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Tramonto

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Alba

Alba

Eravamo pronti per festeggiare il Carnevale. Avevamo preparato il carro per la sfilata, l’animazione con gli adolescenti in piazza, la serata a tema per i preadolescenti o per le famiglie. Anche se affannati, perché alla fine “siamo sempre gli stessi a fare le cose”, come ogni anno si stava per compiere uno dei tanti riti e momenti di festa che scandiscono la vita di un oratorio. Perché l’oratorio è una festa: è nella dinamica della festa che ha trovato una delle modalità di espressione più felici del proprio modo di essere. E del volto della festa, noi che gli oratori li abitiamo, siamo sempre stati orgogliosi: «Quest’anno alla festa dell’oratorio eravamo tantissimi, che bello!», quante volte ce lo siamo detti tra educatori, volontari e famiglie dei nostri oratori. O ancora: «La festa di fine oratorio estivo è venuta benissimo», con quel misto di stanchezza e soddisfazione che rendono quei momenti ancora più belli. Allora tutte le fatiche e le lamentele passano in secondo piano. E siamo davvero felici quando vediamo l’oratorio pieno di persone e in festa! Siamo felici durante l’oratorio estivo, quando, finalmente, quel cortile quasi bistrattato e dimenticato durante l’anno scolastico, si riempie del vociare di bambini e ragazzi, di animatori adolescenti e (più raramente) volontari adulti. Allo stesso modo, ci facciamo prendere dallo sconforto se vediamo che l’oratorio è deserto. Eppure ci eravamo già accorti che qualcosa non stava funzionando, che nonostante tutti gli sforzi spesso le cose non andavano come volevamo, che tutto il nostro impegno sembrava non lasciare il segno sui tantissimi ragazzi che incontravamo.

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I valori che, come oratorio, provavamo a proporre ad adolescenti e giovani sembravano non far presa sulla maggioranza

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dei ragazzi, e, ancora peggio, tra gli adulti che di questi ragazzi sono genitori o parenti.

Ma, alla fine, ci lasciavamo cullare dalle immagini dei nostri oratori estivi pieni di ragazzi, delle feste ben organizzate e partecipate, senza accorgerci che forse quello che stavamo ammirando era un bel panorama su cui però stava per incombere la notte. Era come se i nostri oratori stessero vivendo un lungo tramonto, bellissimo, con le sfumature tipiche di questa fase del giorno: felicità e gioia per quei colori splendidi, miste a un po’ di malinconia per quello che stava sfumando, ovvero l’oratorio sempre pieno di persone. Tuttavia abbiamo preferito ammirare il tramonto piuttosto che prepararci alla notte che stava arrivando. Il COVID-19 e la pandemia hanno solo accelerato questo processo, che era già ben avviato, solo che noi non abbiamo voluto vederlo. Perché se il lockdown è stato, e in parte è tuttora, la notte

dell’agire educativo dell’oratorio (come di altre agenzie educative) non lo è stato solo per colpa della pandemia.

Ma, se un momento di svolta c’è stato, per lo meno nella percezione degli addetti ai lavori, è stata proprio sul finire del mese di febbraio 2020. Con i nostri riti quotidiani dell’oratorio che non potevano più essere celebrati: l’apertura dei cancelli, il gioco nei cortili, gli incontri con preadolescenti e adolescenti, i momenti di festa aperti a tutta la comunità. Con il venir meno delle nostre

certezze, abbiamo dovuto interrogarci su noi stessi e su come rimodulare la nostra presenza. Perché della presenza l’oratorio ha sempre fatto la sua forza.

Presente in ogni città, paese, frazione, quartiere, aperto alla libera frequentazione di bambini, ragazzi e famiglie per la maggior parte delle attività che propone, l’oratorio svolge il prezioso compito di avamposto educativo di un territorio. E in quanto avamposto, ha il dovere di mostrare a quel quartiere, frazione, paese o città dove stanno andando le giovani generazioni. O, meglio ancora, dove noi adulti le stiamo accompagnando. Già prima di tutto questo eravamo disorientati, indecisi su dove andare. Quello che non sapevamo era che le cose sarebbero andate molto peggio di così.

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