Appunti Matematici 42 43 44

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Patrizio Gravano

APPUNTI MATEMATICI

NOTE INTRODUTTIVE

DI ELETTRONICA ALLO STATO SOLIDO numeri 42/43/44 - giugno/luglio/agosto 2018



INTRODUZIONE Questo numero, assai impegnativo quanto a contenuti, e’ una introduzione alla conduzione elettrica nei solidi, nei metalli e nei semiconduttori, quali il silicio.

Non si tratta, ne’ lo potrebbe essere, di un testo istituzionale.

L’elaborato contiene una raccolta di temi scelti, scritti in modo piano, partendo dagli aspetti piu’ elementari, di argomenti che solitamente afferiscono all’elettronica e alla fisica dello stato solido.

Pertanto, questo elaborato costituisce uno sviluppo dei numeri di Appunti matematici che ho dedicato all’elettronica analogica e digitale e per certi aspetti si coordina con un precedente numero che avevo dedicato alla meccanica quantistica, lavorando su noto testo che avevo, almeno parzialmente, assunto come mia “guida”.


Questo elaborato e’ per altri aspetti propedeutico agli sviluppi di un prossimo

numero

di

approfondimento

relativo

alla

fisica

quantistica, successivo ad uno del passato di carattere introduttivo.

In ogni caso, ho deciso di partire dagli aspetti piu’ elementari anche se essi sono gia’ stati trattati in altri numeri.

Credo che questo testo possa essere una base per gli sviluppi della meccanica quantistica, avendo da molto tempo deciso di ampliare i; precedente numero introduttivo dedicato alla materia.

Roma, maggio 2018

Patrizio Gravano patrizio.gravano@libero.it

-1-


Nozioni matematiche utili

Nella lettura di questo elaborato risulteranno utili alcune nozioni di analisi matematica.

E’ sicuramente utile ricordare che la scrittura f = f(x, y, z) e’ una funzione di tre variabili indipendenti x, y, e z a valori reali, cioe’ una legge di corrispondenza che associa ad una terna (x, y, z) dello spazio reale un punto indicato come f(x,y,z) .

Sinteticamente si scrive f : � 3 → � .

Non infrequentemente vengono considerate funzioni f : � 4 → � cioe’ funzioni che alla quaterna ordinata (x,y,z, t) fanno corrispondere in modo univoco un punto f(x,y,z,t). In questo caso oltre alle tre coordinate spaziali si considera la variabile t, il tempo.

Una funzione f(x,y,z) ammette la derivata parziale

lim

∆đ?‘Ľâ†’0

đ?‘“(đ?‘Ľ+∆đ?‘Ľ ,đ?‘Ś,đ?‘§)−đ?‘“(đ?‘Ľ,đ?‘Ś,đ?‘§) ∆đ?‘Ľ

đ?œ• đ?œ•đ?‘Ľ

f(x,y,z) se e solo se :

esiste ed e’ finito.

Analogamente vengono definite le altre due derivate parziali -2-


đ?œ• đ?œ•đ?‘Ś

f(x,y,z) = lim

đ?‘“(đ?‘Ľ ,đ?‘Ś+∆đ?‘Ś,đ?‘§)−đ?‘“(đ?‘Ľ,đ?‘Ś,đ?‘§) ∆đ?‘Ś ∆đ?‘Śâ†’0

đ?œ• đ?œ•đ?‘§

f(x,y,z) = lim

∆đ?‘§â†’0

đ?‘“(đ?‘Ľ ,đ?‘Ś,đ?‘§+∆đ?‘§)−đ?‘“(đ?‘Ľ,đ?‘Ś,đ?‘§) ∆đ?‘§

Tali limiti devono esistere ed essere finiti.

Quando si deriva parzialmente rispetto ad una variabile le altre variabili vengono trattate alla stregua di costanti.

Data una funzione f(x,y,z) di tre variabili indipendenti x, y, e z viene definita differenziale totale di f, indicandolo con df la seguente quantita’:

đ?œ•đ?‘“ đ?‘‘đ?‘Ľ đ?œ•đ?‘Ľ

df =

+

đ?œ•đ?‘“ đ?‘‘đ?‘Ś đ?œ•đ?‘Ś

+

đ?œ•đ?‘“ đ?‘‘đ?‘§ đ?œ•đ?‘§

Data una forma differenziale del tipo Adx +đ??ľđ?‘‘đ?‘Ś + đ??śđ?‘‘đ?‘§ data una f(x,y,z) se đ?œ•đ?‘“

đ?œ•đ?‘“

đ?œ•đ?‘“

df = Adx +đ??ľđ?‘‘đ?‘Ś + đ??śđ?‘‘đ?‘§ e’ un differenziale esatto con A = đ?œ•đ?‘Ľ , B = đ?œ•đ?‘Ś e C = đ?œ•đ?‘§ .

A, B e C, intesi come derivate sono in sostanza delle funzioni.

Deve essere:

đ?œ•đ??´ đ?œ•đ?‘Ś

đ?œ•đ??´ đ?œ•đ?‘§

=

đ?œ•đ??ľ đ?œ•đ?‘Ľ

,

đ?œ•đ??ś

= đ?œ•đ?‘Ľ

-3-


đ?œ•đ??ľ đ?œ•đ?‘§

đ?œ•đ??ś

= đ?œ•đ?‘Ś

Viene definito un operatore matematico detto nabla vettore solitamente ∂

đ?œ•

đ?œ•

indicato come đ?› = đ?’Š ∂x +đ?’‹ đ?œ•đ?‘Ś +đ?’Œ đ?œ•đ?‘§

Una distinzione fondamentale e’ quella tra campo scalare e campo vettoriale.

Se e’ assegnata una grandezza scalare U = U(x,y,z) ad ogni punto (x,y,z) ∈ đ?‘‹ ⊆ đ?‘… 3 e’ associato un valore U(x,y,z) che definisce il valore della grandezza scalare

in quel punto. Ove poi si consideri il tempo allora

sarebbe U = U(x,y,z,t).

Un esempio classico di campo scalare e’ il campo di temperatura che associa ad ogni punto di un corpo un corrispondente valore di temperatura.

Data U viene definito il gradiente di U, indicato come grad(U), come segue:

∇đ?‘ˆ =

∂U đ?’Š ∂x

đ?œ•đ?‘ˆ

đ?œ•đ?‘ˆ

+ đ?œ•đ?‘Ś j+ đ?œ•đ?‘§ k

-4-


Assegnata una grandezza vettoriale V(x,y,z) = (đ?‘‰đ?‘Ľ , đ?‘‰đ?‘Ś , đ?‘‰đ?‘§ ) e’ possibile introdurre la nozione di campo vettoriale osservando che in ogni punto (x,y,z)∈ đ?‘‹ ⊆ đ?‘… 3 e’ fatto univocamente corrispondere un vettore

V(x,y,z) =

(�� , �� , �� ).

Ovviamente e’ possibile riferirsi anche al tempo e considerare il caso V(x,y,z,t) = (�� (�), �� (�), �� (�)).

Data una grandezza vettoriale V e quindi dato un campo vettoriale che consente per una assegnata regione spaziale di assegnare per ogni (x,y,z) di essa un

V(x,y,z) e’ possibile definire una grandezza scalare detta

divergenza di V e formalizzata come segue:

div V =

∂Vx ∂x

+

∂Vy ∂y

+

∂Vz ∂z

Nella sostanza si tratta di un prodotto scalare essendo vero che div V= đ?› V

Il lato destro della relazione di eguaglianza e’ ordinariamente ottenuto in termini di prodotto scalare, ragionando per componenti, cioe’ scrivendo đ?œ•

(đ?œ•đ?‘Ľ ,

đ?œ• đ?œ•đ?‘Ś

đ?œ•

, đ?œ•đ?‘§ ) (đ?‘‰đ?‘Ľ , đ?‘‰đ?‘Ś , đ?‘‰đ?‘§ ) =

∂Vx ∂x

+

∂Vy ∂y

+

∂Vz ∂z

che per definizione e’ chiamata

divergenza di V . -5-


Dato l’operatore vettoriale nabla e dato un vettore e’ possibile considerare il seguente prodotto vettoriale ∇ Ă— V , ove Ă— indica il prodotto vettoriale .

Tale grandezza vettoriale e’ chiamata rotore di V e si scrive:

rot V = ∇ Ă— V

Il calcolo di tale grandezza vettoriale puo’ essere svolto a partire dalla notazione di Laplace del prodotto vettoriale (determinante simbolico di Laplace) che, come noto, e’ il seguente:

đ?‘–

đ?‘— đ?‘˜

đ?œ• đ?œ• đ?œ• [đ?œ•đ?‘Ľ đ?œ•đ?‘Ś đ?œ•đ?‘§]

�� �� ��

Nozioni di elettrostatica

La forza di Coulomb

Gli sviluppi sperimentali hanno portato a concludere che tra corpi carichi si esercitano forze rispetto alle quali e’ possibile affermare che:

•

due corpi elettrizzati si possono attrarre oppure si possono respingere ; -6-


•

si ammette che esistano due distinti tipi di cariche elettriche, convenzionalmente definite positive e negative;

•

cariche dello stesso segno di si respingono;

•

cariche di segno opposto si attraggono;

•

la forza (attrattiva o repulsiva, a seconda dei casi) che si esercita tra due cariche puntiformi e’ proporzionale al prodotto delle due cariche;

•

la forza

(attrattiva o repulsiva) e’ inversamente proporzionale al

quadrato della distanza tra di esse.

In estrema sintesi il modulo della forza e’ dato dalla seguente formula

F=đ?‘˜

đ?‘„1 đ?‘„2 đ?‘…2

.

Si osservi che k e’ una opportuna costante di proporzionalita’ che, come rilevato in via sperimentale, dipende dal mezzo nel quale sono “immerse� le due cariche, il vuoto o altro materiale dielettrico.

1

La costante k viene solitamente posta nella forma k = 4đ?œ‹đ?œ€ . 0

La legge di Coulomb diviene F =

1 đ?‘„1 đ?‘„2 4đ?œ‹đ?œ€0 đ?‘…2

. -7-


La grandezza đ?œ€0 e’ chiamata costante dielettrica del vuoto.

La costante dielettrica del vuoto non e’ una grandezza adimensionata. Essa, infatti, e’ espressa, nel Sistema internazionale di misura, in

đ??ś2 đ?‘ đ?‘š2

.

L’unita’ di misura della carica elettrica e’ il coulomb, solitamente indicato con la lettera C.

Il valore di k contenuto nella formula di Coulomb varia a seconda del mezzo dielettrico .

Quando le cariche invece di essere nel vuoto sono contenute in un dielettrico diverso il modulo della forza e’ minore e la legge di Coulomb assume la forma seguente:

1

F = 4đ?œ‹đ?œ€

đ?‘„1 đ?‘„2 2 đ?œ€ 0 đ?‘&#x; đ?‘…

.

Il prodotto đ?œ€0 đ?œ€đ?‘&#x; e’ detto costante dielettrica del mezzo.

Normalmente ci si riferisce a cariche nel vuoto.

-8-


Occorre ricordare che la carica di un qualunque corpo puo’ essere resa dalla formula Q = (đ?‘ đ?‘? − đ?‘ đ?‘’ )e , nella quale e indica il valore della carica dell’elettrone, đ?‘ đ?‘? il numero dei protoni , đ?‘ đ?‘’ il numero degli elettroni.

Si e’ soliti affermare che la carica e’ quantizzata, nel senso che la carica di un corpo e’ sempre un multiplo intero della carica dell’elettrone. Per convenzione la carica dell’elettrone e’ negativa e in valore assoluto risulta pari a 1,6021∗ 10−19 C.

Nelle esperienze di elettrostatica si considerano sempre cariche dell’ordine di grandezza dei 10−9 C, ovvero dei nC (nanocoulomb).

Per la forza di Coulomb trova applicazione il cosiddetto principio di sovrapposizione per il quale la risultante delle forze applicate ad un corpo carico e’ la somma vettoriale dei singoli contributi dovuti alle singole cariche.

In altri termini se e’ data una particolare distribuzione di cariche nello spazio tridimensionale (essendo esse �1 , ‌ . ., �� , ‌ . . �� ) la forza che esse esercitano su una carica Q e’ la somma vettoriale delle forze che ciascuna

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carica esercita sulla carica Q, indipendentemente dalla presenza delle altre cariche (Gettys).

In termini formali il principio di sovrapposizione degli effetti, riferito alla forza di Coulomb, puo’ essere formalizzato come segue:

F = ∑đ?‘›đ?‘–=1 đ?‘­đ?’Š

In essa risulta essere đ?‘­đ?’Š = k

qi Q đ?’“Ě‚ r2i

essendo ri la distanza della carica i-esima

dalla carica Q, quando le si suppongono puntiformi.

La costante k e’ detta costante elettrostatica.

La distinzione tra cariche positive e negative e’ convenzionale e risale al politico e fisico americano Benjamin Franklin cui appunto si deve tale terminologia.

⎈⎈⎈⎈⎈

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Un semplice esercizio di elettrostatica. Due cariche puntiformi si trovano sull’asse delle x nei punti ¹� . Si determini il rapporto tra le cariche di guisa che una terza particella posta nel punto ka con k ≠¹1 sia in equilibrio. Per k= 0 una particella carica deve trovarsi in x = 0 e in questo caso la particella ivi collocata sara’ in equilibrio quando le due cariche 1 e 2 sono concordi (entrambe positive o entrambe negative) e tali che siano pure eguali in modulo. Se le cariche sono discordi non si puo’ avere equilibrio quando la particella carica si trova in x = 0 , avendosi una forza risultante netta pari alla somma della forza di repulsione e di quella di attrazione, aventi lo stesso verso. Che debba essere k ≠¹1 e’ cosa ovvia in quanto in ognuno dei due casi la particella 3 coinciderebbe con la 1 o la 2, rispettivamente. Se k > 1 la particella 3 si trova a destra della 2. In questo caso se le due cariche sono concordi a prescindere dal modulo delle cariche 1 e 2 la particella 3 non puo’ essere in condizione di equilibrio. Per convincersene e’ sufficiente considerare il principio di sovrapposizione degli effetti, evidenziando, in ultima analisi, anche in questo caso l’esistenza di una forza risultante netta, non nulla, pari alla somma di una forza attrattiva e di una repulsiva. In questo caso per avere una chance di equilibrio occorre ammettere che le cariche 1 e 2 siano discordi.

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Si ha la rappresentazione seguente, oltre a quella simmetrica sul segno delle cariche 1 e 2.

In questo caso e’ possibile calcolare la forza attrattiva della carica 1 sulla carica 3 e la forza repulsiva della carica 2 sulla carica 3. Dette forze hanno la medesima direzione ma verso opposto. La condizione di equilibrio tra i moduli di dette forze sussista la seguente condizione scalare tra i moduli di esse: F3,1 = − F3,2 ove , ad esempio F3,1 indica la forza esercitata dalla carica 1 sulla carica 3. Passando ai calcoli si ottiene la seguente sequenza di passaggi . đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?‘Ąđ?‘ž1 đ?‘ž3 (đ?‘˜đ?‘Ž+đ?‘Ž)2 đ?‘ž1 (đ?‘˜đ?‘Ž+đ?‘Ž)2

đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?‘Ąđ?‘ž đ?‘ž

2 3 = − (đ?‘˜đ?‘Žâˆ’đ?‘Ž) 2 e, dividendo ambo i membri per costđ?‘ž1 si ha:

đ?‘ž

2 = − (đ?‘˜đ?‘Žâˆ’đ?‘Ž) 2 e dividendo ambo i membri per đ?‘ž2 si ha :

đ?‘ž1 đ?‘ž2 (đ?‘˜đ?‘Ž+đ?‘Ž)2

������

=−

đ?‘ž1 |đ?‘ž2|

1 (đ?‘˜đ?‘Žâˆ’đ?‘Ž)2

ed infine

đ?‘ž1 đ?‘ž2

=−

(đ?‘˜đ?‘Ž+đ?‘Ž)2 (đ?‘˜đ?‘Žâˆ’đ?‘Ž)2

(đ?‘˜đ?‘Ž+đ?‘Ž)2

= (đ?‘˜đ?‘Žâˆ’đ?‘Ž)2

đ??źđ?‘› modo analogo si studia il caso che la particella 3 sia collocata a sinistra della particella 1 nel caso sia k < −1 . đ?‘…đ?‘’đ?‘ đ?‘Ąđ?‘Ž da esaminare il caso k ∈ (- 1, 0) âˆŞ (0, 1).

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In questo caso la carica 3 deve essere collocata in un punto interno del segmento congiungente le cariche 1 e 2 in un punto distinto dal punto medio di esso e distinto, ovviamente, dagli estremi. Occorre chiedersi quale condizione deve aversi per poter ammettere la possibilita’ di una condizione di equilibrio per la carica 3. In questo caso se le cariche 1 e 2 sono di segni opposti la carica 3 non puo’ essere in alcun caso in condizione di equilibrio di forze. Quando le cariche 1 e 2 sono di segno opposto la carica 3, qualunque sia il segno di essa, e’ sottoposta a due forze parallele e concordi e quindi ad una risultante di forze sicuramente non nulla. La condizione di equilibrio e’ astrattamente realizzabile quando le cariche 1 e 2 hanno il medesimo segno, a prescindere dal segno della carica fra esse inserita. Si puo’ esemplificare ammettendo che le cariche 1 e 2 siano entrambe positive. Poiche’ la carica 3 e’ collocata in un punto intermedio tra esse, distinto dal punto medio della congiungente le cariche 1 e 2, allora le cariche hanno valori diversi, non potendo essere eguali. Recte, se le cariche di eguale segno sono eguali (e il corrispondente rapporto tra esse varrebbe quindi 1) la carica 3 non e’ in condizione di equilibrio di forze elettriche. Tale osservazione vale anche nel caso che le cariche siano entrambe negative. Pertanto, in generale, deve essere, come condizione di ammissibilita’ che sia |�1 | ≠|�2 | Al riguardo e’ possibile la seguente esemplificazione nel caso le cariche 1 , 2 e 3 siano positive.

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Si ha la seguente rappresentazione grafica.

Nei termini piu’ generali essendo 2a la distanza tra le cariche 1 e 2 allora se la distanza tra la carica 1 e 3 vale x allora la distanza tra la carica 3 e la carica 2 risulta essere (2a – x) pr ogni x consentito. A questo punto deve essere verificata la seguente condizione: đ??š2,3 = −đ??š1,3 đ?‘œđ?‘Łđ?‘’ al solito đ??š2,3 indica la forza esercitata dalla carica 2 sulla carica 3 e đ??š1,3 indica la forza esercitata dalla carica 1 sulla carica 3. đ??żđ?‘Ž precedente relazione puo’ essere esplicitata come segue: đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?‘Ąđ?‘ž2 đ?‘ž3 (2đ?‘Žâˆ’đ?‘Ľ)2

=−

đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?‘Ąđ?‘ž1 đ?‘ž3 đ?‘Ľ2

Moltiplicando ambo i membri per đ?‘ž2 (2đ?‘Žâˆ’đ?‘Ľ)2

1 đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?‘Ąđ?‘ž3

≠0 si ottiene la seguente relazione:

đ?‘ž

= − đ?‘Ľ12

đ??¸â€˛ possibile passare alla relazione in modulo avendo

đ?‘ž2 (2đ?‘Žâˆ’đ?‘Ľ)2

đ?‘ž

đ?‘ž

đ?‘ž

2 = đ?‘Ľ12 ed anche đ?‘Ľ12 = (2đ?‘Žâˆ’đ?‘Ľ) 2.

đ??źđ?‘› questa ultima relazione e’ possibile dividere ambo i membri per đ?‘ž2 indi moltiplicare ambo i membri per đ?‘Ľ 2 , ottenendo la ratio

đ?‘ž1 đ?‘ž2

đ?‘Ľ2

= (2đ?‘Žâˆ’đ?‘Ľ)2 Parte inserita ma da verificare attentamente

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Il campo elettrostatico

E’ opportuno premettere la nozione di campo vettoriale per la quale si considera una funzione che associa ad un punto (x,y,z) dello spazio tridimensionale un vettore → . Si considerano le tre componenti scalari del �

vettore (�� , �� , �� ) .

Il campo elettrico che sara’ definito nelle prossime righe e’ un esempio di campo vettoriale.

Dato infatti un punto O nel quale si ammette sia collocata una carica Q si consideri, quindi, un punto P distinto da O in cui sia posta una carica q e si ammetta che essa sia positiva e di 1 coulomb.

Il punto P ha coordinate (x, y, z) mentre si puo’ ammettere che il punto O abbia coordinate (0, 0, 0).

L’intensita’ del campo elettrico viene solitamente definita dal seguente rapporto:

đ?‘­

E=q.

La grandezza campo elettrico e’ una grandezza vettoriale. - 15 -


Le grandezze vettoriali saranno indicate in grassetto. Pertanto E indica il vettore intensita’ di campo elettrico, mentre E indica il modulo di esso.

Quando si considera la carica di prova il modulo di detto vettore risulta essere:

E=

1 đ?‘„ 4đ?œ‹đ?œ€0 đ?œ€đ?‘&#x; đ?‘…2

In questa formula Q e’ la carica che genera il campo elettrico.

La direzione del vettore E e’ quella della congiungente le due cariche Q e q di prova.

Oltre gli aspetti formali quale carica di prova di considera una carica positiva arbitrariamente piccola.

Il verso del vettore E dipende dal segno della carica Q.

Se la carica e’ positiva il verso del vettore E e’ diretto da Q alla carica di prova, mentre e’ diretto in senso opposto nel caso la carica sia negativa.

Nella realta’ un campo elettrico e’ determinato non da una sola carica elettrica ma da una distribuzione di cariche elettriche nello spazio.

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In questo caso il vettore E deve essere inteso quale la risultante vettoriale dei campi elettrici generati dalle singole cariche. Il campo E e’ sempre determinato in un punto dello spazio.

I vettori F ed E sono linearmente dipendenti.

Dato un campo E su una carica q posta in un punto P si esercita una forza F = qđ?‘Ź.

Si

osservi che in questo caso deve ritenersi noto E cioe’ deve ritenersi

calcolato il rapporto tra la forza dovuta alla carica che ha generato il campo elettrico, detta Q, positiva o negativa, e la carica di prova idealmente positiva di 1 coulomb o generalmente positiva e piccola a piacere.

Ove si ipotizzi noto E dalla relazione F = q�, nella quale q puo’ essere sia positivo che negativo, con le evidenti ripercussioni sul verso di F, si puo’ affermare, in accordo con il secondo principio della dinamica

che

in

assenza di vincoli il corpo carico q subisce una accelerazione data dalla formula vettoriale đ?‘­ = mđ?’‚ .

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Relativamente al campo elettrico (inteso come campo vettoriale) la carica di prova q, supposta positiva, deve essere “piccola� e si potrebbe ammettere che sia q → 0+ in quanto (Gettys) “la carica localizzata sulla particella di prova deve essere cosi’ piccola da non alterare in modo significativo la distribuzione di carica che genera il campo�.

Anche per il campo elettrico vige il principio di sovrapposizione degli effetti per il quale il campo elettrico E in un punto dello spazio e’ la risultante vettoriale dei campi dovuti alla presenza di ognuna delle n cariche (cosiddetta distribuzione di cariche) ognuna delle quali, separatamente genera un campo Ei in detto punto.

Nel caso di una distribuzione di cariche nello spazio tridimensionale il campo elettrico in un punto (x,y,z) e’ E = ∑ đ?‘Źđ?’Š .

⎈⎈⎈⎈⎈

Si osservi che dato un campo elettrico E dovuto ad una carica oppure ad una distribuzione di cariche puntiformi vale la relazione F = q0 E che da ‘ conto della forza che si esercita su una carica q0 quando essa giaccia in un punto (x,y,z) dello spazio cui corrisponda un campo elettrico E (generato - 18 -


da una carica Q, oppure da una distribuzione di cariche pure puntiformi), i vettori F ed E sono linearmente dipendenti. Essi hanno la medesima direzione. Per convenzione il vettore E ha il verso della forza esercitata su una carica q0 positiva.

Il verso di E quando e’ nota la distribuzione di cariche nello spazio tridimensionale deve intendersi convenzionalmente noto.

Qualora la carica q0 sia negativa allora il vettore F avra’ verso opposto rispetto al vettore campo elettrico E.

Va infine chiarito il significato del verso del vettore E partendo dalla sua definizione matematica.

In buona sostanza si giunse a sostenere che il campo elettrico e’ dato dalla �

formula E = đ?‘˜ đ?‘&#x;2 đ?’“Ě‚ .

Il verso del campo elettrico e’ diretto verso l’esterno della carica q (che genera il campo) quando la carica q e’ positiva, mentre il verso risulta diretto verso l’interno della carica quando q e’ una carica negativa.

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Con tutta evidenza nella citata formula vettoriale q va sostituito in formula con il segno, positivo o negativo che sia.

Il vettore đ?‘&#x;Ě‚

e’ un versore (vettore di modulo unitario) diretto lungo la

congiungente la carica generatrice con il punto nel quale si considera il campo E . Detto versore e’ sempre uscente da q.

Qualora si abbia una distribuzione di cariche il campo elettrico in un đ?‘ž

dato punto e’ E = k∑ đ?‘&#x;2đ?‘– đ?‘&#x;Ě‚đ?‘– in accordo con la sovrapposizione degli effetti. đ?‘–

⎈⎈⎈⎈⎈

Alcuni semplici esempi di calcolo di E Calcolo del campo elettrico nel caso di cariche collocate sull’asse delle ascisse in un punto P collocato sull’asse delle ordinate, quando le due cariche sono q e -kq con k > 1. La rappresentazione grafica e’ la seguente.

- a

a

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Per il principio di sovrapposizione il campo elettrico E e’ la somma vettoriale dei campi elettrici dovuti alle due cariche. Detti campi sono indicati rispettivamente come đ?‘Źđ?’Œđ?’’ (đ?‘‘) e đ?‘Ź(−đ?’’) (d). Per la simmetria del problema e’ immediato (d'altronde la distanza di P dalle due cariche si mantiene eguale al variare di P, o, detta altrimenti il punto P e’ equidistante rispetto ai punti ove sono collocate le cariche) constatare che vale la relazione |đ?‘Źđ?’Œđ?’’ (đ?‘‘)| = k| đ?‘Ź(−đ?’’) (d)|. Risulta d = √đ?‘Ž2 + đ?‘Ś 2 . I versi dei due vettori sono ottenuti dalla convenzione relative alle linee di forza dei campi generati da cariche positive (uscente dalla carica negativa) e da cariche negative (entranti nella carica negativa).

Un secondo esempio potrebbe essere il seguente. Determinare, se esistono, gli x tali che |E(x) | = 0 nella seguente distribuzione di cariche collocate nei punti Âąđ?‘Ž dell’asse delle x. Per punti interni alla distribuzione delle cariche, cioe’ per x ∈ (−đ?‘Ž, đ?‘Ž) e’ possibile ricondursi alle sue seguenti relazioni vettoriali: đ?‘Źđ?‘ž =

đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?‘Ą đ?‘ž Ě‚ đ?’™ đ?‘Ľ2 đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?‘Ą đ?‘ž

Ě‚ đ?‘Źâˆ’đ?‘˜đ?‘ž = k (2đ?‘Žâˆ’đ?‘Ľ)2 đ?’™ - 21 -


Il vettore risultante puo’ essere ottenuto sommando membro a membro le due precedenti relazioni, avendo quindi: đ?‘Źđ?‘ž + đ?‘Źâˆ’đ?‘˜đ?‘ž =

đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?‘Ą đ?‘ž Ě‚ đ?’™ đ?‘Ľ2

+ (− k

đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?‘Ą đ?‘ž Ě‚) đ?’™ (2đ?‘Žâˆ’đ?‘Ľ)2

In definitiva si ha: đ?‘Źđ?‘&#x;đ?‘–đ?‘ =

đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?‘Ą đ?‘ž Ě‚ đ?’™ đ?‘Ľ2

−k

đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?‘Ą đ?‘ž Ě‚ đ?’™ (2đ?‘Žâˆ’đ?‘Ľ)2

= cost q (

1 đ?‘Ľ2

−

đ?‘˜ Ě‚ )đ?’™ (2đ?‘Žâˆ’đ?‘Ľ)2

La condizione đ?‘Źđ?‘&#x;đ?‘–đ?‘ = 0 e’ ricondotta alla seguente relazione scalare

1 đ?‘Ľ2

đ?‘˜

− (2đ?‘Žâˆ’đ?‘Ľ)2 = 0.

Ed in ultima analisi va risolta l’equazione in x ottenuta imponendo una ulteriore condizione ovvero che sia x tale che sia – a < � < � .

Applicazione dell’equazione vettoriale F = đ?‘žđ?‘Ź Essendo una grandezza vettoriale il campo elettrico E e’ rappresentabile usando la ordinaria notazione vettoriale. Si puo’ ad esempio calcolare un campo elettrico nel piano (x, y, 0) sapendo che la forza esercitata su una carica di k nC risulta essere : F = - ađ?’ŠĚ‚ + đ?‘?đ?’‹Ě‚ ove a e b sono espresse in microN.

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Dalla equazione vettoriale F = đ?‘’đ?‘Ź si ottiene la seguente: E = đ?‘Ž

In altri termini si puo’ scrivere che E = - � �̂ +

đ?‘­ đ?‘ž

đ?‘? đ?’‹Ě‚ đ?‘ž

đ?‘Ž

đ?‘?

1

Quanto alla intensita’ del campo elettrico si ha |E|=√(đ?‘ž )2 + (đ?‘ž)2 = đ?‘ž √đ?‘Ž2 + đ?‘? 2 Si tenga conto che le componenti scalari della forza sono misurate in microN, quindi in 10−6 N, e la carica q in nanoCoulomb, quindi in 10−9 C. Pertanto l’ordine di grandezza di detta intensita’ potrebbe essere

10−6 10−9

= 10−6−(−9) = 103 . Cio’ e’

vero se esiste un k(F, q) reale positivo 0 < đ?‘˜ < 10. A quel punto e’ solo una questione di calcoli.

Moto di particelle cariche entro il campo elettrico

Si consideri il caso di una particella di massa m in un campo elettrico E

Dall’equazione vettoriale F = q0 E si puo’ ottenere, applicando il secondo principio della dinamica, che q0 E = m� e in definitiva che a =

q0 đ??„ . m

Nei termini piu’ generali andrebbero considerate le tre componenti scalari dell’accelerazione vettoriale a , che risultano essere �� , �� , �� .

- 23 -


Nelle trattazioni di base si considera un campo elettrico E uniforme inteso come il campo per il quale comunque siano presi due punti (x,y,z) e (x’,y’,z’) dello spazio X ⊆ � 3 tali che (x,y,z) ≠(x’,y’,z’) risulta essere

E(x,y,z) =

E(x’,y’,z’).

Una particella carica in quiete si muove lungo una retta parallela al vettore E. Si puo’, ad esempio, ammettere che il vettore E sia del tipo E = (đ??¸đ?‘Ľ , 0, 0) essendo đ??¸đ?‘Ľ = 0.

A questa condizione corrisponde che il vettore accelerazione e’ del tipo (

đ?‘žđ??¸đ?‘Ľ đ?‘š

, 0, 0).

Il dipolo elettrico

Il dipolo elettrico e ‘ una modellizzazione che ipotizza due cariche opposte +q e − q poste ad una distanza 2a

<< d, ove d e’ una qualunque distanza

considerata nel modello.

In relazione al dipolo elettrico viene introdotta una grandezza vettoriale detta momento di dipolo elettrico p. - 24 -


Detto vettore ha direzione coincidente con la retta passante per le due cariche supposte puntiformi. Il verso del vettore p e’ quello che va dalla carica negativa a quella positiva.

L’intensita’ del campo elettrico E in un punto dell’asse del dipolo risulta đ?‘?

essere E = đ?‘˜ đ?‘§3 ricordando che z e’ la distanza del punto nel quale si calcola il campo e il punto medio del dipolo.

Questa semplice rappresentazione riguarda il caso indicato.

z

p

Puo’ essere utile considerare il campo con riferimento al piano equatoriale del dipolo, come dalla seguente figura schematica.

- 25 -


Per ragioni di simmetria si ammette che le cariche che costituiscono il dipolo elettrico siano collocate sull’asse z e siano in punti simmetrici rispetto all’origine del sistema di riferimento cartesiano.

In questo caso il piano equatoriale del dipolo e’ il piano di base xy.

L’asse z e’ evidentemente ortogonale a detto piano.

Il

vettore

E

si

ottiene

come

risultante

usando

la

regola

del

parallelogramma di Newton.

- 26 -


Campo elettrico generato da una distribuzione continua di carica

Il campo elettrico infinitesimo dE generato dalla carica infinitesima dq e’ dato dalla seguente formula:

đ?‘‘đ?‘ž

dE = đ?‘˜ đ?‘&#x;2 đ?’“Ě‚

Tale reazione e’ integrabile e si ha:

dq

Ě‚ E = k âˆŤdistribuzione cariche 2 đ?’“ r

Il potenziale elettrostatico

Il vettore E e’, come detto, il rapporto tra una forza ed una carica elettrica.

Se tutte le cariche elettriche sono in quiete il campo elettrico e’ statico.

Si ammette che il campo elettrico statico e’ un campo conservativo.

Per una carica elettrica q qualunque in un campo E generato da una distribuzione di altre cariche puo’ essere introdotta la nozione di energia potenziale elettrostatica in un punto P ≥(x,y,z) quando si ammetta che

- 27 -


esista un punto P’ distinto da P tale che in esso la carica q abbia energia potenziale elettrostatica nulla.

Per energia potenziale elettrostatica della carica q in P si intende il lavoro compiuto dalle forze del campo per spostare la carica q dal punto P’, cui corrisponde convenzionalmente una energia potenziale elettrostatica pari a0.

Per convenzione il punto P’ e’ assunto all’infinito.

L’energia potenziale in un punto P e’ eguale al lavoro necessario per spostare la carica q dal punto P all’infinito.

Detta energia comunemente viene chiamata potenziale elettrostatico.

Assegnati due punti dello spazio A e B ad ognuno di essi – data la distribuzione di cariche che genera E – la differenza di potenziale e’ , per definizione, il lavoro compiuto dalle forze del campo per spostare la particella carica da un punto all’altro.

La scrittura đ?‘Łđ??´ − đ?‘Łđ??ľ

indica il lavoro che e’ stato necessario compiere per

portare una carica unitaria dal punto A al punto B. - 28 -


Si tratta, evidentemente di una applicazione del primo principio della temrodinamica, cioe’ del principio di conservazione dell’energia.

Infatti, se si ammette che la particella carica sia in A cui corrisponde una energia potenziale elettrostatica đ?‘Łđ??´ allora quando essa sara’ in B avra’ una energia potenziale elettrostatica đ?‘Łđ??´ − đ??ż.

Acclarato che đ?‘Łđ??´ − đ?‘Łđ??ľ indica il lavoro svolto dalle forze del campo per portare una particella carica unitaria da A a B allora per portare da A a B una carica q si dovra’ compiere un lavoro L = đ?‘ž (đ?‘Łđ??´ − đ?‘Łđ??ľ ).

Il lavoro nel S.I. e’ misurato in jaule (J) e il potenziale in volt (V).

Sia il lavoro che il potenziale sono due grandezze scalari.

In altri termini tra due punti A e B si ha una differenza di potenziale (đ?‘Łđ??´ − đ?‘Łđ??ľ ) di un volt se le orze del campo, nel portare il corpo puntiforme carico dal punto A al punto B compiono un lavoro di un jaule.

Il

luogo

dei

punti

aventi

lo

stesso

potenziale

e’

detto

superficie

equipotenziale. Banalmente, il lavoro svolto dalle forze del campo su un corpo che si muove su una superficie equipotenziale e’ nullo. - 29 -


L’energia potenziale , solitamente indicata con la lettera V, oppure v e’ una grandezza scalare.

Data una carica puntiforme Q, posta in P0 il potenziale V in un punto P, ove non sono presenti cariche, e’ dato dalla formula seguente:

1

V = 4đ?œ‹đ?œ€

đ?‘„ 0 đ?‘&#x;

ove r indica la distanza tra il punto P e il punto P0 ove e’ collocata

la carica Q

Se (a,b,c) sono le coordinate note del punto ove e’ collocata la carica Q e (x,y,z) sono le coordinate , tali che (x,y,z) ≠(a,b,c), la distanza tra i due punti d(P0 , P) risulta essere r = √(đ?‘Ľ − đ?‘Ž)2 + (đ?‘Ś − đ?‘?)2 + (đ?‘§ − đ?‘?)2 .

Quando in luogo di una carica si ha una distribuzione spaziale di cariche il potenziale in un dato punto va inteso come la somma algebrica scalare dei singoli contributi. In definitiva il potenziale complessivo delle cariche �� e’ dato dalla seguente sommatoria:

đ?‘‰(đ?‘Ľ, đ?‘Ś, đ?‘§) = ∑đ?‘›đ?‘–=1

1 đ?‘žđ?‘– 4đ?œ‹đ?œ€0 đ?‘&#x;đ?‘–

In questa formula đ?‘&#x;đ?‘– indica la distanza della carica i-esima dal punto (x,y,z). - 30 -


Va rimarcata la distinzione tra lo scalare V e il vettore E.

Quando

si abbia una distribuzione di cariche qi nello spazio il campo

elettrico

risultante E in un punto (x,y,z) nel quale non sono presenti

cariche elettriche vale E = ∑đ?’?đ?’Š=đ?&#x;? đ?‘Źđ?’Š .

Tale vettore si ottiene con la regola del parallelogramma di Newton oppure con il metodo della poligonale.

Il lavoro per spostare una carica q dal punto A al punto B e’ dato dalla seguente formula: L = đ?‘ž(đ?‘Łđ??´ −đ?‘Łđ??ľ )

Per rimarcare che si tratta del lavoro per portare la carica da A a B la si riscrive come segue:

đ??żđ??´â†’đ??ľ = đ?‘ž(đ?‘Łđ??´ −đ?‘Łđ??ľ )

Evidentemente đ??żđ??´â†’đ??ľâ†’đ??´ = 0 volt.

Il lavoro

fatto

sulla

carica

unitaria

per

spostarla

da

A a

B e’

ordinariamente un prodotto scalare essendo L = � × � . Si puo’ porre che la carica q sia unitaria (carica da spostare da A a B) e in questo caso sarebbe

- 31 -


L =đ?‘­ Ă—đ?’” =

1 đ?‘„ 4đ?œ‹đ?œ€0 đ?œ€đ?‘&#x; đ?‘…2

∆đ?‘™ = đ?‘Ź Ă— đ?’” = E∆đ?‘™.

In definitiva si puo’ scrivere che: E∆l = ∆đ?‘‰.

Da

essa

si

ricava

E

=

∆đ?‘‰ ∆l

che

evidenzia

alternativamente, possa essere misurato in

che

il

campo

elettrico,

đ?‘Łđ?‘œđ?‘™đ?‘Ą . đ?‘šđ?‘’đ?‘Ąđ?‘&#x;đ?‘–

A queste conclusioni si puo’ pervenire immediatamente dalla definizione formale di lavoro, inteso quale prodotto interno del vettore forza e dello spostamento vettoriale.

Si puo’, considerando i moduli, scrivere che:

∆đ?‘Ł

Fs = q∆đ?‘Ł da cui Eqs = q∆đ?‘Ł e quindi Es = ∆đ?‘Ł da cui E = đ?‘ dove s e’ il modulo del vettore spostamento s.

Approfondimento sulla nozione di potenziale e di differenza di potenziale

E’ data una carica positiva q che genera il campo E(r). Le linee di forza di detto campo “escono� radialmente dalla carica q positiva (entrerebbero in essa ove fosse nagativa).

- 32 -


Sia data unacarica qo in moto a distanza costante r da detta carica. In questo caso E(r) non deve intendersi costante, quindi il campo non e’ uniforme, ma e’ possibile, argomentando dalla legge di Coulomb, ammettere che esso sia costante in modulo .

Se a e b sono due successive posizioni della carica qo sempre a distanza r costante dalla carica q i punti a e b sono punti di un arco di circonferenza.

Il vettore velocita’ e’ diretto sempre secondo la tangente all’arco ab in ogni punto di esso.

I vettori spostamento infinitesimo dl e campo elettrico E sono mutuamente ortogonali e in particolare dl e’ tangente all’arco ab.

Il lavoro nello spostamento da a a b e’ nullo, come si evince dalla ortogonalita’ dei due vettori.

đ?‘?

đ?‘?

L = âˆŤđ?‘Ž đ?‘­đ?‘‘đ?’? = đ?‘ž0 âˆŤđ?‘Ž đ?‘Źđ?‘‘đ?’? = đ?‘ž0 ∙ 0 = 0

⎈⎈⎈⎈

- 33 -


Occorre ora considerare lo spostamento radiale

riferito ad un campo

generato da una carica q, quando una carica đ?‘ž0 viene spostata dal punto a al punto b su una linea di forza uscente dalla carica q.

Il lavoro svolto viene esplicitato dai seguenti passaggi.

đ?‘&#x;(đ?‘?)

đ?‘&#x;(đ?‘?)

1

đ?‘&#x;(đ?‘?) 1 dr đ?‘&#x;2

âˆŤđ?‘&#x;(đ?‘Ž) đ?‘­đ?‘‘đ?’? = đ?‘žđ?‘œ âˆŤđ?‘&#x;(đ?‘Ž) đ?‘Źđ?‘‘ = q0 q 4πξ âˆŤđ?‘&#x;(đ?‘Ž) 0

Ci si riconduce a integrali del tipo âˆŤ đ?‘&#x; −2 dr =

đ?‘&#x; −2+1 −2+1

1

= − đ?‘&#x; +đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?‘Ą.

L’integrale definito corrispondente e’ :

đ?‘&#x;(đ?‘?)

âˆŤđ?‘&#x;(đ?‘Ž) đ?‘&#x; −2 đ?‘‘đ?‘&#x; = −

1 đ?‘&#x;(đ?‘?)

− (−

1 đ?‘&#x;(đ?‘Ž)

1

1

) = đ?‘&#x;(đ?‘Ž) − đ?‘&#x;(đ?‘?) .

1

1

1

Il lavoro compiuto vale L = q0 q 4πξ (đ?‘&#x;(đ?‘Ž) − đ?‘&#x;(đ?‘?)) 0

Il lavoro compiuto per portare una carica đ?‘ž0 dal punto a al punto b non dipende dal percorso compiuto per spostarla da a al punto b .

Tale spostamento puo’ avvenire in infiniti modi.

Il lavoro L e’ sempre ∑ đ?‘™ cioe’ e sempre

la somma dei lavori elementari

radiali.

- 34 -


Gli archi circolari, come evidenziato nelle considerazioni precedenti, non danno contributo al lavoro complessivo.

In senape e viola sono stati disegnati due, tra gli infiniti possibili, distinti percorsi non rettilinei dal punto a al punto b.

Pertanto si puo’ scrivere:

đ?‘?

âˆŤđ?‘Ž đ?‘­ đ?‘‘đ?’? =

đ?‘žđ?‘ž0 1 ( 4đ?œ‹đ?œ€0 đ?‘&#x;(đ?‘Ž)

−

1 ) đ?‘&#x;(đ?‘?)

Non e’ quindi necessario utilizzare l’integrale di linea.

Quando il lavoro svolto per spostare la carica da a a b e’ il medesimo qualunque sia il percorso compiuto, si dice che il campo e’ conservativo.

Vale la relazione −đ??ż = đ?‘ˆđ?‘? − đ?‘ˆđ?‘Ž < 0.

Tale relazione mette in relazione il lavoro compiuto e la variazione dell’energia potenziale. - 35 -


− đ??żđ?‘Žâ†’đ?‘? = −

đ?‘žđ?‘ž0 1 ( 4đ?œ‹đ?œ€0 đ?‘&#x;(đ?‘Ž)

Per r(b) → ∞ si ha

1

− đ?‘&#x;(đ?‘?)) = đ?‘ˆđ?‘? − đ?‘ˆđ?‘Ž

1 đ?‘&#x;(đ?‘?)

→0.

Per definizione si pone U(b) = 0.

Da cui −

đ?‘žđ?‘ž0 1 4đ?œ‹đ?œ€0 đ?‘&#x;(đ?‘Ž)

= 0 − đ?‘ˆđ?‘Ž e in definitiva di ha: đ?‘ˆđ?‘Ž =

đ?‘žđ?‘ž0 1 4đ?œ‹đ?œ€0 đ?‘&#x;(đ?‘Ž)

.

Pertanto l’energia potenziale in funzione della distanza r della carica che si considera rispetto alla carica q che genera il campo risulta essere:

đ?‘žđ?‘ž

U( r) = 4đ?œ‹đ?œ€0

0

1 đ?‘&#x;

đ?‘&#x;

đ?‘&#x;

Formalmente si scrive che U( r) = − âˆŤâˆž đ?‘­đ?‘‘đ?’? ove âˆŤâˆž đ?‘­đ?‘‘đ?’? e’ il lavoro compiuto per portare una carica dall’infinito (ove si ammette, per definizione, che la sua energia potenziale sia nulla) ad una distanza r dalla carica q che genera il campo elettrico.

E’ un caso di conservazione dell’energia.

Dato un campo E = đ?‘Źđ?&#x;? + đ?‘Źđ?&#x;? dovuto alle cariche 1 e 2 la forza agente su đ?‘ž0 e’ data dalla formula F = đ?‘ž0 (đ?‘Źđ?&#x;? + đ?‘Źđ?&#x;? ) .

đ?‘?

đ?‘?

đ?‘?

đ?‘?

q

đ?‘ž

đ?‘ž

Il lavoro vale âˆŤđ?‘Ž đ?‘­ đ?‘‘đ?’? = đ?‘ž0 âˆŤđ?‘Ž (đ?‘Źđ?&#x;? + đ?‘Źđ?&#x;? )dl = đ?‘ž0 (âˆŤđ?‘Ž (đ?‘Źđ?&#x;? dl + âˆŤđ?‘Ž đ?‘Źđ?&#x;? )dl) = 0 ( 1 + 2 ) . 4πξ đ?‘&#x; đ?‘&#x; 0

1

2

- 36 -


L’energia potenziale vale U =

q0 đ?‘ž1 ( 4πξ0 đ?‘&#x;1

+

đ?‘ž2 ). đ?‘&#x;2

In generale sei si hanno n cariche si ha U =

Il rapporto

đ?‘ˆ đ?‘ž0

Si scrive V =

đ?‘ˆ đ?‘ž0

q0 đ?‘ž ∑ đ?‘– 4πξ0 đ?‘&#x;đ?‘–

e’ detto potenziale elettrostatico.

quando �0 e’ piccola.

Anche V e’ un campo ma si tratta, evidentemente, di un campo scalare.

Per ogni (x, y, z) ∈ đ?‘‹ ⊆ đ?‘… 3 al tempo t e’ possibile avere V = đ?‘‰ (đ?‘Ľ, đ?‘Ś, đ?‘§, đ?‘Ą) .

Il potenziale, come e’ noto, viene misurato in

đ?‘—đ?‘Žđ?‘˘đ?‘™đ?‘’ đ?‘?đ?‘œđ?‘˘đ?‘™đ?‘œđ?‘šđ?‘?

.

L’unita’ di misura della differenza di potenziale e’ detta volt (V).

⎈⎈⎈⎈

E’ possibile determinare il potenziale in un punto (x,y,z) dovuto ad una distribuzione di carica.

Il potenziale viene ricavato dividendo U per la carica đ?‘ž0 e quindi risulta:

V=

đ?‘ž q0 ∑ đ?‘– 4πξ0 đ?‘&#x;đ?‘–

q0

=

1 đ?‘ž ∑ đ?‘– 4πξ0 đ?‘&#x;đ?‘–

Nel caso di una carica puntiforme si ha: - 37 -


1

V = 4πξ

đ?‘ž 0đ?‘&#x;

⎈⎈⎈⎈

Per questa via si giunge agevolmente alla nozione di elettrone -volt , intesa come unita’ di misura dell’energia, largamente utilizzata in fisica atomica.

Sia una particella di carica q posta in un punto di un campo E in cui il potenziale sia V. La sua energia potenziale e’ U = đ?‘žâˆ†đ?‘‰.

Se si pone q = |e| e si pone ∆V = 1đ?‘‰ l’energia potenziale in valore assoluto e’ 1∙ |đ?‘’| = 1.602 10−19 J.

In definitiva:

1eV = 1.602 10−19 đ??˝.

L’elettrone-volt puo’ essere inteso (Gettys) come l’energia acquistata da un elettrone quando si sposta tra due punti con una ddp di 1 volt.

Nei calcoli, poiche’ e e’ negativa, si ha U< 0 (�� ��).

⎈⎈⎈⎈

- 38 -


Il potenziale dovuto ad una distribuzione continua di carica e vale V = 1 đ?‘ž lim ∑ đ?‘– 4πξ0 đ?‘ →+∞ đ?‘&#x;đ?‘–

1

= 4πξ âˆŤ 0

đ?‘‘đ?‘ž đ?‘&#x;

L’integrale e’ esteso all’intero corpo e risulta che dq = đ?œŒđ?‘‘đ?‘Ľ .

â‹°â‹ąâ‹° â‹Ż â‹ąâ‹°â‹ą â‹Ż

Si ha :

∆đ?‘‰ = đ?‘‰đ??´ − đ?‘‰đ??ľ =

đ?‘ˆđ??´ −đ?‘ˆđ??ľ đ?‘ž0

đ?‘ˆđ??´ −đ?‘ˆđ??ľ đ?‘ž0

đ?‘Ž

â&#x;š đ?‘ˆđ??´ − đ?‘ˆđ??ľ = −đ?‘ž0 âˆŤđ?‘? đ?‘Ź đ?‘‘đ?’?

đ?‘Ž

= − âˆŤđ?‘? đ?‘Ź đ?‘‘đ?’?

Il campo E e’ conservativo.

â‹Ż â‹°â‹ą â‹Ż â‹°â‹ą â‹Ż

Un esempio di campo elettrico uniforme E .

- 39 -


Il vettore campo elettrico

E e’ parallelo all’asse delle x in ogni punto di X

⊆ �3 .

E(x, y, z, t) = →

đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?‘Ą

in ogni punto di X e nel tempo.

Si puo’ considerare un campo E = đ??¸đ?’ŠĚ‚ essendo le altre due componenti nulle.

In questo caso dl = đ?‘‘đ?‘Ľ đ?’ŠĚ‚ .

đ?‘?

đ?‘?

đ?‘?

In altri termini si puo’ scrivere che đ?‘‰đ?‘? − đ?‘‰đ?‘Ž = − âˆŤđ?‘Ž đ??¸đ?’ŠĚ‚ dxđ?’ŠĚ‚ = − âˆŤđ?‘Ž đ??¸đ?‘‘đ?‘Ľ = −đ??¸ âˆŤđ?‘Ž đ?‘‘đ?‘Ľ = −(đ?‘? − đ?‘Ž)đ??¸.

Posto a = 0 si ha đ?‘‰đ?‘? − đ?‘‰đ?‘œ = −đ?‘?đ??¸ e quindi

đ?‘‰đ?‘Ľ = −đ?‘?đ??¸ + đ?‘‰đ?‘œ

Assegnata una funzione potenziale (quindi un campo potenziale) e’ possibile determinare l’intensita’ del campo elettrico E in un punto dato. Sia ad esempio V(x,y) = 4đ?‘Ľđ?‘Ś + đ?‘Ľ 2 . Le due componenti del campo elettrico E, cioe’ đ??¸đ?‘Ľ đ?‘’ đ??¸đ?‘Ś . đ?œ•

đ?œ•

đ??¸đ?‘Ľ = − đ?œ•đ?‘ĽV(x,y) = − đ?œ•đ?‘Ľ (4đ?‘Ľđ?‘Ś + đ?‘Ľ 2 ) = −4đ?‘Ś − 2đ?‘Ľ - 40 -


đ?œ•

đ?œ•

đ??¸đ?‘Ś = − đ?œ•đ?‘ŚV(x,y) = − đ?œ•đ?‘Ś (4đ?‘Ľđ?‘Ś + đ?‘Ľ 2 ) = - 4x Da cui E(x,y) = (−4đ?‘Ś − 2đ?‘Ľ , - 4x) = (−4đ?‘Ś − 2đ?‘Ľ)đ?’ŠĚ‚ + (-4x)đ?’‹Ě‚ Detto campo non puo’ evidentemente essere uniforme. Per trovare E in un punto dato basta la sostituzione (x, y) → (đ?‘Ž, đ?‘?). Un campo E e’ uniforme se E(x,y) = kđ?’ŠĚ‚ +hđ?’‹Ě‚, quando h e k sono due scalari reali.

La relazione tra il campo vettoriale E e il campo scalare V

đ?‘ƒ

Si parte solitamente da V = − âˆŤâˆž đ?‘Źđ?‘‘đ?’? che esprime il potenziale in un punto P a partire dal campo elettrico E.

Si puo’ lavorare sul prodotto scalare dell’integrale considerato con riferimento ad una variazione della x.

Edl = (đ??¸đ?‘Ľ , đ??¸đ?‘Ś , đ??¸đ?‘§ )(∆đ?‘Ľ , 0 , 0 ) = đ??¸đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ

In questo caso si scrive dl = đ?‘‘đ?‘Ľđ?’ŠĚ‚ .

Ragionando per variazioni in una dimensione si puo’ scrivere che:

- 41 -


đ?‘Ľ+∆đ?‘Ľ

V(x +∆đ?‘Ľ , đ?‘Ś, đ?‘§) − đ?‘‰(đ?‘Ľ, đ?‘Ś, đ?‘§) = − âˆŤđ?‘Ľ

đ??¸đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľâ€˛

(nella formula integrale si e’ utilizzato l’apice per evitare confusione).

Nella precedente ultima relazione si puo’ portare fuori da integrale il termine costante avendo che:

đ?‘Ľ+∆đ?‘Ľ

V(x +∆đ?‘Ľ , đ?‘Ś, đ?‘§) − đ?‘‰(đ?‘Ľ, đ?‘Ś, đ?‘§) = − âˆŤđ?‘Ľ

đ?‘Ľ+∆đ?‘Ľ

đ??¸đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľâ€˛ = −đ??¸đ?‘Ľ âˆŤđ?‘Ľ

∆đ?‘‰ ∆đ?‘Ľâ†’0 ∆đ?‘Ľ

In altri termini si puo’ scrivere che lim

=

đ?œ•đ?‘‰ đ?œ•đ?‘Ľ

��′ .

= −đ??¸đ?‘Ľ

Analogamente si puo’ procedere con le altre due dimensioni avendo che:

đ?œ•đ?‘‰ đ?œ•đ?‘Ś

= −đ??¸đ?‘Ś

đ?œ•đ?‘‰ đ?œ•đ?‘§

= −đ??¸đ?‘§

PARTE INSERITA CON RISERVA

Si parte dall’ipotesi che il campo elettrico E sia uniforme e costante nel tempo e quindi siano costanti le quantita’ scalari đ??¸đ?‘Ľ (đ?‘Ą), đ??¸đ?‘Ś (đ?‘Ą), đ?‘’ đ??¸đ?‘§ (đ?‘Ą). La variazione di potenziale tra i punti P e P+đ?‘‘đ?‘ƒ di coordinate (x,y,z) e (x+đ?‘‘đ?‘Ľ, đ?‘Ś + đ?‘‘đ?‘Ś , đ?‘§ + đ?‘‘đ?‘§) indicata con il formalismo

�� ��

deve intendersi come

la somma delle differenze di potenziale date dalle tre derivate parziali đ?œ•đ?‘‰ đ?œ•đ?‘Ľ

,

đ?œ•đ?‘‰ đ?œ•đ?‘Ś

e

đ?œ•đ?‘‰ đ?œ•đ?‘§

. - 42 -


In buona sostanza la variazione del potenziale tra due punti puo’ essere scomposta in tre variazioni successive in quanto tra i due punti si puo’ giungere con tre step successivi con le transizioni seguenti:

(x ,y, z) → (x +�� , �, � ) → (� + ��, � + �� , �) → (� + ��, � + �� , � + ��).

Un esempio bidimensionale dovrebbe chiarire i termini della questione.

In definitiva per andare dal punto P al punto Q si puo’ passare per K. La variazione di potenziale nel passaggio da P a K presuppone che sia x costante e quindi si puo’ ragionare nel termini che la variazione di potenziale deve essere -đ??¸đ?‘Ś ∆đ?‘Ś quindi, dovendo passare da K a Q e’ possibile considerare la variazione di potenziale riferita alla dimensione x che vale -đ??¸đ?‘Ľ ∆đ?‘Ľ .

In altri termini se ∆đ?‘™ e’ d(P,Q) allora si puo’ ammettere che:

∆đ?‘‰ ∆đ?‘™

= -đ??¸đ?‘Ś ∆đ?‘Ś − đ??¸đ?‘Ľ ∆đ?‘Ľ .

In termini infinitesimi si puo’ affermare che

ΔV Δl

đ?œ•đ?‘‰

đ?œ•đ?‘‰

= đ?œ•đ?‘Ľ + đ?œ•đ?‘Ś =-đ??¸đ?‘Ľ − đ??¸đ?‘Ś . - 43 -


La modalita’ piu’ sintetica di rappresentazione del campo elettrico in funzione del potenziale e’ quella nota che per comodita’ si sicorda:

đ?œ•đ?‘‰

đ?œ•đ?‘‰

đ?œ•đ?‘‰

E = −(đ?œ•đ?‘Ľ đ?‘–Ě‚ + đ?œ•đ?‘Ś đ?‘—Ě‚ + đ?œ•đ?‘§ đ?‘˜Ě‚ ) = −∇đ?‘‰ = −đ?‘”đ?‘&#x;đ?‘Žđ?‘‘đ?‘‰.

Solitamente si utilizza l’equazione di Poisson nella forma contenente le derivate parziali del secondo ordine.

đ?œ• đ?œ•đ?‘Ľ

(Ex) +

đ?œ• đ?œ•đ?‘Ś

(Ey) +

đ?œ• đ?œ•đ?‘§

đ?œ•

đ?œ•

(Ez) = đ?œ•đ?‘Ľ (− đ?œ•đ?‘Ľ đ?‘‰) +

đ?œ• đ?œ•đ?‘Ś

đ?œ•

(− đ?œ•đ?‘Ł đ?‘‰) +

đ?œ• đ?œ•đ?‘§

đ?œ•

đ?œŒ

(− đ?œ•đ?‘§ đ?‘‰) = đ?œ€

0

Non infrequentemente si utilizza formalizzare il campo elettrico con la seguente relazione vettoriale:

rot E = 0

Linee di forza e superfici equipotenziali

Le superfici equipotenziali sono le superfici

nelle quali il potenziale e’

costante.

- 44 -


Data una carica sferica si hanno le linee di forza radiali, uscenti dalla carica se essa e’ positiva oppure netranti in essa se negativa.

Le superfici equipotenziali sono le sfere concentriche con la carica Q. In definitiva una carica che si muove a distanza costante da una carica si muove su una superficie equipotenziale e quindi si ha ∆đ?‘‰ = 0 .

Il vettore induzione elettrica

Sia dato un materiale avente una costante dielettrica đ?œ€ = đ?œ€0 đ?œ€đ?‘&#x; .

Viene definito un vettore, solitamente indicato come D, detto induzione elettrica legato al vettore campo elettrico dalla seguente relazione:

D = đ?œ€đ?‘Ź.

I due vettori sono linearmente dipendenti ed hanno il medesimo verso.

Nel vuoto tale vettore e’ definito dalla relazione:

D = đ?œ€0 đ?‘Ź.

L’unita’ di misura della grandezza considerata e’

đ?‘?đ?‘œđ?‘˘đ?‘™đ?‘œđ?‘šđ?‘? đ?‘š2

.

- 45 -


La densita’ di carica elettrica

L’ipotesi di una carica elettrica concentrata in un punto (carica puntiforme) e’ una pura astrazione.

Si deve ritenere che una data carica Q sia distribuita in un volume V.

đ?‘„

La densita’ di carica e’ intesa come il rapporto đ?œŒ = đ?‘‰ e viene misurata in đ?‘?đ?‘œđ?‘˘đ?‘™đ?‘œđ?‘šđ?‘? đ?‘š3

.

Si ammette che la densita’ di carica, nei termini piu’ ampi, sia

una

funzione del punto P = (đ?‘Ľ, đ?‘Ś, đ?‘§) dello spazio tridimensinale, sia cioe’ đ?œŒ = đ?œŒ(đ?‘Ľ, đ?‘Ś, đ?‘§).

Entro questi schemi la

carica totale Q, quando e’ nota la funzione đ?œŒ =

đ?œŒ(đ?‘Ľ, đ?‘Ś, đ?‘§) e’ data dal seguente integrale:

Q = âˆŤđ?‘‰ đ?œŒ(đ?‘Ľ, đ?‘Ś, đ?‘§)đ?‘‘đ?’™

- 46 -


Si osservi che nel fattore differenzianziale x e’ indicato in grassetto non essendo interpretabile

come l’usuale dx degli integrali

nei quali le

funzioni integrande sono del tipo y = f(x).

Si puo’ anche usare il fattore differenziale dV in luogo di dx.

Il flusso del vettore campo elettrico

Nei campi vettoriali viene solitamente utilizzata una grandezza scalare detta flusso di un vettore attraverso una superficie.

Come gia’ detto un campo vettoriale si identifica dal punto di vista matematico tipicamente come una funzione che associa ad un punto P≥(x,y,z) un vettore A(P). Detto vettore e’ comunemente detto vettore del campo.

Per calcolare il flusso di un vettore attraverso una superficie si ricorre al calcolo integrale e si pone che il flusso đ?›ˇđ?‘¨ sia dato dall’integrale âˆŤđ?‘† đ??¸ Ă— đ?’?đ?‘‘đ?‘† Nei termini piu’ elementari possibili data una superficie piana il flusso del

- 47 -


vettore A cioe’ la grandezza đ?›ˇđ?‘¨ e’ tipicamente un prodotto scalare e quindi data dalla relazione đ?›ˇđ?‘¨ = đ??´đ?‘†đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?œ—.

L’angolo đ?œ— va inteso come l’angolo compreso tra la direzione del vettore A e la retta n normale alla superficie S .

Ove ci si riferisca al flusso del campo elettrico, indicato come đ?›ˇđ??¸ , si tratta di una grandezza scalare (ottenuta da un prodotto scalare) che dipende da E, dal suo modulo e dalla superficie rispetto alla quale viene calcolato.

Il vettore ∆đ?‘ş e’ comunemente detto vettore di superficie.

Per una superficie piana si ha la seguente rappresentazione.

Il campo elettrico E deve intendersi uniforme.

- 48 -


Si consideri il rettnagolo di lati a e b si ha che âŽŞâˆ†đ?‘şâŽŞ = đ?‘Žđ?‘?.

Il flusso del campo elettrico e’ đ?›ˇđ??¸ = E∆đ?‘ş da intendersi come un ordinario prodotto scalare.

Si puo’ in questo caso particolare scrivere che:

E = (0 , 0, −đ??¸) e ∆đ?‘† = (0, 0, ab)

đ?›ˇđ??¸ = E∆đ?‘ş =(0 , 0, −đ??¸) (0, 0, ab) = −đ?‘Žđ?‘?đ??¸

Relativamente al flusso di un vettore deve sempre intendersi nota sia la grandezza vettoriale che definisce il particolare campo vettoriale che si considera (nel caso di specie il vettore campo elettrico E) sia la superficie rispetto alla quale detto flusso viene calcolato.

Usando la prima relazione del prodotto scalare si puo’ scrivere :

đ?›ˇđ??¸ = đ??¸âˆ†đ?‘†đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?œƒ ∆Scosθ e’ detta area efficace della superficie.

Si ammette che E sia uniforme e che ∆đ?‘ş e’ una superficie piana.

- 49 -


Il flusso del campo elettrico e’

misurato in

đ?‘ đ?‘š2 . đ??ś

L’unita ‘ di misura del

flusso di campo elettrico nel Sistema Internazionale e’ detta weber.

Quando i vettori E e ∆đ?‘ş sono ortogonali il flusso e’ nullo.

Si consideri una figura chiusa come quella seguente.

Il vettore ∆đ?‘ş e’ orientato verso l’esterno con riferimento ad ognuna delle facce del cubo.

Quando

la superficie non e’ piana e’ necessario utilizzare

il calcolo

integrale.

- 50 -


In buona sostanza si ammette che la superficie non piana sia costituita da un numero arbitrariamente grande di piccole areole supposte piane. In altri termini il flusso e’:

đ?›ˇđ?‘Ź = lim ∑ đ?‘Źi ∆đ?‘şđ?‘– = âˆŹđ?‘† đ?‘Źđ?‘‘đ?‘ş = âˆŹđ?‘† đ??¸đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?œ—đ?‘‘đ?‘† ∆đ?‘†â†’0

Ě‚ Occorre ricordare che dS = đ?‘‘đ?‘şđ?’?

⎈⎈⎈⎈⎈

Esiste un formalismo particolare che si utilizza quando si ha, come solitamente e’, a che fare con una superficie chiusa.

Si scrive đ?›ˇđ?‘Ź = âˆŻđ?‘† đ?‘?â„Žđ?‘–đ?‘˘đ?‘ đ?‘Ž đ?‘Źđ?‘‘đ?‘ş.

Detto integrale e’ detto di circuitazione.

Risulta, come noto, che �� =

đ?‘„đ?‘–đ?‘›đ?‘Ą đ?œ€0

. Nello spazio si ha

�� =

1 đ?œ€0

∭đ?‘‰ đ?œŒđ?‘‘đ?‘Ł.

In altri termini si ha ∭đ?‘‰ đ?œŒđ?‘‘đ?‘Ł = đ?‘„đ?‘–

Questa ultima relazione e’ detta forma integrale della legge di Gauss.

- 51 -


In essa đ?‘„đ?‘– viene intesa come la somma algebrica delle cariche presenti entro la superficie gaussiana.

Al teorema di Gauss sono dedicati i due paragrafi seguenti.

Il teorema di Gauss. La prima equazione del campo elettromagnetico

Il teorema di Gauss

del campo elettrostatico – prima legge del campo

elettromagnetico – viene enunciato dicendo che “il flusso del campo elettrico uscente da una superficie chiusa e’ eguale alla somma algebrica di tutte le cariche elettriche contenute entro la superficie che si considera divisa per la costante dielettrica del vuoto�.

In formula si puo’ scrivere che �� =

∑ đ?‘„đ?‘– đ?œ€0

.

Si consideri una carica elettrica Q contenuta entro una superficie chiusa dello spazio tridimensionale .

Sia ∆đ?‘ la parte di superficie per la quale si possa ammettere sia E costante. Sia đ?œ” l’angolo solido soto cui la superficie ∆đ?‘ e’ vista dal punto ove si trova la carica assegnata. - 52 -


Sia đ?›ź l-angolo che la la normale n a ∆đ?‘ forma con il vettore campo campo elettrico . Il flusso uscente da ∆đ?‘ viene indicato come ∆đ?›ˇ.

Per la definizione di flusso di un vettore attraverso una superficie di puo’ scrivere che:

∆đ?›ˇ = ∆đ?‘ đ??¸đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?›ź

Viene indicata con ∆s’ la proiezione di ∆s sulla sfera di centro Q e di raggio r

Si puo’ scrivere che ∆s’ =∆s cosÎą = đ?‘&#x; 2 đ?œ”

Conseguentemente si ha:

1

âˆ†ÎŚ= Eđ?‘&#x; 2 đ?œ” = 4đ?œ‹đ?œ€

đ?‘„ 2 2đ?‘&#x; đ?œ” đ?‘&#x; 0

e quindi ÎŚ=

1 đ?‘„ ∑ đ?œ”đ?‘– 4đ?œ‹đ?œ€0

=

1 đ?‘„4đ?œ‹ 4đ?œ‹đ?œ€0

=

đ?‘„ đ?œ€0

Una modalita’ dimostrativa semplificata del teorema di Gauss potrebbe essere quella di ricondurre la carica Q come contenuta entro una superficie sferica di raggio R concentrica alla carica Q medesima quando essa sia distribuita in una superficie sferica di raggio r < �.

In questo caso il prodotto scalare che definisce il flusso non contiene l’argomento cos(.). - 53 -


Ci si riconduce alle logiche di una nota conseguenza del teorema di Gauss , cioe’ alla determinazione del campo elettrico E generato da una sferetta conduttrice carica.

In questo caso di simmetria il flusso risulta essere đ?›ˇđ?‘Ź = 4đ?œ‹đ?‘… 2 đ??¸(đ?‘…).

Si puo’ ragionare in altri termini rispetto alla manualistica (Ageno, p.e.) osservando che đ??¸(đ?‘…) deve intendersi noto essendo gia’ stato osservato che đ?‘„

risulta E(Q, R) = 4đ?œ‹đ?œ€

2 0đ?‘…

đ?‘„

. Sostituendo in formula si ha đ?›ˇđ?‘Ź = 4đ?œ‹đ?‘… 2 4đ?œ‹đ?œ€

2 0đ?‘…

=

đ?‘„ đ?œ€0

che

e’ appunto il teorema di Gauss.

Vanno segnalati due risultati, evidenziati anche sperimentalmente:

✓ in condizioni di equilibrio le cariche elettriche si dispongono tutte sulla superficie del conduttore, risultando E nullo all’interno del corpo; ✓ la superficie limite del conduttore e’ una superficie equipotenziale.

Una ulteriore considerazione puo’ essere fatta riguardo al valore del campo elettrico nelle immediate vicinanze di un conduttore carico. - 54 -


E’ possibile ragionare considerando una sezione del conduttore e ricordare che entro il solido il campo elettrico vale 0. Assegnata una sezione del conduttore e dato un punto P ad esso esterno e’ possibile disegnare una sezione rettangolare contenente il punto P dato.

Si utilizza la nozione di densita’ superficiale di carica intesa come la �

quantita’ di carica elettrica contenuta nell’unita’ di area, cioe’ đ?œŽ = ∆đ?‘ ove q e’ la carica contenuta nell’area ∆đ?‘ . L’unico contributo al flusso e’ quello riferito al lato esterno al conduttore (dovendo ricordare in un caso la condizione per la quale nel lato interno il campo elettrico e’ nullo e nei due casi in cui i lati sono perpendicolari la

frontiera conduttore – đ?œ‹

ambiente esterno risulta nullo il prodotto scalare in quanto sarebbe cos( 2 ) = 0 đ?‘&#x;đ?‘Žđ?‘‘.).

In ragione del teorema di Gauss e’ possibile scrivere che:

1

E∆đ?‘ = đ?œ€ đ?œŽâˆ†đ?‘ da cui si ha: 0

đ?œŽ

E= đ?œ€ . 0

- 55 -


Formalizzazioni del teorema di Gauss

Assegnata una superficie S non piana il flusso del vettore E e’ dato dal seguente integrale đ?›ˇđ?‘Ź = âˆŤđ?‘† đ??¸ Ă— đ?’?đ?‘‘đ?‘† .

Si e’ gia’ avuto modo di osservare che risulta:

âˆŤđ?‘† đ??¸ Ă— đ?’?đ?‘‘đ?‘† =

đ?‘„ đ?œ€

quando ci si riferisce ad un dato dielettrico.

E’ stato osservato (Pennelli) che esistono diverse distinte formulazioni del teorema di Gauss. In effetti, e’ possibile utilizzare la nozione di densita’ di carica per ottenere una formulazione ulteriore del teorema di Gauss.

Infatti risulta, come gia’ detto, che la carica Q contenuta in uno spazio V, quando e’ nota la funzione densita’ di carica elettrica , risulta Q = âˆŤđ?‘‰ đ?œŒ(đ?‘ƒ)đ?‘‘đ?‘‰ . Tale integrale puo’ essere sostituito nella relazione âˆŤđ?‘† đ??¸ Ă— đ?’?đ?‘‘đ?‘† =

đ?‘„ đ?œ€

avendo

quindi la seguente equazione:

âˆŤđ?‘† đ?‘Ź Ă— đ?’?đ?‘‘đ?‘† =

âˆŤđ?‘‰ đ?œŒ(đ?‘ƒ)đ?‘‘đ?‘‰ đ?œ€

1

→ âˆŤđ?‘† đ?‘Ź Ă— đ?’?đ?‘‘đ?‘† = đ?œ€ âˆŤđ?‘‰ đ?œŒ(đ?‘ƒ)đ?‘‘đ?‘‰

In maniera sostanzialmente analoga si puo’ sostituire il vettore E con il vettore D ricordando che risulta D = đ?œ€đ?‘Ź .

- 56 -


1

Infatti da âˆŤđ?‘† đ?‘Ź Ă— đ?’?đ?‘‘đ?‘† = âˆŤđ?‘‰ đ?œŒ(đ?‘ƒ)đ?‘‘đ?‘‰ con la sostituzione data si ottiene che: đ?œ€

1 âˆŤ đ?œ€ đ?‘†

1

đ?‘Ť Ă— đ?’?đ?‘‘đ?‘† = đ?œ€ âˆŤđ?‘‰ đ?œŒ(đ?‘ƒ)đ?‘‘đ?‘‰ da cui âˆŤđ?‘† đ?‘Ť Ă— đ?’?đ?‘‘đ?‘† = âˆŤđ?‘‰ đ?œŒ(đ?‘ƒ)đ?‘‘đ?‘‰ .

Il vettore campo elettrico E e’ evidentemente scomponibile nelle tre componenti a due a due normali indiate come E =< Ex , Ey , Ez >.

Per gli sviluppi e’ necessario introdurre l’operatore nabla ∇ ed assumere sostanzialmente per definizione che ∇E =

∇E =

đ?œ•đ??¸đ?‘Ľ đ?œ•đ?‘Ľ

+

đ?œ•đ??¸đ?‘Ś đ?œ•đ?‘Ś

+

đ?œ•đ??¸đ?‘§ đ?œ•đ?‘§

Si scrive divE=

đ?œ•đ??¸đ?‘Ľ đ?œ•đ?‘Ľ

+

đ?œ•đ??¸đ?‘Ś đ?œ•đ?‘Ś

+

đ?œ•đ??¸đ?‘§ đ?œ•đ?‘§

.

e’ un operatore scalare detto divergenza di E.

đ?œ•đ??¸đ?‘Ľ đ?œ•đ?‘Ľ

+

đ?œ•đ??¸đ?‘Ś đ?œ•đ?‘Ś

+

đ?œ•đ??¸đ?‘§ đ?œ•đ?‘§

.

⎈⎈⎈⎈⎈

Occorre fare qualche ulteriore considerazione sulla cosiddetta forma differenziale della legge di Gauss.

Data una carica contenuta in una regione ∆đ?‘‰ = ∆đ?‘Ľâˆ†đ?‘Śâˆ†đ?‘§ e’ possibile fare tendere detto volume a 0 avendo che lim ∆đ?‘‰ = đ?‘‘đ?‘Ł con una notazione non ∆đ?‘‰â†’0

usuale ma indicativa‌..

- 57 -


La divergenza del vettore campo elettrico E - grandezza scalare avente un significato fisico – puo’ essere definita in un punto P di dv.

Si puo’ scrivere che:

div E = lim

∆đ?›ˇ

∆đ?‘‰â†’0 ∆đ?‘‰

=

�� ��

Poiche’ il campo elettrico E ha componenti đ??¸đ?‘Ľ , đ??¸đ?‘Ś , đ??¸đ?‘§ e quindi e’ E = (đ??¸đ?‘Ľ , đ??¸đ?‘Ś , đ??¸đ?‘§ ) si ha la forma differenziale della legge di Gauss, posta come:

divE=

Ď Îľ0

=

đ?œ•đ??¸đ?‘Ľ đ?œ•đ?‘Ľ

+

đ?œ•đ??¸đ?‘Ś đ?œ•đ?‘Ś

+

đ?œ•đ??¸đ?‘§ đ?œ•đ?‘§

ed anche divE=

Ď Îľ0

ed infine

�� ��

Alcuni semplici esercizi applicativi sulle relazioni tra potenziale e campo elettrico. E’ dato un campo elettrico E = Ex � come da rappresentazione seguente.

Ex đ?’Š

- 58 -


đ?œ•đ?‘‰

Risulta essere đ??¸đ?‘Ľ = − đ?œ•đ?‘Ľ

Se la distanza e’ riferita a punti qualunque dello spazio diviene rilevante la sola distanza ∆đ?‘Ľ in quanto l’unica componente del campo e’ quella riferita alla variazione di tale coordinata. Nel caso prospettato sono note le grandezze ∆đ?‘‰

e ∆đ?‘Ľ quindi si ha che

∆đ?‘‰

∆đ?‘‰

10

đ??¸đ?‘Ľ = − ∆đ?‘Ľ . Ad esempio se ∆đ?‘‰ = 10 đ?‘‰ đ?‘’ ∆đ?‘Ľ = 0,5 đ?‘Žđ?‘™đ?‘™đ?‘œđ?‘&#x;đ?‘Ž đ??¸đ?‘Ľ = − ∆đ?‘Ľ = − 0,5 = −20

đ?‘Łđ?‘œđ?‘™đ?‘Ą đ?‘šđ?‘’đ?‘Ąđ?‘&#x;đ?‘œ

Note le due misure (differenza di potenziale riferita ad una assegnata distanza) si ottiene E = −20 đ?’Š .

Un ulteriore esempio molto semplice potrebbe essere il seguente. Data

una

cartesiano

carica nello

di

75

spazio,

nC

posta

posto

nell’origine

che

si

assuma

di che

un il

riferimento potenziale

all’infinito sia nullo, si calcoli il potenziale nel punto (1, 2, 4). Poiche’ la carica e’ collocata nel punto (0, 0, 0) la distanza r tra la carica e il punto x del quale si chiede di trovare la misura del potenziale

e’

|x|

e

in

definitiva

si

puo’

scrivere

che

r

=

√(1 − 0)2 + (2 − 0)2 + (4 − 0)2 = √21 (in metri).

- 59 -


Per ottenere la misura in volt del potenziale nel punto (1,2,4) e’ 1

sufficiente applicare la formula V = 4đ?œ‹đ?œ€

0

đ?‘ž đ?‘&#x;

tenendo conto che 75 nC

corrispondono a 75∙ 10−9 C.

E’

possibile

considerare

un

caso

piu’

generale

che

permetta

di

utilizzare la nozione di potenziale. Data una regione X ⊆ đ?‘… 3 nella quale il potenziale e’ dato da V(x,y,z)= đ?‘Ľđ?‘Ś 2 đ?‘§ 3 + 3đ?‘Śđ?‘§ . Occorre considerare le tre derivate parziali, rispetto alla x alla y ed alla z. đ?œ• V(x,y,z) đ?œ•đ?‘Ľ

= đ?‘Ś 2 đ?‘§ 3 đ?œ•đ?‘Ľ +0 = đ?‘Ś 2 đ?‘§ 3

đ?œ•đ?‘Ľ

đ?œ• V(x,y,z) đ?œ•đ?‘Ś

= x� 3

đ?œ•đ?‘Ś 2 đ?œ•đ?‘Ś

đ?œ• V(x,y,z) đ?œ•đ?‘§

= xđ?‘Ś 2

đ?œ•đ?‘§ 3 đ?œ•đ?‘§

đ?œ•đ?‘Ś

+3zđ?œ•đ?‘Ś = 2xyđ?‘§ 3 +3z + 3đ?‘Ś

đ?œ•đ?‘§ đ?œ•đ?‘§

= 3x� 2 � 2 +3�.

Si ottiene il vettore gradiente ∇đ?‘‰ = (đ?‘Ś 2 đ?‘§ 3 )đ?’Š + (2xyđ?‘§ 3 +3z)j+(3xđ?‘Ś 2 đ?‘§ 2 +3đ?‘Ś)đ?’Œ In definitiva si puo’ scrivere che: E = - ((đ?‘Ś 2 đ?‘§ 3 )đ?’Š + (2xyđ?‘§ 3 +3z)j+(3xđ?‘Ś 2 đ?‘§ 2 +3đ?‘Ś)đ?’Œ) A questo punto e’ possibile calcolare il potenziale in un punto dato, qualunque.

- 60 -


Proprieta’ elettrostatiche dei conduttori

In condizioni statiche all’interno di un conduttore si ha E= đ?&#x;Ž. Per conseguenza la carica elettica, come e’ noto, si distribuisce sulla superficie. Considerando una sezione di una

regione dello spazio

si ha questa

semplice rappresentazione.

E

đ??… đ?&#x;?

đ?œŽ

La relazione scalare e’, come gia’ sappiamo, E = đ?œ€ . 0

Si consideri in sezione un conduttore cavo.

In questo caso occorre osservare che si ha la seguente situazione.

- 61 -


Nella parte cava il campo elettrico e’ nullo per cui i punti A e B sono allo

stesso potenziale e quindi i punti della circonferenza in giallo sono una superficie equipotenziale.

La seguente figura ben evidenzia l’andamento del potenziale dal punto centrale della cavita’ fino all’infinito, quando vale zero.

Il tratto discendente varia come l’inverso di r e tende a zero da destra per r → +∞.

- 62 -


Il condensatore

Il condensatore e’ un elemento circuitale ampiamnete utilizzato nei circuiti elettrici ed elettronici . Consente di immagazzinare energia.

Le cariche elettriche si distribuiscono esclusivamente sulla superficie esterna

ed

e’ particolarmente

utile riferirsi alla nozione di densita’

superficiale di carica đ?œŽ.

E’ possibile considerare un caso ideale di conduttore nelle tre dimensioni come ad esempio il cilindretto della figura seguente.

E

n

Ďƒ

Ě‚ E =Îľ đ?’? 0

La

capacita’

e’

una

proprieta’

fisica

dei

conduttori

che

dipende

esclusivamente dalla forma del conduttore.

- 63 -


đ?‘„

La legge costitutiva del condnesatore e’ sintetizzata dalla relazione C =� nella quale C

e’ la capacita’, mentre Q e’ la carica distribuita sulla

superficie del conduttore e v e’ la differenza di potenziale che si misura avendo posto che sia đ?‘Łâˆž = 0 đ?‘Łđ?‘œđ?‘™đ?‘Ą.

Il condensatore e’ una componente circuitale costituito da due conduttori separati da un dielettrico (isolante).

La figura seguente da conto del campo elettrico e dalla carica depositata sulle armature .

- 64 -


Questa ultima spezzata indica l’andamento del potenziale, e la caduta di potenziale ai morsetti del condensatore.

Con una serie di passaggi elementari e’ possibile evidenziare una nota relazione risultando essere:

� �

C= =

đ?‘„ đ??¸đ?‘‘

=

đ?‘„đ?‘‘ đ?œ€0 đ??´

=

đ?œ€0 đ??´ . đ?‘‘

⎈⎈⎈⎈

A questo punto e’ possibile calcolare il lavoro compiuto per caricare il condensatore. Si ipotizzi di trasferire la carica q’ tra i piatti (armature) di un condensatore.

�′

Se v’ e’ la d.d.p. tra i piatti si ha: v’ = đ??ś .

Il successivo trasporto di carica dq’ e’ realizzato con un lavoro dL =v’dq’ �′

= đ??ś đ?‘‘đ?‘žâ€˛. đ?‘žâ€˛

La relazione dL = đ??ś đ?‘‘đ?‘žâ€˛ e’ integrabile avendo che:

- 65 -


1

đ?‘ž2

đ?‘ž

âˆŤ đ?‘‘đ??ż = đ??ż = đ??ś âˆŤ0 đ?‘ž ′ đ?‘‘đ?‘ž ′ = 2đ??ś đ?‘ž2

In pratica L = 2đ??ś =

đ??śđ?‘‰ 2 2

=U .

In definitiva U e’ l’energia potenziale immagazzinata nel campo elettrico E tra le armature del condensatore.

Viene quindi definita la densita’ di energia, cioe’ l’energia potenziale per unita’ di volume.

đ?‘ˆ đ??´đ?‘‘

u=

=

đ??śđ?‘‰ 2 2đ??´đ?‘‘

1 2

� �

e, con qualche passaggio elementare, u = đ?œ€0 ( )2 .

đ?œ€0 presuppone che tra le armature vi sia il vuoto, altrimenti si deve utilizzare đ?œ€ = đ?œ€0 đ?œ€0 .

Alcuni semplici esercizi sui condensatori e sulla nozione di capacita’. 1.Dato un condensatore di capacita’ C di 3,0 nF ai cui morsetti e’ collegata una batteria da 6,0 V si determini la carica depositata tra le armature.

- 66 -


La

situazione

e’

rappresentata

dal

seguente

semplice

circuito

elettrico.

E’ sufficiente utilizzare la formula che definisce la legge costitutiva del condensatore, cioe’ Q = CV =(3 ∙ 10−9 )(6 ∙ 100 ) = 18 ∙ 10−9 =1,8 ∙ 10−10 C.

2. Esempio di calcolo di una capacita’ equivalente con riferimento ai morsetti A e B.

- 67 -


A questo punto deve essere definita la capacita’ equivalente C rispetto ai morsetti A e B come quella per la quale risulta ai capi di essa la medesima d.d.p. di quella che si ha tra i morsetti A e B del circuito originario. Le capacita’ 1 e 2 sono in parallelo e la condizione rilevante e’ che ai capi di essi si misuri la medesima differenza di potenziale. Una prima semplificazione del circuito e’ quella per la quale la capacita’ equivalente C e’ la capacita’ serie del parallelo 1 e 2 e della capacita’ 3, come ben si evidenzia nella seguente figura.

đ??ś1 // đ??ś2

đ??ś3

- 68 -


Poiche’ la caduta di tensione e’ la medesima per i due condensatori si possono scrivere le due seguenti relazioni: đ?‘„1 = đ??ś1 đ?‘‰

đ?‘„2 = đ??ś2 đ?‘‰ I valori equivalenti per questa prima parte di circuito e’: đ?‘„đ?‘Ąđ?‘œđ?‘Ą = đ??śđ?‘’đ?‘ž đ?‘‰ ed evidentemente si ha: đ??śđ?‘’đ?‘ž đ?‘‰ = đ??ś1 đ?‘‰ + đ??ś2 đ?‘‰ đ??śđ?‘’đ?‘ž đ?‘‰ = (đ??ś1 + đ??ś2 )đ?‘‰ Dividendo per V ≠0 si ottiene la nota relazione dei condensatori in parallelo e cioe’: đ??śđ?‘’đ?‘ž = đ??ś1 + đ??ś2 Si puo porre la seguente notazione đ??śđ?‘’đ?‘ž = đ??ś1//2 . Occorre considerare la seconda porzione di circuito quella nella quale si ha la serie đ??ś1//2 e đ??ś3 . Si hanno le seguenti relazioni: Q = đ??ś1//2 đ?‘‰1,2 = đ??ś3 đ?‘‰3 Q = đ??śđ?‘’đ?‘ž (đ?‘‰1,2 + đ?‘‰3 )

- 69 -


� 1,2 +�3

đ??śđ?‘’đ?‘ž = đ?‘‰

=

đ?‘„ đ?‘„

đ?‘„ + đ??ś1,2 đ??ś3

=

1 1

1 + đ??ś1,2 đ??ś3

e quindi

1 đ??śđ?‘’đ?‘ž

1

=đ??ś

1,2

1

+đ??ś

dalla quale si ottiene

3

immediatamente che: đ??śđ?‘’đ?‘ž =

đ??ś1//2 đ??ś3 đ??ś1,2 +đ??ś3

Proprieta’ elettrostatiche dei dielettrici

Dielettrico e’ sinonimo di isolante dal punto di vista della conduzione elettrica.

Tra le armature di un condensatore puo’ essere, in luogo del vuoto, presente un isolante, un dielettrico.

Se Q e’ costante sulle armature (quindi si ha su di esse la carica ¹�) la presenza del dielettrico fa si che la differenza di potenziale misurata ai morsetti di esso

vale V < �0 essendo questa ultima la ddp misurata ai

morsetti del condensatore quando tra le armature c’e; il vuoto.

La grandezza adimensionata k =

�0 �

e’ detta costante dielettrica relativa. - 70 -


Banalmente si evidenzia che:

k=

�0 �

=

đ??¸đ?‘œ đ?‘‘ đ??¸đ?‘‘

=

đ??¸0 đ??¸

essendo Eo il campo elettrico interno quando tra le armature

e’ presente il vuoto.

In definitiva e’ anche vero che C = đ?‘˜đ??ś0 ed analoga relazione vale per le energie immagazzinate, risultando U =

đ?‘ˆ0 đ?‘˜

.

⎈⎈⎈

Si consideri il caso di un condensatore che viene caricato.

+đ?‘ž

−đ?‘ž

Il condensatore e’ stato caricato. Ad un certo punto viene staccato dal generatore e resta carico.

Viene quindi inserito tra le armature un isolante risultando quindi che E < đ??¸0 .

Quindi , il condensatore e’ collegato al generatore. La carica aumenta ma

- 71 -


E resta costante.

Questa situazione si giustifica con la presenza di particolari cariche sulla superficie del dielettrico, dette cariche legate.

Per la loro spiegazione e’ necessario riferirsi alla struttura atomica della materia e, in particolare, del dielettrico che si considera.

Tale mezzo e’ elettricamente neutro, costituito da atomi elettricamente neutri (il numero dei protoni nucleari essendo eguale al numero degli elettroni orbitanti).

Quando E = đ?&#x;Ž agiscono solo forze elettrostatiche e p = 0.

Quando E elettrico.

≠đ?&#x;Ž l’atomo , ancorche’ neutro, si comporta come un dipolo −đ?‘?đ?‘’

Ze

Il momento di dipolo e’ diverso da zero.

- 72 -


Va quindi dato conto del comportamento degli atomi in presenza di un campo elettrico E.

Le forze esercitate dal campo sul nucleo e sui singoli elettroni orbitanti hanno versi opposti.

Nucleo e centro della distribuzione di carica non coincidono.

Ne consegue che l’atomo ha un momento di dipolo indotto non nullo.

Operano forze nucleo – elettroni, di tipo attrattivo e forze che agiscono su elettroni e nucleo e che tendono a far risultare distinti il nucleo e il centro della distribuzione delle cariche, determinando la condizione di atomo polarizzato.

⎈⎈⎈

Alcune molecole sono polari anche in assenza di un campo elettrico.

Il centro della carica positiva e di quella negativa non coincidono.

- 73 -


In assenza di campo elettrico le molecole polari hanno momenti di dipolo distribuiti casualmente (orientamento casuale).

In presenza di un campo elettrico E

l’orientamento dei momenti e’

tendenzualmente allineato al campo .

In definitiva, si ha la seguente rappresentazione.

E

p

Questo allineamento e’ solo tendenziale per effetto dell’agitazione termica.

EL

Si realizza una distribuzione di carica di densita’ đ?œŽđ?‘ƒ e il campo elettrico risultante risulta essere E = EL +đ?‘Źđ?‘ˇ .

Tale relazione vettoriale puo’ anche essere scritta nel modo seguente: - 74 -


Ei = đ??¸đ??ż đ?’Š + (−đ??¸đ?‘ƒ )đ?’Š = (EL − Ep )đ?’Š

Scalarmente si ha :

E = (EL − Ep ) =

|đ?œŽđ??ż |−|đ?œŽđ?‘? | đ?œ€0

⎈⎈⎈

Occorre ora definire il vettore di polarizzazione P.

Per definire tale grandezza e’ necessario considerare il momento di dipolo elettrico medio delle n molecole contenute in una porzione ∆đ?‘‰ di volume infinitesmo dxdydz.

p = ∑ni=1 đ??Šđ??˘ ove n e’ il numero delle molecole contenute in dxdydz.

Il vettore di polarizzazione si definisce come segue:

P=

∑n i=1 đ??Šđ??˘ ∆đ?‘‰

đ?‘

= ∆đ?‘‰ < đ?’‘ >.

La grandezza tra parentesi angolate e’ il momento di dipolo medio.

Nei dielettrici lineari si ha đ?œŽđ?‘ƒ = đ?‘ˇ đ?’? = đ?‘ƒđ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?œ—.

- 75 -


Se E e’ uniforme anche il vettore P e’ uniforme.

Occorre dare ora conto di alcune relazioni di una certa importanza.

Risulta, in particolare, essere:

E=

|đ?œŽđ?‘™ |−|đ?œŽđ?‘? | đ?œ€0

|đ?œŽ |

= đ?‘˜đ?œ€đ?‘™ ed anche che |đ?œŽđ?‘ƒ | = 0

đ?‘˜âˆ’1 |đ?œŽđ?‘™ | đ?‘˜

Si dimostra (vedi Gettys) che:

P = (đ?‘˜ − 1) đ?œ€0 đ?‘Ź

La grandezza đ?›žđ?‘’ = (đ?‘˜ − 1) e’ detta suscettibilita’ dielettrica.

Non si sviluppa ulteriormente questa parte in quanto l’oggetto della ricerca e’ rappresentato dalla conduzione e quindi dai conduttori.

- 76 -


L’intensita’ di corrente elettrica e le prime osservazioni sulla conduzione nei metalli

Vi sono materiali noti come buoni conduttori di corrente. E’ il caso dei metalli. In termini propri si puo’ parlare di corrente elettrica tutte le volte che vi e’ trasporto netto di cariche elettriche.

Ordinameriamente, nei conduttori metallici si muovono cariche elettriche negative (elettroni).

Si parla, al riguardo, di correnti stabili di elettroni di conduzione, caratterizzata dalla unidirezionalita’.

Vale una relazione formale (di definizione) per la quale i =

đ?‘‘đ?‘ž đ?‘‘đ?‘Ą

.

E’ applicabile il metodo della separazione delle variabili e si puo’ affermare che da idt = �� da cui si ottiene, immediatamente, che:

đ?‘„

đ?‘Ą

Q = âˆŤ0 đ?‘‘đ?‘ž = đ?‘– âˆŤ0 đ?‘‘đ?‘Ą quando i = đ?‘–(đ?‘Ą) e’ costante.

Storicamente, in primis, grazie all’ingegno di T.A. Edison si e’ affermata la produzione di correnti continue, quale flusso unidirezionale di cariche negative con la condizione i = �(�) costante. - 77 -


Quando attraverso una sezione di un conduttore (solitamente un metallo filiforme) passa una carica di 1 coulomb nell’unita’ di tempo si afferma che la corrente che fluisce ha una intensita’ di un ampere (A).

In formule si scrive che:

1 ampere =

1đ?‘?đ?‘œđ?‘˘đ?‘™đ?‘œđ?‘šđ?‘? 1 đ?‘ đ?‘’đ?‘?đ?‘œđ?‘›đ?‘‘đ?‘œ

Puo’ essere utile ricordare che nei circuiti elettrici trovano applicazione alcuni principi tra i quali il primo principio di Kirckhoff (principio delle correnti) per il quale in ogni nodo la somma delle correnti entranti e’ eguale alla somma delle correnti uscenti.

Con riferimento alla seguente porzione di circuito si hanno tre distinte correnti due entranti ed una uscente ed un nodo (punto A).

- 78 -


Vale la relazione đ?‘–1 + đ?‘–2 = đ?‘–3

Esistono

due

distinte,

ma

equivalenti,

formalizzazioni

di

questo

interessante principio. Esse sono le seguenti:

∑ đ?‘–đ?‘’đ?‘›đ?‘Ąđ?‘&#x;đ?‘Žđ?‘›đ?‘Ąđ?‘– = ∑ đ?‘–đ?‘˘đ?‘ đ?‘?đ?‘’đ?‘›đ?‘Ąđ?‘– ∑đ?‘– = 0

Occorre pero’ distinguere tra il verso reale e il verso convenzionale della corrente.

In particolare, come gia’ precisato, e’ utile ricordare che nei conduttori metallici la corrente elettrica e’ dovuta al movimento di cariche elettriche

negative, costituite da elettroni e giustificata dalla struttura atomica dei metalli.

verso convenzionale

conduttore

verso reale

- 79 -


â– â– â– â–

Per gli sviluppi e’ utile introdurre una ulteriore grandezza fisica rilevante. Si tratta della densita’ di corrente, grandezza vettoriale solitamente indicata con la lettera J .

Si considera un vettore areale

riferito ad una area piana infinitesima

come da figura seguente.

�̂

dA

Ě‚ dA = đ?‘‘đ??´đ?’?

Il vettore densita’ di corrente J e’ definito in modo che sia definito il seguente prodotto scalare:

i =J dA

- 80 -


Nel caso di corrente uniforme su tutta la superficie quando la corrente e’ parallela alla superficie si ha:

đ??´

i = đ??˝ âˆŤ0 đ?‘‘đ??´ = đ??˝đ??´

Nel S.I. di misure la densita di corrente elettrica e’ misurata in

đ?‘Žđ?‘šđ?‘?đ?‘’đ?‘&#x;đ?‘’ đ?‘š2

.

â– â– â– â–

Come gia’ ampiamente ricordato nei conduttori metallici la corrente elettrica e’ dovuta ad un flusso di elettroni.

Per essi e’ possibile definire la nozione di velocita’ di deriva, supposta eguale per tutti i portatori di carica.

Si ammette che J sia costante in ogni punto di A.

Si indica solitamente con n il numero dei portatori per unita’ di volume, quindi n elettroni per ogni metro cubo.

- 81 -


Se ci si riferisce ad un conduttore di sezione A e si considera una parte di conduttore di lunghezza L il volume di detta parte di conduttore sara’ banalmente AL .

l

Con un minimo di immaginazione tale figura puo’ essere completata avedo un parallelepipedo di spigolo l e di base A.

In tale porzione sono contenuti nAL elettroni e la carica totale risulta essere q = nALe, ove e e’ la carica dell’elettrone.

Se q e’ la carica che passa per la sezione A allora L puo’ essere inteso come uno spazio percorso. Anche in questo caso deve valere la solita relazione

- 82 -


cinematica fondamentale per la quale v =

đ??ż đ?‘Ą

ove t e’ il tempo impiegato a

percorre il tratto L.

Dalla relazione i =

đ?‘ž đ?‘Ą

si ricava immediatamente t =

đ?‘ž đ?‘–

ma si puo’ anche dire

đ??ż

che t = đ?‘Ł .

In sintesi

đ?‘ž đ?‘–

đ??ż

= đ?‘Ł da cui Vq = đ??żđ?‘– e quindi v =

đ??żđ?‘– đ?‘ž

đ??żđ?‘–

đ?‘–

1 đ?‘– 1

đ??˝

= đ?‘›đ??´đ??żđ?‘’ = đ?‘›đ??´đ?‘’ = đ?‘› đ??´ đ?‘’ = đ?‘›đ?‘’

In definitiva si puo’ scrivere che J = ����̂ .

Un esempio sul flusso di carica. Si ammetta di avere un fascio di 8,1∙ 1015 elettroni. |q| = 8,1∙ 1015 |e| ove |e| = 1,602 ∙ 10−18 , ma si puo’ scrivere che: |đ?‘ž|

i = 1 đ?‘ đ?‘’đ?‘? = (8,1∙ 1015 ) (1,602 ∙ 10−18 )=(8,1)(1,602) ∙ 10−3 A.

⎈⎈⎈⎈

- 83 -


E’ utile dare una rappresentazione d’insieme del movimento di cariche, della relativa velocita’ di deriva e della direzione del campo elettrico.

Caso di cariche positive

V

E

Caso di cariche negative

V

E

Molto opportunamente

(Gettys) viene ricordato che la “direzione ⦋della

corrente⦌ corrisponde alla direzione del flusso di portatori di cariche positive.

Il segno dei portatori di cariche e’ ricavabile dall’esperimento di Hall (effetto Hall).

- 84 -


⎈⎈⎈⎈

E’ possibile quantificare l’intensita’ di corrente in funzione della velocita’ di deriva, avendo che:

Q = đ?‘›đ??´đ??ż |đ?‘ž| = đ?‘›đ??´đ?‘Łđ?‘Ą|đ?‘ž| da cui si ricava:

đ?‘„ đ?‘Ą

=đ?‘– =

đ?‘›đ??´đ?‘Łđ?‘Ą|đ?‘ž| đ?‘Ą

= đ?‘›đ??´đ?‘Ł|đ?‘ž|

E in definitiva đ?‘– = đ?‘›đ??´đ?‘Ł|đ?‘ž| .

Nel contesto della semplificazione proposta (mutuata da Halliday , Resnick, Walker) si era supposto che si muovessero solo cariche negative (elettroni di conduzione) e una formula importante (Getttys) risultava la seguente:

J = nq� , ove, evidentemente i vettori J e v hanno la medesima direzione ma versi opposti (antiparalleli) quando la carica q e’ negativa (q < 0) .

Nei termini piu’ generali

risulta utile considerare il caso

della

contemporanea presenza di due portori di carica opposta a e b.

- 85 -


In questo caso si ha:

J = đ?‘›đ?‘Ž đ?‘žđ?‘Ž đ?’—đ?’‚ + đ?‘›đ?‘? đ?‘žđ?‘? đ?’—đ?’ƒ

Dato un campo elettrico E = (đ??¸đ?‘Ľ , 0, 0) si ha la seguente rappresentazione schematica che indica il movimento reale dei due tipi di portatori di carica.

E

đ?’—đ?’‚ đ?’—đ?’ƒ

Il valore di J si ricava dalla somma vettoriale (che in questo caso banale riconduce immediatamente alla relazione scalare‌.) del tipo:

J = đ?‘ąđ?’‚ + đ?‘ąđ?’ƒ = (đ?‘›đ?‘Ž đ?‘’va + đ?‘›đ?‘? (−đ?‘’)(−đ?‘Łđ?‘? )) đ?’‹Ě‚ = (đ?‘›đ?‘Ž đ?‘’va + đ?‘›đ?‘? đ?‘’đ?‘Łđ?‘? ) đ?’‹Ě‚

- 86 -


Non ho trovato l’uso del versore �̂ in nessuno dei due testi istituzionali consultati (Gettys e Halliday, resnisck, Walker) ma non intravedo alcuna ragione oggettiva che osti al suo utilizzo in questo contesto.

La legge di Ohm

E’ ben nota la relazione R =

đ?‘‰ đ??ź

che esprime il valore della resistenza elettrica

al flusso della corrente elettrica ne metalli.

Se ai capi di un conduttore e’ applicata una differenza di potenziale V �

allora si dovra’ avere una corrente I = đ??ź(đ?‘‰, đ?‘…) = đ?‘‰ .

R e’ una proprieta’ caratteristica del particolare conduttore che si considera.

R non dipende ne’ da I ne’ da V.

I conduttori per i quali vale la relazione R =

đ?‘‰ đ??ź

o, in altri termini, V = đ?‘…đ??ź,

sono detti ohmici.

- 87 -


La relazione V = đ?‘…đ??ź e’ la legge costitutiva degli ordinari resistori contenuti nei circuiti elettrici ed elettronici.

Questa relazione e’ detta prima legge di Ohm.

L’unita’ di misura della resistenza elettrica e’ l’ohm (Ί) .

Dalla relazione data si evince immediatamente che 1 ohm equivale a 1 đ?‘Łđ?‘œđ?‘™đ?‘Ą . 1 đ?‘Žđ?‘šđ?‘?đ?‘’đ?‘&#x;đ?‘’

Per i conduttori ohmici vale una seconda legge di Ohm per la quale risulta đ?‘™

essere R = đ?œŒ đ?‘† , ove đ?œŒ e’ una costante di proporzionalita’ dipendente dal tipo di conduttore che si considera, mentre l ed S sono rispettivamente la lunghezza e la sezione del conduttore.

Occorre, in ogni caso, ricordare che la resistivita’ e’ una grandezza che varia al variare della temperatura.

Se un dato conduttore e’ alla temperatura T la resistivita’ a detta temperatura e’ legata alla conducibilita’ di riferimento dalla relazione seguente đ?œŒ(đ?‘‡) = đ?œŒ0 (1+đ?›źâˆ†đ?‘‡) ed đ?›ź e’ detto coefficiente di temperatura della resistivita’. - 88 -


Per T → 0 °đ??ž la resistenza dei metalli si annulla e si verificano le condizioni del fenomeno della superconduttivita’.

⎈⎈⎈⎈

Esiste una notazione particolare della legge di Ohm in forma vettoriale.

Vale in definitiva questa relazione:

J = đ?œŽđ?‘Ź

1

La costante đ?œŽ = đ?œŒ e’ detta conducibilita’. Detta costante del particolare conduttore ohmico e’ indipendente da E.

đ?‘™

l

Dalla relazione V = đ?‘…đ??ź si ottiene El = đ??˝đ?‘†đ?‘… da cui J = đ?‘†đ?‘… đ??¸ cioe’ ĎƒE = SR đ??¸ ed in definitiva Ďƒ =

l SR

⎈⎈⎈⎈

Un elettrone

in un campo uniforme E subisce, come e’ noto, una đ??š

accelerazione a = đ?‘š =

đ?‘’đ??¸ đ?‘š

.

- 89 -


E’ noto che vale la relazione vettoriale F = đ?‘’đ?‘Ź e in temrini scalari si puo’ scrivere che F = đ?‘’đ??¸ il modulo della forza vale |đ?‘’|đ??¸ .

Sia đ?œ? il tempo medio tra due collisioni di elettroni.

La velocita’ di deriva degli elettroni, indicata con la lettera v, risulta essere v = đ?‘Žđ?œ? =

đ?‘’đ??¸đ?œ? đ?‘š

e la relazione tra i vettori v ed E e’ data dalla seguente figura.

E

v

Tale relazione indica anche il verso di v che e’ opposto al verso del vettore E.

Il modulo della velocita’ di deriva e’ v =

Si dimostra agevolmente che

|đ?‘’|đ??¸đ?œ? . đ?‘š

.

- 90 -


Resistenza, legge di Ohm e velocita’ di deriva La relazione fondamentale e’ V = đ?‘…đ??ź e a titolo esemplificativo si puo’ considerare che ai capi di un filamento sia rilevata una d.d.p. di 12 volt. Si misura una corrente circolante nel filamento di 16∙ 10−3. Nei conduttori ohmici vale la relazione R =

đ?‘‰ đ??ź

costante tenendo conto

che R dipende dal mezzo e non e’ funzione delle due grandezze. Quindi, in generale, R =

đ?‘‰0 đ??źđ?‘œ

=

�1 . �1

R deve intendersi noto. Misurando simultaneamente le due grandezze dalla loro ratio si puo’ definire il valore di R.

La condizione sperimentale per la quale un filo conduttore e’ ohmico e’ che valga la relazione V = đ?‘…đ??ź. In altri termini deve essere, come gia’ ricordato,che deve risultare R=

đ?‘‰ đ??ź

e quindi una rappresentazione per la quale V = đ?‘‰(đ??ź) ha un andamento

rettilineo.

- 91 -


Il grafico corrispondente e’ il seguente. V(I)

I

Un filo di tungsteno di sezione di circolare e di lunghezza L ha una resistenza di 8,6∙ 10−3 ohm a 20°đ??ś . E’ richiesto di determinare il raggio r della sezione circolare. đ??ż

Si puo’ partire dalla seconda legge di Ohm e quindi da R = đ?œŒ đ?‘ dove s = đ?œ‹đ?‘&#x; 2 . Il valore di đ?œŒ alla temperatura di riferimento deve intendersi noto.

đ?œŒđ??ż

đ?œŒđ??ż

Con passaggi algebrici elementari si ottiene đ?‘&#x; 2 = đ?œ‹đ?‘… e quindi r = Âąâˆšđ?œ‹đ?‘… . Ha, evidentemente, significato solo la soluzione positiva, quindi r đ?œŒđ??ż

= √đ?œ‹đ?‘… .

- 92 -


In questo caso r e’ ottenuto in metri. Si osservi che solitamente tale valore viene misurato in 10−3 metri.

Va fatto qualche cenno alla velocita’ di deriva degli elettroni che si muovono in un metallo. E’ data una relazione fondamentale che collega la corrente I con la velocita’ di deriva v. Dalla relazione I = ���|�| si ottiene che

đ??ź

v = ��|�| .

Il numero n e’ detto densita’ di carica. Risulta n =

đ?‘ đ?‘ đ?œŒđ?‘š đ?‘˜ đ?‘€

.

In detta formula đ?‘ đ?‘ indica il numero di Avogrado, đ?œŒđ?‘š la densita’ di massa del metallo (massa diviso volume) M il peso molecolare del metallo e k un intero come 1, 2, 3, ‌. che indica il numero degli elettroni di conduzione del metallo.

E’ possibile ricordare una seconda relazione, quella che densita’ di corrente J

lega la

alla velocita’ di deriva v nel caso J sia

uniforme, quindi costante nello spazio ed anche nel tempo. Sinteticamente si scrive che:

- 93 -


đ??ź

J =�=

���|�| �

= ��|�|

Passando alla notazione vettoriale J = ���.

Il modello di Drude per i metalli

Il primo modello utile a spiegare il fenomeno della conduzione elettrica nei metalli e’ rappresentato dal cosiddetto modello di Drude, fisico tedesco che lo elaboro’ nei primi anni del Novecento.

Tale modello risulta compatibile con la legge di Ohm o, meglio, consente di ricavare detta relazione fondamentale come conseguenza delle sue assunzioni.

Si considerano note e valide le due seguenti relaioni:

J = đ?‘›đ?‘žđ?’— = Ďƒđ?‘Ź.

n

Da esse si ottiene immediatamente che E = Ďƒ qđ?’—.

I vettori E e v sono linearmente dipendenti.

- 94 -


L’ipotesi di base del modello di Drude e’ costituita dalla assunzione che nei metalli gli elettroni di conduzione sono gli elettroni di valenza, che si muovono entro il reticolo cristallino.

Nel modello si considera il valore medio della velocita’ degli elettroni, intesa come la media aritmetica delle velocita’ dei vari elettroni.

Si ammette che sia < đ?‘Ł > =

∑ đ?‘Łđ?‘– đ?‘›

intesa come la velocita’ di deriva degli

elettroni che quindi e’ da intendere come un valore medio.

n

Dalla precedente relazione E = Ďƒ qđ?’— si evidenzia che il campo E e’ proporzionale alla velocita’ v intesa come velocita’ di deriva, e quindi nel senso appena specificato.

In altri termini e come caso degenere si ha E = đ?&#x;Ž allora < đ?‘Ł >= 0 e quindi le tre componenti scalari della velocita’ sono nulle identicamente.

Questa considerazione e’ riferita a valori medi. Non significa quindi che gli elettroni siano in quiete, situazione assolutamente non vera. I moti

- 95 -


elettronici sono assolutamente casuali e tali da condurre a un valore nullo se riferito a valori medi.

In altri termini < đ?’— >= đ?&#x;Ž non implica che đ?’—đ?’Š = đ?&#x;Ž. In generale in un gas di elettroni non esistono particelle aventi velocita’ nulla !

Nel caso di presenza di un campo elettrico esterno E l’elettrone e e’ soggetto ad una forza F = −đ?‘’đ?‘Ź cioe’ su un elettrone di carica q = −đ?‘’ la presenza del campo induce una forza F cui corrisponde (II principio della dinamica) una accelerazione a = −

đ?‘’ đ?‘Ź. đ?‘š

E

a

Si tratta dell’accelerazione tra due urti successivi.

Per ragioni didattiche si ammette di avere un campo E = Ex đ?’Š.

Si ragiona su una dimensione, quella delle x.

Sia v la velocita’ di un elettrone appena dopo l’urto con un altro elettrone (condizione iniziale).

- 96 -


L’unica componente non nulla dell’accelerazione e’ la componente scalare di essa nella direzione delle x.

La velocita’ scalare al tempo t (valori compresi tra due successivi urti) v(t) risulta essere v(t) = v +�� .

Dalla costanza e uniformita’ di E discende che a deve essere intesa come costante per un elettrone tra due urti.

Sostituendo in formula si ottiene la seguente relazione:

đ?‘’ đ?‘š

v(t) = v −( đ??¸) đ?‘Ą .

Solitamente si considerano i valori medi considerando l’intervallo di tempo

đ?œ? da intendersi come tempo libero medio detto anche tempo di

rilassamento.

La formula classica usata e’ la seguente:

đ?‘’ đ?‘š

<v(t)> = <v> −( đ??¸)đ?œ?

đ?‘’

Si ammette sia <v>= 0 e quindi <v(t)> = −(đ?‘š đ??¸)đ?œ? .

- 97 -


La velocita’ di deriva, che indichiamo qui come �� , intesa in senso vettoriale risulta essere:

đ?‘’

đ?’—đ?’… = −(đ?‘š đ??¸)đ?œ?đ?’Š Tra le relazioni gia’ note e’ bene ritornare sulla seguente:

J = ���� da cui, utilizzando la precedente relazione, si ha:

đ?‘’

J = đ?‘›đ?‘’(đ?‘š đ??¸)đ?œ?đ?’Š

In altri termini possiamo scrivere che:

đ?‘›đ?‘’ 2 )đ?œ?đ?‘Ź đ?‘š

J=(

Da J = Ďƒđ?‘Ź discende immediatamente che đ?œŽ =

đ?‘›đ?‘’ 2 đ?œ? đ?‘š

.

Si osservi che le grandezze m , n ed e non dipendono, ovviamente, da E .

Il parametro temporale đ?œ? dipende da E anche se, in prima approssimazione, si ammette che le due grandezze non siano dipendenti l’una dall’altra.

E’ sicuramente utile una ulteriore nozione, quella di cammino libero medio di un elettrone.

- 98 -


Il cammino libero medio

di un elettrone tra due urti e’ dato dalla

relazione

đ?›˝ =< đ?‘Ł > đ?œ?.

đ?›˝

1

Da essa si ricava đ?œ? = <đ?‘Ł> e da đ?œŒ = đ?œŽ =

đ?‘š đ?‘›đ?‘’ 2 đ?œ?

si ricava una ulteriore importante

relazione del modello di Drude, cioe’:

đ?œŒ=

�<�> �� 2 �

In realta’ il moto degli elettroni nel reticolo metallico viene descritto con modelli piu’ sofisticati, e non rientra quindi negli schemi della fisica classica.

Stima del cammino libero medio nel caso dell’alluminio alla temperatura di 20°đ?‘Ş. Per l’alluminio alla data temperatura e’ ipotizzato un < đ?‘Ł >≈ 106 metri al secondo. Da đ?œŒ =

�<�> �� 2 �

si ricava đ?œŒđ?‘›đ?‘’ 2 đ?›˝ = đ?‘š < đ?‘Ł > đ?‘’ đ?‘žđ?‘˘đ?‘–đ?‘›đ?‘‘đ?‘– đ?›˝ =

đ?‘š<đ?‘Ł> . đ?‘›đ?‘’ 2 đ?œŒ

Si ricordi che n indica la densita’ dei portatori di carica dovendo tenere conto che Al ha tre elettroni di valenza.

- 99 -


≥≥≥≥≥≥≥

Molto utile per chi – come lo scrivente – approccia da un livello medio non avanzato la materia e’ la precisazione (Pennelli) che in relazione al valore di n rappresenta �la concentrazione totale degli elettroni , ma tiene conto solo degli elettroni che contribuiscono alla conduzione di carica .�

La concentrazione che definisce il valore di n. che varia da metallo a metallo, come risulta da un precedente box, indica il numero di elettroni di conduzione

presenti in un metro cubo, quindi e’ ordinariamente

misurata in đ?‘šâˆ’3.

La stima di n e’ un utile indicatore per bipartire i materiali in conduttori (n alto) e in isolanti o dielettrici (n basso).

■■⎈■■⎈

E’ sicuramente utile qualche breve approfondimento

relativamente al

modello di Drude.

- 100 -


In pratica - come e’ stato ricordato (Pennelli) gli elettroni liberi entro tale schema sono “libero di muoversi come un gas di particelle la cui velocita’ media e’ determinata dalla temperatura del solido , analogamente alle molecole di un gas perfetto�.

Nel caso sia assente il campo elettrico risulta essere che l’energia cinetica 1

3

media di una particella vale đ??¸đ?‘?đ?‘–đ?‘›.đ?‘šđ?‘’đ?‘‘. = 2 m< đ?‘Ł >2 = 2kT.

T indica la temperatura del sistema misurata in gradi Kelvin, mentre k e’ la costante di Botzmann.

Con un elementare passaggio algebrico si ha < đ?‘Ł >= √

3đ?‘˜đ?‘‡ . đ?‘š

Si tratta del valore medio dei moduli delle velocita’.

In generale, come gia’ osservato, gli elettroni hanno tutti velocita’ vettoriali �� distinte .

Esemplificazione didattica Questo esempio e’ altamente irrealistico e utile solo a chiarire il senso di quanto scritto nelle righe precedenti.

- 101 -


Gas di tre elettroni in una regione dello spazio priva di campo elettrico.

Il

sistema,

costituito

da

soli

tre

elettroni,

e’

“fotografato” in un istante nel quale non sono presenti urti tra particelle.

In pratica se si volesse calcolare la velocita’ vettoriale risultante si potrebbero utilizzare i metodi noti e in particolare la regola del parallelogramma di Newton. E’ ben evidente che dal punto di vista scalare la somma delle velocita’ scalari e’ diversa da 0. Ma

anche

in

questo

caso

assolutamente

non

realistico

a

questa

condizione scalare ben puo’ corrispondere una velocita’ vettoriale risultante eguale al vettore 0. La situazione puo’ essere gestita come segue. Si considerano due vettori e se ne trasla uno parallelamente a se stesso in modo che gli estremi iniziali di essi coincidano. Si applica la regola di Newton del

parallelogramma

e

si

individua

nella

diagonale

la

velocita’

risultante. Quindi si considera detto vettore risultante e il vettore

- 102 -


che definisce la velocita’ del terzo corpo puntiforme. Si trasla parallelamente a se stesso uno dei due fino a che i punti di origine dei segmenti orientati coincidano. Quindi si determina la risultante. Si osservi che a seconda di come si procede si ottengono distinti segmenti orientati che in effetti definiscono lo stesso vettore, essendo giacenti su rette

parallele ed aventi medesimo modulo.

Questo modello obbedisce alle logiche piu’ sopra delineate se la velocita’ vettoriale di una particella e’ opposta alla risultante delle velocita’ vettoriali delle altre due. In generale considerando n punti materiali nell’istante tra due urti data la velocita’ vettoriale di uno qualunque di essi la risultante delle velocita’ vettoriali delle rimanenti (n-1) particelle e’ data dal vettore ad essa opposto, in modo che la risultante sia nulla.

đ?’—đ?’?

∑đ?’?−đ?&#x;? đ?’Š=đ?&#x;? đ?’—đ?’Š

Questa condizione viene alterata tutte le volte che avviene un urto e sarebbe sempre vera una relazione del tipo

đ?’—đ?’? = ∑đ?’?−đ?&#x;? đ?’Š=đ?&#x;? đ?’—đ?’Š .

- 103 -


Negli urti l’energia cinetica viene redistribuita e in buona sostanza con riferimento agli istanti đ?‘Ą1 đ?‘’ đ?‘Ą2 nei quali non si hanno urti risulta comunque essere ∑đ?‘›đ?‘–=1 |đ?’—đ?‘–,đ?‘Ą1 | = ∑đ?‘›đ?‘–=1 |đ?’—đ?‘–,đ?‘Ą2 |. Poiche’ l’energia cinetica media e quindi quella complessiva sono costanti allora T resta costante.

In particolare la velocita’ scalare media vale

3đ?‘˜đ?‘‡ đ?‘š

< đ?‘Ł >= √

per cui

si

ammette che tale grandezza sia proporzionale a √đ?‘‡ .

La velocita’ scalare media si eprime anche come

< đ?‘Ł >=

1 ∑ |đ?’—đ?’Š | đ?‘›

≠0.

Di quanto accade in presenza di E gia’ si e’ detto‌.

Gia’ si e’ definito đ?œ? inteso quale tempo medio tra due urti.

1

In formula si ha đ?œ? = đ?‘› ∑ đ?‘Ąđ?‘– .

đ?‘ž

Torna molto utile la seguente formula < đ?’—đ?’Š >= − đ?‘š đ?‘Ź nella quale il rapporto tra la carica e la massa cambiato di segno e’ detto mobilita’ degli elettroni.

Tale grandezza fisica viene misurata in

đ?‘š2 đ?‘‰đ?‘œđ?‘™đ?‘Ą đ?‘ đ?‘’đ?‘?

.

- 104 -


Per questa via si giunge ad una nuova formulazione per J, risultando essere J = −đ?‘žđ?‘›(−đ?œ‡đ?‘Ź) = đ?‘žđ?‘›đ?œ‡đ?‘Ź detta legge do Ohm microscopica.

La corrente dovuta a E e’ detta corrente di drift (trascinamento).

La statistica di Fermi – Dirac

E’ dato un sistema fisico costituito da n particelle ad ognuna delle quali e’ associata una data energia đ??¸đ?‘– .

L’energia del sistema e’ E = ∑ đ??¸đ?‘– . Se T e’ la temperatura assoluta , espressa in gradi Kelvin, K, del sistema che si considera risulta che E = đ??¸(đ?‘‡).

Si ammetta che esistano s stati distinti tali che a ciascuno di essi sia associata una energia đ??¸đ?‘ . Allo stato k

e’ associata una ed una sola

particella . Due particelle di due stati distinti possono avere la stessa energia.

Nelle considerazioni ulteriori sara’ rilevante ricordare che solitamente per un sistema costituito da particelle vengono definiti:

•

i possibili e ammessi livelli energetici ; - 105 -


il numero delle particelle;

le possibili configurazioni che verificano la condizione che l’energia totale del sistema sono date.

Si consideri, ad esempio, il caso di un sistema con 4 livelli energetici, via via crescenti di1, 2, 3 e 4 eV.

Si riportando due delle molte possibili configurazioni.

Valore energetico

Prima possibile

Seconda possibile

configurazione

configurazione

4 eV

3 eV 2 eV

1 eV

- 106 -


Il numero N delle possibili configurazioni dipende da E. Ognuna di tali 1

cofigurazioni e’ equiprobabile con probabilita’ p = đ?‘ che il sistema si trovi in una data configurazione tra le N possibili.

E deve ritenersi una costante.

Sono in generale ammesse transizioni tra configurazioni, quindi i passaggio da una configurazione ad un'altra, sotto la condizione che sia E costante.

E’ stato osservato (Pennelli) che “la probabilita’ che un particolare stato S sia occupato dipende dal numero delle configurazioni possibili che prevedono un elettrone in quello statoâ€?. đ??¸đ?‘ indica uno

stato

con data

energia mentre đ?‘ đ?‘ indica il numero delle possibili configurazioni che prevedono che lo stato đ??¸đ?‘ sia occupato.

Data l’equiprobabilita’ di ogni configurazione la possibilita’ di trovare una particella con energia đ??¸đ?‘ e’ f(đ??¸đ?‘ ) = đ?‘ đ?‘

1 đ?‘

=

đ?‘ đ?‘ đ?‘

≤ 1.

Cio’ e’ coerente con i postulati della probabilita’.

- 107 -


Dati due sistemi macroscopici separati 1 e 2 le cui energie iniziali sono rispettivamente

đ??¸1đ?‘– đ?‘’ đ??¸2đ?‘– le cui particelle costituenti sono rispettivamente

�1� � �2� finche’ restano separati le loro energie si mantengono costanti, come pure le particelle costitutive di essi (sistemi adiabatici, privi di scambi con l’esterno).

Per i due sistemi il numero delle possibili configurazioni

e’ funzione

dell’energia di essi e del numero delle particelle che lo compongono. In formule si ha:

đ?‘ 1đ?‘– = đ?‘ 1đ?‘– (đ??¸1đ?‘– , đ?‘›1đ?‘– )

đ?‘ 2đ?‘– = đ?‘ 2đ?‘– (đ??¸2đ?‘– , đ?‘›2đ?‘– ) I due sistemi posti a contatto e l’energia del nuovo sistema risulta la somma delle energie iniziali (e costanti nel tempo) dei due sistemi separati.

Il processo di aggiustamento avviene a condizione che siano massimizzati i due rapporti

đ?‘ 1 đ?‘ đ?‘Ąđ?‘œđ?‘Ą

đ?‘’

đ?‘ 2 đ?‘ đ?‘Ąđ?‘œđ?‘Ą

.

In definitva e’ massimo đ?‘ 1 đ?‘ 2 = đ?œ? e passando ai logaritmi naturali si ha che

ln đ?‘ 1 + ln đ?‘ 2 = ln đ?œ? - 108 -


Fisicamente la variazione di energia dei due sistemi deve , per garantire la conservazione dell’energia (che non puo’ essere scambiata con l’esterno), essere tale che

∆đ??¸1 + ∆đ??¸2 = 0 .

In termini di variazioni infinitesime delle due energie viene quindi rispettata la condizione đ?‘‘đ??¸1 = −đ?‘‘đ??¸2 .

In altri termini le energie finali dei due sistemi possono essere fittiziamente (in quanto essi non esistono piu’ ma sono stati “sostituiti� dal sistema unificato adiabaticamente) possono essere scritte come segue:

đ??¸1đ?‘“ = đ??¸1đ?‘– Âą đ?‘‘đ??¸

đ?‘’

đ??¸2đ?‘“ = đ??¸2đ?‘– ∓ đ?‘‘đ??¸

In definitiva si puo’ scrivere che −

Per il sistema ottenuto

đ?‘‘đ?‘ đ?‘‘đ??¸

=

1 đ??ś

đ?‘‘đ?‘ 1 đ?‘‘đ?‘ 2 + đ?‘‘đ??¸ đ?‘‘đ??¸

=0

.

Dalla termodinamica e’ nota la relazione di Boltzmann S = đ??žđ?‘™đ?‘›đ?‘ . K e’ la costante di Boltzmann e vale 1,38∗ 10−23 J đ??ž −1 .

- 109 -


Nelle condizioni date il calore scambiato tra i due sistemi e’ dQ = đ?‘‘đ??¸.

Ma dS =

�� �

�� ��

1

��

. Con meri passaggi algebrici si ha:

= đ?‘‘đ??¸ = đ?‘‡ =

đ?‘‘đ?‘˜đ?‘™đ?‘›đ?‘ đ?‘‘đ??¸

=

đ?‘˜đ?‘™đ?‘›đ?‘ đ?‘‘đ??¸

In altri termini si ha

đ?‘‘ đ?‘™đ?‘›đ?‘ đ?‘‘đ??¸

1

= đ?‘˜đ?‘‡ da cui

1 đ??ś

1

= đ?‘˜đ?‘‡ e in definitiva C = đ??žđ?‘‡ .

Ulteriori considerazioni possono essere fatte con riferimento alla relazione tra il numero delle configurazioni e il numero delle particelle costituenti il sistema , date da :

đ?‘ 1 = đ?‘ 1 (đ??¸1 , đ?‘›1 ) đ?‘ 2 = đ?‘ 2 (đ??¸2 , đ?‘›2 ) Quando i due sistemi interagiscono adiabaticamente a formare il nuovo sistema si ammette che tale sistema neocostituito sia

costituito da n

particelle tale che n = đ?‘›1 + đ?‘›2 .

Anche in questo caso di procede alla astrazione della variazione dn del numero delle particelle dei due sistemi per la quale se dn e’ la variazione

- 110 -


delle particelle del primo allora −đ?‘‘đ?‘› e’ la variazione del numero delle particelle del secondo.

Dopo semplici passaggi algebrici si perviene alla seguente relazione :

đ?‘‘ ln đ?‘ đ?‘‘đ?‘›

1 đ?‘‘đ??¸

= đ?‘˜đ?‘‡ đ?‘‘đ?‘› đ?‘‘đ??¸

Per definizione la quantita’ đ?œ‡ = − đ?‘‘đ?‘› e’ detta potenziale chimico.

Tale quantita’ viene anche chiamata energia di Fermi đ??¸đ??š .

La ricordata relazione puo’ essere posta nella forma:

đ?œ‡

d(lnN) = − đ?‘˜đ?‘‡ đ?‘‘đ?‘› .

In sintesi per un sistema in equilibrio N = đ?‘ (đ??¸, đ?‘›) valgono le seguenti relazioni:

đ?‘‘đ?‘™đ?‘›đ?‘ đ?‘‘đ??¸

= đ?‘˜đ?‘‡

1

đ?‘‘đ?‘™đ?‘›đ?‘ đ?‘‘đ?‘›

= − đ?‘˜đ?‘‡

đ?œ‡

Per i fermioni trova applicazione il principio di Pauli.

- 111 -


Ho desunto, per quanto ha impostato l’autore (Pennelli) un determinato stato possa contenere un elettrone oppure sia privo di elettroni. Possono comunque esistere piu’ distinti stati con la medesima energia.

In estrema sintesi l’ordinaria casella quantica ⤒⤓ (il caso dell’orbitale 1s della struttura atomica come studiata dai corsi di chimica) secondo questa distinta modalita’ lo dovremmo rappresentare come segue:

⤒⤓

corrisponde a

⤒

⤓

Solitamente quando si rappresentano gli orbitali atomici (orbitale s del livello energetico 1) si utilizza la prima rappresentazione.

Rimanendo entro gli schemi utilizzati e mutuati dalla bibliografia citata occorre procedere con la determinazione della probabilita’ che uno stato đ??¸đ?‘– contenga un elettrone .

Detta probabilita’ viene indicata come P(đ??¸đ?‘– đ?‘?đ?‘œđ?‘›đ?‘Ąđ?‘’đ?‘›đ?‘”đ?‘Ž đ?‘˘đ?‘› đ?‘’đ?‘™đ?‘’đ?‘Ąđ?‘Ąđ?‘&#x;đ?‘œđ?‘›đ?‘’). - 112 -


Si ammette che P(đ??¸đ?‘– đ?‘?đ?‘œđ?‘›đ?‘Ąđ?‘’đ?‘›đ?‘”đ?‘Ž đ?‘˘đ?‘› đ?‘’đ?‘™đ?‘’đ?‘Ąđ?‘Ąđ?‘&#x;đ?‘œđ?‘›đ?‘’) âˆ? P(E contenga (n−1) đ?‘’đ?‘™đ?‘’đ?‘Ąđ?‘Ąđ?‘&#x;đ?‘œđ?‘›đ?‘–) .

� si legge “ e’ proporzionale a�.

E’ quindi possibile introdurre una costante di proporzionalita’ k e si scrive che P(đ??¸đ?‘– đ?‘?đ?‘œđ?‘›đ?‘Ąđ?‘’đ?‘›đ?‘”đ?‘Ž đ?‘˘đ?‘› đ?‘’đ?‘™đ?‘’đ?‘Ąđ?‘Ąđ?‘&#x;đ?‘œđ?‘›đ?‘’) = đ?‘˜ P(E contenga (n−1) đ?‘’đ?‘™đ?‘’đ?‘Ąđ?‘Ąđ?‘&#x;đ?‘œđ?‘›đ?‘–) .

Equivalentemente si ha:

P(Ei vuoto ) = 1 −k P(E contenga (n-1) elettroni) .

In altri termini si ha

đ?‘ƒ(đ??¸đ?‘– đ?‘?đ?‘–đ?‘’đ?‘›đ?‘œ) đ?‘ƒ(đ??¸đ?‘– đ?‘Łđ?‘˘đ?‘œđ?‘Ąđ?‘œ)

=

đ?‘ (đ??¸âˆ’đ??¸đ?‘– ,đ?‘›âˆ’1) đ?‘ (đ??¸,đ?‘›)

Ma P(đ??¸đ?‘– pieno) = đ?‘“(đ??¸đ?‘– )

Pertanto si puo’ scrivere che

đ?‘“(đ??¸đ?‘– ) 1− đ?‘“(đ??¸đ?‘– )

=

đ?‘ (đ??¸âˆ’đ??¸đ?‘– ,đ?‘›âˆ’1) đ?‘ (đ??¸,đ?‘›)

= â‹Ż . = đ?‘’−

đ??¸đ?‘– −đ?œ‡ đ?‘˜đ?‘‡

Con passaggi noti (Pennelli) si giunge alla distribuzione di Fermi – Dirac 1

cioe’ alla relazione đ?‘“(đ??¸đ?‘– ) = 1+đ?‘’

đ??¸ −đ?œ‡ − đ?‘– đ?‘˜đ?‘‡

- 113 -


Il principio di indeterminazione di Heisemberg e funzione d’onda

Se ci si riferisce al moto lungo la direzione delle x viene definita la quantita’ di moto classica đ?‘?đ?‘Ľ = đ?‘šđ?‘Łđ?‘Ľ e la posizione x. L’indeterminazione nelle due grandezze

vale

∆đ?‘?đ?‘Ľ

e ∆đ?‘Ľ . Il principio di indeterminazione

collega funzionalmente queste due grandezze risultando essere ∆đ?‘?đ?‘Ľ ∆đ?‘Ľ ≼

Si considera una particella che si muove sulla traiettoria

â„Ž 4đ?œ‹

.

r = đ?’“(đ?‘Ą) con

energia potenziale U(đ?’“(đ?‘Ą)).

Viene definita la funzione d’onda come segue:

1

â„Ž

− 2đ?‘š (2đ?œ‹)2 ∇2 đ?œ“(đ?’“) + đ?‘ˆ(đ?’“)đ?œ“(đ?’“) = đ??¸đ?œ“(đ?’“ ) đ?œ•2

đ?œ•2

đ?œ•2

L’operatore ∇2 e’ definito come ∇2 = đ?œ•đ?‘Ľ 2 + đ?œ•đ?‘Ś2 + đ?œ•đ?‘§2 .

In tale equazione vale đ?‘ˆ(đ?’“) = −đ?‘žđ?‘‰(đ?’“) dove đ?‘‰(đ?’“) e’ detta funzione potenziale.

La funzione d’onda di Schroedinger puo’ essere trattata in una dimensione quindi con riferimento alla x, avendo che:

1

â„Ž

− 2đ?‘š (2đ?œ‹)2 ∇2 đ?œ“(đ?‘Ľ) + đ?‘ˆ(đ?‘Ľ)đ?œ“(đ?‘Ľ) = đ??¸đ?œ“(đ?‘Ľ ) Essendo E l’energia della particella e risultando U(x) = −đ?‘žđ?‘‰(đ?‘Ľ) . - 114 -


Occorre ricordare che đ?œ“(đ?‘Ľ )â„Žđ?‘Ž un preciso significato in quanto |đ?œ“(đ?‘Ľ )|2 e’ la probabilita’ di trovare l’elettrone nel punto x.

In generale la probabilita’ di trovare un elettrone in ⌋đ?‘Ž, đ?‘?âŚŒ e’ p(a≤ đ?‘Ľ ≤ đ?‘?) = đ?‘?

âˆŤđ?‘Ž |đ?œ“(đ?‘Ľ )|2 đ?‘‘đ?‘Ľ.

Esiste una condizione particolare (detta dell’elettrone libero) per la quale risulta U(x)= 0 in cui l’equazione di Schroedinger diventa −

1 â„Ž ( )2 ∇2 đ?œ“(đ?‘Ľ) 2đ?‘š 2đ?œ‹

=

đ??¸đ?œ“(đ?‘Ľ ) .

1

Solitamente si considera l’energia cinetica classica E = 2 �� 2 .

Si ottiene la soluzione đ?œ“(đ?‘Ľ ) = đ??´đ?‘’ đ?›ź1 đ?‘Ľ + đ??ľđ?‘’ đ?›ź2 đ?‘Ľ essendo đ?›ź1,2 = Âąđ?‘– √

2đ?‘šđ??¸ (

â„Ž 2 ) 2đ?œ‹

.

Viene introdotta una grandezza, detta vettore d’onda, misurata in đ?‘šâˆ’1, e 2đ?‘šđ??¸

definita dalla relazione k = √

(

â„Ž 2 ) 2đ?œ‹

.

La funzione d’onda viene messa anche nella forma đ?œ“(đ?‘Ľ ) = đ??śđ?‘ đ?‘–đ?‘›(đ?‘˜đ?‘Ľ + đ?œ—)

Il vettore d’onda viene anche messo nella forma k =

In sede di

approfondimento (numero

2đ?œ‹ đ?œ†

.

sulla meccanica

quantistica

integrativo di quello precedentemente elaborato) tali aspetti saranno - 115 -


ripresi e si evidenziera’

l’importanza

di una ulteriore relazione che

collega la quantita’ di moto dell’elettrone alla lunghezza d’onda associata a tale particella cioe’:

â„Ž

Îť= đ?‘? .

Buca di potenziale

Si considera il caso di una particella costretta a muoversi in 0 ≤ � ≤ �.

Si parla al riguardo di buca nanometrica di potenziale.

Per i punti tali che x đ?œ– ⌋0 , đ?‘ŽâŚŒ si ha U(x) = 0 mentre U(x) = +∞ per tutti gli x esterni a detto intervallo.

Per U(x) = +∞ si ha Ďˆ(x) = 0 mentre all’interno della buca si ha:

1

â„Ž

1

â„Ž

− 2đ?‘š (2đ?œ‹)2 ∇2 đ?œ“(đ?‘Ľ) = đ??¸đ?œ“(đ?‘Ľ ) = − 2đ?‘š (2đ?œ‹)2

đ?œ•2 đ?œ“(đ?‘Ľ) đ?œ•đ?‘Ľ 2

.

Con un semplice ragionamento algebrico si ottiene che A = −đ??ľ quando si ponga Ďˆ(x) = 0.

- 116 -


đ?œ‹

Sotto questa condizione (Ďˆ(x) = 0) si ha Csin(kx) = 0 đ?‘?đ?‘’đ?‘&#x; đ?‘˜ = đ?‘› đ?‘Ž (k assume quindi solo particolari valori, multipli di

đ?œ‹ đ?‘Ž

e da questa relazione si perviene

alla formula dell’energia quantizzata (autovalori di Dirac) avendo che la quantizzazione dell’energia e’ definita come:

â„Ž 2đ?œ‹

E = ( )2

đ?œ‹2 đ?‘›2 2đ?‘šđ?‘Ž 2

Ordinariamente secondo la formulazione e la rappresentazione classica il principio di esclusione di Pauli viene rappresentato con la casella che al massimo contiene due elettroni aventi spin opposti

↑↓

In un metallo gli atomi possono essere rappresentati ai vertici di un reticolo cristallino. Una porzione di esso potrebbe essere il seguente.

- 117 -


Gli atomi (pallini ai vertici del cubo) vibrano attorno alla posizione di equilibrio. Possiamo ora dare una rappresentazione grafica della buca di potenziale. U(x) Uo x

La barriera di potenziale costringe gli elettroni nel tratto ⌋0, đ??żđ?‘Ľ âŚŒ. Solitamente si pone đ??żđ?‘Ľ ≍ đ?œ†. Si pone in questo caso che sia Ďˆ(0) = đ?œ“(đ??żđ?‘Ľ ) ed entro la buca si pone U(x) = 0. In realta’ la buca di potenziale va vista nello spazio tridimensionale, come da figura seguente.

- 118 -


In definitiva gli elettroni sono confinati nel cubo i cui lati eguali sono đ??żđ?‘Ľ , đ??żđ?‘Ś đ?‘’đ?‘‘ đ??żđ?‘§ . Con riferimento ad una dimensione si ha: Ďˆ(x) = đ??´đ?‘’ đ?‘–đ?‘˜đ?‘Ľ đ?‘Ľ + đ??ľđ?‘’ đ?‘–đ?‘˜đ?‘Ľ đ?‘Ľ

da cui đ?‘’ đ?‘–đ?‘˜đ?‘Ľ đ??żđ?‘Ľ = 1.

Risultano quantizzate sia l’energia E che il vettore d’onda. đ?‘?2

Si ha E = 2đ?‘š =

(đ?‘?đ?‘Ľ )2 +(đ?‘?đ?‘Ś )2 +(đ?‘?đ?‘§ )2 2đ?‘š

2đ?œ‹

e il vettore d’onda đ?‘˜đ?‘Ľ = đ?‘› đ??ż con n intero. đ?‘Ľ

2đ?œ‹

đ?‘˜đ?‘Ľ Nel linguaggio delle matrici si scrive (đ?‘˜đ?‘Ś ) = đ?‘˜đ?‘§

đ?‘›đ??ż

đ?‘Ľ

2đ?œ‹ đ?‘šđ??ż đ?‘Ś 2đ?œ‹ ( đ?‘&#x; đ??żđ?‘§ )

mentre il vettore p

đ?‘?đ?‘Ľ đ?‘? ordinariamente e’ p = ( đ?‘Ś ) . đ?‘?đ?‘§ Nella fisica elettronica viene introdotta una ulteriore grandezza detta densita’ degli stati indicata come D(E). Tale grandezza indica il numero degli stati per i quali si ha ∆đ??¸ ≤ 1J in un volume unitario. Tipicamente viene misurata in đ??˝âˆ’1 đ?‘šâˆ’3. Vanno considerati gli stati di energia compresa tra E e E +đ?‘‘đ??¸. Il guscio puo’ essere visto in sezione, come da figura seguente.

- 119 -


dk

Kk

k dk sezione del guscio infinitesimo

Da E =

â„?2 đ?‘˜ 2 2đ?‘š

da cui si ottiene D(E)dE = 2

4đ?œ‹đ?‘˜ 2 dk (2đ?œ‹)3

E’ evidente che đ??żđ?‘Ľ đ??żđ?‘Ś đ??żđ?‘§ = 1 (volume del cubo di lato unitario). Dalla precedente relazione, differenziando si ha che dE =

Algebricamente si ottiene quindi D(E)dE = 2

4đ?œ‹đ?‘˜ 2 đ?‘š (2đ?œ‹)3 â„?2 đ?‘˜

â„?2 đ?‘˜ dk. đ?‘š

.

In definitiva D(E) âˆ? √đ??¸.

Relazioni basiche della fisica statistica Secondo la fisica classica alla temperatura di 0 K (c.d. zero assoluto) l’energia cinetica degli atomi e’ nulla, e risultando essi immobili e non vibranti attorno alla loro posizione di equilibrio . La vibrazione e’ sempre piu’ evidente al crescere di T. - 120 -


Oltre certi valori di T gli atomi spezzano i legami chimici che li tengono uniti nella molecola o nel reticolo. Per la fisica classica (statistica di Boltzmann) il numero degli elettroni che hanno energia E e’ dato dalla formula: đ??¸

n(E) = đ??´đ?‘’ −đ?‘˜đ?‘‡ Il primo membro indica il numero degli elettroni che nel volume unitario hanno energia E. Si osservi che gli elettroni si scambiano le energie ripetutamente, ogni volta che si urtano elasticamente. E’ stato calcolato che D(E= 1đ?‘’đ?‘Ł) = 4,26 ∗ 1046 stati /đ?‘š3 đ??˝. Secondo la meccanica quantistica per T = 0 đ?‘ đ?‘– â„Žđ?‘Ž đ??ˇ(đ??¸) ≠0 đ?‘’đ?‘‘ đ?‘Žđ?‘›đ?‘?â„Žđ?‘’ đ??¸ ≠0.

Energia di Fermi L’energia di Fermi e’ il maggior valore energetico associato all’elettrone collocato nel livello piu’ energetico. Con riferimento alla struttura elettronica si puo’ fare un esempio con un atomo costituito da un nucleo di 3 protoni e tre elettroni orbitanti. La configurazione elettronica e’ la seguente

Elettrone piu’ energetico 2s

Elettroni dell’orbitale 1s completo Energia - 121 -


L’energia dell’elettrone 2s e’ detta energia di Fermi. 3

đ??¸

n = âˆŤ0 đ?‘“ đ??ˇ(đ??¸)đ?‘‘đ??¸ = đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?‘Ą(đ??¸đ??š 2 ) Somministrando calore ad un reticolo gli elettroni si spostano su livelli piu’ energetici per i quali E > đ??¸đ??š . Era gia’ stato osservato che f(E)=

1 2

0 ≤f(E)=

1 đ??¸âˆ’ đ??¸đ??š 1+đ?‘’ đ?‘˜đ?‘‡

≤ 1 con il caso particolare

per đ??¸ = đ??¸đ??š .

Il valore KT a 20 gradi Celtius vale 0,0259 eV. Viene definita la funzione di lavoro del metallo đ?œ‘đ?‘€ . Tale valore e’ definito per differenza, avendo che đ?œ‘đ?‘€ = đ??¸ − đ??¸đ??š , essendo E l’energia del livello del vuoto. Il valore dipende dal metallo che si considera. L’energia E implica che l’elettone venga emesso, come accade nell’effetto termoionico. Senza entrare in dettagli e’ possibile schematizzare l’essenza della teoria dell’effetto fotoelettrico. Un elettrone di un livello interno, di energia đ??¸1 viene colpito da un fotone hf . Se đ??¸1 + â„Žđ?‘“ = đ??¸2 corrisponde ad una energia permessa allora il fotone salta dal livello 1 al livello 2 per poi ricadere nel livello 1 con emissione di un fotone hf. Nella fisica atomica viene sovente utilizzata la seguente relazione: đ?‘? đ?œ†

E=â„Ž =

1,24 đ?œ†

La lunghezza d’onda viene misurata in micron e l’energia in eV.

Struttura a bande L’energia

dell’elettrone nel reticolo non e’ quella

1

classica (E =2 đ?‘šđ?‘Ł 2) in

quanto gli elettroni risentono del potenziale dovuto agli ioni del reticolo. - 122 -


Vi sono intevalli energetici cui corrispondono stati possibili ed intervalli di energia entro i quali non e’ possibile avere eelettroni, ivi collocati. Esempio grafico con due bande ammesse ed una intermedia proibita.

E

Le frecce indicano gli intervalli di energia i cui valori esprimono range di accettabilita’ per le energie degli elettroni. Il range contrassegnato con la X indica valori energetici che non possono essere posseduti da elettroni orbitanti. Viene solitamente considerato il silicio (Si) che ha valenza 4. Come noto, gli elettroni di valenza sono quelli del livello piu’ esterno . Tali elettroni vengono messi in comune (compartecipazione) tra gli atomi di silicio (legami covalenti). Gli N orbitali 3p di ciascun atomo di si formano la prima banda di valenza delle energie permesse. La rappresentazione della struttura elettronica del silicio e’ la seguente.

- 123 -


3

1

Orbitali s e p. Sono stati cerchiati gli orbitali liberi. Si tratta degli orbitali 3p, cioe’ gli orbitali p del livello 3. Il numero degli orbitali liberi e’ N se ci si riferisce al numero di atomi per unita’ di volume. Tra le bande vi sono differenziali energetici ∆đ??¸ entro i quali non possono essere collocati elettroni. Gli elettroni, detta altrimenti, non possono avere energie comprese entro il range di valori proibiti. Si parla di struttura a banda dell’energia per spiegare la conduzione nei solidi. La banda e’ una combinazione lineare di orbitali avente tanti statiquanti sono gli orbitali possibili.

- 124 -


Ogni banda ha N stati e quindi puo’ ospitare 2N elettroni. Le proprieta’ di conduzione di un solido sono spiegate tenendo conto: del numero degli elettroni che ciascun atomo mette in comune e dalla distanza tra le bande. Le

bande

completamente

piene

non

danno

alcun contributo

alla

conduzione. In pratica il fatto che tutti gli orbitali siano occupati impedisce la redistribuzione delle energie degli elettroni . La condizione per la conduzione infatti e’ che sia < đ?’— >≠đ?&#x;Ž . Occorrono stati liberi (vedi gli orbitali 3p del silicio) ed energia che porti elettroni nella banda ad energia superiore, detta banda di conduzione. Alla conduzione del silicio concorrono 4N elettroni. Alla temperatura di 0 K tutte le sostanze sono tali che gli elettroni si trovano nei livelli energetici piu’ bassi (e questo giustifica la circostanza che silicio, carbonio e germanio a temperature basse sono isolanti e poi deboli conduttori). Un modello semplificato potrebbe essere con riferimento alle energie il seguente. Zona proibita

Banda di valenza

banda di conduzione - 125 -


Gli estremi (inferiore e superiore) della zona proibita permettono di definire l’energia di gap, indicata con đ??¸đ??ş intesa come differenza tra i due estremi. Cioe’ si ha đ??¸đ??ş = đ??¸đ?‘? − đ??¸đ?‘Ł . In altri termini per spostare un elettrone dalla banda di valenza a quella di conduzione, piu’ energetica, e’ necessario somministrare una energia E > đ??¸đ??ş . La conduzione elettrica dovuta agli elettroni di conduzione e’ possibile in quanto per tali redistribuzioni energetiche si ha che < đ?’— >= đ?&#x;Ž . Nei metalli l’ampiezza della banda proibita e quindi il valore dell’energia di gap e’ molto piccolo. Nel caso del silicio la differenza tra i limiti superiore e inferiore vale 1,2 eV. Questo spiega la conduzione (modesta) a temperatura ambiente. Dato â„?đ?‘˜ = đ?‘? si ocnsidera la funzione E = đ??¸(đ?‘˜), essendo E l’energia. Tale relazione deve tenere conto dell’effetto di tutti gli ioni del reticolo. Occorre ipotizzare l’approfondimento dei campi di potenziale periodico. I fisici si sono quindi industriati di studiare E(k), andamento di E in funzione di k. 1

đ?‘‘2 đ??¸

Si ammette valida la relazione E(k) −đ??¸đ?‘? = 2 đ?‘‘đ?‘˜ 2 |đ?‘˜=đ?‘˜ (k−đ?‘˜0 ) essendo E(đ?‘˜0 ) = đ??¸đ?‘? . 0

- 126 -


Per gli sviluppi della materia viene definita una grandezza fittizia detta massa efficace degli elettroni in banda di conduzione. ∗ Tale grandezza viene definita come segue: đ?‘šđ?‘’,đ?‘?đ?‘œđ?‘›đ?‘‘ =

â„?2 đ?‘‘2 đ??¸ đ?‘‘đ?‘˜2 |đ?‘˜=đ?‘˜0

Si tratta di una

grandezza astratta, non reale. â„?2 đ?‘˜ 2

Si pone E(k) = 2đ?‘šâˆ—

đ?‘’,đ?‘?đ?‘œđ?‘›đ?‘‘

.

La nozione di massa efficace degli elettroni in banda di conduzione e’ lo strumento utile per poter riscrivere la

relazione classica

nei termini

1

∗ seguenti: E = 2 đ?‘šđ?‘’,đ?‘?đ?‘œđ?‘›đ?‘‘ đ?‘Ł2 .

∗ La grandezza đ?‘šđ?‘’,đ?‘?đ?‘œđ?‘›đ?‘‘ dipende

dalla direzione cristallografica di moto

degli elettroni nel reticolo per effetto del potenziale dovuto agli ioni che lo costituiscono. In pratica

∗ đ?‘šđ?‘’,đ?‘?đ?‘œđ?‘›đ?‘‘ esprime gli effetti del campo elettrico E , riconducendo

alla nozione di elettrone libero. Nel caso del silicio si ammette

∗ đ?‘šđ?‘’,đ?‘?đ?‘œđ?‘›đ?‘‘ =

0,26 �, essendo m la massa dell’elettrone. Ho impostato un semplice paragone cinematico per spiegare la nozione di massa equivalente. Si consideri il caso di un corpo puntiforme di massa m che si muove nel vuoto con velocita’ v. La sua energia cinetica e’ 1 m� 2 . 2

Si ammetta che il medesimo corpo si muova in un mezzo che oppone

una resistenza. Il corpo di massa m non si muovera’ a velocita’ v e non potra’ avere energia cinetica

1 mđ?‘Ł 2 . 2

Tale corpo si muovera’ a velocita’u - 127 -


< đ?‘Ł. In questo caso sarebbe poi

�� ��

< 0. In questo caso sarebbe E(t) non 1

costante nel tempo ed espresso dalla relazione “classicaâ€? E(t) = 2 đ?‘šđ?‘’đ?‘ž đ?‘Łâ€˛(đ?‘Ą)2 . u’= đ?‘˘â€™(t) indica la funzione velocita’ del corpo nel mezzo. In altri termini

sarebbe

1 mđ?‘Ł 2 2

1

− đ?‘„(đ?‘Ą) = 2 đ?‘šđ?‘’đ?‘ž đ?‘˘(đ?‘Ą)2

(conservazione

dell’energia

riferita al sistema particella e mezzi 1 e 2). Ritornando alle questioni in oggetto occorre ricordare (Pennelli) che “l’effetto del potenziale periodico viene considerato per mezzo di una massa diversa

dalla massa vera dell’elettrone�. Con questo escamotage si

utilizzano le relazioni della fisica classica per l’energia cinetica

e

l’impulso. Occorre ricordare la condizione della variazione positiva di T, cioe’ il caso sia ∆đ?‘‡ > 0. Nella banda di valenza ci sono stati liberi dovuti alla transizione elettroni di valenza → elettroni di conduzione (đ??¸đ?‘? > đ??¸đ?‘‰ ) . Gli elettroni della banda di valenza si riorganizzano e i l contributo alla conduzione si ha in quanto < đ?’— >≠đ?&#x;Ž. 1

Ovviamente anche in questo caso E(k) ≠2m� 2 e si ammette sia: 1

đ?‘‘2 đ??¸

E(k)−đ??¸đ?‘Ł = 2 đ?‘‘đ?‘˜ 2 |đ?‘˜=0 đ?‘˜ 2 < 0 đ?‘–đ?‘› đ?‘žđ?‘˘đ?‘Žđ?‘›đ?‘Ąđ?‘œ di đ?‘šđ?‘’,đ?‘Łđ?‘Žđ?‘™ =

â„?2 đ?‘‘2 đ??¸ đ?‘‘đ?‘˜2 |đ?‘˜=0

đ?‘‘2 đ??¸ đ?‘‘đ?‘˜ 2 |đ?‘˜=0

< 0 e la massa efficace degli elettroni

.

- 128 -


A T ambiantali il munero degli elettroni che vengono “promossi� e’ modestissimo e vale 10−12 elettroni per centimetro cubico. La mancata redistribuzione degli elettroni e’ tale che la velocita’ vettoriale media e’ il vettore nullo, quindi non si ha conduzione. Sia N il numero degli elettroni in banda di valenza, espresso come numero di elettroni al centimetro cubico. si

conduzione

Stati liberi no assenza di conduzione e pertanto si ha J = −đ?‘žđ?‘ < đ?’— > = đ?&#x;Ž in quanto < đ?’— > = đ?&#x;Ž . Nel caso di passaggio di elettroni dalla banda di valenza alla condizione di stato libero dopo una certa serie di passaggi algebrici si ottiene: J = đ?‘ž(đ?‘Łđ?‘— + |đ?‘š

đ?‘ž

Eđ?‘Ąđ?‘— ) ≠đ?&#x;Ž

đ?‘’,đ?‘Łđ?‘Žđ?‘™ |

In questa sede introduttiva restano da fare alcune precisazioni sulla conduzione nei semiconduttori. Per gli elettroni orbitanti esistono bande permesse (con elettroni la cui energia e’ compresa tra gli estremi, inferiore e superiore, di dette bande) e gap energetici cui non possono essere associati elettroni aventi energie interne al range di tali bande proibite. Ordinariamente a 0 K non si hanno elettroni nella banda di conduzione.

- 129 -


Esiste una funzione che indica il numero degli elettroni in banda di conduzione che viene solitamente indicata come n = đ?‘›(đ??¸). Per gli elettroni della banda di conduzione si ha E> đ??¸đ?‘? . In questo caso si pone n(E) = đ??ˇ(đ??¸)đ?‘“(đ??¸) che integrata consente di dire che: +∞

n = âˆŤđ??¸

đ??ˇ(đ??¸)đ?‘“(đ??¸)đ?‘‘đ??¸

đ??ś

Negli sviluppi e nei calcoli, che si omettono, si utilizza il seguente integrale: +∞

âˆŤ0

√đ?‘Ľđ?‘’ −đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ =

√đ?œ‹ 2

Con consolidate e note in letteratura argomentazioni si scrive:

n = đ?‘ đ?‘? đ?‘’ −

đ??¸đ?‘? −đ??¸đ?‘“ đ?‘˜đ?‘‡

In detta relazione đ?‘ đ?‘? indica la densita’ equivalente degli stati in banda di conduzione. Si ammette che tutti gli stati in banda di conduzione abbiano energia đ??¸đ?‘? . Lo spostamento di un elettrone genera una lacuna. Il numero delle lacune , solitamente indicate con la lettera p, risulta essere:

p = đ?‘ đ?‘‰ đ?‘’ −

đ??¸đ?‘“ −đ??¸đ?‘? đ?‘˜đ?‘‡

Per đ?‘ đ?‘‰ e’ data una definizione analoga a đ?‘ đ??ś . Il drogaggio (doping) consiste nel modificare i valori di n e di p.

- 130 -


Cio’ si ottiene aggiungendo impurita’ nel reticolo del silicio, cioe’ sostituendo atomi di silicio con atomi di altri elementi chimici. Una prima modalita’ e’ costituito dal drogaggio con atomi pentavalenti, quali sono il fosforo e l’arsenico. L’inserimento di un atomo di fosforo le reticolo del silicio fa si che tale atomo (pentavalente) si leghi a quattro atomi di silicio contigui. Un elettrone del livello di valenza del fosforo non e’ legato ad atomi di silicio contigui . Tale elettrone non legato facilmente diventa elettrone della banda di conduzione. Una modesta somministrazione di energia consente tale transizione in quanto il valore energetico di tale elettrone non legato e’ abbastanza vicino al valore đ??¸đ??ś . Gli atomi pentavalenti cosi’ inseriti sono detti atomi donatori di elettroni. Quando aumenta la concentrazione di impurita’ il contributo alla conduzione

(proporzionale

al

numero

di

elettroni

in

banda

di

conduzione) diventa evidente. Il distinto tipo di drogaggio avviene con elementi

tetravalenti, quali il

boro. Il boro e’ trivalente ma si lega con quattro atomi di silicio contigui, i primi tre legami sono ininfluenti ai fini della conduzione, mentre il quarto

- 131 -


determina l’avvicinamento di un elettrone della banda di valenza del silicio all’aomo di boro, che di fatto diviene uno ione negativo. Pertanto, nella banda di valenza del Si si forma una lacuna. Diviene essenziale la valutazione della concentrazione delle impurita’. Quella relativa ai donatori (pentavalenti) viene solitamente indicata con đ?‘ đ??ˇ ed aumenta il valore di n. La concentrazione dei trivalenti e’ indicata con đ?‘ đ??ˇ . Tali valori indicano il numero delle impurita’ ogni đ?‘?đ?‘š3 . Questa sintesi consente di comprendere gli sviluppi

e in particolare

l’andamento della concentrazione degli elettroni in funzione di T e gli sviluppi delle correnti di trascinamento e di diffusione. Si tenga in particolare conto (Pennelli) che nei semiconduttori e’ possibile che gli elettroni (e/o le lacune) siano distribuiti in maniera non uniforme, cioe’ e’ possibile che la concentrazione di elettroni sia una funzione della posizione r : n= �(�)".

- 132 -


INDICE

Introduzione

1

Nozioni matematiche utili

4

Nozioni di elettrostatica

8

La forza di Coulomb

8

Il campo elettrostatico

17

Moto di particelle cariche entro il campo elettrico

25

Il dipolo elettrico

26

Campo elettrico generato da una distribuzione continua di 29 carica Il potenziale elettrostatico

29

Approfondimento sulla nozione di potenziale e di differenza 34 di potenziale La relazione tra il campo vettoriale E e il campo scalare V

43

Linee di forza e superfici equipotenziali

46

Il vettore induzione elettrica

47

La densita’ di carica elettrica

48

Il flusso del vettore campo elettrico

49

- 133 -


Il teorema di Gauss. La prima equazione del campo 54 elettromagnetico Formalizzazioni del teorema di Gauss

58

Proprieta’ elettrostatiche dei conduttori

63

Il condensatore

65

Proprieta’ elettrostatiche dei dielettrici

72

L’intensita’ di corrente elettrica e le prime osservazioni sulla 79 conduzione nei metalli La legge di Ohm

89

Il modello di Drude per i metalli

96

La statistica di Fermi-Dirac

107

Il principio di indeterminazione di Heisemberg e funzione 116 d’onda Buca di potenziale

118

Relazioni basiche della fisica statistica

122

Energia di Fermi

123

Struttura a bande

124

- 134 -


Bibliografia essenziale

✓ Ageno, Elementi di fisica, Boringhieri, 1976 ✓ Gettys, Fisica 2, Elettromagnetismo – Onde, McGraw-Hill, IV edizione, 2016 ✓ Halliday, Resnick, Walker, Fondamenti di fisica, VI edizione, Ambrosiana, 2006 ✓ Pennelli, Fisica dei dispotivi elettronici. Pisa University Press, 2017 ✓ Siringo, Angilella, Concetti

fisici e applicazioni della meccanica

quantistica, Aracne editore, 2005

- 135 -


Anticipazione del prossimo numero

Il prossimo numero di Appunti matematici sara’ dedicato allo studio delle onde .

La copertina sara’ riservata al matematico e fisico francese Augustin-Jean Fresnel.

- 136 -


AVVISO LEGALE relativo alla proprieta’ letteraria

Questo saggio non ha finalita’ commerciali o lucrative. Ne e’ autorizzata la divulgazione, anche totale, a condizione che essa non abbia, anche indirettamente, scopo commerciale o lucrativo e purche’ essa avvenga con la citazione dell’autore e del soggetto diffusore dell’opera. Non sono ammesse limitazioni alla diffusione dell’opera nello spazio e nel tempo.

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