Un frammento alchemico in volgare siciliano medievale

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M E D I O E VO L E TT E R A R I O D ’ I TA L I A


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M E D I O E VO LETTERARIO D ’ I TA L I A r i v i sta i n t e r na z i ona l e d i f i lo lo g i a , l i n g u i st i c a e l ett e r at u r a a n i n t e r nat i ona l j o u r na l o f ph i lo lo g y, l i n g u i st i c s a n d l i t e r at u r e 3 · 2006

p i s a · ro m a fa b r i z i o s e r r a · e d i t o r e mmvii


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SOMMARIO Giovanna Frosini, Fra donne, demoni e papere. Motivi narrativi e trame testuali a confronto nella Storia di Barlaam e Iosafas, nel Novellino e nel Decameron Sandro Orlando, Da Francesca a Beatrice : una nuova lettura di Inferno v Alessandro Vettori, Matelda, ovvero l’armonia ritrovata Wolfgang Schweickard, « Burgari, Rossi e Bracchi ». Toponimi ed etnici nel Dittamondo di Fazio degli Uberti Giovanni Borriero, La tradizione delle rime di Antonio degli Alberti (ii) Stefano Rapisarda, Un frammento alchemico in volgare siciliano medievale (ms. Pal. 945 della Biblioteca Nazionale di Firenze)

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Abstracts

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Indice dei nomi Indice dei manoscritti Indice degli incipit

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9 37 6 77 89


UN FRAMMENTO ALCHEMICO IN VOLGARE SICILIANO MEDIEVALE (ms. pal. 945 della biblioteca nazionale di firenze) * Stefano Rapisarda

I

l ms. Firenze, Biblioteca Nazionale, Palatino 945 reca alle cc. 45-46 un fram-mento di testo alchemico in volgare siciliano medievale. Il frammento è descritto e catalogato ne I ricettari del Fondo Palatino della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Inventario,  ma era finora sfuggito all’attenzione dei filologi. Inserito in un codice miscellaneo contenente testi di materia magico-alchemica di diversa provenienza, è un testo di notevole rarità, anzi di una rarità che potremmo definire doppia : primo, per essere in volgare piuttosto che in latino ; secondo, per essere in volgare siciliano, lingua nella quale l’attestazione di testi scientifici è per il Medioevo tutt’altro che abbondante. 2 Nonostante la scarsità di testi sopravvissuti, le scienze sceniche ebbero probabilmente in Sicilia una notevole diffusione. Oltre che dal noto manoscritto alchemico appartenuto alla nobile famiglia degli Speciale e studiato da Isidoro Carini 3 (attuale Palermo, Biblioteca Comunale 4 Qq A0), da vari indizi sparsi è possibile ipotizzare l’esistenza di una consolidata tradizione alchemica siciliana ; il sopracitato 4 Qq A0, del 320 circa, è uno dei più importanti testimoni dell’Ars alchemie di Michele Scoto e parrebbe riportarne il testo migliore, « closest to Michael », secondo l’editore Harrison Thomas ; 4 uno dei trattati di materia alchemica del ms. Berna, Stadtbibliothek B 44, studiato da Lynn Thorndike, parrebbe ascrivibile a un traduttore siciliano (« Quoniam de opere alchemie quo philosophi doctissimi in insula Cecilie sudaverunt tractare disposuimus… ») ; 5 un trattato sulla pietra filosofale sarebbe stato prodotto in ambiente siciliano da un magistro Petro Urseti per Giacomo (d’Aragona) ‘regni Trinaclie’ ; 6 un alchimista ebreo che porta il nome di magister Jacob avrebbe esercitato la sua attività nella città di Catania, ancora secondo l’Ars alchemie dello Scoto ; 7 ancora, il manoscritto Mellon 0 della Yale University-Beinecke Library di New * Questo lavoro si inserisce all’interno del prin 2005 “Censimento, Archivo e Studio dei Volgarizzamenti Italiani (casvi)” che vede coinvolte le università di Lecce (responsabile R. Coluccia), della Basilicata (responsabile R. Librandi), di Catania (responsabile M. Spampinato), di Siena-Università per Stranieri (responsabile C. Ciociola) e di Torino (responsabile A. Vitale Brovarone). Ringrazio Michela Pereira, impareggiabile conoscitrice di testi alchemici, per i preziosi consigli che mi ha fornito nel corso del lavoro e Nunzia Giulio per la diligente revisione della trascrizione. Mia è ovviamente la responsabilità di eventuali errori o di omissioni nell’edizione e nel commento.  A cura di G. Pomaro, Milano, Giunta Regionale Toscana-Editrice Bibliografica, 99, pp. 4-44, 2 Mi permetto di rinviare al mio S. Rapisarda, Breve repertorio bibliografico dei testi di materia scientifica in volgare siciliano medievale, « Siculorum Gymnasium », liii (2000), Studi in onore di Bruno Panvini, promossi da M. Pagano, A. Pioletti, F. Salmeri, M. Spampinato, a cura di G. Lalomia, pp. 46-48. 3 I. Carini, Sulle scienze occulte nel Medioevo e sopra un codice della famiglia Speciale, « Rivista sicula », vii (872), pp. -63, 30-82 e 465-490 (ristampa anastatica Forni, Bologna 983). 4 Edizione in S. Harrison Thomson, The Texts of Michael Scot’s ‘Ars Alchemie’, « Osiris », 5 (938), pp. 523559 ; la citazione a p. 524. 5 In Two More Alchemical Manuscripts, « Speculum », 2 (937) p. 37. 6 In S. Harrison Thomson, The Texts of Michael Scot’s ‘Ars Alchemie’, cit., p. 528. 7 « Et ego vidi istam operacionem fieri apud Cartanam a magistero Jacobo iudeo et ego postea multo-


138 stefano rapisarda Haven (Connecticut) è una miscellanea di materia alchemica proveniente dall’Italia meridionale o più probabilmente dalla Sicilia, come testimonia un’interessante terzina di versi in volgare siciliano medievale : « Di alkimia non sarai guidenti | si non farai lu sulfuri blancu non andurenti | et pinitranti fixu et fundenti ».  Inoltre, numerose ricette alchemiche si trovavano nel ms. oggi Palermo, Biblioteca Centrale della Regionale Siciliana, I.E.6, proveniente dalla biblioteca benedettina di S. Martino delle Scale ; queste ricette sono oggi perdute perché contenute in una porzione del manoscritto che è stata lacerata, ma sono ricostruibili grazie all’indice che fortunatamente sopravvive : si tratta di ricette relative alla « Purgatio Saturni », « Ad dulcificandum metalla », « Ad congelandum », alla « Rubificatio mercurii, aqua fortis », ecc. e forse del testo intero del De quinta essentia di Giovanni di Rupescissa (sec. xiv, ii metà). 2 Si osservi infine che un Liber de quinta essentia è registrato nell’inventario di un magister palermitano, Nicola de Rabuazio, che risulta anche proprietario di un alambicco. 3 Il ms. da cui il frammento deriva è pergamenaceo, di medio formato, specchio di pagina regolare con scrittura ben allineata, 32 righe circa per foglio, qualche annotazione al margine con messa in evidenza del numero progressivo della ricetta, qualche richiamo al contenuto, come ‘Cerusa’ a c. 45v o ‘Ad incalchinari omni mitallu’ a c. 46v. Per quanto il testo di partenza non sia identificabile, è assai probabile che si tratti di un volgarizzamento piuttosto che di un testo originale. Ciò porterebbe a una datazione approssimativa al terzo quarto del sec. xv, termine cronologico al quale parrebbero più o meno riconducibili le più antiche traduzioni in volgare di testi di materia alchemica. 4 Il testo è di non facile decifrazione per le numerose criptografie e per l’uso di termini allegorico-chimici quali Saturnus e Iuppiter rispettivamente per plumbum e stagnum, Sole per aurum, Luna per argentum, secondo la più diffusa tradizione alchemica. Basterà citare ancora una volta l’Ars alchemie di Michele Scoto : 5 Sol, id est aurum, est calidus et siccus in quarto grado. Luna, id est argentum, frigida et humida in quarto gradu. Mars, id est ferrum, calidus et siccus in quarto gradu et habet calorem aud ustum. Mercurius, id est argentum vivum, calidus cum calidis, frigidus cum frigidis, et ideo variabilis. Iupiter, id est stagnum, frigidus et humidus in tercio gradu. Venus. id est cuprum, calidus et humidus temperate. Saturnus, id est plumbum, frigidus et siccus et habet aspectum supra plumbum. Ista eciam sunt firmata et aligata quatuor elementis et iuxta proprietates elementorum sumuntur proprietates in planetis et signis eorum et quam naturam habent planete. ciens probavi », ivi, p. 544 ripreso da R. Halleux, L’alchimia, in Federico II e le scienze, a cura di P. Toubert e A. Paravicini Bagliani, Palermo, Sellerio, 994, vol. ii, p. 55.  Vd. ancora Breve repertorio bibliografico dei testi di materia scientifica in volgare siciliano medievale, cit., p. 48. 2 Per la descrizione del ms. e l’edizione dell’indice, vd. P. Cherubini, Lapidari, virtù terapeutiche di pietre, piante e animali, scongiuri in un codice medico-alchemico tardo-medievale a Palermo, « Pan. Studi del Dipartimento di Civiltà Euro-Mediterranee e di Studi Classici, Cristiani, Bizantini, Medievali, Umanistici dell’Università degli Studi di Palermo », Miscellanea di studi in memoria di Cataldo Roccaro, 8-9 (200), pp. 0-45 e Idem, Cultura medica pratica e scrittura alla fine del Medioevo a Palermo, « Scrittura e civiltà », xxv (200), pp. 20-222. 3 H. Bresc, Les livres et la culture à Palerme sous Alphonse le Magnanime, in Mèlanges d’Archeologie et d’Historie, 8 (969), p. 345. 4 M. Pereira, Alchemy and the Use of Vernacular Languages in the Late Middle Ages, « Speculum » 74 (999), pp. 336-356. Quali che siano le cause che inducono l’avvio di processi di volgarizzazione di testi alchemici, sulle quali si intrattiene la Pereira discutendo anche ipotesi precedentemente elaborate da Robert Halleux (ivi, p. 34), e considerando che i più antichi testi a tutt’oggi identificati in volgare italiano sono la Sommetta e Violetta di Cristoforo da Parigi, databili al 470 circa (ivi, p. 340), e che approssimativamente coevo parrebbe il volgarizzamento di Pietro Bono da Ferrara, Preziosa Margarita Novella, a cura di Chiara Crisciani, Firenze, La Nuova Italia, 976, il frammento siciliano, per quanto non databile con esattezza, parrebbe costituire un’attestazione di rilevante antichità nell’ambito di questi processi. 5 S. Harrison Thomson, The Texts of Michael Scot’s ‘Ars Alchemie’, cit., p. 534.


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Non è chiara nemmeno la decifrazione di alcuni numeri arabi presenti nel testo : alcuni parrebbero molto simili alle cifre arabe ‘orientali’ (il 7 ad esempio, in arabo .∧. e così nostro frammento), altre alle cifre arabe ‘occidentalizzate’ (il 2 ad esempio, così nel nostro frammento, ma in arabo).  Si scioglie convenzionalmente con [unc].z.[i] il segno abbreviato a forma di zeta o di tre che, nei ricettari medievale siciliani come il Tesaurus pauperum, assume generalmente questa forma, alternandosi eventualmente con unci, ove risulti scritto per esteso, come peraltro confermato dalle edizioni e dal corpus tlio. Quanto ai criteri di edizione, ci siamo limitati a introdurre punteggiatura e maiuscole secondo l’uso moderno, <j> è stato omogeneizzato con <i> laddove non avesse valore grafematico, la nota tironiana è stata sciolta in et ; le integrazioni che consideriamo non problematiche sono state segnalate tra parentesi quadre; tra cruces le lezioni che non ci paiono risolte in maniera soddisfacente; tra parentesi tonde osservazioni di tipo filologico o paleografico; delle abbreviazioni con titulus si è reso conto con il corsivo ; per chiarezza del lettore la pagina è stata suddivisa in a capo ed è stata introdotta la numerazione delle ricette. Infine, stata mantenuta la coesistenza originale tra numeri arabi e numeri latini nel testo, che potrebbe servire, eventualmente, agli storici dei sistemi di numerazione. Testo critico . ∧.

/c. 45r/ [] et di kisti di li .9. sindi avi parlatu di supra. Resta a parlari in kistu ultimu capitulu di lu plumbu et di lu stagnu. [2] Et in prima nota ki l’aqua di lu Saturnu si conteni in lu capitulu di l’aqua (aqua ripetuto due volte per errore) .46. et .4∧. Ancora per l’oglu di lu Saturnu cherca di supra in lu capitulu .4. [3] Preparacioni di .2. plumbi : fundi qualunqua ca voi di plumbi et amortalu in l’aqua di lu sali idest armoniacu et sirrà ben fattu oy in l’aqua di la cauchi viva et amortalu .∧. * vouti et sirrà perfettu. [4] Calchinationi di Saturnu : fundi Saturnu et mettinchi dintru sali marinu unu pocu preparatu et tritu et minalu cum lu ferru tantu ki tu lu vigi turnatu in pulviri la quali poi la lava per lu sali. [5] Si tu vurrai rimoviri lu striduri di Saturnu oy di Jovis, kistu vurrai fari miscandulu cum lu blancu di l’ovu et spissi fiati lu fundi et omni fiata lu impasta cum lu dittu blancu di l’ovu et richipirà blankiza et canduri di Luna et poi lu amorta plui fiati in latti friscu et sirrà perfectu senza striduri. [6] Preparacioni di plumbu oy stagnu arsu : prindi plumbu oy stagnu et fundilu et gettanchi la scuma et poi chi getta di supra pichi navali ki sia grossa .j. digitu et mina beni cum .j. bastuni et cussì lassa stari un pocu a lu focu et poi sindi getta la pichi et mettinchi cauchi viva nova ben fatta et fa’ comu fachisti di la pichi, poi chi metti pulviri di nitru et fa’ comu fachisti di la pichi et di la cauchi, et sirrà per kistu modu optimamenti purgatu ; poi la lava cum aqua tepida et mettilu a sucari et poi lu pisa et fundi tantu di sali comuni nettu et cum kistu in la chira lu dittu plumbu et mina beni supra la marmura et mettila a .ssiccari et kistu fa’ tanti fiati per fin ki richipa tuttu lu sali ; l’ultima vouta lu sicca et  Sulla problematica paleografica dei numeri arabi si vedano, pur in altra prospettiva, alcuni utili spunti offerti da P. Cherubini, Il numero come elemento di disturbo. Ipotesi sull’evoluzione della mercantesca, in Lo scaffale della biblioteca scientifica in volgare (Atti del Convegno, Matera, 4-5 ottobre 2004), « Micrologus’ Library », a cura di R. Librandi e R. Piro, Firenze, Sismel-Edizioni del Galluzzo, 2006, pp. 33-339.


140 stefano rapisarda mettilu in una pignata nova per .j. notti in la furnachi la sira, et la matina sindi lu tragi et lavalu beni cum aqua dulchi in per zò ki lu sali sindi parta et cussì havirai cauchi di plumbu perfetta et cussì purrai fari lu stagnu. [7] Ancora, lu plumbu si purga cussì : fundilu in .j. taza di ferro et distilla l’aqua di lu sali comuni disligatu ; in la quali aqua l’ammorta /c. 45v/ in lu grisolu in .2. oy .3. fusioni, di poi lu amorta in lu achitu fortissimu in lu quali sia dissouta la terza parti di sali et fundilu †ill. per macchia† in primu ; per .∧. fiati lu amorta et cussì li livirai et infirmitati ki è la nigriza et la velochi fusioni et cussì si fa blancu et duru. [8] Ancora, si purga cussì : amortalu fusu in l’aqua fridda .3. fiati et poi .3. fiati in l’oglu comuni. [9] Ancora, lu plumbu et (soprascritto a oy cancellato) lu stagnu si purga cussì : amortalu primu una volta in la cauchi et .j. vouta in la chinniri, poi supra .j. libra di kistu fusu metti [unc].z.[i] .2. di ar[senicu] oy di sulfaru sullimatu sicundu ki voi fari la tintura blanca oy russa, sempri minandu cum .j. bastuni di ficu oy di palma ; poi prindi lu achitu fortissimu et illa distilla cum lu sali comuni, sikì lu sali sia la terza parti di lu achitu et poi lu lassa stari per .j. jornu ; poi lu cula diligentimenti et cum ipsu abivira a pocu a pocu supra di lu porfidu et poi kisti pulviri li disicca in .i. taza di ferru et movili senpri cum .j. lignu di ficu ; poi lu lava cum aqua dulchi et, lavatu, lu sicca a lu suli cupertu cum pannu suttili et poi lu metti in .j. pignata cauda opturata et mettila in la furnachi di li pignati et truvirailu blancu comu nivi et pisanti comu auru. [0] Ancora, in altru modu si fa cussì : purgalu comu in prima, fundilu in la cauchi viva, poi in la chinniri et fusu in la taza di ferru ad libra .j. di plumbu metti [unc].z.[i] .2. di ar[senicu] oy di sulfaru preparatu minandu cum .j. bastuni di ficu et poi lu tragi et mina beni poi lu trita, ki †lei ?†amenti si trita, et prindi tantu di lu achitu quantu fu lu plumbu et disligalu la mitati di sali comuni tritu et coptu et †…† idest alumi blancu et tartaru ana et lassali beni insenbli disligari et cunservala et di kistu abivira lu plumbu a gutta a gutta et a pocu a pocu minandu cum lu bastuni di la ficu et farrassi optima cerusa. [] Di fari la cerusa. Et di la (ripetuto per errore) l’altru modu di fari la cerusa dirrollu in lu sicundu libru. [2] Ancora, la cerusa si fa cussì : prindi plumbu oy stagnu et in primu lu getta in la colofonia trita et poi dalli zò : aiungindi di lu aurupumentu sullimatu et pulvirizatu in taza di ferru .2. oy .3. fiati et sirrà cerusa. [3] Ancora, si fa cussì : prindi cerusa di Genua di la quali dirrò di sutta et misca beni cum l’oglu comuni quandu /c. 46r/ lu sali lu quali stai di supra et muntirannu di supra tutti li humiditati et distillirassi et cum kista aqua dissolvirai omni cosa ki tu vurrai misu in lu vaxellu vitriatu in lentu focu. [4] Aqua di sorbi. Aqua .xxxvj. di sorba : prindi sorbi quantu voi in lu tempu ki sunnu acherbi et pistali beni cum lu achitu russu, poi li spremi beni per unu pannu, poi chi jungi [unc].z.[i] .j. di achitu russu a la feza et fa comu primu in però ki è meglu dipuratu et claru et cussì fa vouti 4 et poi lu chudi cum oglu lavatu et lassalu stari per iorni 0 zo è ki chi getti l’oglu di supra et poi lu distilla .j. fiata et sirrà claru et russu et salvalu in per zo ki multu vali a lu Suli in unu di li ritinaculi per la sua grandi acherbitati.


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[5] Aqua di puma salvagi. Aqua .xxxvij. di puma salvagi : prindi di illi quantu voi in lu tempu ki su acherbi et pistali forti cum lu achitu di lu vinu dulchi in per zò ki plui tostu si sclarirà et per la suttilitati di lu achitu multu crixirà lu culuri russu, poi lu cula per unu saccu a modu di lixia et lassalu riposari fini ki sia ben claru, poi lu cula et agi sullicitudini ki sia claru et russu ma si alcuna turburitati tu chi vidi non tindi curari, ki non nochi, poi lu chudi cum l’oglu lavatu et lassa stari per iorni 2 a zò ki la feza si poza in lu fundu meglu risidiri et poi una fiata lu distilla per filtru azò ki sia beni claru et russu et kista aqua è multa hodorifera et vali a lu Suli et è unu di li ritinaculi per la sua acherbitati et achitusitati. [6] Aqua ‘antingrivar’ Aqua .xxxviij. ki è chamata ‘antingrivar’, zo è ‘aqua di tutti li sali’ et è aqua di multu guadagnari et li ditti sali in primu si divinu preparari et poi riduchirili in l’aqua pura et kista aqua congela lu m[ercuriu] in la quali aqua, si tu cuchirai cubrilium idest sulfaru, divintirà blancu et sinchi cuchirai lu arsenicu si sullimirà. L’aqua cussì si fa : prindi sali ar[moniacu], sali nitru, sali comuni (sali di nitru zo è alcali) di chasquidunu libre .3. et [unc].z.[i] 4. di meli coptu et scumatu [on].z.[e] .6. di seru achitusu distillatu .9. volti per pannu, [unc].z.[i] .9. di urina di garzuni di anni 2 et omni cosa misca insembli et poi lu metti a dissolviri sutta la fumeri per iorni .2. poi lu cungela supra la chinniri cauda per .j. iornu cum la cucurbita discuperta poi la dissolvi supra lu fumeri da capu et kista aqua è cunfetta et mettila in l’anpulla et salvala et cum kista aqua si cungela lu m[ercuriu] senza sullimacioni et murtificacioni si tu /c.46v/ punirai lu m[ercuriu] in lu grisolu et scalfalu a lu focu et quandu sirrà scalfatu assai per modu ki non fuya et tu gepta di supra di lu m[ercuriu] .3. gutti di kista aqua. Ancora, kista aqua muta la rami in blankiza et cum ipsa purrai dissolviri omni corpu et spiritu per sullimacioni mirabili et per l’acuitati et miscanza di tutti li sali. Ancora, vali a lu Suli si lu corpu sirrà preparatu a lu Suli oy si voi a Lluna sirrà preparatu a Lluna. [7] Ad innaurari zò ki voi. Aqua .xxxviiij. la quali vali ad innaurari zò ki voi prindi ars[enicu] chitrinu et pistalu beni forti, di poi prindi zafarano quantu la quinta parti di lu arsenicu zò è aurupumentu, et pistali et miscali insenbli et junginchi unu pocu di russu di ovu, poi prindi colla di pixi et dissolvila in aqua et abivira killa opera a modu di culuri di scriviri et poi innaura zò ki voi. [8] Aqua ki dà pisu a la Luna. Aqua .xl. la quali dà pisu a la Luna ki non avissi pisu. Prindi scorchi di ova et fandi cauchi per li sali ar[monicu] parti .2. et kisti .2. impasta insenbli et mettili in unu vaxellu di vitru allocu humidu et in dui iorni si farrà aqua la quali .3. fiati cula per filtru et poi prindi Luna ki non avi pisu et scalfala in lu focu et .3. fiati la amorta in la dicta aqua et crixirà lu pisu. [9] A ·ppariri opera nova vecha. Aqua .xlj. la quali fa appariri una opera nova essiri vecha. Prindi sulfaru vivu, vitriolu cum virdirami ana et tutti beni pulviriza et miscali insenbli cum lu forti achitu ru[ssu] et cussì la lassa per unu iornu †naturali† et in kista mistura mitti l’opera nova, si voi ki parà vecha. [20] Aqua di m[ercuriu] Aqua .xlij. la quali si chama aqua di m[ercuriu] cum la quali si calchinanu tutti li corpi.


142 stefano rapisarda Dissolvi lu euforbiu per unu iornu et una notti et poi fa bugliri lu m[ercuriu] crudu in kissa aqua et movi beni freque[ntimenti] beni cum unu bastuni et murtifi kirassj di poi metti lu dictu m[ercuriu] cum la dicta aqua sutta fumeri caudu et tuttu si cunvirtirà in aqua cum la quali purrai calchinari lamina di chasquidunu mitallu si di supra la lamina chi gittarai di kista aqua ad mollificari. [2] Aqua .xliij. dissolvitiva et mullificativa. Prindi cauchi di ova et dissolvila cum lu sali ar[monicu] et kista aqua fa dissolviri et mollifica omni corpu et ritenpera omni spiritu. Note -9. Si parla principalmente di piombo (Saturnu) e occasionalmente, e sempre all’interno del discorso sul piombo, di stagno (Jovis). La calcinazione del piombo poteva servire per la fabbricazione del vetro, vd. ad esempio Ps. Eraclio, iii.8 : ‘Quomodo efficitur vitrum de plumbo […]. – Accipe plumbum optimum et nitidum […] et arde in ignem usque quod pulvis est’, in Eraclio, I colori e le arti dei romani (e la compilazione pseudo-eracliana), Introduzione, testo latino e traduzione, commentario a cura di Chiara Garzya Romano, Bologna, il Mulino, 996, p. 8. – marmura : se l’autore cita il marmo vuol dire che il composto non è particolarmente duro da lavorare ; solitamente, per operare su materiali non particolarmente duri si utilizzava infatti come piano di lavoro una lastra di pietra levigata come il serpentino o il marmo ; se il materiale da tritare era più duro andava usato il porfido, che, come scrive Cennini nel Libro dell’arte, xxxvi, « è pietra forte e ·fferma » in Cennino Cennini, Il libro dell’arte, a cura di F. Frezzato, Prefazione di G. Bonsanti, Vicenza, Neri Pozza Editore, 2003, p. 88, e si noti infatti che più sotto, a 9, il porfidu è esplicitamente citato ; se il materiale da tritare è ancora più duro è opportuno usare il mortaio di bronzo. 3. È una ricetta che potrebbe servire a falsificare il piombo, rendendolo simile all’argento, come la (ben più complessa proceduralmente) « Haec est operatio cum qua duo plumba dealbantur iterum (et videntur) argentum », in Julius Ruska, Pseudo-Epigraphe Rasis Schriften, « Osiris », 7 (939), p. 55 -- lu sali * idest armoniacu : lo stesso modo di segnare il sale di ammonio si ha nel Codice Speciale, anche lì con una sorta di asterisco glossato al margine, in I. Carini, Sulle scienze occulte nel Medioevo…, cit., p. 67. I sali nella tradizione alchemica sono 7 : « Sal armonicum qui fit de sanguine hominis et sale communis ut postea plenius declarabimus. Sal gemma qui est coloris cristallini et fit ex sale alkali et sale communi et aqua maris vel salsa ut dicemus inferius. Sal nitrum qui fit ex sale gemma et sale alkali. Sal calcis qui fit ex sale nigro et sale alembroc et fit de 7 herbarum succis. Sal communis qui fit de aqua maris sive salsa. Sal alkali qui fit ex sale nitro bene trito et isto sale utuntur vitriarii quia per ipsum operantur in fusione vitri. Sal alembroc qui fit ut diximus ex 7 herbarum succis », in Lynn Thorndike, Seven Salts of Hermes, « Isis », 4 (930), pp. 87-88 ; nel frammento siciliano ne sono citati solo 4, il sali armonicu, il sali marinu, il sali comuni e il sali nitru. 7. grisolu: qui e passim ‘crogiolo’. 9. porfidu : vuol dire che il composto presenta una certa durezza, vd. sopra nota . 0-3. Le ricette sono accomunate da un dato contenutistico, la preparazione della tintura blanca o rossa vale a dire la cerusa, detta anche biacca, e minio rosso : sono, con variazioni procedurali o innovazioni, abbastanza simili alla iii,36 dello Pseudo-Eraclio : « Quomodo fit cerusa, et de ipsa rubeum minium. – Si vis facere rubeum minium, vel etiam album, qui cerusa dicitur, accipe laminas plumbeas, et mitte in ollam novam, et sic imple illam ollam fortissimo aceto, et cooperi, et mitte in aliquo calido loco, et sic uno mense dimitte ; et tunc aperies ollam, et quod invenieris in circuitu laminarum plumbearum mitte in alia ollam, et pone super ignem, et semper movebis ipsum colorem, donec efficiatur albus sicut nix, et tunc tolles ab igne, et sumes de ipso colore quantum vis, et iste color vocatus cerusa ; reliquam partem pone super ignem, et semper movebis donec efficiatur rubeum minium. Propterea moneo ut moveas, quod si non moveris, semper iterum vertetur in album plumbum, et sic tolle ab igne, et ipsam ollam dimitte refrigerari », in Eraclio, I colori dei Romani, cit., p. 23 ; era in pratica l’unico bianco conosciuto nel Medioevo,


un frammento alchemico in volgare siciliano medievale

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il carbonato basico di piombo, ottenuto con varie tecniche ma soprattutto facendo attaccare il piombo dall’aceto. Nel Thesaurus pauperum è detto chiraso o blankectu e ha usi terapeutici, vd. Il « Thesaurus pauperum » in volgare siciliano, a cura di S. Rapisarda, Palermo, Centro di Studi Filologici e Linguistici Siciliani, 2002, p. 87 : « Unguentu probatissimu a mali di gamba » e p. 0 in ambito ippiatrico : « A cavallu infusu ». 3. cerusa di Genua : non mi risultano notizie su questo tipo di cerusa, ma ne rimane probabilmente una traccia nel toponimo di Val Cerusa, nel territorio di Voltri (ge), nota per le manifatture di carta a partire dal xv secolo. 4-2. Assai diffusi nella trattatistica alchemica i Libri aquarum, come ad esempio i mss. del Liber xii aquarum censiti in Pearl Kibre, Alchemical Writings Ascribed to Albertus Magnus, « Speculum », 7 (942), pp. 504-05. Qui le ricette delle varie aque sono estrapolate, a giudicare dalla numerazione interna, da un più ampio catalogo. 4. Sono acque di frutta ma utili ad agire sul Sole, cioè sull’oro. L’acqua di sorba è utilizzata come ‘acqua costrittiva’ nei procedimenti mirati ad aumentare il peso dei metalli, ad esempio : « Cum ergo pondus volueris augere corporibus, calcem ipsorum aquis acutissimis fortissime, imbibis et incerabis ex eis qui constrictive sunt, ut ex aquis sorbarum et prunorum et pomorum silvestrium », in Ead., An Alchemical Tract Attributed to Albertus Magnus, « Isis », 35 (944), p. 33. 5. L’Aqua di puma salvagi del testo siciliano è l’aqua pomorum silverstrium, ibid. 6. Ancora aque. I procedimenti sono quelli più comuni nella tradizione alchemica : « Postea infusum pone in ampullam vitream orificio bene clauso, et predictam ampullam in fumo equino repone calido per vii dies vel xvi, ut simul dissoluantur et fiat ad modum unguenti liquidum fumum de vii in septimun diem renouando post in mediate a fumo extactum in cucurbita repone vitrea aut vitreata, alembico subposito iuncturis » in Dorothea Waley Singer, Michael Scot and Alchemy, « Isis » 3 (929), p. 2. 7. Nei ricettari sono sempre numerose le ricette per la doratura o per la produzione di finto oro ; per esempio in Eraclio e nella continuazione cosiddetta dello Pseudo-Eraclio si vedano la iii, 3 De deauratura [petule stagni], iii, 4 Deauratura quomodo fit, la iii, 5 : Quomodo dearatur aes, vel auricalcum, vel argentum ; la iii, 6 Quomodo dearatur auricalcum ; la iii,7 e 8 Quomodo ferrum. Questa del frammento siciliano è utile a dorare vari metalli, ma parrebbe anche potersi utilizzare a produrre o un giallo oro di origine vegetale come qui testimonia la preseza dello zafferano o un inchiostro per scrivere a oro su pergamena. L’auripigmentum è un minerale di colore rosso-giallo derivato dall’arsenico, come anche questa ricetta sottolinea. 8 Per rendere pesante la Luna, cioè l’argento. Diffusi i procedimenti per la alterazione del peso dei metalli ; per esempio in D. Bommarito, Il ms. 25 della Newberry Library. La tradizione dei ricettari e trattati sui colori nel Medioevo e Rinascimento veneto e toscano, « La Bibliofilía », lxxxvii, 985, pp. 35-36 una ricetta di un’« Aqua que dat pondus floreno », cioè un’acqua per accrescere il peso dei metalli nobili. 9 Ricetta per invecchiare un manufatto, probabilmente in procedimenti di contraffazione e falsificazione, come la 7 e 8, e forse le 4-7. 20-2. Ancora due aque. La prima serve alla calcinazione dei metalli, cioè alla purificazione tramite combustione dei residui, e ha per ingredienti principali il mercurio e l’euforbio; quest’ultimo si presenta probabilmente nella forma di una gomma-resina, derivante dall’euforbio-vegetale, che modificandosi produce un succo caustico e corrosivo che si condensa in particelle friabili; la ricetta siciliana presenta una procedura abbastanza simile a quella della calcinazione del mercurio (“calcinatio mercurii”) che si trova in Rasis, De aluminibus et salibus, in R. Steele, Practical Chemistry in the Twelfth Century, “Isis”, 2 (929), p. 27 e ora in Alchimia. I testi della tradizione occidentale, a cura e con un saggio introduttivo di Michela Pereira, Mondadori, Milano 2006, p. 288. L’altra è un’acqua ‘mollificativa’ a base di guscio d’uovo ridotto in calce (cauchi di ova) e sciolto in sale ammonico, ‘sali ar[monicu]’, citato oltre che qui, anche a 3, 5, 7; si ricordi che la calce si ottiene sottoponendo a cottura dei materiali contenenti carbonati di calcio. -- fumeri caudu:


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stefano rapisarda

‘letame caldo’, riscaldamento tramite copertura con escrementi di animale, tali da garantire una calore basso e costante. -- spiritu: nella tradizione alchemica lo spirito è il vapore prodotto dalla sublimazione; gli spiriti sono tradizionalmente 4, ma con variazioni da testo a testo; per esempio nell’Ars alchemie di Michele Scoto il sal armoniacum è annoverato tra gli spiriti, mentre altrove (v. nota 3, tra i sali): Sunt autem quatuor spiritus: sulphur, arsenicum, sal armoniacum, argentum vivum, in S. Harrison Thomson, The Texts of Michael Scot’s ‘Ars Alchemie’, cit., p. 534.


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Giugno  (cz2/fg13)

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