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La mappa della Mobilità Dolce Bianca Angeli

VIAGGIARE IN ARMONIA CON LA NATURA: NASCE L’ATLANTE DELLA MOBILITÀ DOLCE

Rete Ferroviaria Italia (RFI), in collaborazione con le 29 associazioni che compongono l’Alleanza per la Mobilità Dolce (AMODO), ha dato luce alla prima edizione dell’Atlante della Mobilità Dolce, un progetto digitale che mette insieme più di 3mila stazioni ferroviarie, 28 linee turistiche e 900 borghi delle reti appartenenti ad AMODO (Bandiere Arancioni, Borghi Autentici d’Italia, Cittaslow, Comuni Virtuosi, Borghi più Belli d’Italia). Giusto per fare qualche numero, nell’Atlante figurano 12mila chilometri di sentieri italiani ed esteri (Sentiero Italia del CAI e i sentieri internazionali di FIE), 83 cammini, per un totale di 23mila chilometri, e 1.656 aree protette lungo 100mila chilometri quadrati. E ancora, 24 parchi nazionali, 147 riserve naturali nazionali, 112 oasi del WWF, 3 parchi naturali sommersi, Con l’impegno della Rete Ferroviaria Italia e l’Alleanza per la Mobilità Dolce sarà possibile raggiungere il parco naturalistico o il sito archeologico vicino casa con mezzi di trasporto green. Per un turismo più lento e sostenibile

di Bianca Angeli 66 parchi minerari, 55 siti Unesco. In aggiunta, sono previste ben 50 linee ferroviarie interne, senza considerare i 18mila chilometri a disposizione di pedoni, escursionisti a cavallo e ciclisti, tra percorsi green liberi da veicoli a motore e “ciclovie” vere e proprie. Un disegno ambizioso che permetterà ai turisti di visitare luoghi, magari non distanti da casa, ma fino ad oggi irraggiungibili senza le quattro ruote.

GLI OBIETTIVI DELLA NUOVA MAPPA

Il fine è chiaro: creare uno strumento (sostenibile) per rilanciare il turismo “minore”, avvantaggiando l’economia delle zone più interne del Paese, finora considerate destinazioni di nicchia proprio per la difficoltà di raggiungimento con mezzi differenti dall’automobile. L’Atlante, di prossima pubblicazione, prima di diventare un porta-

le consultabile da chiunque gratuitamente, rappresenterà nell’immediato uno strumento analitico a disposizione dei diversi Enti locali (Regioni, Province, Parchi), che, in un dialogo costruttivo con le Ferrovie, valuteranno - dati alla mano - quali servizi e infrastrutture migliorare per sviluppare al meglio gli itinerari di mobilità dolce sul proprio territorio.

IL TRENO, FULCRO DELLA MOBILITÀ

La mappa di mobilità sostenibile in sé per sé non rappresenta una novità assoluta: ne esistono già diverse, (un esempio, in provincia di Siena, è il percorso cicloturistico dell’Eroica che incrocia la via Francigena e Treno Natura), ma con l’Atlante, per la prima volta, le tre modalità di spostamento (bici, treno e cammino) vengono ufficialmente proposte in modo unitario.

QUANTO VALE ANDARE IN BICICLETTA?

Gli italiani amano le due ruote, al punto che ormai si parla di “bike economy”, un comparto ampio e variegato che include tutti quei settori e quelle attività di indotto che nella bicicletta vedono un fattore di sviluppo e di crescita. Un patrimonio da valorizzare anche in vista degli investimenti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che si rivolgeranno all’espansione delle infrastrutture ciclabili e ad una maggiore attenzione verso la mobilità elettrica.

Un sistema di interscambio, del quale le stazioni ferroviarie rappresentano il perno centrale. Luoghi nei quali il turista può trovare i servizi e gli scambi per passare dal treno al cammino (o dal treno alla bici), senza difficoltà. Un’occasione da non sprecare, dal momento che - precisa RFI - oltre mille delle 3mila stazioni ferroviarie mappate non distano più di 3 chilometri da uno dei tanti cammini che attraversano la Penisola.

LE FERROVIE? PIÙ ECOLOGICHE E SICURE

Il progetto si inquadra in una filosofia di viaggio sempre più attuale. Del resto i dati dell’Unione Europea parlano chiaro: i trasporti rappresentano circa il 30% delle emissioni di CO2 all’interno dell’area. I treni, che contribuiscono solo all’1% dell’inquinamento (contro il 71% delle automobili e il 12% degli aerei), possono quindi dare un prezioso contributo alla lotta al cambiamento climatico. Da qui la decisione di trasformare il settore ferroviario per renderlo più competitivo ed attraente agli occhi dei passeggeri, attuali e futuri. In Italia, il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile lo scorso anno ha elaborato un documento per adeguare il comparto al “climate changing”. Tra i target, la partecipazione alla realizzazione di corridoi europei, il potenziamento e la messa in sicurezza della circolazione ferroviaria, l’aumento degli standard di sicurezza e di efficienza energetica ed il miglioramento delle reti regionali, interregionali e dei nodi ferroviari delle grandi città (considerando anche lo sviluppo delle linee storiche ad utilizzo turistico).

IL FUTURO VIAGGIA SUI BINARI

Il trasporto ferroviario si prepara dunque ad essere una presenza capillare sui territori più interni italiani. E se è vero che il settore è stato colpito duramente dalla crisi scatenata dalla pandemia, a causa delle restrizioni sui viaggi, è innegabile come il 2022 abbia segnato il momento della ripresa. Da luglio a settembre Trenitalia ha trasportato 83 milioni di passeggeri, e oggi annuncia la sua prossima mossa sostenibile: l’entrata in servizio di Blues, il primo treno ibrido pronto a viaggiare con un impatto ambientale minimo. Signore e signori, in carrozza! Il futuro della mobilità ecologica è qui.

Produrre, consumare e condividere energia in modo consapevole e attivo è la sfida delle comunità energetiche che cominciano a ritagliarsi uno spazio nel nostro Paese, nonostante i rallentamenti dovuti alle difficoltà burocratiche e talvolta a lacune normative. Nelle ultime tre edizioni del rapporto Comunità rinnovabili, Legambiente ha mappato le storie di 100 fra comunità energetiche rinnovabili effettivamente operative (35), in progetto (41) o in movimento (24), ossia quelle che si stanno appena costituendo. Di queste, 59 sono state censite fra giugno 2021 e maggio 2022, e coinvolgono centinaia di famiglie, oltre che decine di enti locali e imprese. «Le comunità energetiche rinnovabili sono un nuovo soggetto giuridico di diritto privato - spiega a 50&Più Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente - che consente a qualsiasi utente, famiglie, singoli, imprese, terzo settore, amministrazioni (l’unico soggetto escluso sono le imprese energetiche), di mettersi insieme, produrre energia, condividerla tra i soggetti

COMUNITÀ ENERGETICHE, OPPORTUNITÀ PER CONDIVIDERE CONSUMI E RISPARMIO

Sono tante le realtà, tra famiglie ed enti locali, che stanno prendendo la strada dell’autoproduzione di energia. Con evidenti benefici in termini di risorse e opportunità

di Winda Casula

che ne fanno parte, e da questo trarre dei vantaggi economici, sociali e ambientali».

Quali sono i vantaggi dell’essere parte di una comunità energetica rinnovabile?

Essendo non profit per legge, questi soggetti sviluppano tutta una serie di vantaggi in base a quanta energia riescono a condividere: si stabilisce un regolamento attraverso il quale ci si scambia energia, e quella condivisa, ossia utilizzata dai soci che ne fanno parte, viene anche incentivata dallo Stato. Quindi oltre a un risparmio diretto in bolletta c’è anche un incentivo statale previsto per i prossimi vent’anni. La chiave è l’autoproduzione: le comunità energetiche producono energia ai fini del fabbisogno della comunità stessa. In questo modo viene incentivato il consumo locale dell’energia, con lo sviluppo della comunità. E le risorse che si ricevono vengono utilizzate sulla base delle necessità dei territori.

Come si sviluppa l’iter di preparazione di un progetto?

Si parte da un gruppo di soggetti interessati a sviluppare la comunità energetica, si verifica che appartengano tutti alla stessa cabina primaria, facendo una richiesta al distributore locale, poi si decide la forma statutaria (impresa sociale, associazione, cooperativa energetica) e, quando si è registrato uno statuto e si è fatto un regolamento, si procede alla costruzione dell’impianto da fonti rinnovabili. Poi ci si registra sul portale di GSE e, una volta approvata la registrazione, si diventa comunità energetica a tutti gli effetti.

In quale quadro normativo ci si muove in Italia?

Abbiamo recepito la Direttiva europea (2018/2001/Ue) in maniera sperimentale attraverso il Decreto Milleproroghe, poi con il Decreto Legislativo 199/2021. Quello che manca sono le nuove regole attuative di ARERA, l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, e il quadro dei nuovi incentivi che ora dovrà essere compilato dal nuovo Ministero dell’Ambiente e FINANZIAMENTI PER LE AREE COLPITE DA SISMA

Nel settembre scorso, in anticipo rispetto alle misure attese dal PNRR, è stato aperto il Bando per il finanziamento delle comunità energetiche rinnovabili dedicato ai comuni colpiti dal sisma nel 2009 e nel 2016, con la possibilità di un contributo a fondo perduto del 100% della spesa prevista se gli enti promotori si impegnano a creare sistemi di condivisione o reti di teleriscaldamento. Entro il termine del 20 novembre sono state presentate le domande di partecipazione e, anche in questo caso, Legambiente ha svolto una campagna informativa dedicata e ora continuerà a supportare i progetti ammessi al contributo. «Ci occupiamo di aree sisma da tanto tempo, e abbiamo insistito affinché uno degli strumenti di riqualificazione fosse la comunità energetica - ha spiegato Maria Maranò, responsabile della campagna informativa nelle aree del cratere - perché agisce sia sugli aspetti comunitari di ricostruzione sociale che di innovazione dal punto di vista ambientale. Il bando è stato approvato il 30 giugno scorso, e abbiamo cominciato sin da subito un lavoro di sensibilizzazione in quelle aree, per spiegare cosa sono le comunità energetiche. Devo dire che anche tramite web abbiamo avuto una partecipazione straordinaria. È il primo bando in Italia che si cimenta con la possibilità di finanziare comunità energetiche al 100%. A metà ottobre, oltre il 50% dei Comuni aveva già espresso una manifestazione di interesse, poi pubblicata per chiedere l’impegno dei cittadini. I segnali che arrivano sono incoraggianti, e in questi luoghi già soggetti a spopolamento potrebbe esserci una ricaduta importante anche in termini occupazionali, perché un conto è ricevere energia da centinaia di chilometri di distanza, un altro è coinvolgere i professionisti e i cittadini del luogo per progettare un sistema di autoproduzione e condivisione pensato sulla base di esigenze reali e specifiche.

della Sicurezza Energetica. Questi due passaggi stanno bloccando lo sviluppo di tutta una serie di comunità energetiche, quelle in attesa di nuove regole per potersi registrare e completare l’iter di sviluppo, e quelle che hanno già completato la prima fase, identificato i soggetti e l’area in cui costruire l’impianto, ma stanno aspettando gli incentivi per realizzare un progetto di fattibilità anche in termini di costi.

Quante sono le comunità energetiche già attive e qual è il risparmio calcolato?

Secondo l’ultimo censimento aggiornato a giugno scorso, in Italia ci sono un centinaio di comunità energetiche, fra attive (16) e in fase di sviluppo. Quelle che hanno ricevuto la prima parte di incentivi sono solo tre. Nel Rapporto 2022 abbiamo raccolto le storie delle comunità energetiche, e ci sono esperienze che arrivano a percentuali di risparmio comprese fra il 50% e il 70%, tra bollette elettriche e termiche. Quando si modifica lo stile di vita in relazione alla produzione dell’impianto si riesce a massimizzare i consumi, concentrandoli quando c’è più produzione. Abbiamo strumenti come la domotica che in questo processo possono aiutare. Il cittadino di fatto diventa un soggetto energetico, attivo e consapevole, abbandonando il modello tradizionale che ci mette in relazione con l’energia solo quando usiamo le prese elettriche e paghiamo bollette che spesso non comprendiamo nemmeno. Un po’ come accade nelle assemblee condominiali ma in senso positivo, perché non si discute di spese ma di risorse e opportunità.

Come si sta muovendo Legambiente per supportare il percorso delle comunità energetiche?

Noi ci stiamo muovendo su diversi fronti perché le comunità energetiche hanno la capacità di portare beneficio in qualsiasi tipologia di territorio, e l’obiettivo di Legambiente è partire da quelli che hanno più bisogno: pensiamo alle periferie, un esempio fra tutti è la comunità energetica di Napoli Est, una delle prime a essere sviluppata. Abbiamo fatto una campagna informativa per il bando dedicato ai comuni del sisma 2009 e 2016, stiamo continuando con la campagna BeCome, dai borghi alle comunità energetiche (legata all’opportunità rappresentata dai 2,2 miliardi di euro che il PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza destina ai comuni con meno di 5mila abitanti per la realizzazione delle comunità energetiche, n.d.r.).

La chiave è l’autoproduzione: le comunità energetiche producono energia ai fini del fabbisogno della comunità stessa. In questo modo viene incentivato il consumo locale dell’energia, con lo sviluppo della comunità

Quello che cerchiamo di mettere in evidenza è l’aspetto solidale delle comunità energetiche, e per questo abbiamo creato una rete con soggetti diversi, da Libera a Federparchi fino agli studenti, affinché la comunità energetica possa diventare strumento di welfare, se si porta dove c’è più bisogno. Un altro lavoro che stiamo portando avanti è quello con le scuole e gli studenti, perché i luoghi della formazione sono quelli che negli ultimi anni sono stati sottoposti a tagli consistenti: invece, vogliamo mettere le scuole al centro della comunità energetica, affinché si trovino reciprocamente profitti e risorse per portare innovazione.

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