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Sconfiggere una delle pratiche sociali più pericolose per la popolazione femmin ............................................................................................. Foto di Valéria Rodrigues Valéria da Pixabay
Il Sudan
vicino a una svolta
Prosegue la vertenza internazionale contro le mutilazioni genitali femminili che il governo di Khartum sembra in procinto di abolire e condannare per legge Sono passati 20 anni da quando fu introdotta al parlamento europeo la risoluzione contro le mutilazioni genitali femminili, storica battaglia del Partito radicale nonviolento con Marco Pannella e Maurizio Turco protagonisti italiani: un’iniziativa firmata da oltre trecento parlamentari appartenenti a tutti i gruppi politici e adottata a larghissima maggioranza. La risoluzione consentì di aprire una porta del bilancio comunitario e, da allora,
l’Unione europea è in prima fila nella lotta all’eradicazione delle mutilazioni genitali. Oggi, il Sudan si avvia alla messa al bando delle mutilazioni genitali femminili (Mgf) con una mossa significativa, accolta favorevolmente dagli attivisti: chiunque abbia scoperto di aver praticato le Mgf dovrà affrontare fino a tre anni di carcere. Il Consiglio dei ministri di Khartum ha infatti approvato la nuova legge lo scorso 22 aprile, ma essa deve ancora essere approvata dai membri
del Consiglio sovrano, creato in seguito alla cacciata del dittatore Omar al-Bashir. Il Sudan ha uno dei più alti tassi di Mgf al mondo. Secondo le Nazioni Unite, l’87% delle donne sudanesi ha subito questa pratica. E le ragazze a cui è stata imposta, di solito hanno un’età compresa tra i 5 e i 14 anni. Tuttavia, poiché tale degenerazione è radicata nella cultura sudanese, gli attivisti si aspettano che ci vorrà molto tempo per essere completamente sradicata: “C’è
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