti sono sottoposti ad una serie di controlli e verifiche. Una di queste è la caratterizzazione radiologica, un complesso di operazioni che ha lo scopo di determinare quali siano i radionuclidi presenti e quali le relative attività, in modo da poter classificare il rifiuto e stabilire le corrette modalità di trattamento, condizionamento e smaltimento finale. Questa fase richiede tecniche altamente sofisticate, come spettrometria gamma SGS (Segmented Gamma Canner), sistemi di investigazione neutronica, tomografia gamma a scansione, sistemi di spettrometria X alfa e gamma, strumenti per scintillazione liquida (per la determinazione di radionuclidi con emissioni alfa e beta), sistemi di analisi per assorbimento atomico e ICP-mS. La caratterizzazione radiologica

La copertura multistrato del Deposito Nazionale

Lavori di bonifica nell'mpianto di Saluggia (VC)

consente di dividere i rifiuti in 3 diversi gruppi: - rifiuti con tempo di dimezzamento inferiore a 75 giorni, e si tratta in genere di rifiuti derivanti da attività biomediche. Il basso tempo di dimezzamento consente di attendere che la radioattività si

riduca per via naturale, per cui questi rifiuti vengono stoccati in aree idonee fino a quando non hanno raggiunto livelli di sicurezza. Solo allora vengono smaltiti come i normali rifiuti industriali, servendosi di operatori autorizzati - rifiuti liquidi, che vengono trat-

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tati in un apposito impianto situato presso il Centro Enea di Casaccia. mediante una combinazione di trattamenti chimici, fisici e biologici, gli inquinanti radioattivi vengono concentrati in fanghi; questi vengono ispessiti per ridurne il volume e, successivamente, sottoposti a condizionamento in matrice cementizia entro contenitori cilindrici omologati. La corrente liquida risulta priva di radioattività, e dopo i controlli per la verifica dei limiti di legge viene scaricata in corsi d’acqua superficiali - rifiuti solidi, che compredono le sorgenti radioattive usate nell’industria. Questi rifiuti vengono trattati in uno speciale impianto, che li sottopone ad un processo di compattazione in una pressa ad elevata potenza. Il risultato di tale trattamento sono dei “pellets” , che vengono introdotti in contenitori metallici e cementati mediante l’introduzione di una speciale malta cementizia.


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ECOTECH

a cura di ASSITA

Impianto a biofilm per produrre butanolo

tori, apporta un aumento della concentrazione cellulare all’interno dei reattori (rispetto ai reattori classici), un incremento della produttività specifica di butanolo, e la possibilità di utilizzare scarti dell’industria agro-alimentare come materia prima della fermentazione.

Idrogeno e metano dai reflui dei frantoi

Produzione di syngas da emissioni inquinanti

Un team composto da ricercatori dell’Università Federico II di Napoli e del CNR hanno messo a punto un sistema di reattori a biofilm collegati in serie per la produzione di butanolo per via fermentativa. Si tratta, nello specifico, di una fermentazione ABE (Acetone Butanolo Etanolo) effettuata in un sistema multi-stadio e in cui i prodotti sono ottenuti per conversione degli zuccheri alimentati all’impianto. In tale impianto è possibile realizzare alte concentrazioni di butanolo migliorando la produttività specifica o aumentare la conversione dello zucchero alimentato, aumentando in ogni caso l’efficienza economica del processo. Allo scopo sono stati utilizzati batteri anaerobici della classe Clostridia, immobilizzati su supporti solidi granulari e/o strutturati nei reattori a biofilm in serie tra loro (preferibilmente tra 2 e 10). Tali reattori sono gestiti e controllati in maniera tale da avere la separazione netta delle due fasi di fermentazione per effetto del controllo del pH in ciascun reattore della serie: acidogenesi nei primi 1-2 reattori e solventogenesi nei restanti reattori. L’innovazione, brevettata, che riguarda sia il processo sia i bioreat-

Il processo Acid Gas To Syngas (AG2S) è un innovativo metodo per la produzione di syngas a partire da anidride carbonica e acido solfidrico. Il cuore della tecnologia è un Reattore Termico Rigenerativo (RTR) che favorisce la reazione di ossido-riduzione tra CO2 e H2S. La tecnologia AG2S, messa a punto dal Politecnico di Milano (ad oggi allo stadio di impianto pilota), sfrutta infatti l’acido solfidrico, altamente nocivo, e l’anidride carbonica, principale responsabile del riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici, come reagenti per la produzione di gas di sintesi (una miscela di H 2 e CO), prima fonte mondiale di generazione di idrogeno, nonché miscela di base per le principali sintesi industriali organiche. La reazione complessiva di produzione di syngas è globalmente endotermica e la sua sostenibilità energetica è garantita dal design del reattore RTR che prevede l’iniezione di una minima quantità di ossigeno o aria. L’invenzione riguarda non solo il processo di conversione, ma anche l’unità

produttiva RTR per la generazione di syngas e/o di sequestro di CO2 e/o H2S. I vantaggi che derivano da tale tecnologia sono molteplici: rimozione completa di H2S; abbattimento di CO2; produzione di syngas da due residui (CO2 e H2S); riduzione dell’impatto ambientale; aumento delle prestazioni e dei profitti delle unità di recupero zolfo, dei gassificatori di carbone/biomasse e dei processi che producono e utilizzano syngas; riduzione del consumo energetico; produzione di idrogeno; produzione di commodity chimiche con CO2 come feedstock. Tale processo può essere applicato, ma non limitato, ai seguenti ambiti: produzione di syngas con rapporto H2/CO relativamente elevato e, quindi, adatto per alimentare la produzione di composti chimici come ammoniaca, metanolo, gas-to-liquid, coal-to-liquid, carbone/ gassificazione biomasse, power generation, ecc.; sequestro di CO2 e/o H2S a elevate rese di conversione (per impianti di gas naturale, raffinerie, pozzi, desolforazioni, gassificatori).

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L’Enea ha brevettato un processo pulito e sostenibile che consente di ottenere dai reflui dei processi di molitura delle olive una miscela di gas ricca di idrogeno e metano, da sfruttare come combustibile per produrre energia elettrica o calore. Il processo è stato provato su scala di laboratorio e l’analisi tecnico-economica (business plan) realizzata in collaborazione con l'Università di Tor Vergata ha evidenziato l'applicabilità in aziende di piccolamedia taglia (frantoi con capacità di molitura di 2-3 ton/h), con un roi di circa 3-5 anni per un investimento di circa 100-150 mila euro. <<Di fatto, la realizzazione dell'impianto verrebbe ripagata dai costi evitati per lo smaltimento delle acque di vegetazione mediante spargimento sui terreni agricoli - - spiega Silvano Tosti, autore del brevetto - che si aggirano fra i 5 e 15 euro/ton>>. I costi possono essere ulteriormente ridotti utilizzando le sanse, i gas prodotti e i recuperi termici delle apparecchiature, per produrre l’energia necessaria al processo. <<Inoltre - aggiunge Tosti utilizzando un reattore a membrana è possibile separare direttamente idrogeno ultra puro e ottenere rese molto elevate. Prove di laboratorio hanno permesso di produrre circa 18 mc di idrogeno da 1 mc di acqua di vegetazion>>. Il processo brevettato da Enea si basa su un apposito pretrattamento che consente di filtrare le acque di vegetazione e ottenere un concentrato di sostanza organica che viene poi inviato ad un apposito ‘reattore’ dove, attraverso reazioni di reforming, viene prodotta una miscela ricca di idrogeno, metano, anidride carbonica, monossido di carbonio (CO) e altri gas che può essere valorizzata a fini energetici con costi di gestione molto ridotti. Ai vantaggi economici si aggiunge il beneficio ambientale di smaltire in sicurezza reflui che in caso di sversamento non controllato o autorizzato possono determinare l’inquinamento di corsi d'acqua, falde, depuratori.


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LE AZIENDE CITATE Adicomp Srl Tel 0444.573979 E-mail info@adicomp.com

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Sogin Spa Tel 06.830401 E-mail info@sogin.it

Carbon Trust Tel 02.071707050 E-mail press@carbontrust.com

Fluimac Srl Tel 0331.866688 E-mail info@fluimac.com

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Naldi Ecologia Srl Tel 0542.640138 E-mail info@naldiecologia.it

Università Cà Foscari Venezia Tel 041.2348146 E-mail pink@unive.it

Depur Padana Acque Srl Tel 0425.472211 E-mail info@depurpadana.it

Gruppo Caviro Tel 0546.629111 E-mail caviro@caviro.it

Nucleco Spa Tel 06.303451 E-mail nucleco@nucleco.it

Università Federico II Tel 081.2531111 E-mail ufftrasftecnologico@unina.it

EBS Tel 06.97790300 E-mail info@ebs.it

Hyperthermics As Tel +47.996.39496 E-mail erlend@hyperthermics.com

Nuovo Srl Tel 339.3255861 E-mail info@nuovosrl.it

UWM University Tel +48.89.5234124 E-mail marcin.zielinski@uwm.edu.pl

Eco Chimica Romana Srl Tel 06.61905018 E-mail info@ecochimicaromana.it

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Pollution Srl Tel 051.6931840 E-mail pollution@pollution.it

Ventury Gmbh Tel +49.351.31776278 E-mail info@ventury.org

Politecnico di Milano Tel 02.23999235 E-mail silvia.bianco@polimi.it

VinylPlus Tel +32.2.3295105 E-mail sylvie.famelart@vinylplus.eu

RSE Spa Tel 02.39926400 E-mail maurizio.notaro@rse-web.it

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