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Lettere al Direttore Giovanna Vecchiotti

L’ETÀ DEL RISPETTO

Essere “grandi vecchi” non vuol dire solo ricevere compassione e tenerezza. Serve pazienza, certo, ma anche riconoscenza per chi ha vissuto tanto a lungo

Egregio direttore, ho 93 anni, sono in discreta forma fisica, ho un cognitivo integro, ringrazio Dio e non scrivo per esibizionismo. Voglio solo smontare una considerazione limitativa o compassionevole dei super vecchi considerati una sparuta minoranza di sopravvissuti, sperduti nelle nebbie d’una specie di coma mascherato. Attenzione miei giovanissimi lettori di soli 50 e più anni, ce n’è per voi in un quadro di speranze, attese e sorprese! Cosa significa dunque? Significa che le dimenticanze, le momentanee confusioni, le distrazioni, le malinconie, gli smarrimenti, i malumori della mia età non sono altro che il pendant dei furori, delle illusioni, delle esaltazioni, degli abbattimenti, delle follie dell’età più verde; significa scoprire che la perdita della memoria a breve non è solo una menomazione ma un grande antidoto alla vacuità del presente; significa che la conservazione della memoria remota non è soltanto un frugare nella soffitta dei ricordi ma un prezioso diario privato della storia del mondo; significa aver avuto il buon senso d’aver formato una famiglia che, tra conflitti e delusioni, ha pur sempre costituito l’humus su cui sono fioriti gli affetti, si sono misurate le passioni, e soprattutto sono nati figli e nipoti che ci tengono compagnia ora che gli amici se ne sono andati; significa che questi figli e nipoti ci portano a guardare al futuro, una dimensione che altrimenti non ci riguarderebbe più; significa imparare a ridere dei propri limiti, delle proprie stranezze, delle proprie miserie, il che è un conforto ed un riscatto; significa attendere la morte come un incontro con Dio, il dio ignoto cui abbiamo attribuito fattezze umanoidi, chiesto doni e salvezze arbitrari ed egoistici, un dio che forse potrebbe rivelarsi, in un attimo di atemporale eternità, veramente “l’amor che move il sole e l’altre stelle”. Consentitemi di rivolgere un monito ai colti detrattori della vecchiaia (non la ridicola “terza età“ ma l’ultima età): ma perché ci condannate perché non sappiamo usare il computer e il cellulare e diffidiamo dei modernismi estremi cui non siamo preparati? Considerateci dei Maya e dei Toltechi, che non conoscevano la ruota ma leggevano i moti celesti. Non siamo né un’etnia né una tribù antropologicamente separate, siamo una categoria un po’ in difficoltà; chiamateci “diversamente civili“ e portateci rispetto e attenzione. E qui chiudo e mi dedico alle normali incombenze dell’anziano. Ricaricare gli apparecchi acustici, pulire i denti con lo scovolino, cercare con il telefono fisso il cellulare scomparso, prendere atto che la cena che contavo di prepararmi non potrà cuocersi perché non ho comprato i fiammiferi e l’accendigas è scomparso. Mi vesto alla buona e scendo al ristorante sotto casa; qui mi affido al cameriere perché scelga lui il menu. E sia così cortese da fare una telefonata a mia figlia, che venga a prendermi tra mezz’ora perché ho lasciato le chiavi di casa dentro casa. Ci vuol pazienza...

Giovanni Tranfo

“Di tutte le umane virtù, la pazienza è la più grande”, scriveva Catone il Vecchio, e proprio perché era “Vecchio” possiamo fidarci del suo giudizio. Così come possiamo far tesoro delle sue considerazioni sulla vecchiaia, signor Giovanni, considerazioni piene di sana ironia e auto-ironia proprie di chi conosce la vita e si è lasciato alle spalle rancori e tristezze. E dal momento che questo è il primo numero del 2023, auguro a lei e a tutti i lettori, un felicissimo anno, fatto di benessere ma anche di sorrisi sulle labbra.

PARLIAMONE...

Chi volesse scrivere a Giovanna Vecchiotti può farlo: per posta - C/O Redazione 50&Più Via del Melangolo, 26 - (RM) per fax - 066872597 per email - g.vecchiotti@50epiu.it

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