29 minute read

Periscopio, notizie dal mondo Dario De Felicis

Periscopio

CYBERCONDRIA, QUANDO L’ANSIA È A PORTATA DI CLICK

Può capitare, soprattutto dopo una certa età, di svegliarsi la mattina con qualche dolorino. Nulla di preoccupante, poco più di una dolìa. All’inizio non ci facciamo caso, con tutte le cose da fare, eppure quel dolorino continua ad infastidirci e ad essere ricorrente, finché non decidiamo che è ora di dargli attenzione. Chi non è un medico non sa da cosa possa derivare, e inizia una lieve inquietudine che diventa ansia in breve tempo. Ci serve un responso veloce, un consulto rapido per dissipare ogni dubbio. Ma chi può aiutarci? Il computer, naturalmente; anzi, nello specifico il motore di ricerca Google. Una veloce digitazione del dolore che ci affligge e il risultato è impressionante. Secondo i siti consultati, il piccolo fastidio può essere sintomo di innumerevoli, gravi malattie che spesso includono anche la morte. Ed è a quel punto che in molti si scatena il panico, che generalmente porta a consultare un altro sito e poi un altro ancora per avere conferma di quanto letto: con l’unico risultato di vedere moltiplicate le possibilità di malanni, spesso irreversibili. Risulta del tutto normale, a quel punto, entrare in uno stato di angoscia e preoccupazione che prende il nome di Cybercondria, una sorta di ipocondria tecnologica. Il problema è che il web offre una vastità a cura di Dario De Felicis

pressoché inesauribile di informazioni mediche fornendo, però, risposte non sempre affidabili e accurate. Per molti psicologi la Cybercondria è considerata come una vera e propria patologia, per la componente ossessivo-compulsiva unita alla sfiducia nei confronti del medico curante. La pandemia, poi, ha acuito questo disturbo anche nei più giovani, che spesso si affidano ad internet per qualsiasi informazione. Ad oggi, questa “ipocondria 2.0” sembra crescere in maniera esponenziale, caricando il potenziale paziente di stress e preoccupazioni che possono addirittura aggravare i sintomi della “presunta malattia”. In qualche maniera è necessario fermarsi in tempo da questa consultazione esasperata, imprecisa e senza fine. Le soluzioni per uscire da questo circolo vizioso sono semplici ma, al tempo stesso, difficili da mettere in atto. Innanzitutto, cercare di ristabilire un rapporto di fiducia col proprio medico curante, per esporre di persona tutti i sintomi. Per chi non ci riuscisse, iniziare un percorso di psicoterapia per equilibrare gli stati d’ansia e staccarsi dal giogo del web. Perché, ricordiamolo, è sempre meglio non fidarsi troppo del “Dottor Google”.

LA PRIMA RUOTA DELLA STORIA

A circa 12 miglia a sud di Lubiana, capitale della Slovenia, nel 2002 è stata ritrovata la ruota di legno più antica del mondo. È stata utilizzata la datazione al radiocarbonio, che ha determinato un’età compresa tra i 5.100 e i 5.350 anni. Il reperto è ora custodito nel museo della città.

www.artsandculture.com

LE PIRAMIDI NUBIANE

L’Egitto è il Paese delle piramidi? Niente di più sbagliato. In realtà, la più grande collezione al mondo di queste spettacolari strutture antiche si trova in Sudan. Qui, dal 2500 a.C. circa, l’antica civiltà nubiana costruì 225 piramidi in arenaria e granito: più piccole e meno famose delle 138 piramidi scoperte in Egitto.

www.laconoscienza.it

QUANTE OSSA NEI PIEDI!

I piedi sono tra le parti del corpo più complesse. Ogni piede, infatti, contiene 26 ossa, 33 articolazioni e 19 muscoli, che lavorano insieme per consentire una vasta gamma di movimenti. Molte di queste ossa rimangono cartilagine per tutta l’infanzia e si induriscono completamente fino a quando non si compie - circa - il 21° anno di età.

www.my-personaltrainer.it OPERE DA RECORD

IN MEZZO ALLA NATURA

LA QUERCIA MILLENARIA

Nel 2009, tra i monti della California, è stata scoperta un’incredibile opera naturale: la cosiddetta “Quercia Palmer”, con un’età, accertata, tra i 13mila e 15mila anni.

IL PONTE DI VETRO

Sopra il Grand Canyon di Zhangjiajie, in Cina, è stato costruito il ponte di vetro pedonale più imponente del mondo: lungo 430 metri, largo 6, si stende a 375 metri di altezza.

I FILM CON MAGGIORE INCASSO (in dollari)

Nella storia del cinema solo 5 film hanno guadagnato al botteghino oltre 2 miliardi di dollari. In questa speciale classifica, al primo posto c’è Avatar, capolavoro di James Cameron, con 2 miliardi e 847mila dollari, seguito da Avengers: Endgame, Titanic, Star Wars: Il risveglio della Forza e Avengers: Infinity War.

1. Avatar (2009) 2.847.379

2. Avengers: Endgame (2019) 2.797.501

3. Titanic (1997) 2.201.647

4. Star Wars: Il risveglio della Forza (2015) 2.069.521 CIBO SCADENTE IN AEREO? COLPA DEL VOLO

Secondo uno studio del Fraunhofer Institute for Building Physics, durante il volo in aereo si perdono circa il 30% delle papille gustative, a causa dell’alta quota combinata alla bassa pressione e l’aria secca in cabina. Questo potrebbe spiegare la pessima reputazione del cibo in aereo.

www.focus.it

L’ISOLA MATRIOSKA

Luzon, un’isola delle Filippine, ospita al suo interno il lago Taal. A sua volta, dentro questo lago si trova Volcano Island, un vulcano ormai spento il cui cratere, riempito negli anni di acqua piovana, ospita uno scoglio di 40 metri, Vulcan Point Island.

www.greenme.it

ANCHE I BUFALI VOTANO

Le mandrie di bufali africani decidono la direzione di viaggio “votando”: le femmine adulte della mandria si alzano, guardano in una direzione particolare, poi si sdraiano di nuovo. Gli etologi hanno notato che la direzione che ottiene più sguardi è quasi sempre quella verso cui viaggerà la mandria.

www.lamiradacritica.com

LA DIFFICOLTÀ DI INCONTRARSI IN MONGOLIA

La Mongolia è il Paese con la minore densità abitativa al mondo. I suoi confini spaziano da nord (con la Russia) a sud (con la Cina), tra praterie e aride steppe desertiche. Eppure, in alcune regioni mongole possono passare giorni interi senza incontrare un altro essere umano.

www.goasia.it

UN ANNO DI PNRR:

A CHE PUNTO SIAMO? di Annarita D’Agostino

Dal sostegno alla non autosufficienza fino alla nuova sanità: cosa è stato fatto e cosa dobbiamo ancora attendere per vedere finalmente realizzati investimenti e riforme che riguardano più da vicino il mondo degli over

Un anno fa, precisamente il 29 aprile 2021, il governo italiano ha approvato il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), per poi trasmetterlo al Parlamento e alla Commissione europea. Oltre 200 investimenti e più di 60 riforme per costruire - lo dice lo stesso titolo del documento - l’“Italia domani”. Anche per l’invecchiamento attivo. Cosa è successo in questi primi 12 mesi? Si è chiusa la fase di presentazione dei progetti degli enti locali dedicati alle persone fragili e in particolare agli anziani non autosufficienti, da attivare nell’ambito della Missione 5 “Inclusione e coesione”. Le proposte di intervento sono finanziate attraverso uno specifico bando del Ministero del Lavoro (Avviso pubblico n. 1/2022), sulla base dei requisiti fissati dal Piano operativo pubblicato a dicembre scorso. L’Avviso finanzierà con 307,5 milioni di euro 125 interventi per la riconversione delle RSA in gruppi di appartamenti tecnologici per almeno 12.500 anziani. Previsti anche 250 interventi per rafforzare i servizi sociali a domicilio per altri 2.000 senior, nonché misure per la formazione dei professionisti chiamati ad assisterli; a disposizione 66 milioni di euro. Un inizio che potremmo definire “timido” visto che, complessivamente, questi interventi coinvolgeranno meno di 15mila persone, a fronte di una platea di anziani non autosufficienti che lo stesso PNRR stima in oltre 2,5 milioni, che

raddoppieranno nel 2030. Per il momento, siamo comunque ancora in una fase progettuale. A questa linea di investimento si affianca quella dedicata all’autonomia delle persone con disabilità, a cui sono destinati complessivamente 500 milioni di euro per 850 progetti da attivare. Entro dicembre dovranno essere realizzati almeno 500 interventi di ristrutturazione degli spazi domestici e/o di promozione di strumenti e competenze digitali. Per marzo 2026 si punta ad arrivare a 5.000 persone con disabilità coinvolte. Anche per questo investimento la partenza sarà in ogni caso in sordina: secondo i numeri del PNRR, i disabili sono oltre 3 milioni, la metà over 75. Fra gli step intermedi già raggiunti figura l’approvazione della Legge quadro sulle disabilità (Legge n. 227/2021), in vigore dallo scorso 31 dicembre. La Legge impegna il governo a riorganizzare le norme sulle disabilità, dando piena attuazione alla Convenzione delle Nazioni Unite e alla Strategia 2021-2030 della Commissione europea in tema di diritti delle persone con disabilità. Fra gli obiettivi della legge, semplificare e digitalizzare l’accertamento della condizione di disabilità; riqualificare i servizi pubblici in materia di inclusione e accessibilità; istituire un Garante nazionale delle disabilità e potenziare l’Ufficio per le politiche in favore delle persone con disabilità della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Per passare dalle dichiarazioni di principio ad azioni concrete, occorrerà aspettare ancora perché il Ministro per le Disabilità, cui è affidata l’iniziativa legislativa, ha tempo fino ad agosto 2023 per proporre i necessari decreti attuativi. Ancora da avviare, inoltre, la rimozione delle barriere fisiche e cognitive in musei, biblioteche e archivi per cui la Missione 1, “Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura e Turismo”, stanzia 300 milioni di euro. Un secondo intervento normativo per gli over previsto dal PNRR è la legge delega di riforma del sistema di interventi a favore degli anziani non autosufficienti. Alcuni contenuti della riforma sono stati anticipati dalla Legge di Bilancio 2022, come l’individuazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali (LEPS) e la realizzazione dei Punti Unici di Accesso (PUA), che avranno sede presso le Case della Comunità. Uno sportello unico nel quale gli anziani, i loro caregiver e familiari potranno incontrare una équipe di operatori specializzati, in grado di offrire risposte a tutti i bisogni della persona non autosufficiente sulla base di un Progetto di Assistenza Individuale Integrata (PAI). Gli enti locali potranno poi erogare contributi economici per retribuire il lavoro di cura svolto da caregiver o badanti regolarmente assunti oppure per servizi di assistenza sociale non residenziale. Per finanziare questi interventi, la Legge di Bilancio incrementa progressivamente il Fondo per le non autosufficienze, da 100 milioni di euro nel 2022 a 300 milioni nel 2025. Per l’attuazione delle misure, tutto è rinviato a uno o più decreti del governo da adottare entro giugno 2023. La stessa data di scadenza per presentare la proposta di legge delega prevista dal PNRR sulla quale, però, il governo do-

vrebbe già essere al lavoro. Già a fine gennaio scorso, infatti, la Commissione tecnica “Interventi sociali e politiche per la non autosufficienza”, istituita a maggio 2021 dal Ministero del Lavoro, ha trasmesso al governo una proposta di riforma per gli over 65 fragili, i cui cardini sono: invecchiamento nesse agli interventi per la riorganizzazione del Sistema Sanitario Nazionale e, in particolare, agli investimenti per una sanità più vicina, più capillare e più tecnologica, previsti dalla Missione 6, “Salute” e dal cosiddetto “Piano Nazionale Complementare”, al PNRR stesso. Fra questi, 2 miliardi di euro per

attivo ed esigibilità dei LEPS; domiciliarità delle cure e riorganizzazione delle RSA; coabitazione solidale e nuove forme di abitare; tutela normativa per i caregiver. Ma, nel momento in cui scriviamo questo articolo, ancora non ci sono proposte ufficiali da parte del governo. Le misure a sostegno della non autosufficienza sono strettamente concostruire le 1.350 Case della Comunità che ospiteranno i PUA e che dovranno essere operative entro giugno 2026. Strutture socio-sanitarie che saranno il primo punto di contatto del cittadino con la sanità pubblica, grazie alla presenza di team multidisciplinari di professionisti della salute: medici e pediatri di base, medici specializzati, infermieri, assistenti sociali. L’assistenza medica di base sarà garantita H24, 7 giorni su 7. Accanto alle Case della Comunità, la nuova sanità disegnata dal PNRR assegna all’abitazione personale del paziente il ruolo di “primo luogo di cura e telemedicina”. Questo, introducendo l’assistenza domiciliare integrata (ADI) supportata dalle nuove tecnologie (telemedicina, domotica, telesoccorso). L’obiettivo è arrivare ad almeno 800mila pazienti assistiti a casa entro il 2026 e a prendere in cura il 10% della popolazione over 65 con una o più patologie croniche e/o non autosufficienti, con un finanziamento complessivo di 4 miliardi di euro. La terza linea di investimento riguarda il rafforzamento dell’assistenza sanitaria intermedia e delle sue strutture, che saranno 400 Ospedali di Comunità entro il 2026. A metà strada fra la casa e gli ospedali tradizionali, l’Ospedale di Comunità sarà destinato a ricoveri brevi per pazienti che presentano patologie non gravi. Oltre 4 miliardi di euro sono poi destinati all’ammodernamento tecnologico degli ospedali esistenti, mentre è di 1,5 miliardi la dote per rendere gli ospedali antisismici. A che punto siamo con questa profonda riorganizzazione? Dopo una prima ricognizione dei progetti, con l’intesa della Conferenza Stato-Regioni e Province Autonome del 12 gennaio e il successivo decreto del Ministero della Salute del 20 gennaio sono state ripartite le prime risorse stanziate, pari complessivamente a oltre 8 miliardi di

euro, di cui quasi 6,7 miliardi a valere sul PNRR e 1,450 sul Piano Complementare. Regioni e Province autonome dovranno siglare entro il prossimo 30 giugno un apposito “Contratto Istituzionale di Sviluppo” con il Ministero della Salute, sulla base di piani operativi regionali, pena la revoca delle risorse assegnate. È in fase di realizzazione anche la piattaforma nazionale di telemedicina che dovrà gestire i servizi tecnologici, mentre entro giugno si attendono le linee guida sul potenziamento digitale dell’assistenza domiciliare. Secondo i nuovi standard sull’assistenza territoriale nel Servizio Sanitario Nazionale pensati dal Ministero della Salute, le Case della Comunità dovrebbero avere una sede princiFra gli step intermedi già raggiunti figura l’approvazione della Legge quadro sulle disabilità (Legge n. 227/2021), in vigore dallo scorso 31 dicembre

pale (hub) ogni 40-50mila abitanti, e sedi secondarie (spoke) in particolare nelle aree interne e rurali per garantire la prossimità delle cure. Ogni Casa delle Comunità hub dovrebbe avere a disposizione dai 7 agli 11 infermieri e almeno 1 assistente sociale, oltre all’équipe obbligatoria di medici per le cure primarie. Ci dovrebbe essere, inoltre, un Ospedale di Comunità ogni 150-160mila abitanti. Ognuno dotato di 20 posti letto ogni 50-100mila abitanti, 9 infermieri, 6 operatori sociosanitari, almeno 1-2 unità di altro personale sanitario e un medico per almeno 4,5 ore al giorno 6 giorni su 7. La Legge di Bilancio 2022 ha già stanziato i fondi per assumere il nuovo personale sanitario necessario: da circa 91 milioni nel 2022 fino a un miliardo di euro a decorrere dal 2026.

Sottocosto

DALUNEDÌAVENERDÌ

2 giorni SPA 1 notte Mezza Pensione Quota a partire da: € 110 a persona € € 192192 a a copcoppipia a

-10%

LONGSTAYHOTEL

5 Giorni 4 notti B&B Mezza Giornata Bici tra Castelli e Ville Vente Massaggio Scacciapensieri QuQuo otata a a papartire da: € 379 a persona € 758 a coppia HOTEL TERME MILLEPINI & Y-40 THE DEEP JOY

VIA CATAIO, 42 MONTEGROTTO TERME PADOVA TELEFONO 049 891 1766 WHWHATSAPP 393 813 5866

info@millepini.it www.millepini.it

-13% -15%

LONGSTAYHOTEL&SPA

7 Giorni 6 notti B&B Mezza Giornata Camminata tra Castelli e Ville Venete Massaggio Scacciapensieri RiRiflesflessosol lo og giaia P Pl la antantarere Quota a partire da € 470 a persona € 940 a coppia

DIVE+HOTEL&SPA

3 Giorni 2 notti B&B da martedì a giovedì PrimaPrima esperienzaesperienza didi immersioneimmersione in apnea (trattenendo il respiro) o scuba (con le bombole), con istruttore Y-40® Massaggio Scacciapensieri Quota a partire da € € 252252 a a personapersona € 504 a coppia

Nel mondo ci sono 488 operatori dell’informazione attualmente in carcere a causa del loro lavoro: di questi il maggior numero si trova in Cina (127 reporter detenuti), seguita dal Myanmar (53), dal Vietnam (43), dalla Bielorussia (32) e dall’Arabia Saudita (31). La libertà di stampa e, più in generale, la possibilità di diffondere notizie, parlare liberamente della politica del proprio Paese ed esercitare un diritto di critica senza subire alcuna forma di repressione, è ancora un miraggio nella maggior parte dei casi. E il 3 maggio lo si ricorda con una giornata mondiale dedicata, voluta dalle Nazioni Unite nel 1993. Da cinque anni Reporter Sans Frontiéres monitora la situazione e rilascia una classifica internazionale in base alla libertà di stampa che si può esercitare in ogni Nazione. Gli ultimi dati disponibili sono quelli del 2021 e raccontano di un giornalismo totalmente ostacolato in 73 Paesi, e limitato in altri 59, su un totale di 180. Dall’inizio della pandemia è stato registrato anche un deterioramento dell’accesso alle informazioni e spesso il Covid è diventato un ulteriore pretesto per aumentare gli ostacoli alla copertura delle notizie. I più virtuosi si confermano essere i Paesi del Nord Europa, con la Norvegia in testa, la Finlandia al secondo posto e la Svezia al terzo. In coda, invece, il Turkmenistan è terzultimo, seguito dalla Corea del Nord e dall’Eritrea, che chiude la classifica alla 180ª posizione. «Chi racconta dall’interno le notizie scomode del proprio Paese rischia di subire le stesse violazioni di cui parla e scrive - spiega a 50&Più Murat Cinar, giornalista turco residente in Italia -, ma penso che se l’asticella della repressione si alza, è per-

LIBERTÀ DI STAMPA, UN DIRITTO MAI SCONTATO

di Ilaria Romano

Esprimersi senza restrizioni è un diritto negato ancora in molti Paesi del mondo. Abbiamo parlato con il giornalista turco Murat Cinar della sua esperienza, tra repressione di regime e continue persecuzioni

ché c’è ancora gente che continua a denunciare e resistere. In Turchia, il mio Paese di origine, succede così, e tanti colleghi non smettono di scendere in piazza a filmare le violenze della polizia, di raccontare il saccheggio del territorio nelle politiche governative e di registrare i processi. Le politiche di repressione sono sempre più aggressive perché qualcuno ne parla, altrimenti se nessuno aprisse la bocca non ci sarebbe bisogno di arrestare i giornalisti».

Ne è un esempio la celebrazione del Newroz: le manifestazioni dello scorso 21 marzo sono state segnate da violente repressioni, eppure sono scese in piazza milioni di persone in tutta la Turchia…

A differenza di altri Paesi mediorientali in Turchia, il Newroz è una festa molto politicizzata per una serie di motivi legati al passato, ma tutto ciò che viene festeggiato e manifestato in un’altra lingua, con altra musica e colori diversi attira l’attenzione negativa delle forze dell’ordine e del governo. In Turchia c’è tuttora un movimento che rivendica i diritti civili delle persone curde, ignorati come se non esistessero, e anche queste occasioni sono uno sfogo, un momento di lotta dell’oppresso contro l’oppressore. Dal 2016, quando fu decretato lo stato di emergenza, sono stati arrestati molti attivisti, politici dell’opposizione, in buona parte curdi, e anche giornalisti che ne hanno parlato. In particolare nella zona sud-est del Paese, almeno 90 sindaci di grandi centri come di piccole municipalità, eletti democraticamente, sono stati allontanati quando non arrestati e sostituiti da commissari straordinari iscritti al partito di Erdogan. La repressione non riguarda solo la politica e l’informazione, ma anche il mondo della cultura: abbiamo persino compagnie teatrali che sono state chiuse, e i loro collaboratori sospesi, denunciati, arrestati o costretti all’esilio.

Come riesci a raccontare il tuo Paese dall’estero?

Se raccontassi della condizione di altri giornalisti di Paesi terzi mi farebbe meno effetto, è ovvio, mentre parlare di Turchia mette in ballo reazioni emotive, perché è il mio Paese, dove vivono ancora i miei cari, e tanti colleghi sono amici d’infanzia. Conosco giornalisti che ho intervistato e che ora sono in carcere da anni; di altri ho raccolto le storie attraverso i racconti dei familiari perché essendo detenuti è impossibile riuscire ad avere un colloquio diretto con loro. È difficile ma appagante questo lavoro, e bisogna continuare a monitorare, denunciare, documentare. Ho scritto il mio secondo libro con un giornalista turco-tedesco che è stato un anno in isolamento e, quando è venuto a sapere che le sue pagine erano state tradotte in italiano, è stato molto felice perché in un’altra parte del mondo si ricordavano di lui, non era stato dimenticato in una cella di 17 metri quadri. Ecco il senso del mio lavoro, portare a conoscenza le storie delle persone che resistono, si ribellano, e farlo per loro e per chi ne viene a conoscenza.

Da giornalista che vive in Italia, che idea ti sei fatto della condizione dell’informazione e della libertà di stampa in questo Paese?

Senza fare paragoni perché ogni Paese ha le sue dinamiche, in Italia posso dire che nei confronti degli affari esteri, su temi legati a Paesi con i quali ci sono dei rapporti, c’è una soglia di critica da non superare, altrimenti non dico che si limiti la libertà di espressione ma sicuramente quella di collaborare con i propri articoli se non graditi. Se si parla di un Paese strategico come la Turchia, va bene se lo si fa senza coinvolgere l’Italia, senza metterne in evidenza la relazione, altrimenti diventa una critica che non tutti sono disposti a sentire. Poi ci sono i giornalisti investigativi che rischiano molto di più anche qui in Italia; in quei casi, specie se si parla di minacce della criminalità organizzata, di libertà si può parlare molto difficilmente, non solo per nomi noti come Saviano ma anche per colleghi conosciuti.

Hai appena finito di scrivere un nuovo libro, “Undici storie di resistenza, undici anni della Turchia”. Come hai scelto le storie

che presenti?

Il libro parla degli ultimi undici anni della Turchia attraverso le storie di persone che hanno voluto o dovuto lasciare il Paese e che ora vivono in esilio in Europa; alcuni per scelta, perché non si identificavano più con i valori e la vita quotidiana nel Paese, altri per scelta obbligata, perché hanno vissuto il carcere, la tortura, sono stati privati dei loro diritti. Alcuni hanno trovato un’ottima accoglienza, altri pessima, alcuni hanno ripreso a fare quello che facevano in Turchia, altri si sono reinventati. Ho intervistato più di trenta persone in tre anni e ho

Stando ai dati di Reporter Sans Frontiéres del 2021, il giornalismo è totalmente ostacolato in 73 Paesi e limitato in altri 59, su un totale di 180

scelto queste undici storie perché sono quelle di chi non ha mollato, ma ha continuato a lottare sotto diverse forme: artistiche, giornalistiche, giuridiche, cercando di costruire un’alternativa. Sono undici storie di resistenza.

IN NOME DELLA VERITÀ

di Linda Russo

Ogni 3 maggio si celebra la Giornata mondiale della libertà di stampa per ricordare l’importanza di un diritto tutelato dalla stessa Costituzione, ma che spesso vede i giornalisti vittime di soprusi e minacce. Ne abbiamo parlato con Paolo Borrometi, uno dei venti giornalisti italiani sotto scorta

«Giornalismo è diffondere ciò che qualcuno non vuole si sappia; il resto è propaganda. Il suo compito è additare ciò che è nascosto, dare testimonianza e, pertanto, essere molesto». Sono le parole di Horacio Verbitsky, giornalista e principale esponente del movimento argentino per la difesa dei diritti umani. Sono le stesse parole con cui Paolo Borrometi ha deciso di aprire il suo libro, Un morto ogni tanto, in cui racconta la sua storia e in qualche modo la storia di tutti quei giornalisti che decidono di raccontare la verità anche dopo aver ricevuto minacce, aggressioni e soprusi. Secondo l’Osservatorio Cronisti Minacciati, promosso dal Ministero dell’Interno, in Italia il fenomeno non è sconosciuto, anzi. Si parla di 156 casi solo nei primi 9 mesi dello scorso anno, con una crescita del 21% rispetto al 2020. La metà delle minacce arriva dal web e dai social network, e le Regioni più pericolose sono Lazio, Toscana, Lombardia e Sicilia. La storia di Borrometi parte proprio da qui: siciliano, nato a Modica nel 1983, oggi vice direttore dell’AGI (Agenzia Giornalistica Italia), direttore de LaSpia.it, la testata da lui fondata, e Presidente di “Articolo 21, liberi di…”, l’associazione che riunisce esponenti del mondo della comunicazione, promuovendo la libera manifestazione del pensiero oggetto dell’articolo 21 della nostra Costituzione. Con lui abbiamo parlato di libertà di stampa e della sua esperienza personale.

Il 3 maggio si celebra la Giornata mondiale della libertà di stampa. Secondo te, che significato ha oggi, in Italia, questa ricorrenza?

Nel nostro Paese ci sono attualmente molti giornalisti sotto scor-

ta, così come altre figure che ricevono intimidazioni solo per aver svolto il loro mestiere e per questo vengono minacciate. Parliamo di magistrati in primis, ma anche di esponenti politici, di persone che si occupano del mondo dell’informazione a vari livelli. Credo che questa ricorrenza dia la possibilità di evidenziare l’importanza della libertà di stampa, ma soprattutto di sostenere la libertà di parola e della manifestazione del pensiero. Quest’anno, poi, assume un nuovo significato di fronte a quanto sta accadendo nel conflitto russo-ucraino. Molti giornalisti sono morti facendo il loro lavoro, riportando le notizie dai luoghi di guerra, e sono state attuate misure di coercizione e di censura nella diffusione di alcune informazioni. Questo dovrebbe essere ciò a cui pensare in questa ricorrenza e non solo.

Ogni anno Reporters Sans Frontières (RSF) pubblica la classifica dedicata alla libertà di stampa dei vari Paesi del mondo. L’Italia, purtroppo, si trova al 41° posto, molto più in basso rispetto ai grandi Paesi europei. Secondo te, perché e cosa si può fare in merito?

Come dicevamo, nel nostro Paese ci sono molti giornalisti sotto scorta e oggetto di minacce perché riportano fatti e vicende che qualcuno vorrebbe rimanessero nascoste. Chi parla di fenomeni neofascisti - e qui penso al collega Paolo Berizzi -, di mafia, di vicende politiche scomode e di affari illegali rischia di diventare un bersaglio e questo può scoraggiare dall’idea di intraprendere la strada dell’informazione. A questo proposito, dobbiamo ricordare l’articolo 21 della nostra Costituzione, che garantisce il diritto a informare, ma soprattutto il diritto dei cittadini ad essere informati e quindi consapevoli. In tal senso, per arrivare a un’informazione completamente trasparente c’è ancora della strada da fare e personalmente mi chiedo quanto sia realmente forte il desiderio di questo Paese di raggiungere una vera libertà di informazione.

A proposito dell’articolo 21, vent’anni fa è nata l’associa-

«Per arrivare ad una informazione completamente trasparente c’è ancora della strada da fare e, personalmente, mi chiedo quanto sia realmente forte il desiderio di questo Paese di raggiungere una vera libertà di informazione»

zione “Articolo 21, liberi di…” di cui sei presidente. Qual è il ruolo e l’importanza di questa realtà nel panorama italiano?

Dal 2002 l’associazione promuove molte campagne di denuncia contro le censure, le minacce e le violenze a tutte quelle che sono espressio-

ni e manifestazioni del pensiero. Non si è occupata solo di giornalisti, ma negli ultimi anni, ad esempio, ha dato il proprio contributo sul caso di Patrick Zacky, sulla ricerca della verità per Giulio Regeni e si è battuta anche contro gli insulti e le minacce rivolte alla senatrice a vita Liliana Segre. Abbiamo parlato di sicurezza sul lavoro, di mafie, di pace, di beni comuni e continueremo a farlo.

In merito alle minacce e alle intimidazioni subite dai giornalisti, ogni anno l’Osservatorio Cronisti Minacciati riporta dei dati allarmanti. Tu sei uno dei venti giornalisti italiani che vive sotto scorta. Ci racconti come hai iniziato a parlare di mafia e com’è cambiata la tua vita dal 2014 a oggi?

Prima di rispondere ci tengo a precisare che io vivo sotto scorta, è vero, ma trovo che non sia giusto parlarne in modo tragico. D’altra parte, però, mi piacerebbe venisse sfatata quella retorica secondo cui vivere sotto scorta è un privilegio. Non mi è mai capitato che qualcuno mi dicesse direttamente, ad esempio, che i ragazzi che mi accompagnano ogni giorno sono “pagati con i soldi dei cittadini”, ma sono frasi che capita di sentire. Penso, però, che nessuno al mio posto penserebbe si tratti di un privilegio non poter andare al mare da otto anni o a teatro o a un concerto. Oppure dover pianificare ogni singolo spostamento con largo anticipo. La mia vita è questa dal 2014 quando, scrivendo di mafia, ho subìto un’aggressione fisica. Successivamente hanno appiccato il fuoco alla porta di casa mia, a Modica, e ho ricevuto telefonate minatorie. Quando intercettarono le telefonate in cui pensavano di eliminarmi, mi affidarono la scorta.

Nel mese di maggio ricorre anche il trentennale della morte di Giovanni Falcone e so che ad aprile sei stato moderatore di un incontro a Pistoia, in occasione dell’e-

Nel 2018 Paolo Borrometi ha pubblicato Un morto ogni tanto. La mia battaglia invisibile contro la mafia, edito da Solferino. Un saggio in cui racconta l’impegno nella lotta alla malavita e nella battaglia per un’informazione trasparente e veritiera. “Ogni tanto un murticeddu, vedi che serve! Per dare una calmata a tutti!” è stato l’ordine captato nelle intercettazioni: Cosa Nostra pensava di uccidere il giornalista che indaga sui suoi affari. Ma questo non ha fermato Borrometi, che sul suo sito LaSpia.it ha continuato a denunciare gli intrecci tra mafia e politica componendo il quadro allarmante di un fenomeno ancora troppo sommerso. Tra le pagine del libro ripercorre la sua storia personale partendo dalla prima aggressione alle intimidazioni che ne sono seguite, fino alla scoperta di un attentato che avrebbe dovuto far saltare in aria lui e la sua scorta.

sposizione dei resti della Quarto Savoia 15 (l’auto su cui viaggiava la scorta di Falcone, ndr). Pensi che l’impegno, l’eredità e il sacrificio di Falcone e Borsellino siano stati raccolti nel modo giusto?

Credo che in questi trent’anni siano state fatte molte cose. Il mio timore, però, è che si ricominci a parlare di mafia il 23 maggio e poi il 19 luglio (il giorno della morte di Borsellino, ndr), ma che il 22 o il 24 maggio così come il 18 o il 20 luglio tutto torni come prima. La mafia ancora oggi punta tutto sui rapporti che può intessere con chi comanda, con chi governa, ma anche con l’economia e gli imprenditori. Nel Nord Italia c’è ancora chi nega l’esistenza di questo fenomeno quindi, in questo senso, l’informazione gioca un ruolo importantissimo: il cittadino che conosce è un cittadino che riconosce i pericoli e contribuisce alla giustizia. Quel 23 maggio del 1992 io ero solo un ragazzino, ma forse è in quel momento che è nato il mio desiderio di fare giornalismo.

“SENTIRE BENE È FONDAMENTALE PER VIVERE IN SALUTE: QUESTO È IL MOMENTO IDEALE PER INIZIARE A FARE PREVENZIONE.”

Da Amplifon prendersi cura di sé è ancora più semplice. E i soci 50&Più possono farlo a condizioni riservate e vantaggiose.

Sentire bene è fondamentale, a qualunque età e in qualunque luogo. A casa, al lavoro, al ristorante, al telefono: le difficoltà a percepire e comprendere con chiarezza la voce degli altri in ambienti e situazioni di vita quotidiana non devono essere sottovalutate perché hanno un impatto rilevante sulla nostra qualità di vita.

Per questo motivo l’Organizzazione Mondiale della Sanità si impegna ogni anno per migliorare la prevenzione a livello globale.

A SOFFRIRE DI PROBLEMI DI UDITO, SECONDO L’OMS, SONO 466 MILIONI DI PERSONE IN TUTTO IL MONDO.

Numeri altissimi e destinati a crescere anche in Italia: le stime parlano di circa

7 milioni di italiani che convivono con

un calo dell’udito. Eppure, secondo una ricerca Censis, soltanto un italiano su tre

ha effettuato un controllo dell’udito negli

ultimi cinque anni. In media, un adulto su due tra gli over 55 che soffrono di calo uditivo tende a non affrontare il problema: c’è ad esempio chi pensa che il problema passerà da solo (50%), chi ritiene che il non sentirci bene, a una certa età, sia normale (47%) o chi è convinto che gli apparecchi acustici non servano a un granché (27%). Ma non è così.

L’ipoacusia può essere un ostacolo a vivere liberamente la quotidianità e un pericolo per la salute perché aumenta il rischio di infortuni sul lavoro e di cadute nelle diverse attività, sia in casa che all’aperto.

Inoltre, se non trattata, l’ipoacusia può favorire l’insorgenza o l’aggravamento di problemi cognitivi, poiché le cellule della corteccia cerebrale perse non possono più essere sostituite, creando così un danno irreversibile per il cervello.

Ecco perché UN CORRETTO

APPROCCIO TERAPEUTICO CONSENTE DI RIDURRE GLI EFFETTI NEGATIVI, ANATOMICI E FUNZIONALI, DI UN CALO DELL’UDITO.

La prevenzione è quindi estremamente importante e l’OMS raccomanda di effettuare periodicamente un check up

per tornare a godersi appieno i suoni quotidiani: il consiglio perciò è quello di FAR DIVENTARE

IL CONTROLLO DELL’UDITO

UNA SANA ABITUDINE,

al pari di esami del sangue o della vista, anche perché è semplice, non invasivo e

basato su tecnologie all’avanguardia.

In Italia per esempio Amplifon, leader mondiale del benessere uditivo, ha sviluppato un protocollo di test particolarmente avanzato, volto a misurare l’efficienza del sistema uditivo e valutarla sulla base dei bisogni, delle abitudini e delle passioni reali di ognuno. Il controllo può essere fatto gratuitamente in ogni filiale: una volta che gli esperti Amplifon hanno valutato il profilo uditivo, tutte le possibili soluzioni vengono esaminate con la massima personalizzazione. Questo approccio rigoroso e basato sui dati è valso al protocollo Amplifon 360 un brevetto

e l’approvazione dalla Società Italiana

di Audiologia e Foniatria (SIAF).

La scienza e la tecnologia forniscono informazioni e strumenti per gestire efficacemente un eventuale calo uditivo: prevenirlo e trattarlo è importante tanto quanto la diagnostica e la prevenzione di tutti gli altri aspetti della nostra salute.

AMPLIFON CON 50&PIÙ: INSIEME PER FARTI SENTIRE BENE!

Un’occasione unica e molto vantaggiosa per la tua salute: grazie alla collaborazione tra 50&Più ed Amplifon, puoi approfittare di un’OFFERTA DEDICATA.

Prenota subito un controllo dell’udito gratuito Amplifon 360 da effettuare in un Centro Amplifon o a domicilio: potrai provare gratuitamente

i prodotti Amplifon piccoli, connettibili e ricaricabili!

E in caso di acquisto, puoi ricevere uno sconto del 15% dedicato ai soci di 50&Più, ai loro familiari e agli assistiti del patronato 50&PiùEnasco.

Prenota un appuntamento chiamando il numero verde 800 990 665 e comunicando all’operatore il codice 50PIU.

This article is from: