Hi-Tech Ambiente 8.2015

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MENSILE - TECNOLOGIE AMBIENTALI PER L’INDUSTRIA E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE -

ANNO XXVI NOVEMBRE 2015

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SOMMARIO BIOMASSE & BIOGAS

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PANORAMA

Energia da biomasse e biogas

DEPURAZIONE La dissalazione ibrida

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L’integrazione di un impianto del tipo a effetto multiplo o a espansioni multiple con quello osmotico offre notevoli vantaggi

Enzimi vs microinquinanti

La bioenergia oggi 16

Una nuova sperimentazione per la distruzione dei residui di farmaci

L’evaporatore per reflui carichi

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Impianto sottovuoto a basso consumo energetico per il trattamento di acque di scarico con alto contenuto di tensioattivi

E’ tutta un’altra aria! Sistemi tradizionali, tecnologie biologiche innovative green, e ora anche UV-C & ozono

Cogenerazione: errori da evitare

RIFIUTI

Il “soil gas” in siti contaminati

Le emissioni del bitume

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I risultati della sperimentazione trasmessi tramite un’app divulgativa costantemente aggiornata

Il biorischio nei depuratori

Capacità doppia, volumi sfruttati al massimo e sicurezza d’uso grazie alla pressa imballatrice a canale HSM VK 7215

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Identificate le operazioni più critiche ed i sistemi di prevenzione per tutelare i lavoratori esposti

TECNOLOGIE

Enzimi per una chimica più “verde” 50

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Analisi chimiche e studi epidemiologici, controlli e riduzioni dei fumi degli impianti

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Importante è il ruolo dell'ingegneria genetica ed il fine è far avvenire le reazioni a pressione atmosferica e temperatura ambiente

Biotensioattivi ottenibili per fermentazione ed esteri oleosi ottenibili per catalisi enzimatica

Tanti scarti, nessun problema

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SICUREZZA

Una decisione che determina sicuramente il miglior ritorno economico degli investimenti

Il progetto Bio-Surfest

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Linee Guida dall’Arpa Emilia-Romagna per definire le corrette modalità operative

Sviluppare l’ecodesign ed ottimizzare il recupero per aumentare la sostenibilità dell’intero ciclo di vita

Il progetto Bio.Lea.R.

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Interessanti i risultati di uno studio su decine di casi reali in tutti i settori applicativi

La valutazione dei reflui

L’automazione della selezione

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Le più recenti innovazioni tecnologiche sviluppate nei centri di ricerca dell’Enea in Italia

MACCHINE & STRUMENTAZIONE

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Carta: riciclo e raccolta

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Colture dedicate, punti di forza e criticità, le diverse filiere bioenergetiche (consolidate e in sviluppo), potenzialità

Da fanghi a syngas e biochar

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Un processo efficiente in termini energetici ed economici per trasformare termo-chimicamente gli scarti di depurazione

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MARKET DIRECTORY

GLI INDIRIZZI DELLE AZIENDE CITATE SONO A PAG. 98 Hi-Tech Ambiente

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94


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PANORAMA PRODUTTORI E DISTRIBUTORI

Il nuovo accordo sui RAEE È stato sottoscritto il nuovo Accordo di programma per la definizione delle condizioni generali di raccolta e gestione dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche. Hanno firmato l'accordo il CdC Raee, le associazioni di categoria dei produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche, le associazioni delle aziende di raccolta dei rifiuti e le organizzazioni delle imprese commerciali e della distribuzione. L’Accordo resta comunque aperto alla sottoscrizione da parte tutte le associazioni di settore e offre condizioni eque e non discriminatorie a tutti gli operatori che volessero avvalersi delle specifiche in esso previste. Il documento firmato dalle parti, prende le mosse da quanto previsto all’articolo 16 del DLgs 49/2014, in attuazione della Direttiva 2012/19/CE, ha validità triennale, con decorrenza 1/7/2015, e prevede importanti conferme e novità rilevanti per la gestione dei raee nel nostro Paese. L’Accordo disciplina

ANCI-CONAI: ALTRA PROROGA PER NUOVE CONVENZIONI

modalità e tempi di ritiro dei raee dai luoghi di raggruppamento conferiti ai distributori, l’organizzazione della raccolta in modo omogeneo sull’intero territorio nazionale

e i relativi premi di efficienza. Al verificarsi delle condizioni di buona operatività realizzate dalle imprese commerciali e della distribuzione, verranno erogati premi di

CONSUMI ENERGETICI

L’ecoefficienza in Europa

Ulteriore e definitiva proroga al 31 dicembre 2015 del termine per rinnovo delle Convenzioni con i consorzi di filiera. Entro tale scadenza dovranno essere sottoscritti i nuovi modelli convenzionali, rilasciate le nuove deleghe o adeguate quelle esistenti, pena il decadimento dei rapporti convenzionali in essere. La decisione è stata assunta dal Comitato di Coordinamento dell’Accordo Quadro Anci-Conai, che ha evidenziato che sarà l’ultima proroga concessa.

Una banca dati unica per migliorare l’efficienza energetica di 29 paesi europei, contenente informazioni sui consumi energetici, indicatori di efficienza energetica e di CO2: si tratta dell’esito del proget-

to Odyssee-Mure, che la Commissione europea ha adottato ufficialmente come base statistica conoscitiva per le politiche energetiche dell’Unione. Il progetto, coordinato dall’agenzia francese Ademe e

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efficienza sulla base dei quantitativi di raee conferiti dai consumatori ai distributori, ritirati dai Sistemi Collettivi dei produttori e avviati correttamente alle operazioni di trattamento e recupero. Con la stipula della nuova intesa, il valore di questi rimborsi premiali è stato incrementato quasi del 50% in valor medio rispetto agli attuali livelli. L’obiettivo stabilito dal Decreto 49/2014 è quello di arrivare, entro 5 anni, a raccogliere 720.000 tonnellate di raee, pari circa al 65% di tutte le AEE immesse sul mercato ogni anno, che corrispondono a circa 12 kg a cittadino. Tra le nuove misure introdotte dal nuovo accordo, si segnala il supporto in via sperimentale alla creazione di “microaree ecologiche a basso impatto ambientale” mirate a rendere più agevole la raccolta dei raee in aree disagiate. Ad oggi in Italia il sistema dei raee raccoglie circa 240.000 tonnellate di prodotti destinati al recupero e/o al trattamento corretto; grazie a questo accordo si stima che questi già ingenti numeri possano aumentare in maniera significativa ponendo l’Italia in linea con gli obiettivi europei. supportato dal programma Intelligent Energy Europe, vede la partecipazione degli enti energeticoambientali nazionali di 29 paesi dell’UE, e l’Italia è rappresentata dall’Enea. Il progetto ha permesso di sviluppare una metodologia che rende compatibili e confrontabili i dati e le elaborazioni sui consumi energetici dei paesi coinvolti, potendo così realizzare specifici indicatori. Il database consente all’UE, che si è posta l’obiettivo di migliorare l’efficienza energetica di almeno il 27% entro il 2030, di conoscere le caratteristiche del sistema energetico dei singoli paesi, valutare le potenzialità di riduzione dei consumi energetici nei diversi settori (civile, trasporti e industria) e delle relative emissioni inquinanti, monitorando gli sviluppi e i trend più significativi. Il progetto si avvale di due banche dati complementari: Odyssee, che contiene i dati di base energetici e gli indicatori di efficienza energetica e CO2, e Mure (Misure di utilizzo razionale dell’energia), che racchiude le politiche e le misure di efficienza energetica e del loro impatto.


PANORAMA UN SISTEMA A PIENO REGIME

Pile scariche ma raccolte Secondo il primo Rapporto annuale sulla gestione dei rifiuti di pile e accumulatori (stilo, torce, batterie per cellulari, ecc.) giunti a fine vita, elaborato dal CDCNPA (Centro di Coordinamento Nazionale Pile e Accumulatori), emerge un sistema ormai a pieno regime, efficiente e capillare su tutto il territorio nazionale, con ulteriori margini di miglioramento. E’ stato già raggiunto e superato abbondantemente il tasso di raccolta delle pile portatili esauste fissato dall’UE al 25% della media dell’immesso degli ultimi 3 anni: raccolti 9.584.746 kg di pile e accumulatori portatili esausti (+13% rispetto al 2013) e 171.896.011 kg di accumulatori

industriali e per veicoli (-5% rispetto al 2013, flessione attribuibile principalmente alla diminuzione degli accumulatori nuovi venduti). I luoghi di raccolta (punti vendita, centri di raccolta, impianti di trattamento dei raee, grandi utilizzatori e centri di stoccaggio) iscritti al CDCNPA sono 3.809, distribuiti su tutto il territorio nazionale. Con riferimento ai dati di pile e accumulatori portatili, la Regione in cui si raccoglie di più è la Lombardia dove nel 2014 sono stati ritirati 2.009.675 kg. Al sud e nelle isole spicca invece la Regione Campania con 816.227 kg. Anche per quanto riguarda i Luoghi di raccolta, al centro-nord è la Lombardia che ospita il maggior

numero di strutture (859), mentre al sud e nelle isole è la Campania con 169. <<Il nostro obiettivo è ora di arrivare puntuali al prossimo traguar-

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Lo sportello per il Reach

Tutte le sostanze chimiche prodotte o importate nello spazio economico dell'Unione Europea, in una fascia compresa tra 1 e 100 tonnellate l’anno, dovranno essere registrate entro il 31 maggio 2018 presso l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA). È questo il termine ultimo per le sostanze chimiche già esistenti stabilito dal regolamen-

to comunitario Reach (n. 1907/2006), un obbligo per le imprese che consentirà di raccogliere enormi quantità di dati sulle sostanze fabbricate o utilizzate in Europa, con significative ricadute per la salute dell’uomo e la salvaguardia dell’ambiente. Per fornire informazioni e assistenza diretta alle aziende, il Ministero dello Sviluppo Economi-

co, con il supporto dell'Enea, mette a disposizione delle imprese l’helpdesk Reach su http://reach.mise.gov.it. La scadenza del 2018, infatti, è destinata a coinvolgere decine di migliaia di imprese di ogni dimensione che, in caso di inadempienza, non potranno più immettere legalmente sul mercato le sostanze chimiche. Tenuto conto che identificare e registrare le sostanze rappresenta un processo complesso, gli esperti sottolineano l’importanza per le imprese di procedere quanto prima alla valutazione del proprio portafoglio, all’analisi dei volumi di vendita e di produzione delle sostanze, alla verifica dell’esistenza di obblighi ai sensi del Reach e alla pianificazione e gestione delle registrazioni in vista del termine ultimo. Anche l’ECHA, oltre agli Stati membri e alle associazioni di settore, mette a disposizione un helpdesk (http://echa.europa.eu/contact/helpdesk-contactform) e un portale informativo (http://echa.europa.eu/it/reach2018).

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do – afferma Giulio Rentocchini, Presidente del CDCNPA – quando nel settembre del 2016 il tasso sarà alzato al 45%. Si tratta di un obiettivo ambizioso ma raggiungibile grazie alle solide basi gettate in questi primi anni di attività. Resta ancora molto lavoro da fare, tuttavia siamo fiduciosi che il sistema realizzato dai produttori abbia le potenzialità per affrontare questa sfida>>. <<Anche in questo settore – commenta Filippo Bernocchi, Delegato Anci per l’energia e i rifiuti – grazie all’accordo sottoscritto tra Anci e il CDCNPA i comuni hanno contribuito a realizzare un sistema di raccolta dei rifiuti di pile e accumulatori efficace. Il passo successivo sarà quello di individuare modalità economicamente sostenibili di micro raccolta sui territori per garantire la partecipazione attiva dei cittadini al corretto conferimento di un rifiuto. L’accordo dovrà essere rinnovato entro il prossimo novembre, l’impegno di Anci sarà quello di garantire ancora più sostegno agli Enti Locali per l’implementazione di raccolte dedicate sul territorio che possano concorrere efficacemente al raggiungimento degli obiettivi di legge e alla tutela dell’ambiente>>.

REPERTORIO dell’Ambiente il “chi fa cosa” delle ecotecnologie

reach.mise.gov.it

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PANORAMA RACCOLTA OLTRE IL 70%

La differenziata di Expo

Expo 2015 e Amsa con il supporto di Conai e dei Consorzi di filiera, hanno vinto la difficile sfida della qualità nella gestione ambientale dell’area espositiva, cogliendo l’obiettivo fissato alla vigilia della manifestazione milanese. Il 70% dei rifiuti prodotti ogni giorno tra i padiglioni dell’Esposizione Universale è stato infatti raccolto in modo differenziato, permettendo così il riciclo dei materiali insieme a una efficace pulizia degli spazi espositivi. Importante nel raggiungimento di tale obiettivo sono state le diverse iniziative di comunicazione e sensibilizzazione dei visitatori a supporto della raccolta differenziata dei rifiuti prodotti in Expo. Tra queste spicca, accanto a video informativi, il “Contatore Ambientale” che, ogni 15 giorni, “racconta” i risultati ottenuti in termini am-

ECOPNEUS FESTEGGIA Un milione di ton di pneumatici fuori uso, ossia 100 milioni di PFU, l’equivalente del peso di 8 navi da crociera. Sono così tanti i PFU raccolti e recuperati dall’avvio del sistema nazionale, nel 2011, da Ecopneus, che si occupa della gestione del 70% dei PFU presenti in Italia. Una cifra tonda con cui la società festeggia i suoi 4 anni di attività. Fino ad oggi il 62,5% dei PFU raccolti è stato usato per recu-

bientali ed economici della raccolta differenziata in sito. Con il 24% sul totale, l’umido rappresenta la frazione principale dei rifiuti riciclabili avviati a recupero, seguono carta e cartone, con il 16% del totale raccolto, il vetro a quota 14% e gli imballaggi in plastica e metalli per un 10%. Nei viali di comunicazione e negli spazi comuni dell’area espositiva sono stati collocati circa 2.000 cestini stradali per la raccolta differenziata. Amsa opera ogni giorno, 24 ore su 24, all’interno del sito espositivo. Dispone di un’isola ecologica ai confini dell’area espositiva per lo stoccaggio temporaneo delle frazioni differenziate di rifiuti raccolte, attrezzati con 4 compattatori elettrici che funzionano sfruttando l’energia solare e 4 cassoni a cielo aperto. pero di energia, mentre il 37,5% è stato trasformato in nuovi materiali come granuli, polverini di gomma e acciaio. Attualmente, la gomma riciclata viene impiegata in pavimentazioni sportive (30%), aree da gioco per bambini (13%), isolanti acustici per edilizia (5%) ed asfalti a bassa rumorosità (1%). Il sistema industriale di green economy, messo in moto da Ecopneus, coinvolge 103 imprese con 700 addetti impegnati a tempo pieno, una rete di aziende qualificate selezionate tramite gara.


DEPURAZIONE A C Q U A

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A R I A

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S U O L O

BENEFICI ECONOMICI E AMBIENTALI

La dissalazione ibrida L’integrazione di un impianto del tipo a effetto multiplo o a espansioni multiple con quello osmotico offre notevoli vantaggi È noto che i più grandi impianti di dissalazione dell’acqua di mare sono stati costruiti nei Paesi Arabi, dove il costo del petrolio e del gas naturale sono minimi, e la domanda di acqua potabile è molto superiore a quanto può fornire un territorio a clima arido. Per motivi sia economici sia tecnologici, in questi Paesi gli impianti di dissalazione sono stati spesso realizzati in accoppiamento con le centrali termoelettriche; il vapore a bassa pressione in uscita dalle turbine che producono energia elettrica contiene ancora sufficiente energia termica per azionare gli impianti di dissalazione del tipo a effetto multiplo (MED, cioè Multi Effect Distillation) o del tipo a espansioni multiple (MSF, cioè Multi Sta-

Impianto di dissalazione del tipo MSF a Jebel Ali G Station, Dubai Hi-Tech Ambiente

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ge Flash). Tuttavia, mentre la domanda di acqua potabile è praticamente costante lungo tutti i mesi dell’anno, la domanda di energia elettrica presenta forti variazioni stagionali: nei Paesi Arabi è massima nei mesi estivi, a causa degli impianti di condizionamento dell’aria, mentre è bassa nei mesi invernali. In questa situazione risulta vantaggioso utilizzare l’energia elettrica in surplus per far funzionare un impianto di dissalazione a osmosi inversa, con un rapporto tra le capacità di dissalazione distribuito per il 70% a carico dell’impianto a distillazione e per il 30% all’impianto a membrane. In tal modo, i consumi energetici risultano notevolmente ridotti, con benefici sia economici che ambientali, per le minori emissioni di CO2; è stato calcolato che un impianto da 400 MW di produzione di energia elettrica, accoppiato ad una produzione di 455.000 mc/giorno di acqua dissalata per la sola via termica, costa circa 370 milioni di dollari per il solo combustibile, mentre un impianto ibrido con la stessa capacità produttiva costa poco più di 220 milioni di $/anno, con un risparmio che è oggi (con gli attuali bassi costi del grezzo) di 150 milioni di $/anno, ma potrebbe facilmente raddoppiarsi in futuro, quando la domanda di grezzo tornerà a crescere, ed i prezzi torneranno inevitabilmente nella fascia da 90 a 100 $/barile. Il beneficio ambientale corrisponde ad una riduzione del 40% nelle emissioni di CO2; e questa riduzione potrebbe anch’essa tradursi in un vantaggio economico, se si troverà un accordo internazionale sulla “Carbon Tax” o su altre mi-


DEPURAZIONE sure per penalizzare economicamente le emissioni di CO2. L’integrazione dell’impianto di dissalazione termica con quello osmotico offre altri vantaggi: - l’acqua di raffreddamento proveniente dall’impianto termico può essere usata come alimentazione all’impianto osmotico; questo aumenta il flusso attraverso le membrane (in media il 2% in più per ogni °C di temperatura), cosa che può essere particolarmente utile nei mesi invernali

- la miscelazione dell’acqua dissalata proveniente dai due diversi impianti produce un’acqua vicina alle caratteristiche dell’acqua dolce naturale, sia per quanto riguarda la salinità che per il contenuto in composti di boro (che non vengono efficacemente rimossi dalle membrane). Inoltre, è possibile far funzionare l’impianto a osmosi inversa in condizioni di minore carico, prolungando la vita utile delle membrane fino a 12 anni o evitando il trattamento a doppio passaggio - mentre non è possibile immagazzinare l’energia elettrica in surplus, l’acqua dissalata può essere immagazzinata in serbatoi e utilizzata per fronteggiare le emergenze connesse a lunghi periodi di siccità, a inquinamento o a rotture di tubazioni della rete idrica. Se non si vuole affrontare le spese connesse alla costruzione e alla manutenzione dei serbatoi, l’acqua in temporaneo eccesso rispetto al fabbisogno può essere utilizzata per la ricarica delle falde acquifere, contribuendo così a costituire riserve strategiche per i mesi estivi, ed a contrastare l’intrusione di acqua salata nella falda acquifera delle zone costiere - nei nuovi impianti di grandi dimensioni l’integrazione tra l’impianto di dissalazione termica (di solito del tipo multiflash, cioè a espansioni multiple) e quello osmotico copre diversi aspetti: ottimizzazione della temperatura dell’acqua in ingresso alle membrane, u-

tilizzazione del vapore a bassa pressione dell’impianto termico per de-aerare e de-clorare l’alimentazione all’impianto a osmosi inversa, utilizzazione della elevata pressione del retentato in uscita per azionare la pompa di ricircolo dell’impianto termico, e messa in comune di alcune parti dei due impianti, specie nella sezione finale di post-trattamento. Impianto ibrido di dissalazione di Jeddah

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DEPURAZIONE Continua da pag. 11

quanto l’assenza della durezza evita i problemi di incrostazioni.

La dissalazione ibrida IL PRETRATTAMENTO SU MEMBRANE DI NANOFILTRAZIONE

Le membrane di nanofiltrazione possono incorporare ioni con carica negativa sulla loro superficie; membrane di questo tipo possono essere strutturate in modo da trattenere gli ioni dei metalli con due cariche positive (calcio e magnesio) lasciando passare gli ioni con una sola carica (sodio e potassio). Queste membrane costituiscono uno stadio di “addolcimento”, che rimuove la durezza dell’acqua prima dell’alimentazione agli impianti di dissalazione, sia del tipo termico che del tipo a membrana. Questo consente un aumento della capacità di dissalazione, che negli impianti termici può raggiungere il 40%; nel caso di un impianto di dissalazione ibrido che sia alimentato con acqua addolcita su membrane di nanofiltrazione, il retentato dall’osmosi inversa può costituire l’alimentazione dell’impianto termico, in

ALCUNI ESEMPI DI IMPIANTI IBRIDI REALIZZATI

L'impianto ibrido di dissalazione di Fujairah (UAE) più recente

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Il primo impianto di dissalazione ibrida su larga scala è stato quello di Jeddah (Arabia Saudita), inaugurato nel 1989. La configurazione di questo impianto prevede una produzione di energia elettrica di 924 MW, associata a un impianto di dissalazione termica multiflash da 36.300 mc/giorno, e ad un impianto di osmosi inversa da 114.000 mc/giorno. L’impianto di osmosi inversa è costituito da membrane a fibra cava a doppio elemento, prodotte dalla Toyobo Hollosep; viene gestito in modo da ottenere un permeato avente ancora un discreto livello di salinità residua, per cui la combinazione con l’acqua priva di sali in uscita dal dissalatore termico fornisce un’acqua di qualità potabile. In questo modo la vita utile delle membrane è stata prolungata di circa 10 anni. Un altro esempio di accoppiamento tra dissalazione termica multiflash ed osmosi inversa è


DEPURAZIONE l’impianto di Fujairah (UAE), inaugurato nel 2003, con una capacità di 450.000 mc/giorno di acqua dissalata, suddivisa percentualmente tra 280.000 dell’impianto termico e 170.000 dell’impianto osmotico. La produzione di energia elettrica viene ottenuta con 4 gruppi turbogas dotati di recupero termico (a 68 bar e 537 °C), e due turbine a vapore; il vapore a bassa pressione in uscita da queste turbine viene utilizzato per fornire calore di processo alle 5 unità multiflash. L’impianto è stato realizzato dalla società coreana Dosan Heavy Industries, che si è servita della Degremont per il know-how e la costruzione della sezione di osmosi inversa, costituita da 2 linee indipendenti, con doppio passaggio. Questo impianto è stato successivamente affiancato da un altro, situato nella stessa località e realizzato da Sidem e Veolia. Il nuovo impianto produce 590.000 mc/giorno di acqua dissalata e 2.000 MW di energia elettrica, ottenuta mediante 5 turbine a gas Alstom GT 26 a ciclo combinato. La sezione termica è costituita da

L'impianto ibrido di dissalazione di Fujairah (UAE) realizzato per primo

12 gruppi MED (distillazione a effetto multiplo) per una produzione complessiva di 450.000 mc/giorno di acqua dissalata; la rimanente produzione di 140.000

mc/giorno è fornita dall’impianto a osmosi inversa. L’impianto di dissalazione più grande del mondo si trova a Ras Al-Kahir (Arabia Saudita) ed è

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stato inaugurato nell’aprile dello scorso anno. La sua capacità supera il miliardo di mc al giorno (per la precisione, 1.036 milioni), sufficienti per soddisfare il fabbisogno idrico di 3,5 milioni di persone; è costato 23 miliardi di riyal (equivalenti a 6 miliardi di $) e offre lavoro a 3.500 persone, tra dipendenti diretti e manodopera indiretta. La produzione di energia elettrica è di 2.400 MW, dei quali 200 servono per le esigenze dell’impianto stesso, 1.050 vengono immessi in rete, e 1.350 servono per la produzione di alluminio nello stabilimento della Maaden Aluminium. La produzione di acqua dissalata è suddivisa tra 8 unità MSF da 91.000 mc/giorno ciascuna, e 17 gruppi di osmosi inversa da 18.000 mc/giorno ciascuno.


PUBBLIREDAZIONALE

SISTEMI AMBIENTALI

Il biorecupero di sedimenti L’esperienza dell’impianto di Calcinate (BG): bioremediation e certificazione di prodotto per il riutilizzo L’impianto di bioremediation “Sistemi Ambientali” di Calcinate è stato progettato ed il work-flow di processo definito, con l’obiettivo di rispondere alle esigenze del trattamento biologico di rifiuti costituiti da matrici terrose contaminate, quali in particolare i “fanghi di dragaggio”. L’attività dell’impianto è iniziata nel luglio 2012. Analizzando i dati di processo di questi primi 36 mesi di attività, sono evidenti due dati: le rese del processo di recupero sono superiori al 90%; il riutilizzo dei materiali risultanti dall’attività di lavorazione è un aspetto fondamentale che richiede un impegno tecnico-normativo equivalente a quello necessario per l’attività di lavorazione. Sistemi Ambientali, infatti, ha ottenuto la certificazione dei suoi materiali di risulta, trasformandoli da semplice “terreno da biorisanamento” ad “aggregato” certificato СЄ. L’obiettivo è proporre un panorama su scala industriale della possibilità di certificazione dei materiali risultanti dal ciclo di lavorazione e recupero rifiuti quali “prodotti” veri e propri. IDENTIFICAZIONE DELLA NORMATIVA TECNICA

Il riutilizzo del materiale che raggiunge gli obiettivi di bonifica nel processo di bioremediation di fatto si presenta come una matrice terrosa con geologia molto variabile date le diverse provenienze di origine. Le indagini di mercato condotte hanno identificato per tali materiali i seguenti potenziali destini di riutilizzo: attività di cantiere, riempimenti, ingegneria civile e costruzione di strade, costruzione e gestione di discariche, in-

dustria per la produzione di laterizi e cemento, conglomerati cementizi. La molteplicità dei destini elencati e la diversità richiesta di caratteristiche merceologiche specifiche sono strategiche per ottimizzare i flussi di riutilizzo; infatti, i lotti non idonei ad un destino possono essere idonei per un altro. Le caratteristiche più significative per definire un destino rispetto ad un altro sono: permeabilità, curva granulometrica, percentuale di argille, percentuale di calcare, percentuali di organico. Altro aspetto fondamentale, che consegue da quanto sopra, è la definizione della normativa tecnica applicabile ai riutilizzi elencati. È importante essere consapevoli che spesso non esiste una normativa definita, per esempio cementifici e fornaci non hanno ricette regolamentate per i materiali in ingresso al processo; ogni stabilimento ha una sua strategia operativa, che varia a seconda delle caratteristiche merceologiche del mate-

riale proveniente della cave da cui si riforniscono. Di seguito viene descritta l’esperienza di Sistemi Ambientali relativamente al riutilizzo in opere di ingegneria civile e costruzione di strade. In questa casistica la matrice terrosa viene identificata con la denominazione di “aggregato artificiale”. A norma di riferimento è la UNI EN 13242 “Aggregati per materiali non legati e legati con leganti idraulici per l’impiego di ingegneria civile e nella costruzione di strade”. Gli aggregati riciclati prodotti da Sistemi Ambientali costituiscono un’ottima alternativa alla necessità, sempre maggiore, di salvaguardare le risorse naturali del territorio riutilizzando materiale che in caso contrario finirebbe in discarica. A tal proposito, Sistemi Ambientali ha individuato nella norma UNI EN 13242, e nella certificazione CE che ne consegue, il giusto strumento per poter ulteriormente valorizzare con dettaglio ed accuratezza i materiali generati dal processo produttivo. La suddetta norma, insieme alle prescrizioni contenute nel Regolamento n.305/2011/CE, stabilisce le condizioni armonizzate per la commercializzazione dei prodotti da costruzione e ne fissa le caratteristiche essenziali da dichiarare. Sono infatti previste le prove per la determinazione dei parametri necessari alla definizione delle caratteristiche chimico-fisiche degli aggregati. Dai parametri riscontrati consegue: l’emissione delle Dichiarazioni di Prestazione (DoP) e l’emissione della marcatura CE secondo il sistema 2+ (ovvero certificato da ente terzo).

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Il Certificato DoP di conformità del controllo della produzione in fabbrica, relativo ai materiali aggregati prodotti da Sistemi Ambientali, è stato quindi ottenuto secondo procedure e manuali ben definiti per assicurare costantemente il processo di produzione in fabbrica, la pianificazione, il controllo dei processi e la conformità dei prodotti. Occorre sottolineare che le procedure ed i controlli effettuati ai fini della certificazione sono stati raggiunti grazie alla organizzazione aziendale, in quanto le procedure erano già applicate nei sistemi di gestione che Sistemi Ambientali ha da tempo in essere in materia di: Qualità (UNI EN ISO 9001:2008), Ambiente (UNI EN ISO 14001:2004), Sicurezza (BS OHSAS 18001:2007). RISULTATI OTTENUTI

In merito ai risultati ottenuti, e quindi al recupero merceologico secondo UNI EN 13242, la questione relativa alla disomogeneità delle matrici terrose contaminate in ingresso all’impianto è stata gestita effettuando: prove al completamento di ogni singolo ciclo di produzione, prove di mantenimento per la verifica dell’omogeneità di ogni lotto. La marcatura CE ha quindi avuto la duplice valenza di: valorizzare il materiale prodotto “definendo specifiche caratteristiche chimico/fisiche”, definire specifici utilizzi legati all’impiego che, nel caso in oggetto, è rappresentato sia dalla formazione di sottofondi stradali tradizionali che dalla formazione di sottofondi stradali mediante terre stabilizzate.



DEPURAZIONE IL PROGETTO ENDETECH

Enzimi vs microinquinanti Una nuova sperimentazione per la distruzione dei residui di farmaci L’uso di medicinali (da parte di uomo o animali) implica che le molecole dei farmaci attraversino l’organismo e poi vengano escrete nelle urine o nelle feci e, di conseguenza, finiscano nelle fognature e successivamente nei sistemi di depurazione delle acque di scarico. I normali sistemi di trattamento riescono solo parzialmente ad eliminare i residui di farmaci, e la concentrazione di alcuni principi attivi nelle acque superficiali sta progressivamente aumentando. Fino ad oggi i trattamenti sperimentati per la distruzione dei residui di farmaci si basavano pre-

valentemente su trattamenti di ossidazione avanzata; il progetto europeo Endetech si propone di sperimentare processi basati su enzimi, sia in soluzione che immobilizzati su membrane ceramiche o altri supporti porosi. Il primo passo è stato lo studio di nuovi enzimi e, successivamente, la loro sperimentazione nella degradazione di 4 comuni antibiotici: tetraciclina, eritromicina, sulfametossazolo e ciprofloxacina. Il progetto ha avuto successo a livello di laboratorio, specialmente per quanto riguarda la tetraciclina. È stato impiegato un particolare tipo di enzima laccasi, estrat-

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DEPURAZIONE to dal fungo Trametes versicolor (il comune fungo coriaceo, che cresce spontaneamente sul legno); le laccasi sono enzimi degradatori molto potenti, in quanto consentono la degradazione della lignina. Questo enzima è stato studiato sia in soluzione acquosa che in forma immobilizzata su membrane ceramiche del tipo monocanale e multicanale, con diversi diametri dei pori, oppure su granuli di silicio. È stato riscontrato che le membrane contenenti l’enzima immobilizzato ot-

tengono una degradazione della tetraciclina del 70% in 24 ore, e possono essere utilizzate in continuo per almeno 10 giorni, senza perdite rilevanti della loro attività; i risultati migliori sono stati ottenuti con le membrane multicanale a pori larghi, che presentano un numero maggiore di siti dove è possibile realizzare il fissaggio degli enzimi. I prodotti di degradazione (che non presentano più attività antibiotica) presentano un livello di ecotossicità inferiore a quello dell’antibiotico di

partenza. Per quanto riguarda l’eritromicina, è stato valutato l’enzima “esterasi EreB” estratto da Escherichia coli, ottenendo una degradazione del 52% dopo 16 ore. Il passaggio successivo è stato lo studio dell’effetto dell’enzima laccasi su 38 diversi antibiotici, appartenenti alle classi delle sulfonammidi, dei nitroimmidazoli, dei chinoloni e fluorochinoloni, e delle penicillina. Per tutti i tipi di antibiotici si sono osservati livelli di degradazio-

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ne superiori al 50% dopo 24 ore, e gli effetti più rilevanti sono stati ottenuti con le sulfonammidi (degradazione di oltre il 90%), seguiti da chinolonici e penicilline (70%). I più resistenti si sono mostrati i fluorochinolonici, per i quali si è comunque ottenuta una degradazione del 58%. Il progetto si è concluso, ma si conta in una fase successiva, per valutare se questi incoraggianti risultati di laboratorio possano essere trasferiti ad una fase industriale.


PUBBLIREDAZIONALE

Il progetto BIOSUR Rimozione dell'idrogeno solforato dagli effluenti gassosi in un nuovo reattore a letto rotante BIOSUR (Rotating Bioreactors for sustainable hydrogen sulphide Removal) è un progetto cofinanziato dall'Unione Europea nell'ambito del programma UE LIFE+ BIOSUR project ENV/IT/075. I partner del progetto sono il Consorzio Cuoiodepur Spa, il Dipartimento di Ingegneria Civile ed Ambientale dell’Università di Firenze, il Dipartimento di Biologia dell'Università di Pisa e Italprogetti Engineering Spa. Il progetto nasce dalla necessità di mitigare l’impatto ambientale dei solfuri prodotti nel processo industriale conciario, ed in particolare prevede l'applicazione di una tecnologia innovativa per il trattamento ed il controllo delle emissioni odorigene. Durante la fase di depilazione delle pelli si generano effluenti contenti elevate concentrazioni di solfuro; l'idrogeno solforato (H2S) dalla fase liquida strippa in fase gassosa generando la presenza di odori molto sgradevoli che impattano pesantemente sulla qualità dell'aria e di conseguenza della vita. Gli scrubber chimici attualmente costituiscono la tecnologia più utilizzata per la rimozione dell’idrogeno solforato dagli effluenti gassosi; tuttavia, questa tecnologia presenta un’elevata carbon footprint complessiva e costi elevati, sia dal punto di vista ambientale che economico, dovuti al consumo di notevoli quantità di reagenti chimici (NaOH) e di energia. L'innovazione tecnologica consiste nell'utilizzo di un bioreattore a letto mobile rotante RBBR (Rotating Bed Biofilm Reactor) per la

trattamento di reflui conciari (Cuoiodepur, Pisa) e tratta gli effluenti gassosi dell'impianto. IL PROTOTIPO

Prototipo installato presso l’impianto Cuoiodepur

rimozione biologica dell’idrogeno solforato dagli effluenti gassosi. La bassa carbon footprint e l'elevata sostenibilità economica ed ambientale rendono questa soluzione tecnologica un valido sostituto degli scrubber chimici. I Biotrickling Filters (BTFs) sono bioreattori nei quali i flussi gassosi vengono fatti passare attraverso un letto filtrante, in grado di permettere l'immobilizzazione ed il mantenimento della biomassa solfuro-ossidante. I BTFs tradizionali non richiedono dosaggio di chemicals e raggiungono un'elevata capacità di rimozione ma subiscono frequenti intasamenti con conseguenti perdite di carico che si ripercuotono sui costi gestionali.

biodischi e all'acqua presente nella parte inferiore del RBBR superando in questo modo i limiti dei BTF statici. Si tratta del primo prototipo al mondo operativo di un letto rotante applicato al trattamento degli effluenti gassosi. L’RBBR è stato installato in un impianto di

L’RBBR ha una forma cilindrica ed è suddiviso in quattro settori. Il flusso d'aria attraversa orizzontalmente i settori e ognuno di essi è idraulicamente separato dagli altri attraverso un setto. Questa suddivisione permette la pulizia differenziale dei settori senza compromettere la funzionalità del sistema e fornisce la possibilità di mantenere condizioni differenti in ogni settore. I biodischi hanno un diametro di 2,38 m e sono spessi 32 cm; l'ultimo settore è composto da un solo biodisco con uno spessore di 64 cm. L'acqua di ogni settore viene pompata ad un serbatoio esterno e ricircola nei biodischi per mantenere l'umidità necessaria per il

IL PROGETTO

Nel contesto del progetto è stato ideato e costruito un prototipo di un reattore biologico a letto mobile (RBBR) con l'obiettivo di utilizzare la rotazione dei biodischi come strategia innovativa per rimozione della biomassa in eccesso grazie agli sforzi di taglio tra i

Disegno del prototipo e flusso dell’aria contenente H2S

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PUBBLIREDAZIONALE CARATTERIZZAZIONE DEL BIOFILM

furo-ossidanti appartenenti al genere Acidithiobacillus, principali responsabili della reazione di ossidazione dei solfuri. Sono stati poi individuati funghi appartenenti ai generi Penicillium, Aspergillus e Pyxidiophora. La colonizzazione dei dischi da parte dei batteri non è risultata molto diversa tra la superficie esterna e l'interno dei dischi, ma è stato notato uno sviluppo maggiore nel disco maggiormente irrorato dal flusso in ingresso rispetto ai dischi successivi.

La comunità microbica del prototipo è stata studiata con approcci diversi: isolamento in coltura, tecniche biomolecolari e tecniche microscopiche. Identità e dominanza relativa dei microrganismi presenti sono state rivelate caratterizzando marcatori genici sia tramite metodi di fingerprinting molecolare, sia tramite sequenziamento di nuova generazione seguite da ibridazione in situ fluorescente. Per l'isolamento in coltura, è stato utilizzato un terreno specifico per la crescita di batteri solfuro-ossidanti. La microscopia ottica ed elettronica hanno poi permesso di rilevare la localizzazione e la distribuzione del biofilm. E' stata dimostrata la presenza e la prevalenza di batteri solcorretto funzionamento della biomassa. I nutrienti (azoto e fosforo), la cui concentrazione è controllata per evitare limitazioni di crescita della biomassa, sono dosati nel flusso di ricircolo. Poiché l'ossidazione biologica dell'idrogeno solforato produce acidità, viene aggiunta acqua di make up ai fini di mantenere il setpoint del pH; il livello dell'acqua nel RBBR viene mantenuto costante e l’acqua in eccesso viene scaricata. La biomassa si sviluppa sui dischi rotanti (parzialmente immersi in acqua) costituiti da schiuma poliuretanica, che essendo resistente a pH fortemente acidi permette l'adesione della biomassa solfuro ossidante. Il volume totale del letto filtrante è di 8 m3. La rotazione dei dischi causa sforzi di taglio tra i supporti plastici e l'acqua presente sul fondo del reattore, permettendo il distacco dei solidi in eccesso e limitando le perdite di carico. Il prototipo è stato progettato per trattare fino a 12000 m3/ora di gas proveniente da comparti coperti dell'impianto di depurazione. Il prototipo è situato vicino agli scrubber chimici ed intercetta il flusso di gas attraverso una derivazione del sistema di tubazioni preesistente, atto a convogliare l'aria agli scrubber chimici. Successivamente, dopo essere stato trattato nel RBBR, il flusso di gas viene raccolto dagli scrubber chimici. In questo modo il prototipo

In alto a sinistra una foto del supporto vergine, in alto a destra una foto del supporto colonizzato dal biofilm e in basso il biofilm visto al microscopio elettronico a scansione (la linea nera corrisponde a 5 micron)

viene testato come pretrattamento a cui segue un’ulteriore fase di affinazione, con l'obiettivo di massimizzare la rimozione del H2S e di ridurre i consumi di NaOH. Dopo la fase di start up, durante la quale è stato fatto l'inoculo del-

la biomassa proveniente dal fango primario, sono state testate diverse strategie per controllare la crescita del biofilm. I principali parametri testati sono il setpoint del pH, la portata di ricircolo e la velocità di rotazione dei biodischi.

Concentrazioni in ingresso (rosso) ed in uscita (blu)

Capacità di rimozione durante un periodo di sperimentazione

[LIFE+ 11 ENV/IT/0075] www.biosurproject.eu

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MONITORAGGIO E RISULTATI

Il monitoraggio del prototipo include inoltre l'analisi di parametri biologici, chimici e fisici. In particolare, nel liquido di ricircolo sono stati misurati diversi parametri come la richiesta chimica di ossigeno (COD), la richiesta chimica di ossigeno solubile (SCOD), il carbonio organico totale (TOC), la concentrazione dell’ammonio, i fosfati, i metalli, i solidi sospesi totali (SST) ed i solidi sospesi volatili (SSV). Il prototipo riceve concentrazioni d’idrogeno solforato compresi tra 10 e 400 mg S/m3. L'evoluzione del processo è controllata mediante l'analisi delle concentrazioni d’idrogeno solforato in entrata e in uscita dal RBBR tramite un gascromatografo (Agilent 7890B). L’efficienza di rimozione è in media superiore all’80% e la capacità di rimozione ha raggiunto valori di 90 g H2S m3/ora corrispondente a circa 20 kg SH2S/giorno. Grazie alla possibilità di controllare la rotazione dei biodischi, il prototipo ha di fatto consentito di superare i limiti del tradizionale BFTs registrando perdite di carico sempre inferiori a 4 millibar. La tecnologia sperimentata nel contesto conciario ha un potenziale applicativo anche in altri settori, in particolare potrebbe essere applicata al trattamento del biogas usando nitrato come accettore di elettroni.


DEPURAZIONE PRESSO LO STABILIMENTO L'OREAL

L’evaporatore per reflui carichi Impianto sottovuoto a basso consumo energetico per il trattamento di acque di scarico con alto contenuto di tensioattivi Lo scopo del progetto sottoposto a PF10 Impianti Industriali dalla nota casa produttrice di prodotti cosmetici L'Orèal di Settimo Torinese era di eliminare dall’impianto di depurazione esistente il flusso di acque reflue con elevato carico di tensioattivi ed ottenere il riciclo nei processi industriali dell’acqua depurata ottenuta. La soluzione proposta da PF10 Impianti Industriali è stata di trattarle con la tecnica dell’evaporazione sottovuoto a basso consumo energetico. COS'E L'EVAPORAZIONE SOTTO VUOTO

L'evaporazione è il passaggio

dallo stato liquido a quello aeriforme che, in presenza di vuoto, avviene a temperature inferiori alle condizioni di ebollizione a pressione ambiente. In questo modo si realizza un notevole risparmio di energia e conseguenti costi di gestione dei reflui inferiori. Con questa tecnica si separano i componenti non volatili presenti in soluzione (metalli pesanti, oli, tensioattivi, sostanze chimiche e farmaceutiche, inchiostri, ecc.) da una soluzione acquosa ottenendo due prodotti, un evaporato condensato che ha la natura di acqua demineralizzata ed un concentrato dove vengono a trovarsi tutti gli agenti inquinanti.

Questa tecnologia di riduzione del volume permette notevoli risparmi nei costi di smaltimento dei reflui derivanti dalle lavorazioni industriali, in quanto il volume dei concentrati può anche essere prossimo o addirittura inferiore al 5% delle massa iniziale. Dal processo di evaporazione, inoltre, viene prodotta acqua pulita e demineralizzata, con percentuali vicine o anche superiori al 95% del refluo immesso, riutilizzabile nel processo produttivo. Spesso, per di più, dal processo di concentrazione si ottengono anche materie prime riutilizzabili, come ad esempio nelle applicazioni su reflui galvanici dove è

Evaporatore doppio effetto installato presso lo stabilimento L’Orèal di Settimo Torinese Hi-Tech Ambiente

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possibile recuperare cromo, nichel, rame. GLI EVAPORATORI PF10

Gli evaporatori PF10 funzionano sottovuoto, ottimizzando in tal modo il rendimento dell’energia impiegata ed effettuando un’ebollizione che avviene a temperature molto basse, in caso di impianti a pompa di calore anche a circa 30 °C. Gli sviluppi tecnologici di PF10 hanno permesso di raggiungere economie energetiche di oltre il 60%, applicando la tecnologia del multiplo effetto anche alla pompa di calore. Questa tecnologia “a risparmio energetico” non è più una prerogativa degli evaporatori alimentati tramite acqua calda o vapore, ma può essere realizzata anche con l'alimentazione elettrica con utilizzo della pompa di calore, ottenendo efficienze energetiche che non hanno rivali anche con altre tecnologie. La gamma produttiva di PF10 prevede evaporatori/concentratori con una potenzialità produttiva compresa fra 250 a 120.000 l/giorno, nella versione a pompa di calore ed oltre a 240.000 l/giorno con alimentazioni termiche. Gli evaporatori/concentratori termici utilizzano fonti energetiche alternative quali vapore o acqua calda per la fase evaporativa ed acqua, proveniente da torri evaporative o da condensatori ventilati (Dry Cooler) raffreddata a ciclo chiuso, per la fase di condensazione. Spesso l’energia termica necessaria all’evaporazione proviene da recuperi termici quali ad esempio le acque di raffreddamento di motori di cogenerazione o il recuContinua a pag. 22



DEPURAZIONE Continua da pag. 20

L’evaporatore per reflui carichi pero di calore da fumi caldi oppure, come nel caso in oggetto, da sfruttamento di cascami termici derivanti da ritorni delle condense delle linee del vapore. IL CASO L'OREAL

L’evaporatore fornito da PF10 Impianti Industriali a L'Oreal Saipo è un impianto da 30.000 l/giorno di refluo trattato e, considerando che il refluo da trattare è costituito da acque contenenti elevate dosi di tensioattivi, è stato prodotto tutto in acciaio aisi 316 L. La realizzazione ha utilizzato tutte le migliori tecnologie evaporative studiate e testate da PF10 al fine di migliorare le rese contenendo i consumi energetici. Il refluo, costituito dalle acque di lavaggio dei reattori utilizzati per la produzione di shampoo e altri cosmetici, arriva all'evaporatore con un COD variabile da 30.000 a 100.000 mg/l. Tramite il trattamento di evapora-

Particolare dello speciale scambiatore di calore a piastre immerse

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zione sottovuoto installato da PF10 si ottiene un’acqua con un valore di COD inferiore a 500 mg/l (dato che rientra nei parametri previsti per lo scarico in fognatura) con un aspetto assolutamente limpido. L’evaporato ottenuto è poi ulteriormente trattato su filtro a carboni attivi, arrivando così ad un valore di COD inferiore a 100 mg/l. Il concentrato residuo viene scaricato automaticamente ogni 48 ore di funzionamento. Dal trattamento di evaporazione sottovuoto di 60.000 litri di refluo in 2 giorni si ottengono quindi 57.600 litri di acqua e 2.400 litri di concentrato da smaltire, che rappresentano solo il 4% della massa di refluo iniziale. Un’attenzione particolare è stata posta sulla conformazione degli scambiatori di calore, che sono stati realizzati a piastre immerse. Tale versione di scambiatore ha la caratteristica di avere uno spazio libero tra una piastra e l’altra di circa 4 cm e di facilitare in tal modo l’eventuale pulizia dei depositi di residui sulle superfici di scambio termico. Questa tecnolo-


DEPURAZIONE gia permette un facile accesso agli scambiatori per eseguire le operazioni di lavaggio periodico e ripristinare l’efficienza di scambio termico tramite un semplice lavaggio con lancia a pressione. La compattezza dello scambiatore permette, inoltre, di avere una notevole altezza tra lo specchio di evaporazione ed il livello di condensazione dei vapori a tutto vantaggio della qualità dell'evaporato. La scelta da parte di PF10 di utilizzare uno scambiatore immerso è stata anche dettata dalla necessità di contenere l'utilizzo di antischiuma nel processo di ebollizione. I classici scambiatori a fascio tubiero utilizzati da altri costruttori incrementano invece i consumi di antischiuma, in quanto il refluo trattato, fortemente schiumoso, aumenta la formazione di schiuma a causa del continuo ricircolo tramite pompe tra la caldaia di ebollizione e gli scambiatori di calore.

(TEE), denominati anche certificati bianchi, sono istituiti dai Decreti del Ministro delle Attività Produttive, di concerto con il Ministro dell’Ambiente al fine di raggiungere gli obiettivi quantitativi nazionali di incremento dell’efficienza energetica per il quadriennio 2013-2016. I TEE sono emessi a favore dei soggetti che realizzano interventi di risparmio energetico, quali le aziende utilizzatrici di tecnologie ad alta efficienza. Sono quindi premiate le tecnologie produttive che permettono di risparmiare energia rispetto alle tecnologie standard presenti utilizzate nei diversi settori produttivi. L’impianto di evaporazione prodotto da PF10 ed installato presso L’Orèal è del tipo a doppio effetto, quindi già energeticamente efficiente e che quindi permette l’acquisizione dei TEE. Ulteriormente a questo beneficio, nel caso specifico dell’installazione in L’Orèal, l’energia termica necessaria al riscaldamento degli scambiatori di calore dell'evaporatore avviene mediante l'u-

BENEFICI ECONOMICI TRAMITE I TEE

I Titoli di Efficienza Energetica

Evaporatore multiplo effetto di PF10 Impianti Industriali

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DEPURAZIONE Continua da pag. 23

L’evaporatore per reflui carichi tilizzo di cascami termici ottenuti dalle condense delle linee del vapore presenti in azienda. Questo recupero energetico, unito al basso consumo di energia dovuto alla tecnologia applicata (doppio effetto termico), ha permesso di ottenere maggiori certificati bianchi che hanno notevolmente accelerato i tempi di ritorno dell'investimento. Questa installazione rappresenta una perfetta testimonianza della filosofia costruttiva della PF10 che è riassumibile nei seguenti concetti: ridotti consumi di energia, ricerca della migliore qualità del distillato, alto grado di concentrazione, funzionamento automatico senza la presenza di operatori, costanza dei rendimenti nelle varie stagioni, ridotta e facile manutenzione, facile integrazione in altri impianti esistenti, integrazione con impianti a scarico zero, bassa temperatura di ebollizione ed evaporazione, costruzione con componenti di alta qualità. LA CONVENIENZA DELL'EVAPORATORE

Presso lo stabilimento L'Oreal, l’energia necessaria al riscaldamento è data dall’acqua calda che lo stabilimento recupera come cascame del processo produttivo, quindi a costo zero. L’impianto di evaporazione PF10, della tipologia a doppio effetto a risparmio energetico, permette il recupero del calore dell’evaporato prodotto nella prima caldaia di ebollizione sulla seconda caldaia, evaporando in tal modo un quantità doppia di refluo rispetto alla energia disponibile. In questa specifica applicazione l’utente è chiaramente avvantaggiato dalla possibilità di avere disponibile una fonte di calore gratuita, ma nel caso di un’azienda che non disponga di tale vantaggio e sia quindi costretta a com-

Schema generale di applicazione di un impianto di evaporazione

prare energia dal mercato alle normali condizioni economiche, quale è il costo di gestione di un evaporatore? In questo caso il costo di gestione per ottenere un metro cubo di evaporato è il seguente: l'energia termica necessaria ad ottenere un metro cubo di evaporato è di 700.000 kWt, ma con l'evaporatore a doppio effetto ne occorrono soltanto 350.000, che corrispondono alla quantità di energia fornita da 36,18 mc di gas metano. Usando un valore prudenziale del costo del metano pari a 0,40 euro/mc, il costo del gas necessario per metro cubo di evaporato è pari a 14,47 euro. L'evaporatore ha anche utenze elettriche dovute ai motori installati sull’impianto (ad esempio

pompe di movimentazione dei liquidi, pompe del vuoto, sistemi di raffreddamento). I kWe assorbiti totali per questo impianto corrispondono a 20 kW che, con un costo kW di 0,15 euro, portano ad un costo dell’energia elettrica necessaria pari a 3 euro per metro cubo di refluo trattato. Il costo energetico complessivo è quindi di 17,47 euro per metro cubo di refluo trattato. A questo valore dobbiamo aggiungere l'ammortamento dell'evaporatore, che per un periodo di 5 anni che corrisponde ad 7,57 euro, arrivando quindi ad un costo totale di gestione pari a 25,04 euro per metro cubo di refluo trattato, che, dopo il periodo di 5 anni di ammortamento, scende a 17,47 euro per metro cubo di refluo trattato.

REPERTORIO dell’Ambiente il “chi fa cosa” delle ecotecnologie

www.hitechambiente.com

Schema di flusso per evaporatore doppio effetto Hi-Tech Ambiente

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Pur considerando, quindi, di non disporre di fonti energetiche gratuite, l'evaporatore rimane un investimento molto remunerativo. Se lo raffrontiamo, infatti, con un costo di smaltimento dei reflui non concentrati ad esempio pari a 60 euro/mc lo smaltimento senza concentrazione di una quantità di refluo pari alla capacità dell’evaporatore installato presso L’Orèal porterebbe ad un costo di: 6.600 mc/anno di reflui smaltiti ad un costo di 60 euro/mc, si arriva ad un costo totale di 330.000 euro. Trattando i reflui con l'evaporatore abbiamo: 6.600 mc/anno di reflui trattati ad un costo di concentrazione di 25,04 euro/mc, si raggiungono i 165.264 euro; smaltimento del concentrato pari al 4% di 6.600 mc quindi 264 mc ad un costo superiore del 50% rispetto al tal quale abbiamo 264 per 90 euro/mc, ossia 23.760 euro. Riepilogando, costo oggi senza evaporatore di 330.000 euro, costo gestione evaporatore e ammortamento di 165.264 euro, costo smaltimento concentrati di 23.760 euro, risparmio annuo di 140.976 euro. In questo caso l'investimento si paga in meno di due anni. Questa prudenziale valutazione non tiene conto dell’ulteriore beneficio possibile con l'ottenimento dei TEE, ottenibili grazie agli impianti di evaporazione a risparmio energetico prodotti da PF10 Impianti Industriali.



DEPURAZIONE NELLE COSTRUZIONI PLASTICHE

Le lastre alveolari Paneltim Stanno riscuotendo un grande successo le lastre alveolari in materiale plastico di Paneltim nel settore delle costruzioni plastiche, distribuite in esclusiva per l’Italia da Boldarino. Si tratta di lastre realizzate mediante stampaggio ad iniezione con una struttura interna alveolare nella misura 50x50 mm e 50x100 mm e con uno spessore totale di 51 mm. Sono prodotte in una unica misura 2.600 x 1.000 mm in PP Copo, ed HDPE in diverse varianti: UV Resistant, o per il PP nella variante autoestinguente (PPs) o rinforzati con fibra di vetro. Le lastre sono disponibili in differenti colori, in base al materiale, e per lotti specifici è possibile produrre colorazioni a richiesta. Considerata l’elevata versatilità nella lavorazione e la loro robustezza meccanica, sono ormai largamente utilizzate nelle costruzioni plastiche in diversi campi di applicazione, come per esempio vasche nel settore della depurazione dell’acqua, piscine, scrubbers oriz-

zontali, locali tecnici, pareti divisori, box, tunnel di lavaggio e verniciatura, armadi per laboratori, piscine e vasche di compensazione ed infine per la realizzazione di strutture di vario genere per ambienti

corrosivi; Se prodotte con materiali riciclati trovano impiego anche nel campo dell’agricoltura e dell’allevamento quali pareti divisorie. Una lastra in PP spessore 51 mm con alveoli da 50x50 mm è parago-

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nabile ad una lastra in PP compatto con spessore pari 35/40 mm. L’utilizzo di una lastra alveolare conferisce al manufatto leggerezza unita a robustezza, considerando che in talune costruzioni, come vasche, risultano addirittura superflui i classici rinforzi metallici ricoperti in PP, con una notevole riduzione dei tempi di realizzazione. Il risultato finale? Un manufatto robusto, resistente ed economico. Da non trascurare, infine, il grado di isolamento che per alcune applicazioni limita l’impiego di sistemi di mantenimento della temperatura. La lavorazione, come taglio e saldatura, avviene secondo le normali procedure utilizzate per il PP o il PE compatto, anche in questo caso sulla base delle direttive DVS. Possono essere saldate mediante apparecchiature ad aria calda con apporto di materiale, mediante estrusione e testa/testa con l’utilizzo macchine saldatrici. Per gli addetti ai lavori è disponibile un software da utilizzare on-line che, basato sulle direttive DVS, consente di eseguire il dimensionamento di vasche e di ottenere la relazione di calcolo. I materiali utilizzati sono tutti riciclabili al 100% e sono esenti da sostanze tossiche.


PUBBLIREDAZIONALE

Il lavaggio delle plastiche L’impianto, realizzato in acciaio inox, è composto da due sezioni ed è concepito per PP, PEHD, PS

Impianto di lavaggio SA-LP

Il lavaggio rappresenta un trattamento importante dell’attività di recupero delle plastiche, prima della fase di estrusione. L’impianto di lavaggio SA-LP prodotto da Saluber ‘04 è stato testato, per oltre un anno, presso un impianto di recupero di materiali plastici; la tecnologia è stata concepita per il lavaggio delle plastiche dure macinate con densità inferiore a 1 (PP, PEHD, PS). Tale impianto, realizzato in acciaio inossidabile, si compone di due parti: una prima sezione di classificazione idrodinamica ad acqua, che consente di eseguire un prelavaggio e la classificazione del materiale plastico; una seconda sezione rappresentata dalla vasca di lavaggio delle plastiche leggere. Nella prima parte dell’impianto le plastiche leggere vengono espulse ed inviate alla successiva fase di lavaggio; le plastiche pesanti tendono a precipitare sul fondo della vasca dove incontrano un flusso d’acqua in controcorrente, che le raccoglie separandole dall’acqua. I metalli, inerti, precipitano sul

Impianto di depurazione al servizio dell’impianto di lavaggio

fondo della vasca, da qui vengono estratti attraverso un estrattore azionato dall’aria compressa. La sezione di lavaggio

delle plastiche leggere si compone di una vasca in cui sono installati affondatori cilindrici che trascinano il materiale

SALUBER’04 Srl Via Guglielmo Marconi, 3 - 04012 Cisterna di Latina (LT) Tel 06.96881434 - Fax 06.96881434 E-mail info@saluber04.it - www.saluber04.it

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sott’acqua e lo fanno avanzare verso l’uscita. L’azione combinata dell’acqua e dell’aria garantisce un’efficace pulizia del materiale lavato, il quale viene raccolto attraverso una coclea ed inviato alla fase di asciugatura. I fanghi raccolti dalle tramogge vengono estratti in automatico dal fondo della vasca. L’impianto viene fornito di sistema di automazione che ne semplifica l’uso e la manutenzione. Il punto critico degli impianti di lavaggio delle plastiche è rappresentato dai reflui di processo; nell’impianto prodotto da Saluber ’04, l’acqua di processo, utilizzata dalle sezioni di lavaggio, viene costantemente estratta ed inviata ad un impianto di trattamento per essere poi riutilizzata a circuito chiuso. L’impianto di depurazione delle acque di lavaggio realizzato da Saluber 04 è composto da un modulo biologico su tecnologia MBBR per l’abbattimento della componente organica ed un trattamento chimico fisico per la chiarificazione e l’abbattimento dei metalli.


DEPURAZIONE MEMBRANE E MODULI

Il portfolio di Microdyn-Nadir Microdyn-Nadir è uno dei principali produttori a livello mondiale di membrane e moduli per la micro, ultra e nanofiltrazione. Da quando è entrato al 100% in Mann+Hummel, è diventato il suo referente unico per tutte le attività “water”. In ragione di ciò, la gamma produttiva di M-N si è ampliata con l’aggiunta dei moduli a fibra cava di M+H, distribuiti adesso con il brand Aquadyn di Microdyn-Nadir. E questo ha significato per l’azienda il completamento perfetto del proprio portfolio prodotti. Ad oggi, per l’azienda, sono tre i marchi principali: Bio-Cel, i moduli ad immersione per impianti MBR; Aquadyn, i moduli a fibra cava per la filtrazione delle acque; Spira-Cel, i moduli spirometallici. I moduli Bio-Cel per il trattamento dei reflui combinano i vantaggi dei moduli a fibre cave e dei moduli a fogli piani. Si basano sulla tecnologia delle membrane piane.

Il modulo base è formato da due membrane, superiore e inferiore, su uno strato drenante centrale, questo sandwitch è ripetuto a formare una pila, ma integrato in modo tale che i moduli possano però muoversi delicatamente con il flusso del refluo da trattare. Grazie a questa struttura unica “a fogli cavi” i moduli Bio-Cel risultano molto stabili e robusti; ed anche a seguito di possibili danni alla mammbrana, il "meccanismo di autoguarigione" del modulo garantirà elevate qualità del permeato. Inoltre, il modulo Bio-Cel è insensibile

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ai depositi di fango ed è controlavabile. Il processo meccanico di lavaggio (MCPMechanical Cleaning Process) non solo permette la pulizia in continuo della membrana, e quindi la sua elevata e costante permeabilità, ma anche un enorme riduzione dell'utilizzo di prodotti chimici. I moduli Aquadyn, come già detto, rappresentano la soluzione di Microdyn-Nadir per il trattamento delle acque. Il materiale a ridotto sporcamento della membrana idrofila e le doppie membrane a Moduli Aquadyn

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fibra cava asimmetriche assicurano una ritenzione efficace e costante di solidi e batteri presenti nell’acqua. I moduli offrono prestazioni elevate e stabili anche in presenza di alte portate e bassa pressione. Modalità di lavaggio flessibili sono un altro plus durante il funzionamento dei moduli a fibra cava. Le fibre cave Aquadyn sono ampiamente usate per il trattamento di acque di processo e di fiume, come pure di acque piovane. Il design dei moduli Spira-Cel è basato su numerosi pacchetti di membrane frapposti a strati distanziatori che vengono avvolti attorno al tubo del permeato. Gli stessi pacchetti di membrana sono composti da due strati di membrana con interposto un strato di permeato. I pacchetti sono uniti tra loro su tre lati in modo da dirigere il flusso di permeato direttamente al tubo del permeato Rispetto ad altre tecnologie, i moduli avvolti a spirale offrono una notevole densità di compattazione. Microdyn-Nadir offre i suoi moduli avvolti a prirale in molte diverse configurazioni, adatte per micro, ultra e nanofiltrazione.


PUBBLIREDAZIONALE

L'importanza di recuperare l’acqua Viviamo in un'epoca di grande preoccupazione per la scarsità e carenza d’acqua che, secondo l’"International Water Management Institute", riguarda un terzo della popolazione mondiale. Come conseguenza di questa situazione molte amministrazioni locali stanno prendendo misure urgenti per cercare di arginare questo inconveniente, aumentando il costo dell'acqua e stabilendo rigidi limiti al suo utilizzo. Si aggiungano a ciò i disastri naturali (sempre più frequenti), comprese alluvioni e uragani, che contaminano le riserve d'acqua disponibili. In questo scenario l'unica possibilità realistica per migliorare la disponibilità di acqua è la purificazione e il riutilizzo dei reflui industriali. Le nuove tecnologie permettono di recuperare la maggior parte dell’acqua inquinata, trasformandola in un distillato limpido e incolore, disponibile per essere uti-

Evaporatore a circolazione forzata - Forced circulation plant

lizzato nel nuovo ciclo produttivo, con una forte riduzione della quantità da smaltire e talvolta la possibilità di recuperare le materie prime ivi contenute. Formeco

ha risolto il problema dello smaltimento delle acque reflue con la progettazione di una serie di apparecchi che garantiscono un sistema efficiente ed economico

The importance of water recovering We live in an age of general worry for scarcity and shortage of water and, according to the “International Water Management Institute”, it concerns a third of the world population. As a consequence of this situations many municipalities are taking urgent measures in order to limit this disadvantage, increasing the water cost and establishing rigid limits on its use. Furthermore, the natural disasters (more and more frequent) including floods and hurricanes, contaminate the water reserves available. In this scenario the only realistic opportunity to improve the availability of water is the purification and the re-utilisation of the industrial streams. The new technologies allow to recover most of polluted water, changed into a pure distillate, available to be used in the new process, with a strong reduction

Evaporatore con raschiatore interno - Evaporator with inner scraper

FORMECO SRL Via Cellini, 33 - 35027 Noventa Padovana (PD) Tel +39.049.8084811 - Fax +39.049.8084888 E-mail formeco.srl@tin.it - www.formeco.com Hi-Tech Ambiente

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per ogni settore coinvolto in questo evento. La tecnologia è basata sull’ebollizione delle acque reflue; l’acqua, una volta distillata, viene reintrodotta nella linea di produzione, mentre il contaminante, ormai molto concentrato, può essere smaltito a costi relativamente bassi. Il ciclo frigorifero a pompa di calore effettua il riscaldamento del liquido in trattamento e il raffreddamento dei vapori prodotti nella fase di ebollizione. Liquido distillato e residuo del processo vengono così scaricati a fine ciclo. Prerogativa di questa tecnologia è il basso costo di esercizio della sua applicazione. Modelli diversi, che sfruttano diversi tipi di calore (vapore, acqua calda, fluidi diatermici), sono realizzati per notevoli portate giornaliere da trattare. Le applicazioni di un evaporatore Formeco sono le più svariate: trattamento delle acque di lavaggio, recupero dei metalli dai bagni galvanici, separazione delle emulsioni oleose, trattamento dei percolati, ecc. of the quantity to dispose, and sometimes the possibility to recover the raw materials contained. Formeco has solved the problem of the waste water disposal, designing a range of apparatus which guarantee an efficient and economic system for every industry involved in this event. The cooling cycle, equipped with a heating pump, is able both to get heat the liquid in treatment and to cool the vapours produced in the boiling phase. Distilled liquid and the processed residue are unloaded at the end of the distillation process. Strong point of this technology is the low running cost of its application. Personalised units, which exploit other sources of energy (steam, hot water or production process fluids diathermic fluids), are designed for high daily quantity to treat. Formeco units can be utilised in different fields : purification of rinsing water, recovery of metals from washing process, separation of oil emulsion, treatment of percolation water, etc.


DEPURAZIONE GRAZIE AD AIR CLEAN

E’ tutta un’altra aria! Sistemi tradizionali, tecnologie biologiche innovative green, e ora anche UV-C & ozono Air Clean ha un'esperienza trentennale in progettazione, costruzione e installazione di impianti per il trattamento dell'aria. L’attività di ricerca e sviluppo dei sistemi biologici, la mantengono in linea con la crescente attenzione della “green economy”, ovvero il riguardo per l'ambiente. Infatti, l’azienda vanta una storica collaborazione con le principali Università, per la realizzazione di studi su specifiche applicazioni con l’uso di impianti pilota. Le installazioni sono sia di tipo “tradizionale”, ad esempio scrubber chimici, adsorbitori, filtri a maniche, cicloni, bioscrubber, sia sistemi biologici di nuova generazione, come i biofiltri o i biotrickling filters. I sistemi biologici utilizzano materiale di origine organica e sono basati sul processo di ossidazione dei composti inquinanti con l'impiego di batteri dedicati. In questo settore “green” Air Clean realizza sia biofiltri completi, utilizzando soprattutto il sistema Mònafil (letto filtrante a torba granulare), sia sistemi biologici avanzati come i biotrickling filters Mònashell (letto filtrante a gusci di conchiglie). Il sistema Mònashell si è dimostrato molto efficiente ed efficace nelle applicazioni più complesse, come nel trattamento emissioni degli impianti di depurazione delle acque, in quanto garantisce il trattamento di un ampio spettro di composti inquinanti e maleodoranti (ad esempio alte concentrazioni di composti ridotti dello zolfo) anche con concentrazioni basse di effluente da trattare. Air Clean è distributore in esclusiva in Italia, nei paesi del Mediterraneo e nelle aree del Medio Oriente dei sistemi Mònashell e Mònafil, brevettati dalla società statale irlandese Anua Bord na Móna with Nature. Le esperienze accumulate nella realizzazione di oltre 800 impianti realizzati in tutto il

Biotrickling Mónashell15H doppio stadio presso impianto depurazione acque a servizio sezione disidratazione fanghi – Portata 7.500 m3/h

KPC-system: Funzionamento in cappa di aspirazione

mondo, in partnership con la multinazionale irlandese, garantiscono l’efficacia e l’efficienza delle soluzioni adottate. Il sistema Mònashell è una tecnologia esclusiva che consente il trattamento biologico di flussi d’aria contenenti alte concentrazioni di composti ridotti dello zolfo. Il particolare sistema biologico di abbattimento di seguito descritto è stato inserito nelle BREF (Waste Water and Waste Gas Treatment) al capitolo “3.5.2.3. Biotrickling” e rappresenta pertanto una Best Availble Tecnique riconosciuta a livello europeo. L’autonomia dell'intero iter progettuale fanno di Air Clean un'azienda in grado di elaborare la migliore soluzione per ogni applica-

zione grazie alla realizzazione “su misura” dell’impianto richiesto. Fornisce uno studio completo del sistema di trattamento dell’aria, anche con l’uso di più tecnologie, ed inoltre produce internamente gli accessori (canalizzazioni, cappe e linee di aspirazione aria). Tutto ciò permette di fornire impianti adatti alle esigenze della clientela con alta qualità e prezzi competitivi. I processi di progettazione e di produzione, inoltre, sono regolati dal sistema interno di gestione aziendale. Dal 2002 è certificata secondo la norma: UNI EN ISO 9001. Air Clean, oltre ad effettuare i montaggi in opera degli impianti progettati e prodotti, garantisce un servizio post vendita che comprende: analisi e monitoraggio delle emissioni, ricambi dei diversi materiali filtranti, assistenza, manutenzione, riparazione e revamping dei sistemi di trattamento aria. L’azienda presenta a Ecomondo 2015 la gamma completa dei sistemi di trattamento aria, aggiungendo alla sua gamma di tecnologie il sistema KPC-system. Infatti, grazie al recente accordo con la società danese Jimco, Air Clean ora dispone di una nuova tecnologia a raggi UV-C & ozono specifica per

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Sezione pretrattamento e unità modulari Mónafil 12H per trattamento emissioni impianto a biogas – Portata 13.000 m3/h

cappe di aspirazione, utile a migliorare l'aria e l'ambiente delle cucine professionali e industriali e ad implementare i sistemi di disinfezione per le industrie alimentari. La lampada UV-C & ozono viene installata direttamente nelle cappe per abbattere gli odori e per ridurre il deposito di grassi (minore manutenzione e riduzione del rischio di incendi). Il sistema germicida a raggi UV-C & ozono unisce considerevoli benefici per l'ambiente con un enorme risparmio sui costi di manutenzione e pulizia. Gli apparecchi sono testati dalla fabbrica, con certificazione EC declaration of conformity. L’uso della medesima tecnologia, risulta indicato nelle applicazioni dell’industria alimentare quando è necessario garantire la disinfezione di specifici ambienti di produzione o in particolari fasi di trasformazione. Tutti i sistemi sono tarati per prevenire che la quantità di ozono prodotta possa essere nociva per la salute e l’ambiente. Il nuovissimo portale Air Clean contiene tutte le informazioni circa le tecnologie e le applicazioni oltre alla mappa delle istallazioni collaudate, alle news aggiornate e ai collegamenti con i social network.


PUBBLIREDAZIONALE

Nel segno della semplicità Manutenzioni veloci senza smontare i dispositivi dalle condotte: grazie al principio QuickService i prodotti Vogelsang non temono il passare del tempo

L'offerta di Vogelsang in materia di depurazione riguarda principalmente due settori: il pompaggio di acque reflue e fanghi e la triturazione dei corpi estranei e dei materiali fibrosi presenti nelle medesime. In estrema sintesi, per il primo scopo Vogelsang (da sempre leader nel settore delle pompe volumetriche a lobi controrotanti) propone innanzitutto la serie IQ, da 10 a 77 mc/ora di portata, nel segno della semplicità progettuale, mentre per la triturazione dei corpi solidi sono disponibili due soluzioni: RotaCut, trituratore a lame che taglia e sminuzza senza problemi materiali filamentosi come stoffa e capelli, e XRipper, il frantumatore monolitico a doppio albero in grado di distruggere intrusi voluminosi come rami d'albero e simili, preservando griglie e pompe di sollevamento da danni anche gravi. TANTE SOLUZIONI, UN SOLO PRINCIPIO: LA SEMPLICITA’

In questo caso, tuttavia, è utile porre l'accento su un aspetto che accomuna prodotti anche molto diversi: quello della semplicità di gestione e soprattutto manutenzione, dichiarato da Vogelsang un obiettivo primario per tutta la sua produzione. Nel caso delle pompe, il principio della semplicità manutentiva si concretizza nel sistema QuickService, ulteriormente semplificato sulla nuova serie IQ: basta smontare il coperchio della cassa per trovarsi davanti, senza staccare la pompa dalle tubature, i due lobi controrotanti e sostituirli rapidamente e senza conseguenze. Il trituratore RotaCut va oltre:

Pad. D3 Stand 74

grazie a un segnale elettrico a 420 mA è infatti possibile conoscere con precisione lo stato di usura dei coltelli senza toccare una vite. Diventa così semplice programmare la manutenzione per i momenti di minor carico lavorativo e comunque prima che l'usura sia eccessiva. Durante gli interventi, grazie al principio QuickService è inoltre possibile sostituire le parti interne senza essere costretti a rabboccare l'olio del circuito di lubrificazione delle lame. Anche XRipper, infine, è realiz-

zato secondo il principio QuickService, grazie al quale la sostituzione delle parti usurate può essere fatta in loco, senza smontare il corpo del trituratore dalla sua sede e in tempi relativamente brevi. ADATTI A OGNI SITUAZIONE

I dispositivi Vogelsang sono pensati per un uso prolungato e una lunga durata operativa. Per questo motivo sono particolarmente indicati per gli impianti di depurazione e tutti quei contesti in cui i

VOGELSANG ITALIA SRL Via Bertolino, 9a - 26025 Pandino (CR) Tel 0373.970699 - Fax 0373.91087 E-mail info@vogelsang-srl.it - www.vogelsang-srl.it

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controlli delle parti meccaniche non possono essere così frequenti. RotaCut, in particolare, grazie al funzionamento su principio di taglio è ideale per i fanghi primari o secondari, sia in presenza di un digestore sia su circuiti di pretrattamento prima della disidratazione finale. XRipper, come già scritto, è invece ottimo per mettere in sicurezza le pompe di sollevamento e può quindi essere sistemato a monte delle medesime, in fase di ricezione delle acque di scolo o dopo un punto di scarico degli autospurghi. Le pompe a lobi, infine, sono adatte a ogni situazione di movimentazione delle acque o dei fanghi, grazie al potere autoadescante e alla grande efficienza di lavoro con fluidi viscosi.


PUBBLIREDAZIONALE

Il reattore esterno

(EP patent)

Innovativo sistema di ossigenazione/ossidazione avanzata ad aria/O2 puro/O3 per trattamenti biologici e/o chimici AOP Ormai da due anni la Ciem Impianti applica con successo il sistema EOX per ossigenare ed ossidare in modo avanzato (con aria, ossigeno puro, ozono), grazie agli effetti di cavitazione innescati nell’EOX, acque reflue di diversa origine in trattamenti chimico-fisici e/o in vasche biologiche (associato od in alternativa ai sistemi convenzionali) riducendo i costi di manutenzione ed energetici, incrementando le performance di impianti civili, industriali e zootecnici. DETTAGLI TECNICI

Il processo di trattamento biologico o chimico si svolge all’interno della vasca/serbatoio di

Gruppo modulare di ossigenatori esterni EOX

Modulo di ossigenazione esterna EOX

processo/reazione che viene mantenuta ossigenata/ossidata grazie al reattore modulare esterno EOX. Una pompa centrifuga aspira il refluo dal fondo della vasca e lo distribuisce sotto pressione tramite un collettore di mandata, nel reattore di ossigenazione. All’interno del reattore EOX di ossigenazione, è installato un circuito idraulico di “iniezione” aria/acqua per un “completo” trasferimento dell’ossigeno nel refluo. Il circuito può essere sovralimentato con una soffiante od alimentato indifferentemente e contemporaneamente con miscele di aria e/o O2 e/o O3 al fine di ottimizzare i consumi energetici o di aumentare le prestazioni di trattamento. La miscela ossigenata nel reattore EOX viene immessa, tramite tubazione di impulsione, in uno o più punti

sul fondo della vasca di trattamento dove è istantaneamente distribuita e miscelata nel volume liquido in essa contenuto. Tutto il sistema è realizzato in acciai inossidabili e nobili (Aisi, Duplex). CARATTERISTICHE DELL’OSSIGENAZIONE

All’interno del reattore di ossigenazione, grazie alla strutturazione impiantistica ed alle particolari condizioni di lavoro basate sull’effetto Venturi, il refluo da trattare si espande e si polverizza (dimensioni delle particelle da 6 a 20 μm), miscelandosi intimamente, in regime turbolento, con l'aria aspirata per effetto dell'espansione stessa. Ne consegue che l'ossigeno, a contatto per lungo tempo (nel reattore e sul fondo della va-

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sca) con le particelle di refluo in "polvere" ed in stato di forte agitazione cinetica, si discioglie nelle particelle stesse in maniera più intensa ed efficiente in quanto le superfici ed i film di interfaccia ossigeno-refluo sono notevolmente estese (dell'ordine da 3.000 a 10.000 cmq/gr d'acqua in funzione della pressione di lavoro) e di spessore molto ridotto, in continuo ricambio per l'agitazione cinetica (turbolenza) in essere. La forte turbolenza, oltre ad incrementare le efficienze di trasferimento, genera fenomeni di cavitazione con associati ultrasuoni in grado di aumentare le capacità ossidative e di craking molecolare del refluo (miglioramento rapporto COD/BOD) migliorando così le performance complessive di trattamento. L'ossigeno disciolto


PUBBLIREDAZIONALE I SEDIMENTATORI LAMELLARI CIRCOLARI A FLUSSO RADIALE

Pacchi lamellari circolari per la sedimentazione, disoleazione e da oggi per sedimentazione e flottazione combinata a piena superficie equivalente. Grazie al know-how maturato in 25 anni di esperienza, Ciem Impianti ha sviluppato un chiarificatore lamellare a flusso radiale utile per trattare acque con sostanze solide, fioccose e flottanti sfruttando contemporaneamente la totalità della superficie equivalente per entrambe le fasi. Vantaggi del pacco lamellare circolare: - combinazione di sedimentazione e disoleazione/flottazione a piena superficie equivalente in un unico sistema sia per particelle discrete che fioccose; - facile installazione anche su serbatoi cilindrici esistenti o su sedimentatori circolari sottodimensionati; - scalabilità e graduabilità del chiarificatore Ciem Impianti, che consente di avere una macchina upscalabile nel tempo; - incremento di superficie equivalente disponibile fino a 20 volte rispetto ai sistemi tradizionali e fino a 5 volte rispetto agli altri sistemi lamellari; - esecuzioni speciali studiate ad hoc per il singolo caso (forma, trattamento, materiali); nel refluo in tali condizioni ossida completamente le sostanze inorganiche riducenti eventualmente presenti (solfiti, solfuri, ecc., con abbattimento della tossicità per la biomassa, misurata in equitox, fino al 99%) ed innesca un processo di bio-ossidazione dell’azoto e delle sostanze organiche, incluse, almeno in parte per effetto della cavitazione, quelle refrattarie ai trattamenti biologici tradizionali.

Sedi-floccatore per fanghi

Pacco lamellare circolare brevettato CIEM Impianti

Sedi-disoleatore per solidi-fluidi

- durabilità nel tempo grazie alla qualità dei materiali ed alla robustezza dell’installazione (Lamelle in PRFV ad alta densità o in Aisi316L supportate da telaio rinforzato in Aisi316L); - intercambiabilità della singola lamella in caso di rotture accidentali, senza la necessità di sostituire il pacco completo; - facilità di manutenzione e di pulizia a differenza dei pacchi alveolari, gra-

stemi sommersi a bolle fini. - nessun svuotamento vasche per manutenzione straordinaria; - minima manutenzione ordinaria

(2-4 ore), programmabile ogni 36 mesi senza fermo impianto e perdita di efficienza del sistema; - nessun ricambio a medio/lungo

VANTAGGI DEL REATTORE EOX

Un impianto di trattamento strutturato con il sistema di ossigenazione esterna Ciem Impianti, offre i seguenti vantaggi: - risparmio energetico per vasche biologiche grazie alla elevata efficienza del trasferimento dell’ossigeno fino al 50% rispetto ad aeratori meccanici superficiali, fino al 35% rispetto ad aeratori meccanici di fondo e fino al 25% con si-

Diagramma di flusso del sistema di ossigenazione esterno EOX

CIEM IMPIANTI Srl Via Torquato Tasso, 39 - 21100 Varese Tel 0332.831776 - Fax 0332.319278 E-mail info@ciemimpianti.com - www.ciemimpianti.com

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zie alla loro conformazione geometrica che non richiede l’estrazione del pacco; - possibilità di installazione raschia fanghi come pre-ispessimento; - alto peso specifico del separatore lamellare che permette di evitare problemi di sollevamento o rottura a causa del movimento del liquido che, trovando resistenza, scarica l’energia sullo stesso pacco lamellare. termine (minimo 8 anni) della componentistica del reattore di ossigenazione; - indipendenza delle funzioni di ossigenazione e miscelazione; - riduzione della produzione dei fanghi di supero fino al 30%; - elasticità e flessibilità del trattamento poiché il sistema può assorbire ampie variazioni del carico inquinante in ingresso ottimizzandone performance e consumi energetici; - elevate prestazioni di trattamento su reflui ad alto carico organico, azotato e sostanze biorefrattarie; - nessuna turbolenza superficiale con eliminazione di odori ed aerosol; - rapidi e minimi interventi per revamping di impianti esistenti; - il sistema EOX è utilizzabile indifferentemente con ossigeno puro o aria arricchita (O2 , O3 ), ed anche in sistemi di ossidazione chimico-fisica avanzata AOP e ozonolisi.


RIFIUTI T R A T T A M E N T O

E

S M A L T I M E N T O

PROGETTO ECOPAPERLOOP

Carta: riciclo e raccolta Sviluppare l’ecodesign ed ottimizzare il recupero per aumentare la sostenibilità dell’intero ciclo di vita Nel 2012 è stato lanciato il progetto europeo EcoPaperLoop, di durata biennale, che ha lo scopo migliorare la qualità della carta che viene raccolta e riciclata in Europa. Infatti, il tasso di riciclo della carta tra i Paesi europei è ancora fortemente disomogeneo, e si è avvertita l’esigenza di sviluppare a livello europeo l’ecodesign ed i sistemi di raccolta della carta, al fine di migliorare l’efficacia del riciclaggio e aumentare la sostenibilità dell’intero ciclo di vita della carta. Il progetto, che comprende partners provenienti da Italia, Germania, Polonia, Ungheria e Slovenia, ha dato vita alle “Linee Gui-

da e Raccomandazioni sui sistemi di raccolta della carta da riciclo”. STATO ATTUALE E PROSPETTIVE DI RICICLO

Le Linee Guida partono dalla constatazione che il riciclo della carta in Europa presenta buone percentuali: infatti, il 71,7% dei rifiuti cartacei (pari a circa 16 milioni di ton) vengono riciclati e trasformati in nuovi prodotti; ciononostante, l’aumento degli imballaggi in materiale cartaceo e la

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loro alta diversificazione (cioè la presenza di materiali diversi nello stesso imballaggio) richiede una più chiara definizione di “eco-design” orientato alla riciclabilità, e occorre intervenire anche sulla qualità della carta da riciclo raccolta, che deve assumere la stessa importanza della quantità. Inoltre, la percentuale di materiale riciclato differisce da un Paese all’altro. Mentre alcuni Paesi europei stanno raggiungendo il tetto massimo di raccolta, per altri esistono ancora significativi margini di mi-


RIFIUTI glioramento. Ecco perché le Linee Guida si propongono di diffondere nuove pratiche dirette a migliorare la raccolta della carta, concentrandosi in particolare sulla raccolta domestica (dove si trova il più ampio margine di miglioramento, e dove occorre considerare l’esistenza di speciali necessità per una buona organizzazione della raccolta, tenendo conto anche della varietà dei prodotti cartacei e delle diversità socio-economiche).

altri materiali che inevitabilmente abbasserebbero la qualità della frazione di carta e cartone, oltre a causare problemi nel processo di riciclaggio. Un altro fattore decisivo per il successo dei sistemi di conferimento è la creazione di un servizio “user-friendly”, ossia contraddistinto da comodità e praticità per l’utenza. Le caratteristiche più importanti sono: facilità Continua a pag. 36

RACCOMANDAZIONI GENERALI

Per aumentare la quantità e qualità della carta da riciclo raccolta occorre innanzitutto che gli Enti locali elaborino una strategia di raccolta che sia in grado di soddisfare i bisogni delle locali industrie cartarie (nonché di altre industrie che potrebbero eventualmente impiegare i rifiuti generati dal processo di riciclo), considerando anche l’esistenza e la capacità degli impianti presenti localmente. Infatti, se sul territorio sono presenti cartiere che producono carte grafiche da carta di riciclo, e se il potenziale di riciclo della carta grafica lo giustifica, occorre prendere in considerazione la creazione di un sistema di raccolta che preveda la raccolta separata di carta grafica (giornali e riviste) e non grafica (imballaggi). In questo caso, la soluzione economicamente migliore sarebbe la raccolta separata dei due tipi di carta direttamente nelle abitazioni private, anche se ciò richiederebbe speciali sforzi di motivazione ed educazione. Inoltre, dato che una parte sostanziale delle emissioni di CO 2 in Europa è dovuta al trasporto su ruote, è opportuno tendere all’impiego di materie prime secondarie raccolte il più vicino possibile rispetto ai punti di utilizzo. Per quanto riguarda il miglioramento della gestione dei rifiuti, i dati raccolti mostrano che non esistono sistemi di raccolta migliori in assoluto, poiché il loro successo è principalmente influenzato da fattori di natura socio-economica. Esiste, comunque, un punto fermo: carta e cartone devono essere raccolti separatamente da tutti gli altri materiali riciclabili, per evitare contaminazioni da parte di Hi-Tech Ambiente

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RIFIUTI

Continua da pag. 35

Carta: riciclo e raccolta di accesso (brevi tragitti, distribuzione razionale di bidoni e container, possibilità di facile parcheggio in prossimità dei contenitori, interventi di svuotamento effettuati con adeguata periodicità), informazioni chiare sul genere di materiale riciclabile da inserire nel relativo container, manutenzione e pulizia dell’intera area, presenza di personale disponibile e competente. Ovviamente, non è possibile che queste richieste ambiziose siano soddisfatte ovunque: in molti Comuni è stato comunque possibile migliorare i tassi di raccolta introducendo un mix di sistemi di raccolta e deposito. Un altro punto su cui fare leva è la creazione di un sistema di incentivi economici per i cittadini che restituiscono carta e cartone riciclabili, ad esempio adottando veicoli di raccolta equipaggiati

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con sistemi di pesatura o retribuendo i cittadini per la raccolta separata di carta grafica riciclabile entro le mura domestiche e portata nei centri di riciclo. Alcune comunità promuovono la raccolta di carta da riciclo effettuata da organizzazioni non profit, scuole per l’infanzia e onlus, devolvendo i profitti in beneficienza; un’altra opzione è l’introduzione di tariffe di smaltimento personalizzate applicate ai soli rifiuti residui, lasciando gratuito (o quasi) lo smaltimento dei materiali riciclabili. Nonostante il rischio di abusi (smaltimento improprio di rifiuti residui negli spazi destinati ai riciclabili, o abbandono dei rifiuti in discariche abusive), questo sistema ha mostrato buoni risultati nelle città europee che l’hanno adottato. Tale opzione può essere realizzata tramite contenitori chiusi dotati Continua a pag. 38


PUBBLIREDAZIONALE Ad oggi in Europa vi sono quasi 90 GW di istallazioni fotovoltaiche (pari a circa 8 milioni di tonnellate di pannelli) che genereranno nel prossimo futuro diverse migliaia di tonnellate di rifiuti fotovoltaici da smaltire ogni anno. La raccolta e lo smaltimento dei pannelli è regolamentata a livello Europeo dalla Direttiva RAEE del 2012, implementata in Italia dal decreto 49/2014. Attualmente, tramite l’utilizzo di processi meccanici di smaltimento, solo alcuni dei componenti dei pannelli smaltiti vengono valorizzati completamente.

FULL RECOVERY END OF LIFE PHOTOVOLTAIC

Il progetto FRELP

Un processo per il recupero dei materiali utili contenuti nei pannelli fotovoltaici a fine vita

AZIONI

Analisi dei componenti dei pannelli fotovoltaici con tecnologia al silicio Sviluppo e costruzione di un prototipo per la separazione dell’alluminio e del vetro dal sandwich contenente il silicio. Termovalorizzazione (esterna alla Sasil) della plastica del sandwich per ottenere energia elettrica e residui metallici. Utilizzo ed adattamento di tecnologie note per valorizzare il silicio e i conduttori metallici presenti nei residui di termovalorizzazione. RISULTATI ATTESI

Recupero integrale (92%) dei materiali componenti l’intero pannello fotovoltaico a base silicio e loro valorizzazione per riutilizzo totale: alluminio, vetro, silicio, conduttori metallici. Produzione di energia elettrica dalle plastiche del sandwich (circa il 6% in peso) mediante termovalorizzazione. IL PROGETTO

La Sasil, con la Stazione Sperimentale del Vetro e PV Cycle, sta lavorando al progetto FRELP, finanziato dal bando Life+ della Comunità Europea nel 2012, che riguarda un sistema innovativo per il recupero del 92% in peso dei componenti dei pannelli fotovoltaici a fine vita, in modo da cercare di evitare il problema dello smaltimento nei prossimi anni e per dimostrare l'applicazione di

Macchina di distacco EVA-Vetro

Schema tecnico del progetto

tecnologie innovative per il riciclaggio integrale di pannelli fotovoltaici a fine vita, di tipo mono e poli-cristallino, in modo economicamente sostenibile. Attualmente è stata conclusa la parte di studio delle soluzioni per l’industrializzazione del processo produttivo che permetterà di realizzare, a fine progetto, un prototipo in grado di recuperare integralmente cinque componenti principali dei pannelli fotovoltaici, e precisamente: alluminio, vetro, silicio metallico, argento, rame. Sono state proposte delle soluzioni a basso impatto ambientale per il recupero dei seguenti componenti: - recupero dei profili di alluminio in modo automatico - recupero del vetro trasparente ad altissima qualità, da impiegare nell'industria del vetro cavo e

piano, che implica un significativo risparmio di energia ed emissioni di CO2 durante il processo di fusione del vetro - recupero di silicio metallico, da impiegare nelle leghe di ferrosilicio, risparmiando così un importante costo energetico e di emissioni di CO2 per la produzione primaria di silicio - recupero dell’argento mediante elettrolisi. Il 25 settembre 2015 si è svolta una conferenza nella quale la Dott.ssa Della Monica di PV Cycle ha illustrato la situazione attuale sulla raccolta di pannelli fotovoltaici alla fine del loro ciclo di vita. Lo studio LCA è stato spiegato dall’Ing. Blengini del JRC di Ispra, mentre Lodovico Ramon, project manager di FRELP, ha illustrato gli obiettivi del progetto e le fasi del processo

SASIL Spa E-mail eventi@sasil-life.com Tel 015.985261 - Fax 015.985980 www.frelp.info - www.sasil-life.com

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di trattamento che verrà avviato il prossimo anno, divulgando gli aspetti ambientali ed energetici attesi, così come le opportunità di lavoro che ne deriverebbero. Il Dott. Hreglich e l’Ing. Ceola della Stazione Sperimentale del Vetro hanno mostrato come sono costituiti i pannelli fotovoltaici, sottolineando l'estrema variabilità dei materiali coinvolti e le loro rispettive quantità, e hanno spiegato come saranno recuperati i metalli dalle ceneri residuali che si ottengono dopo la combustione. Il Dott. Ercole di Sasil ha parlato delle diverse tecnologie studiate e delle prove effettuate per separare il vetro dallo strato adesivo a base di polimeri (chiamato EVA) in cui è incapsulato e ha mostrato qual è stata la migliore tecnologia identificata, poi realizzata in un pre-prototipo che ha dato eccellenti risultati. In seguito è stato esposto il processo di pirolisi dell’EVA che era inizialmente previsto dal progetto ma che poi è stato modificato in processo di combustione controllata (sperimentato dalla Stazione Sperimentale dei Combustibili) a causa dei rigidi vincoli ambientali.


RIFIUTI Continua da pag. 36

Sistemi porta a porta senza contenitori Nelle date previste per il ritiro i cittadini devono lasciare i rifiuti all’esterno delle abitazioni, affinchè siano ritirati. Nel caso della carta, essa dovrà essere adeguatamente preparata e spesso raccolta in fasci, separando carta grafica riciclabile da cartone/cartoncino. Questa soluzione è abbastanza comoda per i cittadini (tranne nei casi in cui molte persone vivono in spazi limitati, come torri e grattacieli), purchè essi dispongano di spazi per conservare i rifiuti fino al giorno della raccolta. Ove stata adottata, tale soluzione ha mostrato un’ottima qualità della carta da riciclo (sebbene essa non sia protetta dall’umidità in assenza di punti di raccolta riparati vicino all’abitazione); i costi sono inferiori (grazie all’assenza di container e bidoni, e alla maggiore qualità della carta che si traduce in un risparmio sui costi di smistamento). Qualche dubbio ci può essere sulle quantità raccolte: è necessaria una notevole collaborazione da parte della popolazione, oppure l’introduzione di sistemi incentivanti che facciano

Carta: riciclo e raccolta di microchip che calcolano il costo in base al volume o al peso, oppure caricando la tariffa sul prezzo dei sacchi (come in Svizzera). ASPETTI SPECIFICI DEI DIVERSI SISTEMI

Contenitori per carta in loco I contenitori sono posti nella proprietà del cittadino e vengono periodicamente svuotati. In genere questo sistema viene adottato per la raccolta di carta da riciclo mista, ma sarebbe possibile distribuire alla popolazione più bidoni per differenziare i prodotti. Ovviamente questa soluzione richiede uno spazio adeguato nella proprietà privata dei singoli utenti, e quindi può rivelarsi inadatta per le aree densamente popolate e/o con costruzioni prive di spazi destinati a ospitare i bidoni. Questa opzione è comoda per i cittadini, e ciò si riflette positivamente sulle quantità raccolte; d’altro canto presenta costi relativamente elevati.

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RIFIUTI

pagare l’indifferenziato in base al peso. Bidoni convenzionali e sotterranei La valutazione di questa opzione è abbastanza buona, ma presenta alcuni difetti. Ad esempio, la mancanza di spazi nei bidoni per i grandi imballaggi può comportare la saturazione prematura del contenitore, e l’abbandono della carta da riciclo fuori dal contenitore stesso; inoltre, i costi sono relativamente alti (simili a quelli dei contenitori in situ). Infine, occorre posizionare i container a intervalli ragionevoli (max 500 m.). Centri di riciclo Si tratta di spazi circoscritti ove sono ubicati grandi container in cui conferire i materiali riciclabili. La qualità della carta ivi raccolta è molto buona, grazie alla presenza di almeno un addetto con funzioni di controllo e guida al corretto conferimento, e anche i costi sono molto bassi (inferiori di circa il 30% rispetto a quelli dei container pubblici); il difetto principale è che tale opzione è poco pratica per i cittadini (che devono recarsi appositamente presso il centro), e quindi essa è raccomandabile solo in prossimità di aree ad alta frequentazione (come i centri commerciali). Punti di raccolta Sono centri di riciclo privati, dove i cittadini conferiscono il proprio materiale riciclabile ricevendo in cambio un modesto compenso. La qualità e i costi sono assimilabili a quelli dei centri di riciclo, con lo stesso inconveniente (scomodità per i cittadini, non compensata dal compenso ricevuto per quanto conferito); inoltre, questo sistema potrebbe incentivare furti di carta da container pubblici facilmente accessibili. Hi-Tech Ambiente

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PUBBLIREDAZIONALE

Alta tecnologia nel riciclo Il sistema di separazione dei rifiuti Turbo Separator, versatile, resistente e dai bassi costi di gestione e manutenzione L’edizione 2015 di Ecomondo ospita, grazie all’esclusivista per l'Italia Sogesvi, il sistema di separazione per i rifiuti Turbo Separator. Si tratta di una macchina di estrema versatilità progettata per rispondere efficacemente alle esigenze di trattamento di molteplici tipologie di rifiuti, primi fra tutti gli impianti di trattamento della Forsu, cioè la frazione organica del rifiuto solido urbano. Caratterizzato da una struttura estremamente resistente e da bassi costi di gestione e manutenzione, Turbo Separator è in grado di dividere in modo estremamente preciso le diverse componenti del rifiuto, separando gli scarti liquidi e solidi da una vasta varietà di contenitori. Questi ultimi includono fra gli altri barattoli e vaschette in latta o lattine in alluminio, bottiglie di plastica e confezioni morbide, buste e bustine in carta o polimeri, packaging plastico e tetrapak oltre a imballaggi in plastica, blister e tubi. Quanto invece alla tipologia dei prodotti gestiti si va dagli alimentari ai dentifrici passando per sigarette, cartongesso, articoli per la casa, succhi di frutta, creme, insetticidi, sapone, vernici e cosmetici vari. I PRINCIPI DI FUNZIONAMENTO

Il principio di funzionamento di Turbo Separator, realizzato dalla britannica Atritor, è quello della separazione centrifuga. Nel fare questo, il vero tratto distintivo di Turbo Separator coincide con la capacità di lavorare su un’asse o-

Enrico Paolo Levi, AD di Sogesvi Environmental Solutions

rizzontale anziché verticale. In questa maniera è più facile controllare e gestire il passaggio e il trattamento delle diverse componenti del rifiuto, con il risultato di avere una minore frammentazione dello stesso e una migliore separazione delle varie componenti: ad esempio minimizzando come nessun altro competitor riesce a fare la componente di plastica residua nella frazione organica. Il sistema è dotato di coclee proprie per il caricamento dei rifiuti talquali per arrivare direttamente al trattamento della frazione, rendendo in questo modo superflui il ricorso ad altri processi e l’utilizzo di altri macchinari. Non da ultimo, il prodotto della Atritor funziona anche in assenza di acqua, o quasi, permettendo di ottimizzare

autonomamente la densità della frazione organica. LA ROBUSTEZZA COME VALORE AGGIUNTO

Uno dei vantaggi di Turbo Separator è dato dalla sua struttura straordinariamente solida e robusta, ben superiore rispetto agli standard normalmente riscontrati tra la concorrenza. In sede di design, i progettisti hanno puntato molto su un utilizzo agevole e intuitivo creando un sistema facile da aprire, smontare e da controllare. Ampia è, inoltre, la gamma dimensionale dei modelli disponibili, che vantano capacità di trattamento diverse e che riescono ad adattarsi alle diverse esigenze dettate dalla natura del rifiuto e dai

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quantitativi da trattare. Le capacità spaziano dai pochi quintali l’ora per il recupero dei fallati nel confezionamento del tè e del caffè sino alle 5, 10 e 25-30 ton/ora. Per converso, le potenzialità delle soluzioni concorrenti più vicine per prerogative e destinazione d’uso non superano di solito le 10 tonnellate di capacità nominali. Considerando il costante aumento in tutta Italia della raccolta differenziata, il poter disporre di macchine capaci di trattare anche grandi quantitativi di materiale, a fronte di un investimento di poco superiore, permette di garantire all'impianto quella flessibilità che nel tempo consentirà di accrescere la propria capacità produttiva senza dover sostenere nuovi investimenti o dover aggiungere nuovi oneri di manutenzione, di personale o costi operativi. Turbo Separator unisce alla sua efficacia una grande semplicità d'uso ed un’elettronica essenziale, pensata per venire incontro ai requisiti degli ambienti più critici. In Italia, già tre sistemi Turbo Separator della taglia più grande, dalla capacità nominale ciascuno di 30 ton/ora, sono stati recentemente installati presso uno dei maggiori centri di riciclo della Forsu. La dirigenza di questo grande gruppo si è recata appositamente nel Regno Unito per vedere queste macchine all’opera, convincendosi in seguito a dotarsene e rivoluzionando così il ciclo produttivo, ponendo il Turbo Separator al centro del loro processo.


PUBBLIREDAZIONALE DALL'ESPERIENZA BRITANNICA AL MERCATO ITALIANO

Nell’introduzione di Turbo Separator sul mercato tricolore ha giocato un ruolo fondamentale il distributore esclusivo Sogesvi: società fondata a Londra dall’italiano Enrico Paolo Levi, che ritiene esistano sinergie molto forti fra le sue tradizionali attività e le tecnologie di Atritor. Levi scommette sui vantaggi competitivi che il sistema, già attestatosi come uno standard in territorio britannico, può garantire alle aziende italiane. Clienti potenziali sono soggetti pubblici e privati o partnership fra l’uno e l’altro settore: comprendono utenti che già gestiscono impianti di trattamento autorizzati accanto ad aziende che stanno progettando nuovi impianti. «Ho scoperto la macchina due anni fa - dice Enrico Paolo Levi, amministratore unico della società - ed era sostanzialmente sconosciuta in Italia, se si pensa che dei 130 esemplari in funzione quasi un centinaio era installato in Gran Bretagna. Uno dei principali rivali di Atritor nel settore è, su scala internazionale, un marchio italiano per cui nessuno in Atritor si era mai interessato al mercato del bel paese. Dall'entusiasmo riscontrato e dai risultati ottenuti con le prime installazioni credo si possa dire che presentare Turbo Separator in Italia si sia rivelata una scelta vincente». SOGESVI: UN PONTE TRA ITALIA E REGNO UNITO

Sogesvi concentra le sue attività e i suoi sforzi sul Regno Unito per le possibilità di sviluppo che esso garantisce nell’ambito delle rinnovabili. Più in generale, però, l’obiettivo di Levi è quello di agevolare le relazioni fra il business britannico e quello di casa nostra, specie nel campo delle rinnovabili, col mandato di identificare possibili opportunità di partnership commerciale e industriale Oltremanica. Affianca il biogas e il biometano, nel portfolio d’offerta di Sogesvi, la generazione di energia eolica. «Gestiamo i rapporti con le istituzioni e cerchiamo forme di collaborazione e alleanza fra imprese dei due Paesi spiega Levi - occupandoci diretta-

Layout tipico di un impianto di Turbo Separator

mente di tutta una serie di aspetti operativi che vanno dall’assistenza al reperimento di fondi, sino alla consulenza legale, al recupero della finanza ordinaria e straordinaria e alla creazione di società di scopo. Il Regno Unito offre una serie di incentivi interessanti alle energie alternative e in coincidenza con Ecomondo c’è il varo di un nuovo programma di incentivi, che ridefinisce il quadro degli stimoli alle rinnovabili per i prossimi 5 anni. Quello britannico sarà ancora un mercato interessante nel settore delle rinnovabili, ma richiede contatti e competenze specifiche,

per cui le aziende italiane che volessero interessarsi a questo mercato è bene che lo facciano consapevolmente». Alle aziende italiane la Gran Bretagna può assicurare una burocra-

Turbo Separator pronto per essere installato

SOGESVI ENVIRONMENTAL SOLUTIONS Tel +39.3429770161 E-mail e.levi@sogesvi.com

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zia più snella ed efficiente rispetto al resto d’Europa e una forte presenza del mondo finanziario e di operatori specializzati in investimenti sulle tecnologie di riciclo e sulle fonti verdi. «I fondi di private equity e gli altri operatori dedicati - sostiene Levi - sono fortemente coinvolti nella selezione dei fornitori e della tipologia degli impianti offerti, valutandone la bancabilità più che l'efficienza. Per questo, per entrare in un mercato promettente e con margini di crescita superiori a quelli di altre aree dell’UE, servono soluzioni efficienti, validate, nonchè la capacità di dare garanzie importanti, perché la finanza locale esige assicurazioni precise e rigorose, anche in termini operativi». Sogesvi vuole essere un partner per gli operatori italiani, per aiutarli a superare tutti i principali problemi che deve affrontare chi si trova ad entrare per la prima volta in un mercato nuovo. «In più - conclude Levi - quando le imprese italiane dispongono di prodotti e servizi all'altezza, la ricezione del made in Italy in Gran Bretagna è tuttora ottima e gli inglesi sanno riconoscere la competitività delle imprese tricolori. Guardiamo ad aziende dalla vocazione ingegneristica, con tecnologie consolidate, capaci di relazionarsi con controparti importanti portando al mercato un valore aggiunto fatto di expertise».


RIFIUTI UNA SCELTA OBLIGATA

L’automazione della selezione Una decisione che determina sicuramente il miglior ritorno economico degli investimenti Sono ormai trascorsi i tempi in cui il fai-da-te nel campo della gestione dei centri di selezione e valorizzazione dei rifiuti, poteva dare un ritorno economico remunerativo, rispetto ai costi di gestione. Le sempre maggiori quantità da trattare, dovute alla crescente sensibilizzazione verso le raccolte differenziate, i sempre maggiori costi di personale qualificato, il turn over molto sentito per il genere di lavoro e, soprattutto, la possibilità di far fare alle macchine il lavoro di cernita lasciando al personale soltanto il controllo qualità finale, hanno portato gli operatori del settore, oltre che gli organi istituzionali, ad optare per la scelta dell’automazione per conseguire migliori risultati sia quantitativi che qualitativi. In questa ottica si pone a pieno titolo la visione, che la Pellenc ST ha avuto fin dall’inizio della sua attività, nella ricerca costante e continua di sempre maggiori traguardi volti a migliorare ed a espandere a tutto campo le possibilità di intervento su ogni tipo di rifiuto, per il riconoscimento dei materiali, anche affini tra loro, per il raggiungimento del miglior ritorno economico nella valorizzazione del maggior numero e della maggiore quantità di rifiuto. Sono stati raggiunti in questi anni traguardi che apparivano impensabili, sia nel campo del riconoscimento di materiali diversi, con la tecnologia NIR, dei loro colori, con la tecnologia Vision, della loro diversa composizione metallica, con l’Induzione, della loro consistenza molecolare, con i Raggi X. Si è riusciti ad andare oltre, con il riconoscimento della parte umida del rifiuto, che si riesce a soffiare in positivo, pulendo un flusso di materia secca dalla parte umida, con l’abbinamento di due o più tecnologie, come NIR/Vision che consente di ottenere la selezione del PET per polimero e per colore, o l’abbinamento NIR/Vision/Induzione, deno-

minata Mistral Trium, nella selezione degli inquinanti su un flusso di metalli o nella selezione dei RAEE. Ancora più si è inciso su possibilità che rispetto al passato apparivano improbabili, come la separazione tra PEHD e PELD e la separazione delle famiglie di fibrosi quali carta/cartone, tessuto e legno e, per quest’ultimo elemento, il legno tra quello vergine e quello trattato, tra-

mite la Mistral Wood, senza tralasciare la possibilità di ottenere CDR/CSS di qualità con la selezione del PVC e dei metalli dal flusso di rifiuto destinato all’incenerimento. Due elementi chiave, per l’importanza che rivestono nell’implementare le possibilità di migliorare la qualità di lavorazione di materiali difficili, sono il TurboSorter per la

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selezione del film o Fil/S, un nuovo elemento brevettato da Pellenc ST che sta dando risultati molto soddisfacenti, e lo Stat Pack da installare sulle macchine ottiche, ossia un pacchetto software in grado di analizzare il flusso passante e comunicarne i componenti in massa e peso, oltre che il grado di umidità, il potere calorifico, l’indicatore dei contaminanti ed il monitoraggio dello scenario di selezione. Il servizio PST propone la sua perizia accompagnando i suoi clienti per far evolvere i loro processi di selezione, ottimizzando quindi le loro prestazioni. Numerose altre sono le possibilità oggi di lavorare a tutto campo nella valorizzazione dei materiali considerati come rifiuto, che possono trovare un secondo impiego ed utilizzo allorché siano convenientemente selezionati. Ed è in questa direzione che Pellenc ST si pone come protagonista motivato ed attento nello sviluppo e nel rafforzamento dell’economia circolare in Europa e nel mondo.



PUBBLIREDAZIONALE

Non importa come ... purchè si misuri e si controlli Una soluzione organica ed integrata per l’organizzazione della raccolta differenziata localizzando i mezzi, certificando i servizi e coinvolgendo attivamente utenti ed operatori Una risposta esaustiva alle esigenze di un “porta a porta” efficiente viene fornito dalla Suite ORM (Organizzazione Risorse Mobili) della I&S Informatica e Servizi; una risposta tutta italiana, nata da esperienze sul campo nel 2001 con l’allora nascente Consorzio Priula. Una soluzione software ed hardware integrata, in grado di garantire tracciabilità e certificazione di servizi erogati sul territorio, sfruttando le più moderne tecnologie ICT, quali: GPS, RFID, QRCode e connettività Mobile 2G/3G. Un principio ispiratore della Suite: “Non si gestisce un servizio “porta a porta” se non si conosce il territorio porta a porta” (cit. Pierluigi Fedrizzi - CEO di I&S)

tlas, Navteq, OpenStreet Map, etc. Grazie al collegamento biunivoco tra il database delle utenze ed i civici georeferenziati, sono possibili, all’interno di un’area selezionata qualsiasi, analisi altrimenti impossibili, finalizzate al recupero dell’evaso come: - verifica del numero di contratti presenti e loro tipologia; - controllo del numero di abitanti residenti; - conteggio del numero di svuotamenti effettuati e dei civici che non hanno un contratto. ORM: ICO, LEO, ODS

MISURA E CONTROLLO NEL PORTA PORTA

Le attività di misura e controllo, nella filiera della raccolta differenziata porta porta, sono finalizzate non solo alla realizzazione di una Tariffa Puntuale ma anche al rispetto delle specifiche contrattuali dell’attività appaltata, con particolare riguardo a: sicurezza degli operatori, soddisfazione del cittadino, misura dei servizi e congruità dei costi; tutti elementi che comportano un precisa assunzione di responsabilità. Le tecnologie ICT, utilizzate nelle Suite ORM, sono in grado di dare oggettività (ossia certificare la verità) nelle situazioni dove esiste il rischio di giudizi soggettivi. Nella

filiera della raccolta differenziata, la certificazione e la tracciabilità coinvolgono specificatamente le seguenti attività: - programmazione e consuntivazione di percorsi progettati - certificazione di svuotamenti nella servizio “porta a porta” - automazione della modalità “servizio a chiamata”. RUOLO D’INTEGRAZIONE E DI SINTESI DI UN WEBGIS

L’integrazione tra le tecnologie

WebGIS, su cui si appoggia la Suite ORM ed in particolare LeO.Web ed il software Gestionale DbwRSU, sono l’elemento di spicco delle soluzioni qui sotto descritte. La gestione attraverso un WebGIS di una Toponomastica (grafi stradali “proprietari”) risulta essere elemento chiave che garantisce una totale indipendenza nell’aggiornamento (tempi e modi) e un maggior dettaglio/precisione (civici georeferiti) rispetto alle cartografie commerciali come Telea-

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I software della famiglia ORM si differenziano tra: - ICO - Identificazione Certificata Oggetti; - LeO - Localizzazione ed Organizzazione; - ODS - On Demand Service. ORM condivide la banca dati con i software: - DbwRSU (Gestionale Rifiuti, Bollettazione puntuale); - LeOWeb (Gestione Cartografia, Toponomastica, Servizi). ORM.ICO - IDENTIFICAZIONE CERTIFICATA OGGETTI

ORM.ICO provvede all’identificare e gestire oggetti dotati di un codice di riconoscimento che utilizzi una delle tecnologie: RFID (LF, HF, UHF, NFC), Barcode (tradizionale a barre verticali, 1D) o QRCode (codice a barre bidi-


PUBBLIREDAZIONALE mensionale, 2D). Un elenco sintetico dei Moduli ORM della serie ICO, associato alle problematiche affrontate è il seguente: - ICO.Plan - pianificazione consegna; - ICO.Palm - consegna ed associazione utenza/contenitore; - ICO.Read - identificazione svuotamenti con lettori mobili; - ICO.Star - identificazione svuotamenti con lettori fissi su mezzi in movimento; - ICO.Cerd - gestione conferimenti in isole ecologiche. ORM.LEO - ARCHITETTURA DI SISTEMA

Nel corso di questi anni, LeO (localizzazione ed organizzazione) ha confermato la validità dell’idea iniziale, ma si è evoluto adottando le nuove tecnologie disponibili ed è stato adattato alle necessità di scalabilità di costi e prestazioni, come richiesto dal mercato. LeO ha così oggi tre diverse configurazioni: - LeO.Smart: utilizza la tecnologia Android sia per localizzare (App BBox che emula una Black Box) che per visualizzare il mezzo o la persona tracciata; la cartografia è una delle cartografia free disponibili oppure proprietarie come quelle di Google. - LeO.Web Base: utilizza la tecnologia Open layer per gestire la tracciabilità basata su un grafo proprietario diviso in tronchi codificati. Gli assi sono aggiornabili dall’utente. Esegue un confronto tra percorso programmato e studiato a tavolino con quanto realizzato. - LeO.Web Plus: ha le funzionalità di LeO.Web Base ma implementa tutte le funzionalità per interagire col navigatore Custom LeO.Car a bordo del mezzo, in grado di guidare passo passo l’operatore a percorre il percorso programmato. LEO.WEB BASE E PLUS

Mentre LeO.Smart si basa quasi interamente su tecnologie Android, LeO.Web è composto di due parti software: una (LeO.Web) con funzione di controllo Centrale Operativa ed una (LeO.Car) sul mezzo. LeO.Car

necessita di un PC industriale XP Embedded dotato di un monitor touch screen orientabile. LEO.WEB - FUNZIONALITA’ DELLA SALA OPERATIVA

Il componente Server LeO.Web consente di: - consuntivare, in un Report di dettaglio, un percorso programmato partendo da un grafo stradale diviso in tronchi - gestire i fuori percorso per intralci imprevisti (cantieri ed incidenti) registrando i tratti non effettuati - gestire le interruzioni di raccolta potendo trasferire il percorso su di un altro mezzo e riprendendo esattamente dall’ultimo punto la-

sciato - inviare varianti di percorso ad un mezzo operativo, in caso di emergenze o di cambio posizione dei mezzi padre - registrare, per un successivo aggiornamento, grafi stradali non mappati (nuovi insediamenti e strade private). LEO.CAR - FUNZIONALITA’ A BORDO MEZZO

LeO.Car è un software di navigazione Custom che guida l’autista passo passo nel servizio. Necessita di un PC industriale Win Embedded dotato di monitor touch

screen. La ricezione delle coordinate GPS è demandato ad un hardware specifico, volutamente separato, dotato di GPS e sistema GPRS. Si tratta di un vero e proprio computer con una serie di funzionalità autonome. Questo hardware denominato Black Box sovrintende alla comunicazione bidirezionale tra mezzo e sala controllo per l’invio di messaggi vocali e variazione di percorsi, cuore dei sistemi ICO.Read ed ICO.Star. WEB.STAR - GESTORE WEB DEGLI STRUMENTI ICO

E’ la parte Web che affianca LeO.Web e che fungere da concentratore e gestore dei diversi

strumenti di lettura RFID, manuali e/o fissi ai sistemi di misura e certificazione sparsi sul territorio. LEO.SMART IN BREVE

LeO.Smart si basa quasi interamente su tecnologie Android con i relativi punti di forza e di debolezza ma sfrutta il Back Office sui server del fratello maggiore LeO.Web consentendo così di scalare le funzionalità. L’App di tracking fornisce le stesse ottimizzazioni di invio dei punti implementate sulle Black Box fisse a bordo mezzo. L’App di consultazione fornisce

Padiglione D2

Area della Provincia Autonoma di Trento

I&S Informatica e Servizi Srl Via dei Solteri, 74 - 38121 Trento Tel 0461.402122 - Fax 0461.402114 E-mail commerciale@ies.it

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le più importanti funzionalità necessarie a chi consulta il sistema, sia da un PC che da uno smartphone e/o tablet Android e/o iOS. ORM.ODS - ON DEMAND SERVICE

Il successo di un servizio di raccolta differenziata dipende molto dalla possibilità di offrire al cittadino un organizzazione che crei il minimo dei disagi e che riesca ad essere flessibile ed efficiente in modo da andare incontro ad esigenze particolari, anche se solo di una parte degli utenti (seconde case, centri storici, anziani, utenti con neonati); ODS ha questo obiettivo. Caso 1: ODS - Servizi a richiesta Call center 24/24h per le principali esigenze del cittadino e dei servizi a disposizione (cambio servizio, avviso di prossimo ritiro, etc.). ODS è in grado di ricevere e smistare fino a 10 call contemporanee per linea ed inviare sms di risposta. Gli sms vengono composti in automatico ed in tempo reale, sulla base di criteri personalizzabili. Caso 2: ODS + LeO - Raccolta Domestica Gestione dinamica di un percorso di raccolta “porta a porta” domestico. Un mezzo si muove, guidato da LeO, lungo un percorso di raccolta assegnato. Gli utenti abilitati al servizio possono segnalare, con un semplice squillo gratuito, l’avvenuta esposizione del bidoncino. Il sistema riconosce l’utente, chiude la telefonata ed invia a LeO.Car sul mezzo l’informazione su come comportarsi a seconda che il mezzo si trovi prima o dopo il punto di “Demand”. Caso 3: ODS + LeO - Raccolta “umido, cartone” (per esercizi commerciali in centro storico o servizi di “ritiro ingombrante domestico”) Un mezzo viene guidato lungo un percorso programmato, che però conosce a priori dove deve fermarsi. ODS automatizza la ricezione delle richieste ed è in grado, tramite un sms, di informare il richiedente entro quanto il mezzo potrà ritirare. La tecnica minimizza il tempo di esposizione dei materiali.


RIFIUTI LA DISCARICA COME BIOREATTORE

Il progetto Bio.Lea.R. I risultati della sperimentazione trasmessi tramite un’app divulgativa costantemente aggiornata Nonostante l’attenzione sempre maggiore verso il tema del riciclo e del riuso, si è ancora lontani da risultati soddisfacenti sulla raccolta differenziata e riduzione dei rifiuti. Una discarica dovrebbe contenere solo quei rifiuti che non possono essere recuperati, ma resta ancora una tecnologia ampiamente utilizzata. In quest’ottica il progetto Bio.Lea.R., cofinanziato dal programma europeo Life+ e realizzato da Gaia, con il Politecnico di Torino, sperimenta la gestione non convenzionale di un lotto della discarica per rifiuti non pericolosi di Cerro Tanaro (AT) come bioreattore, al fine di contenere il periodo di postgestione entro trent’anni. OBIETTIVI

Scopo della sperimentazione, condotta su scala reale, è ottimizzare la produzione di biogas al fine di ottenere benefici ambientali (riduzione delle emissioni in atmosfera, rapida stabilizzazione della discarica) e benefici economici (riduzione del periodo di post gestione e incremento dell’energia elettrica rinnovabile ricavata dal recupero energetico del biogas), attraverso il ricircolo del percolato e la regolazione dell’umidità dei rifiuti. La discarica è stata quindi allestita ampliando il sistema di captazione del biogas, inserendo un sistema di iniezione dei liquidi e un sistema di sensori per il monitoraggio continuo dei parametri di campo.

L'applicazione Bio.Lea.R. da scaricare (www.biolear.eu) per visualizzare i risultati della sperimentazione in campo con grafici e informazioni aggiornate

verso rilevazioni topografiche semestrali, il monitoraggio degli assestamenti della discarica. Al Politecnico di Torino è stata affidata l’interpretazione dei risultati e la divulgazione scientifica. Il dipartimento Diati si è occupato dell’installazione del sistema di monitoraggio, della caratterizzazione geofisica del sito prima dell’inizio della sperimentazione e del monitoraggio geofisico durante il periodo di infiltrazione del percolato. Le misure sono state condotte attraverso sensori di resistività elettrica all’interno dei rifiuti, per cui è stato possibile stimare la distribuzione del liquido ricircolato all’interno della discarica. Il dipartimento Disat ha svolto lo studio LCA (Life Cycle Assessment) attraverso cui si descrive il confronto tra una discarica gestita in modo

tradizionale rispetto alla porzione di discarica (vasca A1) gestita come bioreattore. Inoltre, lo stesso dipartimento ha riprodotto in laboratorio le stesse condizioni che si verificano in discarica attraverso un lisimetro, dal quale sono stati periodicamente prelevati campioni di biogas e percolato per effettuare l’analisi chimica dei parametri principali. RISULTATI

Il ricircolo di percolato all’interno dei rifiuti è durato poco meno di due anni, un periodo troppo breve rispetto alla durata dei processi naturali (circa 30-50 anni) che permettono la biodegradazione e la stabilizzazione dei rifiuti in discarica. Parallelamente alla sperimentazione in campo, i risultati ottenuti

LA REALIZZAZIONE

Gaia si è occupata dei lavori in discarica, della gestione delle attività di progetto, della regolazione del sistema, dell’acquisizione dei dati e delle azioni di divulgazione. E’ stato condotto un monitoraggio ambientale annuale attraverso lo studio delle emissioni di biogas dalla superficie della discarica e, attra-

Pozzo di captazione del biogas nella discarica di Gaia in post-chiusura Hi-Tech Ambiente

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con il lisimetro dal Politecnico di Torino hanno mostrato un aumento significativo della produzione di biogas, e una diminuzione progressiva della concentrazione di inquinanti nel percolato ricircolato. Quindi è stato studiato l’andamento degli stessi parametri in campo, per confrontarli con quelli ottenuti in laboratorio. Al momento gli stessi risultati non sono ancora osservabili, dati i lunghi tempi necessari allo svolgimento dei processi biologici di degradazione dei rifiuti. Nonostante questo, in alcuni pozzi di captazione è stato osservato un aumento di produzione ma seguito da periodi di variazioni troppo ampie per attribuire gli aumenti di biogas all’umidificazione dei rifiuti. Dal momento che l’incremento di produzione di biogas è stato osservato in particolare nel periodo estivo, con un calo nei mesi invernali, uno dei parametri che potrebbe essere utile valutare in progetti futuri è la temperatura del liquido ricircolato che potrebbe influire positivamente sulla produzione di biogas, se mantenuta intorno a valori medio-alti come quelli registrati in estate. Il monitoraggio geofisico ha dimostrato che il percolato ricircolato raggiunge i 6-7 metri di profondità; questo tipo di studio potrebbe essere utilizzato in futuro allo scopo di disegnare impianti di ricircolo più efficienti. Inoltre, il monitoraggio topografico ha evidenziato un assestamento più evidente in corrispondenza dei punti di iniezione del percolato. Tutti i risultati ed i dati della sperimentazione sono consultabili attraverso i prodotti informativi pubblicati sul sito www.biolear.eu, da cui è anche scaricabile l’applicazione della discarica di Cerro Tanaro, che offre una vista virtuale della discarica e grafici dei risultati più rilevanti elaborati in base agli aggiornamenti dei risultati della sperimentazione del progetto Bio.Lea.R.



PUBBLIREDAZIONALE

Il Gruppo MAIO MAIO GUGLIELMO - smaltimento rifiuti sanitari BLEU - servizi e tecnologie per l’ambiente MAIO TECH - vendita di impianti per il trattamento dei rifiuti sanitari Il Gruppo MAIO - Tecnologie per l’ambiente e per la vita, opera da oltre 30 anni nel campo della tutela ambientale. Il centro direzionale è situato a Lanciano (CH), in Abruzzo. Il know-how aziendale comprende: la gestione completa del ciclo dei rifiuti; la progettazione, la realizzazione e la gestione di discariche; la raccolta, il trasporto, lo stoccaggio, il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti sanitari; la sterilizzazione o la termodistruzione; l’intermediazione dei rifiuti; le bonifiche ambientali; il recupero energetico da fonti rinnovabili. Tutte le aziende del Gruppo MAIO, unite dalla medesima vision, hanno adottato un Sistema di Gestione Ambientale basato sul miglioramento continuo. MAIO GUGLIELMO SRL

Il core business della MAIO GUGLIELMO, una delle principali aziende del Gruppo MAIO, s’identifica nella gestione globale dello smaltimento di rifiuti provenienti da strutture sanitarie (liquidi radiografici, lastre di scarto, rifiuti speciali sanitari pericolosi e non pericolosi) attraverso la raccolta, il trasporto, il deposito, il raggruppamento preliminare dei rifiuti liquidi pericolosi e non pericolosi prodotti da terzi, il trattamento, il recupero dei rifiuti non pericolosi e di altri materiali come carta, cartone, pellicole fotografiche, e vetro e di materie prime secondarie come la plastica e lo smaltimento finale in tutto il territorio nazionale, con particolare presenza nel Centro Sud. La sede legale e operativa si trovano

nella Zona Industriale Val di Sangro di Atessa (CH), la sede amministrativa nella Zona Industriale di Lanciano (CH). Nella zona industriale di Atessa gestisce: - un impianto di sterilizzazione a vapore umido per il trattamento di rifiuti sanitari a rischio infettivo, con produzione di CDR (D9), autorizzato dalla Regione Abruzzo, della capacità nominale attuale di 8.000 t/a (e un potenziale di smaltimento di 24.000/ton distribuiti su tre linee di produzione); - un deposito e il raggruppamento preliminare di rifiuti pericolosi e non pericolosi, la messa in riserva di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi; - un impianto di triturazione dei contenitori in plastica e un impianto di lavaggio dei contenitori in plastica; - un impianto di termovalorizzazione per lo smaltimento finale dei rifiuti sanitari e non,

con recupero energetico (D10) già autorizzato dalla Regione Abruzzo, con esercizio sospeso in attesa di revamping; - un impianto di elettrolisi per il recupero dell’argento. Altre sedi operative per il deposito preliminare dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi si trovano a Carsoli (AQ) e a Gubbio (PG), autorizzati, rispettivamente, con provvedimento della Regione Abruzzo e della Regione Umbria. BLEU SRL

BLEU, l’altra azienda di punta del Gruppo MAIO, opera nel campo dei servizi e delle tecnologie per l’ambiente, in particolare nel settore della progettazione, realizzazione e gestione di impianti per lo smaltimento dei rifiuti e nel recupero delle aree a rischio ambientale. Le attività aziendali passano attraverso il governo integrato,

GRUPPO MAIO Z.I. – 66034 Lanciano (CH) Tel 0872.722520 - Fax 0872.722556 E-mail info@gruppomaio.com - www.gruppomaio.com

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l’uso razionale e responsabile delle risorse naturali, la tutela e il miglioramento della qualità ambientale del territorio in cui si opera. La Sede Legale, il Centro Direzionale e l’Ufficio Tecnico si trovano nella Zona Industriale di Lanciano, in provincia di Chieti. L’impianto di discarica per rifiuti speciali non pericolosi, realizzato e gestito direttamente dalla società (dal 1997) si trova in località Tufarelle, nel comune di Canosa di Puglia, in provincia di Barletta-Andria-Trani. Il massimo controllo sugli aspetti ambientali connessi alla gestione della discarica, è garantito da un’attività sistematica di monitoraggio su tutte le matrici ambientali. MAIO TECH SRL

MAIO TECH è la società del Gruppo MAIO di più recente costituzione. E’ nata con la mission specifica di avviare un processo di internazionalizzazione del Gruppo per la commercializzazione di impianti per il trattamento dei rifiuti sanitari a rischio infettivo, attraverso la sterilizzazione a vapore umido. MAIO TECH offre soluzioni di impianti turnkey, modulari e customizzabili sulla base di molteplici esigenze di smaltimento. Si tratta di impianti che offrono numerosi vantaggi, sia sotto il profilo della riduzione degli ingombri sia sotto il profilo della performance ambientale e industriale (capacità di smaltimento). Alta tecnologia, modularità, compattezza ed efficienza ambientale rendono gli sterilizzatori a vapore umido della MAIO TECH altamente affidabili e superperformanti.


RIFIUTI Il riciclo non fa bene soltanto all’ambiente, ma anche all’economia. Difatti, grazie alla riduzione del Contributo Ambientale Conai (CAC) per gli imballaggi in acciaio le imprese utilizzatrici risparmieranno quasi 6 milioni di euro. È questa la stima di Anfima, l’associazione aderente a Confindustria che raggruppa i fabbricanti italiani di imballaggi metallici ed affini. <<La riduzione del Contributo Ambientale Conai da 26 a 13 euro/ton è un segnale davvero positivo per le imprese che utilizzano imballaggi in acciaio – spiega Giovanni Cappelli, direttore generale di Anfima – e, in ultima analisi, per gli stessi consumatori. Lattine, scatolette, barattoli e bombolette, oltre a essere i contenitori più sicuri e robusti, sono di acciaio, materiale che si ricicla all’infinito con grande beneficio per l’ambiente>>. Il CAC, stabilito per ciascuna tipologia di materiale di imballaggio, rappresenta la forma di finanziamento attraverso la quale Conai ripartisce tra produttori e utilizzatori il costo per i maggiori oneri della raccolta differenziata, per il riciclaggio e per il recupero dei rifiuti di imballaggi. Per quanto riguarda

6 MILIONI DI EURO PER LE AZIENDE

Acciaio più competitivo

l’acciaio, il CAC è passato da 26 a 21 euro/ton il 1° aprile di quest’anno e dal 1° ottobre è stato ulteriormente ridotto a 13 euro/ton. <<Si tratta di un traguardo importante – aggiunge Federico Fusari, Direttore Generale di Ricrea, il Consorzio nazionale riciclo e recupero imballaggi in acciaio - 13 euro/ton è il valore più basso dalla co-

stituzione di Ricrea, e oltre a un importante fattore competitivo per le imprese consorziate rappresenta la misura dell'efficienza gestionale raggiunta dal Consorzio. L’ulteriore riduzione dei costi per le imprese, infatti, permetterà comunque di garantire il ritiro dei rifiuti urbani di imballaggio sull'intero territorio nazionale e il riconoscimento ai

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Comuni dei corrispettivi previsti dal nuovo Accordo Quadro AnciConai>>. In Italia le aziende che producono contenitori in acciaio danno lavoro a oltre 3.500 dipendenti, per un fatturato annuo complessivo di 1,6 miliardi di euro. La produzione si concentra principalmente in sei settori merceologici: dalle scatole cosiddette “Open Top” per prodotti alimentari, ai contenitori “General Line” per vernici e prodotti industriali in genere; dalle bombolette aerosol alle chiusure metalliche come capsule e tappi corona, fino ai grandi fusti in lamierino d’acciaio. I contenitori in acciaio sono facili da differenziare e possono essere riciclati un numero infinito di volte senza dare origine a scarti, mantenendo intatte le proprie qualità. Nel 2014 in Italia sono state avviate al riciclo 335.854 ton di imballaggi in acciaio, sufficienti per realizzare ben 2.239 copie dell’Albero della Vita, icona del Padiglione Italia e simbolo di Expo 2015. Il tasso di recupero, pari al 74,3% rispetto alle quantità immesse a consumo, conferma il nostro Paese tra i migliori in Europa.


RIFIUTI DAGLI OLI DI COTTURA USATI

Il progetto Bio-Surfest Biotensioattivi ottenibili per fermentazione ed esteri oleosi ottenibili per catalisi enzimatica Gli oli di cottura usati possono essere utilizzati per produrre biodiesel; ma possono anche essere trasformati in prodotti ad alto valore aggiunto, per impieghi come tensioattivi, lubrificanti e plastificanti. Il progetto europeo Bio-Surfest ha condotto una approfondita analisi tecnica, economica e ambientale relativamente a due tipi di prodotti ottenibili dagli oli e grassi alimentari usati, e precisamente: biotensioattivi (ramnolipidi e soforolipidi), ottenibili per fermentazione; esteri oleosi (esteri etilici degli acidi grassi, monoacilgliceroli), ottenibili per catalisi enzimatica. Questi prodotti hanno già un mercato consolidato in Europa e presentano favorevoli prospettive di sviluppo: in particolare, i ramnolipidi hanno trovato applicazioni nella pulizia degli sversamenti di petrolio in mare, in quanto sono ottimi promotori della degradazione biologica degli idrocarburi, mentre i soforolipidi sono usati nei cosmetici anti-acne e nella formulazione degli shampoo sebo-normalizzanti. Quanto agli esteri oleosi, vengono utilizzati nella produzioni di oli per trasformatori, emulsionanti per prodotti alimentari, bio-lubrificanti e bio-plastificanti; questo ultimo impiego è considerato di notevole interesse, a causa dei limiti sempre crescenti che vengono imposti ai plastificanti non biodegradabili di origine petrolchimica.

ro consentire un abbassamento dei costi dei prodotti di origine biologica rispetto a quelli di origine petrolchimica; il costo, infatti, è il principale ostacolo ad una maggiore diffusione dei bioprodotti, nonostante i loro riconosciuti vantaggi ambientali. Le acque di vegetazione hanno dimostrato di avere buone potenzialità come substrato dei processi fermentativi per la produzione di biotensioattivi, mentre il siero può essere usato come nutrimento per la popolazione batterica in molti processi di bio-ingegneria; ma nel quadro del progetto BioSurfest i materiali più adatti si sono rivelati essere gli oli residui di frittura ed i residui grassi della ristorazione. La messa a punto delle tecnologie ha comportato: - la scelta dei microorganismi e delle condizioni di processo per la fermentazione di oli e grassi residui, allo scopo di ottenere da essi i biotensioattivi - la scelta degli enzimi (lipasi) e delle condizioni ottimali per il processo di idrolisi enzimatica di oli e grassi residui, allo scopo di ottenere da essi esteri oleosi di interesse industriale. Le condizioni per i due processi sono state inizialmente testate e ottimizzate su scala di laboratorio; successivamente, sono stati costruiti due impianti pilota, che hanno consentito una stima dei costi per l’applicazione dei processi su scala industriale.

MATERIE PRIME E TECNOLOGIE

QUALITA’, AMBIENTE E COSTI

Nel corso del progetto sono state valutate diverse materie prime: oltre a oli e grassi di cottura, sono state considerate le acque di vegetazione residue dalla lavorazione dell’olio di oliva, i residui della produzione industriale degli oli vegetali e dei saponi, ed il siero residuo della produzione dei formaggi. Lo scopo era di identificare materie prime a costo zero, che potesse-

La qualità dei prodotti ottenuti è stata valutata confrontandola con quella di analoghi prodotti commerciali e con gli standard industriali, con esito positivo. La messa a punto delle condizioni di processo comprende le procedure neces-

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RIFIUTI EUROINFORMATICA

Il software Atlantide DS.8 L’evoluzione di Atlantide per la gestione dei rifiuti adesso ancora più completo, versatile e user friendly Atlantide DS.8, un marchio registrato di Euroinformatica, è l’ultima evoluzione di Atlantide, il software per la gestione dei rifiuti più completo che c’è: non un semplice upgrade, bensì un vero e proprio sistema nuovo, più intuitivo, flessibile e sicuro. Ma perché è diverso dagli altri gestionali ambientali? I motivi sono diversi ma, la prima cosa che salta all’occhio è la filosofia di fondo. Il sistema è stato pensato in funzione di chi lo utilizza, lasciando l’operatore quanto più libero possibile di compiere le sue azioni in modo assolutamente intuitivo. Il nuovo concept strutturale e grafico prevede una navigazione diversa, con un sistema a Tab che consente di tenere aperte più finestre contemporaneamente senza mai perdere di vista le operazioni in corso. Allo stesso modo, è stata introdotta una funzionalità che aumenta il livello di personalizzazione del sistema, lasciando libero l’operatore di scegliere l’ordine delle colonne delle proprie liste in modo molto immediato, grazie alla funzionalità drag-and-drop, mentre un livello di personalizzazione ancora più elevato è stato previsto nella pagina di accesso al sistema che può essere configurata direttamente dall’utilizzatore. Se il nuovo concept grafico è il primo aspetto che colpisce, è il cuore del software la vera grande novità. Performance ulteriormente implementate, con livelli di velocità mai raggiunti prima, anche con multi-operatori e multi-processi, con un sistema che può essere previsto anche in versione cloud e che prevede una serie di moduli aggiuntivi in grado di completare la gestione del processo di smaltimento con l’interfacciamento anche con sistemi esterni. Qualche esempio? Il modulo SistriConnect che consente di tracciare tutta la movimentazione tra Atlanti-

de DS.8 e Sistri, di effettuare controlli normativi e di contare su un sistema di alert che, in caso di anomalie, ti avverte in real-time. Oppure i moduli dedicati alla gestione dei Raee o alla gestione completa della rottamazione dei veicoli con tutti i relativi adempimenti normativi, compresa l’esportazione dati verso UNRAE. Atlantide DS.8, infatti, si conferma come la soluzione più completa per la gestione dei rifiuti proprio per la capacità di interfacciarsi con sistemi esterni. La prova più importante di questa flessibilità è data dalla partnership recentemente avviata con Memelabs-Maps Group, la software house che ha sviluppato

EUROINFORMATICA DA OLTRE 25 ANNI Euroinformatica nasce per creare risposte semplici a quesiti complessi. Opera nel settore ambientale da oltre 25 anni, sviluppando soluzioni in grado di fornire risposte a una doppia esigenza: da una

Greennebula, il cloud per la gestione delle autorizzazioni ambientali. Da questo accordo nasce un sistema che, grazie all’integrazione tra le due soluzioni, costituisce quanto di più completo si possa trovare nell’ambito della gestione dei flussi del ciclo dei rifiuti. Un sistema che permette alle aziende di monitorare e gestire ogni fase del processo, peraltro tutelandosi rispetto alla legislazione di settore. DOVE, QUANDO E COME VUOI

È uno degli aspetti che più differenziano Atlantide DS.8 rispetto a tutti gli altri gestionali in ambito amparte l’importanza delle regole, dall’altra le necessità di chi fa impresa. Oggi l'azienda è un vero e proprio punto di riferimento in ambito ambientale, grazie a un format che unisce alla grande evoluzione dei prodotti la capacità di fornire servizi di assistenza, formazione e supporto.

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bientale: la sua accessibilità. Non esistono più vincoli legati alla postazione o al dispositivo utilizzato, ogni operatore può controllare l'andamento del suo business in qualsiasi momento, indifferentemente da desktop, tablet o smartphone, senza alcun limite. In più Atlantide DS.8 si completa con un servizio di supporto senza barriere ,che consente a ogni operatore di comunicare direttamente con i tecnici del sistema, in modo da velocizzare le operazioni di assistenza e fornire rapidamente tutto il supporto necessario. Questa incredibile flessibilità ha cambiato il modo di gestire il processo di smaltimento dei rifiuti, grazie alla possibilità di accedere, sempre e da qualsiasi posto, al sistema per controllare allarmi, messaggi, stato dello stoccaggio, tracciabilità mezzi e molto altro. Oggi, a tutto ciò, si aggiunge una maggiore facilità di uso che rende Atlantide DS.8 qualcosa di profondamente diverso dai gestionali canonici, tanto che può essere navigato come un sito web, in modo intuitivo e immediato, senza alcuna rigidità: dove vuoi, quando vuoi, come vuoi.


RIFIUTI Continua da pag. 50

Il progetto Bio-Surfest sarie per assicurare un buon rendimento ed un livello di qualità omogeneo. La valutazione ambientale ha coperto gli aspetti relativi alla fitotossicità, alla biodegradabilità ed all’impatto sull’ambiente dei processi di produzione, ottenendo in tutti i casi risultati positivi. In particolare, rispetto agli analoghi prodotti di origine petrolchimica, i prodotti ottenuti con processi biologici richiedono meno energia e comportano minori emissioni di CO2, riducendo inoltre la quantità di rifiuti tossici. La valutazione economica dipende dallo spazio di mercato che i prodotti di origine biologica riescono ad ottenere. I costi dei prodotti ottenuti con i processi sviluppati nel quadro del progetto Bio-Surfest sono competitivi con quelli di altri bioprodotti attualmente sul mercato, ma ancora molto più alti rispetto a quelli dei prodotti di origine petrolchimica. Si ritiene che la si-

tuazione potrà migliorare con l’applicazione industriale su larga scala e con i perfezionamenti dettati dall’esperienza; un fattore importante, nel caso dei prodotti ottenuti per idrolisi enzimatica, è il costo degli enzimi. Nel caso dei biotensioattivi (o biosurfattanti, secondo una denominazione direttamente derivata dall’inglese), l’uso dei prodotti di origine biologica è ben consolidato e, attualmente, rappresenta il 56% del mercato europeo. La situazione è meno favorevole per il mercato degli esteri oleosi, dove i prodotti di origine biologica rappresentano meno del 3%; tuttavia, esiste un buon potenziale di crescita, soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo come plastificanti. Complessivamente si ritiene possibile che i prodotti ottenuti con le tecnologie sviluppate nel processo Bio-Surfest possono ottenere il 5% del mercato nell’arco dei prossimi 10 anni, producendo 435 tonnellate di biotensioattivi e 1.892 tonnellate di esteri oleosi; secondo queste previsioni, l’introito totale sarebbe di 95 milioni di euro.

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RIFIUTI UNTHA XR E TOUR DIMOSTRATIVO

Il trituratore intelligente Per rifiuti urbani, industriali e ingombranti, la nuova macchina garantisce una riduzione del consumo energetico fino a 50% Con il rilancio dell'affermata serie XR, Untha (distbuita in Italia da Ecotech Solution) definisce nuovi standard nel trattamento di rifiuti urbani, industriali e ingombranti. Costi operativi minimi con il massimo delle prestazioni, rendono il nuovo trituratore di rifiuti una vera innovazione, sottolineata dall'utilizzo di una tecnologia intelligente. Introducendola sul mercato, Untha intende ampliare ulteriormente la propria leadership in qualità di innovatore nel settore del trattamento dei rifiuti. Il concetto di propulsione completamente nuovo “Untha EcoDrive”, garantisce una riduzione del consumo energetico fino a 50% rispetto a propulsioni elettro-oleodinamiche tradizionali. L’impiego di attuali motori sincroni garantisce il massimo rendimento, rendendo Untha Eco Drive uno dei sistemi di propulsione energeticamente più efficienti sul mercato. Inoltre, possono essere abbassati a un minimo i costi di gestione, in quanto accoppiamenti, cinghie, pompe idrauliche e mozzi rotore non sono più necessari. Per esaudire le esigenze individuali dei clienti, la nuova serie XR può essere attrezzata con “sistema Ripper o Cutter”. In combinazione con il brevettato sistema barre a griglia XR o le diverse griglie forate sono possibili pezzature definite da 400 mm fino a 30 mm. Durante lo sviluppo è stata posta particolare attenzione agli aspetti di servizio e manutenzione. Così il sistema d’evacuazione intriturabili rende possibile la rapida evacuazione di intriturabili dal vano di triturazione, tutti i lavori di manutenzione e servizio possono essere eseguiti in piena sicurezza e in posizione eretta con attrezzatura comune. Il modo di costruzione robusto e

Untha XR3000R

compatto, con profili massicci e resistenti alla torsione, rendono possibili condizioni di uso difficili e un esercizio a basse vibrazioni. La macchina è facile da integrare in impianti esistenti e nuo-

vi. Grazie alla particolare geometria del trituratore, il conferimento con mezzi tipo pala gommata avviene con buona visuale. Per l’inizio 2016, il distributore esclusivo per l’Italia Ecotec Solu-

Untha XR3000C Hi-Tech Ambiente

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tion stà organizzando un grande tour dimostrativo su impianti italiani. I gestori avranno la possibilità di provare il nuovo trituratore Untha XR in ogni situazione. Non importa se si vuole triturare solidi urbani, ingombranti o qualsiasi altro tipo di rifiuto. Le possibilità di prova saranno individuali, perchè il trituratore verrà configurato alle esigenze del gestore, ed un tecnico Untha si occuperà dello svolgimento delle prove. Anche i tempi di prova potranno essere decisi individualmente. Il focus sarà messo soprattutto sulla linea Cutter con la produzione di CDR e CSS in unico passaggio, rivoluzionando così la produzione del combustibile secondario per termovalorizzatori e cementifici. Le adesioni al tour dimostrativo possono essere fatte presso lo stand Ecotec Solution durante Ecomondo nel Padiglione A3 Stand 172, oppure via e-mail info@ecotecsolution.com, sul sito www.ecotecsolution.com oppure tramite telefono al n.0473.562437. <<La nostra presenza ad Ecomondo e l’organizzazione del tour dimostrativo a inizio 2016 dichiarano i titolari di Ecotec Solution, Alex Raich e Martin Mairhofer - sono i prossimi passi nell’affermazione del marchio Untha e della serie di trituratori per rifiuti XR. Vogliamo dimostrare con i fatti le caratteristiche eccellenti ed innovative di questo macchinario>>. Vicino alla linea completa Untha shredding technology in fiera saranno presentate anche le tecnologie per trattamento rifiuti dell’affermato marchio EuRec Technology composto da trituratori bialbero, mulini a martello, tecnologie di separazione, imballaggio e dosaggio.


PUBBLIREDAZIONALE Pad. C5 Stand 166

Il noleggio ecosostenibile Un forte orientamento alla tutela ambientale, a cominciare dalla flotta di 500 veicoli a basso impatto

Gorent è una realtà di spicco in Italia nel noleggio di veicoli per l’espletamento dei servizi di igiene urbana e gestione dei rifiuti. Nata nel 2002 a Firenze, nel corso degli anni ha saputo estendere la gamma dei servizi offerti, affiancando al noleggio la vendita dell’usato di fine flotta e la georeferenziazione dei mezzi. Con un parco veicoli di ben 500 unità, Gorent offre soluzioni di noleggio personalizzate atte a soddisfare qualunque esigenza, compreso il rispetto per l’ambiente. Tutela ambientale e soddisfazione del cliente sono, infatti, i principi che animano e guidano l’azienda, e prima ancora il suo Presidente e Amministratore Delegato Furio Fabbri, secondo cui gli obiettivi economici devono andare di pari passo con le pratiche virtuose, quelle cioè che permetteranno di lasciare alle generazioni future un Pianeta in condizioni migliori rispetto a ciò che è stato ereditato. E questa filosofia di pensiero è stata trasformata in azioni concrete, sia per quanto riguarda il servizio offerto che l’impatto ambientale della società stessa. Ecco quindi: - noleggio di veicoli di ultima generazione (Euro 6) per la raccolta dei rifiuti, dotati di accorgimenti che ne riducano l’impatto ambientale, quali ad esempio sistemi di frenata con minor dispersione di polveri nell’aria e utilizzo di oli e grassi biodegradabili; - utilizzo di veicoli per la raccolta dei rifiuti con alimentazione alternativa, sia a metano sia elettrici - impiego di veicoli dotati di accorgimenti necessari a garantire la totale sicurezza degli operatori, quali la guida a destra, il conferimento dei rifiuti laterale a destra ad un’altezza che ne consenta il

carico senza sforzo - noleggio di piccoli mezzi elettrici realizzati ad hoc per la raccolta e lo spazzamento nei centri storici. E di pari passo, i seguenti comportamenti virtuosi: - ottenimento delle certificazioni di qualità ISO 9001 e ambientale ISO 14001

- sottoscrizione, in collaborazione con AzzeroCO2, di un progetto di forestazione per compensare le emissioni di CO2 della propria flotta e, quindi, contribuito a contrastare l’effetto serra - ottenimento della Certificazione Carbon Footprint, ovvero la valutazione delle emissioni complessive di anidride carbonica ed altri

LE TIPOLOGIE DI NOLEGGIO E L’USATO GARANTITO

adeguarlo alle proprie necessità. L’utente riceverà, non un veicolo di flotta, bensì un automezzo che Gorent acquista appositamente con le caratteristiche richieste, quindi di nuova immatricolazione. E non solo: durante il periodo di noleggio, in caso di variazione delle esigenze, è possibile chiedere la sostituzione del mezzo. Altrettanto interessante è l’opportunità di acquistare i veicoli inseriti nel circuito “Usato Certificato” e, quindi, assolutamente affidabili e sicuri poiché sottoposti a un rigido iter di controllo e manutenzione.

Esistono tre tipi di noleggio: breve termine (da 1 settimana a 24 mesi), periodi stagionali o occasionali (con anche la possibilità di prenotare il noleggio a intervalli cadenzati), lungo termine. Quest’ultima formula di noleggio è il vero e proprio “fiore all’occhiello” per Gorent. Ha una durata di 60 mesi e consente al cliente di personalizzare interamente il mezzo, per

gas serra associati all’intero ciclo di vita di un servizio e misurati in unità di tonnellate di CO2 eq. La conclusione del processo di analisi, calcolo e certificazioni (che già oggi permette a Gorent, in anticipo di ben sette anni, di rientrare nei parametri imposti dall’UE che entreranno in vigore nel 2020) ha portato, nel novembre 2014, all’elaborazione di un proprio marchio: Think Green. E non è tutto. Nel corso del 2014, Fabbri ha inoltre dato vita a un progetto di “filiera ecosostenibile”, coinvolgendo una serie di soggetti, clienti e fornitori, che orbitano intorno al settore dell’igiene ambientale. Il progetto prevede l’azione sinergica di due entità: l’associazione Kyoto Club, attraverso un tavolo di lavoro permanente che si occuperà di individuare e diffondere le tecnologie, gli studi e le buone pratiche di innovazione ambientale, nonché di portare le istanze del tavolo nelle opportune sedi istituzionali; il network dei partners tecnici, che dovrà invece fornire i servizi di informazione, formazione, consulenza e certificazione alle imprese delle filiere ed ai settori della pubblica amministrazione interessati.

GORENT Spa Via Pisana, 314/B - 50018 Scandicci (FI) Tel 055.720764 - Fax 055.721363 E-mail eco@gorent.it - www.gorent.it

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Furio Fabbri, Presidente e Amministratore Delegato di Gorent Spa


RIFIUTI FIDUCIA TESTATA

Tanti scarti, nessun problema Capacità doppia, volumi sfruttati al massimo e sicurezza d’uso grazie alla pressa imballatrice a canale HSM VK 7215 In passato una balla di scarti presso la cartiera tedesca Smurfit Kappa di Neuburg pesava 380 kg; oggi, invece, ne pesa 520 kg e la grandezza è rimasta invariata. Ciò è stato possibile grazie all‘elevata potenza pressante della pressa imballatrice a canale VK 7215 di HSM. Evidenti sono i vantaggi che ne derivano in fase di trasporto verso un’altra cartiera del gruppo adibita al riciclo: si produce un numero inferiore di balle, il carrello elevatore deve essere utilizzato con una minore frequenza e il carico dei camion diretti alla cartiera per il riciclo aumenta del 30%. <<Da noi non sussiste più il problema del sottoutilizzo dei camion afferma Rüdiger Graf, dirigente della Smurfit Kappa - ed i risultati superano le previsioni. Infatti, abbiamo registrato vantaggi economici in termini di riduzione del ROI

della macchina nell‘arco di tre anni>>. 48 TON/GIORNO DI SCARTI

Ogni giorno, presso la Smurfit

Kappa di Neuburg si registrano fino a 48 ton di scarti. Si tratta di grandi quantitativi, ma sono inevitabili. Dato che il sito di Neuburg si è specializzato nel settore alimentare, soprattutto nei caseifici, gli scarti pro-

duttivi consistono in vaschette per gli yogurt e cartoni per il trasporto dei pacchi di latte. Anziché essere ammucchiati da una parte, tali scarti passano direttamente dalla produzione alla pressa imballatrice, per poi essere inviati alla cartiera del gruppo che si occuperà del loro riciclo. <<In caso di guasto della pressa imballatrice l‘intera produzione si blocca - dice Graf, spiegando le esigenze sulla pressa imballatrice nella fase conclusiva del processo produttivo. L’affidabilità del funzionamento di una pressa imballatrice è un aspetto di fondamentale importanza per un‘azienda in cui la produzione inizia lunedì alle 6 e termina sabato alle 12. Lo smaltimento e il trattamento degli scarti deve funzionare sempre al 100%>>. Dopo 20 anni di utilizzo, le presse imballatrici presenti nel settore dei cartoni ondulati avevano ormai raggiunto la fine del loro ciclo di vita. Dato che i tempi morti aumentavano, è stato deciso di mettersi alla ricerca di un modello più recente. Diversi offerenti erano in lista e tutte le macchine sono state valutate accuratamente con un sistema a punti ed esaminate in attività dai clienti di riferimento. Due piccole presse HSM erano in uso già da tempo presso il sito di Neuburg e l‘esperienza era positiva, e questa valutazione è stata confermata durante il nuovo processo di selezione. <<HSM è risultata vincente nella fase di valutazione a punti – sostiene Graf - ma anche nell‘analisi e nelle opinioni dei propri tecnici di manutenzione. A giocare un ruolo determinante non è stato solo il prezzo, ma l‘intero pacchetto di servizi offerto>>. LIQUIDO IDRAULICO DEI MOTORI AERONAUTICI

L’istallazione di una nuova macchiHi-Tech Ambiente

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RIFIUTI

na nella sede di Neuburg non era cosa semplice. HSM non ha dovuto semplicemente trasferire la VK 7215 dalla catena di montaggio al luogo di installazione. <<La pressa imballatrice a canale di HSM è molto più grande del modello precedente - spiega Graf pertanto si è reso necessario adattarla allo spazio disponibile, prestando particolare attenzione al sistema di trasporto penumatico esistente. HSM ha dovuto adattare la macchina al centimetro in più punti, direttamente sul luogo di installazione>>. In qualità di fornitore operante nell‘industria alimentare, Smurfit Kappa ha particolari esigenze anche in termini di salute e sicurezza, oltre che di gestione del rischio. Per la pressa imballatrice di HSM tutto ciò ha significato, anziché con il consueto olio idraulico, dover lavorare con un fluido altamente infiammabile di norma utilizzato per i motori aeronautici, come esplicitamente richiesto dalla Smurfit Kappa. HSM ha effettuato una serie di modifiche rendendo così possibile l‘utilizzo di questo particolare liquido idraulico.

Il servizio post vendita è stato tale che l‘azienda bavarese ha potuto avviare la produzione mezza giornata prima del previsto, poiché HSM è riuscita a montare la pressa

imballatrice in due giorni anziché tre. HSM garantisce ai clienti una disponibilità dei componenti della macchina del 95%, anche grazie alla presenza in loco e alla fitta rete

IMPEGNO ANCHE DOPO LA MESSA IN SERVIZIO

L’ampio impiego di acciaio antiusura della massima qualità nella pressa imballatrice ha permesso di soddisfare il requisito di resistenza all‘usura, dato che il cartone ondulato è un materiale altamente abrasivo. <<L‘adattamento alla nostra linea di produzione - dice Graf - non ha comportato alcun problema, e il fornitore si è impegnato anche dopo la messa in servizio. Difatti, quando si è rivelato necessario cambiare il cavo di alimentazione, HSM è intervenuta immediatamente>>. Hi-Tech Ambiente

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di assistenza. <<Sono lieto di aver aumentato la capacità. Con la vecchia macchina si ottenevano 4 ton/ora – commenta Graf - mentre con quella attuale il valore è raddoppiato. Questa capacità non è stata ancora sfruttata quindi ci sono margini di miglioramento per lo sviluppo della sede. L‘elevata compattazione delle balle ha influito positivamente anche sui costi di energia, con conseguente risparmio economico per Smurfit Kappa. Grazie al comando dei motori mediante il controllo di frequenza di HSM, abbiamo potuto gestire l‘energia in conformità alla norma ISO-Standard 50 001. Non da ultimo, il sofisticato sistema di sicurezza di VK 7215 ha soddisfatto pienamente le nostre aspettative>>.


BIOMASSE & BIOGAS B I O M A S S A

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B I O G A S

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B I O M E TA N O

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C O G E N E R A Z I O N E

STATO DELL’ARTE E PROSPETTIVE

Energia da biomasse e biogas Colture dedicate, punti di forza e criticità, le diverse filiere bioenergetiche (consolidate e in sviluppo), potenzialità Attualmente, il consumo di energia in Italia è intorno a 170 Mtep, coperte per circa 1/3 ciascuno da gas naturale e idrocarburi liquidi. Il rimanente terzo si suddivide tra le energie rinnovabili (circa il 20% del consumo totale, tra le quali sono incluse le bioenergie) ed i combustibili solidi (8%), mentre il rimanente 5% è coperto dalle importazioni. Ad oggi, il contributo delle bioenergie (cioè somma di biomasse e biogas) alla fornitura di energia da fonti rinnovabili è intorno all’11%, con una netta differenziazione tra energia elettrica ed energia termica: nella produzione elettrica il contributo delle biomasse è minoritario (poco più del 13% sul totale delle energie rinnovabili, e appena il 4,4% della produzione totale); mentre nel settore termico è preponderante, superando il 60% sul totale delle energie rinnovabili. LA BIOENERGIA NEL PROSSIMO FUTURO

In attuazione della direttiva 2009/28/CE, che fissa obiettivi vincolanti per lo sviluppo delle energie rinnovabili, è stato elaborato nel 2010 il PAN (Piano di Azione Nazionale per le energie rinnovabili), successivamente in parte rivisto dalla Strategia Energetica Nazionale (SEN), approvata con decreto interministeriale nella primavera del 2013. La SEN fissa il contributo delle FER al 20%, specificando che la copertura dovrà essere: Hi-Tech Ambiente

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- il 35-38% dei consumi finali nel settore elettrico, cioè circa 120130 TWh/anno (10-11 Mtep). La produzione di elettricità da FER dovrà quindi diventare la prima componente, alla pari con il gas, nel mix di generazione elettrica in Italia - il 20% dei consumi finali nel settore termico, pari a circa 11 Mtep/anno, puntando soprattutto sulla produzione di energia termica mediante caldaie a biomasse - il 10% dei consumi finali nel settore trasporti (circa 2,5 Mtep/anno), puntando però soprattutto sui biocarburanti di “seconda generazione”. Parallelamente all’aumento degli obiettivi relativi alle FER dovrà aumentare il contributo delle bioenergie, che verrà realizzato nell’ambito di due diversi sistemi: - recuperando materia prima vegetale (o comunque di natura organica) dalla manutenzione forestale, dai residui agricoli, dagli scarti dell’industria del legno, dall’industria agroalimentare, dai reflui e rifiuti zootecnici, e dalla frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU) - producendo materia prima vegetale con apposite coltivazioni energetiche. La produzione nazionale di biomasse residue da attività agricole e forestali è intorno a 30 milioni di ton/anno, corrispondenti a 10 Mtep. Esistono ampi spazi per aumentare questa produzione, se si considera ad esempio che per produrre i pellets per riscalda-


BIOMASSE & BIOGAS

mento (dei quali l’Italia è il primo consumatore in Europa) importiamo l’80% della materia prima utilizzata. Andrà inoltre privilegiata, ove tecnicamente possibile, la produzione di biometano da destinare ai trasporti, sostituendo i carburanti fossili di importazione. Il contributo delle colture dedicate a produzione energetiche è ancora minoritario, in quanto oggi queste colture non superano l’1% della superficie agricola utilizzata (SAU), corrispondenti a circa 150.000 ettari. Senza competere con i terreni destinati a colture

per uso alimentare, ma puntando sui terreni a riposo o a rischio di marginalizzazione, sarebbe possibile dedicare alle colture energetiche fino a un milione di ettari; con sensibili benefici ambientali relativamente alla protezione dei suoli dall’erosione, alla prevenzione del dissesto idrogeologico ed alla conservazione delle risorse idriche. Questa previsione è addirittura “prudente”, se si considera che tra il 1971 e il 2010 la SAU si è ridotta di 5 milioni di ettari, soprattutto a causa dell’abbandono di terreni considerati scarsamente redditizi.

PUNTI DI FORZA E CRITICITA’ DELLE FILIERE BIOENERGETICHE

Il Piano di Settore per le Bioenergie, pubblicato nel luglio 2014 dal Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (MIPAAF) contiene una “Analisi SWOT” (Strenght, Weakness, Opportunity, Threats) delle diverse filiere bioenergetiche: biomasse solide, biogas e biometano, biocarburanti e bioliquidi, comprendendo anche la “chimica verde”. Le conclusioni di questa analisi si possono così riassumere:

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Biomasse solide I punti di forza sono l’ampia disponibilità di materia prima, le tecnologie mature e affidabili ed una normativa tecnica che copre adeguatamente tutte le tipologie (legna, cippato, bricchette e pellets). I punti di debolezza sono i bassi rendimenti di conversione in energia elettrica, particolarmente per gli impianti di piccola taglia, e alcune incertezze normative circa la distinzione tra sottoprodotti e rifiuti. Le minacce sono soprattutto l’opposizione poContinua a pag. 60


BIOMASSE & BIOGAS Continua da pag. 59

Energia da biomasse e biogas polare alla creazione di nuovi impianti e la mancanza di una normativa univoca a livello nazionale per il trattamento delle ceneri. L'opposizione verso i nuovi impianti si esplica soprattutto nei confronti delle centrali elettriche a biomasse; in alcune aree montane l’uso di biomasse legnose per il riscaldamento collettivo mediante teleriscaldamento è stata bene accolta ed ha dimostrato concreti vantaggi dal punto di vista ambientale, in quanto ha sostituito un gran numero di stufe e caminetti domestici, poco efficienti e del tutto privi di sistemi di filtraggio dei fumi. Il legname ed il pellet sono prevalentemente usati in stufe e altre apparecchiature di riscaldamento domestico, mentre il cippato viene prevalentemente impiegato in impianti di tipo industriale, per la produzione di energia elettrica o per la cogenerazione di elettricità e calore. Biogas e biometano Anche per il biogas le tecnologie sono consolidate e affidabili, compresi gli impianti di piccole dimensioni, con una forte presenza dell’industria nazionale; il principale punto di debolezza (che si spera verrà risolto a breve) è il mancato completamento del quadro normativo per l’im-

missione del biometano in rete. Tra le minacce citiamo la possibile competizione con la produzione di alimenti e mangimi dovuto ad un ricorso eccessivo a colture dedicate, con conseguente aumento generalizzato del prezzo dei prodotti agricoli; tuttavia, basterebbe utilizzare metà dei terreni agricoli attualmente non coltivati per produrre entro il 2030 ben 8 mld di Nmc/anno di biometano, equivalenti a tutta la attuale produzione italiana di gas naturale, con un risparmio di 5 mld di euro/anno. Biocarburanti e bioliquidi Rientrano in questo gruppo gli oli vegetali usati direttamente per la produzione di energia e per la successiva trasformazione in bio-

diesel, ed il bioetanolo per miscelazione con la benzina o per conversione in ETBE. Il principale punto di forza è la possibilità di ottenere riduzioni immediate nel consumo di combustibili fossili nel settore trasporti, mediante tecnologie sperimentate e materie prime agricole provenienti da colture ampiamente diffuse. La normativa tecnica è ben definita, ma la disciplina fiscale è complessa, specie per quanto riguarda l’impiego di biocarburanti autoprodotti. Il limite principale, per quanto riguarda i biocarburanti di “prima generazione”, è la necessità di notevoli estensioni di terreno e la conseguente competizione con le produzioni alimentari; per i bio-

carburanti di “seconda generazione” (prodotti cioè a partire da scarti agro-industriali e non da colture dedicate), le tecnologie sono ancora in evoluzione e attualmente sono tecnicamente attuabili ed economicamente convenienti solo in impianti di grandi dimensioni. Il D.M. 10/10/2014 prevede una quota obbligatoria di “biocarburanti avanzati”, che dovrebbe essere dell’1,6% al 2020; se non ci saranno rinvii, questo potrebbe essere un importante elemento per la crescita del settore. Chimica verde Si tratta di un’area ancora in fase di crescita, dove il principale vantaggio è la positiva accoglienza del pubblico verso l’uso di prodotti o componenti che derivano da materie prime rinnovabili. Tuttavia, i consumatori sono spesso disorientati dalla mancanza di una normativa che definisca quando un bioprodotto può realmente qualificarsi come ambientalmente sostenibile; inoltre, attualmente, manca una politica per lo sviluppo di questo settore, sia a livello nazionale (definizione di strategie di sviluppo e incentivi coerenti con le regole UE) che regionale (incentivazione di modelli produttivi legati alle specificità dei territori). BIOCARBURANTI IN FASE DI SVILUPPO

Il gruppo di lavoro “Ricerche, Sviluppo e Indagini Statistiche” operante entro i “Tavolo di Filiera per le Bioenergie” e composto da tecnici dell’industria e dell’università, rappresentanti del Ministero dell’Ambiente e delle Regioni, ed esponenti di sindacati ed associazioni ambientaliste, ha pubblicato recentemente un rapporto dal titolo “Stato dell’Arte e Gap di Conoscenza”, che analizza i vari aspetti delle diverse filiere agroenergetiche e le loro potenzialità di sviluppo. La parte finale di questo rapporto è dedicata alle “Nuove filiere agroenergetiche”, tra le quali sono citati bioetanolo, biobutanolo, bioidrogeno e biodiesel da SCO (Single Cell Oil, in pratica microalghe e altri microrganismi). Bioetanolo di “seconda generazione” Come già accennato, la produzio-

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PUBBLIREDAZIONALE Pad. D3 Stand 74

Due gioielli siglati CC

La pompa monovite CavityComfort si evolve e dà vita a due nuove unità di alimentazione per biodigestori Da quando sono nati gli impianti di biogas, Vogelsang è stata in prima linea per renderli più efficienti, funzionali, economicamente sostenibili. L’ha fatto innanzitutto attraverso le sue pompe a lobi rotativi, le uniche in grado di movimentare senza difficoltà fluidi densi e contenenti anche oggetti solidi di grosse dimensioni, grazie al principio volumetrico e al potere autoadescante, che rende possibile pescare le materie prime da vasche interrate. In seguito, gli ingegneri Vogelsang hanno messo a punto una serie di dispositivi indispensabili per la gestione dei cofermenti: trituratori come il RotaCut, disintegratori elettrocinetici come BioCrack, fino ad arrivare agli ultimi nati, CC-Mix e PreMix, innovativi sistemi di alimentazione liquida, settore in cui Vogelsang è da sempre pioniera. Queste nuove macchine semplificano ulteriormente le operazioni preliminari alla digestione anaerobica. La prima, CC-Mix, è stata concepita per i materiali agricoli tradizionali quali trinciati e letame, la seconda per i substrati con paglia lunga e i materiali più ostici, quali gli scarti industriali e la Forsu. CC-MIX MISCELA E POMPA

CC-Mix rappresenta l'evoluzione del pluri-collaudato sistema QuickMix. È in grado di garantire la medesima efficienza di miscelazione solido-liquido, separare i corpi estranei e pompare substrati perfettamente miscelati e omogeneizzati al digestore, ricircolando il fluido presente nel medesimo. Alla base del CC-Mix c’è la CavityComfort, la nuova pompa Vogelsang in grado di ridurre notevolmente l’usura e di conseguenza il fabbisogno di manutenzione.

L’unicità rispetto ai principali concorrenti è la particolare attenzione che Vogelsang pone nella ricerca e sviluppo di sistemi in grado non solo di pompare, ma soprattutto di miscelare intimamente i substrati solidi con quelli liquidi e contemporaneamente separare i corpi estranei quali sassi e pezzi di ferro, che altrimenti causerebbero danni alle apparecchiature a valle. L’elemento vincente di Vogelsang è l'attento studio della miscelazione: la componente liquida (che siano reflui zootecnici o digestato ricircolato) entra nel mixer nella sua sezione iniziale, in modo da avere tutto il tempo di mescolarsi con i materiali solidi. Così facendo, la pompa CC riceve materiale a composizione omogenea e la sua azione di pompaggio risulta fluida, continua e più agevole rispetto ai sistemi concorrenti, incentrati sul pompaggio piuttosto che sulla miscelazione e separazione dei corpi

estranei. Il CC-Mix è in grado di alimentare l’impianto con substrati di origine agricola, inclusi i letami con fibre di lunghezza massima 100 mm. Per fibre di lunghezza superiore e materiali gravosi, quali Forsu e scarti alimentari, si opta invece per il sistema PreMix. PREMIX MISCELA, POMPA E TRITURA

Dopo una prima fase pionieristica, oggi gli impianti di biogas si devono adattare a esigenze sempre più personalizzate. Questo significa, tra l'altro, gestire un vasto assortimento di materiali in ingresso, tra cui sottoprodotti contenenti fibre lunghe, Forsu, scarti alimentari e materiali tenaci. In questi casi, all'azione di pompaggio deve affiancarsene anche una di triturazione molto efficiente. Per questo scopo Vogelsang ha sviluppato il sistema PreMix, che

VOGELSANG ITALIA SRL Via Bertolino, 9a - 26025 Pandino (CR) Tel 0373.970699 - Fax 0373.91087 E-mail info@vogelsang-srl.it - www.vogelsang-srl.it

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unisce la pompa monovite della serie CC a un trituratore RotaCut RCX. Una combinazione intelligente che consente di assolvere a quattro fasi di lavoro attraverso una sola unità compatta e di ingombro ridotto. Che si tratti di scarti organici, Forsu, paglia o altre materie prime rinnovabili, PreMix miscela i cofermenti con la componente liquida, elimina i corpi estranei, tritura i materiali fibrosi e grossolani, e convoglia nel digestore una sospensione organica e uniforme. In sintesi, pertanto, PreMix trasforma i cofermenti in una biosospensione ben miscelata ed omogenea, separa corpi pesanti e tritura i materiali grossolani e le fibre prima del pompaggio. Può, inoltre, alimentare più digestori ed è di semplice installazione grazie alle sue dimensioni compatte. LA POMPA CC

CC-Mix e PreMix montano la pompa serie CavityComfort, che sfrutta il principio della vite senza fine per trasferire facilmente e senza intoppi anche materiali molto grandi e in ridotta presenza di liquidi. Lo fa, in ogni caso, rispettando tutti i principi delle apparecchiature Vogelsang, a cominciare dalla semplicità di manutenzione, garantita dalla possibilità di estrarre facilmente rotore e statore senza staccare la pompa dalle condutture. Tutti i sistemi Vogelsang, dal più elementare al più complesso, adottano infatti il principio del QuickService, che riduce fortemente i tempi di intervento per sostituzione delle parti, permettendo di minimizzare il fermo macchina e riprendere rapidamente il lavoro. Un aspetto che rende i dispositivi Vogelsang imbattibili per numero di ore lavorate e ridotti costi operativi.


BIOMASSE & BIOGAS PAGLIA, ALGHE E SCARTI AGROINDUSTRIALI

La bioenergia oggi Le più recenti innovazioni tecnologiche sviluppate nei centri di ricerca dell’Enea in Italia L’energia prodotta dalle biomasse, siano esse rappresentate da paglia, microalghe o scarti agroindustriali, è oggetto di numerosi e continui studi. In questo settore, infatti, ricerca e innovazione permettono di ridurre i costi e dimezzare i tempi di produzione del biogas, abbattere gli inquinanti e incrementare le rese energetiche. Molto attiva su questo fronte è l’Enea, e tra le più recenti innovazioni tecnologiche sviluppate nei propri laboratori vi rientrano senza dubbio: la produzione di elettricità da biomasse per sviluppare nuovi processi, al fine di ottenere biocombustibili gassosi a più alto valore energetico; le caldaie a sali fusi ed a cicli termodinamici non convenzionali per incrementare le rese energetiche; i nuovi dispositivi per ridurre le emissioni prodotte dalla combustione delle biomasse. Per quanto riguarda i biocombustibili gassosi, i ricercatori dell’Enea hanno realizzato un impianto pilota alimentato a scotta, uno scarto delle industrie casearie, che consente di dimezzare i tempi di produzione del biogas e aumentare del 35% la resa energetica complessiva. Tutto ciò grazie ad un processo di digestione anaerobica a “doppio stadio”, con un primo reattore nel quale avviene la degradazione delle biomasse, ed un secondo, in cui si produce biogas. Risultati molto promettenti sono stati ottenuti utilizzando funghi ruminali, assieme ai microrganismi responsabili della fermentazione anaerobica, per produrre biogas da paglia, ricca di cellulosa, con rese in metano aumentate fino al 68% rispetto a quanto prodotto da un processo convenzionale. Non solo. Per incrementare la produzione di biogas e, allo stesso tempo, ridurre i costi di produzio-

Centro Enea di Trisaia

ne della biomassa, sono state sfruttate le potenzialità fertilizzanti del digestato, un sottoprodotto della digestione anaerobica, per far crescere colture di microalghe da utilizzarsi per ottenere nuovo biogas dopo il riciclo dei nutrienti. La ricerca, dunque, sta portando a nuovi sistemi per la valorizzazione energetica di una più ampia varietà di biomasse, in grado di migliorare l’efficienza di conversione in biogas di alghe, scarti lignocellulosici e specie vegetali coltivabili in terreni marginali e utilizzabili per la cogenerazione di elettricità e calore in sistemi decentralizzati di piccola-media taglia o per l’immissione come biometano

nella rete di distribuzione del gas, dopo un trattamento di pulizia e purificazione del gas. Nell’ambito della Ricerca di Sistema Elettrico, l’Enea sta infatti conducendo numerose attività di ricerca e sviluppo sulle tecnologie per la clean-up e l’upgrading del biogas e del syngas, con l’obiettivo di arrivare alla loro validazione in impianti pilota su cui testare processi, materiali e componenti innovativi. Le attività dei ricercatori si sono rivolte anche verso la rimozione dei contaminanti, come ad esempio l’idrogeno solforato (H2S), in modo da ottenere un biocombustibile gassoso, costituito da metano praticamente puro (97-99%). Sono stati studiati e sperimentati sistemi di pulizia di tipo sia chimico-fisico, sia biologico, arrivando anche all’abbattimento totale dell’H2S, per un biogas con contenuto di inquinante intorno a 400 ppm. Per quel che riguarda invece l’up-

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grading, ovvero la trasformazione del biogas in biometano, l’attenzione è stata rivolta sia ai processi basati sull’assorbimento della CO2 in soluzioni di ammine in fase organica, che limitano la corrosione degli impianti e i consumi di energia rispetto a quelli attualmente in uso, sia a quelli basati sulla formazione/dissociazione selettiva di gas idrati che consentono di arrivare ad una miscela con un contenuto in metano pari all’80% in un solo passaggio. Nel Centro Enea di Trisaia è stato invece studiato e sperimentato su un impianto pilota un processo per la conversione in metano (bioSNG) del syngas ottenuto dalla gassificazione di biomasse lignocellulosiche, basato sull’azione combinata di sorbenti per la cattura della CO2. Sul fronte della lotta all’inquinamento, presso il Centro Enea di Saluggia, sono stati effettuati test sperimentali per la riduzione delle emissioni di inquinanti dagli impianti di combustione delle biomasse. Grazie allo sviluppo di filtri ceramici innovativi di tipo “wall-flow” in carburo di silicio, attivati con un catalizzatore a base di ferrite di rame, i test hanno dimostrato elevate efficienze (> 92%) di abbattimento del particolato fine nei fumi di combustione di caldaie alimentate a biomasse legnose. I filtri sono poi rigenerati a intervalli prestabiliti mediante un dispositivo a microonde che, operando direttamente sul filtro, consente di ridurre i tempi necessari per la rigenerazione e i relativi consumi di energia.

REPERTORIO dell’Ambiente il “chi fa cosa” delle ecotecnologie

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BIOMASSE & BIOGAS Continua da pag. 60

Energia da biomasse e biogas ne di bioetanolo a costi competitivi partendo da biomasse cellulosiche residuali non è ancora un processo completamente definito su scala industriale. Sono necessari pretrattamenti chimico-fisici o enzimatici per scindere cellulosa, emicellulosa e lignina in zuccheri semplici, senza generare sottoprodotti che ostacolino la successiva fase di fermentazione; inoltre, alcuni degli zuccheri ottenuti per idrolisi non sono fermentabili da parte dei normali lieviti ed occorre ricorrere a ceppi geneticamente modificati o a lieviti non convenzionali, che al momento hanno rese molto basse. Biobutanolo Il biobutanolo può essere prodotto mediante fermentazione acetonbutilica di residui zuccherini; il processo è noto da tempo, ma era stato abbandonato per il costo più elevato rispetto alla produzione del butanolo per via petrolchimica. Recentemente, le favorevoli caratteristiche del biobutanolo (può essere miscelato con la ben-

zina fino al 16% senza modifiche ai motori, ed essendo poco solubile in acqua può essere trasportato negli stessi serbatoi e condutture usate per i derivati del petrolio) hanno stimolato un nuovo interesse per la produzione di questo alcole mediante fermentazione diretta della cellulosa. Bioidrogeno La produzione di bioidrogeno

può essere ottenuta per fermentazione delle stesse matrici usate per il biogas, impiegando specie batteriche appartenenti ai generi Enterobacter e Clostridium. Contemporaneamente all’idrogeno vengono prodotti acidi grassi volatili, che possono successivamente essere usati per produrre biogas con il processo tradizionale. Il processo è noto, ma richiede

ancora un lavoro di messa a punto delle condizioni ottimali per essere conveniente dal punto di vista industriale. Biodiesel da SCO Negli anni ’80-’90 del secolo scorso il Dipartimento per l’Energia Usa condusse una serie di esperimenti per valutare la convenienza della produzione di biodiesel partendo da microalghe fatte crescere in appositi fotobioreattori, nei quali veniva immessa CO2. I risultati sembravano molto incoraggianti: è risultato possibile ottenere una produzione di 180 ton/anno di biomassa algale per ogni ettaro di biosuperficie, con una resa in olio del 30-40%. Oltre alle microalghe, anche altri microrganismi (come batteri, lieviti e funghi) possono accumulare nelle loro cellule sostanze oleose trasformabili in biodiesel. Nonostante a questa siano seguite molte altre ricerche, ci sono ancora vari aspetti da mettere a punto per ottenere processi validi su scala industriale, soprattutto per quanto riguarda il miglioramento delle rese nelle fasi di recupero delle biomasse e di estrazione della frazione lipidica.

PUBBLIREDAZIONALE La nuova pompa miscelatrice Nemo B.Max di Netzsch Pompe & Sistemi è in grado di trasferire verso uno o più fermentatori substrati solidi e liquidi, ed è possibile riempire l’impianto di biogas anche attraverso un sistema di lunghe tubazioni su diversi livelli. Questa pompa è particolarmente adatta per i seguenti materiali: materiali non trattati, fermentati, rinnovabili, rifiuti biodegradabili spezzettati grossolanamente, avanzi di cibo, cosubstrati, insilato di piante, insilato di grano, letame, escrementi secchi di pollo, concime liquido. I vantaggi derivanti da suo utilizzo sono evidenti anche in riferimento alle portate fino a 70 mc/h, pressioni fino a 48 bar, flusso continuo a bassa pulsazione (indipendentemente dalla pressione e viscosità) e lungo ciclo di vita grazie al basso livello di usura e rottura. Un’elevata produzione di gas e

SUBSTRATI SOLIDI E LIQUIDI

L’evoluzione di Nemo B.Max

NETZSCH POMPE E SISTEMI SRL Via Fleming, 17 - 37135 Verona Tel 045.8200755 - Fax 045.8200807 E-mail info.npi@netzsch.com - www.netzsch.it Hi-Tech Ambiente

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basso investimento di costi di manutenzione è possibile: grazie alla biologia più stabile del fermentatore; un più veloce sviluppo dei substrati, che con l’aiuto del ricircolo è ridotto in poltiglia e instillato con batteri attivi direttamente nella pompa; minor volume necessario nel fermentatore; riempimento flessibile di vari fermentatori. Nemo B.Max garantisce, inoltre, bassi livelli di emissione di rumore, grazie ad una costruzione attenta ai dettagli e alle necessità del cliente, ed un grande risparmio energetico, grazie ad un ristretto tempo operativo nel mescolamento e all’eliminazione della fossa di premiscelazione. Netzsch Pompe & Sistemi è certa che per l’evoluzione di un impianto esistente o per una nuova installazione il riempimento di biomasse con la pompa Nemo B.Max sia il sistema di caricamento del futuro.


BIOMASSE & BIOGAS EFFICIENZA, RESA, COSTI

Cogenerazione: errori da evitare Interessanti i risultati di uno studio su decine di casi reali in tutti i settori applicativi Quali sono i fattori chiave di successo e, soprattutto, gli errori da evitare nella costruzione e nella gestione di un impianto di cogenerazione, dalla progettazione alla conduzione, per garantire il ritorno economico nell’entità e nei tempi previsti? Secondo i risultati di una ricerca condotta Intergen su decine di casi reali, nei settori industriali, civili e agricolo-zootecnici, tali errori sono principalmente otto, ed ognuno di essi ha effetti sull’efficienza del sistema, sul livello di produzione di energia e sui costi di gestione. Il loro impatto si combina in modo diverso sulle diverse tipologie d’impianto, col risultato comune di un allungamento dei tempi di ritorno dell’investimento. Un fattore in molti casi determinante nell’avviare la catena causale che porta a commettere errori pericolosi è un corrispettivo economico iniziale non commisurato alle caratteristiche che l’impianto deve avere secondo le regole dell’arte. La sotto-quotazione può avvenire per aggressività commerciale del fornitore o per pressione del compratore, che a volte non tiene in dovuta considerazione i fattori critici specifici connessi alla realizzazione di un impianto di cogenerazione. Un elemento negativo, che è possibile identificare nella fase di progetto, è il sottodimensionamento degli scambiatori di calore a seguito del quale si registra la perdita di circa il 3% dell’energia prodotta. In alcuni casi è stato riscontrato il sovradimensionamento del motore a combustione interna, nell’ipotesi, poi rivelatasi errata, di una crescita della richiesta elettrica o termica. Un simile errore di valutazione può determinare il crollo del 15% del rendimento previsto totale atteso. Passando alla fase realizzativa, la scelta di componenti impiantistici

non idonei può portare all’aumento del 10% degli oneri di gestione e manutenzione, qualora detti componenti si guastino precocemente e vengano rimpiazzati con prodotti analoghi, senza alcuno studio correttivo di ingegneria. Nel caso in cui la scelta di un componente venga effettuata soltanto in base al suo prezzo, senza che siano state valutate adeguatamente anche le sue caratteristiche tecniche e la sua qualità, la disponibilità dell’impianto può drasticamente precipitare di parecchi punti percentuali (stimati nella media della presente analisi pari al 6%) invalidando lo studio di redditività eseguito in fase di progetto.

La seconda parte della ricognizione sugli errori da evitare ha riguardato la conduzione dell’impianto. La cattiva impostazione di questa fase, può derivare da atteggiamenti che si trovano agli antipodi: da una parte la scelta di affidarsi totalmente a terzi, nella convinzione che l’impianto tecnologico sia troppo complesso da condurre con le maestranze proprie, che equivale ad oneri aggiuntivi ed imprevisti; dall’altro il fai da te portato all’esasperazione, che spesso coincide con l’errata valutazione da parte della proprietà, che l’impianto possa essere affidabile anche se nessuno se ne occupi. Nella media, la cattiva conduzione di un impianto

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comporta di per sé un 5% di perdita nella disponibilità potenziale, che si aggiunge a quella dovuta ad altre cause. Nel concreto, un impianto di cogenerazione è un sistema complesso e delicato, che riesce ad essere produttivo ed efficiente se la sua conduzione viene affidata a personale preparato e responsabile e la sua manutenzione a ditte specializzate. Tutti i componenti principali devono essere assistiti da chi ha le competenze per poterlo fare. Ad esempio, se si sceglie di affidare la manutenzione del motore a combustione interna (che è il componente principale dal quale dipendono tutti gli altri) al dealer ufficiale, difficilmente si commettono errori grossolani. In buona sostanza, la combinazione degli errori sopra riportati può portare ad una riduzione della disponibilità dell’impianto dal 98% teorica al 70% effettiva, del rendimento dall’86% al 62% e quasi al raddoppio dei tempi di break-even, dai due anni previsti a 3,6. E’ chiaro che un simile scostamento provoca uno sconvolgimento di qualunque piano economico e può avere effetti a cascata, per esempio sul piano degli oneri finanziari. Gli otto errori da evitare hanno diverse modalità di cura preventiva. Alcuni, in fase di progettazione e realizzazione, si risolvono affidandosi a fornitori di qualità, con provata esperienza e di dimensioni tali da affrontare con tranquillità anche gli incarichi più complessi. Una volta commessi, però, non si possono recuperare. La manutenzione di un impianto se effettuata correttamente può fare la differenza Questo si traduce nella garanzia della continuità di rendimento da collaudo e nell’affidabilità dei singoli componenti dell’impianto per tutta la loro vita utile.


PUBBLIREDAZIONALE

TECNOLOGIA BURKHARDT

La centrale a biomasse Grazie ad un impianto innovativo di gassificazione e di cogenerazione è stato ottenuto un sistema a biomasse per la produzione di energia elettrica e calore molto performante La tecnologia di gassificazione di biomasse legnose ha incontrato grande diffusione soprattutto nel dopoguerra, quando la mancanza di carburante ha costretto a cercare nuove soluzioni per garantire la mobilità. La gassificazione del legno era, tuttavia, accompagnata da un grande svantaggio: lo sviluppo di fuliggine e catrame nel processo di pirolisi. Per i motori dell'epoca ciò non rappresentava un problema, ma gli attuali motori ad alte prestazioni, come quelli utilizzati anche nei moderni impianti di cogenerazione, non ammettono sottoprodotti di tale tipo. Nel 2010, dopo cinque anni di intense ricerche in questo campo, il team di ricerca e sviluppo Burkhardt è però giunto a una svolta. Sono stati necessari l'affermarsi di un nuovo processo di gassificazione e l'impiego del pellet come combustibile certificato (secondo DIN EN plus A1) per conferire all'intero sistema l'impulso necessario per un cambiamento decisivo. Il gassificatore messo a punto dall’azienda tedesca trasforma il carburante, cioè il pellet, in gas di legno da impiegare in motori a combustione interna cogenerativi. Modificando tali motori alimentati a olio vegetale in motori alimentati a gas di legno i tecnici della Burkhardt sono riusciti a dare vita a un impianto di generazione di elettricità e calore altamente performante. Grazie a diversi componenti, come un filtro e un sistema di raffredamento per il gas, otte-

Burkhardt V 3.90

VERDENERGIA Srl Via D'Annunzio, 2 - 16121 Genova Tel 010.545891 - Fax 010.566071 - www.verdenergia-gan.it E-mail commerciale.ve@autogasnord.it

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niamo un gas povero puro che può essere combusto senza problemi dai motori Man, ottimizzati proprio a tale scopo. I valori di qualità del gas sono soggetti a un monitoraggio continuo mediante un apposito sistema di analisi in linea. I valori del gas e altri valori, come temperature e pressioni, possono essere visualizzati per mezzo di un monitoraggio intelligente che offre, addirittura, la possibilità di scaricarli via internet tramite il controllo da remoto. Il gassificatore a pellet di legno Burkhardt (distribuito in Italia dalla ditta Verdenergia del Gruppo Autogas Nord), unitamente alla centrale di cogenerazione Eco 180 HG, è attualmente in esercizio in oltre 100 stabilimenti in Germania ed in Italia. Il 100° gassificatore è stato consegnato nel luglio 2013. Nel complesso, l’impianto vanta ormai un'esperienza di oltre 1.000.000 ore di esercizio. Con un grado di efficienza elettrica del 30% l’impianto di cogenerazione della Burkhardt non è superiore soltanto a procedure comparabili di gassificazione di biomassa legnosa, ma anche a processi termodinamici come l'ORC. Le caratteristiche tecniche del gassificatore a legna Burkhardt V 3.90 possono essere così riassunte: potenza elettrica 180 kW, potenza termica 270 kW, consumo di pellet 110 kg/h, consumo di gasolio circa 2 l/h, efficienza elettrica dell'impianto oltre il 30%, efficienza totale circa 75%.


BIOMASSE & BIOGAS BIOGAS E AUTO ELETTRICHE

La ricarica 100% eco per il rifornimento dei veicoli elettrici - spiega Cesare Fera, presidente del Gruppo Fabbrica Energie Rinnovabili Alternative - è garanzia di mobilità a impatto zero. È il rifornimento che ciascun utilizzatore di veicoli elettrici vorrebbe avere facilmente a disposizione, perché ha già fatto una scelta d'acquisto i-

spirata alla sostenibilità ed è molto attento agli impatti reali del suo veicolo sull'ambiente>>. La colonnina ha una potenza di 22 kW e ha due prese tipo 2 - Mennekes. È compatibile con tutte le auto elettriche (BMW, Nissan, Renault), è rapida e facile da usare, perché la tessera è a disposizione

E’ ubicata in Sardegna, esattamente a Decimoputzu (CA), la prima stazione di ricarica dei veicoli elettrici che impiega l'energia prodotta da una centrale a biogas. Tale impianto, da 1 MW e che produce 8.000 MWh/anno di energia elettrica, è di proprietà della Società Agricola Agrifera (Gruppo Fera), che fornisce la biomassa necessaria alla produzione di biogas. La colonnina di ricarica, installata nei pressi dell'impianto, è ad accesso pubblico ed a disposizione 24 ore al giorno, sette giorni alla settimana. <<Utilizzare energia rinnovabile

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degli utilizzatori sulla colonnina. Nel tempo di attesa, è possibile richiedere al personale della centrale di vistare l'impianto, al cui interno è stato allestito un percorso didattico dedicato al ciclo e alla tecnologia del biogas. <<Il biogas viene prodotto con un ciclo di approvvigionamento e trasformazione virtuoso sotto tutti i punti di vista - aggiunge Fera – è un ciclo completamente integrato nel tessuto agricolo del territorio e porta, con procedimenti completamente naturali, alla produzione di energia elettrica e termica prive di impatto sull'ambiente. Non solo, dalla produzione del biogas residuano sostanze altamente nutritive riapplicabili, con la concimazione, in agricoltura riducendo o addirittura eliminando le concimazioni con prodotti chimici di sintesi>>.


BIOMASSE & BIOGAS Un team di ricercatori degli Argonne National Laboratory (ANL) ha recentemente messo a punto un bioreattore portatile in grado di convertire rifiuti di diverso tipo in un carburante ecologico che può essere immesso direttamente nei serbatoi dei veicoli e dei generatori diesel. La produzione di biocarburante dai rifiuti non è certo una novità: già da anni sono in funzione speciali impianti per la produzione di biogas (processo di pirolisi e gasificazione). Il bioreattore degli ANL produce, invece, un combustibile liquido pronto all’uso, che può essere utilizzato senza problemi sia da solo sia insieme al diesel tradizionale, senza bisogno di apportare alcuna modifica ai motori. L’Endurance Bioenergy Reactor, questo il nome del bioreattore, può digerire scarti di legno, rifiuti alimentari, erba, fogliame, liquami di fogna e trasformarli in fitolo, un alcool con caratteristiche fisiche e chimiche molto simili a quelle del normale gasolio e dunque del biodiesel. Il segreto di questo processo è una famiglia di batteri fotosinteti-

ENDURANCE BIOENERGY REACTOR

Da rifiuti a biodiesel ci realizzati in laboratorio che si nutrono di rifiuti organici e producono, come scarto, il prezioso combustibile. Il progetto è frutto di una collaborazione tra gli Argonne National Laboratories e la US Air Force, che è molto interessata a tro-

vare una soluzione pratica per rendere le truppe, dislocate in zone rischiose, il più possibile indipendenti dai rifornimenti di carburante. I batteri “progettati” dagli scienziati, inoltre, sono molto resistenti: una volta disidratati per conge-

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lamento possono essere spediti in tutto il mondo e sono già pronti all’uso. Una volta immessi nella vasca di fermentazione e grazie all’energia assorbita dalla luce danno luogo alla loro preziosa digestione. La tecnologia sembra promettente anche per utilizzi civili, soprattutto nelle zone colpite da catastrofi naturali: un bel cumulo di immondizia e qualche bioreattore potrebbero dare, nel giro di poche ore, corrente elettrica, acqua calda, luce e riscaldamento a un ospedale da campo o a un rifugio d’emergenza. Secondo gli scienziati un singolo bioreattore potrebbe essere operativo in 2-4 giorni dopo la sua installazione e dal quel momento sarebbe in grado di produrre 100200 litri di fitolo al giorno.


MACCHINE & STRUMENTAZIONE CAMPIONAMENTO, TRASPORTO E ANALISI

Il “soil gas” in siti contaminati Linee Guida dall’Arpa Emilia-Romagna per definire le corrette modalità operative Una delle conseguenze della contaminazione del terreno e/o delle acque sotterranee è la migrazione di sostanze volatili pericolose o nocive verso la superficie. Questo processo, denominato “vapor intrusion”, comporta significativi rischi per uomo e ambiente. Per la determinazione quantitativa di questi rischi, e le decisioni sugli interventi di bonifica da effettuare, si utilizzano modelli matematici complessi, che richiedono sempre una verifica sperimentale mediante misure di concentrazione dei gas nel suolo e nell’aria sovrastante; queste misure sono necessarie anche per valutare l’estensione di un sito potenzialmente contaminato e per valutare l’efficacia delle azioni di bonifica. Tuttavia, attualmente, nonostante siano stati prodotti diversi documenti tecnici, mancano valori limite di concentrazione del suolo cui fare riferimento, e non vi sono metodi standardizzati per la misurazione e la gestione dei dati ottenuti. Lo scopo del documento “Linea Guida Operativa per campionamento, trasporto e analisi dei gas interstiziali nei siti contaminati”, recentemente pubblicato dall’Arpa Emilia-Romagna, è di fornire elementi tecnici di riferimento per: - definire correttamente un sistema controllato per la captazione dei gas interstiziali (soil gas”) - definire le modalità corrette per il campionamento, il trasporto e la conservazione dei campioni - definire le metodiche analitiche e la strumentazione di laboratorio necessaria - stabilire un metodo per valutare i dati analitici e utilizzarli per la valutazione della contaminazione.

e per assetto geologico e idrogeologico. CAMPIONAMENTO MEDIANTE SONDE

dizioni meteorologiche, e in particolare evitando di effettuare campionamenti durante o subito dopo la pioggia, in giornate di pressione atmosferica tendente all’aumento, in presenza di neve o subito dopo lo scioglimento, con temperature inferiori a 0 °C e in giornate di forte vento. Per caratterizzare un sito potenzialmente contaminato si esegue innanzitutto uno screening qualitativo iniziale del soil gas, utilizzando strumenti da campo in grado di fornire risposte immediate (an-

che se meno precise). Questa fase ha lo scopo di determinare l’estensione della contaminazione e l’eventuale presenza di punti di massima (“hot spots”). Le informazioni ottenute in questa fase vengono combinate con quelle derivanti dalle verifiche geologiche e idrogeologiche, allo scopo di definire il numero e la localizzazione dei punti di campionamento: questo dovrà essere effettuato suddividendo la superficie da indagare in aree omogenee per presunta contaminazione

IL CAMPIONAMENTO DEL “SOIL GAS”

Va anzitutto premesso che il campionamento del soil gas deve essere condotto tenendo conto delle conHi-Tech Ambiente

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Le sonde permanenti o semipermanenti, da installare all’interno di fori praticati nel terreno, costituiscono il sistema di campionamento di uso più generale; solo in presenza di terreni a permeabilità molto bassa, o in presenza di falde, si ricorre a sistemi diversi (camere di flusso). Il numero di punti di campionamento non deve essere inferiore a 3 per ogni 2.500 mq; nei punti ritenuti più significativi dovranno essere posizionate sonde multilivello, in modo da ottenere un monitoraggio anche sul profilo verticale. In caso si debba valutare il rischio di inalazione in ambienti “indoor”, le sonde andranno prevalentemente posizionate negli ambienti interrati o seminterrati (in assenza di questi, a piano terra). In ciascun ambiente rappresentativo andranno previsti almeno due punti di monitoraggio; il numero complessivo varierà da 2 a 10 in funzione dell’area dell’edificio, e la distanza tra i diversi punti può variare tra 15 e 50 m. Le sonde vanno posizionate in terreno insaturo, ad una profondità di almeno 1 m (preferibilmente 1,5 m). Il materiale è preferibilmente l’acciaio inox, salvo quando sia presente acido solfidrico; il diametro può andare da 3 a 25 mm. Il fondo del pozzetto entro cui è inserita la sonda deve essere isolato con qualche cm di bentonite asciutta, alla quale segue (in verticale verso l’alto) uno strato drenante in sabbia grossolana o ghiaia fine, 30 cm di bentonite non idrata, bentonite idrata o miscela cementizia fino al piano di campagna. La testa della sonda sarà chiusa con valvola e provvista di innesto a T per il camContinua a pag. 70



MACCHINE & STRUMENTAZIONE Continua da pag. 68

Il “soil gas” in siti contaminati pionamento. Al sistema a T saranno collegate le due linee di campionamento (necessarie per gli esami in contraddittorio), dotate ciascuna di flussometro, vacuometro e pompa di aspirazione. Prima e dopo il campionamento del soil gas, il sistema dovrà essere sottoposto a prova di tenuta, con metodo diretto (misura di ossigeno e CO2) o indiretto (verifica della tenuta della depressione mediante vacuometro); prima del campionamento si dovrà eseguire lo spurgo dell’area stagnante presente nel sistema, usando pompe a basso flusso con depressione di 25 mbar. Queste condizioni sono valide anche per il campionamento vero e proprio, la cui durata potrà variare tra 30 minuti e 4 ore, in dipendenza dalla concentrazione di COV riscontrata nello screening iniziale. Il gas aspirato verrà convogliato in fiale a desorbimento; al termine del campionamento, queste saranno chiuse con gli appositi tappi in plastica a tenuta e poste in contenitori idonei al trasporto. In alternativa, il soil gas può essere campionato mediante sistemi diretti attivi (“canister”, pipettoni e due vie, bottiglie in vetro sotto vuoto, sacche in tedlar). È necessario effettuare almeno 4 campagne di monitoraggio, una per ogni stagione metereologica. CAMPIONAMENTO MEDIANTE CAMERE A FLUSSO

La camera di flusso è sostanzialmente una scatola quadrata costituita con materiali non porosi, priva

di fondo, con un volume intorno a 30 litri, che viene infissa sul terreno e sigillata, mantenendola per un tempo sufficiente a consentire la diffusione degli inquinanti volatili provenienti dal terreno stesso. È adatta pertanto a misurare i composti volatili all’interfaccia tra terreno e aria, e si usa nei casi in cui le situazioni idrogeologiche locali non consentono l’uso delle sonde. Le camere devono essere dotate di porta di campionamento, valvola di sfiato e sensori interni per la misura della temperatura e della pressione. Il numero dei punti di campionamento viene calcolato in relazione alla superficie mediante apposite formule; il campionamento può essere realizzato con modalità statica (lasciando entro la camera un sistema assorbente tipo “Radiello”, che sarà poi analizzato per ottenere la concentrazione dei diversi compo-

sti), oppure con modalità dinamica, aspirando i vapori con una pompa a basso flusso azionata per 30 secondi, con intervalli di 1 minuto tra una aspirazione e la successiva, oppure convogliandoli all’analizzatore mediante un flusso di gas inerte di trasporto. Il campionamento dovrà essere preceduto da un periodo di spurgo uguale ad almeno 4 volte la durata del campionamento stesso; nel caso di campionamento dinamico, viene infilata nella camera un’asta forata, che si estende per tutto il lato della camera stessa, e viene collegata alla linea di campionamento. TRASPORTO, CONSERVAZIONE ED ANALISI DEI CAMPIONI

Le fiale a desorbimento chimico ed i campionatori tipo “Radiello” de-

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vono essere chiusi con gli appositi tappi immediatamente dopo la fine del campionamento, e posti in contenitori a tenuta, protetti dalla luce e conservati a 4 °C sia durante che dopo il trasporto. Per ogni lotto di fiale utilizzato dovrà essere inviata al laboratorio una fiala “vergine” dello stesso lotto, come “prova in bianco”. Analoghe modalità saranno utilizzate per le sacche, pipettoni o bottiglie, salvo che questi contenitori non devono essere refrigerati, e che l’analisi deve essere eseguita al massimo dopo 24 ore. Per le fiale a desorbimento chimico, le analisi di laboratorio dovranno essere eseguite entro 15 giorni; per i campionatori tipo “Radiello” si può arrivare a 30 giorni. Le analisi da eseguire dovranno includere i composti volatili identificati nelle indagini preliminari, oltre a quelli associati alle attività svolte nel sito (sia direttamente che come possibili prodotti di degradazione). Generalmente si ricercano gli idrocarburi (con particolare riguardo a quelli cancerogeni), i cloroderivati alifatici ed aromatici, e altre sostanze di uso industriale, come acetone, MEK e freon; per i siti contaminati da benzina si ricercano gli additivi antidetonanti (piombo tetraetile nei siti “storici”, ETBE ed MTBE in quelli più recenti). CALCOLO FINALE DEL RISCHIO

L’analisi del rischio viene eseguita con modalità diretta, utilizzando il criterio statistico riportato nel manuale APAT 2008 “Criteri metodoContinua a pag. 73



MACCHINE & STRUMENTAZIONE WATSON-MARLOW PUMPS

L’affidabilità di Apex35 Più operatività e meno manutenzione grazie all’assenza di valvole e guarnizioni Bredel Hose Pumps (parte di Watson-Marlow Fluid Technology Group) ha aggiunto due nuovi modelli alla gamma di pompe peristaltiche Apex senza valvole e senza guarnizioni. Ampliando la gamma delle portate Apex fino a 6.200 litri/ora a pressioni fino a 8 bar, le nuove pompe Apex28 e Apex35 offrono un risparmio notevole sulle spese aziendali e le spese in conto capitale rispetto ad altri tipi di pompe usate per applicazioni con sostanze chimiche aggressive o sostanze abrasive.

progressiva, i nuovi modelli Apex possono prolungare notevolmente l'intervallo fra le operazioni di manutenzione programmata. RISPARMI COMPROVATI

Il feedback più rilevante è quello relativo alla notevole riduzione

dell'usura abrasiva sulle pompe precedenti. Ad esempio, una delle prove eseguite negli Usa ha mostrato che, mentre le pompe a membrana azionate ad aria esistenti devono essere sottoposte a manutenzione ogni 7-10 giorni, Apex35 è rimasta in funzione ininterrottamente per più di 3 mesi senza manutenzione. Inoltre, non è stato necessario utilizzare aria compressa, il che ha rappresentato un ulteriore notevole risparmio. I risultati straordinari ottenuti negli Usa non sono stati un caso isolato: un impianto per il dosaggio di salamoia in Germania ha mostrato che, nei primi 6 mesi della prova, Apex35 non ha avuto bisogno di alcuna manutenzione e l'operatore ha

risparmiato notevolmente rispetto ai periodi di inattività riscontrati in precedenza ogni mese con una pompa a cavità progressiva. OPERATIVITA’ E CONTINUITA’ DI PROCESSO

Oltre ai vantaggi economici associati alla ridotta manutenzione, le pompe Apex sono state ideate per offrire ulteriori risparmi, grazie a un tempo di attività maggiore e alla continuità di processo. Gli elementi tubo flessibile lavorati con precisione per la compressione, abbinati a un funzionamento a media pressione, permettono a queste pompe di dosare o trasferire i fluidi in modo affidabile, preciso

FEEDBACK UTENTE

Di recente i modelli Apex sono stati messi alla prova su scala internazionale in una serie di operazioni di trasferimento di slurry abrasivi di importanza critica per il processo. Il feedback degli utenti ha dimostrato che, se confrontate con le tecnologie esistenti, ad esempio le pompe a membrana azionate ad aria e le pompe a cavità e costante per lunghi periodi di tempo. Le prove in Germania hanno dimostrato che i periodi di recupero del capitale investito per tali pompe sono estremamente brevi, poiché l'unico componente soggetto a usura è il tubo flessibile, che può essere sostituito in modo semplice e rapido senza doverlo rimuovere dalla linea di processo. INVENTARIO RICAMBI RIDOTTO

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Grazie all'assenza di valvole interne, la tecnologia delle pompe Apex Bredel aiutano inoltre gli utenti a migliorare i propri processi eliminando componenti ausiliari complessi quali valvole antisifone, valvole di contropressione, valvole di sfiato o protezione contro il funzionamento a secco. Infine, i clienti possono semplificare l'inventario dei ricambi e devono tenere a magazzino solo un ricambio, il tubo flessibile.


MACCHINE & STRUMENTAZIONE Continua da pag. 70

Il “soil gas” in siti contaminati logici per l’applicazione dell’analisi assoluta di rischio dei siti contaminati”. Il rischio viene considerato accettabile se l’indice di pericolo (individuale o cumulativo) assume valori HQ inferiori o uguali a 1 per sostanze non cancerogene; per i cancerogeni, il rischio sarà accettabile se il valore R del rischio individuale è inferiore o uguale a 10-6, o se il rischio cumulativo è < 10-5. Se il rischio risulta accettabile in tutte le campagne effettuate, si potranno usare i valori massimi delle concentrazioni misurate sul campo per il confronto con le “Concentrazioni Soglia di Rischio” (CSR) ottenute attraverso l’applicazione dell’analisi assoluta del rischio; se le concentrazioni misurate sono inferiori alle CSR il suolo è da ritenersi non contaminato, e non occorre alcun intervento. In caso contrario è obbligatorio procedere con la bonifica o con la messa in sicu-

rezza del sito. Se il rischio non è accettabile in una o due delle campagne effettuate, le analisi andranno ripetute, prevedendo nuove campagne da effettuarsi preferibilmente nelle condizioni meteoclimatiche più critiche. Se infine il rischio non è accettabile in più di due campagne, sarà necessario presentare un progetto di bonifica. Dopo aver completato il campionamento del soil gas, è opportuno effettuare almeno una campagna di monitoraggio delle acque sotterranee, ricercando le stesse sostanze trovate nel soil gas.


MACCHINE & STRUMENTAZIONE SPETTROSCOPIA A FLUORESCENZA

La valutazione dei reflui Le potenzialità di questa tecnica per migliorare l’efficienza energetica del trattamento delle acque di scarico Poiché la maggior parte dei composti contenuti nell’acqua è soggetta all’interazione con la luce, la spettrometria a fluorescenza potrebbe fornire informazioni in modo rapido ed efficiente sulla qualità di un campione di acque reflue trattate. Il progetto Fluoro-Boost sta studiando le potenzialità di questo metodo per migliorare l’efficienza energetica del trattamento delle acque reflue. Grazie a un investimento di 14,3 miliardi di euro dal 2007 al 2013 e una tenace azione legale, l’UE ha visto miglioramenti considerevoli della raccolta e trattamento delle acque reflue. Trattare più acque reflue e migliorare costantemente la

qualità post-trattamento però è pesante per le tecnologie esistenti e questo risulta in un maggiore consumo di energia. La ventilazione del sedimento di liquami nel tratta-

mento con fanghi attivi da solo è responsabile di oltre la metà dei costi per l’energia legati al trattamento delle acque reflue. Per di più, il controllo della qualità

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può ancora migliorare molto, e l’attuale rispetto dei metodi di analisi ha diversi limiti, come sostenuto nell’ambito del progetto FluoroBoost (Fluorescence-Based Optimisation Of Sewage Treatment) si è proposto di trovare una soluzione a entrambi i problemi. Invece di ricorrere alla diffusa tecnica di monitoraggio delle possibilità di rimuovere l’ossigeno dall’acqua mediante batteri eterotrofi aerobi, il team di ricerca, guidati da Elfrida Carstea dell’Università di Brimingham, suggerisce di applicare i progressi fatti recentemente nel campo della spettroscopia a fluorescenza per ottimizzare il rendimento del tratta-


MACCHINE & STRUMENTAZIONE mento delle acque reflue.

pidamente, permettendo studi dinamici e di alta risoluzione spaziale e temporale. Inoltre, la ricerca Fluoro-Boost si basa su studi che hanno testato la portabilità della fluorescenza nell’acqua di superficie e potabile, e ciò che è stato ottenuto è un importante passo avanti nello sviluppo di nuove tecnologie per implementare la fluorescenza nel monitoraggio della qualità dei reflui.

I PRINCIPALI LIMITI DI TRATTAMENTO

Il trattamento delle acque reflue è un grande risultato di ingegneria e le tecniche usate sono altamente efficaci per ridurre il carico organico dai liquami. Con il lavoro degli ingegneri, il processo diventerà sempre migliore. Quindi i problemi non stanno nel processo di trattamento in sé, ma piuttosto nei metodi usati per il controllo della qualità. Il trattamento si affida principalmente sul test “domanda biologica di ossigeno in 5 giorni” (BOD5) come prova della conformità con la relativa legislazione. Il BOD5 è definito come la possibilità di rimuovere l’ossigeno dall’acqua mediante batteri eterotrofi anaerobi, che usano materia organica per il loro metabolismo e per la riproduzione. Anche se questa è una misurazione desiderabile del processo di trattamento, presenta diversi svantaggi che rendono questa tecnica non adatta per il monitoraggio in linea ed il controllo del processo: è lenta a produrre informazioni, richiede molto lavoro, le sostanze tossiche colpiscono i batteri, può non riflettere le condizioni del processo di trattamento, è insensibile e imprecisa a basse concentrazioni e risulta in un’incertezza del 15-20% dei risultati. A causa di questi problemi, l’industria spesso deve fare un trattamento eccessivo per garantire la conformità alle normative.

Continua a pag. 70

LA SCELTA DELLA SPETTROSCOPIA A FLUORESCENZA

La ricerca condotta nell’ambito del progetto Fluoro-Boost si basa su studi preliminari sulla fluorescenza dei reflui negli impianti di trattamento, i quali hanno mostrato che questa tecnica offre importanti potenzialità per la caratterizzazione e il monitoraggio in linea. Altri studi ancora precedenti hanno sostenuto che questa tecnica sarebbe potuta essere adatta, ma pochi di essi hanno affrontato il monitoraggio delle acque reflue e nessuno ha trattato le misurazioni in tempo reale. La spettroscopia a fluorescenza è stata suggerita per i suoi molteplici vantaggi: è veloce, poco costosa, priva di reagenti, richiede poca preparazione dei campioni, è molto sensibile e non invasiva. Questa tecnica, quindi, potrebbe fornire risposte raHi-Tech Ambiente

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MACCHINE & STRUMENTAZIONE Continua da pag. 69

La valutazione dei reflui LE PRINCIPALI DIFFICOLTA’ APPLICATIVE

Creare un rapporto tra fluorescenza e dati di BOD5 si è rivelato per i ricercatori più difficile di quanto si aspettassero inizialmente. Sono stati ottenuti risultati sorprendenti, che hanno portato a più domande che risposte. Questo però li aiuterà solo a capire meglio le potenzialità della spettroscopia a fluorescenza come surrogato del BOD5 e come strumento efficace per il controllo del processo di trattamento. RIDURRE IL CONSUMO ENERGETICO

La maggior parte dell’uso di energia nel trattamento delle acque reflue proviene dall’aerazione del sedimento dei liquami nel trattamento con fanghi attivi. I batteri e i microorganismi che formano i fanghi attivi sono nutriti con acque reflue che contengono rifiuti organici. Per sostenere l’attività biologica durante il trattamento con fanghi attivi

per la riduzione di BOD5, l’aria viene pompata nei serbatoi per fornire quantità sufficienti di ossigeno disciolto. L’aerazione è una delle operazioni che richiede maggiore energia del trattamento delle acque reflue, con quasi il 65% di energia consumata per il trattamento con fanghi attivi. Il consumo di energia è aumentato significativamente negli ultimi vent’anni e si prevede un ulteriore aumento del 60% nei prossimi 10-15 anni. Tale aumento è stato causato principalmente da leggi e regolamenti più severi sullo scarico di materiali finali dagli im-

pianti di trattamento delle acque reflue nei corsi d’acqua. Sostituire il superato e impreciso test BOD5 con la spettroscopia a fluorescenza fornisce all’impianto uno strumento ottimale per un controllo in tempo reale e per la risoluzione dei problemi di rendimento dell’impianto. Si stima che, monitorando la qualità delle acque reflue negli impianti di trattamento, si potrebbe risparmiare il 40% degli attuali costi energetici. Così la fluorescenza si potrebbe usare per ottimizzare il controllo del processo negli impianti di trattamento e per eliminare i costi non necessari legati al trattamento eccessivo. NON SOLO PER REFLUI

La spettroscopia a fluorescenza è una tecnica che è adatta anche per il monitoraggio del trattamento dell’acqua potabile. Ci sono diversi studi che dimostrano le sue potenzialità, tra cui uno che descrive un nuovo strumento basato su LED, sviluppato in Inghilterra all’Università di Birmingham ed a quella di Sheffield. Lo strumento è in grado di rilevare i picchi di fluorescenza T e C nel sistema di fornitura

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dell’acqua potabile sul posto. Come mostrato dal gruppo di ricerca, questi picchi sono importanti: il picco C, infatti, fornisce un surrogato per il carbone organico disciolto presente nell’acque, mentre il picco T identifica qualsiasi crescita microbica, che avviene in conseguenza della presenza di carbonio organico disciolto e un’insufficiente concentrazione di cloro residuo nell’acqua. LE PROSSIME FASI DELLA RICERCA

L’impegno per implementare la spettroscopia a fluorescenza per il monitoraggio in tempo reale negli impianti di trattamento necessita di ulteriori studi di base ed applicativi, come ad esempio quello già in atto inerente il destino delle nanoparticelle nei reflui trattati mediante appunto la spettroscopia a fluorescenza. Tuttavia, questa tecnologia è già sul mercato, ma la novità del progetto Fluoro-Boost è la sua applicazione per le misurazioni sul posto in tempo reale. Anche se questa tecnologia è ancora agli inizi, è molto promettente per il controllo di processo e la riduzione dell’energia negli impianti di trattamento.


PUBBLIREDAZIONALE Decisivo passo in avanti per le soluzioni Sacmi in materia di sistemi per la misurazione degli odori. Sacmi si presenta a Ecomondo con EOS 912, dalle caratteristiche innovative in termini di risparmio energetico. Punto di forza dell’EOS 912, una diversa configurazione del catalizzatore (il componente necessario, in sostanza, per produrre un flusso di aria pulita) che, rispetto al modello precedente (l’EOS 507), non lavorerà “in continuo” ma solo per il tempo strettamente necessario per garantire il corretto funzionamento della macchina e, quindi, un adeguato indice di accuratezza. Risultato: da un consumo medio pari a 300-350 W si passa a un consumo dieci volte inferiore, pari ad appena 30-40 W. Tra i principali clienti-target della nuova macchina sono, anzitutto, le Agenzie regionali per la protezione ambiente. Già fornitore di Arpa Emilia-Romagna, Sacmi infatti ambisce a proporsi come partner per altre Agenzie nazionali e regionali, proprio partendo dai vantaggi competiti-

NASO ELETTRONICO

EOS ancora più efficiente vi del nuovo EOS che, oltre a essere progettato per funzionare in ogni tipo di condizione ambientale e meteoclimatica, consente di bypassare le problematiche tipiche di aree impervie ove l’alimentazione elettrica può non essere garantita in modo costante. Ad alimentare la macchina, in questi casi, saranno infatti opportune celle fotovoltaiche, unite a celle combustibili e ad una batteria tampone che, proprio grazie ai bassi consumi, possono garantirne il corretto funzionamento, anche in assenza di alimentazione elettrica tradizionale ed in assenza di sole, fino a 24-48 ore. Proposto, come il modello precedente, sia nella versione “da interno” sia nella versione outdoor, il sistema EOS si caratterizza sia per l’ottima stabilità, necessaria per poter lavorare in continuo in condizioni di temperatura e umidità variabili, sia per l’elevata

sensibilità, ossia per la capacità di misurare anche odori molto diluiti, al limite della soglia olfattiva. Anche l’EOS 912, così come l’EOS 507, ha la capacità di determinare in continuo l’impatto olfattivo di un impianto, per mezzo di opportuni algoritmi, non solo in prossimità delle varie sorgenti presenti all’interno dell’impianto stesso, ma presso recettori posti anche a grande distanza. Lo strumento è equipaggiato sia con una camera di sensori MOS (coadiuvati da un sistema di elaborazione dei segnali elettrici in grado di riconoscere l’“impronta olfattiva” di un particolare odore e di quantificarne la concentrazione) sia con un sistema di aspirazione dell’aria ambiente e trattamento della stessa al fine di stabilizzare la risposta dei sensori , indipendentemente dalle condizioni ambien-

Pad. D3 Stand 193

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tali. Tra i target della soluzione figurano non solo gli enti pubblici o le agenzie deputate ad effettuare i controlli, ma anche le stesse aziende controllate, tipicamente attività potenzialmente “odorigene” quali discariche RSU, centrali a digestione aerobica, per la creazione di compost, centrali a digestione anaerobica, per la produzione di energia da fonti rinnovabili; ma anche aziende petrolchimiche (ove si producono o si raffinano derivati del petrolio, altra sostanza organica odorigena) le quali, dotandosi di tali strumentazioni, potrebbero fare comunicazione sociale a favore delle comunità sulle quali insiste l’attività. Ma target potenziale della soluzione EOS di Sacmi è, in via di principio, anche qualsiasi altro tipo di attività produttiva nel momento in cui la rilevazione di un determinato odore o la misurazione della sua concentrazione (si pensi ad esempio all’industria alimentare o cosmetica) possa rappresentare un buon indicatore del corretto funzionamento del processo produttivo.


SICUREZZA I POSSIBILI RISCHI CONNESSI ALL’USO

Le emissioni del bitume Analisi chimiche e studi epidemiologici, controlli e riduzioni dei fumi degli impianti Il bitume è il residuo della distillazione sottovuoto del petrolio grezzo; non deve essere confuso con il catrame, che deriva invece dalla distillazione del carbon fossile, e neppure con l’asfalto (più propriamente detto “conglomerato bituminoso”), che è la miscela di bitume con sabbia e pietrisco, usata nelle pavimentazioni stradali. Il bitume si trova anche allo stato naturale, e deriva dall’evaporazione e ossidazione di affioramenti di petrolio grezzo. La composizione del bitume è molto complessa; in esso sono presenti idrocarburi aromatici pesanti a nuclei condensati, strutturalmente analoghi ai ben noti IPA (idrocarburi polinucleari aromatici), alcuni dei quali sono cancerogeni, e questo ha portato a interrogarsi sui possibili rischi connessi all’utilizzo di questa sostanza. IL BITUME E’ CANCEROGENO?

Per rispondere a questa domanda ci sono due vie: l’analisi chimica, che verifica la presenza o meno nel bitume di sostanze con cancerogenicità accertata, e gli studi epidemiologici, nei quali si cerca di evidenziare, con metodi statistici, se le persone che sono state esposte al bitume si siano ammalate di cancro con frequenza significativamente maggiore della popolazione non esposta. Analisi chimica Il contenuto di IPA nel catrame è molto variabile; va comunque tenuto presente che non tutti gli IPA sono cancerogeni. In particolare, la concentrazione di benzo(a)pirene (notoriamente cancerogeno) nel bitume è in genere di poche ppm, mentre va da 10.000 a 15.000 ppm nel catrame. Al momento non ci sono indicazioni che il bitume (sia quello normale che quello ossidato) contenga una percentuale preoccupante di IPA cancerogeni. La situazione è meno chiara per

quanto riguarda i fumi che si sviluppano dal bitume quando viene riscaldato per renderlo fluido e consentirne l’applicazione. È noto che questi fumi sono irritanti per gli occhi e per le vie respiratorie; gli Enti per la sicurezza sul lavoro degli Stati Uniti (ACGIH ed OSHA) hanno fissato un limite di esposizione TLV-TWA di 0,2 mg/mc. Questo limite non ha però un riferimento con l’eventuale cancerogenicità; uno studio realizzato in Fran-

cia sui fumi emessi durante le operazioni di carico del bitume in autocisterne, indica che il principale componente rilevato è il naftalene (non considerato cancerogeno per l’uomo, in quanto le informazioni in proposito sono ancora insufficienti). Il benzo(a)pirene (cancerogeno accertato) è presente in concentrazione molto bassa (0,2 ng/mc); per confronto, la soglia di allarme per l’inquinamento da traffico è attualmente 1 ng/mc. Anche

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uno studio eseguito dalla ASL di Bergamo relativamente agli operai coinvolti nella posa di guaine bituminose indica emissioni di IPA circa 40 volte inferiori al TLV, con prevalenza del naftalene (valori 5 volte inferiori al TLV), e concentrazioni di benzo(a)pirene confrontabili con quelli dell’ambiente urbano e al di sotto del valore obiettivo per l’aria ambiente. Studi epidemiologici L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha raccolto i dati epidemiologici ad oggi disponibili relativamente a quattro diverse attività che comportano esposizione dei lavoratori ai bitumi ed alle loro emissioni: impermeabilizzazione dei tetti, stesa di pavimentazioni stradali, lavori con asfalto colato, fabbricazione di prodotti bituminosi (inclusa la preparazione dell’asfalto). Gli addetti all’impermeabilizzazione dei tetti hanno mostrato un leggero aumento del rischio di tumori al polmone; va però tenuto presente che questi lavoratori possono essere esposti anche ad altri cancerogeni polmonari, come il catrame utilizzato nei vecchi tetti. Inoltre, non possono essere esclusi altri fattori di confusione, come il fumo di tabacco, la presenza di coperture contenenti amianto, le bevande alcoliche e altre esposizioni professionali. Per i pavimentatori stradali ed i lavoratori addetti alla manutenzione delle strade, l’evidenza di rischio di tumori al polmone è risultata inconsistente. I lavoratori addetti alla stesa dell’asfalto colato (ad esempio nell’asfaltatura di marciapiedi) sono risultati i più esposti alle emissioni, date le alte temperature durante queste lavorazioni; è risultata una limitata evidenza di cancerogenicità per l’uomo durante questo tipo di lavorazioni, particolarmente se l’asfalto colato viene steso in ambienti chiusi o semi-chiusi (gara-


SICUREZZA ge, gallerie e simili). La produzione di asfalto e altri prodotti bituminosi è un’operazione largamente automatizzata, nella quale l’esposizione ai fumi avviene solo in occasioni particolari; in genere i valori di esposizione dei lavoratori sono circa metà dei valori normalmente riscontrabili in ambiente urbano. CONTROLLARE E RIDURRE LE EMISSIONI DEGLI IMPIANTI

Le emissioni prodotte durante la stesura del bitume, come nell’impermeabilizzazione dei tetti e nell’asfaltatura di strade e marciapiedi, sono inevitabili e comunque limitate nel tempo. Le emissioni degli impianti fissi di produzione del conglomerato bituminoso sono invece localizzate e permanenti, almeno durante le campagne di produzione. Le emissioni in atmosfera degli impianti di produzione del conglomerato bituminoso si possono distinguere in: - emissioni convogliate, prodotte dal bruciatore del forno di essiccazione degli aggregati, dal riscaldamento del bitume, e dal miscelatore

tra bitume e aggregati; queste emissioni vengono scaricate in atmosfera mediante il camino - emissioni diffuse, dovute soprattutto alla fase di scarico del conglomerato e ad altre fasi accessorie, come le bocchette di ispezione; alcune di queste emissioni possono essere canalizzate, ma per altre (come per lo scarico sugli autocarri) attualmente non esistono alternative

alla dispersione in atmosfera. Le emissioni al camino sono costituite da: - polveri, derivanti dalla frantumazione naturale degli aggregati, e vengono abbattute con filtri a maniche, spesso preceduti da separatori a ciclone - ossidi di zolfo (SOx) e di azoto (NOx), derivanti dalla combustione nel forno di essiccazione, e possono

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essere minimizzati usando gas naturale anziché olio combustibile - sostanze organiche volatili (SOV), che derivano da combustione incompleta, soprattutto se si usano combustibili liquidi; possono essere minimizzate usando gas naturale ed evitando sovrariscaldamenti del bitume e del conglomerato e, infatti, queste emissioni raddoppiano ogni 10 °C di aumento della temperatura - idrocarburi policiclici aromatici (IPA), che vengono emessi, insieme alle SOV, quando il bitume viene portato ad alta temperatura e spruzzato sugli inerti. Generalmente i vapori contenenti gli IPA si condensano sulle polveri o sui filtri, per cui le emissioni al camino sono trascurabili (meno di 1 mg/mc). Le emissioni diffuse sono anch’esse costituite da: - polveri, prodotte dalle operazioni di prelievo e trasferimento degli aggregati. Possono essere ridotte costruendo muri di sufficiente altezza su 3 lati dei cumuli, spruzzando acqua sulla viabilità interna del cantiere e sulle aree di carico/scarico, e coprendo i nastri trasportatori ed i dispositivi di dosaggio Continua a pag. 81


SICUREZZA MANUALE INAIL

Il biorischio nei depuratori Identificate le operazioni più critiche ed i sistemi di prevenzione per tutelare i lavoratori esposti Come è noto, le acque reflue contengono molti diversi microorganismi (virus, batteri, funghi, protozoi, ecc.), sia patogeni che non, che a causa della formazione di aerosol durante le varie fasi del trattamento dei reflui, possono essere dispersi nell’ambiente circostante. In particolare, nei reflui urbani possono essere presenti (oltre ai microorganismi che degradano la sostanza organica, in genere innocui per l’uomo) anche microorganismi patogeni, come Salmonella, Vibrio, E.coli, L.interrogans, oltre a virus enterici e uova di parassiti intestinali. I microorganismi comunemente rilevati negli impianti di depurazione rientrano nei gruppi 1 e 2 di cui all’All. XLVI del D.Lgs 81/08 (rispettivamente: agenti che presentano poche probabilità di causare malattie nell’uomo, e agenti che costituiscono un rischio per i lavoratori in quanto possono causare malattie nell’uomo, ma si tratta di malattie che è poco probabile si propaghino nella comunità e contro le quali sono disponibili efficaci misure di profilassi e terapia); sono cioè normalmente assenti gli agenti biologici più pericolosi, che sono classificati nei gruppi 3 e 4. I lavoratori che operano negli impianti di depurazione possono, quindi, essere esposti ad aerosol contenenti un’elevata concentrazione di agenti biologici potenzialmente pericolosi; per assistere società ed Enti pubblici che operano in questo settore, l’Inail ha pubblicato un volume dal titolo “La sicurezza per gli operatori degli impianti di depurazione delle acque reflue civili”. LE AREE CRITICHE

Lo sviluppo di bioaerosol avviene soprattutto per l’azione meccanica di organi in movimento,

polveri contaminate disperse; per via cutanea o mucosa, contatto diretto con ferite nella pelle, contatto oculare, ecc.; per via ingestiva, attraverso forme di contagio accidentale per cattiva igiene personale. LE INDAGINI AMBIENTALI

Gli agenti biologici: virus (rotavirus, enterovirus, virus epatite A), batteri (staffilococchi, enterobatteri, Leptospira interrogans, endotossine), funghi (Cladosporium spp., Penicillum spp., Alternaria alternata, Fusarium spp., Aspergillus spp.), endoparassiti (protozoi ed elminti), artropodi (zanzare e mosche), mammiferi (ratti)

quando si creano vortici e salti di livello nel flusso dei reflui, oltre che nelle fasi di pompaggio, e in tutti i casi di formazione di spruzzi; la contaminazione microbica dell’aria può quindi disperdersi nell’ambiente di lavoro, in funzione delle caratteristiche struttu-

rali dell’impianto, dei movimenti generati nei diversi processi di lavorazione e dei fattori meteorologici (velocità e direzione del vento, umidità, temperatura). La contaminazione dei lavoratori può avvenire: per inalazione di goccioline di acqua, particolato e

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La Contarp (Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione, Dipartimento dell’Inail) ha pubblicato nel 2011 una serie di 50 schede tecnico-informative sul rischio biologico nei luoghi di lavoro (la scheda n.21 riguarda gli impianti di depurazione dei reflui civili). Inoltre, ha avviato una serie di campagne di monitoraggio microbiologico in tre impianti per il trattamenti dei reflui nel Lazio e in un impianto in Sicilia, allo scopo di raccogliere dati utili per caratterizzare l’esposizione del rischio biologico degli addetti. Nel corso di questa attività di controllo sono stati effettuati sopralluoghi preliminari, comprendenti l’analisi degli impianti, dei processi e delle mansioni, al fine di identificare le fonti di rischio per la salute, e campagne di indagini microbiologiche ambientali. Per la valutazione della carica microbica dell’aria sono stati utilizzati i campionatori SAS e Microflow; per la valutazione delle contaminazioni delle superfici è stato utilizzato l’applicatore per piastre a contatto con temporizzatore. I campionamenti sono stati effettuati sia nei mesi invernali che in quelli estivi, al fine di ottenere una chiara correlazione tra il rischio biologico e le differenti condizioni stagionali; le misurazioni sono state effettuate in corrispondenza dei punti critici e/o quelli in cui la permanenza degli operatori è più frequente. Continua a pag. 82


SICUREZZA Continua da pag. 79

tivi, specialmente quelli in forma liquida, riducono la viscosità del bitume, consentendo di abbassare la temperatura di miscelazione, e facilitano l’adesione tra il bitume e gli aggregati.

Le emissioni del bitume - SOV e IPA, derivanti degli sfiati delle apparecchiature e dalla fase di scarico del conglomerato sui camion. La fonte prevalente di emissioni di IPA è però di solito lo scarico dei motori dei camion nel piazzale, più che le emissioni dell’impianto. Queste ultime possono comunque essere ridotte evitando i surriscaldamenti e adottando nuove tecnologie che permettono la produzione a temperature più basse, come la produzione dei “conglomerati tiepidi” (a 100-130 °C) con la tecnologia del bitume schiumato e con l’uso di additivi. In particolare, il bitume schiumato viene prodotto iniettando acqua sotto pressione nel bitume caldo a monte del mescolatore; la vaporizzazione dell’acqua fa espandere il bitume, che si trasforma in una schiuma aumentando fino a 20 volte il suo volume. Il rivestimento degli aggregati avviene così in modo uniforme anche a temperature più basse. Alcuni additivi funzionano in modo analogo, liberando piccole quantità di acqua ad una data temperatura; altri addi-

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SICUREZZA Continua da pag. 80

Il biorischio nei depuratori I RISULTATI OTTENUTI

I risultati dei monitoraggi ambientali effettuati presso gli impianti di depurazione hanno evidenziato i punti o le aree di maggiore formazione e diffusione di bioaerosol: si tratta soprattutto dei punti di sollevamento-grigliatura e delle zone adiacenti alla pompa del dissabbiatore, oltre ad alcune aree limitrofe alle vasche di ossidazione finale (in particolare nel periodo primaverile ed estivo). Sono poi risultati particolarmente contaminati alcuni ambienti chiusi dell’impianto (come il locale mensa e gli spogliatoi), oltre ai settori di impianto completamente al chiuso. I più elevati livelli di contaminazione sono stati rilevati in primavera e in estate; in particolare, in estate è stato riscontrato il più elevato livello di contaminazione generale (soprattutto per l’elevata carica fungina), mentre per i batteri psicrofili è stato registrato un

picco nel campionamento primaverile. Le operazioni maggiormente critiche sono risultate: movimentazione, pompaggio e insufflazione di aria nel refluo; punti di sollevamento-grigliatura; vortici e salti di livello dei reflui; immissione a gravità del refluo in

vasca; pressatura fanghi; pulizia manuale; manutenzione di impianti e macchine. Si è inoltre riscontrata, tra i fattori di criticità, l’assenza di compartimentazione delle aree pulite e la mancanza di procedure di ingresso nelle stesse aree.

SISTEMI DI PROTEZIONE E PREVENZIONE

Al fine di ridurre il rischio per i lavoratori, è necessario pianificare e attuare adeguate procedure per gli interventi di pulizia e manutenzione ordinaria, cercando di


SICUREZZA

limitare gli interventi straordinari di pulizia/manutenzione. Inoltre, il rilevante grado di contaminazione di alcuni ambienti interni richiede la predisposizione e corretta attuazione di misure di prevenzione e protezione, quali procedure e servizi all’esterno di tali

locali per la pulizia di mani e scarpe prima dell’accesso e, all’interno, dispositivi atti a garantire per tutto l’anno un’idonea qualità dell’aria indoor, oltre ad accurati interventi di pulizia e disinfezione di locali e attrezzature. Dal punto di vista tecnico, le mi-

sure di protezione da mettere in atto sono: - inserimento di setti paraspruzzi ai terminali delle tubazioni o installazioni di terminali sommersi o protetti - copertura degli stramazzi, dei punti di immissione dei liquami e

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di tutti i relativi dispositivi - creazione di zone-filtro prima degli accessi a sale controllo, uffici e spogliatoi - compartimentazione ed isolamento degli ambienti chiusi, con adeguata ventilazione - compartimentazione delle strutture igieniche (spogliatoi, armadietti, docce, lavabi ecc.), per separare gli indumenti da lavoro dagli abiti civili - aspirazione da posizione sicura o filtrazione dell’aria immessa nei locali di riposo - regolare manutenzione degli impianti di climatizzazione - installazione di germodepuratori d’aria nelle sale comandi e negli uffici - installazione, all’ingresso di sale comandi e degli uffici, di tappetini con superficie adesiva trattata con sostanze battericide - procedure per accessi nelle aree “pulite” da parte di operatori provenienti da aree di lavoro potenzialmente contaminate (pulizia e disinfezione di mani e scarpe, deposizione, controllo e disinfezione dei dpi in zone chiuse a ciò Continua a pag. 84


SICUREZZA

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Il biorischio nei depuratori depurate, ecc.) - cura dell’igiene personale con doccia al termine di ogni turno di lavoro - divieto di mangiare, bere e fumare nei luoghi in cui sono effettuate le lavorazioni dei reflui - periodiche campagne di disinfezione, disinfestazione e derattizzazione - manutenzione e pulizia, con uso

di idonei dpi da parte dei lavoratori addetti - formazione e informazione dei lavoratori sul rischio biologico - forniture di specifici dpi per il rischio biologico (facciale filtrante ffp1 per la polvere, tuta in tessuto non tessuto, guanti, occhiali paraschizzi o visiera) - sorveglianza sanitaria - periodici controlli ambientali, relativamente a parametri biologici (carica batterica mesofila e psicrofila, carica fungina, enterobatteri), aspetti correlati (capta-

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zione polveri, compartimentazione/separazione area impianto, fasi lavorative) e matrici/substrati ambientali (aria, superfici, polveri, indumenti dei lavoratori).

REPERTORIO dell’Ambiente il “chi fa cosa” delle ecotecnologie

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TECNOLOGIE UN SETTORE IN CONTINUO SVILUPPO

ENZIMI PER UNA CHIMICA PIU “VERDE” Importante è il ruolo dell'ingegneria genetica ed il fine è far avvenire le reazioni a pressione atmosferica e temperatura ambiente Gli enzimi sono i catalizzatori dei processi biologici; come tutti i catalizzatori, agiscono aumentando la velocità di reazioni chimiche, che sono specifiche per ogni enzima. Mentre i catalizzatori chimici inorganici (come i metalli del gruppo del platino) possono catalizzare reazioni di diverso tipo, ogni enzima catalizza un solo tipo di reazione, dalla quale in genere prende il nome: la proteasi catalizza la scissione delle proteine, la lipasi quella dei grassi, la glucosio isomerasi trasforma il glucosio in fruttosio mediante una reazione di isomerizzazione, ecc. Dal punto di vista della chimica industriale, il grande vantaggio degli enzimi è che agiscono alle condi-

zioni di pressione e temperatura tipiche degli organismi viventi, cioè a pressione ambiente ed a temperature da zero a 100 °C. Il limite superiore è determinato dalla natura proteica della maggior parte degli enzimi: oltre 6070 °C le proteine si “denaturano”, cioè cambiano irreversibilmente la loro struttura chimica. Il limite inferiore (0 °C) è dato dal fatto che gli enzimi agiscono in soluzione acquosa, e se l’acqua congela le molecole restano bloccate e le reazioni non possono avvenire. In molte reazioni della chimica industriale “classica”, anche in presenza di catalizzatori, occorre ricorrere ad alte pressioni per avvicinare le molecole tra loro e facilitarne le collisioni, e ad alte temperature per “caricare di energia” le molecole, superando la barriera dell’energia di attivazione della reazione desiderata. È evidente che far avvenire una reazione a pressione atmosferica e temperatura prossima a quella ambiente richiede apparecchiature più semplici, pone meno problemi di sicurezza, e soprattutto abbassa i consumi energetici e, quindi, sia i costi del processo che l’impatto ambientale. Il mercato mondiale degli enzimi è oggi intorno a 3,7 miliardi di dollari/anno e cresce del 5% annuo; si stima che nel 2020 le industrie chimiche che sfruttano processi catalizzati dagli enzimi produrranno un fatturato prossimo a 100 miliardi di dollari. IL RUOLO DELL’INGEGNERIA GENETICA

Gli enzimi di importanza induImpianto di Crescentino (VC) per la produzione di bioetanolo di seconda generazione Hi-Tech Ambiente

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TECNOLOGIE Continua da pag. 85

Enzimi per una chimica più “verde” striale sono prodotti da microorganismi (funghi e batteri); occorre selezionare microorganismi non patogeni, che non producano metaboliti tossici, ed allevarli in condizioni ottimali di temperatura e pH, per ottenere la massima resa. Un altro elemento molto importante, soprattutto dal punto di vista economico, è il “substrato”, cioè il materiale che costituisce il nutrimento per i microorganismi. In genere si utilizzano sottoprodotti dell’industria alimentare, come melasse, orzo, farina di semi di cotone, amido, lattosio, fagioli, gelatine animali, residui cellulosici, ecc. Le tecniche di ingegneria genetica in molti casi forniscono delle “scorciatoie” per ottenere microorganismi “su misura” per produrre enzimi particolari o per aumentare la resa di produzione rispetto ai microorganismi naturali. Ad esempio, la rennina, che è l’enzima contenuto nel caglio, grazie al quale si producono i formaggi, veniva fino a poco tempo fa ottenuta esclusivamente dallo stomaco di giovani ruminanti (vitelli e agnelli), mentre oggi viene prodotta anche da ceppi di E.coli modificati mediante l’inserimento di geni ottenuti da cellule di pancreas bovino. Un altro esempio è il progetto europeo Crossenz, che ha portato alla scoperta di nuovi enzimi, ottenuti con tecniche di ingegneria genetica, in grado di eseguire reazioni di “cross-linking” nei prodotti alimentari; queste reazioni migliorano la consistenza degli alimenti e potrebbero essere utilizzati per inattivare alcuni allergeni alimentari, o per indurre modificazioni strutturali nel glutine, che lo renderebbero accettabile anche a chi soffre di celiachia. Con tecniche di combinazione tra geni diversi è possibile anche far produrre ai microorganismi degli enzimi di nuovo tipo: ad esempio, inserendo un gene prelevato da un organismo termofilo è possibile aumentare la resistenza di un enzima alle alte temperature. I SETTORI DI UTILIZZO

I settori nei quali le tecnologie a base di enzimi hanno maggiore

importanza sono: - l’’industria alimentare, nella quale gli enzimi sono usati fin dalla preistoria (ad esempio per fare il formaggio), e che oggi ha perfezionato i processi tradizionali, introducendo nuovi utilizzi per gli enzimi. Ad esempio, grazie alla tripsina si preparano alimenti per neonati contenenti proteine della carne predigerite per renderle assimilabili; la lattasi consente di ottenere latte speciale a basso contenuto di lattosio, in quanto questo enzima scinde il lattosio in glucosio e galattosio - la formulazione dei detersivi, dove grazie a diversi enzimi (proteasi, amilasi, lipasi) è stato possibile produrre detersivi efficaci an-

che a temperatura di 30-40 °C, consentendo importanti risparmi energetici sia nell’uso domestico che industriale. Alcune nuove formulazioni, in corso di sviluppo da parte di DuPont e Procter & Gamble, dovrebbero consentire di abbassare ulteriormente le temperature di lavaggio, fino a 18 °C - le cartiere, che utilizzano ligninasi (per rimuovere la lignina dalle fibre e rendere la carta più morbida), cellulasi (per ammorbidire le fibre), amilasi (per favorire la degradazione dell’amido e ottenere una viscosità inferiore delle patine) e xilanasi, per ottenere una carta più bianca senza ricorrere a mezzi chimici - l’industria tessile, che utilizza

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gli enzimi in vari trattamenti: sbozzimatura, per rimuovere i depositi dei prodotti applicati per facilitare la tessitura, prima del candeggio e della tintura: si usa l’amilasi, a basse temperature tra 3070 °C ed a pH neutro; purga del cotone, per rimuovere dal cotone grezzo le sostanze non cellulosiche, ed enzimi come cellulasi, pectinasi, xilanasi e lipasi, costituiscono una valida alternativa al vecchio trattamento con soda caustica, consentendo minori consumi di acqua e di energia e riducendo il costo di trattamento delle acque reflue; biopolishing, che rimuove dei tessuti in fibre cellulosiche la peluria superficiale e le fibrille, migliorando la “mano”, il drappeggio e la brillantezza (si usa la cellulasi, unita ad una blanda azione di sfregamento); biostoning, che serve a conferire al denim l’aspetto “stone-washed”, che era una volta ottenuto con pietra pomice, ma oggi una piccola dose dell’enzima cellulasi sostituisce chili di pietra pomice, evitando i costi di smaltimento e di trattamento dei reflui - l’industria farmaceutica, dove gli enzimi sono spesso utilizzati per rendere meno costosi ed inquinanti i processi produttivi; tra gli esempi più recenti si possono citare la sintesi per via enzimatica del farmaco antidiabetico Januvia. Alcuni enzimi vengono direttamente utilizzati come farmaci: l’urochinasi e la pro-urochinasi contrastano la formazione di coaguli ematici, prevenendo l’infarto e la trombosi cerebrale; la superossidodismutasi contrasta la formazione dei radicali liberi, ed è usato per la cura dell’artrite, della colite e dell’infarto miocardico; asparaginasi, arginasi e ribonucleasi, sono utilizzate nelle terapie antitumorali - l’industria dei biocarburanti e in genere dei prodotti della “chimica verde”, dove gli enzimi sono essenziali, soprattutto nelle fasi iniziali dei processi, quando si tratta di scindere i biopolimeri (cellulosa, amido, proteine) in molecole più piccole, successivamente trasformabili per via fermentativa - l’industria ambientale, soprattutto per il biorisanamento dei siti contaminati. I BIOCARBURANTI

I processi di produzione dei biocarburanti “di prima generazione”


TECNOLOGIE partivano da sostanze alimentari, come l’amido e gli oli vegetali. È risultato ben presto evidente che i benefici ambientali (soprattutto la riduzione delle emissioni di CO2 da fonti fossili) erano compromessi dagli effetti negativi derivanti dall’aumento del prezzo dei cereali (da usare per produrre bioetanolo) e dalla distruzione di habitat tropicali per convertirli a piantagioni di olio di palma (da usare per produrre biodiesel). Per ottenere biocarburanti realmente ecocompatibili occorre partire dalle cosiddette “biomasse residue”, cioè residui agro-forestali, piante ottenute da coltivazioni su terreni inadatti alle colture alimentari, oli di frittura usati e simili. Per ottenere questi obiettivi gli enzimi sono essenziali. Per quanto riguarda il bioetanolo, ad esempio, tra i recenti sviluppi è sicuramente da citare la Novozymes, che negli ultimi 3 anni ha introdotto sul mercato tre nuove formulazioni: Avatec, che migliora le rese di idrolisi e conversione dell’amido, consentendo di ridurre i consumi di materie prime pregiate; Spirizyme Achieve, che degrada le parti fibrose consen-

tendo di aumentare le quantità di amido; Olexa, che libera la parte oleosa dei cereali, aumentando del 13% la produzione di olio di mais e risparmiando l’8% di energia. Lo sviluppo su scala industriale della produzione di etanolo da biomasse legnose, che sembrava a portata di mano quando il prezzo del petrolio superava i 100 $/barile, è oggi praticamente bloccato. Sono comunque in corso molti progetti di ricerca in tutto il mondo, che puntano a trovare processi

economicamente validi per scindere le molecole complesse di cellulosa, emicellulosa e lignina in zuccheri semplici che siano successivamente trasformabili dai batteri della fermentazione alcoolica. Sono attive in questo settore anche altre società, come la Genencor, la Dyadic e la KL Energy; quest’ultima gestisce negli Usa un impianto che produce 5.000 mc/anno di bioetanolo a partire dal legno, con un processo combinato di conversione termomecca-

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nica ed enzimatica. Un altro impianto della stessa scala è di proprietà della BP Biofuels, ed è situato anch’esso negli Stati Uniti. Progetti di ricerca per individuare nuovi enzimi che consentano di mettere a punto processi di trasformazione di biomasse residue sono in corso in tutto il mondo: in Europa il processo Disco (coordinato dal finlandese VTT Technical Centre) ed il lavoro in corso presso l’università inglese di York; in Giappone i processi della Mitsubishi Heavy Industries e delle Università di Kansai e di Kobe; in Canada le ricerche della Forintek Canada; negli Usa il processo di saccarificazione enzimatica continua messo a punto dalla Edeniq su scala pilota. Quanto al biodiesel, invece, attualmente viene ottenuto per transesterificazione degli oli vegetali: per reazione con metanolo questi vengono convertiti in esteri metilici degli acidi grassi (i costituenti del biodiesel), lasciando la glicerina come sottoprodotto. La produzione di biodiesel a partire da Continua a pag. 89


TECNOLOGIE PER PICCOLE MUNICIPALITA’

Da fanghi a syngas e biochar Un processo efficiente in termini energetici ed economici per trasformare termo-chimicamente gli scarti di depurazione La produzione di fanghi di depurazione dagli impianti di trattamento delle acque reflue continua ad aumentare e, nonostante le materie organiche e i nutrienti che questi contengono, spesso finiscono nelle discariche o negli inceneritori. Il progetto Pyrochar (Pyrolysis based process to convert small WWTP sewage sludge into useful biochar) ha sviluppato una tecnologia che permetterà la valorizzazione di questi fanghi di depurazione in Comuni con meno di 10.000 abitanti, ed il tutto a un costo molto minore rispetto allo smaltimento in discarica o negli inceneritori. Il progetto, infatti, ha sviluppato un processo efficiente in termini di energia e di costi per trasfor-

mare termo-chimicamente i fanghi di depurazione urbani in biochar (carbone ottenuto dalla pirolisi), adatto per concimare il terreno, e gas di sintesi (syngas). Questa alternativa di trattamento risulta perfetta per i piccoli Comuni perché spesso hanno il problema degli inceneritori che si trovano a distanze considerevoli, e il che significa che ci vuole molto denaro per trasportare i fanghi di depurazione e incenerirli. Queste comunità, quindi, spesso fanno ricorso alle discariche, opzione che sta diventando sempre più problematica (in molti paesi, anzi, il collocamento in discarica è già proibito). UNA TECNOLOGIA CHE AIUTA

La tecnologia di Pyrochar è una tecnologia completamente sviluppata. Di solito gli impianti di trattamento delle acque producono fanghi di depurazione che vengono poi lavorati in una centrifuga. Questo ha come risultato fanghi di depurazione formati grosso modo dall’80% di materia umida e dal 20% di materia asciutta, che costituisce l’unica materia prima ricavata. In Pyrochar, però, seccare i fanghi di depurazione non è che la prima fase. In Comuni con circa 10.000 abitanti, il flusso medio è di circa 100 kW/h di fanghi di depurazione umidi. Questi vengono messi in un essiccatore per ottenere da 20 a 22 kg di materia asciutta e quest’ultima viene sottoposta a un processo di pirolisi che aiuta a quantificarla. Circa il 50% di questi fanghi di depurazione viene trasformato in un syngas con un valore qualitativo di circa 17 megajoule per litro cubo, che viene poi bruciato per produrre vapore e fornire l’ener-

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TECNOLOGIE Continua da pag. 87

Enzimi per una chimica più “verde” materie prime di rifiuto (oli di frittura, grassi animali e simili) è tecnicamente possibile, ed in Italia è operativo un impianto ad Aprilia, appartenente alla DP Lubrificant, che lavora 30.000 ton/anno di oli vegetali di scarto come oli di frittura e sottoprodotti dell’industria alimentare. Tutta-

depurazione delle acque di scarico, e per il risanamento di bacini lacustri soggetti a fenomeni di eutrofizzazione. Analoghe formulazioni sono usate per i processi di biorisanamento dei siti contaminati; gli enzimi hanno il vantaggio di essere più facilmente controllabili rispetto ai batteri, e di non presentare rischi di tipo biologico. Una interessante categoria di reazioni di risanamento ambientale catalizzate da enzimi è quella delle reazioni di coniuga-

zione, mediante le quali gli inquinanti vengono legati a macromolecole (come lignina o cellulosa) che li immobilizzano, oppure con molecole come glucosio o glutatione, che li rendono più “appetibili” dai microorganismi presenti nel terreno. A livello di laboratorio, sono in corso sperimentazioni di risanamento ambientale da composti fenolici e ftalati, utilizzando membrane idrofobiche con enzimi immobilizzati (laccasi, tirosinasi, lipasi).

via, questo tipo di lavorazione stenta ad affermarsi perché la presenza negli oli esausti di acidi grassi liberi crea notevoli problemi: consuma il catalizzatore producendo acqua, che forma emulsioni che disturbano il processo, e diluisce la glicerina, abbassandone il valore. La Novozymes ha recentemente presentato un processo catalizzato da enzimi, denominato Eversa, che funziona senza problemi anche con gli acidi grassi liberi, non impiega catalizzatori a base di sodio metossido (materiale infiammabile e caustico) e consuma meno energia del processo convenzionale. Il risparmio nei costi del processo e delle materie prime è tale da consentire di ammortizzare il costo dell’impianto in 3 anni o meno. RISANAMENTO AMBIENTALE

Prodotti a base di batteri ed enzimi sono largamente utilizzati per risolvere i problemi di avviamento e di gestione degli impianti di Hi-Tech Ambiente

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TECNOLOGIE Continua da pag. 88

gia necessaria per l’essiccatore. Viene prodotto anche un biochar che, a seconda degli inquinanti che contiene, può essere valorizzato in ammendante per il terreno o carburante solido.

giungere un prezzo competitivo. Si vuole fornire una soluzione che costi circa 50–60 euro per tonnellata di fanghi di depurazione umidi. Oggi i costi dello smaltimento in discarica oscillano tra i 60 e gli 80 euro per tonnellata, mentre i costi di incenerazione vanno da 100 a 200 euro per tonnellata a seconda del paese.

ALTRE OPZIONI DI VALORIZZAZIONE

SVILUPPO DEL PROTOTIPO E PIANI FUTURI

Ci sono due possibilità per valorizzare il syngas prodotto dalla tecnologia di Pyrochar: oltre a produrre vapore per l’essiccatore, si può usare il syngas anche per alimentare un motore a gas dal quale produrre elettricità, se il cliente ha già la sua fonte di energia per l’essiccatore. Per il biochar una valorizzazione alternativa dipende dagli inquinanti. I fanghi di depurazione possono essere inquinati da metalli pesanti e prodotti farmaceutici o chimici. Anche se il processo di pirolisi permette di creare un biochar che è assolutamente sterile (niente odori, niente patogeni) e nel quale tutte le molecole

Ad oggi è in fase di sperimentazione il motore a gas connesso al syngas. Sono già stati fatti test su essiccatori e sulla pirolisi ad alta temperatura, come pure già fatte analisi sul syngas e sul biochar. L’interesse per questa tecnologia è molto, e se tutto va come previsto il prossimo passo sarà fare un impianto dimostrativo su scala più grande e preparare un programma per l’industrializzazione e la commercializzazione. <<Ci piacerebbe fare domanda per i finanziamenti di Horizon2020 – chiarisce Olivier Lepez, coordinatore di Pyrochar ma solo con un prototipo completo che sia già stato verificato>>.

Da fanghi a syngas e biochar

organiche sono sparite, questo potrebbe ancora contenere residui di metalli pesanti. In questa situazione il biochar non si può usare per l’agricoltura ma si può bruciare: ha ancora un valore qualitativo di circa 10–15 MJ/kg. Nel caso di piccole comunità, che generalmente non hanno industrie connesse all’impianto di tratta-

mento delle acque reflue, i fanghi di depurazione probabilmente non saranno inquinati con metalli pesanti e quindi il biochar può diventare un ottimo fertilizzante o ammendante per il terreno. TECNOLOGIA COSTOSA?

Uno degli obiettivi del progetto Pyrochar è anche quello di rag-

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PUBBLIREDAZIONALE

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Un nuovo sistema di purificazione e upgrading del biogas in biometano

metodo VPSA (Vacuum Pressure Swing Adsorption) è stato selezionato da Ecospray in quanto rappresenta la soluzione più vantaggiosa in termini di costi di investimento e consumi energetici. Il processo VPSA, nella sua versione più semplice, si compone di una serie di reattori dove alternativamente viene fatto passare il biogas ad una pressione prossima a quella ambiente. Gli speciali materiali adsorbenti utilizzati (setacci molecolari) sono in grado di trattenere la CO 2 e l’idrogeno solforato. I vari reattori vengono quindi sottoposti ad una speciale combinazione di rigenerazione sotto vuoto e flussaggio, al fine di rigenerare integralmente il materiale adsorbente e procedere con un nuovo ciclo di trattamento. IL SISTEMA ECO-SORBTM VPSA

Ecospray Technologies da 10 anni studia e sviluppa soluzioni tecnologiche per il trattamento e/o raffreddamento di aria e gas nelle applicazioni industriali e navali. L’attività di ricerca e sviluppo, mossa dall’esigenza di favorire la sostenibilità ambientale delle produzioni, ha spinto Ecospray a ricercare una soluzione efficiente ed innovativa per la purificazione e l’upgrading del biogas in biometano. Sfruttando il proprio know-how e la consolidata esperienza nel settore del trattamento del gas e nella depurazione degli inquinanti, Ecospray è oggi in grado di offrire un sistema che permetta che il biometano sia idoneo per l’immissione nelle reti di trasporto e distribuzione (in termini di contenuto di anidride carbonica, contenuto di zolfo totale e mercaptani). Valori tipici richiesti: - contenuto di ossigeno ≤ 0,6%mol, - contenuto di anidride carbonica ≤ 3%mol, - contenuto di solfuro di idrogeno ≤ 6,6 mg/mc, - contenuto di zolfo da mercaptani ≤ 15,5 mg/mc, - contenuto di zolfo totale ≤ 150 mg/mc. La crescente presa di coscienza riguardo al riscaldamento globale, unitamente alla necessità di

Sistema pilota ECO-SORBTM VPSA installato presso un impianto di produzione biogas (AL)

tutelarsi di fronte ad un prossimo esaurimento dei combustibili fossili, sta spostando l’attenzione verso le cosiddette fonti di energia rinnovabile e di particolare interesse risulta essere il biogas. Il biogas, infatti, è un gas combustibile ricavato dallo sfruttamento di residui provenienti da allevamento (liquame, letame e avanzi di mangime), produzione alimentare (avanzi di frutta e verdura,

resti della lavorazione di carne, pesce e latte, avanzi della fabbricazione della birra, avanzi di cibo, ecc.) e da acque reflue di depuratori industriali e comunali. Il biogas prodotto può essere direttamente utilizzato come combustibile tal quale per produrre calore ed energia, oppure può essere convertito in biometano (biogas upgrade) ed essere immesso nella rete nazionale di trasporto e distribuzione del metano o utilizzato come combustibile per l’autotrazione. Il processo di purificazione del biogas in biometano consiste principalmente nella rimozione dell’anidride carbonica (CO 2) e dell’idrogeno solforato (H2S), nonché di altri inquinanti secondari talvolta presenti, quali i silossani ed i mercaptani. LA TECNOLOGIA VPSA

Vi sono numerosi processi conosciuti mediante i quali effettuare la separazione della CO2 dal biogas, i quali sono tuttavia per lo più molto costosi ed energivori. Il

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Ecospray, dopo circa un anno di sperimentazione in laboratorio, ha installato un primo impianto pilota su un reale impianto di produzione del biogas prodotto da residui di allevamento e coltivazione. I test effettuati sono durati svariati mesi, durante i quali, il sistema si è evoluto grazie ad un continuo sviluppo e all’ottimizzazione del processo. La sperimentazione in situ ha permesso, quindi, di ottenere risultati eccellenti in termini di efficienza, durata ed affidabilità. I RISULTATI SPERIMENTALI

Il sistema, denominato ECOSORBTM VPSA, è risultato essere molto sensibile all’umidità in ingresso del biogas. L’impianto è stato quindi dotato di un sofisticato sistema di controllo dell’umidità dei setacci molecolari in grado di mantenere l’efficienza costante nel tempo. Altre importanti variabili di processo sono risultate essere: il grado di vuoto generabile, la potenza della pompa del vuoto, il sistema di flussaggio del materiale adsorbente, i tempi di residenza nel reattore, la qualità dei setacci molecolari ed il sistema di controllo. Grazie alle esperienze acquisite ed ai buoni risultati ottenuti dall’impianto pilota, Ecospray sta realizzando la fornitura di un impianto industriale progettato per una portata di biogas di 1.000 m3/h.


TECNOLOGIE Una nuova tecnologia ideata all'Università di Harvard (Usa) consentirà di poter accumulare l’energia proveniente da fonte rinnovabile, e quindi utilizzarla quando necessario, grazie a particolari biobatterie. Si tratta di batterie a flusso, che sfruttano una molecola prodotta dalle piante durante la fotosintesi, detta chinone, facilmente estraibile dal rabarbaro, biocompatibile ed a basso costo (e, quindi, del tutto differenti dalle batterie finora utilizzate, che non solo hanno alti costi ma soprattutto elevato impatto ambientale, poichè spesso usano al loro interno metalli tossici). Il funzionamento di queste batterie alternative prevede che l'energia venga conservata chimicamente in serbatoi eterni riempiti con una soluzione liquida ricca di elettroliti, molecole che immagazzinano cariche elettriche. A differenza dalle batterie convenzionali, come le batterie ad elettrodi solidi, le batterie a flusso immagazzinano l’energia al di fuori del contenitore della batteria, all’interno di serbatoi chimici. L’energia è accumulata in maniera reversibile in forma ridotta

CON ACCUMULO ESTERNO

La biobatteria lowcost

e ossidata, e circola da serbatoi esterni al serbatoio principale della batteria. In queste biobatterie avvengono reazioni di ossido-riduzione da una parte e dall’altra di una membrana, convertendo l’energia elettrochimica in energia elettrica (o viceversa). In contrasto con le batterie a litio, le batterie a flusso hanno il grande vantaggio di poter aumentare la capacità di energia semplicemente aumentando la grandezza del serbatoio chimico, senza modificare le dimensioni del sistema di erogazione di potenza. L‘italiana Green Energy Storage ha raggiungo un accordo con Harvard per la licenza esclusiva in Europa di tali batterie al rabarbaro, ed entro la metà del 2016 è prevista la realizzazione di biobatterie con potenza superiore al kilowatt e successivamente l’entrata sul mercato nel 2017. Le batterie al rabarbaro avranno dei costi molto ridotti, per quelle di uso domestico di appena un terzo rispetto a quelle attualmente sul mercato, e il passo successivo sarà quindi di sviluppare batteri ancora più grandi per necessità industriali.


PUBBLIREDAZIONALE

Nuova vita al pastazzo

Da scarto agrumario ad una risorsa per il settore sia della mangimistica che della nutraceutica Da oltre 50 anni Officine di Cartigliano Spa (VI) studia, progetta e realizza impianti di essiccazione applicata a diverse matrici. L’impegno costante nello sviluppo di soluzioni tecnologiche innovative hanno consentito alla società vicentina, con oltre 100 addetti specializzati, di diventare leader mondiale nel campo dell’essiccazione delle pelli. La “mission” di Officine di Cartigliano è sempre stata fortemente legata al concetto di “innovazione” in ogni aspetto legato sia al processo, che agli impianti sviluppati nel reparto di oltre 3.000 mq di R&S. Attività di Ricerca e Sviluppo sulla quale la società, guidata dal Dott. Antonio Polato, investe circa il 10% del suo fatturato nello sviluppo di tecnologie dedicate alla tutela ambientale, con particolare riferimento ai sistemi di trattamento dei fanghi derivanti dai processi industriali. I costi di smaltimento in discarica dei fanghi sono in costante crescita in tutto il mondo e costituiscono un problema in termini di gestione e di investimento economico per il settore industriale. Partendo proprio dal settore conciario, core business della Società, Officine di Cartigliano ha sviluppato un nuovo tipo di Essiccatore in grado di gestire fanghi e scarti di lavorazione in genere, con livelli di umidità anche dell’85%, come ci spiega l’Ing. Alessandra Vangelista, responsabile del settore “Refuse Regenerator”: <<La tecnologia dell’essiccamento Cartigliano si differenzia da altri sistemi esistenti in commercio perché la trasmissione del calore avviene per convezione e non per irraggiamento. Il parametro più importante in questo caso diventa la velocità, piuttosto che la temperatura dell’aria impiegata nel processo di essiccazione. Viene impiegata energia termica a bassa temperatura (acqua calda a 80-

Impianto di essiccazione per pastazzo di agrumi

85°C) il più delle volte recuperata da cascami termici da processi di cogenerazione già presenti nel sito di istallazione. Altri aspetti fondamentali del processo riguardano la modalità di convogliamento dell’aria di essiccazione e il pretrattamento del materiale in ingresso>>. L’aria di essiccazione viene alimentata in modo controllato sul materiale mediante speciali ugelli in grado di ottimizzare la distribuzione e la trasmissione del calore nei diversi moduli dell’impianto in funzione. Alta efficienza di scambio termico per convezione che si traduce direttamente in maggiore efficienza e riduzione delle dimensioni di impianto a parità di produzione. Il pretrattamento del prodotto in ingresso è l’altro aspetto innovativo: un sistema di estrusione appositamente sviluppato e brevettato da Officine di Cartigliano consente di omogeneizzare forma e dimensioni del prodotto con alti tenori di umidità prima di entrare nell’impianto di essiccazione. Grazie a questo processo la massa

disomogenea della matrice di partenza viene trasformata in “estrusi” omogenei con il duplice effetto positivo di aumentare esponenzialmente la superficie di scambio termico tra aria e matrice e di impedire la formazione di polveri, prima causa di innesco di incendio negli impianti tradizionali in presenza di alte temperature di esercizio. Il materiale estruso viene automaticamente depositato su tutta la superficie utile del nastro trasportatore mediante apposito sistema dosatore brandeggiante. L’attenzione di Officine di Cartigliano è rivolta anche al settore strategico dell’agroindustria in cui la tecnologia di essiccazione a bassa temperatura sta diventando fondamentale nell’ottica della valorizzazione degli scarti di produzione. Un esempio di questa applicazione nel settore agroindustriale riguarda l’impianto di essiccazione del pastazzo di agrumi sviluppato da Officine di Cartigliano nell’ambito del progetto “BIO4BIO” per la società Agrumigel Srl (Barcellona Pozzo di Gotto, una delle più importanti

OFFICINE DI CARTIGLIANO Spa Via S. Giuseppe, 2 - 36050 Cartigliano (VI) Tel 0424.592526 - Fax 0424.598035 E-mail odc@cartigliano.com

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realtà industriali italiane per la produzione di succhi e concentrati di agrumi). <<Il progetto BIO4BIO - spiega il responsabile scientifico Dott. Luciano Falqui, (Plastica Alfa Srl) è un progetto finanziato dal MIUR volto alla valorizzazione energetica e biomolecolare delle biomasse di scarto del settore agroindustriale>>. Nel caso specifico del pastazzo di agrumi, l’obiettivo era di risolvere la problematica legata alla gestione del residuo di lavorazione degli agrumi. L’idea innovativa è stata quella di trasformare lo scarto di lavorazione in una risorsa, in un nuovo prodotto ad alto valore aggiunto da destinare a due mercati di riferimento, ovvero il settore della produzione della Pectina, composto fondamentale nel campo farmaceutico ed alimentare, ed il settore della mangimistica zootecnica, mercato in costante e rapida crescita. <<Officine di Cartigliano ha realizzato nell’ambito di BIO4BIO continua Falqui - un impianto prototipo su scala industriale appositamente sviluppato per gestire correttamente il pastazzo di agrumi>>. In questo caso, le peculiarità dell’essiccazione a bassa temperatura sono fondamentali, sia per la produzione di pectina, che di formulati per il settore mangimistico. In entrambi i casi è importante allontanare il contenuto di acqua presente (oltre l’85% p/p) senza degradare il prodotto finale. L’ottimizzazione dello scambio termico e l’estrusione del materiale in ingresso, permettono di ottenere un prodotto ad alto valore aggiunto per il settore nutraceutico con costi di esercizio molto bassi grazie all’integrazione dell’impianto di essiccazione con il sistema di cogenerazione dell’impianto a biogas alimentato con scorze di agrumi, già presente nel sito industriale. Inoltre, nel settore della mangimistica, sono stati prodotti nuovi formulati certificati e testati, con ottimi risultati, su campioni animali dal Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Messina diretto dal Prof. Vincenzo Chiofalo.

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AMBIENTE LE AZIENDE CITATE

Air Clean Srl Tel 02.9311989 Fax 02.93504303 E-mail info@aircleansrl.com

FLUORO-BOOST project Tel +44.121.4143344 Fax +44.121.4143971 E-mail e.m.carstea@bham.ac.uk

Anci Tel 06.68009217 Fax 06.68009202 E-mail stampa@anci.it

G.A.I.A. Spa Tel 0141.355408 Fax 0141.353849 E-mail info@gaia.at.it

Argonne National Laboratories Tel +1.630.2524875 Fax+1.630.2525517 E-mail laible@anl.gov

Gorent Spa Tel 055.720764 Fax 055.721363 E-mail eco@gorent.it

BIO-SURFEST project Tel +34.948.690067 E-mail administracion@industrias-suescun.es

Gruppo MAIO Tel 0872.722520 Fax 0872.722556 E-mail info@gruppomaio.com

Boldarino Spa Tel 030.9745811 Fax 030.9748480 E-mail marketing@boldarino.com CDCNPA Tel 02.6993351 Fax 02.61240904 E-mail info@cdcnpa.it Cerahelix Inc Tel +1.207.2993336 E-mail info@cerahelix.com CLS Spa Tel 02.925051 Fax 02.9250111 E-mail carrelli@cls.it Conai Tel 02.54044264 Fax 02.54122648 E-mail morbidini@conai.org Consorzio Cuoiodepur Spa Tel 0571.44871 Fax 0571.450538 E-mail gualtiero.mori@cuoiodepur.it Ecopneus Scpa Tel 02.929701 Fax 02.92970299 E-mail ufficiostampa@ecopneus.it Ecospray Technologies Srl Tel 0131.854611 Fax 0131 .854617 E-mail info@ecospray.eu Ecotec Solution Srl Tel/Fax 0473.562437 E-mail martin.mairhofer@ecotecsolution.com ENDETECH project Tel +33.1.58393220 Fax +33.1.58393221 E-mail contact@endetech.eu Euroinformatica Srl Tel 0574.527811 Fax 0574.527826 E-mail info@atlantide-web.it

PYROCHAR project Tel +33.3.44864420 Fax +33.3.44862786 E-mail olivier.lepez@etia.fr Ricrea Tel 02.3980081 Fax 02.40708219 E-mail iascone@consorzioricrea.org

HSM Gmbh Tel +49.7554.21000 Fax +49.7554.2100160 E-mail info@hsm.eu

Sacmi Imola S.C. Tel 0542.607111 Fax 0542.642354 E-mail sacmi@sacmi.it Saluber’04 Srl Tel 06.96881434 Fax 06.96881434 E-mail info@saluber04.it Sasil Spa Tel 015.985261 Fax 015.985980 E-mail eventi@sasil-life.com

I&S Srl Tel 0461.402122 Fax 0461.402114 E-mail commerciale@ies.it Italprogetti Engineering Spa Tel 0571.450477 Fax 0571.450301 E-mail web@italprogetti.it Laboratorio Biomasse Enea Tel 06.30484506 Fax 06.30486779 E-mail vito.pignatelli@enea.it Lance Energy Services Llc Tel +1.713.8567600 Fax +1.713.8567604 E-mail jake@lance-industries.com Metal Membranes Tel +31.65.2618724 E-mail info@metalmembranes.com Microdyn-Nadir Gmbh Tel +49.611.9625868 Fax +49.611.9629237 E-mail k.sauter@microdyn-nadir.de Nanosun Pte Ltd Tel +65.67950953 Fax +65.67907607 E-mail sales@nanosun-main.com Pellenc S.T. Tel +33.4.90094790 Fax +33.4.90793819 E-mail contact@pellencst.com PF10 Impianti Industriali Tel 02.9092529 Fax 02.90929262 E-mail m.signorelli@pf10.it

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PWN Technologies Tel +31.23.5413740 E-mail info@pwntechnologies.com

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Sistemi Ambientali Srl Tel 035.842137 Fax 035.841095 E-mail info@sistemiambientali.org Sogesvi Environmental Solutions Tel +39.3429770161 E-mail e.levi@sogesvi.com Università di Firenze Tel 055.4796317 Fax 055.4796494 E-mail riccardo.gori@dicea.unifi.it Università di Pisa Tel 050.2211300 Fax 050.2211309 E-mail roberto.lorenzi@unipi.it Vogelsang Italia Srl Tel 0373.970699 Fax 0373.91087 E-mail info@vogelsang-srl.it Watson Marlow Srl Tel 030.6871184 Fax 030.6871352 E-mail info@wmpg.it




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