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AMBIENTE
MENSILE - TECNOLOGIE AMBIENTALI PER L’INDUSTRIA E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE -
ANNO XXVIII SETTEMBRE 2017
IN SPERIMENTAZIONE A REGGIO EMILIA
Il riuso irriguo dei reflui IL PROGETTO ORION
L’innovativa digestione anaerobica a pagina 56
a pagina 36
L’ECOSOSTENIBILITA’ NELLA LAVORAZIONE DELLA PELLE
a pagina 9
N6
SOMMARIO BIOMASSE & BIOGAS
PANORAMA
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Cinquanta Tour Eiffel d’acciaio
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“Utili all’Italia” E’ online il primo censimento delle best practices nei servizi pubblici, consultabile gratuitamente e costantemente aggiornato
L’innovativa digestione anaerobica
Il biometano di Air Liquide
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Le migliori tecnologie disponibili inerenti il trattamento e la gestione di rifiuti, acque reflue ed emissioni gassose
SOS acque di scarico
ENERGIA
Lo stoccaggio promettente dell’energia 14
Approcci per limitare i consumi, tecnologie di depurazione dei reflui, riciclo e recupero dell’idrico
La pompa peristaltica Rotho
MACCHINE & STRUMENTAZIONE
Pompe a lobi per percolato denso
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Dal riutilizzo diretto di certi scarti al reimpiego dopo trasformazione in prodotti secondari o come componenti per ulteriori lavorazioni
Le emissioni in atmosfera
LABORATORI
Whey-grain: da latte a biopolimeri 25
Le nuove dasatrici Qdos
ALS-Leochimica: sempre più grandi
Precisione ad alta portata, installazione semplice, manutenzione rapida e bassi costi di mantenimento
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Messo a punto il sistema Abatox che non utilizza biocidi ma rende i polimeri batteriostatici in modo naturale
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Trasformazione del siero in PHA e quindi in prodotti di interesse per nuove nicchie di mercato
Le ricerche “biomimetiche”
Innovativi metodi di trattamento delle pelli, ognuno dei quali ha prodotto una “ricetta” sperimentata con successo
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In Alto Adige due volumetriche VX hanno risolto i problemi di trasferimento di questo liquido viscoso su un dislivello di 50 m e per una lunghezza di 4 km
E’ la fase di finissaggio a secco quella più inquinante, ed è l’idrogeno solforato il gas più pericoloso
Ecotecnologie in conceria
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I sistemi di accumulo energetico hanno un ruolo strategico nello sviluppo della green economy a livello mondiale
Tra i tanti i vantaggi: ideale per chemicals aggressivi o reflui carichi, reversibilità del flusso senza variazione di portata
Che fare di rifiuti e fanghi?
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Un processo di purificazione del biogas, affidabile ed efficiente, basato sull'uso di membrane in polimero brevettate
FOCUS Le B.A.T. in conceria
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Un sistema decentrato compatto, affidabile, facile da gestire e con elevati rendimenti di conversione in energia
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Qualità significa innanzitutto accuratezza dei dati ma anche attenzione ai tempi di consegna
RETI IDRICHE
L’uso efficiente dell’acqua MARKET DIRECTORY
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ENTERPRISE EUROPE NETWORK
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L’analisi e l’elaborazione di proposte di ottimizzazione dei consumi idrici di un’azienda ad opera di società esterne indipendenti
ECOTECH
GLI INDIRIZZI DELLE AZIENDE CITATE SONO A PAG. 66 Hi-Tech Ambiente
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panorama IMbALLAggI rICICLAtI
Cinquanta Tour Eiffel d’acciaio L’acciaio è il materiale più riciclato al mondo e anche nel comparto degli imballaggi spetta a lui il primato. In Italia nel corso del 2016 è stato avviato a riciclo il 77,5% degli imballaggi di acciaio immessi al consumo per un totale di 360.294 tonnellate, sufficienti per realizzare cinquanta copie della tour Eiffel, con un grande beneficio in termini energetici, economici e ambientali. Secondo i dati del consorzio ricrea, nel 2016 nel nostro Paese si è registrata un’ulteriore crescita sia della quantità di imballaggi raccolti (437.999 tonnellate, +6,8% rispetto all’anno precedente) sia della quantità avviata al riciclo (+3,6%). Per quanto riguarda la copertura territoriale, nell’ultimo anno è cresciuta del +21,7% la quantità di im-
CALA L’ECO-CONTRIBUTO PER VETRO E ACCIAIO A partire dal 1° gennaio 2018 saranno operative ben due riduzioni del Contributo Ambientale per i rifiuti di imballaggio, e precisamente per gli imballaggi in acciaio, che dagli attuali 13,00 euro/ton passerà a 8,00 euro/ton, e per gli imballaggi in vetro, che dagli attuali 16,30 euro/ton si ri-
ballaggi in acciaio raccolti nei Comuni gestiti con Convenzioni sulla base dell’Accordo Anci-Conai. Nel Nord Italia si ottiene il 60% delle 155.690 tonnellate di imballaggi in acciaio raccolte, nel Centro il 16% e nel Sud il 24%. La raccolta procapite nel 2016 è stata di 3,16 kg/abitante/anno. grazie ai quantitativi di acciaio recuperato si è ottenuto un risparmio diretto di 684.555 tonnellate di minerali di ferro e di 216.174 tonnellate di carbone, oltre che di 644.922 tonnellate di CO2. durrà a 13,30 euro/ton. Si tratta di un segnale dell’impegno del sistema consortile ad ottimizzare le risorse ed a contenere i costi per le imprese consorziate, produttrici e utilizzatrici di imballaggi, garantendo il ritiro dei rifiuti urbani di imballaggio sull’intero territorio nazionale ed il riconoscimento ai Comuni dei corrispettivi previsti dal vigente Accordo Quadro Anci-Conai.
CARTA: LA RACCOLTA SALE ANCORA La media nazionale di raccolta pro capite supera i 53 kg/ab e con oltre 3,2 mln di ton raccolte dai Comuni, la raccolta differenziata di carta e cartone in Italia, dopo anni di stallo, registra un significativo incremento superiore al 3% ed erode più di 100.000 ton di rifiuti cellulosici alle discariche. E’ questo lo scenario tracciato da Comieco, che mostra come siano le regioni del Sud a spingere la Hi-Tech Ambiente
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ripresa, con un +8,6% (un tasso di crescita doppio rispetto a quanto ottenuto nel 2015), superano i 32 kg/ab. Ma riprende la sua corsa, dopo lo stop dello scorso anno, anche il Nord che, con un pro capite annuo di 63,3 kg/ab, segna un +1,5%. Fa ancor di più il Centro con 65,6 kg/ab e un +3%, grazie soprattutto alle performance prodotte nel Lazio. Ad oggi visti i risultati raggiunti, la vera sfida è migliorare la qualità della raccolta che nel 2016 ha registrato una percentuale di impurità superiore al 3%.
ACCOrdO ENI-CONOE
Da oli esausti a biocarburanti Eni e Conoe, il Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali ed animali esausti, hanno di recente firmato un accordo per favorire e incrementare la raccolta degli oli vegetali che alimenteranno la bioraffineria Eni di Venezia e, dal 2018, quella di gela. Con questa intesa, il Conoe s'impegna a invitare tutte le aziende di rigenerazione aderenti al Consorzio a fornire a Eni l'olio esausto raccolto per immetterlo negli impianti della bioraffineria, che produce green diesel, green nafta, green gPL e potenzialmente anche green jet fuel. La capacità Eni di lavorazione di oli vegetali, con l'entrata in funzione della bioraffineria siciliana, sarà di circa un milione di tonnella-
te l'anno. , pertanto Eni sarà in grado di assicurare alle aziende aderenti al Conoe l'acquisto degli oli esausti prodotti e disponibili sul mercato nazionale, circa 65mila tonnellate nel 2016, ovvero il 23% del potenziale raccoglibile che ammonta a 280mila tonnellate. Il Consorzio stima che questo comporterà un risparmio potenziale di 3.130 kg di CO2 equivalente per tonnellata di biodiesel prodotto e consumato come combustibile, mentre i metri cubi di acqua risparmiata sono pari a 1,9 per tonnellata di biodiesel prodotto con oli esausti. A tal fine l'accordo prevede anche azioni congiunte Conoe - Eni per favorire la raccolta di volumi incrementali di oli esausti prodotti dall'utenza domestica, oggi quasi interamente dispersi, anche tramite accordi con le Pubbliche Amministrazioni locali e le aziende pubbliche di raccolta rifiuti.
@AMBIENTE ON-LINE@AMBIENTE ON-LINE@
Corradi&Ghisolfi: sito rinnovato diretto alle 4 principali divisioni. Il cliente interessato è così coinvolto in una navigazione facilitata dalla divisione per aree tematiche, riferite alle principali attività aziendali, ha reso più fruibili i contenuti che si riferiscono ai settori: impianti biogas-biometa-
Corradi&ghisolfi continua il suo percorso di rinnovamento dell'immagine aziendale, compresa quella sul web. All'indirizzo www.corradighisolfi.it è infatti di recente online una nuova vetrina ricca di contenuti importanti sulle attività e sui servizi offer-
ti. Il nuovo sito internet è una piattaforma interattiva con più informazioni e più tecnologia. La scelta del doppio menù ha consentito di suddividere le info corporate, prettamente aziendali, da quelle legate alle attività, e questo ha permesso un accesso
no, ecologia, coperture ed edilizia. L'utente può trovare in pochissimo tempo tutte le informazioni a lui necessarie per orientarsi nell'universo dei servizi e dell'impiantistica. Ampio spazio è dedicato ai video, tant’è che da ogni divisione
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è possibile collegarsi al relativo film, e questo per rispondere alla sempre più crescente domanda di accedere con immediatezza ai contenuti, da ovunque ci si trovi e con qualsiasi device. Nella sezione azienda si fa cenno alle origini dell'attività che coincidono con la storia della famiglia Corradi, un elemento importante per trasmettere l'alta competenza e la professionalità acquisite nel tempo, comprovate dalle certificazioni, anche queste consultabili online. Il sito è sviluppato con design responsive, ovvero si adatta automaticamente al dispositivo che lo visualizza, rimanendo graficamente sempre chiaro e facile da navigare. Il risultato è quello di un sito dinamico, facile da consultare con un design contemporaneo in linea con la nuova immagine coordinata di Corradi&ghisolfi.
www.corradighisolfi.it
dIFFErENzIArE CON StILE
La recycling bag di Nespresso Per agevolare con stile la raccolta delle proprie capsule esauste di caffè, Nespresso ha ideato le recycling bag, di recente proposte in una nuova versione più funzionale e più pratica. La recycling bag, infatti, consegnata al cliente al momento dell’acquisto nei punti vendita Nespresso di tutta Italia, rappresentano un incentivo per chi vuole partecipare al programma di seconda vita del caffè e dell’alluminio Ecolaboration, un progetto gestito da CiAl e volto alla raccolta e recupero delle capsule da caffè, realizzate interamente in alluminio, attraverso la definizione di un modello lineare suddiviso in tre fasi: raccolta presso uno degli oltre 91 postazioni abilitate (45 boutique + 46 isole ecolo-
successivamente donato al banco Alimentare Lombardia che a sua volta lo distribuisce a persone in difficoltà sul territorio attraverso gli enti caritativi convenzionati.
giche) disponibili in 55 città italiane, dove i clienti possono conferire le capsule usate raccolte nella recycling bag (dalla capacità di 200 capsule); conferimento delle capsule raccolte ad un impianto di lavorazione dotato dell’opportuna tecnologia per il trattamento e la separazione delle due frazioni (alluminio e caffè); avvio a riciclo dell’alluminio in fonderia e della polvere di caffè presso un impianto di compostaggio, dove si trasforma in un fertilizzante 100% biologico che Nespresso utilizza nella risaia Cusaro, in provincia di Pavia. Il riso prodotto viene riacquistato da Nespresso e
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AL VIA I DISTRETTI IDROGRAFICI A maggio scorso si è tenuta la prima riunione delle Conferenze Istituzionali Permanenti (CIP) dei cinque nuovi distretti idrografici: Alpi Orientali, Fiume Po, Appennino Settentrionale, Centrale e Meridionale. Con l’adozione dello Statuto delle Autorità sono diventate operative le nuove Autorità di distretto, istituite con il Collegato Ambientale. Obiettivo è l’avvio di una nuova era di pianificazione in materia di difesa del suolo e gestione delle risorse idriche, e le CIP sono il luogo in cui Stato e regioni devono collaborano per adottare le soluzioni migliori per il territorio.
ACQUA, AMbIENtE, ENErgIA
OLI USATI: DA COOU A CONOU
“Utili all’Italia” E’ online il primo censimento delle best practices nei servizi pubblici, consultabile gratuitamente e costantemente aggiornato “Utili all’Italia” è la banca dati che contiene i risultati del primo censimento delle migliori pratiche nei servizi pubblici realizzato da Utilitalia, la federazione che riunisce 500 imprese italiane dei servizi idrici, energetici e ambientali. Sono 274 i progetti raccolti dalle 134 aziende partecipanti al censimento. Un database gratuito, consultabile on-line sul sito Utilitalia e aggiornato costantemente; destinato a diventare un punto di riferimento per le amministrazioni locali, per la politica e per gli esperti di acqua, energia e rifiuti chiamati a fare scelte e progetti per lo sviluppo del territorio. “Utili all’Italia” non è quindi una classifica, ma una mappa delle migliori pratiche realizzate negli ultimi 3 anni e potenzialmente replicabili altrove. All’interno del
censimento la parte dedicata alla responsabilità ambientale conta importanti progetti. tra questi: un impianto di depurazione che restituisce all’ambiente 150 mln di mc di acqua per riuso irriguo. dalle buone pratiche relative all’innovazione tecnologica emerge l’impegno delle aziende sul tema della digitalizzazione e del miglioramento dei servizi ai cittadini: sistemi di geolocalizzazione degli interventi, telecontrollo delle reti, gestione delle risorse e reportistica avanzata, tecnologie satellitari per la ricerca di perdite idriche dalle condotte, mappatura delle reti sotterranee, fino all’utilizzo delle fognature per il passaggio della fibra ottica, sistemi di tracciabilità dei rifiuti, interramento dei cassonetti e valorizzazione dei fanghi di depurazione. Per
quanto riguarda i processi di sviluppo aziendale, emergono buone pratiche legate alla riduzione dei rifiuti, raccolta differenziata spinta, valorizzazione dei materiali di scarto e trasformazione dei depuratori o degli impianti di trattamento rifiuti in centri di produzione di biocarburanti. Anche l’efficienza energetica porta con sè esempi importanti. dal censimento emergono numerosi investimenti per il ciclo idrico e per gli impianti di trattamento dei rifiuti, la generazione di energia da fotovoltaico o lo sfruttamento di mini-salti idrici per produrre l’idroelettrico; e ancora, l’inserimento di turbine negli acquedotti, il teleriscaldamento e progetti per favorire la mobilità sostenibile elettrica e da biocarburanti.
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A partire da giugno scorso, il Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati (COOU) è diventato CONOU, Consorzio nazionale per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati, ai sensi dell’art. 1 dello Statuto, così come previsto dal testo Unico Ambiente (d.Lgs 152/ 2006). Questo cambio di denominazione sta a sottolineare ancora di più il ruolo del Consorzio, dedicato alla raccolta differenziata di un rifiuto pericoloso. Imprese di raccolta ed aziende della rigenerazione sono ora maggiormente rappresentati non solo nel nome ma anche all’interno del CdA. dopo 33 anni di attività, il Consorzio diventa espressione di una filiera ancora più forte.
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FOCUS
L’ECOSOSTENIBILITA’ NELLA LAVORAZIONE DELLA PELLE
FOCUS
Le B.A.T. in conceria Documento Europeo 2013/84/UE
Le migliori tecnologie disponibili inerenti il trattamento e la gestione di rifiuti, acque reflue ed emissioni gassose
L’UE ha individuato, con la decisione di Esecuzione 2013/84/UE (notificata con il documento C(2013)618), le conclusioni sulle migliori tecnologie disponibili (b.A.t.) relative ai sistemi di trattamento e gestione di rifiuti, acque reflue ed emissioni gassose nell’industria conciaria. Come per gli altri documenti sulle bAt, le conclusioni della decisione 2013/84 riguardano: sistemi di gestione ambientale; riduzione dei consumi idrici; gestione, raccolta e trattamento delle acque reflue; gestione dei rifiuti; trattamento dei fanghi di depurazione (ad eccezione dell’incenerimento); gestione, raccolta e trattamento delle emissioni gassose (compresa la combustione in torcia); emissioni diffuse di composti organici volatili (COV) in aria; emissioni di odori; emissioni sonore; consumi energetici. L’importanza di questo documento (come per gli altri documenti
analoghi, riferiti ai diversi settori industriali) risiede nel fatto che le bAt costituiscono il riferimento per stabilire le condizioni di autorizzazione per gli impianti che ricadono nella cosiddetta “direttiva IPPC”, cioè la direttiva 2010/75/UE. Per quanto riguarda
in particolare l’industria conciaria, rientrano nella suddetta direttiva gli impianti che superano 12 ton/giorno di prodotto finito, ed i relativi impianti di trattamento delle acque reflue. tutti i nuovi impianti di questo tipo sono soggetti ad Autorizzazione Inte-
grata Ambientale (A.I.A.), e dovranno rispettare i valori dei parametri in uscita (bAt/AEL) riportati nel documento 2013/84. SISTEMI DI GESTIONE AMBIENTALE
Come in tutti i documenti sulle bAt, si raccomanda l’istituzione e l’attuazione di un sistema di gestione ambientale (SgA). Per le attività del settore conciario viene specificamente richiesto di: selezionare e controllare attentamente le materie prime e le sostanze chimiche utilizzate, riducendo il più possibile l’uso di quest’ultime; separare i flussi di rifiuti, in modo da favorire il riciclaggio; monitorare i parametri critici di processo; eseguire manutenzione periodica dell’impianto per il trattamento dei reflui; esaminare le opzioni tecnicamente disponibili per il riutilizzo delle acque ed il corretto smaltimento dei rifiuti. Hi-Tech Ambiente
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FOCUS MONITORAGGIO
deve essere attuato il monitoraggio di una serie di parametri, relativi a: consumi di acqua e di sostanze chimiche (in particolare di solventi); concentrazioni di solfuri, cromo, COd, bOd, azoto ammoniacale, solidi sospesi totali, composti organici alogenati, pH e potenziale redox negli effluenti; concentrazioni di COV all’uscita dei dispositivi di abbattimento; quantitativi di residui di processo destinati a recupero, reimpiego, riciclaggio e smaltimento; consumi energetici in rapporto alla produzione. RIDUZIONE DEI CONSUMI IDRICI
In linea generale, l’ottimizzazione dell’utilizzo di acqua si ottiene determinando la quantità realmente necessaria e introducendola avvalendosi di apparecchiature di misurazione, anziché ricorrere ai lavaggi con acqua corrente. In alcuni casi può essere vantaggioso l’impiago di bagni corti, che però non possono essere applicati alle pelli di vitello. I bagni corti, inoltre, offrono vantaggi relativamente al minor consumo energetico, in quanto si riduce il volume di acqua da riscaldare. In genere il consumo di acqua dovrebbe essere compreso tra 16 e 25 mc/ton per le pelli bovine non salate, e da 19 a 28 mc/ton per quelle non salate; le pelli ovine richiedono quantità molto maggiori (da 110 a 180 mc/ton).
parto riviera, nell’impianto di concia e nelle lavorazioni successive. Le b.A.t. prevedono che venga ridotto il carico inquinante prima del trattamento degli effluenti derivanti dalla lavorazione nel reparto di riviera. Questo può essere ottenuto con una combinazione di diverse tecniche, e preci-
samente: utilizzo di bagni corti; impiego di pelli pulite e refrigerate (non salate); eliminazione meccanica del sale in eccesso; depilazione con composti organici dello zolfo o con enzimi, accompagnata da recupero del pelo; sostituzione parziale o totale dei composti di ammonio nella decal-
TRATTAMENTO DELLE ACQUE REFLUE
Le acque reflue di conceria provengono soprattutto dalle lavorazioni a umido effettuate nel re-
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cinazione, impiegando CO2 o altri agenti di decalcinazione (questa tecnologia viene attualmente applicata nel distretto di Arzignano). La riduzione del carico inquinante, prima del trattamento degli effluenti derivanti dal proContinua a pag. 12
FOCUS
Continua da pag. 11
Le B.A.T. in conceria cesso di concia vero e proprio e dalla post-concia, può analogamente essere ottenuta con la combinazione di diverse tecniche, come: utilizzo di bagni corti; ottimizzare i parametri operativi in modo da aumentare il cromo assorbito dalle pelli; riciclare i bagni di piclaggio esausti; utilizzare metodi di concia al vegetale (senza cromo); ottimizzazione dei parametri di lavorazione nei processi di riconcia, tintura e ingrassaggio, in modo da garantire il massimo assorbimento delle sostanze chimiche. Inoltre occorre accertarsi, mediante opportune clausole inserite nei contratti di fornitura, che le pelli non contengano
pesticidi classificati come inquinanti organici persistenti, o come cancerogeni, mutageni o tossici per la riproduzione. Il controllo delle emissioni inquinanti delle acque reflue si basa su sistemi di pretrattamento e trattamento finale, e le tecniche previste sono quelle classiche. Per il trattamento preliminare sono: grigliatura, equalizzazione, neutralizzazione, dissabbiatura, disoleazione, eliminazione di solidi mediante coagulazione, flocculazione, sedimentazione, filtrazione; ossidazione e/o precipitazione dei solfuri; precipitazione del cromo in forma di idrossido a pH da 8 in su. Per il trattamento biologico sono: fanghi attivi, bioreattori a membrana, nitrificazione/denitrificazione, eliminazione del fosforo per via biologica o
chimica. I valori dei parametri in uscita (bAt-AEL, cioè valori di concentrazione media annua) sono: COd 200-500 mg/l, solidi sospesi totali <35 mg/l, bOd5 15-25 mg/l, azoto ammoniacale <10 mg/l, cromo 0,3-1 mg/l, solfuri <1 mg/l. CONTROLLO DEGLI ODORI
Le fonti di odori negli impianti di concia possono essere: l’uso di composti di ammonio nella decalcinazione, l’uso dei solfuri nella depilazione, la decomposizione delle pelli grezze, l’accumulo di rifiuti putrescibili. Le azioni suggerite come bAt sono: sostituire i composti di ammonio con CO 2 nella decalcinazione (applicabile solo a spessori
>1,5 mm); installare sistemi di abbattimento a umido (mediante ossidazione catalitica, ossidazione biologica, precipitazione) e/o biofiltrazione dell’aria; mantenere il pH degli effluenti contenenti solfuri al di sopra di 9,5; conservare le pelli sotto sale e/o in ambiente refrigerato, e adottare una rigorosa rotazione delle scorte; tenere sotto controllo il deposito dei rifiuti ed eliminare periodicamente i rifiuti putrescibili. CONTROLLO DELLE EMISSIONI DI COV
Si tratta di emissioni in aria di composti organici volatili alogenati, usati soprattutto nelle operazioni di rifinizione. Queste emissioni possono essere ridotte utilizzando rifinizioni a base acquosa, oppure mediante estrazione dell’aria e suo trattamento con abbattitore a umido, adsorbimento, biofiltrazione o incenerimento. Utilizzando un sistema del genere il valore medio delle emissioni di COV dovrebbe risultare compreso tra 9 e 23 g/mq di cuoio rifinito. L’estrazione dell’aria è necessaria anche per controllare le emissioni di particolato, che derivano soprattutto dalle fasi di rifinizione a secco. L’abbattimento del particolato può essere ottenuto con filtri a sacco o depuratori a umido; il valore medio delle emissioni di particolato, a valle dei sistemi di abbattimento, dovrà risultare compreso tra 3 e 6 mg/mc aria. GESTIONE DEI RIFIUTI
La minimizzazione dei rifiuti si ottiene separando i diversi residui Hi-Tech Ambiente
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FOCUS di processo utilizzabili come sottoprodotti. Peli e lana trovano utilizzo per produrre fibre tessili e come materiale di riempimento; rifilature e croste possono essere utilizzate per produrre collagene e gelatina, oltre che per pannelli di fibre e articoli masticabili per cani, budelli per salsicce, e piccoli articoli a patchwork; il carniccio può essere utilizzato per produrre sego e idrolizzati proteici, oppure colla di pelle. Per tutti i rifiuti non altrimenti valorizzabili è sempre proponibile il recupero energetico. La riduzione dei rifiuti di cuoio contenenti agenti concianti a base di cromo può essere ottenuta utilizzando la spaccatura in calce, che produce un sottoprodotto non conciato. Il cromo precipitato nel bagno di concia può essere ridisciolto con acido solforico, e utilizzato come sostituto parziale dei sali di cromo “freschi”; in alternativa, i fanghi al cromo possono essere ceduti ad altri operatori industriali. Per quanto riguarda la riduzione del volume dei fanghi, la bAt proposta consiste nella messa a vento o nell’utilizzo di sistemi di disidratazione meccanica.
CONSUMI ENERGETICI
L’industria conciaria non è un settore ad alta intensità energetica, in quanto i processi si svolgono prevalentemente in ambiente acquoso e l’impiego di forni o trattamenti ad alta temperatura è limitato al trattamento dei fanghi. tra le mi-
sure di risparmio energetico citate nelle bAt vi sono: riduzione del tenore in acqua dei fanghi, mediante trattamenti di disidratazione meccanica; ottimizzazione della preparazione delle pelli da essiccare, mediante messa a vento o altri sistemi di disidratazione meccanica; utilizzo di bagni corti, che con-
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tengono un minor volume di acqua e pertanto riducono l’energia impiegata per riscaldare l’acqua stessa. Altre misure di risparmio energetico applicabili sono la coibentazione delle condotte di trasporto dei fluidi caldi, ed il recupero termico dai forni di essiccazione e combustione dei fanghi.
FOCUS
SOS acque di scarico Prevenire, controllare, trattare
Approcci per limitare i consumi, tecnologie di depurazione dei reflui, riciclo e recupero dell’idrico RIDUZIONE DEI PRELIEVI IDRICI
Le acque di scarico delle concerie contengono diversi inquinanti difficili da trattare, per la contemporanea presenza di residui organici putrescibili, sali ammoniacali, cromo trivalente e sostanze tossiche come i solfuri. Per ogni tonnellata di pelle grezza si generano da 7 a 13 mc di reflui acquosi. Non esiste uno schema di trattamento universalmente accettato; in Italia il trattamento avviene generalmente su basi consortili, in quanto le industrie conciarie sono di solito concentrate in aree geografiche ben definite, come il comprensorio toscano (comprendente S. Croce sull’Arno, Castelfranco e Fucecchio), quello veneto (Arzignano), quello campano (Solofra) e infine quello lombardo (Magenta).
Esistono varie tecnologie per ottimizzare il consumo di acqua. In linea generale, è opportuno adeguare il flusso di acqua alle esigenze del processo e lavare in lotti a immersione anziché con acqua corrente; un approccio suggerito nelle bAt è l’uso di bagni corti, che però non sono utilizzabili per le pelli di vitello. Il comprensorio toscano del cuoio ha avviato una approfondita sperimentazione tendente a verificare la possibilità di riutilizzo delle acque di processo e delle acque reflue domestiche. Lo schema di trattamento prevedeva una filtrazione iniziale su sabbia, seguita da ultrafiltrazione e nanoHi-Tech Ambiente
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filtrazione su membrane. I risultati ottenuti sono incoraggianti per quanto riguarda l’affinamento di reflui di natura domestica, mentre con i reflui industriali si è avuto un rapido decadimento dell’efficienza delle membrane. TRATTAMENTO DEGLI EFFLUENTI
Solitamente, il primo processo cui è sottoposto l’effluente è il
trattamento meccanico, che comprende una grigliatura per eliminare il materiale grossolano. Con griglie adeguatamente progettate è possibile eliminare fino al 3040% dei solidi sospesi (SS) grossolani nel flusso di acque reflue. Il trattamento meccanico può comprendere anche la disoleazione, cioè l’eliminazione dei grassi e degli oli, e la sedimentazione per gravità. dopo il trattamento meccanico viene generalmente
effettuato il trattamento fisicochimico, che comporta la precipitazione del cromo e il trattamento dei solfuri. Fanno parte di questo trattamento anche la coagulazione e la flocculazione, che servono per eliminare una notevole percentuale di COd e solidi sospesi. dopo il trattamento meccanico e fisico-chimico, di solito gli effluenti provenienti dalle concerie sono facilmente biodegradabili nei normali impianti di trattamen-
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to biologico aerobico. gli stadi biologici sono solitamente combinati con il processo di nitrificazione/denitrificazione, in modo da ottenere, oltre alla degradazione del carico organico biodegradabile, anche l’abbattimento dei composti azotati ad azione eutrofizzante. Il trattamento aerobico è spesso potenziato con ossigeno puro, come nell’impianti di Santa Continua a pag. 16
FOCUS
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SOS acque di scarico Croce sull’Arno (PI). In genere è opportuno trattare separatamente gli effluenti contenenti solfuri, mantenendoli a pH elevato (oltre 9) per evitare la formazione di idrogeno solforato. Il metodo tradizionale di abbattimento dei solfuri consiste nell’aggiunta di solfato ferroso, che trasforma i solfuri solubili in sali di ferro insolubili; questo metodo ha però lo svantaggio di produrre una eccessiva quantità di fanghi, con relativi problemi e costi di smaltimento. In alternativa, è stata proposta la trasforma-
zione dei solfuri a solfati (che sono innocui) per trattamento con acqua ossigenata: il processo è però piuttosto costoso. Il processo ideale per l’ossidazione dei solfuri è oggi ritenuto essere il trattamento con ossigeno in presenza di un sale di manganese, che fa da catalizzatore. Questo processo ha trovato applicazione pratica nell’impianto di depurazione centralizzato di Ponte a Cappiano (FI), che tratta gli scarichi liquidi di 45 aziende del polo conciario di Fucecchio. Una alternativa è un trattamento con aria (previa acidificazione); l’H2S gassoso ottenuto per strippaggio viene fatto reagire con soda, ottenendo solfuro sodico, riutilizzabi-
le nello stesso processo. tra le bAt è suggerita la riduzione dell’uso di solfuri inorganici mediante ricorso nella fase di depilazione a composti organici dello zolfo o ad enzimi proteolitici. gli effluenti contenenti cromo vengono in genere trattati separatamente, precipitando il cromo in forma di idrossido mediante aggiunta di calce o altre sostanze alcaline. Nel distretto di Santa Croce è stato istituito il Consorzio recupero Cromo; si tratta di un impianto centralizzato che si occupa di recuperare il cromo trivalente, prodotto usato dalla maggior parte delle concerie del Comprensorio. Le aziende consegnano all’impianto consortile i
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bagni esausti della fase di concia al cromo trivalente; questi vengono sottoposti a trattamenti meccanici e fisici per la rimozione dei materiali in sospensione, e successivamente trattati con soda ottenendo un precipitato di idrossido di cromo. Il precipitato viene separato su filtropressa e ridisciolto con acido solforico; dopo lo stoccaggio in appositi serbatoi, il solfato di cromo recuperato viene restituito alle imprese – in proporzione alle quantità consegnate – che lo riciclano nel loro ciclo produttivo, il tutto con benefici di diversa natura. C’è innanzitutto un risparmio energetico, in quanto il processo di recupero avviene a freddo, senza apporto di calore; c’è poi un risparmio economico per le aziende che riutilizzano il cromo recuperato, grazie ad un minore costo dello stesso rispetto a quello di mercato; c’è infine il vantaggio per l’ambiente grazie all’eliminazione del cromo dai fanghi di risulta della depurazione e a un minor sfruttamento del metallo in natura. Un’alternativa al recupero è l’utilizzo di concianti al cromo ad alto esaurimento, che garantiscono gli stessi risultati di quelli tradizionali con dosaggi minori. Con questa tecnica, utilizzata diffusamente nel distretto di Arzignano, gli agenti concianti sono modificati per migliorare l’assorbimento fino al 90%, tanto che la quantità di cromo residua nei bagni esausti è così bassa da rendeContinua a pag. 18
FOCUS
Un processo di concia innovativo Progetto LIGHTAN
Nuovi sistemi di recupero risorse e di trattamento reflui per una sostenibilità integrata di filiera L’obiettivo del progetto Lightan è innovare la filiera del comparto conciario toscano dai punti di vista della qualità del prodotto, della competitività sul mercato e della mitigazione degli impatti ambientali attraverso un approccio integrato innovativo tra tutti gli attori che ne gestiscono le singole fasi. In particolare il progetto intende sviluppare, nella logica individuata nel documento di Smart Specialisation, un processo ecosostenibile, operando attraverso soluzioni integrate per la gestione delle acque reflue, efficienza dei processi produttivi, minor consumo dei prodotti chimici. L’impatto potenziale del progetto comprende in primo luogo importanti benefici per l’industria toscana del cuoio, attraverso la riduzione del consumo di reagenti e la riduzione dei costi per la gestione dei rifiuti e degli effluenti liquidi, ribadendo il ruolo di leadership a livello internazionale nell’innovazione del settore per il distretto.
ammoniacale, azoto nitroso e nitrico, solfati, solfuri, cloruri, salinità, metalli, cromo, solidi sospesi totali, pH e alcalinità, così da individuare gli scarichi più impattanti sui quali è necessario fare ulteriori test.
tivo alla degradazione di substrati complessi quali quelli di conceria. Infine, è stata misurata attraverso test batch la capacità adsorbente del fango su certi composti come ad esempio i tannini.
fase di depurazione; concentrazione della sostanza tannica conciante all’interno della fase solida di recupero; possibilità di riutilizzo nel ciclo conciario del materiale recuperato.
PROCESSO DI CONCIA E COMPOSIZIONE DEI REFLUI
FRAZIONAMENTO DEI REFLUI E INIBIZIONE ALLA NITRIFICAZIONE
RECUPERO DI MATERIE PRIME E SVILUPPO DI NUOVI REAGENTI
TRATTAMENTO DEI REFLUI CON BIOMASSE FUNGINE
grazie alla collaborazione con le due concerie partner (Conceria tempesti e Artigiano del Cuoio) e al Po.te.Co (Polo tecnologico Conciario) è stato possibile stilare una ricetta di concia standardizzata rappresentativa dei processi di lavorazione della pelle e del cuoio utilizzati al giorno d’oggi. da questa ricetta sono stati individuati quindi, gli scoli relativi alle differenti fasi di lavorazione. Su questi reflui è stata fatta una caratterizzazione ad ampio spettro sui parametri chimici inquinanti: COd (tal quale e filtrato), tOC, tN, azoto
Una volta terminata la caratterizzazione dei reflui, questi sono stati sottoposti a test batch, respirometrici e titrimetrici con l’obiettivo di valutare il loro impatto sulla biomassa dell’impianto di depurazione responsabile della degradazione dei composti inquinanti. Il COd è stato suddiviso nelle due componenti principali: biodegradabile e non biodegradabile. L’attività dei batteri nitrificanti è stata valutata confrontando il rateo di nitrificazione di questi microrganismi per un substrato facilmente assimilabile con un rateo rela-
Le nuove metodologie di pickel oggetto della sperimentazione hanno portato degli ottimi risultati analitici in termini di riduzione di cloruri e solfati nel refluo di fine processo. Attraverso l’esecuzione di prove in scala di laboratorio e pilota è stato sviluppato, attraverso l’utilizzo di nuovi reagenti, un processo di concia innovativo. dalle operazioni di recupero del bagno di concia al vegetale sono stati ottenuti risultati interessanti: riduzione di circa il 70% del carico organico non biodegradabile da inviare in
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I risultati della sperimentazione hanno confermato le ipotesi proposte (degradazione dei composti tannici superiore al 30%) e sono stati raggiunti gli obiettivi fissati: il fungo (Aspergillus tubingensis) è riuscito a rimanere attivo all’interno del sistema con buone capacità di rimozione, nonostante l’elevata concentrazione di tannini. Nei primi giorni di avvio del sistema il principale fenomeno che ha avuto luogo è stato l’adsorbimento dei tannini nel micelio, mentre in una seconda fase è stata la degradazione ad essere il fenomeno prevalente.
FOCUS meccanici (scuotimento, battitura e simili). La fase di lavorazione che contribuisce maggiormente alla salinità è il cosiddetto “piclaggio”, che serve ad eliminare i residui di calce, a garantire la conservazione, ed a preparare le pelli ai successivi trattamenti di concia vera e propria. Il trattamento viene eseguito con acido solforico in presenza di elevate concentrazioni di sale (intorno a 80 kg per ogni tonnellata di pelle). La società di consulenza Po.te.Co. ha proposto un piclaggio con allume di cromo e acido formico, che consentirebbe di ottenere una drastica riduzione della concentrazione di ioni cloruro e solfato nelle acque reflue (oltre a ridurre la concentrazione di cromo nei bagni esausti). Il nuovo processo fornisce pelli di qualità paragonabile a quelle ottenute con il piclaggio tradizionale, ma ha un costo superiore del 25%.
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SOS acque di scarico re superfluo il recupero. I reflui provenienti da processi di concia al vegetale sono difficilmente trattabili negli impianti di ossidazione aerobica, a causa della presenza di tannini (che sono scarsamente biodegradabili). Questi reflui possono essere vantaggiosamente trattati in impianti di digestione anaerobica, soprattutto di tipo UASb. I rendimenti di depurazione ottenibili (in termini di riduzione del COd) variano tra il 60% e l’80%, ma in combinazione con pre-trattamenti chimico-fisici si può arrivare ad abbattimenti delle sostanze organiche superiori al 95%.
TRATTAMENTI A MEMBRANA
da tempo si sta valutando la possibilità di utilizzare trattamenti a membrana per la depurazione dei reflui di conceria. tuttavia, questi trattamenti non sono menzionati tra le bAt. Interessanti, comunque, i risultati di alcune sperimentazioni: - le acque reflue della fase di depilazione (calcinaio), che contribuisce per il 40% al carico inqui-
IL PROBLEMA DELLA SALINITA
Il trattamento biologico riduce la concentrazione di materiale organico e sostanze azotate a valori compatibili con le prescrizioni legislative, ma ha scarso effetto sul contenuto salino, soprattutto di ioni cloruro e ioni solfato. Ad esempio, gli impianti del comprensorio toscano hanno potuto operare solo grazie a speciali deroghe concesse dalla regione relativamente al contenuto di solfati (1.700 mg/l consentiti, contro 1.000 mg/l della legislazione nazionale) e di cloruri (3.800 mg/l consentiti contro 1.200 mg/l). Parte del sale deriva dalla salatura delle pelli grezze, eseguita per consentirne la conservazione. In questo caso, è opportuno eliminare il sale in eccesso con mezzi Hi-Tech Ambiente
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FOCUS nante complessivo del processo di concia, possono essere trattate per ultrafiltrazione, ed in questo modo i solfuri si concentrano nel permeato, potendo poi essere riciclati, mentre le sostanze proteiche si ritrovano nel concentrato (esistono già alcuni impianti di questo tipo su scala industriale) - anche la fase di sgrassaggio si presta al trattamento di ultrafiltrazione, e su scala pilota si sono recuperati i grassi in forma di emulsioni, riutilizzabili nella fase di ingrassaggio che segue la concia al tannino, ed i tensioattivi, che sono riciclabili nel processo stesso di sgrassaggio - ultrafiltrazione e osmosi inversa possono essere utilizzate per il trattamento finale dei reflui miscelati, e l’efficienza del processo può essere accresciuta usando membrane sulle quali siano immobilizzati enzimi proteolitici o microorganismi in grado di produrre tali enzimi - il Consorzio Cuoiodepur ha svolto una approfondita sperimentazione per verificare l’applicabilità e l’efficacia dei bioreattori a membrana (Mbr) nel trattamento dei reflui dell’industria del
cuoio. È stato allestito un impianto pilota, dotato di moduli di microfiltrazione in fibra cava, operante in condizioni aerobiche. Si è ottenuto un abbattimento del COd mediamente pari al 78%, ed una nitrificazione del 95%; il tempo di sporcamento delle membrane è risultato intorno al 40 giorni. Lo sporcamento è risultato completamente reversibile, a patto di usare sia il lavaggio basico che quello acido.
TRATTAMENTI TERZIARI
Il trattamento biologico non è sempre sufficiente a garantire una soddisfacente rimozione di tutti gli inquinanti, in particolare del cromo e dei residui di coloranti. In questi casi si ricorre al trattamento di ossidazione con ozono, che deve essere seguito da uno stadio di riduzione (di solito con sali ferrosi) del cromo esavalente che si forma per reazione del cro-
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mo trivalente con l’ozono. Esperimenti condotti presso l’impianti di depurazione del Chiampo (polo conciario di Arzignano) indicano rendimenti di rimozione del cromo dal 40% al 60%, completa decolorazione e disinfezione del refluo, e riduzione dal 25% al 40% del COd residuo. gli inconvenienti sono l’elevato consumo di ossigeno (intorno a 1 kg O 2/mc) e di energia elettrica (intorno a 0,8 kWh/mc).
FOCUS
La pompa peristaltica Rotho Ragazzini
tra i tanti i vantaggi: ideale per chemicals aggressivi o reflui carichi, reversibilità del flusso senza variazione di portata Il principio di funzionamento della pompa peristaltica rotho di ragazzini si riconduce al sistema di digestione umana, cosiddetto sistema peristaltico, consistente nella contrazione e successivo rilascio di un muscolo intorno ad un tubo che così ne muove il contenuto. Nel caso quindi della pompa rotho un tubo elastomerico è continuamente schiacciato per tutta la sua lunghezza da rulli opportunamente posizionati; fra un passaggio e l'altro del rullo impulsore, il tubo ritorna al suo diametro primitivo provocando un vuoto idoneo ad aspirare il prodotto da veicolare e, contemporaneamente, una pressione che spinge il prodotto ad uscire. L’alternanza fra la compressione ed il rilascio del tubo genera un volume costante da trasferire. Il tubo è la sola parte della pom-
pa sottoposta ad usura e la sua parte interna la sola a contatto col fluido pompato. tale pompa viene quindi collocata al centro del processo produttivo divenendo il cuore dell'impianto e attraverso il quale passa quel tipo di fluido viscoso o abrasivo e molte volte con corpi solidi in sospensione, che solo una pompa peristaltica rotho può veicolare senza intasarsi e senza creare interruzioni all'intero sistema di lavoro. La collocazione della pompa rotho è indispensabile per tutti quei liquidi che non devono mai venire a contatto con organi meccanici perché troppo aggressivi chimicamente o pericolosi. Questa pompa si avvale della super collaudata tecnologia a “rulli su cuscinetti” che ragazzini ha adottato sin dal 1980. I vantaggi di
tale sistema sono i seguenti: - elimina l’impiego di liquido refrigerante all’interno del corpo pompa, perché il rullo non genera frizioni sulla superficie del tubolare e ne prolunga la vita. Il sistema si differenzia molto da quello tradizionale mediante “pattini” che schiacciando la superficie del tubolare necessitano di lavorare in bagno lubrificante per attenuare la frizione - la mancanza di attrito sul tubolare consente minori potenze di esercizio impiegate, quindi motori meno potenti per svolgere lo stesso lavoro e meno dispendio energetico totale - il rilevamento della fuoriuscita del prodotto, in seguito alla rottura del tubolare è immediata da parte della sonda rottura elemento tubolare di tipo “galleggiante” che si trova nella parte inferiore
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dello statore, non essendoci liquido refrigerante all'interno della pompa - la sostituzione del tubolare risulta essere più veloce, pulita e meno dispendiosa, perché non esiste alcun liquido da evacuare e da sostituire insieme al tubolare. Nel settore conciario l'impiego delle pompe peristaltiche rotho nelle varie fasi di lavorazione può risolvere diversi problemi di dosaggio e trasferimento di additivi chimici aggressivi e particolarmente concentrati, quali l’acido borico, l’acido cromico, i composti del cromo. La selezione del tubolare è rigorosamente effettuata in funzione della tipologia del prodotto da veicolare ed è rispondente alla vasta gamma disponibile e all'accurata analisi dell’applicazione cui la pompa stessa è destinata. I-
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noltre grazie alla durata nel tempo del tubolare idoneo al contatto con tali chimici, e quindi mai a contatto con gli organi meccanici della pompa, si garantisce una totale efficacia di funzionamento nel tempo, con basse manutenzioni e limitati fermi macchina, soprattutto in processi gravosi e continui 24h/7gg. E’ importante segnalare che il
pompaggio di liquidi caricati e/o con corpi solidi in sospensione non rappresentano un problema per la pompa rotho, in quanto non avendo né valvole né tenute non è soggetta ad occlusioni od intasamenti. Infine, la grande capacità aspirante della pompa da 9,5 m di profondità, le permette di risolvere quei problemi di trasferimento altrimenti impossibili
con altri tipi di pompe anche nel caso in cui, per le ragioni più disparate, manchi il prodotto/liquido da veicolare, perché la pompa può lavorare pienamente a secco senza che gli organi interni si danneggino e senza alterarne le caratteristiche costruttive. Volendo riassumere i principali vantaggi di questa pompa: nessun contatto del prodotto con l'organo
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pompante; reversibilità del flusso senza variazione di portata; capacità di operare a secco; idoneità al trasferimento di prodotti con corpi solidi in sospensione fino al 45% del diametro interno; possibilità di trasferimento di prodotti inquinanti; aspirazione fino al 98% di vuoto totale; assenza di valvole e tenute; sostituzione del solo tubo di usura.
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Che farne di rifiuti e fanghi? Trattamento e recupero
dal riutilizzo diretto di certi scarti al reimpiego dopo trasformazione in prodotti secondari o come componenti per ulteriori lavorazioni Solo il 20-25% della materia prima in entrata, utilizzata per realizzare le pelli, diventa un prodotto finito. Il resto, pari al 75-80%, insieme ai prodotti chimici impiegati, diventa scarto. Il processo di lavorazione della pelle produce rifiuti di diversa natura a seconda della fase di produzione da cui provengono: i sottoprodotti di origine animale (carniccio, pelli, rasature, cascami e ritagli) rappresentano oltre il 48,4% del totale, a cui si aggiungono i fanghi di depurazione (il 21,7% circa del totale) e i liquidi di concia (il 20,9%). Circa il 75% dei rifiuti prodotti viene attualmente riutilizzato o riciclato. Le diverse forme di recupero o riutilizzo variano, ovviamente, in funzione del tipo di rifiuto. PELI E LANA
verse frazioni, come grassi (a loro volta utilizzabili come biocarburanti o per produrre saponi), gelatine, colle, idrolizzati proteici, collagene e budelli per salsicce. da citare l’esperienza del Consorzio SgS di S. Croce sull’Arno, in provincia di Pisa, che lavora il carniccio estraendone grassi, pro-
teine e fertilizzanti biologici. Sempre a S. Croce sull’Arno è stata condotta una sperimentazione mirante al riutilizzo dell’idrolizzato proteico ottenuto dal carniccio, in combinazione con sali di cromo e glutaraldeide, come componente nella produzione di cuoio per tomaie.
CROSTE, RIFILATURE E RASATURE CONCIATE
Le rifilature possono essere utilizzate direttamente per la produzione di “patchwork”, articoli di piccole dimensioni e cuoio rigenerato. Anche da questi sottoprodotti è possibile ricavare idrolizzati proteici e collagene, mentre le polveri ottenute dai procedimenti di rasatura e smerigliatura possono essere utilizzate come carica per la produzione di pannelli isolanti in schiuma polimerica, secondo un procedimento messo a punto dal centro di ricerca CIrtIbS dell’Università Federico II di Napoli. In toscana, ad esempio, le polveri di rasatura e gli scarti di rifilatura vengono conferiti a due ditte specializzate (Organazoto Fertilizzanti ed Ideaverde), che sottopongono questi residui ad un trattamento di idrolisi con vapore in autoclave, a 150 °C e 5 bar, per 30-40 minuti. Questo trattamento garantisce una totale sterilizzazione, e riduce il tenore di umidità dal 50% iniziale al 10-5%. dopo il trattamento di idrolisi, il materiale viene raffreddato, deferrizzato, frantumato e vagliato fino ad ottenere la granulometria più adatta all’impiego, e infine miscelato con altri componenti organici e sali minerali. La miscela viene alimentata a presse cubettatrici, che la formano in cubetti adatti per essere confezionati in sacchi o “big bags”, dopo una fase finale di deumidificazione e stabilizzazione. Il prodotto così ottenuto viene utilizzato come fertilizzante in agricoltura biologica, per colture di cereali, riso, agrumi, vitigni, ulivi, ecc. RIUTILIZZO DI REFLUI DI PROCESSO
È possibile il riutilizzo diretto per la produzione di feltri, come materiale da riempimento, e (per la lana) nella produzione di tessuti. Inoltre, peli e lana possono essere utilizzati, insieme ad altri sottoprodotti di origine animale come il carniccio, per produrre idrolizzati proteici, impiegabili come componenti di mangimi e fertilizzanti.
Per ridurre il volume di fanghi derivanti dalla precipitazione dei sali di cromo, sono previste due b.A.t.: ridissoluzione del cromo precipitato dal bagno di concia mediante acido solforico, e riutilizzo come sostituto parziale dei sali di cromo freschi; uso dei fanghi al cromo come materia prima in altri settori industriali, ad esempio per la produzione di cromo metallico. Un altro tipo di refluo che si presta al riutilizzo sono le soluzioni saline concentrate, utilizzabili come antighiaccio per le strade.
CARNICCI, RIFILATURE, CROSTE NON CONCIATE
Questi residui possono essere trasformati mediante trattamenti enzimatici o idrolisi alcalina in diHi-Tech Ambiente
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FOCUS FANGHI DA DEPURAZIONE
Il problema dello smaltimento in discarica dei fanghi conciari del comprensorio toscano è stato praticamente risolto con una combinazione di diverse tecnologie, che hanno consentito di azzerare i conferimenti in discarica. La riduzione nel quantitativo di fanghi prodotti viene ottenuta sostituendo i trattamenti di depurazione chimico-fisici con trattamenti di tipo biologico, e sottoponendo i fanghi biologici a trattamenti di disidratazione e stabilizzazione termica. La stabilizzazione termica può essere ottenuta mediante essiccamento diretto in forni rotativi, o mediante scambio termico indiretto in essiccatori a film sottile. Nel comprensorio toscano l’intero quantitativo di fanghi derivanti dai 2 impianti di depurazione di Santa Croce e Fucecchio viene trattato nell’impianto Ecoespanso, che è composto da: sezione di essiccamento del fango disidratato, sezione di pirolisi-gassificazione, sezione di raffreddamento e stoccaggio del granulato sinterizzato, sezione di miscelazione e macinazione, sezioni di trattamento dei fiumi e di stoccaggio del prodotto finito. L’essiccamento viene ottenuto con sistemi a nastro, che riducono l’umidità a meno del 10%. La gassificazione viene effettuata in forno rotativo, provvisto di bruciatore a metano; le ceneri vengono pressate a caldo in modo da ot-
indebolisce la membrana cellulare dei batteri, rendendo la massa fangosa facilmente degradabile. In questo modo si diminuisce il quantitativo di fango di supero da smaltire e vengono semplificati tutti i trattamenti cui questo è sottoposto. DIGESTIONE AEROBICA
tenere un granulato sinterizzato, che viene poi miscelato con calcare e altri materiali inerti, ottenendo un prodotto denominato “Plastofill”, utilizzabile come materia prima (“filler”) nella produzione di calcestruzzo e conglomerato bituminoso. Il quantitativo di fanghi in ingresso è di 12-14 ton/ora, mentre in uscita si ottengono 1,91,8 ton/ora di granulo sinterizzato. Un’altra forma di valorizzazione dei fanghi di depurazione, e in particolare di quelli derivanti dalla concia al vegetale, è la produzione del cosiddetto “pellicino integrato”. Questa sostanza è ottenuta dalla miscelazione di sottoprodotti conciari (pelli, crini, rasature, peli di recupero) opportunamente sanificati, con i fanghi provenienti dal trattamento delle acque reflue dell’impianto Cuoiodepur, stabilizzati con calce e filtropressati. Il prodotto così ottenuto, dopo essiccamento fino a 80-85% di sostanza secca, viene miscelato con farina di carne o di ossa, o con altri
sottoprodotti conciari, in modo da ottenere un contenuto in azoto di almeno il 5%. La produzione attuale di pellicino integrato, commercializzato con la denominazione “Fertiland”, è di circa 30.000 ton/anno. Oltre alle operazioni di riutilizzo sopra descritte, il comprensorio toscano ha avviato alcune sperimentazioni miranti a ridurre il quantitativo dei fanghi prodotti ed a migliorarne la qualità, al fine di ottimizzarne il trattamento successivo da parte dell’Ecoespanso. Sono previsti due trattamenti, l’ozonolisi e la digestione aerobica dei fanghi. OZONOLISI
L’ozonolisi consente di ridurre, in materia sostanziale, la produzione dei fanghi di supero fino al 30%. Il fango di supero, aspirato dalla vasca di sedimentazione primaria, viene trattato con ozono. Questo gas, attraverso un passaggio obbligato in una serie di reattori che lo mettono a contatto con il fango,
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Con questo procedimento la sperimentazione si propone, tra le altre cose, di eliminare l’odore acre dei fanghi di supero estratti dalla vasca di sedimentazione che altrimenti, essendo molto concentrati, emetterebbero forti maleodoranze. La digestione aerobica si compone di una fase preliminare di centrifugazione, che diminuisce la quantità di acqua presente nel fango; successivamente il flusso di fango concentrato viene trattato in una vasca in cui si attua un processo simile all’ossidazione biologica del liquame, immettendo nella vasca ossigeno, che viene utilizzato dai batteri presenti per degradare le sostanze inquinanti disciolte. tuttavia, nel digestore aerobico la disponibilità di ossigeno e la mancanza di sostanze organica facilmente degradabile innescano un processo di “predazione”, per cui alcune specie di batteri presenti, per le loro necessità energetiche, utilizzano il substrato organico proveniente da altri batteri, riducendo così il peso complessivo ed il volume di fango da smaltire.
FOCUS
Le emissioni in atmosfera H2S, NH3, SOV e polveri
E’ la fase di finissaggio a secco quella più inquinante, ed è l’idrogeno solforato il gas più pericoloso Le emissioni in atmosfera delle industrie conciarie derivano sia dal processo di concia vero e proprio (in particolare dalla fase di finissaggio a secco), che dai processi a valle (depurazione delle acque, accumulo di rifiuti solidi, centrali termiche, impianti di trattamento dei fanghi). EMISSIONI DAL PROCESSO DI CONCIA
In ordine decrescente di importanza, queste emissioni sono: idrogeno solforato, ammoniaca, sostanze organiche volatili (SOV), polveri. Idrogeno solforato, si forma per acidificazione dei solfuri, che sono utilizzati in grande quantità come agenti depilanti nel calcinaio. E’ un gas tossico, il cui caratteristico odore di uova marce viene avvertito a concentrazioni estremamente basse (7 microgr/ mc di aria). La riduzione delle emissioni di idrogeno solforato può essere ottenuta con diverse
tecnologie ed in particolare: impiego di prodotti enzimatici ad azione proteolitica (non è attualmente possibile sostituire del tutto i solfuri, ma si può ridurli del 70%); riciclo del bagno di depilazione; impiego (sul lato carne
della pelle) di paste depilanti. Si tratta di tecnologie valide, ma finora scarsamente applicate in quanto comportano maggiore manodopera per il controllo del processo. La tecnologia normalmente adottata (e raccomandata come
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bAt) consiste nell’aspirazione localizzata sui bottali, e nel mantenere il pH degli effluenti contenenti i solfuri al di sopra di 9,5, fino al trattamento finale. Questo può essere eseguito mediante una delle seguenti tecniche: ossidazione catalitica (con sali di manganese come catalizzatori); ossidazione biologica (biofiltrazione); precipitazione con solfato ferroso; miscelazione in sistema di vasche chiuse, dotato di abbattitore a umido dei gas o di filtro a carboni attivi. Per il trattamento delle emissioni di idrogeno solforato in fase gassosa si ricorre di solito al lavaggio con soluzione di soda in apposite torri, oppure ad ossidazione con ozono o con catalizzatori a base di ferro complessato con speciali agenti chelanti (processo Lo-Cat). In caso di fughe di idrogeno solforato a valle dei sistemi di trattamento suddetti è spesso previsto un sistema automatico di iniezione di acqua ossigenata, che
FOCUS converte i solfuri a zolfo elementare. Ammoniaca, deriva dai composti di ammonio usati nella calcinazione. La bAt raccomandata è la sostituzione dei sali di ammonio con CO2, che però non può essere applicata alla lavorazione di materiali con spessore superiore a 1,5 mm. gli agenti decalcinanti a base di ammonio possono anche essere sostituiti da acidi organici deboli (acido lattico, acido formico, acido acetico), che tuttavia sono più costosi e comportano un aumento del COd delle acque reflue. L’abbattimento delle emissioni di ammoniaca si ottiene mediate trattamenti biologici in fase liquida (ossidazione-nitrificazione e successiva denitrificazione, con trasformazione finale dell’azoto ammoniacale in azoto elementare gassoso. Sostanze organiche volatili, la cui emissione si può avere a causa della decomposizione delle pelli grezze; la prevenzione si effettua mediante corretti processi di conservazione e deposito, che prevedano la rigorosa rotazione delle scorte, l’aggiunta (ove necessario) di sale ed il controllo della temperatura. Altre SOV sono emesse durante la fase di sgrassaggio, se si impiegano composti organici alogenati; le bAt raccomandano l’uso di agenti sgrassanti non alogenati, che possono essere usati in quasi tutti i casi, salvo che nello sgrassaggio a secco delle pelli di pecore Merino. In questi casi si usano macchine a circuito chiuso, con sistemi di abbattimento delle emissioni e riutilizzo del solvente rifinizione a spruzzo delle pelli. I solventi organici usati nella fase di finissaggio possono essere sostituiti con prodotti a base acquosa o a basso contenuto di solventi organici; tuttavia, nel caso di rivestimenti che richiedono alte prestazioni di resistenza allo sfregamento (interni di auto, poltrone e divani) la sostituzione dei sistemi a solvente con sistemi a base acquosa richiede l’uso di agenti reticolanti. I prodotti a base acquosa possono essere applicati per rifinizione a velo, spalmatura a cilindro o rifinizioni a spruzzo. buoni risultati possono essere ottenuti anche con l’uso di pistole a bassa pressione, sistemi di spruzzo a barra fissa e cabine anti rimbalzo. In alternativa, l’aria conte-
riutilizzate per la produzione di cuoio rigenerato, carton-cuoio o colle. I livelli di emissione connessi alle migliori tecniche disponibili variano da 3 a 6 mg/mc di aria allo scarico (media su intervalli di 30 min). EMISSIONI DA PROCESSI A VALLE
nente SOV deve essere trattata mediante abbattitori a umido, sistemi di assorbimento su carboni attivi, biofiltrazione, combustione. Le bAt prevedono livelli di utilizzo di solventi diversificati secondo i diversi tipi di pelle: si va da valori annui medi per unità di prodotto finito di 10-25 g/mq per le pelli per arredamento e interni auto, a 40-85 g/mq per calzature e articoli di abbigliamento, fino a 115-150 g/mq per il cuoio rivestito. In alternativa all’uso di mate-
riali di finitura a base acquosa, le bAt prevedono un sistema di estrazione e riduzione, con livelli di emissioni associate (bAtAEL) da 9 a 23 g/mq (espressi come carbonio totale). Polveri, derivano dalle lavorazioni meccaniche (rasatura, smerigliatura, volanatura) e in misura minore dalla rifinizione a spruzzo. Vengono raccolte da specifici dispositivi di aspirazione e intercettate da filtri o abbattitori ad acqua. In alcuni casi, le polveri raccolte dai filtri possono essere
derivano soprattutto dagli impianti di trattamento delle acque reflue e dei fanghi; si tratta prevalentemente di emissioni di idrogeno solforato. La principale misura di contenimento è la copertura delle vasche dell’impianto di depurazione e dei sistemi di disidratazione dei fanghi. Per quanto riguarda le emissioni derivanti dai processi di combustione (centrali termiche e trattamento dei fanghi), la sostituzione dell’olio combustibile con il metano ha consentito di ridurre notevolmente le emissioni di particolato e di anidride solforosa. IL MONITORAGGIO DELLE EMISSIONI
Le Agenzie regionali per la Protezione ambientale effettuano sistematici controlli sulle emissioni inquinanti. Nel comprensorio toscano sono installate 7 stazioni mobili di rilevamento; è stato inoltre realizzato un sistema di telerilevamento dei cattivi odori. tutte le informazioni inviate dalle centraline sono gestite dal Centro di telerilevamento delle Emissioni, che è in grado di ricostruire con precisione il percorso degli inquinanti, individuando le cause di superamento dei limiti.
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FOCUS
L’abbattimento di COV e odori Genano Solutions - Finlandia
Soluzione compatta in container, automatica, minima manutenzione, bassissimi costi di gestione, zero NOx prodotto, elevata durata genano Solutions, azienda finlandese parte del gruppo genano, ha ulteriormente migliorato il proprio impianto di abbattimento catalitico di COV e odori, grazie anche alle preziose collaborazioni di primari clienti italiani ed esteri. Questa tecnologia catalitica risulta ideale per le moltissime aziende con problemi di inquinamento, tra cui quelle di lavorazione conciaria e rivestimento di cuoio. Attualmente, il più grande abbattitore di COV e odori, progettato ed installato in Finlandia (42.000 Nmc/h), opera da oltre 18 anni senza alcun problema o deterioramento, ottenendo ancora oggi, e con gli stessi catalizzatori installati all’epoca, un’efficienza di abbattimento di oltre il 98%. Inoltre, soddisfa i limiti di emissione più severi con un ottimale rapporto tra costo, efficienza e affidabilità. Si tratta, infatti, di un sistema che consuma meno energia rispetto ai tradizionali sistemi a ossidazione termica, in modo particolare nelle situazioni di autosostentamento termico (già sotto 1 gr/Nmc) e con minime necessità di manutenzione. A queste caratteristiche l’impianto genano adotta un efficientissimo sistema di resa termica grazie alla speciale struttura dei catalizzatori e a uno scambiatore di calore ad avanzata tecnologia. In tale sistema, dal design estremamente compatto, la temperatura di ossidazione è tra 350 e 400 °C, mentre in un comune abbattitore termico è necessario mantenere 800-850 °C per garantire un
ferta tutti i costi, in modo dettagliato e senza nessuna spesa “occulta”, che troppo spesso emerge solo durante l’utilizzo effettivo di un sistema di abbattimento. LA TECNOLOGIA GENANO
abbattimento costante e totale delle emissioni. La differenza di temperatura necessaria al completo abbattimento è il vero vantaggio economico del sistema genano rispetto gli elevati costi dei postcombustori termici. Quanto all’affidabilità, essa si basa non solo su durata e garanzia dei catalizzatori ma anche sul conoscere già al momento dell’of-
La versione standard del sistema genano può essere alloggiata all’interno di un container da 20 piedi sino ad una portata di 18.000 Nmc/h; ma essendo progettato per essere modulare, gli impianti più grossi, fino a 50.000 Nmc/h, possono essere installati in container speciali (3,5x3,5x10 m) che possono essere collegati in serie e trattare portate anche di 100.000 Nmc/h. Per sistemi parti-
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colari vengono studiate soluzioni idonee alle specifiche esigenze impiantistiche, con eventuale aggiunta di ruota zeolitica nei casi di basse concentrazioni, in modo da facilitare l’autosostentamento anche con concentrazioni minime. Questo sistema così compatto rende inoltre facili e pratiche tutte le operazioni: collaudo iniziale in Finlandia, trasporto, installazione (che non richiede particolari fondazioni per cui l’impianto può essere riposizionato facilmente) e collaudo finale. L’impianto è completamente automatico e si adatta all’istante al variare di portata e concentrazione da trattare; tutte le operazioni e/o controlli sull’impianto possono essere effettuati a distanza via gsm o in remoto. Quanto a manutenzione ed esercizio (energia e aria compressa), le spese sono inferiori a 1 euro/ora per un abbattitore da 5.000 Nmc/h e con un contenuto COV di soli 0,4 g/Nmc in ingresso. Oltretutto, la bassissima temperatura di ossidazione e la posizione dei gruppi valvole nelle parti fredde del sistema, permettono di far durare i componenti a lungo ed evitare manutenzioni straordinarie (valvole oltre i 15 anni di continuo utilizzo e catalizzatori anche 20 anni). Alla base di tutto, però, vi è un nuovo design e una migliore tecnologia del convertitore catalitico metallico (costruito da un particolare lamierino corrugato) che hanno portato ad aumentare di 4 volte l’efficienza di scambio ter-
FOCUS UNA BAT INTELLIGENTE In molti paesi europei, leggi sempre più rigide hanno ridotto i limiti di emissione COV anche al di sotto dei 20 mgC/Nmc, con l’intento sia di abbattere di un altro 50% le concentrazioni sia di limitare la percentuale di COV nei solventi. tali obiettivi possono essere facilmente raggiunti con semplici tecnologie termiche ma saranno necessari inceneritori più complessi e più costosi, oppure si potrà ricorrere a tecnologie catalitiche considerate tra le migliori tecnologie disponibili (bAt). La minor concentrazione di COV presente nei futuri solventi non consentirà inoltre l’autosostentamento degli impianti più obsoleti, con conseguenti aumenti dei costi di mantenimento e manutenzione. mico. In conseguenza di ciò, viene offerta una garanzia di 5 anni su catalizzatori e scambiatori di calore.
Il sistema a Ossidazione Catalitica rigenerativa (rCO) studiato da genano adotta un sistema compatto ed a basso consumo e-
nergetico e che, grazie alle basse temperature di esercizio, non crea inquinanti aggiuntivi (emissioni di NOx); e in ragione di
ciò consente di rispettare al meglio le sempre più restrittive normative europee sull’inquinamento di oggi e domani.
da evidenziare anche gli impianti genano possono auto-sostenersi senza necessità di energia supplementare trattando basse percen-
tuali di VOC fin dai 0,8 g/Nmc. Un classico ossidatore termico richiederebbe almeno 3 volte tanta la concentrazione, aumentando in
proporzione anche i costi gestionali, ma soprattutto di mantenimento delle temperature attorno agli 800°C.
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FOCUS
Ecotecnologie in conceria Vantaggi ambientali
Innovativi metodi di trattamento delle pelli, ognuno dei quali ha prodotto una “ricetta” sperimentata con successo L’industria conciaria italiana ha svolto negli ultimi anni un notevole lavoro di ricerca e perfezionamento. In base alle domande di brevetto presentate, molte innovazioni riguardano le caratteristiche e le modalità di funzionamento dei bottali, al fine di condurre i diversi trattamenti risparmiando acqua, riducendo i consumi di energia e gli scarti e aumentando la produttività. Un esempio è il processo “Concia rapida”, proposto da Conciaricerca (settore tecnico-scientifico di UNIC, associazione imprenditoriale di categoria). Si tratta di un’innovativa linea di macchinari per operazioni di concia/riconcia/tintura/ingrasso in continuo, che garantisce una serie di vantaggi sia ambientali che economici. In primis, è possibile ridurre l’impatto ambientale alla fonte, diminuendo drasticamente i costi di depurazione delle acque e riducendo dell’80% i consumi idrici in conceria, grazie all’eliminazione dell’acqua nelle fasi di nobilitazione ad umido e al riutilizzo del 75% di quelle trattate. Questi macchinari permettono inoltre di ridurre del 3-5% i consumi energetici e del 15-20% quelli di prodotti chimici per tintura e ingrasso. dal punto di vista strettamente economico, la tecnologia consente di semplificare il processo produttivo, riducendo del 50% la durata della lavorazione delle pelli (concia e nobilitazione ad umido); di diminuire i costi di produzione, con un consumo di prodotti chimici per la nobilitazione ad umido pari al 25-30% di quello attuale; di rispondere più rapidamente alle richieste di mercato, anche per piccoli ordinativi; di ampliare la gamma di articoli e di colori offerti al cliente. Altre in-
novazioni riguardano la riduzione dell’uso di solventi organici, e delle conseguenti emissioni di SOV; mentre sono sempre di attualità i temi della depurazione delle acque e del recupero di fanghi e rifiuti.
DEPILAZIONE SENZA SOLFURI
Una delle principali cause dei problemi ambientali della lavorazione di depilazione-calcinazione, deriva dall’impiego di prodotti quali il solfuro e solfidrato di so-
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dio, tradizionalmente utilizzati come agenti depilanti. Questi prodotti sono una delle principali cause delle maleodoranze che da sempre caratterizzano il comparto conciario; oltre a questo, i solfuri presenti nei bagni di scarico generano, se vengono in contatto con acidi, lo sviluppo di idrogeno solforato. Si tratta di un gas altamente tossico e maleodorante, che più volte in passato è stato causa di problemi per gli operatori in conceria e negli impianti di smaltimento. Il tutto, naturalmente, senza contare i costi che necessariamente le aziende conciarie devono sobbarcarsi per gli impianti di aspirazione e di trattamento (torri di abbattimento) e gli elevati costi di depurazione per il pre-trattamento delle acque conciarie, nel quale gli ioni solfuro sono ossidati chimicamente. La presenza di solfuro nelle acque e nelle pelli, inoltre, limita notevolmente la possibilità di riutilizzo dei bagni esausti di lavorazione, così come degli scarti solidi di operazioni meccaniche quali scarnatura e spaccatura. L’Università di Pisa, insieme alla società di consulenza tecnologica del settore conciario Po.te.Co., ha svolto una approfondita indagine su sistemi di depilazione ossidativa, che utilizza acqua ossigenata per la rottura dei ponti disolfuro (-S-S-) presenti nelle proteine cheratiniche che costituiscono il pelo. La sperimentazione condotta sia in laboratorio che in impianto pilota, e successivamente su scala semi-industriale, ha prodotto una “ricetta” che prevede l’uso iniziale di una piccola dose (0,3%) di enzima depilante, e 3 successivi trattamenti con soluzione di acqua ossigenata al 34%, in soda causti-
FOCUS ca (NaOH) al 30%. Il pH ottimale di depilazione va da 12,5 a 13,0, e la quantità di acqua ossigenata al 34% corrisponde a valori compresi tra il 6 e il 9% sul peso della pelle salata fresca. È stato dimostrato che l’utilizzo dell’acqua ossigenata in fase di depilazione non provoca ossidazione del cromo trivalente (usato nella fase successiva di concia) a cromo esavalente, per cui può considerarsi perfettamente sicura. L’analisi delle qualità merceologiche mostra che il cuoio ottenuto con la depilazione ossidativa è perfettamente paragonabile a quello tradizionale, e anzi mostra maggiore morbidezza e rotondità. tenendo conto dei costi di abbattimento dell’idrogeno solforato, il costo della depilazione ossidativa risulta leggermente inferiore a quello della lavorazione tradizionale. Altri vantaggi del nuovo processo sono la possibilità di recupero dai bagni di depilazione del materiale proteico, con possibilità di riutilizzo degli scarti solidi delle lavorazioni di scarnitura e di spaccatura in trippa. RIUTILIZZO DELL’IDROLIZZATO DI CARNICCIO
Il carniccio è uno dei più importanti sottoprodotti della lavorazione del cuoio, e sono di uso comune i processi che lo sottopongono ad idrolisi alcalina, ricavando una soluzione di idrolizzato proteico. teoricamente questa soluzione avrebbe possibilità di riutilizzo come fertilizzante, o per la produzione di colle e gelatine; in pratica, l’alta salinità ne rende difficoltoso il riutilizzo. Anche in questa area l’Università di Pisa e la società Po.te.Co. hanno condotto una interessante ricerca sulla possibilità di riutilizzo diretto della soluzione di idrolizzato, senza ulteriori lavorazioni o modifiche, nella concia con sali di cromo o glutaraldeide, per la produzione di tomaie in cuoio bovino. La soluzione di idrolizzato è stata impiegata fino al 20% sul peso della pelle scarnita, ottenendo ottimi risultati in entrambi i tipi di concia. È risultato inoltre possibile adottare un processo di riconcia/tintura/ingrasso, caratterizzato da un minor consumo di prodotti chimici rispetto al processo standard.
RIUTILIZZAZIONE DI RESIDUI SOLIDI
I residui solidi contenenti proteine (come le rasature al cromo ed i ritagli di cuoio) possono essere sottoposti a trattamenti enzimatici in presenza di ammine a basso peso molecolare. da questo trattamento si ottengono due prodotti: un idrolizzato proteico ed un agglomerato ad alto contenuto di cromo. Le possibili applicazioni di questi prodotti sono state esplorate nel quadro del progetto europeo restorm: l’agglomerato può essere facilmente riutilizzato come sale conciante, semplicemente diluendolo con acqua e miscelandolo
con bicromato sodico e acido solforico, mentre l’idrolizzato proteico può avere diverse applicazioni, come fertilizzante in agricoltura, additivo in edilizia (ingrediente di rivestimenti protettivi, componente del cartongesso), componente di adesivi ecologici nel settore del legno, componente di prodotti per la riconcia e il finissaggio nell’industria conciaria, legante per sostituire in parte la caseina nel settore cartario. STOP O MENO USO DI SOSTANZE PERICOLOSE
Per ogni tonnellata di pelle grezza trattata si usano in media 500 kg
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di prodotti chimici di diversa natura. dal punto di vista ambientale risultano particolarmente critiche le seguenti sostanze: biocidi, composti organici alogenati per sgrassaggio, solventi organici usati nel processo di finissaggio, tensioattivi, sali di ammonio, coloranti e ausiliari di tintura, ritardanti di fiamma. I biocidi alogenati dovrebbero essere sostituiti da sostanze aventi minore tossicità e persistenza nell’ambiente, come il dimetilditiocarbammato di sodio di potassio. I composti organo alogenati per sgrassaggio possono essere sostituiti con agenti sgrassanti non alogenati in quasi tutti i casi, salvo che nello sgrassaggio a secco delle pelli di pecore Merino. In questi casi si usano macchine a circuito chiuso, con sistemi di abbattimento delle emissioni e riutilizzo del solvente. Al posto dei solventi organici per finissaggio è possibile utilizzare prodotti a base acquosa o a basso contenuto di solventi organici; tuttavia, nel caso di rivestimenti che richiedono alte prestazioni di resistenza allo sfregamento (interni di auto, poltrone e divani) la sostituzione dei sistemi a solvente con sistemi a base acquosa richiede l’uso di agenti reticolanti. I tensioattivi sono utilizzati in diContinua a pag. 32
FOCUS
Stop all’H2S Emissioni odorigene in conceria
rimozione dell'idrogeno solforato dagli effluenti gassosi in un nuovo reattore a letto rotante dalla necessità di mitigare l’impatto ambientale dei solfuri prodotti nel processo industriale conciario è nato il progetto Life bIOSUr (rotating bioreactors for sustainable hydrogen sulphide removal), che prevede l'applicazione di una tecnologia innovativa per il trattamento ed il controllo delle emissioni odorigene. durante la fase di depilazione delle pelli si generano effluenti contenti elevate concentrazioni di solfuro; l'idrogeno solforato (H2S) dalla fase liquida strippa in fase gassosa generando la presenza di odori molto sgradevoli che impattano pesantemente sulla qualità dell'aria e di conseguenza della vita. gli scrubber chimici attualmente costituiscono la tecnologia più utilizzata per la rimozione dell’idrogeno solforato dagli effluenti gassosi; tuttavia, questa tecnologia presenta un’elevata carbon footprint complessiva e costi elevati, sia dal punto di vista ambientale che economico, dovuti al consumo di notevoli quantità di reagenti chimici (NaOH) e di energia. L'innovazione tecnologica consiste nell'utilizzo di un bioreattore a letto mobile rotante rbbr (rotating bed biofilm reactor) per la rimozione biologica dell’idrogeno solforato dagli effluenti gassosi. La bassa carbon footprint e l'elevata sostenibilità economica ed ambientale rendono questa soluzione tecnologica un valido sostituto degli scrubber chimici. I biotrickling Filters (btFs) sono bioreattori nei quali i flussi gassosi vengono fatti passare attraverso un letto filtrante, in grado di permettere l'immobilizzazione ed il mantenimento della biomassa solfuro-ossidante. I btFs tradizionali non richiedono dosaggio di chemicals e raggiungono un'elevata capacità di rimozione ma subiscono frequenti intasamenti con conseguenti perdite di carico che si
Prototipo installato presso l’impianto Cuoiodepur
ripercuotono sui costi gestionali. IL PROGETTO E IL PROTOTIPO
Nel contesto del progetto è stato ideato e costruito un prototipo di un reattore biologico a letto mobile (rbbr) con l'obiettivo di utilizzare la rotazione dei biodischi come strategia innovativa per rimozione della biomassa in eccesso grazie agli sforzi di taglio tra i biodischi e all'acqua presente nella parte inferiore del rbbr, superando in questo modo i limiti dei btF statici. Si tratta del primo prototipo operativo di un letto rotante applicato al trattamento degli effluenti gassosi ed è stato installato nell’impianto di trattamento di reflui conciari di Cuoiodepur. L’rbbr ha una forma cilindrica ed è suddiviso in quattro settori. Il flusso d'aria attraversa orizzontalmente i settori e ognuno di essi è idraulicamente separato dagli altri attraverso un setto. Questa suddivisione permette la pulizia differenziale dei settori senza compromettere la funzionalità del sistema e fornisce la possibilità di mantenere condizioni differenti in ogni settore. I biodischi hanno un diametro di 2,38 m e sono spessi 32 cm; l'ultimo settore è composto da un solo biodisco con uno spessore di 64
cm. L'acqua di ogni settore viene pompata ad un serbatoio esterno e ricircola nei biodischi per mantenere l'umidità necessaria per il corretto funzionamento della biomassa. I nutrienti (azoto e fosforo), la cui concentrazione è controllata per evitare limitazioni di crescita della biomassa, sono dosati nel flusso di ricircolo. Poiché l'ossidazione biologica dell'idrogeno solforato produce acidità, viene aggiunta acqua di make up ai fini di mantenere il setpoint del pH; il livello dell'acqua nel rbbr viene mantenuto costante e l’acqua in eccesso viene scaricata. La biomassa si sviluppa sui dischi rotanti (parzialmente immersi in acqua) costituiti da schiuma poliuretanica, che essendo resistente a pH fortemente acidi permette l'adesione della biomassa solfuro ossidante. Il volume totale del letto filtrante è di 8 m3. La rotazione dei dischi causa sforzi di taglio tra i supporti plastici e l'acqua presente sul fondo del reattore, permettendo il distacco dei solidi in eccesso e limitando le perdite di carico. Il prototipo è stato progettato per trattare fino a 12.000 mc/ora di gas proveniente da comparti coperti dell'impianto di depurazione. Il prototipo è situato vicino agli scrubber chimici ed intercetta il
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flusso di gas attraverso una derivazione del sistema di tubazioni preesistente, atto a convogliare l'aria agli scrubber chimici. In questo modo il prototipo viene testato come pretrattamento a cui segue un’ulteriore fase di affinazione, con l'obiettivo di massimizzare la rimozione del H2S e di ridurre i consumi di NaOH. dopo la fase di start up, durante la quale è stato fatto l'inoculo della biomassa proveniente dal fango primario, sono state testate diverse strategie per controllare la crescita del biofilm. I principali parametri testati sono il setpoint del pH, la portata di ricircolo e la velocità di rotazione dei biodischi. MONITORAGGIO E RISULTATI
Il monitoraggio del prototipo include inoltre l'analisi di parametri biologici, chimici e fisici. In particolare, nel liquido di ricircolo sono stati misurati diversi parametri come la richiesta chimica di ossigeno (COd), la richiesta chimica di ossigeno solubile (SCOd), il carbonio organico totale (tOC), la concentrazione dell’ammonio, i fosfati, i metalli, i solidi sospesi totali (SSt) ed i solidi sospesi volatili (SSV). Il prototipo riceve concentrazioni d’idrogeno solforato compresi tra 10 e 400 mg S/mc. L'evoluzione del processo è controllata mediante l'analisi delle concentrazioni d’idrogeno solforato in entrata e in uscita dal rbbr tramite un gascromatografo. L’efficienza di rimozione è in media superiore all’80% e la capacità di rimozione ha raggiunto valori di 90 g H2S mc/ora corrispondente a circa 20 kg S-H2S/giorno. grazie alla possibilità di controllare la rotazione dei biodischi, il prototipo ha di fatto consentito di superare i limiti del tradizionale bFts, registrando perdite di carico sempre inferiori a 4 millibar.
FOCUS Continua da pag. 29
Ecotecnologie in conciaria verse fasi del processo di concia: rinverdimento, calcinazione, sgrassaggio, concia vera e propria, tintura; fino a pochi anni fa erano comunemente utilizzati i nonilfenoli etossilati, che oggi sono però sotto accusa per la loro persistenza nell’ambiente e per un possibile ruolo di “disturbatori endocrini”. La principale alternativa è attualmente rappresentata dagli alcoli etossilati. gli agenti decalcinanti a base di ammonio possono essere interamente o parzialmente sostituiti da CO 2 sotto pressione; in questo modo si ottiene una riduzione del 20-30% delle emissioni di azoto, e una riduzione del 30-50% del bOd dell’acqua di scarico della fase di concia. Invece della CO2 si possono utilizzare anche acidi organici deboli (acido lattico, acido formico, acido acetico), che però aumentano il COd delle acque reflue e sono nettamente più costosi. È opportuno sostituire i coloranti in polvere con coloranti liquidi, per ridurre le emissioni di polveri in atmosfera. La scelta dei coloranti deve privilegiare quelli a ridotto impatto ambientale (ad alto esaurimento e con limitato contenuto di sali); in particolare, è opportuno sostituire i coloranti alogenati con coloranti reattivi al vinilsolfone, per ridurre il contenuto di AOX nei reflui. L’uso dell’ammoniaca come agente penetrante è da evitare, perché nella maggior parte dei casi è possibile una sua completa sostituzione con coloranti penetranti. Le norme anti-incendio impongono l’uso di ritardanti di fiamma per i rivestimenti in pelle destinati ai locali pubblici, ed i prodotti più efficaci sono i ritardanti bromurati, oggi però soggetti a restrizioni sempre crescenti a causa della tossicità dei loro prodotti di combustione. I migliori sostituti sono attualmente quelli a base di fosfati. La riduzione dei consumi di sali di cromo costituisce un argomento a parte, per il quale sono state proposte diverse opzioni, come: aumento dell’assorbimento del cromo mediante rigoroso controllo dei parametri operativi (pH, temperatura, tempo, velocità del bottale), impiego di metodi di concia ad alto esaurimento, recupero del cromo mediante precipi-
tazione e separazione. ZERO SCARTI DI LAVORAZIONE
Il progetto “zero Impact” ha come obiettivo la riduzione (fino all’annullamento) degli scarti di lavorazione nella filiera delle pelletteria fiorentina. Esso coinvolge 40 industrie del settore, tra le quali gucci, il Consorzio Centopercento italiano e il Comune di Scandicci, e vuole individuare soluzioni tecniche innovative per recuperare e riutilizzare i rifiuti e gli avanzi del polo del lusso fiorentino, che ospita alcune delle principali griffe della moda, da Ferragamo a gucci appunto, e dove producono tutti i grandi marchi italia-
cuoio. Il progetto punta a realizzare un processo innovativo, naturale e sostenibile, in grado di fornire gli stessi risultati delle tecniche di macerazione tradizionali e, allo stesso tempo, di ridurre l’impatto ambientale delle concerie. Questi i vantaggi: riciclo e riutilizzo in un’applicazione innovativa di uno scarto, le deiezioni polline, che pone seri problemi ambientali in termini di smaltimento; drastica riduzione dell’impatto ambientale dei reflui di conceria, grazie all’uso di un prodotto naturale; applicazione di un trattamento innovativo in grado di deodorizzare le deiezioni polline; utilizzo di scarti riciclati in luogo di prodotti industriali, con vantaggi economici, energetici e idrici.
a causa dei problemi di intasamento dovuti alla crescita del biofilm ed alla formazione di prodotti solidi di ossidazione. Nel quadro del progetto Life “biosur” (rotating bioreactors for sustainable hydroges sulfide removal) è stato realizzato da Italprogetti e dalle Università di Firenze e Pisa un prototipo di reattore a biodischi rotanti, che è stato installato presso il consorzio Cuoiodepur. Con capacità di trattamento di 12.000 mc/ora e concentrazioni di idrogeno solforato in entrata variabili da 10 a oltre 400 mg/mc, questo prototipo ha lavorato per oltre un anno ottenendo efficienze di rimozione tra 80 e 90%. LA GESTIONE GLOBALE DEI RIFIUTI
ni e stranieri della pelletteria. L’80% del volume complessivo di rifiuti nel distretto è costituito da scarti di pelle, solitamente conferiti in discarica; “zero Impact” punta a trovare l’utilizzo più idoneo a questi scarti, come materia prima secondaria per nuovi materiali da immettere sul mercato, anche in altri comparti, chiudendo a impatto zero il ciclo produttivo della filiera. CONCIARE CON LE DEIEZIONI DI POLLO
Un progetto europeo Life gestito da Podeba e coordinato da Enea intende dimostrare l’utilizzo di un materiale ottenuto da un sottoprodotto agroindustriale (deiezione di pollo) nella fase di macerazione (bating) nel processo di concia del
A ciò si aggiunga che le applicazioni del prodotto su substrati polifunzionali possono favorire l’inserimento di principi attivi a rilascio controllato e di sostanze funzionalizzanti alle calzature finite (ad esempio, caratteristiche antimicrobiche o autopulenti). BIODISCHI PER ABBATTERE L’H2S
L’idrogeno solforato presente nelle emissioni gassose delle concerie viene di solito eliminato con mezzi chimici, come l’assorbimento in soluzioni di soda. Il metodo è però costoso, in quanto sono necessari 30 kg di soda per neutralizzare 1 solo kg di idrogeno solforato. I biofiltri possono costituire una alternativa più ecologica, ma sono difficili da gestire
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Il progetto M.E.t.A. (Matter and Energy from tAnnery sludges) aveva l’obiettivo generale di affrontare il tema della gestione dei fanghi di depurazione del comparto conciario toscano, che costituisce una significativa criticità per il territorio, al fine di valutare la possibilità di strategie di recupero energetico o di materia che rendano maggiormente sostenibile il ciclo di trattamento delle acque e, di conseguenza, dell’intero comparto produttivo. Il progetto ha preso in esame, parallelamente, anche alte tipologie di rifiuti organici tipici del comparto, con le quali si possono sviluppare sinergie di tipo gestionale e/o energetico. Lo scopo del progetto è stato quello di fornire al distretto produttivo conciario, ma più in generale al territorio regionale toscano e nazionale, la possibilità di recupero (energetico e/o di materiali) su tipologie di rifiuti per le quali le soluzioni attualmente praticate si possono ritenere ancora ottimizzabili. Lo scopo ultimo, costruire un nuovo modello di green economy basato su sinergia tra aziende produttrici di rifiuti, tecnologie ed utilizzatori finali delle risorse recuperate, definendo eventuali scenari anche per la creazione di nuove tipologie di imprese. Il progetto ha affrontato sia il tema del recupero di energia, attraverso la digestione anaerobica, che quello del recupero di materia, mediante il trattamento termico del digestato e l’utilizzo delle ceneri come componenti di fertilizzanti.
FOCUS
Le nuove dosatrici Qdos Watson-Marlow Pumps Group
Precisione ad alta portata, installazione semplice, manutenzione rapida e bassi costi di mantenimento In seguito al successo delle rivoluzionarie dosatrici peristaltiche Qdos 30 e 60 Watson-Marlow Pumps group introduce il nuovo modello della serie: Qdos 120, grazie alla quale ora l’azienda copre portate da 0,1 ml/min a 120 l/h con una contropressione massima di 7 bar. Inoltre, l'installazione semplice e la manutenzione rapida senza utensili offerte dalla tecnologia della testa cartuccia reNu garantiscono un costo di mantenimento significativamente inferiore a quello di una pompa a membrana. Le dosatrici Qdos, nate in risposta alle esigenze del mercato delle concerie, che richiede sistemi efficienti dai costi operativi sempre più bassi. Queste pompe, infatti, eliminano la necessità di accessori ausiliari, migliorano la produttività e riducono gli sprechi grazie a un dosaggio più accurato, lineare e ripetibile rispetto a quanto offerto dalle pompe dosatrici a membrana. Inoltre, sono anche in grado di abbattere i costi dei prodotti chimici garantendo allo stesso tempo un dosaggio agevole, anche nel trasferimento di fluidi particolarmente viscosi o con solidi in sospensione. Questa peculiarità si
Qdos 120
Qdos 30
Pompaggio reflui di conceria con pompe Bredel
abbina alla tecnologia peristaltica per garantire una portata precisa e ripetibile. Le applicazioni ottimali per le pompe Qdos, sono il dosaggio di tanti prodotti normalmente ostici per le pompe a diaframma. Particolarmente adatte, ad esempio, alle operazioni di dosaggio di prodotti chimici tipicamente impiegati negli impianti di trattamento acque delle industrie conciarie. Le caratteristiche di controllo avanzate comprendono il monitoraggio del livello, il recupero del fluido con l'inversione del senso di rotazione della pompa, l'adesca-
Dosaggio di prodotti chimici con pompa Qdos in conceria Hi-Tech Ambiente
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FOCUS mento in linea fino a 10 m di colonna d'acqua e la taratura intuitiva e precisa della portata. Al fine di soddisfare standard di qualità sempre più severi, la maggiore accuratezza della pompa Qdos permette di utilizzare sostanze chimiche a concentrazione più elevata, risparmiando così sui costi di trasporto e riducendo le emissioni di CO2. E che dire della sua installazione? Non potrebbe essere più semplice, poiché le pompe Qdos non necessitano di un polmone per ridurre le pulsazioni, di filtri, di valvole di sfiato o di contropressione o di fondo. Inoltre, la pompa soddisfa la richiesta di prodotti esenti da manutenzione o a manutenzione ridotta, determinata dalla riduzione dei budget a essa destinati, perché nel percorso del fluido nelle Qdos non sono presenti guarnizioni o valvole che possano bloccarsi, perdere o corrodersi, e non vi è il rischio che si verifichino blocchi da gas. Oltrettutto, le ridotte necessità di manutenzione della pompa abbassano drasticamente anche l'impatto del tempo di inattività. Il design della testa reNu, brevettata da Watson-Marlow, è dotato di rilevamento perdite integrato, riduce gli sprechi ed elimina l'esposizione dell'operatore alle sostanze chimiche. La rapida sostituzione della testa senza l'utilizzo di utensili minimizza i tempi morti e non richiede formazione specifica. tornando alla sua installazione, la pompa è ideale per ambienti ristretti oppure per montaggio su skid, e può essere configurata con testa assemblata a sinistra o a destra. Il funzionamento intuitivo è possibile grazie a un'interfaccia controllata da menu con display a colori tFt da 3,5" con indicazione stato ad alta visibilità. La tastiera e il display sono posizionati in modo da facilitare l'accesso e le connessioni input e output. I tecnici, inoltre, trarranno beneficio dalla possibilità di implementare design di sistema semplificati. L’elevato adescamento in aspirazione e la capacità di trasferire efficacemente fluidi viscosi elimina la necessità di un'aspirazione immersa, di serbatoi giornalieri e tubi speciali. Molto adatta ed utilizzata nell’industria conciaria anche la linea brede-Apex, distribuita da Watson-Marlow. Le pompe peristaltiche bredel Hose Pumps e Apex
rappresentano la soluzione ideale per il pompaggio in maniera delicata e senza pulsazioni. Sono particolarmente indicate per lavori gravosi di fluidi di qualsiasi viscosità, contenenti anche parti semisolide, con un campo di applicazione che va dal litro fino ad elevate portate di oltre 10 mc/h e sino 16 bar di pressione. Consentono inoltre la pulizia in linea, vantano un design compatto e di minimo ingombro e una manutenzione semplice.
Dosaggio di chemicals con pompa Qdos in depuratore consortile per reflui conciari
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BIOmasse & BIOgas B I O m a s s a
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B I O g a s
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B I O m e ta N O
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C O g e N e R a z I O N e
L’innovativa digestione anaerobica Il progetto ORION
Un sistema decentrato compatto, affidabile, facile da gestire e con elevati rendimenti di conversione in energia al trasporto dei rifiuti dal luogo di produzione a quello dell’impianto di smaltimento. Il progetto europeo Orion si propone di superare questa situazione, mettendo a disposizione delle industrie un sistema decentrato e innovativo per la digestione anaerobica su piccola scala (da 100 a 5.000 ton/anno), che risulti affidabile, facile da gestire e con elevati rendimenti di conversione in energia. Il sistema messo a punto nel corso del progetto è compatto e si presta ad essere montato su container mobile; è composto da modulo di digestione, modulo di combu-
Ogni anno le industrie agroalimentari e le installazioni di ristorazione collettiva europee producono circa 240 milioni di tonnellate di rifiuti organici; circa metà di questo enorme quantitativo viene incenerito o smaltito in discarica, con rilevanti costi a carico delle industrie produttrici e impatti ambientali relativi alle fasi di stoccaggio intermedio, trasporto e trattamento finale. Anche nel caso lo smaltimento avvenga in maniera appropriata (cioè in impianti di digestione anaerobica di grande capacità), si ha comunque un rilevante impatto ambientale dovuto
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stione e unità di controllo. IL MODULO DI DIGESTIONE
Nel quadro del progetto Orion è stato messo a punto un particolare digestore, caratterizzato dalla presenza di una tubazione verticale centrale (comprendente un elemento filtrante) per l’alimentazione. Questa avviene con modalità discontinua, a intervalli variabili da 10 a 30 minuti. La digestione inizia già nella tubazione centrale e si completa nel digestore, che è di forma cilindrica, costantemente riscaldato e mantenuto in agitazione. Nella parte superiore è presente una griglia di separazione, realizzata in poliammide mediante stampante 3D, che ha la funzione di trattenere i materiali solidi all’interno del digestore. Eventuali accumuli di materiali non digeribili che si accumulano nella parte alta del digestore possono essere rimossi mediante un’apposita feritoia di uscita; mentre le sabbie e i materiali che si raccolgono al fondo possono essere scaricati periodicamente attraverso la tubazione di scarico. La parte alta del digestore contie-
ne un compartimento centrale (dove si raccoglie il biogas prodotto) e 4 compartimenti laterali, dove sono situati i sistemi idraulici, la pompa di ricircolazione della biomassa, il sistema di distribuzione e di pressurizzazione, e il sistema di rimozione dell’idrogeno solforato. Inoltre, nella parte superiore si trovano gli analizzatori del biogas e dell’effluente, e l’accesso a due
tubazioni di campionamento. La miscelazione del contenuto del digestore è ottenuta mediante 3 diversi meccanismi: agitazione meccanica mediante rotore con pale a passo regolabile, ricircolazione del biogas in forma di bolle e ricircolazione della massa mediante pompa volumetrica bidirezionale controllata da PLC. È stata dedicata un’attenzione par-
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ticolare al trattamento superficiale dei componenti dove si accumula più facilmente il biofilm, utilizzando rivestimenti in teflon o altri materiali idrofobici. IL MODULO DI COMBUSTIONE
Per ragioni di economia e di sicuContinua a pag. 38
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dell’effluente dal digestore - un gruppo di sensori specifici per il biogas ne registra la composizione in metano, CO2 e idrogeno solforato - un gruppo di speciali sensori, di tipo particolarmente innovativo, registra il contenuto in acidi grassi volatili dell’effluente dal digestore. Il software di controllo è diviso in due parti: - controllo dei singoli digestori, mediante un normale Windows PC. Questo sistema acquisisce i dati dei diversi sensori, regola il funzionamento dei digestori e invia ad intervalli regolari i dati all’unità centrale - controllo centralizzato, su server Linux PC. Questo sistema consente di visualizzare i dati relativi ad ogni digestore, e provvede a inviare messaggi di allarme in caso di valori fuori norma o malfunzionamenti. Il sistema opera secondo logica “fuzzy” ed è strutturato in modo da massimizzare l’alimentazione al digestore, evitando però sovraccarichi.
L’innovativa digestione anaerobica rezza, il modulo di combustione è stato realizzato in 3 diversi componenti: - una caldaia commerciale da 12 kW, utilizzata nelle fasi di avviamento e come “rinforzo” nel caso che il biogas non fornisca un sufficiente output energetico. Questa caldaia è alimentata con metano da rete - una caldaia da 6 kW specificamente progettata per il funzionamento con biogas di composizione 60% metano + 40% CO2, utilizzata nelle fasi di funzionamento regolare del digestore - una piccola torcia, provvista di un sistema di combustione assistita alimentato a metano, utilizzata in caso di imprevisti o irregolarità di funzionamento del digestore. Le caldaie riscaldano un circuito di acqua in circolazione, dotato di 2 pompe e di un certo numero di sensori di temperatura, opportunamente disposti. L’UNITA’ DI CONTROLLO
BILANCIO ECONOMICO, AMBIENTALE E SOCIALE
Il controllo del sistema avviene mediante tre differenti gruppi di sensori: - un gruppo di elettrodi sensibili a ioni specifici (ammonio, sodio, potassio, calcio, pH, potenziale redox) registra la composizione
Il costo di trasporto, trattamento e smaltimento dei rifiuti alimentari varia normalmente da 75 a 175 euro/ton, mentre il sistema sviluppato dal progetto Orion può garantire un costo intorno a 50 euro/ton.
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L’investimento necessario per il digestore ed i relativi sistemi di controllo è intorno a 80.000 euro, più altri 8.000 per l’installazione e il collaudo; ma è possibile ripartire questo costo su più utilizzatori diversi, che lo gestiscono in comune. Su questa base, l’investimento dovrebbe ripagarsi in circa 3 anni, considerando che il 50% del biogas prodotto può fornire un introito derivante dalla sua energia termica. Dal punto di vista ambientale, l’adozione su larga scala del sistema di digestione anaerobica sviluppato nel corso del progetto Orion consentirebbe di evitare le emissioni inquinanti attualmente derivanti dallo smaltimento di grandi quantità di rifiuti organici mediante incenerimento o discarica. Inoltre, la possibilità di trattare questo tipo di rifiuti con impianti distribuiti sul territorio ridurrà i problemi di cattivi odori e possibile contaminazione di acque e terreni che oggi derivano dai prolungati tempi di stoccaggio, e abbatterà drastica-
mente le emissioni connesse con il trasporto dei rifiuti ai Centri di trattamento. Dal punto di vista sociale, l’analisi condotta con i modelli PEST (Political, Economic, Social and Technical) e SWOT (Strenghts, Weaknesses, Opportunities and Threats) fornisce risposte complessivamente positive, soprattutto relativamente ai vantaggi che il progetto potrebbe portare alle piccole e medie industrie. SVILUPPI FUTURI
Il progetto si è formalmente concluso, ma sono previste nel prossimo anno alcune prove pilota presso il digestore da 3.000 litri che è stato costruito a Maison Rocaudil (Francia); negli anni successivi verrà messa a punto una catena di possibili fornitori di rifiuti organici, in modo da alimentare il reattore in modo continuo e valutare l’opportunità di aumentare la capacità di trattamento secondo un approccio modulare.
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sviluppato tecnologie e competenze che coprono l'intera catena del valore di questa fonte di energia pulita: purificazione del biogas in biometano, iniezione nella rete del gas naturale, liquefazione, distribuzione per flotte di trasporto pulite. Con una capacità installata di 160.000 mc/ora, Air Liquide è fortemente specializzato nella fornitura di tecnologie per la purificazione del biogas ed ha progettato e implementato in tutto il mondo 50 unità di purificazione del biogas per trasformare il biogas in biometano ed iniettarlo nelle reti del gas naturale. L’attività di purificazione e valorizzazione dei biogas è un esempio molto promettente di economia circolare, che aiuta a ridurre le emissioni di gas serra e che potrebbe contribuire a soluzioni per il trasporto ad emissioni zero del futuro. <<Sviluppare il mix energetico di domani è un obiettivo primario per Air Liquide che da anni pone tra i suoi programmi prioritari lo sviluppo delle energie sostenibili - dichiara Dante Di Lauro, Biogas Proposal Manager di Air Liquide Italia - ed è impegnata a contribuire all’obiettivo comunitario che mira al raggiungimento, entro il 2020, del 10% di energia rinnovabile nel settore dei trasporti. In particolare, in Italia, a partire dall’uscita del Decreto Biometano nel 2013, l’attenzione si è significativamente focalizzata su questa fonte energetica sostenibile ed Air Liquide ha aderito al Consorzio Italiano Biogas,
Il biometano di air Liquide tecnologia consolidata
Un processo di purificazione del biogas, affidabile ed efficiente, basato sull'uso di membrane in polimero brevettate Air Liquide ha infatti messo la propria esperienza di lunga data nella criogenia e nella separazione dei gas al servizio di questo settore innovativo ed ha costituito all’interno della divisione aB&T - Air Liquide advanced Business & Technologies, un team dedicato appositamente allo sviluppo del biometano. L’azienda ha così Hi-Tech Ambiente
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condividendone le linee guida che mirano ad un pieno sviluppo delle potenzialità del biometano nel Paese>>. Il biogas viene prodotto durante il trattamento dei rifiuti (agricoli, domestici ed industriali). La tecnologia di purificazione del biogas si basa sull'uso di moduli di depurazione che, mediante membrane a fibra cava polimeriche brevettate e prodotte da Air Liquide, separano metano e diossido di carbonio attraverso un processo innovativo. Questo efficiente sistema genera un biometano di alta qualità (purezze dal 96,5% al 99%), che può essere iniettato nella rete del gas naturale. Usato come carburante nei veicoli, il biometano viene chiamato anche bio-NGV (Natural Gas for Vehicles) e che, come l'idrogeno, rappresenta una soluzione pulita per il trasporto. Questo carburante, non di origine fossile, si inscrive nel quadro di un'economia circolare (dalla conversione dei rifiuti alla mobilità dei veicoli). L'uso del biogas in un reformer consentirà inoltre la produzione di idrogeno senza generazione di diossido di carbonio,
in linea con l'impegno Blue Hydrogen del Gruppo per il 2020. Quanto allo stoccaggio del biometano, sicuramente la sua liquefazione apre nuove strade. Si tratta di una soluzione appropriata laddove vi siano vincoli logistici dovuti alla non presenza di una rete di distribuzione. In forma liquida, infatti, il biometano è facilmente trasportabile al punto di utilizzo. Ad aprile 2016, il Gruppo ha annunciato la messa in servizio di 12 unità di purificazione del biogas nel corso degli ultimi 12 mesi in Europa. Con queste unità, localizzate in Francia, nel Regno Unito, in Ungheria ed in Danimarca, Air Liquide ha triplicato la sua capacità di purificazione del biogas sul continente europeo. Nel 2014, invece, ha acquisito FordonsGas, il principale distributore svedese di bio-NGV, che gestisce circa 50 stazioni in Svezia. Queste stazioni consentono a taxi, flotte aziendali, autobus ed auto di utilizzare carburante rispettoso dell'ambiente, che per circa il 70% è prodotto da energie rinnovabili.
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energia
Lo stoccaggio promettente dell’energia I dieci progetti più interessanti
I sistemi di accumulo energetico hanno un ruolo strategico nello sviluppo della green economy a livello mondiale È sempre maggiore la consapevolezza circa l’importanza dei sistemi di stoccaggio energetico quale perfetto completamento degli impianti che producono energie rinnovabili. Alcuni progetti, tra i più importanti in tutto il mondo, dimostrano il vasto potenziale dello stoccaggio energetico per lo sviluppo della green economy. LO STOCCAGGIO ELETTRICO TESLA
L’azienda di automobili elettriche e di tecnologie per lo stoccaggio elettrico Tesla, in collaborazione con la Southern California Edison, ha progettato e costruito una enorme batteria al litio da 20 MW/80 MWh, situata presso la sottostazione californiana di Mira Loma. La Tesla ha concepito questo sistema al fine di migliorare la capacità di stoccaggio energetico
della città di Los Angeles, offrendo una soluzione sicura e ambientalmente sostenibile per l’approvvigionamento energetico dell’area. Secondo l’azienda, si tratterebbe della batteria al litio più grande al mondo. Il sistema, denominato Powerpack, si carica con l’elettricità proveniente dalla rete elettrica durante i momenti in cui la richiesta energetica è bassa, per poi restituirla durante i momenti di picco della domanda, per assicurare un approvvigionamento energetico affidabile agli oltre 15 milioni di residenti della città. Si stima che Powerpack sia in grado di concentrare energia sufficiente per alimentare oltre 2.500 utenze domestiche per un giorno interno o per caricare circa 1.000 veicoli elettrici.
che di vendere alla rete l’energia accumulata dai loro veicoli. Il progetto, il primo del genere lanciato nel Regno Unito, è frutto della collaborazione tra la casa giapponese e l’italiana Enel, e riguarda lo sviluppo di 100 unità “Vehicle to grid” (V2G); si tratta in pratica di colonnine di carica “a doppio senso”, con le quali sarà possibile sia caricare l’auto
DAI VEICOLI ELETTRICI ALLA RETE
La casa automobilistica giapponese Nissan sta lanciando un sistema rivoluzionario che consentirà ai proprietari di auto elettri-
Powerpack di Tesla
“Vehicle to grid” Nissan-Enel Hi-Tech Ambiente
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elettrica che “scaricarla” (nel caso, ad esempio, che non si preveda di utilizzarla), immettendo l’energia elettrica in rete. Il progetto segna una fase importante della strategia Nissan diretta a dimostrare come i veicoli a emissioni zero, connessi con la rete elettrica, possano incrementare l’efficienza energetica complessiva. BATTERIA GIGANTE CONNESSA IN RETE
piegate in sistemi di stoccaggio energetico su piccola scala. Il Centro per le ricerche energetiche dell’Università di CaliforniaSan Diego (Usa) ha quindi progettato, in collaborazione con la casa automobilistica tedesca BMW, un sistema per lo stoccaggio dell’elettricità basato sull’impiego di batterie esauste di auto elettriche, della capacità di 180 kWh. Scopo del progetto è incentivare la diffusione dei veicoli elettrici,
PROGETTO DIMOSTRATIVO A MICRORETE
La compagnia elettrica pubblica canadese PowerStream ha iniziato una collaborazione con la multinazionale General Electric per implementare un sistema di produzione e stoccaggio energetico presso la sede centrale della PowerStream in Ontario. Si tratta di un progetto dimostrativo che consiste in un prototipo di “microrete”, che vuole dimo-
Batteria al titanato di litio (Toshiba)
La sede della PowerStream in Ontario (Canada)
La società Eon, in collaborazione con l’azienda energetica tedesca Uniper e un gruppo di ricerca universitario, lavora allo sviluppo di una batteria gigante connessa alla rete elettrica. La batteria, del costo di 4 milioni di sterline, è sita presso la sottostazione elettrica di Willenhall (UK) ed è stata connessa alla rete il 17 marzo scorso. Si tratta di uno degli impianti di stoccaggio energetico più grandi del Regno Unito, che impiega una batteria da 2 MW al titanato di litio fornita dalla Toshiba, che può erogare energia sufficiente per alimentare 3.000 abitazioni per 20 min. E’ stata scelta la tecnologia al titanato di litio a causa della sua capacità di caricare ed erogare velocemente l’energia; inoltre, questo tipo di batteria ha una maggiore vita utile ed ha meno problemi di sicurezza rispetto alle comuni batterie agli ioni litio.
quando è più economico attingere energia dalla rete piuttosto che consumare, stoccare o produrre l’elettricità in modo autonomo. CENTRALE ENERGETICA DI ALAMITOS
LA SECONDA VITA DELLE BATTERIE PER AUTO ELETTRICHE
Le batterie dei veicoli elettrici hanno in genere una vita utile di 8-10 anni. Quando hanno perso il 20% della loro capacità di carica non sono più idonee all’impiego ma, tuttavia, mantengono una capacità sufficiente per essere im-
imprese di pubblici servizi. La microrete produrrà elettricità sfruttando l’energia solare, eolica e il gas naturale; l’energia prodotta verrà stoccata in un complesso di batterie al piombo, a ioni litio e al nickel-cloruro di sodio, per essere poi impiegata per alimentare gli uffici della PowerStreams e altre infrastrutture, tra cui un parco di auto elettriche. Come parte del progetto, la GE fornisce un sistema di controllo che determina automaticamente
dimostrando la possibilità di diminuire i costi di manutenzione per i proprietari attraverso il riutilizzo delle batterie esauste.
strare come la generazione su piccola scala e lo stoccaggio siano opzioni affidabili sia per il consumo commerciale che per le
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All’inizio di quest’anno l’azienda elettrica Southern California Edison, insieme con la AES, ha costruito un sistema di stoccaggio da 100 MW che è stato installato presso la centrale elettrica californiana di Alamitos, che alimenta l’intera area di West Los Angeles. In pratica, il gruppo turbogas di cui era dotata la centrale di Alamitos è stato sostituito con un modulo formato da 18.000 batterie al litio. Nelle prime ore del mattino, il sistema di stoccaggio fornisce energia sufficiente per far fronte al picco di richiesta energetica della città, sfruttando l’energia accumulata nelle ore notturne (gran parte della quale generata da turbine eoliche). Per affrontare il secondo picco di domanda (ore pomeridiane) il sistema impiega invece l’energia solare accumulata nel corso della mattina. Ciò che rende questo progetto particolarmente interessante è Continua a pag. 44
SISTEMA DI STOCCAGGIO ADVANCION 4
All’inizio dell’anno la società di distribuzione energetica irlandese AES UK & Ireland ha annunciato il completamento del sistema di stoccaggio energetico Advancion 4, installato presso la centrale elettrica di Carrickfergus (Irlanda del Nord). Il sistema è costituito da oltre
di fornitura ventennale con l’azienda elettrica pubblica dell’isola di Kauai (Hawaii, Usa), per produrre il 50% del fabbisogno elettrico dell’isola da fonti rinnovabili entro il 2023. Il progetto prevede di equipaggiare i pannelli solari presenti sull’isola con un sistema di stoccaggio su larga scala, che consenta di conservare l’energia prodotta in eccesso nei periodi di scarsa
La centrale elettrica di Alamitos
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Lo stoccaggio promettente dell’energia l’autonomia del sistema: la gran parte dei sistemi di stoccaggio basati su batterie al litio non superano le 2 ore, ma in questo caso le dimensioni del sistema (18.000 batterie) consentono un’autonomia che arriva a 4 ore. Si ritiene che questa soluzione consentirà di raggiungere l’obiettivo, fissato dallo Stato della California, di ridurre dell’80% le emissioni di gas serra entro il 2050.
litio da 2 MWh complessivi, più una batteria a flusso redox da 1 MWh); l’unità di controllo distribuisce l’energia prodotta dalle turbine all’unità più adatta per lo stoccaggio (a breve o a lungo termine) nei momenti di sovraccarico della rete elettrica. In questo modo è possibile conservare elettricità sufficiente per coprire il fabbisogno di 40 abitazioni per un intero fine settimana.
Sistema di stoccaggio Advancion 4 di Aes
domanda, per poterla impiegare quando il sole è assente. Il sistema è costituito da 520 batterie Tesla al litio, con una capacità complessiva di 52 MWh, che possono alimentare la rete con 13 MW di elettricità, riducendo la produzione elettrica da carburanti
BATTERIA IBRIDA PER ENERGIA EOLICA
La tedesca Bosch Electronics ha ideato un innovativo sistema ibrido a batterie per stoccare l’energia eolica prodotta dai generatori installati presso la città di Braderup (Germania). Il sistema è composto da tre unità (due batterie al 53.000 batterie, divise in 136 blocchi; la AES prevede di installare un altro sistema di stoccaggio da 100 MW presso la centrale di Kilroot. Questo sarà uno dei sistemi di stoccaggio maggiori al mondo, che si prevede consentirà di risparmiare 132.000 ton CO2eq/anno. STOCCAGGIO DI ENERGIA SOLARE ALLE HAWAII
Il sistema ibrido a batterie di Bosch Electronics
La statunitense Solar City sta portando avanti un progetto, siglato nell’ambito di un contratto Hi-Tech Ambiente
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dell’energia prodotta dai treni in frenata, per poi riutilizzarla per favorire l’accelerazione di altri treni sulla stessa linea. Il processo impiega una batteria al litio da 1,8 MW e un ultracondensatore
fossili. Il progetto rappresenta una fase importante per il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi dello Stato delle Hawaii, cioè la completa sostituzione del 50% delle fonti fossili per usi energetici con fonti rinnovabili entro il 2023 e la sostituzione totale entro il 2045.
PRODURRE ENERGIA DALLA FRENATA DEI TRENI
La Autorità dei trasporti della Pennsylvania (Septa), in partnership con la Viridity, ha ideato un innovativo sistema di accumulo energetico. Esso consiste nello stoccaggio
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da 70 KW, grazie ai quali è possibile conservare l’energia prodotta dalla frenata e immetterla su una terza rotaia, che alimenta l’accelerazione dei treni in partenza.
macchine & strumentazione
Pompe a lobi per percolato denso Vogelsang
In Alto Adige due volumetriche VX hanno risolto i problemi di trasferimento di questo liquido viscoso su un dislivello di 50 m e per una lunghezza di 4 km Le pompe volumetriche a lobi rotativi presentano alcune caratteristiche strutturali di sicuro interesse, in quanto le rendono in grado di risolvere situazioni altrimenti notevolmente complesse. Tra le altre, la notevole capacità autoadescante, anche quando si devono pescare liquidi densi da vasche sommerse, e inoltre l’assenza di pulsazioni. Senza trascurare, infine, le eccellenti prestazioni con fluidi anche molto densi e contenenti corpi estranei. Per tutti questi aspetti, l’impiego di una pompa a lobi può risultare particolarmente vantaggioso in ambiti come la depurazione, ma anche nella gestione del percolato in discarica.
Le due pompe volumetriche a lobi rotativi Vogelsang VX 136-70 Q montate in parallelo
presente, infatti, cristallizzava ostruendole e bloccando il flusso del percolato. Questo, inoltre, per raggiungere il luogo di destinazione, doveva superare un dislivello di 50 metri, salendo su una collina e poi scendendo a valle, per una distanza totale di circa 4 km. Infine, la presenza di frequenti corpi estranei provocava ripetute occlusioni della girante, riducendo ulteriormente l’efficienza di pompaggio e aumentando i costi di manutenzione. LA SOLUZIONE: VX 136-70 Q
In cerca di una soluzione, il gestore dell’impianto ha deciso di sperimentare le pompe volumetriche, installando due Vogelsang VX 136-70 Q su due linee parallele a livello del terreno. La capacità autoadescante delle medesime ha risolto le difficoltà di approvvigionamento da vasche sommerse a 2,5 metri circa di profondità. Inoltre, la camera di pompaggio con ampie cavità è insensibile alla presenza di corpi estranei: si riducono pertanto fortemente i rischi di blocco dovuti a sassi o simili e anche la necessità di sostituzione di parti usurate. Tanto è vero che per diversi anni in funzionamento costante le due VX Vogelsang non hanno richiesto nessun tipo di intervento o di ricambi. L’assenza di pulsazioni, per di più, risulta preziosa dal momento che, per vincere il dislivello di 50 metri esistente tra il punto di partenza e di arrivo del percolato, la pompa lavora a 5 bar di pressione; un valore che, in
L’IMPIANTO DI CASTEL FIRMIANO
E’ innegabile come la giusta pompa possa risolvere in un sol colpo diversi inconvenienti che pregiudicano l’efficienza di un impianto. A questo proposito, emblematico è il caso della discarica a circuito chiuso di Castel Firmiano, frazione di Bolzano, collocata a un’altitudine di circa 650 metri sul livello del mare. La gestione del percolato, raccolto in una vasca sotterranea da 20 metri cubi, risultava problematica per diversi aspetti. Innanzitutto, per la notevole densità del prodotto, dovuta anche alle rigide temperature invernali e alla grande presenza di calcare, che creava grosse difficoltà di pompaggio alle pompe sommerse, precedentemente impiegate per il trasferimento del percolato. Il calcare Hi-Tech Ambiente
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presenza di sbalzi di portata, può creare grossi problemi alle tubature, nel caso in cui si utilizzino condotte particolarmente lunghe. L’aspetto forse più importante, in questo caso, è però l’efficienza delle pompe Vogelsang nel trattare fluidi viscosi: grazie al suo principio di funzionamento, infatti, una pompa a lobi ha le massime prestazioni proprio con prodotti ad alta viscosità, dal momento che il fluido denso migliora la tenuta tra i lobi e la camera (effetto back flow). La possibilità di regolazione del flusso, infine, permette di vuotare in tempi rapidi le vasche, migliorando l’efficienza generale dell’impianto, dal momento che basta aumentare la velocità di rotazione dei lobi per incrementare la portata oraria. È quindi possibile programmare con precisione i tempi di svuotamento delle vasche. LOBI HIFLO La vasca dove viene adescato il percolato a 2,5 m di profondità
In condizioni di impiego così severe è importante che tutti i materiali siano di prima qualità. L’impiego di lobi a quattro ali di tipo HiFlo favorisce una riduzione del-
le pulsazioni, contribuendo ad allungare la durata delle condutture. Inoltre, l’adozione di un albero molto robusto per l’applicazione,
ad alta resistenza, permette di contrastare efficacemente le flessioni, non trascurabili quando si lavora a queste pressioni. In questo partico-
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lare la Vogelsang è altamente specializzata, tanto da garantire i suoi alberi per cinque anni contro i rischi di rottura.
laboratori
Whey-grain: da latte a biopolimeri Contento trade
Trasformazione del siero in PHA e quindi in prodotti di interesse per nuove nicchie di mercato Contento Trade promuove innovazione in agroindustria mediante attività di ricerca, sviluppo e trasferimento tecnologico per la gestione sostenibile delle risorse, sviluppo di economie circolari, valorizzazione integrale di prodotti, sottoprodotti e scarti in filiere agroalimentari, creazione di nuovi prodotti e materiali a valore aggiunto e ottimizzazione di processi chiave di produzione e trasformazione agroalimentare. Un interessante lavoro di ricerca presso il proprio laboratorio ha portato alla trasformazione del siero di latte in PHA per la produzione di biopolimeri. Innanzitutto è bene sottolineare che sono ravvisabili diversi elementi di criticità nella filiera lattiero-casearia, ossia: l’abbandono delle quote latte nell’aprile 2015 con aumento della offerta di latte ed abbassamento della remunerazione del prodotto primario; quantità rilevanti di siero ottenuto dalla trasformazione del latte in formaggi considerato scarto dalla legislazione vigente; graduale abbandono dell’utilizzo del siero nell’alimentazione zootecnica; possibile impatto ambientale da rilascio del siero; scarsa remunerazione del siero tal quale. Allo stesso modo possono essere fatte oggettive considerazioni circa le opportunità di riciclo del siero, e cioè:
progressi scientifici sulla conoscenza dei processi metabolici dei batteri; miglioramento delle tecnologie per la separazione delle componenti del siero di latte; sperimentazione di nuovi processi biochimici; vendita dei prodotti derivati dal siero in diversi canali di mercato; opportunità di mercato per le bioplastiche. Il progresso delle conoscenze sull’argomento tecnico consentono di prevedere un impatto economico positivo in termini di aumento del fatturato e riduzione dell’impatto ambientale secondo un approccio di economia circolare. In ragione di tutto ciò è stato elaborato un interessante progetto da parte di Contento Trade, il cui obiettivo centrale è quello di creare una bioraffineria a impatto zero che ottimizzi l’uso degli scarti della filiera lattiero-casearia (un problema che sta diventando sempre più grave per l’industria casearia locale) e generare nuovi prodotti ottenuti dalla chimica verde, capaci d’incrementare il fatturato combinando diversi processi produttivi fra loro complementari, per di trasformare i residui o scarti o sottoprodotti della lavorazione casearia in prodotti commercialmente utili e allocabili in nuove nicchie di mercato. Obiettivi secondari sono invece: ridurre l’impatto ambientale dei prodotti derivati (biopolimeri) attraverso la biodegradabilità; ridurre il bilancio energetico della filiera e il prezzo di produzione del PHA; creare nuova occupazione dalle attività svolte e dal valore aggiunto che esse sono in grado di generare. Il ciclo di trattamento del siero si Continua a pag. 51
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Le ricerche “biomimetiche” Per soluzioni ecofriendly
Messo a punto il sistema Abatox che non utilizza biocidi ma rende i polimeri batteriostatici in modo naturale Bio Eco Active (BEA) fornisce applicazioni innovative bio ed ecocompatibili e soluzioni tecnologicamente avanzate per le aziende. Progetta e produce nuovi materiali “intelligenti” operando nel settore delle biotecnologie e del biomimetismo. L’azienda si ispira direttamente dai processi naturali mimando i meccanismi biologici naturali, per ottenere tecnologie e smart-materials eco-friendly applicabili nei diversi settori industriali che scientificamente vengono definiti “biomimetici”. L’ esperienza acquisita in decenni di ricerca accademica sul “biomimetismo”, unitamente all’entusiasmo tipico dei suoi giovani ricercatori, ha permesso a BEA di brevettare ogni anno nuove soluzioni tecnologiche, know-how e innovativi prodotti in diversi settori applicativi. Molti di questi processi innovativi di sintesi industriali definiti “biomimetici” mirano a purificare da inquinanti le acque reflue, i fumi degli impianti industriali ed evitare il più possibile la formazione di rifiuti, reinserendo i prodotti
ERRATA CORRIGE Sul numero di maggio, riguardo all’articolo a pag.50 “Tante applicazioni per il grafene“ dobbiamo precisare quanto segue: - Grafysorber è un prodotto brevettato, realizzato e commercializzato da Directa Plus - le unità mobili di decontaminazione create da Directa Plus non producono membrane in grafene (che l’azienda realizza per il mercato tessile), bensì proprio Grafysorber, per poterlo produrre e utilizzare direttamente in loco, abbattendo così i costi logistici
di polimerizzazione, non modifica sostanzialmente le proprietà chimico-fisiche del materiale, ma esclusivamente la sua elettrostaticità superficiale che non è in grado di uccidere i batteri presenti, comportandosi da biocida, ma semplicemente non permettendo ai batteri di riprodursi rendendo quindi il materiale batteriostatico. Questo nuovo processo è applicabile a qualsiasi tipo di polimero e biopolimero, la cui batteriostaticità acquisita permane inalterata per tutta la vita del materiale. secondari dei processi industriali all’interno dello stesso processo primario, riutilizzandoli come composti e molecole aventi un proprio valore commerciale, con l’obiettivo di realizzare una vera e propria economia circolare. Nell’ambito di queste ricerche, è stato di recente brevettato e depositato col marchio Abatox, un nuovo processo che evita l’uso di biocidi, sostanze tossiche, nano particelle, argento e rame e processi nocivi alla salute, permettendo di rendere qualsiasi oggetto polimerico completamente batteriostatico, sia superficialmente che internamente. Ora quindi è possibile realizzare qualsiasi oggetto in plastica batteriostatica che evita la proliferazione di batteri semplicemente attraverso il sistema Abatox che usa una tecnologia biomimetica basata sull’utilizzo di oligoelementi naturali, in particolare ioni zinco (Zn++) che, modificando opportunamente l’elettrostaticità del polimero, impediscono la riproduzione dei batteri e quindi la loro proliferazione. Abatox, attraverso l’inserimento di modeste quantità di ioni zinco nel polimero durante il processo Hi-Tech Ambiente
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aLs-Leochimica: sempre più grandi analisi e consulenze ambientali
Qualità significa innanzitutto accuratezza dei dati ma anche attenzione ai tempi di consegna Sulla spinta di un’importante prospettiva di crescita e per rispondere alle sempre maggiori richieste del mercato, a marzo Leochimica ha colto l’opportunità di entrare a far parte di un gruppo di prestigio a livello mondiale nel settore del testing: ALS Global. ALS è una grande multinazionale, presente in 65 paesi con oltre 350 sedi e 13.000 collaboratori (3.000
in Europa) e oltre 270 laboratori di analisi in tutto il mondo (58 in Europa). Fornisce servizi tecnici professionali per il settore Life Sciences (ambientale, alimentare e farmaceutico), energetico e minerario (esplorazione, estrazione, lavorazione e commercio) e per i settori industriali. Ad oggi, quindi, rappresenta uno dei fornitori di servizi di test più
grandi e più diversificati. La rete europea è costituita da moderni laboratori accreditati ISO 17025, sia analitici che centri di assistenza nazionali. I laboratori principali si trovano in Italia (Leochimica, Zoppola-Pn), Repubblica Ceca, Svezia, Portogallo, Regno Unito, Irlanda, Turchia e Danimarca. I Centri di servizio nazionali e i laboratori più piccoli si trovano in Norvegia, Finlandia, Polonia, Slovacchia, Romania e Spagna. I laboratori, diversi tra loro in termini di dimensioni e capacità, svolgono un'ampia gamma di analisi chimiche, microbiologiche, biologiche, radiologiche e analisi eco-tossicologiche, per soddisfare le esigenze dei clienti locali e regionali. L’organizzazione logistica e gli accordi con le principali aziende di trasporto, facilitano l'accesso tempestivo alla gamma completa
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dei servizi e la consegna puntuale dei risultati. ALS Life Sciences Europe ha anche diversi “centri di eccellenza” dedicati ai servizi specializzati e alle applicazioni industriali. Questi laboratori utilizzano l'ultima tecnologia ad alta risoluzione per rispondere a richieste molto rigorose da parte dei clienti in tutto il mondo. ALS, inoltre, dispone del laboratorio meglio attrezzato a livello globale per la determinazione di metalli. Altri esempi di analisi sono: la composizione chimica, le impurità e gli isotopi stabili nonché radiogeni. I laboratori svolgono analisi di composti organici a livello ultratraccia (diossine, PCB, PBDE e altri ritardanti di fiamma) e test per l’attività radiochimica. Nell’ambito delle analisi microbiologiche, in Italia vengono effettuate: determinazione dei parametri di routine; verifica dei parametri tossicologici; controllo dell’efficienza degli impianti di depurazione biologici; controllo degli impianti di condizionamento e condotte d’acqua per la ricerca della Legionella; valutazione della qualità ecologica sui corsi d’acqua (IBE, STAR_ICMi, ICMi, IBMR). Per quanto attiene le analisi chimico/fisiche, invece, esse annoverano: determinazioni di analisi chimiche di base, dei componenti organici e inorganici; determinazioni gas–cromatiche (COV, IPA, PCB e PCT, idrocarburi); determinazione di fenoli, aldeidi, isocianati, pesticidi; determinazione di amianto, silice, fibre di vetro e ceramica; PCDD/PCDF, PCB in HR; POPs; PFAS e PFOAS. ALS-Leochimica, oltre ai servizi
di analisi si è anche specializzata nel settore delle consulenze, offrendo un pacchetto di servizi in area ambientale, agroalimentare, salute e sicurezza sui luoghi di lavoro e sistemi di gestione. Difatti, affianca le aziende con una gamma di consulenze quali: gestione tecnico-analitica di discariche e impianti di recupero/trattamento rifiuti; implementazione della documentazione per la domanda di A.U.A. e A.I.A., per la previsione dell’impatto acustico ambientale, per l’autorizzazione all’attività di recupero rifiuti, per l’autorizzazione all’installazione o modifica degli impianti che generano emissioni in atmosfera; consulenza per l’implementazione dei Sistemi di Gestione e Sistemi di Gestione Integrati. Da segnalare che, a tutela
dell’analisi eseguita, vengono utilizzate solo metodiche ufficiali e/o accreditate, realizzate ad opera di una squadra di campionatori e di analisti altamente specializzata, per garantire al cliente la massima correttezza dei dati in tempi brevi. I Laboratori di Prova Leochimica sono stati tra i primi a livello nazionale ad ottenere l'accreditamento dall’Ente Accredia (n. 0157) in conformità alla norma UNI CEI EN ISO IEC 17025 per centinaia di prove. Inoltre, i propri standard lavorativi sono sottoposti alla certificazione UNI EN ISO 9001 da SG, per la progettazione ed erogazione di servizi di campionamento con esecuzione di prove di laboratorio chimiche, fisiche e microbiologiche.
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Whey-grain: da latte a biopolimeri svolge in tre fasi: un pretrattamento con precipitazione termo-calcica a cui segue l’ultrafiltrazione per separare la frazione glucidica (permeato) e la frazione proteica (retentato). La fase in cui Contento Trade è sperimentalmente coinvolta è il trattamento del permeato ricco in lattosio secondo un processo fermentativo sviluppato con tecnologie proprietarie a due stadi per la produzione di PHA, che è il precursore delle bioplastiche. Gli aspetti salienti da valutare nel progetto sono quattro: la fornitura “in loco” del siero e l’esame della composizione chimico-organolettica con verifica di assenza di contaminanti; i pretrattamenti per ottenere le proprietà ottimali di substrato per la fermentazione batterica; la valutazione dell’efficienza di ceppi batterici in monocoltura o consorzi e adattabilità al substrato per la produzione del PHA; valutazione delle condizioni ambientali ottimali (temperature, pH, composizione del siero, concentrazione del lattosio in funzione dell’attività batterica nei diversi stadi di sviluppo); valutazione della resa e delle caratteristiche del PHA precursore dei biopolimeri. I PHA (poli-idrossi-alcanoati) sono un gruppo di biopolimeri ottenuti per fermentazione da una varietà di microrganismi e sono molto interessanti per le loro proprietà chimiche e fisiche paragona-
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bili alle plastiche tradizionali, con il vantaggio di essere completamente biodegradabili senza fermentazione. L'introduzione di altri monomeri 3idrossiacidi (come 3-idrossivalerato o 4-idrossibutirato) nelle catene PHB, hanno aumentato la lavorabilità del polimero e la stabilità dei materiali finali. La gamma delle architetture strutturali PHA che è ora accessibile ha aperto un ampio spazio di proprietà, che comprende termoplastiche rigide, elastomeri termoplastici, nonché gradi utili in cere, adesivi e leganti. Entro il 2018, l’agenzia “European bioplastics“ prevede un aumento della produzione mondiale di bioplastica fino a 6,7 milioni di tonnellate se il costo del greggio sarà superiore a 100 dollari al barile; se il prezzo medio del petrolio greggio dovesse scendere sotto tale valore (con una media di 87 dollari a barile), la domanda di bioplastica potrebbe arrivare solo a 2,16 milioni di tonnellate entro il 2017. Il mercato dipende quindi dal prezzo del greggio e dalla capacità di trovare materiali di partenza (feedstock) a costi limitati e in questo senso il siero di latte rientra in questa categoria.
reti idriche
L’uso efficiente dell’acqua Il Water audit
L’analisi e l’elaborazione di proposte di ottimizzazione dei consumi idrici di un’azienda ad opera di società esterne indipendenti Per molto tempo l’utilizzo dell’acqua nei processi industriali è stato considerato di secondaria importanza tra i fattori di costo: tutt’al più ci si focalizzava sui costi della depurazione, ma l’approvvigionamento ed il consumo ricevevano scarsa attenzione. Attualmente il panorama è molto cambiato: il costo delle risorse idriche è diventato una voce di bilancio importante e molte industrie hanno avviato con successo programmi di razionalizzazione dell’uso interno dell’acqua, arrivando spesso a considerare il riutilizzo delle proprie acque di processo. Il “Water Audit” consiste nell’analisi e nell’elaborazione di proposte di ottimizzazione dei consumi idrici di un’azienda, compiuto da società esterne indipendenti; il concetto è strettamente analogo a quello di “Energy Audit”, o diagnosi energetica, divenuta obbligatoria per le grandi industrie a partire dal 2014. Come per la diagnosi energetica, il Water Audit non è un semplice
strumento di verifica, ma risulterà alla fine un importante mezzo per pianificare sistematicamente il miglioramento continuo dell’efficienza ambientale. PRIMO PASSO: L’ANALISI DEI CONSUMI
È necessario costruire una mappa dettagliata di tutti i punti di consumo idrico, nella quale sono indicati i consumi medi e quelli di picco. Particolare attenzione deve essere dedicata a: sistemi meccanici (ad esempio, spurghi delle torri di raffreddamento) sistemi termici (alimentazione delle caldaie), sistemi di raffreddamento a flusso continuo, sistemi di irrigazione (è importante rilevare se sono presenti dispositivi che limitino l’irrigazione secondo le condizioni atmosferiche). I consumi devono essere suddivisi per categorie secondo il tipo di acqua utilizzata (di pozzo, deminera-
lizzata, filtrata, trattata, a temperatura superiore a quella ambiente). La mappa deve riportare una indicazione chiara dei flussi in entrata e in uscita da ogni apparecchiatura. L’indicazione dei consumi è spesso difficile, perché è raro trovare contatori o misuratori di flusso distribuiti sulle singole apparecchiature: in alcuni casi, può essere necessario ricorrere a misure empiriche, misurando il tempo richiesto per riempire un fusto o un altro contenitore di capacità nota. È necessario in ogni caso disporre di un numero di dati sufficiente a compilare un bilancio materiale attendibile delle quantità in entrata e in uscita; bilancio che deve essere verificato su base mensile un numero di volte sufficiente per poter stimare i consumi su base annua, tenendo conto delle variazioni dei parametri meteorologici e delle variazioni nelle lavorazioni in funzione dei diversi periodi dell’anno. In alcuni casi (come nelle torri di raffreddamento o nei bacini aper-
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ti di notevole superficie) per “chiudere” il bilancio materiale sarà necessaria una stima delle perdite per evaporazione; stime di questo tipo possono essere ottenute da dati storici o da formule reperibili nei manuali di ingegneria. È importante verificare i dati di consumo in ingresso e in uscita anche nei periodi in cui lo stabilimento (o alcuni suoi reparti) è fermo per interventi di manutenzione o per periodi di ferie. Una volta ottenuta un’analisi attendibile dei consumi, è importante disporre di strumenti per il confronto con altre realtà aziendali (“benchmark” e BAT di settore). Questo richiede di solito un rapporto tra i consumi e la produzione, che può essere espressa in numero di unità, in tonnellate, o anche secondo diversi parametri, come ad esempio il numero di ospiti in un albergo o il numero di impiegati presenti in una struttura ove si svolge solo lavoro di ufficio.
SECONDO PASSO: ANALISI DELLA MANUTENZIONE
scostamenti dagli obiettivi predeterminati.
Di solito non esiste nelle aziende una persona o funzione aziendale specificamente identificata come responsabile della gestione dell’acqua. Le responsabilità sono vaghe e “spalmate”, senza che venga identificato un livello di priorità; in genere si fa riferimento ai responsabili della manutenzione che però, per abitudine o per eccessivo carico di lavoro, tendono a concentrarsi sugli interventi di riparazione dei guasti, piuttosto che sulle pratiche di prevenzione degli stessi. Sarà quindi necessario istituire procedure di verifiche periodiche dei consumi e di manutenzione preventiva delle attrezzature che consumano l’acqua, partendo dai sistemi di spurgo di caldaie e torri di raffreddamento, arrivando fino ai rubinetti e agli sciacquoni dei servizi igienici. La prevenzione dei consumi dovrà prendere in considerazione anche le nuove apparecchiature: in fase di scelta tra diverse possibilità, dovrà essere privilegiata quella che promette minori consumi di acqua durante l’esercizio.
DUE CASI DI SUCCESSO
TERZO PASSO: UN PIANO DI AZIONE
Una volta terminate le fasi di verifica e di ottimizzazione della situazione presente, si passerà ad impostare il programma di miglioramento per il futuro. Mediante il confronto con altre aziende (benchmark) e/o con le BAT riportate nei documenti ufficiali, si identificheranno le principali aree nelle quali esistono concrete possibilità di riduzione dei consumi;
queste riduzioni dovranno essere misurabili e realisticamente conseguibili. Il piano di azione dovrà definire le risorse necessarie, le responsabilità ed i tempi di attuazione; le responsabilità dovranno essere assegnate a persone provviste delle necessarie competenze tecniche e autorità decisionali. Di solito l’attuazione del piano richiede tempi piuttosto lunghi, per cui è necessario definire dei “punti di verifica” intermedi e prevedere procedure di intervento nel caso di significativi
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Alcune società di consulenza nel settore energetico (le cosiddette Esco, cioè Energy Saving Companies) offrono, oltre all’audit energetico, anche il Water Audit, ed i due interventi possono essere condotti sia insieme sia in fasi distinte. Un noto gruppo internazionale riporta tra gli esempi di successo due casi: - industria leader nella produzione di semiconduttori. Il Water Audit ha consentito di definire una serie di interventi, al termine dei quali è stata ottenuta una riduzione dei consumi idrici di oltre 200.000 mc/anno, con un risparmio annuo di 260.000 euro - industria leader nella produzione di pneumatici. L’analisi ha identificato la necessità di interventi di reincamiciatura dei pozzi di estrazione dell’acqua e di sostituzione delle apparecchiature di pompaggio. Gli interventi eseguiti hanno garantito la messa in sicurezza dei pozzi e l’ottimizzazione del funzionamento degli impianti di pompaggio.
marsiglia: stop ai detriti in mare Un esempio da seguire
L'alleanza col gruppo Suez ha portato alla costruzione di un enorme bacino interrato per la raccolta di acque reflue e pluviali Il mare, ed il Mediterraneo in particolare, è costantemente minacciato dall'inquinamento. Proteggerlo depurando le acque reflue urbane e industriali, ma anche gestendo al meglio le acque pluviali, portatrici di detriti e rifiuti, è di fondamentale importanze. E le città costiere hanno un ruolo essenziale nel prevenire l'inquinamento marino. A questo proposito, d’esempio è Marsiglia, un modello di riferimento per tutto il Mediterraneo. La citta francese, che con i suoi 50 km di litorale è il più grande parco balneare europeo, ha stipulato una preziosa collaborazione con Seramm (Gruppo Suez), che gestisce raccolta e trattamento delle acque reflue e piovane. Insieme stanno puntando molto sulla qualità del mare, che ospita ben 2 mln di bagnanti all'anno. Ebbene, la depurazione dei reflui della rete fognaria di Marsiglia
(lunga 1.950 km e con un flusso di 86 mln di mc/anno) è servita dall'impianto di Geolide, che attraverso una rete di tubature collegate a tre fiumi e che serve 800.000 marsigliesi e 200.000 abitanti di 16 comuni vicini. Inizialmente
questo depuratore, in servizio dal 1987, è stato utilizzato per il trattamento chimico-fisico e solo successivamente anche per quello biologico. Oggi consente di eliminare il 92% di sostanze inquinanti da cui vengono ricavati dei fanghi
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poi trattati in una struttura a circa 6 km di distanza per essere trasformati e venduti ad aziende locali per la produzione di energia. Nonostante si tratti di una struttura altamente performante, l’impianto non può sopportare piogge eccezionali (oramai sempre più frequenti), che inficiano la sua capacità di depurazione. Allo scopo, quindi, Seramm ha realizzato, a poche centinaia di metri dal depuratore, un bacino interrato per la raccolta di acque reflue e pluviali. Il bacino Ganay, il più grande nel suo genere in Europa, è posto a 30 m di profondità, ha un diametro di 56 m, è collegato a un tunnel di 300 m, ha una capacità di 50.000 mc e può raccogliere 2 mln di mc/anno di acque reflue. Ad oggi è ancora in fase di test, ma dal 2018 eviterà ogni anno lo sversamento in mare di 1 mln di mc di acque reflue non trattate. Questo enorme serbatoio consentirà di gestire in tempo reale situazioni pluviali eccezionali, evitando che le acque finiscano in mare senza prima essere depurate. Sarà, infatti, l'impianto Geolide che deciderà quando ed a quale velocità svuotare il bacino Ganay, cosa che può avvenire in 24 ore. A tutela del mare e dei suoi abitanti tutti, Seramm analizza quotidianamente le acque della fascia costiera, con prelievi effettuati verso le 5 del mattino e risultati dopo sole tre ore (anzichè le usuali 48 ore). L’esito delle analisi, peraltro, è on-line in tempo reale e consultabile grazie ad un’apposita app. Ulteriore prova che l’ecosistema marino è migliorato arriva anche dalla presenza, nelle acque costiere poco profonde, delle alghe endemiche Cystoseira, che scompaiono in assenza di buono stato ecologico del mare.
stargun e Polyfusion: binomio vincente Ritmo
Tante novità tecniche, funzioni e potenzialità dei nuovi estrusori e saldalastre rigorosamente Made in Italy
Ritmo, azienda che produce saldatrici per tubi, lastre e raccordi in plastica, amplia la propria gamma di prodotti con nuovi estrusori e saldalastre. Un binomio, quest’ultimo, che permette di realizzare manufatti personalizzati e per molteplici usi. Con questi prodotti Ritmo offre un sistema di lavoro integrato per saldare lastre in PE e PP per realizzare manufatti e pezzi speciali che trovano le più svariate applicazioni come vasche per uso galvanico, torri di abbattimento fumi, serbatoi, etc. <<A catalogo abbiamo aggiunto due nuovi estrusori con vari accessori, nuovi modelli di saldalastre, nuove macchine di lavoro a supporto come una sega per tagliare lastre e una per tubi con taglio radiale – chiarisce Renzo Bortoli, presidente di Ritmo - ora siamo “completi”>> Per quanto riguarda i due nuovi estrusori, Stargun K-SB20 e KSB30, interamente sviluppati e realizzati da Ritmo, essi presentano tante novità tecniche: riduzione e ridistribuzione dei pesi, che danno
come risultato un estrusore bilanciato, maneggevole e che permette al saldatore di lavorare con facilità; nuovo motore potente e affidabile; nuovo hardware che gestisce tutta l’elettronica e i flussi d’aria; tecnologia racchiusa in un nuovo box, che integra due led ad alta intensità e lateralmente monta due filtri d’aria estraibili facili da pulire e/o da sostituire. Il corpo estrusore è stato rivisto ma senza aumentare le dimensioni complessive. Sotto il profilo delle prestazioni i due estrusori sono potenti e in grado di estrudere fino a 2 kg/h di filo per il modello Stargun K-SB20, e fino a 3 kg/h di filo per la versione K-SB30. Per questi due strumenti Ritmo abbina una serie di puntali dedicati. <<Decisamente tanta innovazione – aggiunge Bortoli - frutto di tanta passione che mettiamo giorno per giorno da quasi quarant’anni per offrire ai nostri clienti un prodotto Ritmo, completamente Made in Italy>>.
Per quanto attiene i nuovi saldalastre, invece, la novità sostanziale è nella completezza della linea Polyfusion. La offerta Ritmo comprende prodotti per tutte le esigenze, con macchine dal ciclo di saldatura manuale e per lastre fino a 2 m e spessori fino a 100 mm, e saldalastre con ciclo di lavoro CNC per lastre fino a 4 m e spessore fino a 50 mm. <<C’è una forte diversificazione tecnologica fra una Polyfusion manuale ed una CNC – chiarisce Bortoli - ed è questo ora il punto di forza dell’intera linea, ovvero offrire al cliente il prodotto di cui ha bisogno. Inutile negare che una Polyfusion CNC permette una produttività unica, ma bisogna avere una visione frutto dell’esperienza, quindi una visione più ampia e capire che nel “campo dei manufatti” la produttività va intesa come la capacità di fare un pezzo e non come la velocità di fare saldature e basta. Questo è il mondo della realizzazione della vasca, del serbatoio, o della torre di trattamento aria fatta a misura, e
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non necessariamente a tutti serve una Polyfusion CNC. Piuttosto, serve avere la “propria saldalastre”, ossia quella più adatta alle specifiche esigenze, ed è per questo che dico che i nostri modelli coprono le esigenze di tutti>>. Stargun e Polyfusion rappresentano per Ritmo e per il suo mercato di riferimento un binomio vincente. <<Peraltro “fanno bene all’ambiente” – afferma Bortoli - nel senso che si stanno producendo manufatti che verranno utilizzati nella quasi totalità per scopi che riguardano aspetti ambientali. Poi di sicuro, stimolano la creatività, perché se usati da operatori esperti, competenti e fantasiosi, si riescono a realizzare manufatti esportabili e su questo noi italiani giochiamo sempre una partita importante. Tutto ciò mi rende felice, anche perché so che quando un operatore ha in mano un nostro estrusore Stargun o estrae da una Polyfusion una lastra saldata, nobilita il lavoro mio, ma soprattutto di tutti i miei collaboratori>>.
Il riuso irriguo dei reflui In sperimentazione a Reggio emilia
L’efficiente recupero delle acque di scarico grazie a un trattamento terziario combinato
In Emilia Romagna, e precisamente nella provincia di Reggio Emilia, è in corso un interessante progetto che prevede il riutilizzo, a fini irrigui su colture agrarie di pregio, delle acque reflue, in parziale sostituzione delle acque superficiali e di falda (in miscela, infatti, con le acque del fiume Po). Si parla di un volume di acqua, recuperata e distribuita, che oscilla tra i 3,5 e i 5 milioni di metri cubi, paragonabile a quella di un bacino di medio-grandi dimensioni, sicuramente strategico in periodi di siccità. Allo scopo è stato sviluppato uno modello specifico di recupero e riuso secondo un Accordo di Programma fra le diverse realtà interessate, che ha previsto la definizione dei valori-soglia che le acque affinate devono rispettare per poter essere immesse nella rete d’irrigazione, regolando anche le modalità del monitoraggio e di gestione delle eventuali non conformità. Interessati dal progetto Life+ ReQpro (REclaim and reuse wastewater for Quality crop produc-
tion) sono stati l'impianto di depurazione di Mancasale, gestito dall’azienda multiservizi Ireti, e la nuova di linea di affinamento delle acque reflue basata su filtrazione rapida multistrato su letti a sabbia e trattamento combinato AOP (Advanced Oxidation Process) con acqua ossigenata e raggi UV. Il trattamento terziario di finissaggio combinato, così come messo a punto, consente di abbattere sia solidi in sospensione e carica mi-
crobiologica (ad es. salmonella, coliformi totali, E.coli), che gli inquinanti di natura chimica più critici (ad es. tensioattivi e oli minerali). Questa sezione nuova depurativa è stata suddivisa in due linee completamente distinte ed indipendenti, con potenzialità nominale di trattamento ognuna pari a 1.680 mc/h e ciò al fine di consentire la realizzazione di un primo stralcio completo permettendo in futuro, con la costruzione anche del secondo stralcio, di disporre di un impianto ad elevata modularità e flessibilità gestionale. Nei 120 giorni della sperimentazione (corrispondenti circa ad una stagione irrigua), il primo stralcio di impianto ha trattato a pieno regime circa 40.000 mc/giorno d’acqua dimostrando così di riuscire potenzialmente ad irrigare tutto il terreno interessato, ubicato a nord del depuratore cittadino, pari a circa 2.000 ettari e più di 80 km di canali. Le colture irrigate e controllate sono state mais, pomodoro, prato permanente, erba medica, barbabietola, melone, anguria, sorgo e vigneto, bagnate con tec-
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niche a diversa efficienza idrica come lo scorrimento, l’aspersione e l’irrigazione a goccia. L’attività, quindi, non solo ha contribuito ad aumentare la disponibilità di acqua per l’irrigazione, contenendo la necessità di prelevare acque di elevata qualità dalla falda, ma anche a diminuire i costi energetici. Da evidenziare che gli obiettivi del progetto sono stati raggiunti grazie anche al puntuale monitoraggio sia dell’impianto di trattamento terziario sia dell’uso in campo delle acque recuperate (state distribuite e gestite dal Consorzio di bonifica dell'Emilia Centrale). E’ stato infatti organizzato un sistema di gestione e tracciabilità delle acque reflue depurate che consente di valorizzarne l’uso irriguo e di conoscere in tempo reale da chi, dove e su quali colture sono impegnate, informandone gli utenti. Questa esperienza di riutilizzo delle acque reflue, decisamente innovativa e positiva, rappresenta un ambito di attività in cui l’Italia lamenta forti ritardi.
La tecnica UV-CIPP Helios – Divisione trenchless Benassi
Effettuato il primo intervento di riabilitazione strutturale di una condotta in pressione con questa tecnologia e liner apposito Helios – Divisione Trenchless Benassi ha concluso con successo, nel mese di giugno 2017, il primo intervento in Italia di riabilitazione di una condotta in pressione mediante tecnica UV-CIPP sfruttando l’utilizzo di un liner appositamente concepito per questo scopo. Oggetto dell’intervento una condotta di mandata dell’acqua di raffreddamento della Centrale termoelettrica A2A Gencogas di Piacenza, che preleva acqua dall’adiacente fiume Po per alimentare l’impianto di raffreddamento delle turbine poste all’interno dell’impianto della struttura. Grazie all’ampio know-how che contraddistingue le diverse realtà del gruppo Benassi, l’azienda è stata capace di curare e coprire per intero la realizzazione di tutte le attività propedeutiche allo svolgimento delle opere di relining: realizzazione degli scavi, taglio della condotta con utensile a filo diamantato, richiusura della condotta al termine dell’intervento, riempimento degli scavi con ripristino delle pavimentazioni. Questo ha permesso di fornire al committente un servizio di riabilitazione chiavi in mano, contraddistinto da un elevato grado di qualità in ogni sua fase, comprese quelle più delicate come la realizzazione dello scavo di tiro all’interno della centrale. Il tracciato presentava due curve altimetriche dell’ordine dei 20° e una curva planimetrica dell’ordine dei 15°, tutte e tre poste negli ultimi 40 m di condotta. Si intende sottolineare come in tutte le fasi di traino non è stato riscontrato problema alcuno durante il passaggio del treno attraverso le suddette curve e inoltre come il processo di controllo relativo al traino del treno, mantenendo nella fase preliminare al processo di indurimento le lampade UV spente, ha permesso
guarnizioni poste alle estremità. Il collaudo realizzatosi ad acqua la settimana successiva al termine dell’intervento ha dato esito largamente positivo. CURED IN PLACE PIPE: TECNICHE E VANTAGGI
Fase di inserimento del liner
Guarnizioni d’estremità in gomma EPDM e nastri tenditori in inox
Thermal CIPP
di ottenere una perfetta condizione di aderenza della condotta, che si è quindi tradotta in un perfetto risultato al termine della polimerizzazione. L’impiego della tecnica UV-CIPP applicata al risanamento della condotta in oggetto ha permesso di completare tutte le operazioni di
riabilitazione entro il periodo previsto di fermata della centrale, pari a 2 settimane, durante il quale diverse ditte hanno lavorato all’interno dell’impianto ai fini manutentivi. In particolare, le attività di relining sono state portate a termine nell’arco di sole 2 giornate lavorative, compresa l’installazione delle
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Con il termine CIPP (Cured in Place Pipe) viene indicata una metodologia di riabilitazione di condotte interrate e aeree, che consiste nell’inserire, all’interno del tubo ospite, un tubolare flessibile impregnato di resina che viene gonfiato per aderire alle pareti della condotta e infine fatto indurire per polimerizzazione della resina. Le diverse tecniche CIPP oggi disponibili sono riunite in due grandi gruppi, tra loro distinti in funzione della tecnica di polimerizzazione della resina: - metodi di indurimento a caldo, detti thermal CIPP, con liner in feltro poliestere impregnati con resina poliestere, vinilestere o epossidica e inseriti per inversione, o per tiro, nella tubazione da risanare e quindi polimerizzati con acqua o aria calda e vapore surriscaldato - metodi di indurimento per irraggiamento, in particolare con raggi ultravioletti, detti brevemente UVCIPP, con liner in tessuto multistrato di fibra di vetro impregnati con resine fotopolimerizzanti e inseriti per trazione nella tubazione da risanare, quindi polimerizzati mediante irraggiamento con raggi UV per mezzo di un treno di lampade a radiazione ultravioletta trainato all’interno a seguito del gonfiaggio con aria secca. Per anni l’applicazione di entrambi i metodi è rimasta limitata al solo caso delle condotte a gravità. Sebbene sia stato possibile assistere allo sviluppo di liner concepiti per applicazioni su condotte a pressio-
ne con tecnica thermal CIPP, sino agli ultimi anni non era ancora stata messa a punto, da nessun produttore, una guaina specifica per la riabilitazione di condotte a pressione che fosse in grado di abbracciare gli innumerevoli vantaggi legati all’utilizzo della tecnica UV-CIPP: - l’elevato grado di controllo attuabile sul processo di polimerizzazione della resina e, di conseguenza, sulle caratteristiche fisico-meccaniche finali del nuovo tubo. Questo è possibile grazie alla misura in continuo, nel corso di tutto il processo, della temperatura raggiunta dal liner, sezione per sezione, misura che permette una regolazione in tempo reale della quantità di energia irradiata; - l’estrema rapidità del processo, poichè l’indurimento del liner avviene in pochi secondi e procede secondo il verso di avanzamento del treno lampade. L‘avanzamento del treno lampade e, di conseguenza, l’indurimento del liner può procedere con velocità sino a 2 m/min; - le basse concentrazioni di stirene che si registrano durante le fasi del processo grazie all'assenza di acqua o di miscele aria/vapore circolanti, uniti all'utilizzo di due strati impermeabili (esterno/interno) alla resina e allo stirene; - migliore efficienza energetica, poichè a parità di dimensioni del tubo ospite e a parità di capacità strutturale del liner indurito, nell’UV-CIPP l’energia necessaria alla completa polimerizzazione della resina è mediamente cento volte inferiore all‘energia necessaria nel thermal CIPP; - a seguito della fase di gonfiaggio del liner, prima di iniziare il processo di polimerizzazione per mezzo del treno di lampade UV, quest’ultimo viene trainato da un capo all’altro della condotta da riabilitare mantenendo le luci spente. Questa operazione consente un controllo preventivo di come il liner si è espanso, aderendo alle parteti del tubo ospite, prima di procedere all’indurimento. Questo tipo di controllo non si rende possibile coi
Operazioni svolte all’interno dello scavo
metodi thermal CIPP, attraverso i quali si procede immediatamente alla polimerizzazione; - l’impregnazione del tubolare avviene per intero all’interno dello stabilimento di produzione, in ambiente controllato, garantendo un controllo in termini di qualità della guaina che, unito agli strumenti di monitoraggio e elaborazione dati, impiegati in fase di polimerizzazione, garantisce una industrializzazione dell’intero processo UVCIPP rispetto a quanto avviene nel caso del thermal CIPP, per il quale è prevista anche l’impregnazione in sito; - l’elevato valore del modulo elastico e della resistenza a flessione e a trazione dei liner UV-CIPP in fibra di vetro rispetto ai valori relativi alle guaine thermal CIPP, spiega perché a parità di condizioni strutturali si possa ricorrere a spessori inferiori, con conseguente minore costo delle lavorazioni, minore riduzione della sezione utile del tubo ospite, minori quantità di resina impiegata, minori risorse consumate, come materie prime e energia, minore dimensione dei mezzi di cantiere (grazie alla notevole riduzione dei pesi in gioco), maggiore velocità delle fasi di lavorazione (grazie alla minore energia necessaria all’esecuzione e al completamento dell’intero processo). PRODUZIONE DI UN LINER SPECIFICO
UV-CIPP
La riabilitazione idraulica e strutturale di condotte in pressione con
metodi di indurimento per irraggiamento si è resa possibile, negli ultimi anni, grazie allo sviluppo da parte di una delle aziende leader mondiali nel campo della produzione di guaine per il risanamento con tecnica UV-CIPP, del primo liner al mondo in fibra di vetro impregnato con resina fotopolimerizzante, dotato di strato interno impermeabile allo stirene, appositamente sviluppato per la riabilitazione di condotte in pressione. La tecnologia concepita è attualmente adatta per la riabilitazione di condotte di diametro compreso tra DN 200 e 1000 ed è in grado di sopportare carichi interni ed esterni, incluso il vuoto. Normativamente si classifica come soluzione totalmente strutturale. Le elevate proprietà meccaniche che caratterizzano il liner permettono di contenere gli spessori e di risanare condotte soggette anche a pressioni elevate. L’estrema regolarità e le caratteristiche di scorrimento dello strato interno, unite agli spessori contenuti, permettono di ottenete prestazioni idrauliche eccellenti. Le pressioni che il liner è in grado di supportare sono state determinate in seguito ad una accurata campagna sperimentale, svolta dall’azienda produttrice negli anni, tesa a individuare il comportamento del tubolare nei confronti della pressione. L’installazione di liner UV-CIPP per la riabilitazione strutturale di condotte in pressione prevede alcuni accorgimenti aggiuntivi rispetto
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a quanto previsto negli interventi su condotte a gravità. Nella fattispecie, a monte dell’intervento ha importanza fondamentale l’esecuzione di una accurata attività di pulizia preliminare della superficie interna della condotta, realizzata con svariate tecniche: pigging, raschiatori e scovoli, idropulizia ad alta pressione. Quanto di più conta è che al termine di questa fase si siano create le condizioni ideali affinché il liner possa aderire perfettamente alla parete interna della condotta. In presenza di fluidi in pressione, al fine di garantire che non si verifichino infiltrazioni in corrispondenza delle estremità del tratto riabilitato, vengono predisposte delle speciali guarnizioni realizzate in gomma EPDM con nastri tenditori in acciaio inossidabile, poste a cavallo tra liner e condotta. La tecnologia d’intervento attesta una nuova vita utile della tubazione pari ad almeno 50 anni, anche se nella parte centrale del tratto riabilitato il liner assicura una durabilità maggiore, mentre in corrispondenza delle estremità, dove la guarnizione poggerebbe in parte sulla condotta ospite, per l’età o la condizione di quest’ultima non diventa possibile dare garanzie sul lungo periodo. Ecco che, al fine di creare un sistema totalmente certo sui 50 anni, la tecnica di installazione è stata aggiornata prevedendo il posizionamento alle estremità del tratto di due nuovi tronchi di condotta, aventi lunghezza pari a 50 cm che, in base ai tipi di materiali in gioco, possono essere accoppiati ai tronchi di tubazione preesistente uscenti dallo scavo, attraverso adeguati sistemi di coupling. CONDOTTE IN PRESSIONE PER ACQUA
Da circa un anno lo sviluppo di questi liner si è esteso anche alla riabilitazione di condotte in pressione per il trasporto di acqua potabile. Il sistema ha già riscosso numerose approvazioni per l’impego in diversi paesi: Usa, Germania, Brasile, Russia, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Spagna, e per l’Italia la procedura di approvazione è attualmente in corso. Le fasi di produzione e di installazione del liner prevedono in questo caso rigidi accorgimenti riguardo al mantenimento di adeguate condizioni sanitarie.
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ECOTECH
a cura di ASSITA Idrogeno per via biologica
La produzione di idrogeno per elettrolisi dell’acqua resta ad oggi il metodo più “ecologico” per ottenere questo gas, purchè l’energia elettrica utilizzata provenga da fonti rinnovabili. Tuttavia il rendimento energetico del processo è molto basso, a meno di impiegare costosi catalizzatori a base di platino. Una soluzione a questo problema potrebbe essere l’uso di catalizzatori biologici, come l’enzima idrogenasi: ricercatori dell’Università dell’Indiana (Usa) hanno inserito questo enzima in un guscio proteico (capside) ottenuto dal virus “batteriofago P22”. Il biomateriale così preparato è più efficiente dell’enzima di base e può essere prodotto mediante un semplice processo di fermentazione, che si svolge a temperatura ambiente; inoltre, l’incapsulamento protegge l’enzima dagli agenti chimici, pur conservandone le capacità catalitiche.
Valorizzare i gas di cokeria e catturare la CO2 Nelle acciaierie la riduzione del minerale di ferro viene compiuta negli altiforni con il coke, che viene preparato sul posto mediante cottura del carbon fossile (litantrace) a 1000 °C in batterie di forni chiusi. Il processo di preparazione del
coke comporta la produzione di una notevole quantità di gas (“gas di cokeria”), che viene utilizzato come combustibile in quanto è costituito prevalentemente da idrogeno, metano e ossido di carbonio. Nel gas di cokeria sono però presenti sostanze inquinanti, come catrame, ammoniaca e idrogeno solforato, oltre a CO2 derivante dall’aria presente nei forni all’inizio del processo. Il trattamento dei gas di cokeria prevede la rimozione del catrame mediante condensazione, e l’assorbimento di ammoniaca e idrogeno solforato in acqua, mediante il processo CyclaSulf. La soluzione assorbente viene periodicamente rigenerata, ottenendo un gas acido contenente circa 30% di ammoniaca e 20% di CO2, oltre ad acqua e idrogeno solforato. La società tedesca Thyssen Krupp Industrial Solutions AG, insieme all’Università Tecnica di Berlino, ha ora messo a punto un processo di valorizzazione di questi gas di rigenerazione, che consente di ricavare da essi bicarbonato di ammonio cristallino. Il processo prevede la compressione del gas e il successivo assorbimento di CO2 e ammoniaca su una apparecchiatura a film cadente. I gas residui, contenenti l’idrogeno solforato, vanno alla produzione di zolfo con il processo Claus, mentre dalla soluzione dell’assorbitore si ricava il bicarbonato di ammonio per raffreddamento e centrifugazione. Una cokeria di media capacità può produrre oltre 4 tonn./ora di bicarbonato di ammonio, che trova impiego come fertilizzante, agente schiumogeno nella produzione di materiali plastici espansi e ceramiche porose, e come agente lievitante nell’industria alimentare. Oltre al reddito derivante dalla vendita di questo prodotto, il processo consente di evitare l’emissione in atmosfera della CO2 contenuta nei gas di cokeria, che viene convertita in bicarbonato.
Via i metalli pesanti grazie al guscio dei granchi
Il rame e il cadmio sono elementi presenti in natura, ma varie attività umane possono aumentare la loro concentrazione nell’ambiente, fino a diventare un potenziale pericolo per la salute umana. I trattamenti convenzionali per la rimozione di questi metalli dai reflui industriali includono precipitazione chimica, coagulazione, flocculazione, scambio ionico, filtrazione su membrane, assorbimento su carboni attivi o su nanotubi in carbonio.
forma solidi legami quando reagisce con questi metalli, mentre la chitina funge da adsorbente per la precipitazione. In questo modo, è stato possibile ottenere la rimozione del 95% del rame presente nei reflui (con una concentrazione iniziale pari a 5 mg/L), e l’85% del cadmio (concentrazione iniziale pari a 1 mg/L). Le prove sperimentali sono state condotte in condizioni (pH=6, T 25 °C) pressochè assimilabili a quelle degli effluenti provenienti dalle attività minerarie e dalla rifinitura dei metalli.
Accumulare l’energia sott’acqua
Negli ultimi tempi è cresciuto l'interesse per i sistemi di trattamento naturali, che presentano la stessa efficacia ma hanno un minore impatto sull’ambiente e sulla salute umana rispetto ai sistemi tradizionali. Un esempio in questo senso viene dai ricercatori dell’Università di Serdang (Malesia), che hanno sperimentato l’impiego di gusci di granchio (Scylla serrata, noto come “granchio del fango”) per la rimozione di rame e cadmio dai reflui industriali. Questi gusci rappresentano una risorsa ampiamente disponibile e a buon mercato, e sono costituiti da carbonati e proteine (30%), ceneri (41%), lipidi (1%) e chitina (27%). Nelle prove di laboratorio il carbonato di calcio e la chitina hanno dimostrato di essere altamente efficaci per la rimozione dei metalli pesanti (in particolare rame e piombo), in quanto il carbonato di calcio
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La produzione di energia elettrica mediante fonti non programmabili (come sole e vento) richiede necessariamente dei sistemi di accumulo, che siano in grado di garantire la continuità della fornitura di energia anche quando il sole non c’è o il vento non soffia. Un sistema interessante per le sue caratteristiche di robustezza e modularità viene proposto dalla società canadese Hydrostor, con il nome di UCAES (Underwater Compressed Air Energy Storage). Il funzionamento dell’Ucaes si basa sull’accumulo subacqueo di aria compressa: quando è disponibile energia in surplus la si usa per azionare un compressore, che gonfia serbatoi elastici situati sott’acqua o espelle l’acqua da cassoni simili alle casse di zavorra dei sommergibili. Quando è necessario ottenere energia è sufficiente aprire una
valvola che consente l’ingresso dell’acqua: l’aria compressa viene rinviata a terra e lungo il percorso aziona un turbogeneratore. Il sistema è realizzato con tubazioni standard da 12” ed è di tipo modulare, adottabile quindi a diverse situazioni. La prima installazione è stata realizzata a Toronto (Canada) nel novembre 2015.
Nuove applicazioni per la tecnologia a membrana I PMR integrano i passaggi di reazione e separazione della chimica industriale al fine di migliorare notevolmente le prestazioni del reattore. Tali reattori sono stati applicati con successo a reazioni con equilibrio limitato, le quali coinvolgono l’acqua come uno dei prodotti collaterali. Tuttavia, la fattibilità di tale approccio non è stata ancora studiata per reazioni che producono componenti biologici come metanolo o etanolo. Il progetto europeo NEW-PMR (New frontiers in (trans)esterification pervaporation membrane reactors) è stato avviato per fornire una base scientifica ai fini della produzione di sottoprodotti organici mediante l’utilizzo di PMR, basata sulla reazione tra butanolo e acetato di metile al fine di produrre metanolo e acetato di butile. Inoltre, lo studio è stato esteso ad altre reazioni di transesterificazione, come per esempio la reazione tra metanolo e acetato di etile, per produrre etanolo e acetato di metile, una reazione di riferimento utilizzata nella produzione di biodiesel. I risultati sperimentali relativi alle membrane commerciali hanno dimostrato che alcune membrane sono in grado di separare il butanolo dal mezzo di reazione grazie a una maggiore permeabilità di questo componente attraverso la membrana. Utilizzando tali membrane su scala industriale si ridurrebbe significativamente l’energia di separazione. I ricercatori hanno integrato la perevaporazione nei processi convenzionali, in combinazione alla distillazione, e come tecnologia autonoma. È stato stimato
che l’uso della perevaporazione per eseguire la separazione metanolo-acetato di metile porta a un risparmio energetico di oltre il 90 percento rispetto al processo di distillazione. L’integrazione della tecnologia con membrana per offrire un ibrido perevaporazione-distillazione ha dimostrato i possibili vantaggi e portato allo sviluppo di un processo maggiormente ecocompatibile. Inoltre, sono state elaborate delle direttive al fine di garantire la scelta del trattamento più rispettoso per l’ambiente a seconda della composizione relativa alla miscela liquida.
Metano per biogassificazione del carbone
I residui di carbone contenuti negli scarti delle miniere, così come i piccoli filoni carboniferi che non sono economicamente sfruttabili con i processi convenzionali, potrebbero essere valorizzati trasformandoli in metano per via biologica. Il processo è attualmente allo studio da parte di ricercatori della Southern Illinois University, che è situata nell’area carbonifera degli Usa; qui, la trasformazione del carbone in metano avviene grazie a batteri che prosperano nell’acqua adiacente ai depositi carboniferi. Sono stati identificati oltre 200 specie di batteri e “archei” (specie batteriche primordiali), che utilizzano la conversione del carbone in metano per estrarre ossigeno dall’acqua; le ricerche puntano ora a selezionare i ceppi che presentano maggiore vitalità e capacità produttiva.
Idrogeno dall’acido formico La diffusione dell’idrogeno come carburante per auto è stata finora ostacolata dalla difficoltà di trasportare e immagazzinare questo gas in condizioni di sicurezza. Il problema potrebbe essere risolto ricorrendo a “trasportatori chimici”, cioè a sostanze che incorporano idrogeno nella loro molecola, rilasciandolo poi quando serve per il rifornimento dei veicoli o per altri usi energetici: ad esempio, gli idrocarburi cicloparaffinici a 6 atomi di carbonio possono essere deidrogenati trasformandoli in idrocarburi aromatici e producendo idrogeno. Questi studi sono particolarmente avanzati in Giappone, dove un gruppo di ricercatori dell’Istituto per la Ricerca sulle Tecnologie dei Processi Chimici (Sendai City) propone come trasportatore chimico di idrogeno l’acido formico. Questo composto può essere facilmente decomposto a meno di 100 °C, producendo idrogeno e CO2, grazie ad un nuovo catalizzatore a base di un complesso di indio. L’idrogeno viene prodotto a pressione superiore a 120 MPa, ed è quindi già pronto per il rifornimento di autoveicoli, senza bisogno di stadi di compressione; inoltre, la bassa temperatura di reazione consente minori costi energetici rispetto alle cicloparaffine, che richiedono temperature intorno a 200 °C. L’idrogeno prodotto dalla decomposizione catalitica dell’acido formico può essere facilmen-
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te separato dalla CO 2 per raffreddamento della miscela gassosa in due successici stadi, il primo a -10 °C e il secondo a 50 °C.
Il PET biologico
Il PET (PoliEtilenTereftalato), che è il materiale con cui si producono le bottiglie di plastica e le fibre poliestere per abbigliamento, viene oggi ottenuto partendo da intermedi chimici derivati dal petrolio. Gli sforzi per ottenere un PET “biologico” si sono finora limitati a sostituire uno dei monomeri (il glicol etilenico) con un materiale prodotto a partire dal bio-etanolo; ma il glicol etilenico contribuisce solo per il 30% alla massa molecolare del PET. Recentemente, grazie alle ricerche della società americana Suntory & Anellotech, è stato possibile preparare un p-xilene di origine biologica; dal p-xilene si ottiene l’acido tereftalico, che è l’altro componente del PET. La materia prima per questa produzione è costituita da trucioli di legno, in modo da non competere con le produzioni alimentari. Anche la società giapponese Oji Holding sta lavorando per ottenere prodotti utili da trucioli di legno; una delle sostanze ottenute è il furfurolo, che trova impiego nella raffinazione del petrolio, e potrebbe essere usato per la produzione di bioplastiche, come poliuretani e PET. Il processo giapponese, inoltre, produce cellulosa con purezza del 90%, che si presta particolarmente alla produzione di fibre come il raion.
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AMBIENTE LE AZIENDE CITATE
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