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Terzo Settore: una riforma incompiuta Annarita D’Agostino

di di TERZO SETTORE:

UNA RIFORMA INCOMPIUTA

Fra le grandi riforme incompiute del momento, quella del Terzo Settore è probabilmente una delle più impattanti. Attualmente è in corso il nuovo Censimento permanente delle istituzioni no pro t da parte dell’Istat, ma già gli ultimi dati disponibili (aggiornati al 2019) contano 362.634 organizzazioni no pro t attive in Italia, che impiegano complessivamente 861.919 dipendenti. Rispetto al 2001, queste organizzazioni sono cresciute di oltre il 50%. Parliamo di un ampio spettro di realtà che si occupano di sport, assistenza sociale, protezione civile, cultura, intrattenimento, politica, lavoro, ambiente, religione, sviluppo, sanità, istruzione, ricerca, cooperazione internazionale, diritti. E di molto altro ancora. In queste organizzazioni operano più di 5 milioni

A cinque anni dall’entrata in vigore del Codice del

e mezzo di volontari secondo i dati riportati da Cantiere Terzo Settore, il portale di divulgazione realizzato e sostenuto da CSVnet e Forum Nazionale del Terzo Settore. Secondo le stime di CNEL, Fondazione Astrid e Fondazione per la Sussidiarietà, le organizzazioni no pro t producono beni e servizi per un valore complessivo di 80 miliardi di euro, che equivale al 5% del Prodotto Interno Lordo del nostro Paese. Con la Legge delega n. 106 del 2016 è stato avviato un complesso percorso di riorganizzazione del Terzo Settore, dell’impresa sociale e del volontariato. La riforma ha trovato il principale strumento operativo nel Codice del Terzo Settore (emanato con il Decreto legislativo n. 117 del 2017). A cinque anni dall’entrata in vigore del Codice, facciamo il punto sulla riforma con Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum Nazionale del Terzo Settore che, dal 1997, rappresenta il principale organismo di rappresentanza del no pro t in Italia. Punto di partenza della riforma, una nuova de nizione degli “Enti del Terzo Settore (Ets)”, nella quale vengono ricomprese le organizzazioni che svolgono una o più attività di interesse generale senza scopo di lucro, ma che sono diverse da pubbliche amministrazioni, partiti, sindacati, fondazioni bancarie, associazioni professionali e di categoria, enti religiosi. «Ora l’interesse generale è anche per una legge alla base delle attività del Terzo Settore - sottolinea Vanessa Pallucchi -. Finalmente, quindi, dopo tanti anni di attesa, è stato dato al Terzo Settore un riconoscimento giuridico . Gli Ets - sotto forma di associazioni, fondazioni o altri enti privati - sono accomunati dall’iscrizione nel Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS), che ha sostituito i vecchi registri regionali. Ma hanno anche una serie di obblighi, relativi ad esempio alla trasparenza dell’organizzazione interna, ai rapporti di lavoro, all’assicurazione dei volon-

Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum Nazionale del Terzo Settore, il principale organismo di rappresentanza tari, al regime scale e alla destinazione di eventuali utili, al rapporto con la PA. Questo a fronte di «una serie di opportunità e vantaggi in virtù del grande contributo, in termini economici e sociali, che il Terzo Settore apporta al nostro Paese, senza nalità di lucro , ci spiega la portavoce del Forum Nazionale. Fra questi vantaggi, l’estensione del 5 per mille a tutti gli Ets iscritti al RUNTS, con procedure burocratiche e tempi di erogazione più snelli. Previsto anche l’innalzamento della soglia minima al di sotto della quale il contributo non viene erogato ma distribuito in modo proporzionale alle scelte del contribuente tra enti della stessa categoria. La riforma riconosce poi un ruolo centrale al volontariato e ai Centri di servizio per il volontariato (Csv), oltre a rilanciare le imprese sociali e a riorganizzare il Servizio civile, che da “nazionale” è diventato “universale” nella logica di renderlo il più inclusivo e partecipato possibile. Tra le novità, anche l’istituzione del Consiglio nazionale del Terzo Settore, da consultare per l’armonizzazione legislativa della materia; di una cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri per coordinare le politiche di governo; di Fondazione Italia Sociale per il nanziamento di interventi innovativi nel Terzo Settore. Tuttavia, «tra le questioni principali ancora in stand-by - sottolinea la portavoce del Forum - c’è la normativa scale che riguarderà tutti gli enti iscritti nel Registro Unico, cioè appunto tutti gli Ets. È una condizione di impasse molto grave, considerando che parliamo di un aspetto cruciale per tutte le realtà di Terzo Settore del nostro Paese le quali, in assenza di un quadro scale chiaro, vedono con angoscia e incertezza il proprio futuro. Se da una parte,

quindi, il processo di riforma è avviato già da tempo, la sua incompiutezza rischia di creare danni importanti . Il nuovo sistema fiscale dovrebbe distinguere fra attività commerciali e attività non commerciali: il regime cosiddetto forfettario - il più conveniente - dovrebbe applicarsi agli enti che svolgono prevalentemente attività non commerciali.

Qual è dunque il giudizio del Forum Nazionale del Terzo Settore sulla riforma nel suo complesso? Punti di forza e di debolezza?

La riforma è nata con un obiettivo molto positivo, cioè dare un riconoscimento giuridico al Terzo Settore, che è il presupposto imprescindibile per la sua valorizzazione, nonché riordinare e superare le tante precedenti normative parziali. L’aver avviato la riforma è stato di per sé un grande risultato perché ha signi cato che nalmente la politica si è interessata da vicino al Terzo Settore, ne ha compreso il valore e ha deciso di promuoverlo. Tra i bei traguardi di questo processo è da ricordare anche l’istituzione del Servizio civile universale, che ha aperto l’esperienza del Servizio civile a tutti i giovani, italiani e stranieri, e la valorizzazione dei percorsi di co-programmazione e co-progettazione del Terzo Settore con la Pubblica Amministrazione. Eppure molto spesso i buoni principi non sono stati seguiti da adeguate norme attuative e il rischio che si sottragga valore a quanto fatto nora è sempre dietro l’angolo. Proprio l’incompiutezza della riforma è da annoverare tra i suoi principali punti di debolezza. Il Terzo Settore, con la pandemia prima e poi con l’emergenza umanitaria causata dalla guerra in Ucraina, ha moltiplicato i suoi sforzi a favore della comunità, ma le condizioni in cui opera sono spesso così svantaggiose o addirittura ostili che la prospettiva di migliaia di enti costretti a ridurre o, addirittura, abbandonare

il proprio impegno sociale è purtroppo sempre più concreta.

Quali sono le criticità da risolvere con maggior urgenza?

La questione scale all’interno della riforma del Terzo Settore è sicuramente la più urgente. Al momento le norme sulla scalità non sono in vigore, in attesa del via libera della Commissione europea, ma comunque, se venissero approvate senza modi che sostanziali, penalizzerebbero in modo grave gli Ets. Prevedono infatti aggravi burocratici e scali particolarmente pesanti, e sinceramente ingiusti cati, soprattutto per le realtà più piccole, che sono anche quelle più radicate nei territori e più vicine alle persone. C’è poi la questione della modi ca del Regime IVA, che obbligherà anche le piccole e piccolissime associazioni ad aprire la Partiva IVA, con inevitabili ulteriori costi burocratici e contabili. Questa misura, inserita nell’ultima Legge di Bilancio, ha un potenziale vessatorio nei confronti del Terzo Settore, senza d’altronde portare nuove risorse alle casse dello Stato. In de nitiva, ci troviamo di fronte a una politica che, a parole, ringrazia sempre più spesso il Terzo Settore per il ruolo insostituibile nella società e nell’economia, ma con i fatti sembra voler ostacolare le sue attività. Ciò che chiediamo è chiarezza di intenti e, soprattutto, che il riconoscimento del valore del Terzo Settore avvenga con politiche che ci sostengano concretamente, non solo a parole.

Intervista PUPI AVATI

«Sono stato Dante Alighieri»

di

Alessandro Sperduti è Dante giovane, Sergio Castellitto è Boccaccio, con loro sono Enrico Lo Verso, Alessandro Haber, Gianni Cavina, Leopoldo Mastelloni, Mariano Rigillo, Milena Vukotic. Un cast di alto livello per Dante,il 46° film di Pupi Avati in questi giorni sugli schermi, a cui è dedicata la recensione della nostra rubrica “Cinema”, a pagina 90. L’alta fantasia -

I punti di contatto sono tantissimi, perché la storia è praticamente la stessa. È evidente che la libertà libertà che ti dà la scrittura è molto superiore a quella di uella di una sceneggiatura. La tua immaginazione quando quando scrivi un lm è grande quanto è grande il budget. budget. Non puoi scrivere “migliaia di cavalieri occupano cupano Campaldino”, quando sai di poter disporne di un ne di un centinaio al massimo. È tutto più contenuto. Poi uto. Poi la scrittura letteraria ti dà la possibilità di di portarla avanti nel momento in cui senti di i aver qualcosa da dire. Un lm, invece, lo o devi girare in quei giorni, in quelle ore per r i quali sono convocati la troupe e gli attori. Mi auguro che il lm, per coloro che hanno letto il libro, possa soltanto aggiungere e qualcosa, non certamente deluderli. Anche

per questo abbiamo girato con una grande troupe di 85 persone per 11 settimane, un impe gno importante, inusuale per gno i il cinema italiano. il cin -

-

Sì, per quel pudore doveSì roso che un artista diletr tante quale io sono deve nutrire nei riguardi di una gura di così alto livello. Mi sono servi-

to di un episodio storico, riportato dal Bencivenni Pelli, per cui Giovanni Boccaccio fu incaricato dalla Congregazione di Orsanmichele, nel 1350, di portare a suor Beatrice, glia di Dante, 10 orini d’oro a Ravenna, dove lei era monacata. Boccaccio, che era il più appassionato dantista che la storia ricordi, perché mai nessun poeta fece così tanto per un altro poeta, colse questa opportunità. E riunì numerose informazioni che gli servirono per scrivere la prima biogra a di Dante, il Trattatello in laude di Dante Alighieri, cui fanno riferimento ancora molti studiosi contemporanei. Mi è sembrata un’opportunità narrativa straordinaria delegare Boccaccio ad andare a cercare l’Alighieri.

Ho passato gli ultimi vent’anni quasi facendo solo questo. È una mia ssazione, un’ossessione, ma anche un grande piacere, perché non c’è niente di più piacevole, più straordinario dello studio. È una realtà che andrebbe comunicata ai ragazzi. Non solo ai ragazzi, alle persone di tutte le età. Io sono arrivato alla grande letteratura a trent’anni, e i trent’anni di allora corrispondono ai 45 di oggi, perché si avevano già alle spalle esperienze plurime. Io avevo già tre gli, avevo già fatto cinema, jazz e il direttore di una società di surgelati. Mi sono interessato a vari mondi letterari da adulto, ma quello di Dante è il più a ascinante, anche perché lui stesso resta un personaggio misteriosissimo, del quale sono più le cose che non sappiamo di quelle che sappiamo. Pensi che non esiste neppure un autografo, non ha lasciato nemmeno una rma. C’è soltanto Leonardo Bruni, un secolo dopo la sua morte, che a erma di aver visto una lettera e ci riferisce di com’era la sua calligra a. C’è chi dice che abbia avuto tre gli, chi quattro, Boccaccio annota che è morto senza pubblicare gli ultimi 13 canti del Paradiso e che i gli li cercarono per otto mesi dopo la morte del padre, anche se probabilmente li avevano nascosti perché contenevano accuse abbastanza nette nei riguardi del papa. E scrive che, dopo aver tentato loro stessi di concludere l’opera ma accorgendosi di non essere minimamente all’altezza, Jacopo sognò il padre vestito di bianco che gli indicava dove fossero i canti. Allora chiamò il notaio Pietro Giardino, un sodale del cenacolo dantesco, con il quale di notte andarono nella casa dove Dante si era ritirato prima di morire, e in una fessura del muro ritrovarono i canti, ormai mezzi ammu ti. Pensi se avessimo avuto la Commedia monca degli ultimi 13 canti... C’è qualcosa di ancora più sacrale: Dante conclude la Commedia e muore. Era destinata a risarcirlo. Immaginava che, una volta pubblicata, sarebbe stato riaccolto a Firenze nel suo bel San Giovanni e sarebbe stato nalmente considerato un poeta. Invece arriva alla frase “alla ne di tutti i desideri, quando mi sono liberato di tutti i legami terreni, vedo la morte muovere il sole e l’altre stelle”, alla visione oltre la quale non c’è nulla, al so tto dell’immaginario di una persona di quel livello. È una coincidenza straordinariamente misteriosa, perché è di cile imma-

L’ALTA FANTASIA

Il libro L’alta fantasia e Dante, il

ginare cosa avrebbe potuto fare se fosse vissuto altri vent’anni.

Soprattutto mi sono reso conto che Beatrice è un personaggio che fu molto più consapevole di quanto abbiamo sempre pensato a dandoci all’esegesi di chi ne ha scritto. Prima di assumere il ruolo che ha nella Commedia, quando Dante la incontra nel Purgatorio e poi via via nel Paradiso, nell’immaginario è una specie di Barbie, di bambola il cui unico valore era estetico, perché era molto bella, invece mi sono accorto che fu consapevole anche del peso speci co che avrebbe avuto per l’Alighieri. Nella vita di Beatrice, per scelta o per destino, è tutto di un’e cacia estrema. Lui la incontra quando ha nove anni ed è evidente che lei lo guarda in un certo modo, gli lancia uno di quegli sguardi speciali che noi a Bologna chiamavamo “le lontananze”, perché sono modi di guardare che promettono cose. Credo che Beatrice a nove anni sapesse già essere fortemente allusiva. Poi per nove anni si è fatta inseguire, e non c’è niente di più e cace di farsi corteggiare senza concedere nulla. All’improvviso, poi, si gira e lo saluta, facendolo in ammare de nitivamente, ma dopo due anni sposa un altro, Simone Bardi, un ricco nanziere del quartiere. C’è qualcosa di più doloroso di vedere il proprio amore sposare un altro? In ne, dopo due anni muore, producendo la propria assenza, e non c’è niente di più presente dell’assenza. Un buco che rimarrà per sempre nel cuore di Dante, benché lui, come scrive Boccaccio, sia stato un lussurioso che non ha certamente trascurato le donne. Ha avuto addirittura una storia d’amore nel Casentino con una mugnaia gozzuta, come ho scritto nel libro e mostrato nel lm. Sapeva apprezzare le donne, tuttavia Beatrice è rimasta l’archetipo più alto dell’essere donna in tutti i modi possibili e immaginabili.Quando ho girato il matrimonio di Beatrice, con Dante giù in fondo, fuori dal cancello della chiesa che intravede la cerimonia, a un certo punto ho deciso che lei si doveva girare a osservarlo. Ma quando ho visto lo sguardo di Carlotta Gamba, l’attrice straordinaria che la interpreta, non sono riuscito a dare lo stop. Sono rimasto per minuti immobile in silenzio, sso su quello sguardo, con la troupe che mi scrutava e mio fratello produttore che mi dava di gomito; non riuscivo a staccarmi da quello sguardo che aveva un e etto quasi terapeutico, mi trasferiva probabilmente verso un rapporto spirituale molto elevato, di una qualità così assoluta, di una bellezza così de nitiva per cui io, per qualche minuto, sono stato veramente Dante Alighieri.

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