PIANETA QUATTRO ZAMPE
Un becco da favola per l’oca Ottorino
Quando le rughe affascinano
Quell’aria un po’ British
Una storia vera che sembra una fiaba. E insegna tanto anche agli umani
Alla scoperta dei cani Bloodhound. E del loro fiuto da Sherlock Holmes.
I gatti British Shorthair si rivelano i felini ideali per chi vive in appartamento.
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Pagina 60 03 GEN-FEB 2015
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PIANETA QUATTRO ZAMPE
Editoriale Una nuova sensibilità, una nuova cultura di rispetto più profondo per gli animali. È quella che, secondo il nostro nuovo ospite, il veterinario Alberto Briganti, sta iniziando a muovere i suoi primi passi nel nostro Paese. I sintomi? Tutti affascinanti. L’aumento del numero di persone che si reca in canile per adottare cani anziani, per esempio. I casi di animali da produzione che diventano animali da compagnia, con la scoperta – da parte delle famiglie che li adottano – di un universo di creature simpatiche e sensibili che fino a qualche tempo fa immaginavamo solamente nelle stalle o sull’aia: oche, maialini, conigli. Animali spesso strappati agli allevamenti intensivi, che entrano a far parte della vita domestica, adattandosi allo stesso modo in cui lo fanno cani e gatti. Di questo ci ha raccontato in questo numero Alberto Briganti, da questo mese ospite delle pagine del nostro mensile con due interviste realizzate dalla redazione. E, se siete curiosi di sapere come mai abbiamo chiesto ad Alberto di regalarci un “appuntamento fisso”, andate a leggere la storia di Ottorino, l’oca per la quale ha costruito un becco di rame, salvandola dopo una tragica colluttazione con un preda-
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tore. Scoprirete una vera sorgente di racconti incredibili sul mondo degli animali, storie vere che hanno però il magico fascino della fiaba e che abbiamo deciso di regalarvi su Pianeta Quattro Zampe. Ispirati da questo nuovo “vento” di empatia siamo andati a raccogliere tante altre storie che testimoniano l’impegno della società civile verso gli amici a quattro zampe. Quella di Siberian Husky Rescue, per esempio, associazione benefica che ha tra i suoi obiettivi la ricerca di una nuova casa per gli husky che non possono più essere tenuti in casa dai loro proprietari. Visitando gli allevamenti, andremo alla scoperta dei gatti British Shorthair, dei gatti Persiani, dei cani Bloodhound e degli stessi Husky Siberiani. Queste e tante altre storie troverete all’interno, con un focus particolare sull’addestramento dei cani Bloodhound, prezioso ausilio nelle ricerche di persone scomparse. Grazie al Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico abbiamo scoperto come lavorano e quali sono i segreti del loro incredibile fiuto da detective. E adesso, li scoprirete anche voi.
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In questo numero una seconda chance
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Rubrica Appuntamenti
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Sulla slitta, verso l’avventura
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Un becco da favola per l’oca Ottorino L’oca Ottorino, un brutto incidente e il veterinario creativo che gli regala un becco artificiale. Una storia vera che sembra una fiaba. E insegna tanto anche agli umani.
A lezione di Sleddog, la disciplina ideale per chi ama lo sport, i cani e la vita in mezzo alla natura.
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Quell’aria un po’ British
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Tranquilli ed equilibrati, i gatti British Shorthair si rivelano i felini ideali per chi vive in appartamento. Scopriamo perché con Katerina Winklerova.
Alla scoperta dei cani Bloodhound. E del loro fiuto da Sherlock Holmes.
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Quando le rughe affascinano
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Reclutati dal Soccorso Alpino. Alla scoperta dei cani Bloodhound che aiutano nelle ricerche dei dispersi
Conversazione con Paolo Cortelli Panini, Coordinatore nazionale delle unità cinofile del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico.
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Il gatto persiano, un piccolo aristocratico in cerca di coccole
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Al canile in cerca di un nonno
Assieme al veterinario Alberto Briganti scopriamo una delle nuove frontiere della sensibilità verso gli animali: la scelta di adottare un cane anziano. Perché il bisogno di cure non appartiene solamente al mondo dei cuccioli.
Siberian Husky, bellezza nordica e cuore caldo
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Animali da produzione che diventano animali da compagnia. Il veterinario Alberto Briganti ancora una volta con noi per parlarci di una nuova tendenza che arriva dal Nord Europa. E che si sta facendo strada anche in Italia.
Siberian Husky Rescue, volontari al lavoro per regalare ai cani sfortunati PIANETA QUATTRO ZAMPE
Amicizie nate sul lavoro
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INFO
info@enci.it
sede@anfitalia.it
Ente Nazionale della Cinofilia Italiana
Associazione Nazionale Felina Italiana
ESPOSIZIONI CANINE Esposizioni Nazionali
15.02
Vicenza - Gruppo Cinofilo Bellunese Tel. 0437940553
15.02
Pesaro (PU) - Gruppo Cinofilo Anconetano - Tel. 0712864358
Fermo - Gruppo Cinofilo Fermiano Tel. 0734623009
22.02
28.02 /01.03
Gonzaga (Mn) - Gruppo Cinofilo Virgigliano - Tel. 0376894855 - 0376558272
Esposizioni Internazionali
17.01
Eboli (Sa) - Gruppo Cinofilo Irpino Tel. 082536007
ESPOSIZIONI FELINE
Padova - Gruppo Cinofilo Padovano Tel. 049774295
24/25.01
Genova - Worldcats
24/25.01
Camaiore (Lu)
Modena - Gruppo Cinofilo Modenese Tel. 0594824576
7/8.02
Cernobbio
24/25.01
01.02
07.02
14.02
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Caresana Blot (Vc) - Gruppo Cinofilo Vercellese - Tel. 0158491729
20/21/22.02 Arezzo 21/22.02
Ravenna
Pesaro (PU) - Gruppo Cinofilo Fabrianese - Tel. 073224082
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Un becco da favola per l’oca Ottorino L’oca Ottorino, un brutto incidente e il veterinario creativo che gli regala un becco artificiale. Una storia vera che sembra una fiaba. E insegna tanto anche agli umani. Sara Chessa
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L’oca Ottorino arriva da lui senza più il becco? Lui, per tutta risposta, gliene costruisce uno in rame. Un gattino si intrufola nella lavatrice e viene lavato a novanta gradi? Lui riesce a salvarlo. Un’aquila delle Foreste Casentinesi è in pericolo di vita e non riesce a espellere un uovo? Lui si precipita nel grande parco naturale, la addormenta e procede tranquillamente con un parto cesareo. Gli esempi potrebbero continuare e sarebbero numerosi. Il “lui” in questione è il dottor Alberto Briganti, veterinario di stanza a Figline Valdarno, in provincia di Firenze. Quando però gli chiediamo come si senta ad aver salvato tanti animali in condizioni disperate, ci dice di aver fatto né più né meno ciò che avrebbe fatto un qualsiasi veterinario animato da passione per il suo lavoro. Anzi, è convinto che altri, magari, avrebbero potuto fare anche di meglio. «Sono cose che faccio con spontaneità, non PIANETA QUATTRO ZAMPE
ci ragiono neanche, le vivo in maniera semplice. Poi, certo, quando vedo che funzionano, ne sono felice», spiega Briganti. L’unica lode che ammette di aver meritato è quella che gli si fa per il fatto di aver regalato al mondo il racconto di queste sue affascinanti esperienze. «Di storie i veterinari ne hanno tante, bellissime come le mie, solo che non le scrivono. Dovrebbero raccontarle, condividerle», ci dice.
Ottorino, l’oca coraggiosa La stessa operazione che gli ha permesso di ricostruire in rame il becco dell’oca Ottorino, per quanto unica al mondo nel suo genere, è, secondo il dottor Briganti, relativamente semplice. «In questi casi, sono l’estro e l’originalità a venirci in aiuto», ci dice. In effetti, è proprio una fervida immaginaPIANETA QUATTRO ZAMPE
zione ad aver consentito di prefigurare una soluzione. Andiamo però con ordine. Tutto inizia nella notte in cui una volpe affamata decide di far visita al pollaio in cui Ottorino vive. La reazione dell’oca Ottorino è stupefacente: riesce a difendere tutti i suoi “compagni di stanza” dall’abile predatore che si trova davanti, ma nella colluttazione ci rimette il becco. Alfredo e Gisella, proprietari della fattoria, le tentano tutte per aiutarlo a mangiare nonostante la grave condizione. Tutto inutile, Ottorino non tocca cibo per interi giorni. All’improvviso, un suggerimento. Quello di recarsi dal veterinario Alberto Briganti. La sua fama sembra quella di un mago, magari riuscirà a fare qualcosa anche per la bella oca di razza Tolosa azzannata dalla volpe. Quando Alfredo e Gisella giungono a Figline, apprendono che la compromissione del becco non permette alcun tipo di cure. L’unica possibilità 5
sarebbe quella di un becco artificiale, una protesi. Esistono? No, ma non è un problema: al dottor Briganti viene un’idea. Veterinario con l’hobby per la lavorazione del rame, non ci pensa due volte: prende una delle sue sottili lastre di metallo e si mette all’opera. Modella il rame, studia la morfologia del becco naturale di Ottorino e incurva la protesi nei punti giusti, saldandola poi con dei cerchiaggi chirurgici. Non resta che attendere la fine dell’effetto dell’anestesia: quando sarà svanito, il dottor Briganti saprà se la sua audacia verrà premiata da una reazione positiva di Ottorino. E la risposta è affermativa: la prima cosa che l’oca fa dopo il risveglio è tentare di scassinare a colpi di becco l’accogliente scatola in cui il personale della clinica Briganti l’aveva posto. Buon segno: 6
Ottorino non rifiuta la protesi. E neppure la cena: anzi, si mette subito d’impegno per recuperare i giorni di digiuno dovuti alla brutta avventura.
Un po’ veterinario, un po’ cantastorie Un lieto fine come questo non poteva non essere condiviso: così, Alberto Briganti inizia a girare le scuole d’Italia per condividere la storia dell’oca Ottorino, ormai famosa anche come “Becco di Rame”. Non che questo gli abbia fatto interrompere l’impegno nella clinica da lui fondata a Figline Valdarno: anzi, la notizia della realizzazione di una protesi in rame per palmipedi non tarda a diffondersi e gli vengono portate altre otto oche PIANETA QUATTRO ZAMPE
infortunate, giunte dalle più svariate zone d’Italia. Nel frattempo, la vicenda di Ottorino è diventata una favola che incanta i bambini, sia come libro formativo, sia attraverso il racconto che il dottor Briganti regala a chi ha la fortuna di partecipare agli eventi a cui viene invitato. «Dall’anno scorso a quest’anno ci sono stati settanta incontri. Ieri sera ero a Perugia, domani sarò a Capranica, giovedì 4 dicembre sarò a Verona, in occasione della Giornata della Diversità», spiega. E aggiunge: «Questa storia esprime valori che aiutano sia in campo scolastico, sia in campo medico. La sua forza sta nell’esser vera e nell’avere come protagonista un personaggio disabile che riesce a tornare con gioia alla vita che aveva prima dell’incidente, anche quando tutto sembrava perduto», ci dice PIANETA QUATTRO ZAMPE
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Un becco da favola per l’oca Ottorino
entusiasta Briganti. È l’entusiasmo di chi conosce il potere di quelli che vengono chiamati “eventi emotivi”. L’emozione che un bambino protesico o un ragazzo con disturbi dell’alimentazione provano di fronte alla storia di Ottorino non è cosa da poco. «Quello che la psicologa del nostro team definisce “evento emotivo” non è forse determinante, ma può dare un contributo a quello che è il risultato terapeutico», afferma. Un po’ come se, all’interno, di fronte alla fiaba-verità di Ottorino, scattasse qualcosa che porta a reagire, a ritrovare la fiducia, a diventare consapevoli che il modo di affrontare le avversità può esistere anche quando sembra impossibile.
Dalla fiaba alla Fondazione L’educazione alla condivisione, l’esaltazione dell’intelligenza degli animali, il rispetto per la qualità della loro vita, anche di quelli che alleviamo a fini alimentari: sono tanti i valori che la storia di Ottorino aiuta a veicolare. E sono tutti diventati parte della mission della Fondazione Becco di Rame, nata sulla scia di questa storia. Uno dei primi obiettivi? Aiutare, con il sostegno economico e con l’organizzazione di iniziative ad hoc, l’intero mondo degli atleti protesici e disabili. Non solo: l’azione di quest’entità benefica vuole volgersi anche verso il mondo animale, destinando risorse alla cura e al recupero di animali selvatici in difficoltà. Intanto, il gruppo Becco di Rame sta già progettando un congresso per la fine del 2015. Il tema? Le favole che curano. E il 8
bello è che si stanno facendo numerose le realtà ospedaliere che decidono di farsi coinvolgere da queste iniziative: non ultimo l’Ospedale di Cuneo, che ha acquistato cento copie del libro di Becco di Rame per donarlo ai bambini ricoverati. Senza dubbio, vi starete domandando quanto l’oca Ottorino possa essere fiera di queste imprese e quanto possa esser felice ogni volta che rivede il suo salvatore. Riguardo al primo punto, non c’è dubbio: Ottorino sarà di sicuro molto orgoglioso. Quanto al secondo, il dottor Alberto Briganti ha qualche dubbio: «Il nostro rapporto ultimamente non è tanto buono, ma è anche comprensibile: col fatto che di tanto in tanto lo porto via per dei controlli sottraendolo per un po’ alla fattoria, credo sia un po’ alterato nei miei confronti. Prima era molto più affettuoso». Il dottor Briganti, però, non ne fa un dramma. La bellezza che la storia di Becco di Rame riesce a trasmettere, assieme alle imprese portate avanti dalla Fondazione, lo ripagano di tutto. Anche di queste piccole incomprensioni tra veterinario e paziente. PIANETA QUATTRO ZAMPE
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ANCHE QUANDO LA REALTÀ FA PAURA, C’È UNA FORZA CHE PUÒ TRASFORMARLA. E RENDERLA MAGICA COME UNA FIABA. LA STORIA DELL’OCA CORAGGIOSA CHE HA COMMOSSO L’ITALIA SUPERANDO IL PEGGIORE DEGLI INCIDENTI. www.beccodirame.com
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Quando le rughe affascinano
Quando le rughe affascinano Alla scoperta dei cani Bloodhound. E del loro fiuto da Sherlock Holmes. Astrid Blake
Tutto cominciò con una fotografia vista sulla copertina di Panorama, nel lontano 1968. Di fronte a quel cane così singolare, capace di “vestire” le infinite rughe che lo caratterizzano come se fossero una fonte di fascino e bellezza, Paolo Pietrangeli non ha dubbi: deve assolutamente scoprire a quale razza appartiene quel curioso esemplare. E magari adottarne uno. C’è un solo problema: l’era di Internet non è ancora arrivata, non sono neanche gli anni Settanta e nessuno in Italia sembra potergli dare informazioni sulla razza canina che tanto lo ha colpito tra le pagine del celebre settimanale. Il gioco, dunque, si fa duro. All’epoca, per chi voglia conoscere qualcosa di nuovo e insolito, ci sono solamente due armi: la carta da lettera e il viaggio di ricerca. Pietrangeli tenta la prima carta, scrivendo addirittura al Kennel Club di Londra, l’organizzazione britannica che tiene i registri genealogici dei cani di razza. In altre parole, l’equivalente del nostro Enci. La lettera di risposta PIANETA QUATTRO ZAMPE
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Quando le rughe affascinano
arriva: contiene un lungo elenco di allevatori inglesi di cani Bloodhound: grandi orecchie, occhi alti, una collezione di rughe da Guinnes dei primati. Ci siamo: giunge il momento per Paolo Pietrangeli di utilizzare la seconda “arma”: il viaggio. Si precipita a Londra e inizia il tour degli allevamenti. Non tornerà in Italia senza un Bloodhound. E così, dopo oltre quarant’anni, può dire di aver avuto non uno, ma decine di Bloodhound. “Da allora, ho sempre vissuto con i Bloodhound”, racconta. Compagno di vita dei Bloodhound per quasi cinque decadi. Quale miglior requisito, per avere autorevolezza nel descrivere una razza canina? Così, assieme a lui, oggi titolare dell’allevamento “Isole lontane” di Roma, scopriamo questi animali dal fiuto proverbiale.
stessa traccia, che emana il vostro stesso effluvio. Facile dunque comprendere come mai questo cane venga utilizzato nelle ricerche di persone scomparse: tutto in lui sembra strutturato per percepire con inedita precisione gli odori presenti nell’ambiente. In particolare, ad affascinare è il numero di recettori olfattivi: 4 miliardi, molti di più rispetto alla media dei cani, che si aggira attorno a 300 milioni di recettori, contro i 6 milioni che caratterizzano gli umani. “La cosa che più li diverte è seguire una pista, trovare una persona, trovare un oggetto”, conferma Pietrangeli. E aggiunge: “In Inghilterra mi è capitato di assistere a degli esperimenti che avevano come protagonisti i Bloodhound. È incredibile come ritrovino la persona che ha lasciato la traccia, anche dopo tanti chilometri, dopo tanto tempo. Sono fantastici”.
Ci vuole “un naso bestiale”
Non solo naso: quando anche l’occhio è funzionale al fiuto
Noti anche come cani di Sant’Uberto (in francese Chien de Saint-Hubert), i Bloodhound sono ancora più noti per il loro epiteto più frequente: “cani molecolari”. Con ogni probabilità un’espressione che trae origine dall’ambiente giornalistico, più che da quello veterinario. Tuttavia, rende bene l’idea della loro specializzazione: un olfatto in grado di percepire anche la più piccola traccia immaginabile di una sostanza. Odori e profumi, siate pronti a essere scovati in ogni dove: il naso del Bloodhound non perdona. Gli basta forse una sola delle molecole da cui foste generati, giorni o mesi or sono, per seguire con indomita determinazione la pista che lo ricondurrà dove esiste un oggetto o una persona che porta la vostra 14
Se è vero che i Bloodhound sono diventati famosi nell’ambito dei gialli offerti purtroppo dalla cronaca nera, è tuttavia possibile che il loro “equipaggiamento” in termini di recettori non sia l’unico fattore determinante per la riuscita nelle ricerche. Sembra, anzi, che la morfologia di questi cani venga a dare un ulteriore rinforzo al loro naso. La posizione degli occhi, ad esempio: posti più in alto rispetto a quelli di altre specie canine, permettono al cane di continuare a seguire la pista seguendo il proprio olfatto, senza per questo dover sollevare la testa per guardare il percorso. I due organi visivi sono già in grado di vedere la strada o il terreno di fronte, il capo non ha bisogno di spostarsi. PIANETA QUATTRO ZAMPE
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Il segugio per eccellenza: caratteristiche fisiche del Bloodhound Non si può certo dire che il cane di Sant’Uberto non sia possente: è, anzi, il più massiccio tra i segugi. I maschi, che possono raggiungerei 67 cm di altezza, arrivano in genere a pesare tra i 50 e i 60 Kg. Dimensioni leggermente inferiori per le femmine, con 60 cm di altezza e peso tra 40 e 48 Kg. Diverse le colorazioni del mantello: nero-focato, fulvo e fegato. È possibile, tuttavia, che non si presentino omogenee. Può capitare, per esempio, che comprendano zone più chiare. Negli esemplari nero focato, il colore scu16
ro può distribuirsi sul dorso come una sorta di sella, mentre il colore fulvo- focato interesserà soprattutto la zona degli occhi, le guance, il muso, il petto e le zampe. Lo stesso gioco di distribuzione del colore si riscontra nei Bloodhound di colore fegato-focato. Il pelo corto e ruvido si fa più soffice a mano a mano che ci si avvicina alla zona delle orecchie e del cranio. A contraddistinguere la razza sono soprattutto le caratteristiche della testa. In primis le orecchie: lunghe e con attaccatura bassa, che pendono verso il basso e, se allungate sulla canna nasale, superano il tartufo. Le rughe sulla fronte e sulle guance sono ancora più evidenti quando il cane porta la testa verso il basso: PIANETA QUATTRO ZAMPE
le pieghe create dal “ricadere” della pelle, sovrabbondante rispetto alla superficie del viso, possono anche arrivare nella zona degli occhi, limitando la visuale. A colpire è poi l’espressione “triste”, intensa e nobile. Si tratta, naturalmente, di una “tristezza per modo di dire”, che non riflette il loro carattere giocoso. Contribuiscono a disegnarla le labbra cadenti e gli occhi infossati con mucosa di colore rosso scuro, sottolineata dalle palpebre inferiori aperte verso il basso a causa del peso dei ripiegamenti della pelle. Come gli occhi, anche il collo aiuta la missione del segugio: lungo quanto basta per permettere al cane di seguire la pista mantenendo il naso al suolo, gli PIANETA QUATTRO ZAMPE
consente di mantenere velocità nel camminare in avanti verso le direzioni che l’olfatto suggerisce. La lunga coda si solleva più in alto rispetto alla linea dorsale, presentandosi con un’elegante curva.
Il perché di tante rughe Quando diciamo che il Bloodhound, dato il formidabile olfatto, sembra “studiato per cercare”, Paolo Pietrangeli ci sorprende con una risposta inaspettata. “Sembra studiato per evitare le corna del cervo”, esclama. Scopriamo così che il Bloodhound era un tempo utilizzato soprattutto per la caccia 17
Quando le rughe affascinano
al cervo. “Tutta quella pelle in sovrabbondanza si rivelava molto utile per evitare che le corna del cervo, durante uno scontro, potessero entrare in profondità: era più facile che scivolassero sulla pelle, generando tutt’al più ferite superficiali”, spiega. L’armatura, insomma, in questi cani, c’è ma non si vede. O meglio, non è che non si veda. Semplicemente, a nessuno verrebbe in mente di cercarla tra le pieghe che solcano il viso di questi solenni quattrozampe.
Un carattere impetuoso “Sono talmente tristi che mi mettono di buon umore”, scherza Pietrangeli. In realtà ci fa capire che la malinconica, solenne serietà del Bloodhound non è altro che una maschera. “L’impressione è che siano tristi, ma di fatto sono molto giocherelloni e affettuosi”, spiega. Tuttavia, hanno la loro indipendenza. “Ti fanno un sacco di feste, io ne ho uno – si chiama Gedeone – che mi distrugge, perché è “violento” nell’esprimere l’affetto. Poi, però, dopo cinque minuti, quando mi ha distrutto tutti i vestiti e leccato senza pietà, mi lascia perdere e va per i fatti propri”, racconta ancora il titolare dell’allevamento “Isole Lontane”. Come dire: affettuosi, con un vago senso della misura.
Il Bloodhound con gatti e bambini State Pensando di adottare un Bloodhound ma siete dubbiosi perché in casa avete anche un micio? In effetti, potrebbe esserci qualche problema. Non se 18
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entrambi sono cuccioli, però. “Se a un Bloodhound adulto mettiamo in casa un gatto già adulto, è difficile che convivano bene”, spiega Pietrangeli. “Se però crescono insieme”, continua, “la convivenza è possibile. Per tanti anni ho avuto Bloodhound e gatti. A un certo punto sono arrivati due cani meticci che, crescendo, hanno sviluppato la capacità e la passione per la caccia al gatto. E temo che l’abbiano “contagiata” anche al Bloodhound”. Al di fuori dai casi particolari, però, Pietrangeli non ha dubbi: il 20
gatto e il Bloodhound che crescono insieme riescono a coabitare gli stessi ambienti e condividere la vita senza ostacoli. Diverso il discorso per i bambini. “Devi stare attento al bambino, perché sono molto irruenti nel far le feste, potrebbero anche finire col buttarlo a terra”. E questo, nonostante il loro buon carattere. “Sono cani in genere buonissimi, non fanno la guardia, al massimo abbaiano”, racconta Pietrangeli. Un unico neo: quando l’abbaiare diventa “ululare”, non c’è scampo. Il Bloodhound riprodurrà PIANETA QUATTRO ZAMPE
Per saperne di più.. Nome: Origine : Carattere: Caratteristiche: Cranio: Collo: Tartufo: Andatura: Pelo:
Bloodhound Belgio cane da seguito per eccellenza perfetto per le qualità olfattive peso: maschi da 50 a 60 Kg - femmine: da 40 a 48 Kg altezza: maschi 67 cm - femmine 60 cm molto alto ed a punta lungo in modo che il cane possa seguire la pista con il tartufo al suolo nero lenta, calma ma imponente corto
perfettamente l’atmosfera cupa delle notti buie e tempestose descritte dalla letteratura inglese.
Salute e benessere Lo stile alimentare dei Bloodhound? “Se gli dai la carne fresca sono più contenti”, sottolinea il nostro intervistato. Tuttavia, questo non significa che rifiutino le crocchette. Anzi: si caratterizzano per una evidente voracità. “Non c’è pericolo che rifiutino i PIANETA QUATTRO ZAMPE
croccantini, perché mangiano con grande appetito , sono degli aspirapolvere”, ci spiega Pietrangeli. L’inclinazione ad essere una “buona forchetta” aumenta quando il cane fa molto movimento. “Ha bisogno di moto, perché è un segugio molto grande, è un cane da caccia, non è un cane d’appartamento.” Così, se il vostro sogno è adottare un Bloodhound, preparatevi a correre con lui all’aperto per almeno un’ora al giorno. Accoglierete in casa un cane, ma vi ritroverete anche un personal trainer. 21
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Alla scoperta dei cani Bloodhound
Reclutati dal Soccorso Alpino. Alla scoperta dei cani Bloodhound che aiutano nelle ricerche dei dispersi Conversazione con Paolo Cortelli Panini, Coordinatore nazionale delle unità cinofile del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico. Foto di Martina Cortelli Panini
Sara Chessa
Così bravi da essere notati dal Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS) e trasformati – grazie ad un articolato processo di addestramento – in un preziosissimo ausilio alle ricerche di persone scomparse. Sono i segugi di Sant’Uberto, “Bloodhound” per chi preferisce la versione anglosassone del loro nome. L’epiteto con cui salgono alla ribalta delle cronache, quello di “cani molecolari”, non sarebbe in realtà l’espressione migliore per contraddistinguerli. È grazie a Paolo Cortelli Panini, PIANETA QUATTRO ZAMPE
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Coordinatore nazionale delle unità cinofile molecolari del CNSAS, se riusciamo ad approfondire la conoscenza di questi straordinari animali, identificando con precisione maggiore ciò che li distingue da altre specie utilizzate nel “Mantrailing”, la disciplina che consente di seguire il percorso effettuato da una persona di cui si sono perse le tracce.
La mission del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico Con il nostro intervistato, ripercorriamo le tappe che hanno portato alla nascita e all’attuazione del 24
programma di addestramento dei cani Bloodhound, fin dal giorno in cui le loro eccezionali capacità sono state notate durante un intervento al confine con la Svizzera. Del resto, come non interessarsi a questi detective canini, quando si svolge un servizio pubblico come quello offerto quotidianamente dal Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico? Si tratta, come è noto, di una libera associazione senza fini di lucro che, nata come sezione nazionale del Club Alpino Italiano, si evolve nel tempo con una sua autonomia organizzativa e patrimoniale, ponendo il dovere di garantire il soccorso sanitario urgente e le attività di protezione civile come cardine del proprio statuto. Per il CNSAS, PIANETA QUATTRO ZAMPE
insomma, la prevenzione degli incidenti in ambiente impervio, il soccorso e il recupero sono un obbligo morale. Queste finalità di solidarietà sociale hanno portato il Soccorso Alpino e Speleologico a diventare struttura nazionale operativa della Protezione civile e ad essere riconosciuto dalla legge 74/2001 come Servizio di Pubblica Utilità. Un compito nobile, quello perseguito dal CNSAS. Quasi non si è più abituati a sentir parlare di realtà che fanno del servizio verso la società civile la propria missione. Eppure esistono, il CNSAS è una di queste e, per perseguire i propri obiettivi, ha bisogno di un ausilio fondamentale: cani dotati di una memoria olfattiva d’eccezione. PIANETA QUATTRO ZAMPE
Le unità cinofile molecolari e il Bloodhound Strutturato al proprio interno in maniera fortemente gerarchica, il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico è presente su tutto il territorio italiano ed ha al suo interno scuole di formazione che si concentrano su diverse specialità. Che, nel settore cinofilia, includono per esempio le unità cinofile da ricerca in valanga, da ricerca in superficie, da ricerca tra le macerie e, come già sappiamo, le unità cinofile cosiddette “molecolari”. Le scuole addestrano e rendono i soggetti operativi, poi, quando si riceve 25
Alla scoperta dei cani Bloodhound
una “chiamata di lavoro”, si entra subito in azione. Ed è durante uno di questi interventi che, diversi anni fa, vennero notate la straordinarie capacità dei segugi di sant’Uberto. Le ricerche riguardavano una persona scomparsa in Piemonte, poi purtroppo trovata deceduta. In quell’occasione, a motivo del fatto che l’area di ricerca era in zona di confine, si ricorse a unità cinofile della Polizia speciale svizzera. Erano animali da pista, lavoravano col sistema del Mantrailing. “L’allora direttore nazionale della scuola delle unità cinofile di superficie del Soccorso Alpino ebbe modo di verificare il lavoro di questi cani e ne rimase affascinato”, afferma Paolo Cortelli Panini. E ricorda che fu presentato al presidente nazionale del Soccorso Alpino Piergiorgio Baldracco un possibile interesse al piano di addestramento, accolto con grande entusiasmo. “Così, abbiamo proposto al Dipartimento di Protezione civile un progetto, che è stato accettato”, racconta. A quel punto, sono nate le prime quattro unità cinofile molecolari Bloodhound. Tuttavia, la loro formazione iniziale è avvenuta sotto la guida della Polizia speciale svizzera. “A quel tempo non esisteva ancora una scuola nazionale, non avevamo delle referenze italiane che ci potessero dare la certezza della qualità. Poi gli anni sono passati, le quattro unità cinofile, tre delle quali sono ancora presenti, hanno continuato la loro formazione, hanno raggiunto i brevetti di operatività per la National Bloodhound Association of Switzerland e hanno iniziato a lavorare in operazioni reali”.I segugi di Sant’Uberto non si sono smentiti: i risultati riscontrati dal CNSAS si sono rivelati molto interessanti. Così, si è deciso di ampliare la squadra degli Sherlock Holmes a quattro 26
zampe, fino a portarlo alle attuali dodici unità. Oggi, distribuite in tutto il territorio nazionale, riescono, anche se con un po’ di fatica, a coprire tutte le esigenze.
Nuove unità cinofile molecolari per i Carabinieri Nel periodo immediatamente seguente all’addestramento delle prime unità cinofile molecolari, il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico accetta un numero molto elevato di interventi, sia rientranti nella propria competenza territoriale – quella legata al dovere statutario di prevenzione e soccorso in ambiente impervio – sia in ambiente urbano. “Adesso fortunatamente noi, come Soccorso Alpino, siamo riusciti a formare unità cinofile molecolari per altre istituzioni, per esempio l’Arma dei Carabinieri, che dispone di quattro unità da noi formate, di stanza al nucleo operativo di Firenze. Diverse unità cinofile, sempre molecolari, sono state inoltre formate per l’Associazione Nazionale Carabinieri”, spiega Cortelli Panini. Svolto questo compito di formazione, il Soccorso Alpino ritorna alla propria competenza territoriale, intervenendo cioè in ambiente per lo meno periurbano, se non collinare o montano.
Inseguire un odore specifico: ai Bloodhound lo si può insegnare Come è possibile che la definizione di “cani molecolari” si sia diffusa al punto da divenire di uso comune, se i veri esperti del settore concordano nel PIANETA QUATTRO ZAMPE
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Alla scoperta dei cani Bloodhound
dire che si tratta di un’espressione non sufficiente per contraddistinguere il Bloodhound rispetto ad altri investigatori canini? Una possibile spiegazione c’è e la ricostruiamo assieme al nostro intervistato. “Essendo il segugio di Sant’Uberto un cane da pista e seguendo perciò un odore specifico – a differenza delle unità cinofile di superficie che scovano qualsiasi odore umano in una data area – il giornalista che per primo parlò di “cani molecolari” lo fece pensando che il cane da pista riuscisse nel suo obiettivo in quanto capace di seguire molecole particolari. In realtà, tutti i cani inseguono molecole”, spiega Cortelli Panini. E aggiunge: “La differenza tra le nostre unità cinofile e altre specialità, altrettanto valide ma differenti, risiede nel fatto che noi siamo riusciti a insegnare al cane a inseguire l’odore specifico”. Questo è il vero noccio28
lo della questione. E lo si comprende ancora meglio se si considera che ogni essere umano ha un suo odore unico, che lo identifica meglio delle impronte digitali stesse. Quando un segugio di Sant’Uberto, addestrato dal Corpo nazionale Soccorso Alpino e Speleologico, si mette alla ricerca di una certa traccia, si muoverà solo ed esclusivamente verso quest’ultima.
La memoria olfattiva del Bloodhound Se è vero che tutti i cani hanno una capacità olfattiva di alcune migliaia di volte superiore rispetto a quella dell’uomo, ci si può comunque chiedere perché, tra tanti cani capaci di “captare” le molecole, si prediliga il Bloodhound. La risposta a questa doPIANETA QUATTRO ZAMPE
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manda risiede in parte nelle caratteristiche della canna nasale e della mucosa olfattiva di questo cane. Tuttavia, queste ultime non sono sufficienti a spiegare l’alta percentuale di successi che il segugio di Sant’Uberto ottiene nelle ricerche. È vero che la sua canna nasale ha una lunghezza superiore di circa due volte e mezzo rispetto a quella del cane medio (ad esempio, rispetto ad un pastore tedesco), è vero che la sua mucosa olfattiva ha un numero di cellule olfattorie per centimetro cubo molto più elevato rispetto a quello che mediamente caratterizza le altre razze canine, ma il fattore chiave dell’abilità del Bloodhound è la sua memoria olfattiva. Parlandoci di quest’ultima, Paolo Cortelli Panini, che oltre a coordinare le unità cinofile molecolari del CNSAS è anche un veterinario, è sicuro di poter dire che il cane “veda con l’olfatto”: è l’atto di annusare a permettergli di crearsi un’“immagine” specifica della persona. “L’aspetto straordinario della loro memoria olfattiva sta nel fatto che riescono a mantenere chiara tale “immagine” nella loro testa. L’unità cinofila molecolare riesce a tenere nella memoria la caratteristica olfattoria che ha rilevato, conservandola anche per molto tempo”, spiega Cortelli Panini. Affascinati, gli chiediamo se si possa dire dunque che i segugi di Sant’Uberto possiedono una sorta di “database degli odori rilevati”, al quale hanno facile accesso. La risposta è affermativa e, anzi, il nostro intervistato ci consente di approfondire le nostre conoscenze entrando nello specifico. “L’odore è un concetto chimico”, spiega. E prosegue: “La capacità di percepire l’odore è invece un PIANETA QUATTRO ZAMPE
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concetto elettrico, mentale. Esiste un organo particolare nel cane, che si chiama “bulbo olfattorio”, un organo che abbiamo anche noi e che è in grado di trasdurre l’informazione chimica in informazione elettrica”. Per permetterci di capire meglio, Cortelli Panini ci offre anche un esempio. “Se io le domandassi adesso quale sia l’odore del vin brulé, la sua testa andrebbe a cercare questa informazione, ma la rappresentazione che avrebbe di quest’odore è un’immagine elettrica: lei non lo sta sentendo, tuttavia riesce dentro di sé a rappresentarlo. Ecco: il 30
segugio di Sant’Uberto, ha la capacità di rimanere concentrato su quell’odore per molto tempo anche se non lo sente, anche se non lo “vede”.
L’esempio del pick up C’è un momento che in gergo tecnico viene chiamato “pick up”: è il momento in cui, durante un esperimento, al Bloodhound viene “portata via” la persona della quale aveva rilevato la traccia – o l’oggetto grazie al quale aveva rilevato la traccia PIANETA QUATTRO ZAMPE
stessa – col suo invidiabile fiuto. La sua vista, insomma, da quel momento non è più in grado di percepire la persona in questione o ciò che la rappresenta. “Se, a quel punto, si prende il cane, lo si mette in macchina, percorrendo anche una cinquantina di chilometri di strada e rimettendolo al lavoro nel punto in cui la pista olfattiva continua, il Bloodhound ha perfettamente in mente l’odore del quale è alla ricerca, senza che io glielo debba ridare. Questa è la traduzione in pratica della memoria olfattiva”, spiega il nostro intervistato. PIANETA QUATTRO ZAMPE
Addestramento e intesa col conduttore Sorpresi da queste testimonianze, chiediamo a Paolo Cortelli Panini se, per giungere a questi risultati, sia necessario un addestramento molto difficile. “Non farei tanto un discorso di difficoltà nell’addestramento, perché in realtà tutti i cani hanno una tendenza istintuale a cacciare e lo fanno attraverso la percezione degli odori. Quindi, la difficoltà non sta nell’insegnare al cane a seguire la traccia, perché lui lo fa 31
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molto bene per sua natura. La difficoltà sta piuttosto nell’indirizzare questa sua straordinaria capacità su un territorio e un argomento che interessa a noi. Questo sì, è difficile, ma se si comincia quando sono ancora cuccioli, e quindi li si indirizza, la cosa avviene in modo istintuale”, spiega. E aggiunge: “Certo, ci sono dei protocolli, ci sono delle linee guida, non tutte le unità cinofile raggiungono lo stesso livello perché non tutti i cani sono uguali. Fondamentale è il rapporto tra conduttore e cane, tra l’animale e l’individuo che lo guida. Se non esiste un’intesa perfetta tra i due, noi non avremo mai un’unità cinofila valida. Se c’è un’intesa perfetta, anche un cane mediocre con un conduttore mediocre possono ottenere risultati straordinari”. Naturale, di fronte a queste affermazioni, domandarsi se sia possibile cambiare il conduttore. “È molto difficile”, afferma Cortelli Panini. E aggiunge: “Bisogna ricominciare da capo. Perché il cane non è una macchina, che se viene venduta continua a far girare il motore nello stesso modo. Il cane ha eventi emotivi, ha paure, ha abitudini, ha passioni, ha amore per il proprio conduttore”. Difficile insomma ripartire da zero e costruire un nuovo legame. Per poter pensare di svolgere insieme un compito di così grande responsabilità, l’intesa del “binomio” cane/ individuo deve essere assoluta.
Conduttori di unità cinofile: un servizio svolto per vocazione Alle unità cinofile molecolari del Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico compete una missione di grande utilità sociale. E, come tutti i servizi, 32
questa attività presenta dei costi. Come abbiamo visto, il Soccorso Alpino non ha fini di lucro, dunque ciò che le istituzioni pubbliche mettono a disposizione per il servizio che esso svolge, non va a costituire in alcun modo una forma di entrata per coloro che vi lavorano: tutti i conduttori di unità cinofile sono dei volontari che svolgono, per vivere, un altro lavoro. “Noi non percepiamo denaro per fare questo, lo facciamo per vocazione. Abbiamo un rimborso spese chilomePIANETA QUATTRO ZAMPE
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adesso invece siamo autonomi. Ho così deciso che ogni appuntamento mensile deve avere luogo in una regione diversa. Questo per permettere un confronto con territori diversi e un incontro costruttivo tra i tecnici dei molecolari e i tecnici di altre specialità del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico”.
Affidabilità dei Bloodhound e descrizioni “frettolose” dei media
trico ovviamente, abbiamo un rimborso per il vitto e l’alloggio: questo viene messo a disposizione in base all’accordo che si ha col Dipartimento di Protezione Civile”, afferma il nostro intervistato. E aggiunge: “Le nostre dodici unità cinofile si incontrano una volta al mese per tre giorni, tutte in uno stesso punto. Sono distribuite tra Sardegna, Friuli, Piemonte, Trentino, Toscana, Lombardia e Marche. Nei primi due anni siamo andati sempre in Svizzera per incontrarci, PIANETA QUATTRO ZAMPE
I Bloodhound si sono conquistati senza dubbio una fama da detective d’eccezione. Eppure, ascoltando certe spettacolari ricostruzioni che i media propongono quando si occupano di cronaca nera e persone scomparse, potrebbe nascere qualche dubbio sulla corrispondenza al vero di queste ultime. Può capitare, per esempio, di leggere di cani che sanno riconoscere il punto preciso in cui una persona è stata caricata su un’auto. Il nostro intervistato, quando affrontiamo l’argomento “tv e giornali”, ci fa capire che il problema, in tale contesto, è la tendenza, purtroppo diffusa, a pensare di poter trattare frettolosamente un argomento che non si conosce, rischiando gravi distorsioni nel riportare i fatti accaduti. La sua certezza, basata su una reale conoscenza dell’argomento Mantrailing, è che il segugio di Sant’Uberto abbia un’affidabilità superiore al 98%, in termini di riconoscimento dell’odore. “Tuttavia”, spiega, “non sanno posizionare quest’ultimo in uno spazio temporale preciso”. Per farci capire meglio, Cortelli Panini utilizza un esempio. “Se una persona esce di casa quattro volte al giorno, sedici volte in una settimana, prendendo direzioni diverse, noi siamo certi che il 33
segugio di Sant’Uberto individui la pista, ma non necessariamente capterà quella necessaria a chi sta svolgendo le indagini. Se una persona esce di casa venti volte in una settimana, dirigendosi a volte a destra e a volte a sinistra, facilmente potrà accadere che il cane si “agganci” non alla traccia dell’ultima uscita, ma alla penultima o a una di quelle immediatamente precedenti. Il limite, insomma, non è del cane, che ha una selettività straordinaria nello scegliere la pista da seguire: è piuttosto l’uomo che fa la strategia di ricerca a non avere le capacità per interpretare in modo assoluto quell’evento olfattivo da un punto di vista dell’inserimento temporale. “Noi questo lo sappiamo e lo teniamo sempre presente”, spiega il Coordinatore delle unità cinofile molecolari del CNSAS. “Di fatto”, prosegue, “le statistiche mostrano che, da gennaio 34
2013 a oggi, abbiamo avuto una media di positività degli interventi che è del 60% circa, una percentuale alta. Naturalmente, accettiamo soltanto interventi nell’ambito dei quali le condizioni ci consentono di operare”.
Progetti per il futuro Quando chiediamo a Paolo Cortelli Panini se il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico abbia ulteriori progetti per il futuro delle unità cinofile molecolari, il nostro intervistato ci risponde anzitutto con una certezza: il progetto con i cani Bloodhound andrà avanti. “Ci sono delle risposte talmente interessanti che sarebbe un peccato interrompere questa esperienza. Ogni mese portiamo a casa informazioni nuove, anche dagli stessi interventi, per cercare atPIANETA QUATTRO ZAMPE
traverso un’analisi retrospettiva dei successi e degli insuccessi di trovare un sistema sempre più lineare e più fluido”, spiega Cortelli Panini. Nel frattempo, il coordinatore dell’Unità cinofila molecolare e gli altri tecnici CNSAS si sono accorti che le caratteristiche olfattive del Bloodhound sono proprie anche di alcune altre specie. Ad esempio il segugio Bavarese. Le sue abilità sono simili a quelle del Bloodhound, ma c’è una piccola differenza. Mentre il Bloodhound pesa circa 50 Kg, il Bavarese si ferma a 14 Kg. Di conseguenza, i costi di trasferimento potrebbero subire una variazione notevole: due Bavaresi in elicottero entrano senza problemi, per due Bloodhound è necessario noleggiare un elicottero più grande. “L’età media di sopravvivenza del Bavarese è più elevata rispetto a quella del Bloodhound. Quindi, indipendentemente dall’affetto enorme che noi abPIANETA QUATTRO ZAMPE
biamo per i nostri cani – perché tutto è fatto con amore e gioco – dobbiamo anche sperare di avere un investimento che duri nel tempo. Da un punto di vista medico – io sono un veterinario, quindi glielo dico con certezza – le problematiche di razza che interessano i Bloodhound sono molto più elevate rispetto a quelle del Bavarese”, spiega Cortelli Panini. E racconta: “Da sei mesi abbiamo acquistato due cuccioli di Bavarese, che si chiamano Bull e Penny, e con loro stiamo lavorando per per vedere se i risultati straordinari dei Bloodhound possano essere replicati con questi animali più piccoli”. E se questi dovessero avere successo, i Bloodhound andranno in pensione? È fuori discussione: questo non accadrà. Ce lo conferma il Coordinatore stesso delle Unità cinofile molecolari del CNSSA: “Il Bloodhound rimarrà sempre con noi”. 35
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Siberian Husky, bellezza nordica e cuore caldo Vanna Chessa
Non fatevi ingannare dalle origini siberiane e dal fisico possente, sotto quella folta pelliccia si nasconde un cuore d’oro pronto ad affezionarsi a tutta la famiglia. Segni particolari? Elegante, forte, allegro, cacciatore, bellissimo: caratteristiche che fanno dell’Husky uno dei cani più amati dagli italiani. A sviluppare questa razza, impiegata in principio come cane da slitta, furono i Chukchi, abitanti della fredda Siberia. Poi, all’inizio del ‘900, fu Eva Seeley a introdurli negli Stati Uniti guadagnandosi l’appellativo di “madre degli Husky”.
L’husky, il perfetto connubio tra eleganza e forza Gli Husky sono cani di taglia media, e se le femmine raggiungono un’altezza che varia dai 50 ai 56 centimetri, gli esemplari maschi arrivano ai 60 centimetri. Il peso, invece, è compreso tra i 16 e i 27 chilogrammi. L’aspetto generale è imponente ed elegante al tempo stesso: tronco proporzionato; zampe dritte; muscolatura sviluppata; cranio arrotondato; muso allungato; orecchie piccole, triangolari ed erette. 38
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Negli esemplari puri, il pelo è liscio, folto e con una lunghezza media che non nasconde le forme dell’animale. Davvero incantevole è la coda, che di norma deve essere sempre verticale, a scimitarra, come quella della volpe. Nell’universo canino, la razza Husky è tra quelle che prevedono il maggior numero di colori e sfumature possibili. Il manto, infatti, può variare dal bianco al nero, passando per il grigio, l’argento, il rosso chiaro 40
e il color rame (detto copper). Esistono inoltre gli Husky Speciali, tra cui spiccano i Sable (interamente color sabbia), i Piebald (bianchi, ma con alcune macchie su testa e corpo), i Saddle back (con una macchia scura sulla schiena, simile a una sella) e gli Splash Coat (con chiazze di diverso colore diffuse su tutto il manto). In relazione al tipo di pelliccia, anche il tartufo può essere nero o marrone. Infine, benché siano in tanti a credere che gli occhioni PIANETA QUATTRO ZAMPE
azzurri siano una qualità imprescindibile per decretare l’appartenenza alla razza Husky, si tratta solo di un falso mito. Gli occhi, a mandorla e leggermente obliqui, possono essere azzurri, nocciola, marroni o impari (di solito uno marrone e l’altro azzurro).
Una vita tra lavoro e compagnia Gli Husky possiedono una personalità ricca di interessanti sfaccettature. In un primo momento, PIANETA QUATTRO ZAMPE
l’istinto da cane primitivo ha avuto la meglio, ma con il tempo, grazie alle selezioni compiute dagli allevatori, il carattere degli animali è migliorato notevolmente. I cani sono diventati docili, affettuosi e alla costante ricerca delle attenzioni del padrone. Hanno la necessità di avere una vita molto attiva e per questo è preferibile disporre di spazi sicuri e ben recintati in cui possano muoversi e sfogarsi. Ciò non significa che disprezzino gli ambienti chiusi. Come ci ha raccontato Maria Ludovica Fanti, volontaria 41
dell’associazione Siberian Husky Rescue, “Questi cani non vanno lasciati soli in un giardino, perché si deprimono. Amano stare in casa, comodi, al caldo e insieme alla famiglia. Inoltre non soffrono più di tanto le alte temperature e in inverno adorano persino accucciarsi vicino al camino”. Un altro dettaglio rilevante e è che non essendo animali territoriali, non marcano e non difendono il territorio come farebbe un cane da guardia. Invece, il loro istinto di abili cacciatori non è mai sopito, e per questo è piuttosto complicato stabilire una convivenza con 42
animali come i gatti, che ai loro occhi rappresentano potenziali prede da inseguire e catturare. Sarà merito del fisico possente o della tanta voglia di correre e di sgranchirsi le zampe, ma per un cane da lavoro come l’Husky, trainare una slitta, per dovere o per una gara sportiva, è sempre un vero e proprio spasso. Ce lo ha confermato anche Paolo Zatta, uno che di Siberian Husky se ne intende, visto che da otto anni circa gestisce un allevamento in provincia di Padova: “L’Husky non è un cane adatto a chi fa una vita sedentaria o sta tutto il giorno fuori casa per lavoro. PIANETA QUATTRO ZAMPE
Per saperne di più.. Nome: Origine : Carattere: Caratteristiche: Cranio: Collo: Arti: Muscolatura:
Siberian Husky Siberia razza piu’ utilizzata per le gare di slitta ma impiegata anche come cane da compagnia peso: maschi da 20 a 27 Kg - femmine: da 16 a 23 Kg altezza: maschi 54/60 cm - femmine 50/56 cm cranio leggermente arrotondato muso di larghezza media a forma di mandorla, leggermente obliqui e possono essere azzurri, marroni o eterocromi (un occhio di diverso colore dall’altro) dritti e muscolosi ben sviluppata
Questi cani hanno bisogno di fare molto movimento, di uscire e di essere coinvolti nella vita familiare”. Nell’allevamento Siberian Husky Baikal White, che Zatta gestisce con la sua famiglia, nascono tre cucciolate all’anno. “Per noi è un hobby, lo facciamo per passione, non per business. Cerco sempre di far ragionare le persone e far capire loro che gli Husky non possono restare soli, in appartamento. Sono cani che hanno bisogno di affetto, di tempo”. Il bello degli Husky è che amano gli adulti e adorano i bambini. Sono animali molto intelligenti e, in presenza PIANETA QUATTRO ZAMPE
di bimbi, di anziani o di persone con disabilità, sanno capire quando è il momento di limitare l’esuberanza per sfoderare tutta la dolcezza. Il Siberian Husky è un animale straordinario, che va educato bene fin da cucciolo affinché possa trascorrere una vita serena in compagnia. Senza dubbio, condividere il proprio tempo con un cane simile offre all’uomo la possibilità di migliorare la propria esistenza, e non solo perché gli consente di avere una vita più sportiva e dinamica, ma soprattutto poiché ha la certezza di avere un amico fedele che non lo deluderà mai. 43
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Siberian Husky Rescue, volontari al lavoro per regalare ai cani sfortunati una seconda chance Vanna Chessa
La vita non è tutta rosa e fiori, e molti cani lo sanno bene. Alcuni di loro non hanno mai avuto una casa e una famiglia, altri le avevano, ma per egoismo dei padroni o per mala sorte le hanno perdute. E adesso l’ombra della tristezza offusca i loro occhi e basta poco per capire quanto questi cuccioli indifesi soffrano per la loro condizione. Ma la speranza è l’ultima a morire e, quando tutto sembra ormai perduto, arrivano loro, i volontari generosi che investono tempo e denaro per realizzare un sogno: dare ai cuccioli sfortunati una seconda occasione. Non è difficile comprendere quanto ardua sia l’impresa. I cani maltrattati, spaventati e denutriti sono ovunque: ci camminano accanto nei parchi e lungo le strade delle nostre città, leggiamo le loro storie su internet o veniamo contattati da amici e conoscenti che magari ne hanno trovato uno e cercano di trovargli una sistemazione. Gli Sos ci raggiungono con ogni mezzo, ma rispondere “presente” non è affatto facile. 44
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Per questo abbiamo chiesto ai volontari della Siberian Husky Rescue, che si occupano di Husky in difficoltà, di raccontarci come è nata la loro associazione. In principio c’erano solo delle persone innamorate dei cani di razza nordica che, nel proprio piccolo, cercavano di intervenire per risolvere situazioni complicate come abbandoni e maltrattamenti. Poi, attraverso il forum dell’allevamento “Piccolo Lupo” di Maurizio Guiducci e Manuela Rossetti, i singoli si sono conosciuti, hanno iniziato a collaborare, e col tempo il gruppo è cresciuto. Così, convinta che fosse ormai una scelta dovuta, nonché fortemente voluta, la veterinaria Antonella Viotti, che da oltre dieci anni si occupa di randagismo e di animali in difficoltà, ha deciso di fondare l’associazione, nata nel 2011 e diventata Onlus nel giugno del 2013. Qualcuno potrebbe pensare che occuparsi di un’unica specie sia una scelta troppo restrittiva o persino discriminante nei confronti delle altre razze, ma in realtà questa decisione permette di ottenere risultati notevoli. E la presidente ha voluto sottolineare proprio questo aspetto: “È stata la passione per gli Husky a unire i membri dell’associazione e per questo abbiamo deciso di occuparci esclusivamente della piccola realtà dei cani nordici”. Così facendo è stato raggiunto il massimo dell’efficacia: la Onlus è diventata un punto di riferimento per le persone che cercano questo genere di cani e moltissimi animali abbandonati hanno trovato una nuova sistemazione. La Siberian Husky Rescue collabora con numero46
se associazioni italiane e con molti volontari che agiscono in autonomia. Inoltre, capita di frequente che la Onlus venga contattata da famiglie o singoli che non possono mantenere più il proprio cane e chiedono aiuto per gestire la situazione. Purtroppo, a causa della crisi economica in tanti non riescono più a sostenere le spese veterinarie o i costi del cibo per animali, e in lacrime si rivolgono ai volontari in cerca di comprensione. Talvolta, a prendere il sopravvento sono invece i problemi di salute dei proprietari che, gravemente ammalati, sono costretti a trascurare o a cedere il proprio Husky. È semplice intuire quanto siano sofferte queste scelte, ma purtroppo il numero più alto di abbandoni è ancora dovuto alla scarsa consapevolezza degli umani che, in un primo momento, adottano un cucciolo con grande gioia, ma poi, una volta cresciuto, decidono di sbarazzarsene poiché non hanno tempo né voglia di dedicargli tutte le attenzioni necessarie. Basterebbe compiere una ricognizione dei canili italiani per rendersi conto della gravità del problema che anche i cani di razza vivono in prima persona. Ma l’abbandono, i temibili canili lager e la vendita sottobanco di cuccioli pregiati sono solo alcune delle drammatiche realtà con cui devono fare i conti le persone che si occupano dei cani senza padrone. Oltre al salvataggio dei cuccioli in pericolo, però, la Siberian Husky Rescue si è imposta un secondo obiettivo: educare la gente che intende adottare un cane e diffondere la cultura cinofila. Un’operazione che si potrebbe definire preventiva, poiché motivata dalla volontà di ridurre, se non di azzerare, i casi PIANETA QUATTRO ZAMPE
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di abbandono per negligenza. A trarne vantaggio sarebbero non solo i proprietari irresponsabili o i volontari oberati di lavoro, ma anche, e soprattutto, i nostri amici a quattro zampe, che avrebbero, per tutta la vita, una famiglia con la F maiuscola. L’ideale sarebbe che associazione di questo genere estendessero il proprio raggio d’azione oltre i confini nazionali, ma al momento, per ragioni economiche, la Siberian Husky Rescue non ha la possibilità di farlo. “Noi già collaboriamo con volontari dell’Albania e della Romania, ma la mancanza di fondi non ci consente di fare di più. Abbiamo dei soci finanziatori, che fanno piccole donazioni, ma gran parte dei costi li sosteniamo noi, di tasca nostra, e come privati purtroppo non possiamo allargarci tanto”, ha concluso Antonella Viotti. Per garantire ai cani in adozione la maggiore visibilità possibile, la Onlus, oltre al sito internet www. siberianhuskyrescue.it, è presente anche sui social network Facebook e Twitter. Inoltre, nella scheda di ciascun cane in cerca di casa, sono presenti i contatti del volontario che segue l’adozione. Infine, chi fosse interessato a effettuare una piccola donazione, può trovare sul web tutte le indicazioni necessarie.
www.siberianhuskyrescue.it
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www.siberianhuskyrescue.it
La Onlus Siberian Husky Rescue ha lo scopo di aiutare i cani abbandonati a trovare una nuova famiglia. Sono animali che hanno sofferto, ma nonostante tutto, conservano tutte le qualità positive del loro
carattere e non aspettano altro che una nuova occasione. Vediamo alcuni dei cani che necessitano un’adozione urgente.
Cani in adozione
Roma: lupetto simil Husky giovane e dal carattere perfetto, mite e allegro, socievolissimo coi suoi simili, adatto anche ad anziani o famiglie con bambini. Referenti: Antonella 329 4065895 Germana 334 9173406 info@siberianhuskyadozioni.it Masetto è stato salvato da un bruttissimo canile, sta vivendo in un box. È mite e giocoso, allegro e tranquillo, buonissimo, adatto a tutti e a convivere con altri cani.
Verona: maschio Siberian Husky puro buono e giocherellone, socievole con i suoi simili. Referenti: Daniela - daniela@siberianhuskyrescue.it 3483022056 - Germana - info@siberianhuskyadozioni.it 3349173406 (se non rispondo inviare sms e sarete ricontattati) Lo splendido Iron è nato nel Febbraio del 2003. Nonostante l’età non ha nessun acciacco, gode di buona salute ed è ancora molto vitale e giocherellone.
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Roma: giovane e splendido Siberian Husky dal carattere forte ma equilibrato, dolce con le persone, compatibile anche con i gatti. Referenti: Angela 3336722164 angela@siberianhuskyadozioni.it Teo ha 3 anni e mezzo, è compatibile con i suoi simili, sia con le femmine, sia con i maschi, purché non siano dominanti. Costretto a trascorrere il suo tempo da solo nel giardino di casa, spesso riusciva a fuggire e a vagabondare per il paese.
Roma: bellissimo maschio Siberian Husky puro, è buono e dolce con le persone ed è in ottima salute. Per gravi problemi del proprietario passa il suo tempo in un piccolo giardino. Referenti: Germana 3349173406 (se non rispondo lasciare sms) info@siberianhuskyadozioni.it Phoenix è socievole con i suoi simili di sesso femminile, ma non va d’accordo con i maschi e non è compatibile con i gatti ed altri piccoli animali.
Spagna-Italia: magnifico Siberian Husky maschio di 4-5 anni, socievole con gli altri cani e molto buono e dolce con le persone. Referenti: 3936582034 (se non risponde lasciare un sms) ebredogs@gmail.com - gabriella@siberianhuskyrescue.it Iron ha dei bellissimi occhi eterocromi. È ospitato, insieme ad altri 500 cani, in un rifugio che ha grosse difficoltà economiche, per cui la sua adozione è urgentissima. Le sue possibilità di trovare adozione sono bassissime.
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Sulla slitta, verso l’avventura
Sulla slitta, verso l’avventura A lezione di Sleddog, la disciplina ideale per chi ama lo sport, i cani e la vita in mezzo alla natura. Sara Chessa
D’inverno si sale sulla slitta, pronti per percorsi avventurosi sulla neve. D’estate, quando il manto bianco non copre più i prati, ci si allena per la stagione fredda, con tanto trekking in mezzo alla natura. È lo sleddog, la corsa coi cani da slitta, praticata di solito con cani di provenienza nordica, come l’Alaskano, il Siberian Husky, l’Alaskan Malamute o il Samoiedo. In Italia, la prima scuola è stata fondata nel 1985 a Ponte di Legno (Brescia), da Armen Khatchikian, che ancora oggi è direttore della struttura e accompagna lungo gli itinerari innevati gli ospiti che desiderano diventare “musher”, ossia conducenti della slitta. Se state pensando ad un weekend alternativo, potete farci un pensierino. Prima, però, avete bisogno di qualche informazione sull’equipaggiamento necessario e sullo spirito avventuroso che questa disciplina richiede. Nessun problema, abbiamo provveduto a intervistare Armen, grazie al quale abbiamo anche 50
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scoperto una storia commovente legata al mondo degli indomiti cani nordici. E la racconteremo anche a voi.
Le corse dei cani da slitta che salvarono i bambini dalla difterite Nato in Sudan ma di origini armene, il fondatore della Scuola Italiana Sleddog ha avuto la fortuna di avere come maestro Joe Reddington, inventore della celebre corsa con i cani da slitta nota come “Iditarod”, nata per ricordare la miracolosa “staffetta” tra quattrozampe avvenuta in Alaska dell’inverno 1925, quando diverse mute di cani da slitta, 52
sfidando gelo e tempeste, riuscirono a trasportare l’antidoto alla difterite per un gruppo di bambini ammalati, bloccati in villaggi sperduti irraggiungibili con altri mezzi. I cani da slitta utilizzati conoscevano bene quei persorsi perché era l’itinerario da loro seguito per trasportare la posta. Ebbene sì, a quei tempi, alcuni cani erano anche postini. Si dovettero però trasformare in velocissimi farmacisti per consegnare il siero nei villaggi colpiti dall’epidemia di difterite e salvare i bambini, altrimenti destinati a non farcela. Un viaggio che avrebbe richiesto circa venti giorni, venne compiuto in soli cinque giorni. L’antitossina passò da un villaggio all’altro, ogni muta arrivava negli sperduti centri abitati e consePIANETA QUATTRO ZAMPE
gnava l’antitossina, che veniva affidata ad un’altra muta e proseguiva il viaggio. Fino a giungere, alla fine, a Nome, dove si trovavano i bimbi vittime della malattia. Ancora oggi, Nome, è il punto di arrivo dell’Iditarod, che segue esattamente lo stesso percorso degli eroici cani di questo racconto. L’impresa fu così importante che a New York, ancora oggi, è possibile vedere al Central Park la statua di uno dei cani che guidavano la spedizione, “Balto”. Quest’ultimo è stato anche protagonista dell’omonimo film d’animazione del 1995, basato proprio sul racconto del salvataggio degli ammalati. Di sicuro, il gesto di generosità verso gli umani di Balto e dei suoi amici non è stato dimenticato. PIANETA QUATTRO ZAMPE
La pausa coi cani nel campo artico Parola d’ordine: controllare lo zaino. Non si può partire senza prima aver verificato di avere con sé le coperte per i cani, gli stivaletti antiabrasione in pile studiati appositamente per le loro zampe, le scarpe riscaldate per umani, ossia calzature speciali che impediscono ai nostri piedi di andare verso il congelamento. Manca qualcos’altro? Senza dubbio. Serve anche un giaccone pesante, un sacco a pelo, cibo e medicinali per i quattrozampe. Non è finita: delle manopole e di un berretto di castoro non potrete fare a meno. Sono accessori che tengono ottima compagnia quando si scende sotto i 30°. Se poi viaggiate durante la notte, 53
il consiglio è quello di avere con voi una di quelle lampade appositamente studiate per adattarsi a stare sulla testa. Questi oggetti vi saranno di sicuro di utilità, sia durante le escursioni, sia nel vostro tranquillo momento di riposo nel cosiddetto “campo artico”, il luogo doveci si ferma con i cani per una pausa.
Ritratto del cane ideale per lo Sleddog Quando chiediamo ad Armen Khatchikian quali requisiti debba avere un cane da slitta e se ci siano preclusioni dovute alla razza, lui è molto chiaro: “Se 54
ti riferisci a cani con pedegree, nessuno dei miei cani ce l’ha. I miei sono tutti cani da lavoro dell’entroterra alaskano. Ciò che conta non è il pedegree, ma l’esperienza che i cani hanno nei percorsi di avventura. Magari è meglio che non abbiano un pelo troppo lungo e che le loro zampe siano morfologicamente predisposte. Tuttavia, la cosa più importante è che i suoi antenati, da cento anni a questa parte, abbiano un “book di avventure”, una storia di percorsi avventurosi”.
Il menu per chi va in slitta Molto importante è anche curare l’alimentazione in PIANETA QUATTRO ZAMPE
maniera mirata per ogni cane. “Ci sono cani a cui devo dare un cibo specifico perché hanno problemi intestinali”, spiega Armen. E aggiunge: “Ci sono alimenti che aiutano la muscolatura del cane in crescita, mentre altri sono l’ideale per i cani anziani. È necessario studiare per capire quale è l’alimento più adatto per ogni animale”. Tuttavia, un punto in comune fondamentale per tutti i cani che praticano lo sleddog esiste: è meglio basare l’alimentazione sul pesce. “Utilizzo croccantini di alta qualità a base di pesce”, racconta Armen. Ed è molto critico nei confronti di coloro che fanno il giro delle fiere raccogliendo campioncini da proporre ai propri cani: “Non si può scherzare, cambiando continuamente il loro PIANETA QUATTRO ZAMPE
cibo. Si può fare una volta. Se però diventa la regola, la dissenteria è inevitabile”.
L’esperienza dell’Iditarod Avrebbe potuto non sperimentare l’Iditarod, un uomo che ha avuto come maestro proprio l’inventore di questa celeberrima gara? No di certo. E infatti, Armen ha vissuto più volte le avventure che caratterizzano questo affascinante percorso. L’ultima volta, nel 1986. È passato un po’ di tempo, ma la considera ancora indimenticabile. “La consiglio a tutti, certo bisogna dimenticarsi di molte comodità. È costosa in termini di tempo , denaro e fatica, ma è un’avventura bellissima”. 55
I consigli per chi vuole provare lo Sleddog “Ci sono molti bambini e mamme che vengono qui da noi per apprendere come diventare dei musher”, afferma Armen. Il consiglio, per chi voglia sperimentare l’emozione della corsa in slitta, è quella di non aver paura di fare fatica. E di arrivare a Ponte di Legno un po’ allenati, perché il cane non fa tutto: è un aiuto. “Si tratta di cani da lavoro, ma bisogna dare il proprio “contributo” nella guida. Chi viene qui, deve venire per imparare a guidare la slitta”. E in estate? “In estate”, prosegue Armen, “si fanno lunghe passeggiate, tonificanti per l’uomo e per l’animale”. Così, a partire dai dieci anni, anche i bambini possono partecipare alle lezioni della Scuola Italiana di Sleddog. È un contesto in cui apprendono tanto, sia sulla natura che li circonda, sia sui cani con cui hanno modo di entrare in rapporto. Mentre l’insegnante esperto impartisce i comandi ai cani in un enigmatico idioma alaskano, la slitta scorre veloce e si realizza qualcosa che in un primo momento sembra incredibile: quella velocità non è dovuta a gas inquinanti, ma alla sola forza della natura, del cane e dell’individuo che sta alla guida. Una volta tanto, si fila come un razzo, ma su un mezzo ecologico.
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Quell’aria un po’ British
Quell’aria un po’ British Tranquilli ed equilibrati, i gatti British Shorthair si rivelano i felini ideali per chi vive in appartamento. Scopriamo perché con Katerina Winklerova. Sara Chessa
Gioca, ma non sfoga la sua vivacità su mobili e divani. È autonomo, ma conquista con la sua simpatia. È il British Shorthair, diretto erede – pare – dei gatti arrivati nell’attuale Gran Bretagna con i Romani e incrociatisi poi con i gatti selvatici locali. Se un tempo sarebbe stato definito semplicemente come “gatto comune inglese”, l’accurata selezione condotta nei decenni ha portato gli allevatori a definire uno standard che gli ha aperto le porte delle esposizioni feline. Dalle parole di Katerina Winklerova, titolare dell’allevamento Magic Blue Star, sembra il gatto perfetto per chi cerca un felino che sappia apprezzare la vita casalinga: posato, amante della compagnia umana, propensione al graffio del tutto assente. Avrà pure qualche difetto, ci chiediamo. E Katerina Winklerova non ha dubbi: se c’è un aspetto del British 60
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Quell’aria un po’ British
Shorthair che gli umani vorrebbero cambiare, è la sua scarsa propensione a farsi tenere in braccio. “Ci sta per qualche secondo, poi vuole scendere”, spiega Katerina. E aggiunge: “Se io sono seduta, lui sta volentieri sulle ginocchia, ma, appena mi alzo, mi fa subito capire di voler tornare a terra”. Eppure, Katerina è più che mai sicura che scegliere di allevare i British sia stata la scelta migliore. A convincerla, quindici anni fa, è stata soprattutto la sensazione di trovarsi davanti ad un gatto sano e forte: l’immagine stessa del benessere, rispetto ad altre razze dalla salute più delicata conosciute visitando diversi allevamenti. Prima di arrivare al British, in questo “tour” alla ricerca del gatto ideale, Katerina trova parecchi cuccioli che incontrano il suo gusto, ma molto spesso si ritrova a osservare che il loro stato di salute è cagionevole. Decide allora di acquistare un libro sulle razze feline e, tra i gatti che le piacciono di più, sceglie quello che più di tutti mostra “sana e robusta costituzione”: il nostro British, per l’appunto.
Casa, dolce casa Quando Katerina adotta il suo primo gatto British Shorthair, non conosce ancora le caratteristiche delle altre razze. “Vederli in esposizione non ti aiuta a comprenderne l’indole”, ammette. A mano a mano che la sua avventura con i British Shorthair prosegue, si convince di avere a che fare con un gatto giocherellone. Finché, un giorno, in visita a casa di amici proprietari di cuccioli di altre razze, si ritrova davanti un vero e proprio spettacolo di mici 62
impegnati in acrobatici salti e inimmaginabili piroette. È lì che si rende conto di come il gatto British, per quanto propenso alle attività ludiche tipiche dei felini, risulti più lento e meno vivace rispetto ai suoi cugini di razza differente. “Vedendo come i cuccioli dei miei amici saltavano e giocavano, scatenati e velocissimi, ho avuto modo di notare la differenza. Il British è più accomodante, anche lui corre ma è più lento e pacato”, spiega. Certo, la curiosità non gli manca. Tuttavia, sebbene sia interessato a ciò che accade all’esterno, sta bene in casa e non PIANETA QUATTRO ZAMPE
cerca granché al di fuori. “Quando abitavo al piano terra, lasciavo spesso la porta aperta sul giardinetto”, racconta. “I gatti, però, non si allontanavano più di tanto. Stavano sullo zerbino, prendevano il sole con piacere, ma, appena sentivano qualche rumore, scattava il segnale di fuga: entravano subito in casa”. Che dire allora dei gatti British Shorthair di campagna, famosi per la loro propensione alla caccia? È presto detto: negli appartamenti, la loro proverbiale prontezza nell’inseguire roditori e lucertole, si sfoga tutta sugli insetti. Vederne svolazzare PIANETA QUATTRO ZAMPE
uno tra le pareti domestiche risveglierà di colpo il loro formidabile istinto da predatore.
Il gatto British Shorthair in compagnia Come si comporta il gatto British con gli altri animali di casa? Curiosi di scoprirlo, lo domandiamo a Katerina. Che, per tutta risposta, ci racconta una vicenda assai singolare: l’amicizia tra un British ed una cavia peruviana. “Andavano d’accordo, si volevano bene, 63
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dormivano anche insieme nella stessa cuccia. Erano davvero carini”, ricorda. La vita media di una cavia, però, è assai inferiore rispetto a quella di un micio. I due inseparabili hanno dunque trascorso insieme solamente qualche anno. Qual è il segreto? “Devono aver avuto, da cuccioli, un imprinting che li portasse a sentire l’altro animale come parte del proprio contesto di vita”, spiega Katerina. E aggiunge: “Se io metto un British adulto vicino a un topo adulto, fanno di certo fatica ad abituarsi l’uno all’altro. Trattandosi di un felino, entra in gioco il discorso predatore/preda. Se invece vivono insieme fin da cuccioli, è facile che si crei una simbiosi tra i due”. Il vostro British non è più un cucciolo ma volete inserire in casa un nuovo amico a quattro zampe? Non disperate. “Se si va avanti con gradualità, è possibile abituarli ad un animale che non conoscono anche da adulti”, afferma ancora Katerina. “Tuttavia, se li si vuole vedere diventare inseparabili, l’ideale è che facciano parte l’uno dell’imprinting dell’altro. Sarà facile, allora, vederli dormire insieme, mangiare insieme, cercarsi sempre”.
Il British allo specchio Robusto e muscoloso, il British Shorthair è un gatto di dimensioni medie: 5-6 Kg di peso per i maschi, 4-5 Kg per le femmine. Piacevole al tatto anche se non esageratamente soffice, il vaporoso mantello può presentare un’ampia varietà di colorazioni. Oltre ai più diffusi blu e crema, troviamo le varianti monocolore, multicolore e tartarugate, con toni che spaziano tra il rosso, il bianco ed il nero. Fatta eccezione per 64
le varietà tabby e silver, il pelo deve essere di colore uniforme dalla punta alla radice. La massiccia testa rotonda presenta guance pronunciate, naso dritto e corto, orecchie piccole dalla punta arrotondata. Gli occhi, molto grandi e luminosi, assumono diverse tonalità di arancione a seconda del colore del mantello. Le muscolose zampe gli conferiscono forza e agilità, mentre la coda, più larga alla base, si assottiglia gradualmente fino a terminare con una punta arrotondata.
British Shorthair, salute e genetica Assai ben dotato quanto a ossatura e muscolatura, il British Shorthair non è un gatto particolarmente delicato. Tuttavia, gli incroci con i gatti Persiani avvenuti nei passati decenni hanno lasciato in eredità il rischio di rene policistico, noto in ambito veterinario come PKD. Arginare la diffusione di questa patologia è però oggi più facile: esiste infatti un test in grado di individuare i soggetti portatori dell’alterazione genetica responsabile della malattia. “Ci sono alcune linee di sangue – anche in Italia – portatrici del PKD”, spiega Katerina Winklerova. Tuttavia, aggiunge: “Basta testare entrambi i genitori per avere la certezza che la loro discendenza non risulti portatrice del gene incriminato. Se entrambi i genitori risultano negativi, lo saranno anche i loro figli. Gli allevatori scrupolosi non mancano di ricorrere a questo test, perché vogliono avere la certezza che i cuccioli non siano costretti ad affrontare tutti i problemi che il rene policistico comporta”. Se alla nascita le cisti hanno dimensioni ridotte, con l’età dell’animale tenPIANETA QUATTRO ZAMPE
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dono a crescere. Col tempo si può dunque arrivare a gravi insufficienze renali. Rimanendo sempre nel campo delle patologie genetiche, scopriamo un altro problema di cui il British Shorthair può risentire. Si tratta della malformazione del cuore nota come HCM (Cardiomiopatia ipertrofica felina), tipica del Maine Coon e di alcune altre razze. Anche qui, la causa della presenza dell’alterazione genetica è da attribuirsi a probabili accoppiamenti passati con specie portatrici. “Per verificarne la presenza si effettua l’eco-cardiogramma”, spiega Katerina. “Viene rilasciato un certificato secondo il quale il gatto, al momento della visita non presenta sintomi di questa malattia. Tuttavia, il certificato non esclude del tutto la possibilità che la patologia ci sia, quindi è consigliabile testare i gatti più volte”, spiega la titolare dell’allevamento Magic Blue Star. Al momento, sono in corso ricerche sul gene che provoca la malattia, che potrebbero in futuro portare ad un test del DNA in grado di individuare con maggiore certezza i gatti portatori di questa patologia.
Benessere e cure Pur non richiedendo cure particolari, la compattezza e la densità del mantello comportano la necessità di spazzolare in maniera accurata e con una certa frequenza. Riguardo all’alimentazione, il gatto British Shorthair è una “buona forchetta” e ben si adatta sia al cibo confezionato di alta qualità, sia ad un menù di alimenti freschi. Katerina Winklerova, per esempio, utilizza entrambi. Quindi, largo a croccantini ricchi di proteine e cibo umido di ottima marca, ma spazio PIANETA QUATTRO ZAMPE
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Per saperne di più.. Nome: Origine : Carattere: Caratteristiche: Testa: Orecchie: Occhi: Corpo: Zampe: Coda:
British Shorthair Gran Bretagna stabile che li rende adatti per la vita d’appartamento peso: maschi da 5 a 8 Kg - femmine: da 4 a 5 Kg dimensioni medio grandi forma rotonda e massiccia piccole - ben distanziate - leggermente arrotondate in punta grandi, rotondi struttura muscolosa - petto arrotondato - cassa toracica sviluppata massiccie e corte di lunghezza media con punta arrotondata
anche per pranzi interamente a base di carne cruda. “Mi trovo bene ad usare la carne cruda di manzo, però vado in macelleria, compro il manzo più magro e me lo faccio macinare. Una volta arrivata a casa, lo faccio congelare per 48 ore e poi, una volta decongelato, lo servo crudo”, spiega. Ed è in particolare con i cuccioli che la titolare dell’allevamento Magic Blu Star ha avuto un’ottima esperienza. “Quando sono alle prese con delle cucciolate, utilizzo in genere cibo umido di ottima marca. Tuttavia, spesso capita che, su dieci gattini, uno di loro non digerisca bene il cibo 66
in scatola o non lo apprezzi. Invece la carne cruda di manzo è sempre andata bene a tutti. L’importante è che ci sia il congelamento per 48 ore, essenziale per eliminare microrganismi dannosi”.
Quando l’indipendenza incontra la dolcezza Tanto autonomo e forte, quanto affettuoso. È così che potremmo definire il carattere del gatto British Shorthair. Certo, è lui a scegliere il momento delle PIANETA QUATTRO ZAMPE
coccole. Tuttavia, ama la vita in famiglia e si affeziona a tutti i suoi componenti, seguendoli in giro per la casa e sedendosi con fierezza in angoli che gli diano la possibilità di osservare bene lo svolgersi della vita domestica. Viene da chiedersi se possano essere adottati da chi trascorre molte ore fuori casa per lavoro. A riguardo, Katerina Winklerova non ha dubbi: la risposta è affermativa. “I British si adattano con facilità anche a queste situazioni, loro dormono, mangiano e giocano anche mentre le persone sono al lavoro. Se i proprietari sono presenti, PIANETA QUATTRO ZAMPE
i gatti British sono felicissimi. Se non sono in casa, sanno star bene comunque”, spiega. E, nonostante Katerina ce li abbia descritti come caratterizzati da una “vivacità moderata”, questo loro fare pacato non vuol dire affatto che non siano giocherelloni, curiosi e pronti a infilare con simpatia le zampe ovunque ci siano palline o altri oggetti somiglianti agli animaletti a cui darebbero la caccia. “Non per niente”, confessa sorridendo Katerina, “qualche settimana fa ho dovuto rinunciare a fare l’albero di Natale”. 67
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Il gatto persiano, un piccolo aristocratico in cerca di coccole Vanna Chessa
Pelo lungo dall’indescrivibile morbidezza, fisico compatto e occhioni rotondi da civetta fanno del gatto persiano il più elegante, pregiato e desiderato dei felini. Non tutti sanno che la razza persiana è frutto di una lunga selezione operata dall’uomo e che, nonostante il fare principesco, questi cuccioli sono molto affettuosi e sempre pronti a socializzare con tutti. Non hanno bisogno di grandi spazi e la comoda vita casalinga sembra cucita su misura per loro. Attenzione però a non considerarli dei cuccioli pantofolai! I persiani, con il loro fascino da star, la fanno da padrone nelle competizioni internazionali, dove, da decenni, incantano le giurie di ogni angolo del globo.
Veri e propri modelli da sfilata Per quanto riguarda le caratteristiche fisiche, i gatti persiani vantano una corporatura massiccia, arti corti ma potenti e robusti, deliziose zampette grandi e arrotondate. Un’altra peculiarità della razza è il musetto schiacciato, con una notevole infossatura all’inizio del naso che, di norma, deve essere molto corto. 70
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Affinché l’animale possa essere considerato un ipertipico, anche gli occhi devono avere determinate qualità e quindi, oltre ad essere arrotondati, è necessario che rispettino precise tonalità cromatiche. Nello specifico, a seconda della varietà, i colori accettati sono l’arancio, l’azzurro e il verde, ai quali si aggiungono gli occhi impari, uno blu e uno arancione. Il discorso si complica se si parla del mantello, catalogabile in oltre duecento tipologie in base a colori, sfumature e pezzature: vediamole. La più antica e classica delle versioni è denominata Solida, poiché il colore è uniforme dalla radice alla punta. In questa specie è la genetica a imporre l’assenza di sfumature e tigrature: l’animale, infatti, ha un gene che inibisce la presenza di striature nel manto. I persiani Solidi possono essere neri, color crema, arancione molto acceso, grigio chiaro ten72
dente all’argento (definito persiano blu) oppure bianchi. Purtroppo, in quest’ultimo caso, molto spesso i gatti sono affetti da sordità. Piuttosto rare, infine, le varianti chocolate e liliac. Talvolta i persiani hanno apparentemente un colore uniforme, ma quando si muovono rivelano una decolorazione a partire dalle punte fino alla chiarissima radice del pelo. Questa varietà acquista denominazioni diverse a seconda della lunghezza della parte del pelo in cui è evidente la sfumatura: si parla di persiani Smoke quando la colorazione è presente in circa metà della lunghezza del pelo, Shaded se si riduce a un terzo e Shell se è limitata a un ottavo. A prendere il nome di persiani Tabby sono invece gli esemplari che hanno il manto disegnato con precisi tratti. Si dividono in tre sottocategorie: gli Spotted, che vantano chiazze maculate ai lati e striature su PIANETA QUATTRO ZAMPE
testa, zampe e coda; i Blotched, con tre righe lungo la spina dorsale, striature circolari ai fianchi e striature simmetriche su zampe, testa e coda; Tigrè (o Mackerel), con striature parallele come quelle delle tigri, benché più sfumate. Molto amati sono anche i persiani Cincillà, caratterizzati da occhioni verdi e manto bianco, fatta eccezione per l’ultimo ottavo del pelo, sfumato di nero come il contorno occhi e il perimetro delle labbra. All’interno di questa categoria, esistono altre tre varianti: Silver Shaded (bianco argento sfumato di nero sull’ultimo terzo del pelo), Gold Shell (arancio sfumato di nero sull’ultimo ottavo del pelo) e Golden Shaded (arancio, sfumato di nero sull’ultimo terzo del pelo). Riscuote notevole successo anche la famiglia dei persiani Bicolor, nel cui manto bianco sono presenti PIANETA QUATTRO ZAMPE
pezzature di un altro colore o con le striature tipiche della varietà Tabby. Nel persiano Bicolore circa un terzo o un mezzo del manto sono bianchi, mentre la restante parte è colorata. Nella varietà Arlecchino, cinque sesti del manto sono candidi e un sesto, distribuito in piccole pezzature sparse, è colorato. I persiani Van, infine, sono interamente bianchi, fatta eccezione per tre piccole chiazze di colore, posizionate sulla testa e sulla coda. Sono molto apprezzati anche i persiani Particolor, il cui manto è miscelato di colori differenti. Sono quasi sempre femmine e, nel raro caso in cui nascano maschi, sono esemplari sterili. Chiudono la carrellata gli Exotic Shorthair, straordinari felini che, pur conservando tutte le caratteristiche e varietà della razza persiana, hanno un pelo soffice, fitto, ma corto. 73
Un piccolo aristocratico in cerca di coccole
I consigli dell’esperta Nel corso di una piacevole chiacchierata con Rosanna Simonelli, titolare dell’Allevamento Arcobaleno di Lainate (Milano) e proprietaria di diversi gatti persiani diventati campioni del mondo nelle prestigiose competizioni internazionali, abbiamo scoperto interessanti notizie su questi mici dal pelo lungo e fluente. Prima di tutto, occorre tenere presente che sono “orsacchiotti da divano”, abituati a vivere a stretto contatto con l’uomo e per questo indifesi come bambini: “sono molto docili e innocenti, e bisogna preoccuparsi dei pericoli che essi stessi non sono in grado di percepire”, ha precisato l’allevatrice. In secondo luogo, essendo animali casalinghi, sono piuttosto delicati e pertanto è necessario fare attenzione nel caso in cui riescano a entrare in contatto con ambienti frequentati da altri animali. A differenza dei cugini europei, infatti, i persiani sono di salute più cagionevole, soprattutto nel periodo della crescita. Gli anni di esperienza in questo settore insegnano anche a gestire al meglio i rapporti tra gli animali domestici e a comprendere quali siano i bisogni individuali e comuni dei nostri piccoli amici. Per esempio, a chi non è capitato, dopo aver adottato un cucciolo, di pensare che potesse soffrire di solitudine? Chi, in simili occasioni, non è corso ai ripari scegliendo subito un secondo cucciolo per far compagnia al primo? Tranquilli, anche la nostra specialista ha ammesso di aver fatto lo stesso. Rosanna Simonelli, però, ci ha rassicurato spiegando che “Un gatto molto tranquillo ha bisogno 74
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Per saperne di più.. Nome: Origine : Carattere: Testa: Orecchie: Corpo: Naso: Zampe:
Gatto Persiano Gran Bretagna pacato e tranquillo tonda con occhi grandi e rotondi piccole - ben distanziate - leggermente arrotondate in punta massiccio, compatto, imponente - mantello molto fitto di peli lunghissimi corto e largo con stop marcato corte, forti, muscolose
di compagnia per essere stimolato al gioco, ma è importante evitare il sovraffollamento: i gatti non sono animali da branco e stanno bene anche da soli”. Buone notizie per gli amanti di ‘Fido’: “I persiani hanno un’indole molto buona, che consente, con le dovute precauzioni e seguendo precisi tempi di inserimento, di affiancarli ad altri animali, cani compresi”. Per garantire al nostro micio a pelo lungo una vita dagli standard qualitativi alti, occorre far sì che il manto rimanga sempre lucido e impeccabile: non è un lavoro da poco, è pressoché indispensabile com76
piere una manutenzione quotidiana spazzolando l’animale prima con un pettine a denti larghi, poi con uno a denti stretti. E se questa regola viene seguita con scrupolo, due minuti al giorno sono sufficienti per una toelettatura perfetta. Parola di allevatrice. In caso contrario, la pelliccia si rovinerebbe al punto da richiedere una tosatura totale del malcapitato felino, un’operazione piuttosto drastica eseguibile solo dopo aver sedato lo sfortunato cliente. Oltre al pelo, i persiani hanno altri due punti deboli. Il primo è il rene policistico, che nel soggetto portatore conduce all’insufficienza renale e può PIANETA QUATTRO ZAMPE
essere letale. Le cisti, già presenti alla nascita, sono costituite da cavità contenenti liquidi originati dal normale tessuto renale. Nei cuccioli hanno dimensioni ridotte, ma con la crescita del gatto raggiungono anche i 2 cm di diametro, diventando inevitabilmente fonte di disordini renali. Vista la gravità del problema, è sconsigliato l’accoppiamento per gli animali geneticamente positivi, mentre due genitori negativi al test daranno vita a cuccioli del tutto sani. Il secondo elemento critico è una conseguenza dello stop marcato: il nasino corto e schiacciato, infatti, ha spesso narici molto strette e PIANETA QUATTRO ZAMPE
facilmente ostruibili, con conseguenti lacrimazioni e difficoltà respiratorie. Per limitare i danni dovuti a tali inconvenienti, è preferibile dedicarsi giornalmente anche alla pulizia degli occhi del gatto. Infine, un breve accenno all’alimentazione. Come ci ha illustrato Rosanna Simonelli, i gatti persiani hanno bisogno di numerose vitamine che una dieta casalinga non è in grado di fornire. “Io consiglio crocchette di alta qualità, ricche di tutte le vitamine necessarie. I gatti che si nutrono di “avanzi” introducono soltanto proteine, causando un rischioso sovraccarico di lavoro per i reni”. 77
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Al canile in cerca di un nonno
Al canile in cerca di un nonno Assieme al veterinario Alberto Briganti scopriamo una delle nuove frontiere della sensibilità verso gli animali: la scelta di adottare un cane anziano. Perché il bisogno di cure non appartiene solamente al mondo dei cuccioli. Astrid Blake
Dottor Briganti, cosa sta accadendo ultimamente nei canili? Sta nascendo una nuova cultura, basata su un grandissimo rispetto verso gli animali in difficoltà. Parlo in particolar modo degli animali anziani che sono in canile da tanti anni e trovano persone di una sensibilità incredibile che, invece di portarsi a casa il solito soggetto giovane, adottano un cane anziano. Si tratta spesso di cani che hanno trascorso tutta la loro vita nel canile, hanno bisogno di affetto e le persone che scelgono di adottarli regalano loro la possibilità di trascorrere gli ultimi 80
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Al canile in cerca di un nonno
anni o l’ultimo anno della propria vita nel modo migliore.
Quali categorie di persone dirigono la propria scelta verso un animale anziano? Quali sono solitamente le caratteristiche di questi aspiranti proprietari? Si tratta di un grande gesto d’amore e viene da persone speciali. Persone di grande cultura e sensibilità, animate da un “senso della missione”. Portano via dal canile animali anche molto anziani, che vengono anzitutto portati da un veterinario, curati e sottoposti a tutti gli accertamenti radiologici necessari. È accaduto anche a me che qualcuno portasse nella mia clinica uno di questi fortunati cani. Dopo il controllo dal veterinario, vengono portati nei negozi di toelettatura per essere puliti a dovere e profumati, per arrivare poi finalmente a casa, dove possono essere seguiti e curati fino a quando non avranno finito il loro percorso di vita.
Questi cani entrano in casa da adulti, molto probabilmente troveranno anche degli altri animali. Che consigli puoi dare, in base alla tua esperienza, a chi volesse inserirli con armonia tra gli altri animali di casa? Sono degli anziani, hanno spesso anche dodici o tredici anni, di conseguenza sono animali molto miti. 82
Non hanno conflittualità di nessun tipo e sono anzi molto riconoscenti. Mi riferiscono che si comportano come se fossero nati lì, nella casa in cui vengono adottati. Coloro che li adottano non hanno dubbi: questi cani mostrano un atteggiamento di grande gratitudine.
Può capitare che sia necessario un po’ di tempo prima che si ambientino in casa? No. Come dicevo poc’anzi, l’anziano è un mite. Si adatta subito. Mi vengono raccontate delle espePIANETA QUATTRO ZAMPE
rienze meravigliose, dalle quali si comprende che il cane si rende conto di ciò che sta vivendo.
Il cane si accorge, insomma, di essere arrivato in una sorta di paradiso, rispetto al luogo in cui stava in precedenza. Sì, lo riconoscono profondamente e si adattano bene sia alla vita con le persone, sia con gli altri animali presenti. Tutt’al più, se ci sono cani molto giovani che vogliono giocare, si cerca di tenerli un po’ distanti. Si corre infatti il rischio che esasperino l’anziano, che PIANETA QUATTRO ZAMPE
magari non vuole giocare più di tanto. È, comunque, un problema gestibile. Bisogna poi anche osservare che, di solito, chi fa questa scelta non ha tanti animali in casa.
Che tipo di persone sono, solitamente, gli “aspiranti proprietari” che scelgono di adottare un cane anziano? La volontà è quella di dare sollievo a un animale sofferente, di aiutarlo in un momento di difficoltà e di accoglierlo nella propria casa. Questo è un grande 83
atto di rispetto che solo alcune speciali riescono a dare. Purtroppo spesso sono stranieri.
Intende dire che gli italiani sono ancora troppo pochi? Sì. In ogni caso, sono sempre persone con un forte orientamento verso gli animali, propense ad alleviare loro il peso della vecchiaia. È facile dire “mi prendo il cane giovane, vado a fare le passeggiate...”. Più difficile è prendersi la responsabilità di un cane anziano e impegnarsi a farlo star bene. Queste persone lo fanno.
Di che tipo di attenzioni necessitano gli animali di cui si prendono cura? L’anziano ha bisogno di una vita normale. Già dargli una vita normale, con la sua routine, è moltissimo. Al di là della solita uscita, della consueta passeggiata in compagnia del proprietario – che già per questi 84
cani è un sogno – queste persone cercano, dopo i primi accertamenti, di individuare i problemi specifici del cane e di risolverli o attenuarli. Se per esempio il cane soffre di artrosi, si individuano gli integratori più utili per le ossa. Se ha problemi cardiaci si procede con le cure appropriate, e via dicendo. L’obiettivo è sempre migliorare la qualità della vita dell’animale.
Per quanto tempo si ha la fortuna, in media, di vivere con questi cani? Un anno o due, non di più.
Da parte delle persone ci vuole quindi anche l’accettazione del fatto che ci si dovrà separare dall’animale in un tempo piuttosto breve. Sì. Ho avuto persone che sono venute da me, hanno richiesto un check up completo per il cane anziano che avevano accolto in casa e dopo un anno circa PIANETA QUATTRO ZAMPE
me li sono visti tornare, con l’animale purtroppo in fin di vita. Se ne sono presi cura fino in fondo, con l’eutanasia assistita in anestesia generale. Anche quest’ultimo è un gesto d’amore, l’hanno fatto addormentare nel modo più corretto, gli hanno regalato una morte dolce.
È un’esperienza che dà molto anche ai proprietari. Un’esperienza meravigliosa. Nei canili italiani ci sono molti animali anziani. Adottarne uno rappresenta un’esperienza positiva anche per i bambini, capace di far nascere in loro una sensibilità particolare.
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Amicizie nate sul lavoro
Amicizie nate sul lavoro Animali da produzione che diventano animali da compagnia. Il veterinario Alberto Briganti ancora una volta con noi per parlarci di una nuova tendenza che arriva dal Nord Europa. E che si sta facendo strada anche in Italia. Sara Chessa
Oche e maialini partecipi della vita familiare, come fossero cani e gatti domestici. Forse è qualcosa di più che una “tendenza del momento”. Dottor Briganti, possiamo parlare di una “nuova cultura”, del superamento di nuove frontiere nel rapporto tra uomo e animali? È qualcosa che nel Nord Europa esiste già da qualche tempo. E anche da noi, adesso, si stanno verificando sempre di più adozioni di animali da produzione. Parlo in special modo dei maialini thailandesi, dei PIANETA QUATTRO ZAMPE
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conigli, degli animali da cortile e dei cosiddetti “polli ornamentali”. In particolare, il maialino, che in America è considerato come un cagnolino, mostra un’intelligenza spettacolare.
Qualcosa che non si sospetta, dalle nostre parti. È evidente che nel nostro paese le adozioni di maialini – quelli che rimangono piccoli – sono ancora realtà limitate, ma già si inizia a vederli comparire nelle fiere agricole, che sono sempre più frequentate da nuclei familiari. Abbiamo spesso padre, madre e figli che vanno a queste fiere di settore, i bambini si appassionano agli animali, rimangono affascinati dalle anatre e dai maialini, comprano i pulcini. Le stesse galline, che vanno a costituire in quella casa il pollaio, vengono acquistate nelle fiere agricole. I bambini poi nella vita di tutti i giorni partecipano, vanno per esempio a raccogliere le uova. È un fenomeno che sta ritornando a interessare la vita delle famiglie, per le quali le galline rappresentano non il solito esemplare da produzione, ma un animale che dà contorno, anche ornamentale rispetto all’ambiente in cui si vive.
Se io ho un’oca o un maialino in casa, mi lego anche emotivamente a questi animali. Diventa difficile poi tornare a concepirli come “cibo”. 90
Affezionandoci a questi animali, di solito allevati a fini alimentari, pensi che “rischiamo” di diventare tutti vegetariani o quasi? Certo. Perché vivendo un’esperienza del genere si coglie la sensibilità e l’intelligenza dell’animale. Così si aprono delle riflessioni su tutto, anche su tutti gli errori commessi fino a ieri. Si sperimenta che tutti gli animali si affezionano e questo è un concetto fondamentale, che fa riflettere e deve aiutarci ad andare verso un’educazione alimentare diversa.
Anche decidendo di continuare a mangiare carne, si diventa comunque più sensibili rispetto alle condizioni in cui questi animali vengono normalmente allevati. Si realizza che si tratta che di animali che danno la vita per darci da vivere. Nei grandi Expo, come quello di Milano 2015, dove l’alimentazione è un tema centrale, bisognerebbe parlare anche di rispetto per gli animali. Soprattutto, bisognerebbe parlare dei maltrattamenti che questi animali subiscono negli allevamenti intensivi: se loro danno la vita per sostenere il nostro fabbisogno alimentare, allora dobbiamo trattarli benissimo. Questo non avviene, vengono in genere maltrattati fino all’ultimo, non parliamo poi del percorso finale, che è ancora più orrendo. Stiamo PIANETA QUATTRO ZAMPE
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parlando degli stessi animali che, nelle famiglie, si comportano come animali da compagnia e che, comunque, hanno tutte le caratteristiche degli animali domestici.
Oltre alle fiere, esistono altri luoghi in cui è possibile acquistarli per strapparli a questo triste destino? Bisognerebbe recarsi negli allevamenti intensivi. È però molto difficile approcciare queste strutture, le fiere agricole rappresentano la migliore occasione. Si possono in alternativa visitare delle strutture zootecniche e chiedere qualche animaletto che può essere portato a casa. C’è un libro molto bello, che raduna i racconti di diciotto adozioni di animali zootecnici. 92
Il titolo è “L’animale ritrovato”, pubblicato da Terra Nuova Edizioni.
Per adottarli servono delle autorizzazioni particolari? Una volta che l’hai preso con te, puoi denunciarlo alla ASL di competenza, come soggetto proveniente da allevamento zootecnico, in maniera tale che anche questi animali possano essere “mappati” in riferimento alle malattie infettive e sottoposti a normali controlli dal veterinario.
Un gatto utilizza la lettiera, un cane può essere portato fuori casa per il “bisognino”. Come funziona invece PIANETA QUATTRO ZAMPE
con questi nuovi animali domestici? Sono animali che si abituano alla vita domestica. Soprattutto il maialino, che può essere portato fuori come un cagnolino ed è molto pulito.
Tra dieci anni, insomma, potrei portare il mio gatto dal veterinario e accorgermi che nella sala d’attesa ci sono più maialini thailandesi che felini domestici e cani. Certo, è possibile. Sempre meglio un animale di questo tipo che un animale esotico, di sicuro. L’animale esotico è strappato alla natura. Dobbiamo imparare a convivere con gli animali con grande rispetto. PIANETA QUATTRO ZAMPE
Cosa fanno in casa un’oca, un coniglio o un maialino? Come trascorrono il loro tempo? L’ideale è la classica casa di campagna, con la formula dentro/fuori. Loro possono cioè andare all’esterno e all’interno. Quando entrano all’interno, alla sera, si mettono addirittura a dormire accanto al divano o in qualche altro angolo della casa, come cagnolini. Non stanno tutto il giorno in casa, vivono con il proprietario nei momenti di relax, condividono alcuni frangenti della vita familiare e nel resto della giornata abitano il giardino. La situazione migliore è dunque quella della casa con cortile.
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