Il ‘Ricettario di cucina’ di San Martino delle Scale (Palermo, Biblioteca Comunale)

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CENTRO DI STUDI FILOLOGICI E LINGUISTICI SICILIANI Presidente del Consiglio Direttivo: ANTONINO BUTTITTA

BOLLETTINO diretto da

GAETANA MARIA RINALDI

Iscrizione in data 9 marzo 1955 al n. 3 del Registro Periodici del Tribunale di Palermo Direzione e redazione: via Pignatelli Aragona 86, 90141 Palermo tel./fax 091 580232 e-mail: csfls@tiscali.it


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PALERMO 2007


Volume pubblicato con il contributo dell’Assessorato dei Beni Culturali Ambientali e della Pubblica Istruzione della Regione Sicilia e della Fondazione Ignazio Buttitta

ISSN 0577-277X

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CENTRO DI STUDI FILOLOGICI E LINGUISTICI SICILIANI

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PALERMO


IL «RICETTARIO DI CUCINA» DI SAN MARTINO DELLE SCALE (PALERMO, BIBLIOTECA COMUNALE, 3QQB151). EDIZIONE E STUDIO*

1. Descrizione del manoscritto Tra i manoscritti della Biblioteca Comunale di Palermo censiti da Gioacchino Di Marzo, il 3QqB151 reca una miscellanea fattizia e caotica di testi di diversa origine e datazione: tavole astronomiche, un trattato De’ nei, come segni dell’indole e della sorte di chi ne tiene, testi giuridici, costituzioni conventuali, genealogie di illustri famiglie siciliane, una Relazione della venuta in Palermo di Don Giovanni D’Austria in febbraio del 1572, testi relativi al «tribunale dell’Inquisizione in Palermo», un trattato sugli «alberi fruttiferi e loro coltivazione», tavole geografiche, orazioni funebri, ecc.; tra gli altri, un ricettario di cucina che il Di Marzo data al «secolo XVII o XVIII» e che risulta ancora inedito, nonostante l’interesse della materia e la rarità di questo tipo di documenti, e in ambiente siciliano in particolare1. Quello della storia della gastronomia e dell’alimentazione in Sicilia è un ambito nel quale varie iniziative sono state recentemente intraprese, e ci riferiamo, ad esempio, agli spogli archivistici sull’alimentazione negli isti* Questo studio è stato realizzato congiuntamente dai curatori, e l’intersezione delle diverse competenze è stata alla base del metodo di lavoro. Tuttavia, ragioni di ‘burocrazia della ricerca’ impongono la precisa individuazione dei rispettivi ruoli: a Carmelo Spadaro di Passanitello va ascritta l’ideazione del lavoro e la cura della parte storico-gastronomica (§§ 2); Stefano Rapisarda ha curato il coordinamento esecutivo, l’edizione del testo e gli annessi editoriali (§§ 1, 3, 4); Pasquale Musso ha realizzato il glossario. Inutile ribadire che nel corso della stesura i materiali provvisori hanno ripetutamente circolato tra le mani di tutti e tre i curatori. Un ringraziamento speciale va a Gabriella Conti Nibali per l’intelligente e accurata revisione editoriale del lavoro, che ha permesso di sanare non poche mende. 1 G. Di Marzo, I manoscritti della Biblioteca Comunale di Palermo, vol. III, Virzì, Palermo 1878, p. 68.


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tuti monastici nel XVIII secolo, e alla mostra di documenti su stili e consumi alimentari delle Case monastiche maschili e femminili in Catania nel XVIII secolo2 e che tuttavia in termini documentari non hanno fruttato ulteriori ritrovamenti. Quanto ai testi, è recentissima l’edizione di alcune ricette di cucina, tràdite in un codice di farmacopea della prima metà del Cinquecento conservato nella Biblioteca Comunale di Palermo alla segnatura 2Qq D122, che rappresentano a tutt’oggi la più antica attestazione di testi culinari in siciliano3. Un’interessante scoperta, o meglio riscoperta dato che il codice era regolarmente censito nei cataloghi, si è invece avuta presso la Biblioteca Nazionale di Malta a La Valletta, che ospita un significativo documento, il Libro di secreti per fare cose dolci di varii modi, ricettario di Michele Marceca4, dolciere siciliano operante a Malta. Oltre a quest’ultimo ricettario maltese, la cui edizione è imminente, l’unico antico ricettario di area siciliana che sia noto a tutt’oggi rimane dunque quello contenuto nel 3QqB151 della Comunale di Palermo. Si tratta, come si è detto, di un manoscritto miscellaneo eterogeneo e composito, le cui 33 unità codicologiche non presentano tra loro nessuna speciale affinità, forse neanche di provenienza. In particolare l’unità n. 5 (cc. 92r-109r) è un fascicolo di diciassette pagine, cartaceo, di medio-grande formato (mm. 240x143), probabilmente mutilo della parte iniziale, scritto con inchiostro nero in grafia seicentesca ben leggibile, in buone condizioni di conservazione e marcato con il timbro della biblioteca di San Martino delle Scale. Dati il contenuto e la certezza della provenienza, possiamo asserire con ragionevole sicurezza trattarsi di un Ricettario di cucina redatto all’interno del celebre monastero palermitano.

2. La cultura gastronomica del Ricettario di San Martino Il Ricettario consta complessivamente di centodue ricette, venti delle quali riguardano formule di “segreti” relativi a diversi campi della vita quotidiana (smacchiare tessuti, eliminare parassiti, truccare il viso, emen2

Tema della mostra del 1997 fu «Il Monastero dei Benedettini di Catania: una storia, un progetto, un restauro»; per lo spoglio archivistico cfr. R. Rizzo Pavone, A. M. Iozzia, Comunità monastiche catanesi tra ’700 e ’800, in Gli Archivi per la storia dell’alimentazione, Ministero per i Beni Culturali, Roma 1995, vol. III, pp. 1835-1851; e, a cura delle stesse, La cucina dei Benedettini a Catania, Maimone, Catania 2000. 3 Cfr. P. Musso, Ricette di cucina in una farmacopea del Cinquecento, in Parole da gustare. Consuetudini alimentari e saperi linguistici, a cura di M. Castiglione e G. Rizzo (Atti del convegno Di mestiere faccio il linguista, Palermo-Castelbuono 4-6 maggio 2006), in corso di stampa. 4 I dolci dei Cavalieri. Il ricettario di Michele Marceca di Malta (1748), Lombardi, Siracusa, in corso di stampa.


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dare vini, ecc.)5 e ottantadue ricette di gastronomia, tutte redatte secondo lo stile dell’urgenza perché siano facili da apprendere e mettere in pratica. La mancanza di indice impedisce di verificare la consistenza originaria della raccolta, ma la quantità e la disposizione delle ricette e dei “segreti” tràditi ne fanno un ricettario ricco e di valore6; per quanto debolmente strutturato e piuttosto caotico nella composizione, è certamente un documento importante ai fini della storia gastronomica delle regioni italiane della koinè catalana. Quanto all’ambiente sociale in cui il Ricettario fu steso, le elevate dosi di uova e di zucchero indicate nelle ricette a noi giunte, la frequente prescrizione di spezie e di muschio (quest’ultimo per ventidue volte)7, e l’uso di oro e di argento per decorazione di un piatto – si veda a proposito la ricetta 92 – confermano che la compilazione sia stata prodotta e utilizzata presso una grande Casa o doviziosa Comunità. Inoltre il frequente ricorso a uova e latticini nelle pagine del Ricettario ci induce a considerare quanto le norme religiose e culturali influissero sulle preparazioni culinarie: molteplici sono i vincoli imposti dal calendario ecclesiastico e dal numero di giorni festivi in cui si praticava l’astinenza, e a questi si sommano i limiti posti per legge non solo ai giorni in cui effettuare la macellazione, ma alla caccia e alla pesca, finanche nei territori signorili, come forma di tutela, protezione e conservazione 5 È frequente che il genere-ricettario comprenda “segreti” (cioè consigli pratici), a partire già dal De re coquinaria attribuito ad Apicio (Apicius, L’Art culinaire, a cura di J. André, Les Belles Lettres, Parigi 1987, Lib. I, dal § II al XV); ad esempio basterà citare il Libro A del cosiddetto Anonimo meridionale (prima metà del sec. XV) (Anonimo meridionale, Due libri di cucina, a cura di I. Boström, Almqvist and Wiksell, Stoccolma 1985, pp. 29-31); l’anonimo del XIV secolo Tractatus de modo preparandi et condiendi omnia cibaria (M. Mulon, Deux traités inédits d’art culinarie médiéval, «Bulletin philologique et historique» I, 1968, pp. 369-436, tutti di materia enologica, che si ritrovano riprese nel Viandier (Le Viandier de Guillaume Tirel dit Taillevent, nuova ediz. a cura di S. Martinet, Slatkine Reprints, Ginevra 1967) e nel Ménagier (Le ménagier de Paris, a cura di J. Pichon, Régis Lehoucq, Lille 1992, t. II, pp. 67-69 e passim); consigli pratici anche in O «Livro de cozinha» da Infanta D. Maria de Portugal (sec. XV o inizio del XVI), leitura de G. Manuppello e S. Dias Arnaut, Universidade Conimbrigensis, Coimbra 1967 (ricette II, III; XII, LXV, LXVI, LXVII); in G. del Turco, Epulario e segreti vari. Trattati di cucina toscani nella Firenze seicentesca (1602-1636), rist. anast. a cura di A. Evangelista, Forni, Bologna 1982 e nel Libro contenente la maniera di cucinare e vari segreti e rimedi per malattie et altro. “Libro di casa” di una famiglia reggiana del Settecento, a cura di G. Bizzarri ed E. Bronzini, Il Lavoro editoriale, Bologna 1986. 6 Si noti che generalmente il numero grande di ricette viene a rappresentare un elemento di datazione, considerando che il numero di preparazioni per ogni singola raccolta va progressivamente crescendo nel corso del tempo. Come osserva infatti B. Laurioux, Le Règne de Taillevent. Livres et pratiques culinaires à la fin du Moyen Age, Publications de la Sorbonne, Parigi 1997, p. 258, il numero medio di ricette per raccolta passa da 63 all’inizio del XIV secolo a quasi 100 alla fine del XV, «où s’affirme une poussée des grands recueils», a più di 200 nei ricettari più tardi. 7 Sulla natura e le virtù del “muschio odorifero” v. P. A. Mattioli, I Discorsi … nelli sei libri di Pedacio Dioscoride Anazarbeo …, Valgrisi, Venezia 1618, libro I, pp. 71-2. Fino alla metà del XVIII secolo i medici reputavano muschio, ambra e zibetto sostanze putride eminentemente settiche: v. A. Corbin, Storia sociale degli odori, Bruno Mondadori, Milano 2005, pp. 93-96 e passim.


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dell’ecosistema8. Ne deriva che le uova sono massicciamente usate nel Ricettario come alimento sostitutivo della carne e vengono utilizzate come base di quattro distinte preparazioni (81-84)9, e per dar corpo agli impasti o lucentezza alle produzioni. Il latte usato è quello di capra (59 e 97), per le minori esigenze di pascolo dei caprini rispetto agli altri animali da latte e per le caratteristiche organolettiche del latte caprino, che solitamente si addolciva con miele10. Anche il latte di mandorla è presente in varie preparazioni e nei periodi di più stretta Quaresima veniva utilizzato per sostituire il latte di origine animale. I formaggi utilizzati nelle preparazioni del Ricettario sono quelli freschi, come la ricotta, che è alla base di sei prescrizioni, la tuma che si trova nella 58 e infine il caciocavallo, presente in tre ricette11. A fronte di tanta dovizia di uova e latticini, stanno poche carni e pochissime specie ittiche. Quanto al pesce, nonostante la ricchezza dei mari isolani, la ricetta 85 fa riferimento solo a triglie o lùvari (il pagello fragolino), la 86 a «pezzi di pesce fritti», e due (88 e 91) alla surra e al caviale. Fra le carni utilizzate spicca l’impiego di selvaggina di piuma (pernici, otarde, anatre, quaglie, francolini, beccafichi) e di pelo (lepri); e galline, capponi, e piccioni, fra gli animali da cortile. La carne bovina viene utilizzata ma è genericamente indicata – «carne» (45 e 98) / «buona carne» (52) / «polpa buona» (70) – tranne una volta il «giovenco» (42). Delle carni ovine si legge solo del capretto (50). Varie parti del maiale vengono consumate fresche – fegato, piedi e orecchie (48 e 54) – e salate, ma se ne ricavano prosciutti, lardo, sugna, per come si può vedere, largamente utilizzate per la migliore cottura. Non c’è da stupirsene, perché i trattati di igiene erano concordi nell’assegnare cibi in relazione alla “complessione” degli uomini, tanto che l’anonimo redattore del Tractatus de modo preparandi et condien8

Per le norme proibitive a tutela dell’ecosistema, v. ad es. il Libro rosso di Sortino, introduzione, trascrizione, note di L. Messina, Comune di Sortino - Archeoclub d’Italia Siracusa, Sortino 2003, Bando n. 32: «Giorni da pescare e come», p. 50; «Di non si potere piscare dalle 30 novembri per insino allo primo di Quaresima», pp. 55 sgg.; «Banni della caccia», pp. 112 sgg. Sulla tutela ambientale nella Sicilia medievale cfr. S. Tramontana, Il Regno di Sicilia. Uomo e natura dall’XI al XII secolo, Einaudi, Torino 1999, pp. 424 sgg. e 461 sgg. 9 La ricetta (82) «Per fare ova ripiene» ha attraversato i secoli: oltre che nel Liber de coquina (v. L. Sada, V. Valente, Liber de coquina: libro della cucina del XIII secolo: il capostipite meridionale della cucina italiana, Puglia grafica Sud, Bari 1995, p. 150, ricetta 10 «De ovis implendis»), si trova nel manoscritto dell’abbazia di Sankt Florian, della fine del XIV o degli inizi del XV secolo (Sankt Florian, Augustiner Chorherrenstift Stiftbibliothek, XI, 100, cit. in Laurioux, Le règne de Taillevent, p. 243) ed è ancora presente sulle tavole siciliane (v. «Uova alla monacale», in G. Spadaro di Passanitello, Quaderno della felicità, Bonanno, Acireale 2000, p. 42). 10 Secondo l’insegnamento di Galeno: «fra tutte le varietà di latte, quello di capra è il più temperato, non essendo né troppo grasso né troppo denso, per cui sono da ritenersi temperati anche gli effetti che produce all’interno del nostro corpo» (Galeno, De cibis boni et mali succi, a cura di E. Carnevale Schianca, «Appunti di gastronomia», 46, 2005, p. 20). 11 Sono ammessi da Galeno perché «di umore meno denso di quelli vecchi», ibid., p. 21.


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di omnia cibaria nell’esordio del libro II dedicato alle carni avverte che «notandum est quod quidam cibaria conueniunt et apta sunt nobilibus et diuitibus in quiete existentibus, et ut sunt perdices et fasiani, pulli, capones, lepores, caprioli et cunicoli, uariis ac diuersis modis conditi»12. Quanto all’uso dei grassi, più frequente è appunto l’impiego della sugna, alla quale – e specie per le fritture – seguono l’olio e il burro, peraltro concessi in quaresima. Non ci si stupisca del consumo di burro in Sicilia, presenza peraltro attestata anche in altri documenti redatti ben prima del Ricettario di San Martino13. Completa l’elenco il grasso derivato dalla cottura in brodo dei gallinacei (capponi, galline), utilizzato per impastare la pâte-à-foncer dei pasticci. Considerando poi le modalità di cottura delle preparazioni, 18 di esse cuociono a «fuoco sotto, et sopra» (quando occorreva una cottura moderata, si deponeva della brace sul coperchio del tegame di terracotta lasciato su fuoco temperato), e in altrettanti casi la cottura avviene al forno, presidio non comune sino alla fine del XVIII secolo. In ulteriori casi la cottura avviene su fuoco di legna o il più delle volte di carbone. Si diceva prima dell’uso considerevole di spezie: su ottantadue preparazioni culinarie del Ricettario il muschio è impiegato ventidue volte, tredici lo sono i chiodi di garofano, otto il pepe, tre la noce moscata; per una sola volta sono usati assieme l’anice e il coriandolo, una sola e in differenti preparazioni il cimino dolce, il coriandolo, lo zafferano, lo zenzero, ma diciotto volte vengono impiegate «tutti misturi», una miscela, cioè, di spezie assortite. La cannella si usa in trentatre ricette, l’acqua di rose in trentasette, il miele in sette. Zucchero e cannella sono onnipresenti: lo zucchero è ingrediente necessario in cinquantadue ricette: e si noti che la frequenza del suo uso risponde sia a una funzione sociale di distinzione sia a un uso dietetico e di edulcorante, perché dovrebbe temperare la nocività delle spezie senza ridurne le virtù digestive14. Insomma, una cucina che fa un larghissi12 13

Tractatus de modo preparandi, II, p. 384. Nell’Inventario dei beni del defunto Adenolfo di Guglielmo Ricio fatto dal notaro Caro di Sanguineo e dagli altri eredi nel giugno del 1300 sono comprese «quartaras plenas butirro novem». Cfr. Il registro del notaio ericino Giovanni Maiorana (1297-1300), introduzione e trascrizione a cura di A. Sparti, Accademia di scienze, lettere e arti, Palermo 1982, vol. I, p. 161. Traggo da A. Uccello (Pani e dolci di Sicilia, introduzione di A. M. Cirese, Sellerio, Palermo 1976, p. 42) la notizia dell’uso del burro (mantéca) nel 1622 per prodursi pasta sfoglia dalle “monache di casa”. Sull’uso dei grassi v. J. L. Flandrin, Le goût et la nécessité: sur l’usage des graisses dans les cuisines de l’Europe occidentale (XIVe-XVIIIe siècles), «Annales. Economies, sociétés, civilisations», XXXVIII, 1983, pp. 369-401 e B. Santich, Les éléments distictifs de la cuisine médiévale méditerranéenne, in Du manuscrit à la table, a cura di C. Lambert, ChampionSlatkine, Ginevra 1992, p. 137. 14 Sulla propensione al consumo di spezie esotiche (che si pretendevano benefiche) e la loro diffusione in Europa, tranne che in Francia, in quell’epoca v. P. Gilet, Par mets et par vins. Voyages et gastronomie en Europe (16e-18e siècles), Payot, Parigi 1985, pp. 157-67; B. Laurioux, Spices in the Medieval Diet: A New Approach, «Food & Foodways», I, 1985, pp. 43-76; J. L.


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mo uso di spezie – come è riscontrabile nella cucina seicentesca15 – e in merito alle ragioni del loro diffuso consumo e al loro significato ostentativo di ricchezza non si può che convenire con quanto sostenne a suo tempo Olindo Guerrini e di recente ha ribadito Giovanni Rebora16. Reputo inoltre opportuno che ci si soffermi sull’uso considerevole delle mandorle (così come dei pinoli e dell’uva passa)17 e dell’agrodolce: basta leggere il De re coquinaria per apprendere che, almeno sin dall’Età romana, è costante nella alimentazione mediterranea l’uso delle mandorle – ricche di grassi, proteine e carboidrati – ridotte a farina o emulsionate, sia tostate o meno, nonché dell’agrodolce18. Se si è purtroppo ridotto il quotidiano consumo delle mandorle, l’agrodolce è tuttora per la cucina siciliana, particolarmente in estate, una salsa ancestrale irrinunciabile. Peculiare del nostro manoscritto è poi il contenere una serie di ricette non reperibili in nessun altro dei testi che pur mostrano alcune affinità contenutistiche con questo di San Martino: in particolare il Modo singulare de cocina19 e gli Apparecchi diversi da mangiare20, di cui parleremo più avanti. Le ricette che parrebbero qui in prima attestazione sono numerose: le collorelle, le acque, i mustaccioli, il biscotto o pane di Spagna, le casFlandrin, Préface a J. L. Flandrin et J. Cobbi, Tables d’hier, tables d’ailleurs, Odile Jacob, Parigi 1999, pp. 26-29. Nel denunciare la vanità dissipatrice dei lucchesi, Dante (Inferno, XXIX, 12729) stigmatizza la prodigalità dello Sticca e di Niccolò «che la costuma ricca / del garofano prima discoverse / ne l’orto, dove tal seme s’appicca». 15 B. Scappi, Opera, F. & M. Tramezinus, Roma 1570, rist. anast. Forni, Bologna 1981, passim; Giovan Battista Crisci, Lucerna de’ Corteggiani …, apud Jo. Dominicum Roncagliolum, Napoli 1634 passim; Christofaro di Messisbugo, Libro novo nel qual s’insegna a’ far d’ogni sorte di vivanda, Venezia 1557, rist. anast. Forni, Bologna 2001, passim; Carlo Nascia, Li Quattro Banchetti destinati per le quattro stagioni dell’Anno, (ms. del 1684), Li Causi ed., San Giovanni in Persiceto, 1982, passim. 16 Per il Guerrini (La tavola e la cucina nei sec. XIV e XV, Firenze 1884, p. 27) il maggior numero di condimenti possibile era usato allo scopo di «far capire al palato dei convitati quanto fosse ricco il padrone»; per Rebora «L’ostentazione comprende anche un insieme di motivazioni individuali e modi di espressione individuali, o di gruppi ristretti, o regionali. Oltre la gerarchia sociale, il fenomeno si manifesta all’interno del gruppo, ceto o classe, come fenomeno di distinzione individuale» (La cucina medievale italiana tra Oriente ed Occidente, Università di Genova, Genova 1998, p. 97). 17 Diciotto volte le mandorle, tredici i pinoli, una volta i pistacchi e le nocciole, diciassette volte l’uva passa. 18 Quanto alla frutta secca, nel De re coquinaria di Apicio (v. nota 5) le mandorle sono usate nove volte, dieci le noci, molte di più l’uva passa e i pinoli; quanto all’agrodolce, ad esempio, v. l’oxygarum digestibilem (I.XX. 1 e 2) e, passim, i vari iura fra le cui componenti si trovano utilizzati mel, defritum, passum, mulsum, acetum. Come si può constatare non si tratta di eredità musulmana. 19 Ms. Londra, British Library, Egerton 1985, degli inizi del ’500, edito da C. Benporat, Modo singulare de cocina, «Appunti di gastronomia», 29, 1999, pp. 5 sgg. 20 Ms. Napoli, Biblioteca Nazionale “Vittorio Emanuele III”, XX.E.19, il cui colophon dichiara Nerola come luogo di copia ed il 3 agosto 1524 come data di redazione. Ne ha dato edizione L. Mancusi Sorrentino, Apparecchi diversi da mangiare e rimedii, «Appunti di gastronomia», 11, 1993, pp. 18-104.


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sate, le torte, le molte pietanze a base di uova; così come l’utilizzazione di ricotta e tuma, e l’impiego del burro e del vino cotto. Particolare interesse rivestono tre ricette di un nuovo biscotto: la 26 «Biscotto reale che chiamano pan di Spagna», la ricetta 31 «Per far biscotta di Spagna», e la 33 «Per fare pane di Spagna». Le testimonianze raccolte danno notizia del coevo diffondersi per l’Europa di questo soffice biscotto, detto “di Spagna” in Sicilia e a Malta, ma in Francia conosciuto come biscuit de roy, pain des patissiers o pain de Savoye21, nome quest’ultimo che dovette avere anche in Spagna se, quando il de la Mata ne diede la ricetta a stampa, scrisse che «el pan de España es el vizcocho ordinario de Saboya»22. A oggi la prima ricetta conosciuta si rinviene in una raccolta di “nobilissimi segreti” redatta, a partire dal 1636, dal fiorentino Giovanni Del Turco23, ma la più antica notizia della preparazione del morbido biscotto si trova nel mirabolante banchetto dato in occasione delle nozze fra Cosimo II dei Medici e Maria Maddalena d’Austria il 19 ottobre 1608, nel corso del quale «fette di pane di Spagna» furono servite a guarnire «in forma di lardoni» al primo e secondo e quarto «Servitio di cucina»24. Questa del Ricettario di San Martino delle Scale parrebbe dunque una delle prime attestazioni scritte di questo biscotto che avrebbe avuto uno straordinario successo, e che è rimasta sostanzialmente invariata sino a oggi25. In realtà, per quanto sia detto “di Spagna” piuttosto che “di Savoia”, la sua diffusione e il successo della ricetta in Sicilia non vanno visti come un episodio di influsso gastronomico spagnolo, sul quale tor21 B. Ketcham Wheaton, L’office et la bouche, Calmann-Lévy, Parigi 1984, p. 223, (citando N. de Bonnefons, Les délices de la campagne, Parigi 1679, pp. 18-19), dà una ricetta di biscuit de roy in merito al quale scrive: «Ce biscuit, qui a pour base un mélange mousseux, riche en oeufs, restera jusqu’à la Révolution le gateau par excellence, bien que les premières recettes connues ne datent que des années 1650»; la Ketcham Wheaton afferma anche che della stessa pasta, ma «un peu plus ferme», si faceva un pain alto più o meno tre dita che si tagliava a fette una volta riposato; e riporta quanto testualmente scritto dal de Bonnefons: «c’estoit la mode il y a 40 ans, auparavant que le biscuit de savoye fu˜t inventé, & on l’appelloit pain des Patissiers». Queste analogie contribuiscono a datare il ricettario palermitano, e non si può che condividere la considerazione conclusiva della Ketcham Wheaton: «Voici donc une recette qui n’est consignée par écrit qu’au bout d’un demi-siècle d’existence. Il est impossible de savoir avec quelle fréquence cet exemple a pu se reproduire, car nous dépendons entièrement des documents écrits, dont il faut toujours se méfier» (ibidem). Il pan di Spagna del pasticcere maltese Marceca (63) «Modo di fare pane di Spagna fino» (I dolci dei Cavalieri, p. 113) è aromatizzato con semi di anice e zesta di bergamotto o di altri agrumi o cannella, invece che con muschio e acqua di rose come prescritto nel ricettario palermitano. 22 La ricetta del “pan de España” del de la Mata inizia «El pan de España es el vizcocho ordinario de Saboya, y se hace del mismo modo, solo que se le echa mas harina» e viene diviso in “trozos” (J. de la Mata, Arte de reposteria, Joseph García Lanza, Madrid 1755, p. 108). 23 Del Turco, Epulario e segreti vari, p. 103. 24 C. Benporat, Feste e conviti fiorentini tra Manierismo e Barocco, «Appunti di gastronomia», 38, 2002, pp. 43-88, che ne pubblica la lista, redatta dallo scalco Vittorio Lancellotti. 25 Si noti che le preparazioni ottenute del manoscritto palermitano risultano ben più soffici del preparato fiorentino.


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neremo tra poco, ma di circolazione delle ricette e del modificarsi del gusto verso paste più delicate. Analogamente, questo è il primo ricettario che contenga indicazioni in merito alla “cassata siciliana” dolce. Fino a questa altezza cronologica la definizione di cassata parrebbe far riferimento a una preparazione di tipo salato. Se infatti la prima definizione di cassata è nel Declarus dell’abate Senisio, quale «panis cum caseo recenter commixtus»26, essa ci attesta sì gli ingredienti ma nulla ci dice circa il sapore e la manipolazione, e in particolare non attesta che venisse in quel tempo addolcita27. A riguardo, ancora nel Vallilium, dizionario siciliano-latino stampato nel 1514, la cassata viene definita «artocrea, ae, tor. epate et carne fieri dicitur»28, dunque una sorta di torta salata di ricotta. Il Ricettario di San Martino contiene invece due differenti ricette (29 e 31) per la preparazione delle cassate, categoria che qui si aggiunge alle turte ed alle crostate con le quali morfologicamente ha qualche analogia. Sebbene non sia esplicitamente detto, si tratta di un impasto adagiato in una teglia e cotto in forno, procedimento questo ancora oggi seguito in alcune zone della Sicilia, stando ad informazioni e ricettari privati (cd. 26

A Marinoni, Dal Declarus di A. Senisio i vocaboli siciliani, Centro di Studi Filologici e Linguistici Siciliani, Palermo 1955. Il Du Cange, ad vocem “casciata”, la definisce «placentae species ex caseo, ejusdemque praestatio» (per una completa disamina cfr. A. Vàrvaro, Vocabolario etimologico siciliano, I (A-L), CSFLS, Palermo 1986, I, pp. 184-86, ad vocem. E. Salza Prina Ricotti ha riconosciuto una cassata in una torta affrescata sulla parete di un triclinio della Villa di Oplonti (L’arte del convito nella Roma antica, L’Erma di Bretschneider, Roma 1993, pp. 270-71). A proposito dell’etimologia, Michele Amari aveva scritto «D’origine arabica mi sembra la notissima cassata di Palermo, poiché qas¸’h vuol dire scodella grande e profonda» ma tra parentesi quadra a p. 919 nota 8 il Nallino segnala: «In una nota ms. l’A. pone a questa etimologia un punto interrogativo» (Storia dei Musulmani di Sicilia, seconda edizione modificata e accresciuta dall’autore a cura di C. A. Nallino, Prampolini, Catania 1933 [rist. anast. Dafni, Catania 1989]). In merito alla pretesa origine araba della cassata, è condivisibile l’affermazione del P. Gabriele Maria d’Aleppo: «A noi sembra non provata la origine araba del dolce e poco giustificata la etimologia dell’Amari» (Le fonti arabiche nel dialetto siciliano, I, Roma, 1910, ad vocem “cassata”). 27 M. Pasqualino (Vocabolario siciliano etimologico, Reale Stamperia, Palermo 1795, ad vocem) la definisce «specie di torta di ricotta raddolcita di zucchero con rinvolto di pasta anch’essa raddolcita, e fatta in forma rotonda» com’è oggi, recependo una manipolazione molto simile a quella del Ricettario di San Martino. Stando a una nota di Giuseppe Pitrè, il Sinodo diocesano celebrato a Mazara del Vallo nel 1576 avrebbe interdetto alle claustrali di quella diocesi l’elaborazione delle cassate nel corso della Settimana Santa poiché tale impegno impediva loro di seguire i riti col dovuto raccoglimento: «Statuimus et mandamus quod nulla de causa moniales quae famulatum Deo intendere terentur crustulis, ientaculis, caseatis et caeteris huiusmodi offis conficiendis gratia donandi tempus tenere praesumant» (G. Pitrè, Spettacoli e feste popolari siciliane, Pedone Lauriel, Palermo 1881, p. 225 nota 1 [rist. anast. con prefazione di A. Falassi, Il Vespro, Palermo 1978]). Non si è potuto ritrovare tale esplicito divieto in F. G. Savagnone, Concilii e sinodi di Sicilia, Struttura giuridica, storia, Tip. Filippo Barravecchia, Palermo 1910, p. 148-51, e non è stato possibile consultare le Constitutiones e i Decreta di quel sinodo, stampate dai Maida a Palermo nel 1575. 28 N. Valla, Vallilium. Primo dizionario siculo-latino del XVI secolo, Librerie Siciliane, Palermo 1989 (rist. anast. della stampa 1510).


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“cassata al forno”), e praticato nel napoletano per la preparazione della pastiera pasquale29. Delle due ricette l’una, la 29 «Per fare otto cassate di zucchero», ci indica che una crosta di «pasta tenera» sarà riempita d’un impasto di farina di mandorle e zucchero, come oggi si fa per le torte di mandorla. Nell’altra ricetta invece, la 36 «Per fare un piatto di cassate di recotta», la crosta di pasta tenera verrà riempita d’un impasto di ricotta, zucchero ed aromi. È questo il modello primigenio della cassata di ricotta in crosta quale sarà codificata nei Banchetti di Carlo Nascia (1684)30, nel Cuoco galante di Vincenzo Corrado (1789)31, mentre nel Manuale del cuoco e del pasticciere di raffinato gusto moderno di Vincenzo Agnoletti (1832)32 si avrà invece la prima codificazione sinora nota della cassata siciliana con glassa e pan di Spagna. Una terza ricetta, la 37 «Turta di recotta bianca», pur utilizzando un numero così grande di albumi («bianchi d’ova 12») da sembrare simile a una cassata nel senso in cui la intendiamo oggi, sembrerebbe essere tuttavia un budino di ricotta con crosta di zucchero. In conclusione sembra illusorio pensare che le produzioni alimentari mantengano inalterata nei secoli l’originaria costituzione e che a un nome corrispondano continuativamente nel tempo la stessa foggia e materia; l’esempio della cassata rivela inoltre che il titolo identificatorio dei piatti non è sufficiente a rivelare identicità o affinità nelle preparazioni, cosa che risulta solo all’analisi degli ingredienti e dei successivi passaggi delle ricette. Analogamente, sotto il nome di collorelle vanno vari biscotti che prendono il nome dal greco kollúra33. Quelli della ricetta 1, «cullurelle», sono 29 30

J. Carola Francesconi, La cucina napoletana, Edizioni del Delfino, Napoli 1977, p. 547. Carlo Nascia, siciliano di nascita, fu “cuoco maggiore” alla Corte di Ranuccio II Farnese dal 1659 al 1672, succedendo nel servizio allo zio, tal Cannarozzo; dettò in tre manoscritti, quasi uguali, Li quattro banchetti, per le quattro stagioni dell’anno, con altri banchetti e regole per ben cucinare, opera del Sig.r Carlo Nascia palermitano (ms. di Soragna, 1684), rist. anast. Forni, Bologna 1981, prefazione e note di M. Alberini. Una «torta di purina grassa», modello della cassata, è ivi citata a p. 300. Nella ricetta intitolata «Piatto sesto. Di cascietine alla spagnola», il Nascia tramanda anche la ricetta di quelle che noi oggi chiamiamo “cassateddi di ricotta” (ibid.). 31 Il Cuoco galante, opera meccanica di varie capricciose vivande nel fine de’ loro istessi trattati accresciuta, Stamperia Raimondiana, Napoli 1778 (rist. anast. Vivarelli & Gullà, Roma 1972, p. 169); una «torta alla palermitana» è registrata dal Pasqualino nel Vocabolario siciliano, ad vocem. 32 Pesaro 1832, t. II, p. 117. Su cassata e cassateddi cfr. Uccello, Pani e dolci di Sicilia, pp. 90-93; S. Farina, Dolcezze di Sicilia, Edizioni Lussografica-Soham, Caltanissetta 2003, pp. 48-49 e 106-107. 33 Oggi sono detti kuluria, kulurakia, kouloúra. Quale speciale forma di pane la collýra è già illustrata da Ateneo (I Deipnosofisti, Salerno, Roma 2001, l. III., 111b, p. 293 nota 5); vi si riferisce che veniva preparata per i bambini e si segnala che la radice koll- è usata in senso metaforico per indicare che ha forma rotondeggiante. Il 26 dicembre 1547 il vescovo di Carpentras, a chiusura di un banchetto, fece servire «colerida cum nectare», e Marc Venard spiega: «sont des petits pains frits à l’huile, assortis d’une tasse de vin doux» (La Fraternité des


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i biscotti dionisiaci che da secoli fanno parte dei rituali conclusivi della vendemmia; di altre collorelle, parimenti sapide e cotte «al forno lento», ci dà notizia poi la formula 32; ancora, le indicazioni della ricetta 43 consigliano di dare all’impasto di ricotta e ingredienti vari, fritto «con saime assai», una forma circolare, oppure una forma che tradizionalmente in Sicilia prende il nome di sfingi 34. I mustaccioli 35 indicati nelle ricette 30 e 100 non avevano una foggia canonica («e si faranno … come tu vorrai»)36 e, a differenza dei mustacei di Catone37, non sono a base di mosto38 ma di giulebbe, ovvero uno sciroppo molto zuccherato, aromatizzato con erbe e spezie. Nella ricetta 30 sono le mandorle l’ingrediente principale, sbollentate e ridotte a farina, banquets, in Pratiques et discours alimentaires à la Rénaissance, Actes du Colloque de Tours, Mars 1979, Maisonneuve & Larose, Parigi 1982, p. 142); analogamente nel Senisio: «colliridia die… panis subcinericius, qui dicitur cullura» (Marinoni, Dal «Declarus», p. 53); altre fonti lessicografiche riportano definizioni simili, come il Catholicon: «collyrida … panis tenuis et quasi subcinericius, vel est … panis modicus et triangulus coctus et frictus, detersus» o Papia: «colyrida subcinericius panis, modicus et triangulus. Colyridae panes quadrati de simila cum oleo in sartagine frixi» (ibidem, p. 164). 34 A tal proposito sia consentito rinviare a C. Spadaro di Passanitello, Di alcune fonti calatine per una storia della gastronomia siciliana, «Bollettino della Società calatina di storia patria e cultura», 5-6, 1996-1997, p. 233. Scrive inoltre Uccello (Pani e dolci di Sicilia, p. 71) che a Modica questi dolcetti vengono confezionati con «una pasta di noci macinate, miele e farina, avvolta in una sottile sfoglia. Durante la cottura al forno il miele si gonfia in modo che il ‘ripieno’ si alza sovrabbondando dalla guaina di pasta; a Ragusa la forma più comune è quella di un tubo chiuso alle due estremità … A volte le noci vengono sostituite da mandorle, come nel ragusano, o da fichi secchi, come a Palazzolo Acreide, dove i dolci prendono il nome di ciascuna, e a Buscemi, dove vengono chiamati saschitedda». Uccello conclude inoltre (ibid., p. 72) che spesso le collorelle hanno anche la forma di un cuore. Negli Erèi, dove le collorelle si preparano in occasione del Natale, l’impasto è di miele e farina di mandorle o noci abbrustolite, e così pure nella regione iblèa, dove però sono chiamate nucatuli. Oggi per collura generalmente si intende un biscotto di farina di duro impasto, di foggia rotonda, a lungo inzuppato nel mosto e poi cotti in esso. È invece fritta la cuduredda di Delia (Farina, Dolcezze, pp. 112-13). Le cuddureddi co mustu sono invece degli gnocchi cotti nel mosto, dolce tradizionale di Santa Croce Camerina (Cucina e dolci di Natale, a cura di G. Portelli e G. Giallongo, Associazione culturale L’Isola, Scicli 2004, p. 104). Pasqualino (ad vocem) le definisce «sottil pasta, fatta in diverse figure, e per lo più a foggia d’anelli, la quale si cuoce nel mosto cotto». 35 Uccello lo documenta quale «dolce natalizio molto conosciuto, anche se a volte varia per la composizione degli ingredienti e per la forma» e distingue fra m. di vinu cottu, m. di meli, m. di zuccaru, m. di cannedda e cita il Vocabolario del Piccitto che lo dice «dolce ottenuto in genere con farina e vino cotto, in forma di un rombo, di una S, di una X» (Pani e dolci di Sicilia, pp. 70-71). 36 Vedi ricetta 30, p. 281. 37 Il mustaceum del De agri cultura era di farina impastata col mosto, condita di grasso e cacio, aromatizzata di finocchio e lauro. Dal De re coquinaria di Apicio apprendiamo che avevano forma rotonda («buccellas musteorum fractas perfundis», VII. X, 292). Ateneo, riprendendoli da Il libro del panettiere di Crisippo di Tiana, elenca dei moustavkia e;x oinomevlito~ e i shsamavta (ediz. cit., 647f). Nel Ragusano se ne preparano usando per l’impasto del miele o un condensato di carrube (Cucina e dolci di Natale, pp. 90 e 145). 38 Non lo erano nemmeno quelli del Messisbugo: v. «A fare mostazzoli di zuccaro» in C. di Messisbugo, Libro novo nel qual s’insegna a’ far d’ogni sorte di vivanda, p. 40); «Aliter dulcia» del De re coquinaria (l. VII. XIII. 2), p. 82.


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inzuccherate e speziate di pepe e di cannella e lasciate riposare «per due quarti d’hora per diventar bianche» e poi passate in forno, avendo cura però che «il forno sia lento acciò non le facci perdere la bianchezza». I mustaccioli della ricetta 100 invece non riportano tra gli ingredienti né mosto né mandorle, ma la farina sarà fortemente impregnata di zucchero, cannella, noce moscata, pepe, e di muschio39: si tratta in realtà della preparazione ormai da secoli domestica dello electuarium aromaticum caryophillatum40, rimedio terapeutico a base di miele o zucchero41. I nucatoli delle ricette 34 e 35 (nocatoli/nocatole) non sono biscotti a base di noci ma, come il nougat 42, hanno le mandorle quale principale componente. Non era consuetudine dare ai nucatoli una forma canonica e vale anche per questa preparazione quanto detto per i mustaccioli: come si legge infatti nella ricetta 35, «poi si potranno fare li nocatoli del modo che vorrai»43 e pertanto l’impasto può anche essere usato per «fare fonghi di zuccaro, animali, frutti, et ogn’altra sorte di cosi»44 (34), ovvero quei dolci che hanno preso il nome di frutti di/da Marturana45. 39 Come la ricetta dei «mustacciuoletti semplici» del Corrado, che Carola Francesconi (La cucina napoletana, p. 534) ha ripreso dal Credenziere di buon gusto. 40 Da rimedio terapeutico, d’esclusiva competenza degli speziali (si veda l’esordio del Tractatus de modo preparandi, p. 380: «Scire debes quod quidam potus sunt medicinales, naturam humanam debilem et infirmam confortantes, sicut est mellicratum, oxizucara, sapa, mulsa, syrupi atque tysana, de quibus vel ad presens quorum doctrinam medicis delinquo») le preparazioni a base di miele o zucchero, per la foggia detti penidia, a cominciare dal Quattrocento in tutta Europa vengono manipolate nei monasteri femminili. La prima citazione di questo preparato potrebbe essere quella dell’anonimo catalano Libre de totes maneres de confits (L. F. de Saint-Germain, Un tratado manual quatrocentista de arte de dulcería, «Boletín de la Real Academia de Buenas Letras de Barcelona», XIX, 1946, pp. 101-34); in seguito ritroviamo la ricetta nell’Excellent et moult utile opuscule, di Michel de Nostradamus edito a Lyon nel 1555 (Cosmetici e conserve, a cura di P. Branco, Tommasi, Milano 2001). A proposito si veda anche minni de’ virgini, frutti da Marturana, ecc., in C. Spadaro di Passanitello, Il ricettario di Michele Marceca e la comunione del Gusto nel mondo mediterraneo, in I dolci dei Cavalieri, pp. 25-42. 41 Il procedimento della ricetta 100 è sintetico (a differenza dell’analoga preparazione intitolata «Li sosamelli de zucaro» degli Apparecchi diversi) e composizione e manipolazione sono analoghe a quelle della ricetta «mustaccioli fini» dello Stefani, che però conclude che della pasta «levata dal fuoco, quando sara raffreddata, ne formerai mostaccioli nelle solite stampette». Uccello, Pani e dolci di Sicilia, pp. 42 sgg.; B. Stefani, L’Arte di ben cucinare ed instruire i meno periti in questa lodevole professione: dove anche s’insegna a far pasticci, sapori, salse, gelatine, torte, ed altro, Osanna stampatori ducali, Mantova 1662 (rist. anast. Forni, Bologna 1981, p. 77). Quelli del Messisbugo «si fanno d’oncie 4. in 6. l’uno, e non più grandi» (p. 41). 42 Ovvero il torrone, un impasto tradizionalmente a base di mandorle o nocciole, miele, zucchero e bianco d’uovo; la preparazione viene arricchiata oggi con noci e fichi secchi: cfr. Uccello, Pani e dolci di Sicilia, pp. 71-72. 43 Vedi ricetta 35, pp. 283. Come i mustazzola, anche i nucatuli sono l’adeguamento domestico di un antico rimedio preparato esclusivamente dagli speziali (v. nota 40), l’electuarium regium: v. L. Plouvier, Le «letuaire», une confiture du bas Moyen Age, in Du manuscrit à la table, pp. 243-72. 44 Vedi ricetta 34, p. 282-3. 45 Ibn Gubayr, pellegrino granadino, vide esposti i frutti di/da Marturana per la prima volta in vita sua nel 1183 nei mercati della Mecca. Vedi Ibn Gubayr, Viaggio in Sicilia e in altri paesi del Mediterraneo, trad. di C. Schiaparelli, Sellerio, Palermo 1981, p. 32.


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Così come per la ricetta 100 dei “mustaccioli”, il procedimento delle ricette dei nucatoli è esposto in modo chiaro e sintetico46; l’impasto della ricetta 35 «si scanerà molto bene con la sbriga» per risultare più compatto e si cuocerà «al forno forte» su teglie dalle quali i dolci si dovranno togliere una volta freddi. Il Ricettario raccoglie un considerevole numero di torte (ben 15), nelle quali i più varii ingredienti di base, ammanniti con spezie, pinoli, uva passa, zucchero e muschio, sono «accomodati» sopra una «alasagna» di pasta che, a conclusione delle varie disposizioni per strati, sarà chiusa da altra lasagna unta di grasso e, al momento di imbandire, spruzzata d’acqua di rose, zucchero e cannella. Vanno anche segnalati quattro pasticci, più solenni composizioni, tanto da meritare la prescrizione 41 «Per fare crostrata sopra li pasticci», che mescola «2 onze di zuccaro fino ben pestato, et un bianco di ova et un coccio di mosco» da spennellare sui pasticci «come son cotti» dando loro «un caldo di foco lento»47. Ai giorni nostri è la pasta stessa dei timballi che viene intimamente addolcita. Il ricettario riporta poi le preparazioni delle acque48, che erano solitamente destinate alla ricreazione degli infermi e dei convalescenti: l’acqua di liquirizia (23) è detta dissetante e diuretica («riesce gustosa, e rinfrescante bevanda, oltre che monda le reni eccellentemente”); dall’acqua di cannella (24) già allora si otteneva sorbetto gelato («poi si cola nella bozza etc.»)49; quella di anice o coriandolo (25) è eupeptica; di una, quella “d’Angeli” – di cui non è riportato il procedimento – non sono altrimenti note le presunte virtù50. Al pari delle acque, sussidio per i convalescenti erano il pan lavato della ricetta 27, nella quale è chiaramente scritto: «in tempo di gran caldo ricrea assai questa vivanda, ritorna le forze, e l’appetito sicome estingue la sete, che perciò dicesi che Augusto mangiava pane imbevuto d’acqua», e la mollicanda della ricetta 28. Entrambe le ricette si preparano bagnando il pane abbrustolito «in acqua pura o di rose fredda, anzi ag46 A differenza dell’analoga ricetta intitolata «Per fare le nucatole de zucaro» degli Apparecchi diversi, che però non suggerisce di preparare anche i frutti di/da Marturana. 47 Si deve alla cortesìa del Dr. Luigi Lombardo la notizia di una società costituitasi a Siracusa il 21 luglio 1621 per l’esercizio d’una “pasticzaria” nella piazza del Duomo. (Archivio di Stato di Siracusa, not. Vassallo Francesco, vol. 10497), ed a quella della Dr. Lavinia Gazzè della prosperità di tali esercizi per tutto il Seicento in Siracusa. 48 Vedi ricette a p. 280. 49 Ancora oggi si ricava, aggiuntovi dell’amido, un delicato “gelo”: v. G. Spadaro di Passanitello, Geli, Edizioni d’arte Matilde Scandurra, Catania 1996, p. 8. 50 Quanto alla preparazione delle acque in generale, i vegetali si facevano bollire «in un vaso di terra invetriato o in un caraffone di vetro doppio» e per lo stesso tempo del ricettario palermitano, nel quale però viene suggerito di metterli per «una notte in infusione». Cfr. a proposito B. Scappi, Opera, l. VI, capp. III e IIII (rist. anast. con presentazione di G. Roversi, Forni, Bologna 1981).


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ghiacciata» e poi, dopo averlo strizzato, vi si spolverava dello zucchero e si versava sopra del sugo di limoncello o di melograna oppure malvasìa o moscato (ma i medici raccomandavano di usare quei vini solo nella stagione fredda)51. Infine, un altro leggero ricostituente a base di acqua si trova alla ricetta 89 «Per fare amandolata»: «piglia mandole bianche, pestale molto bene, distemprale con acqua comune et un poco di acqua rosa»52. Rilevante è nel Ricettario di San Martino il numero delle salse, ben 8 (ricette 62-69). In tre di esse è usata, per legare il composto, della mollica di pane inzuppata d’aceto, com’è proprio della pratica medievale53 e come ritroviamo in alcune salse ed intingoli della tradizione siciliana54. L’epilogo della ricetta 63 «Per fare una salsa bianca», ci avverte infine che «…tutte le sorti di salsa» andavano servite in tavola fredde e «con zuccaro e cannella per sopra»55. Per le menestre si è già detto che hanno la consistenza molto cremosa56: nel Ricettario di San Martino ognuna di esse è cotta a fuoco temperato, «con diligenza menandola sempre finché quaglia», come la 60 «menestra di amandole», e la 59 «Per fare menestra d’ova e latte»; inoltre le ricette danno i consigli per la presentazione: «quando vi parrà cotto, zuccaro e cannella per sopra e (…) bandirete [la minestra]». Fra le ricette ne troviamo due, la 49 e la 50, che indicano il procedimento per la preparazione del potaggio: sarebbe lecito ritenere che si tratti di potages, dunque di minestre, zuppe, creme, ma si cadrebbe in equivoco, per51 Sante Lancerio tramanda che il Papa Paolo III «alle gran tramontane» usava la Malvasìa dolce «a fare un poco di zuppa» (S. Lancerio, Sulla qualità dei vini, in Arte della cucina dal XIV al XIX secolo, a cura di E. Faccioli, Il Polifilo, Milano 1966, p. 317). 52 Affine alla ricetta degli Apparecchi, cfr. sotto – e nella 90 «Per fare spinaci con latte di mandole». 53 Salsa deriva dal tardo latino salsus ‘salato’; le salse hanno particolare consistenza mentre variabile è il sapore. Già Apicio prescriveva l’aggiunta di «modicum de bucellis maceratis unde [ius] stringat» (Apicius, L’Art, VII.VI, 4) e così fu nella dottrina e pratica medievale. La consistenza (liaison) era data dai leganti (pane tostato e/o mandorle pestate, e tuorli d’uova fresche), e vino, aceto o succhi agri, varie spezie, etc., finché con La Varenne (Le cuisinier françois, 1651; trad. it. Il cuoco francese, ove viene insegnata la maniera di condire ogni sorta di vivande, Bassano 1787, rist. anast. con premessa di G. Mantovano, Forni, Bologna 1989) i metodi di preparazione subirono radicali cambiamenti e la farina di grano sostituì pane e mandorle. Le salse ormai sono morbide, lisce, lucide e nulla più concedono al tatto. 54 Spadaro di Passanitello, Quaderno della felicità, pp. 49-51. 55 Per la “salsa parda” analoga composizione è nel «Potaje que se dize salza pardilla» di Roberto di Nola, quanto agli ingredienti di base (mandorle e fegatini di gallina), anche se in quest’ultimo il composto è reso grasso dalla preparazione del latte di mandorla con uso di «buen caldo de gallina que este bueno de sal» e una breve cottura con «vn poco de vunto de porco que sea claro». R. de Nola, Libro de cozina, Toledo 1525 (rist. anast. a cura di C. Iranzo, Taurus Ediciones, Madrid 1982, p. 54). In castigliano pardillo è l’odierno pardo ‘grigio’, per il colore che caratterizza l’impasto. 56 Prenderanno poi il nome di “creme” sotto l’influenza francese: v. C. Benporat, Storia della gastronomia italiana, Mursia, Milano 1990, p. 158 nota 115.


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ché il primo, (49) «Per fare un potaggio di fecatelli», è in realtà un pasticcio di fegatini e «mendole atterrate», steso in «una turtera grande» e cotto in forno, mentre il secondo (50 «Per fare un potaggio di crapetto») è uno spezzatino di «crapetto tagliato in pezzi piccioli», soffritto con vino e aceto, «pruna, passola et un pezzo di zuccaro» e servito in tavola con «felli di pane sottile per sotto bagnate nel brodo della carne». Se si conosce che potage è «terme qui désigne … une gamme très variée de préparations, allant des soupes assez liquides aux plats en sauce courte»57, non ci si stupirà che ricette come queste siano comprese in un considerevole nucleo di pasticci di carni, uova, latticini, e raccolte secondo la logica del servizio58. L’elaborazione culinaria di materiali e ingredienti non comuni e di pregio è nel Ricettario di San Martino artificiosa ma non bizzarra, il che distingue qualità sociali dei destinatari degli elaborati e tempo necessario alle preparazioni. A tal proposito, nell’ambito delle preparazioni complesse vanno annoverati quei piatti del Ricettario che esprimono gusto ed eleganza miranti a stupire i convitati secondo i dettami dell’estetica barocca, come il biancomangiare (38), il mangiare reale (97), la oglia (61), la torta d’acqua d’angeli (71), la sciroppata di cotogne (91), la 101 latte miele, ovvero i mirabilia gulae di questo ricettario, fra i più appariscenti cibi di alta qualità per sapori, elaborazione, potere nutritivo, rappresentativi pertanto del più raffinato consumo signorile. In particolare, dal Medio Evo al secolo XVIII la raffinatezza e la stupefazione in tavola si manifestano con la preparazione e la presentazione del biancomangiare (38), di cui svariate sono le ricette, nella tradizione occidentale come in quella orientale59. La prescrizione del Ricettario di San Martino suggerisce di ricuocere un petto di gallina con del latte, zucchero e farina di riso, e di farne «felle» dopo averlo fatto freddare; il «Mangiare reale» (97) ne è una variante più elaborata, con latte di capra e zuccherato «in quella quantità che volete», e vi si aggiungeranno cannella, pinoli, intinti a lungo in acqua di rose, e datteri: elaborazione quest’ulti57 B. Laurioux, Les repas en France et en Angleterre aux XIVe et XVe siècles, in Flandrin et Cobbi, Tables d’hier, tables d’ailleurs, p. 102. 58 Per le vicende della organizzazione ed il succedersi articolato delle vivande vd. S. Leone, Il servizio della tavola nella tradizione conviviale italiana, «Appunti di gastronomia», 36, 2001, pp. 62-106; e J. L. Flandrin, Les repas en France et dans les autres pays d’Europe du XVIe au XIXe siècle, in Flandrin et Cobbi, Tables d’hier, tables d’ailleurs, pp. 228-29. 59 J. L. Flandrin, Internationalisme, nationalisme et régionalisme dans la cuisine des XIVe et XVe siècles : le témoignage des livres de cuisine, in Manger et boire au Moyen Age. Actes du colloque de Nice (15-17 octobre 1982), Les Belles Lettres, Parigi 1984, vol. II, pp. 77-78 che ne enumera 37 versioni diverse; A. Martellotti, Il «Liber de ferculis» di Giambonino da Cremona, Schena, Fasano 2001, p. 81 e passim, E. Carnevale Schianca, Sulle origini del biancomangiare, «Appunti di gastronomia», 16, 1995, p. 5 e sgg.


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ma per la quale non parrebbero noti analoghi esempi nella letteratura gastronomica orientale ed occidentale60. Tra le ricette stupefacenti c’è poi la oglia, una ricca preparazione di carni di animali domestici e selvatici, verdure, frutta fresca ed anche secca, formaggi, spezie, ecc. messi insieme a bollire, ma con tempi diversi ed in diverse fasi, in un pentolone. Stando alla ricetta 60 «Per fare un’oglia putrita»61, più che un pentolone occorrerebbe una caldaia di enormi dimensioni, se si tiene conto degli ingredienti che a profusione vi dovrebbero confluire (c’è financo un pavone, avis magnatum), per una vera e propria olla de caballeros, quasi una di quelle del pantagruelico banchetto per le nozze di Camacho el Rico62. Già in Francia al tempo di Francesco I si portava in tavola «un plat garni de boeuf, mouton, veau, et lard, et la grand’brassée d’herbes cuites et composées ensemble, dont se faisoit un brouet, vrai restaurant, et élixir de vie. … En cest mélange de vivres ainsi arrangées, chacun y prénoit comme bon luy sembloit, et selon son appétit, tout y couroit à la bonne foi»63. Anche la 71, «Torta d’acqua d’Angeli», lascia stupefatti per la quantità e qualità degli ingredienti necessari da apprestare per il ripieno: un pesto di carne di cappone bollito e di piccioni arrosto zuccherato, e pignolata, zuccata, muschio e cannella stemperati in acqua di rose, rassodato da otto rossi d’uova e chiuso in «una alasagna buona» che la ricetta raccomanda di mettere in forno, avendo curato di decorare prima con «corte liste di pasta, fatte con lo sperone che venga a gelosia» e poi, «a 60 Sono due elaborazioni molto simili con lievi varianti. Infatti da un prototipo persiano e da contatti franchi con la Siria, come fa desumere il blaundysorye dei ricettari medievali inglesi, o con la Palestina dei tedeschi che lo conoscevano come muos von ierusalem, è derivata questa raffinata crema di pollo in latte (di capra o di mandorle) che è il “biancomangiare” dalle molteplici versioni (v. Martellotti, Il «Liber de ferculis», p. 331). Ad Avola e negli Iblei vive la versione col riso intero: v. C. Spadaro di Passanitello, Archeo-edologia: il riso in latte di mandorle, «Appunti di gastronomia», 36, 2001, pp. 27 sgg. 61 Quanto alle intitolazioni delle ricette hanno ragione Flandrin e Rédon ad avvertire che «l’imposition d’un titre coloré géographiquement vise plus à donner l’idée de la varieté qu’a définir ou adopter une cuisine d’ailleurs» (J. L. Flandrin, O. Redon, Les livres de cuisine italiens des XIVe er XVe siècles, «Archeologia medievale», VIII, 1981, p. 407), così come Rebora, per il quale «le intitolazioni geografiche sembrano inattendibili anche quando, dalla generica indicazione nazionale (d’Inghilterra, Francesco, saracinesca, theuthonico, provincialico, ispanico, ecc.) passano a precisare regioni o città» (La cucina medievale italiana, p. 68). 62 M. de Cervantes Saavedra, El ingenioso hidalgo Don Quijote de la Mancha, Aguilar, Madrid 1957 (II.XX), p. 1195: «… eran seis medias tinajas que cada una cabía un rastro de carne…». Non ne troviamo traccia nel Libre de Sent Soví né nel Libre di Roberto di Nola; non si trova ricetta di oglia nei ricettari attribuiti a Maestro Martino (v. C. Benporat, Cucina italiana del Quattrocento, Olschki, Firenze 1996). Nemmeno l’eclettico Antonio Latini (Lo Scalco alla moderna, Parrino e Mutii, Napoli 1692, par. I, p. 281) usa oglia ma la indica quale «minestra di foglia, alla spagnuola», che risulta meno ricca di quella «di foglie, alla napolitana» che la precede. 63 Ketcham Wheaton, L’office et la bouche, p. 98.


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mezza cottura», con «un circolo di tagliarinetti fretti atorno»; una volta cotto l’impasto, si dovrà dare «una sbruffata d’acqua rosa con un coccio di musco distemparato et una mano di zuccaro spolvorizato per sopra». È ben singolare il titolo di questa ricetta poiché a quanto sembra l’«acqua d’Angeli»64, che abbiamo in precedenza citato parlando delle acque aromatiche, non viene qui utilizzata; invece compare stranamente tra gli ingredienti della 70 «Turta alla reale» che ha come ingrediente principale «un pezzo di polpa buona»65. Il gusto barocco si rivela nel ricorso all’aggettivazione iperbolica nell’intitolazione dei piatti – nel reale qui attribuito a una salsa (65), a una salviata (79), a un mangiare (97), a un piatto (30), e nell’imperiale (84) a un certo piatto d’uova (84) – e nella sorprendente decorazione con oro ed argento della 92 «Per fare una sciroppata di cotogne», ove le mele cotogne sciroppate sono decorate con «pannelli d’oro, et di argento a scacchi»66, e ancora nel latte miele della 101, dove la vivanda viene guarnita «con un alto ramo di rosmarino, quale in un piatto sia sostenuto diritto conficcato in un limone o pagnotte o cacio» cosicché rappresenti, «con meraviglia de’ circostanti», un «monte nevato». Come il latte miele della ricetta 101, altrettanto barocca è la falsa ricotta (96), cioè un’imitazione artificiosa della ricotta67, la cui preparazione prescrive di mescolare «bianchi d’ova freschi» e «mezza libra di amandole mondate et peste» con zucchero e acqua di rosa finché «la pasta viene a modo della ricotta». Il Ricettario di San Martino consiglia di stupefare i convitati presentando la falsa ricotta in una fiscella68 vera e di bandirla «così calda». Elaborate sono anche la decorazioni della 73 «Turta di pere moscarelle», la cui sottile lasagna di copertura veniva «frappata con alcune delicature intorno», nonché quelle della 72 «Torta di fraole» decorata con «delicatura per sopra»; da annoverare tra le guarnizioni complesse anche l’«orlo e delicatura intorno» prescritto per la 75 «Turta di lattuche» e 64 L’acqua d’angeli è una infusione a base di zesta di limoni, calamo aromatico, cannella, chiodi di garofano e resine di benzoino e storace. 65 V. Corrado, Il Credenziere di buon gusto, Stamperia Raimondiana, Napoli 1778, p. 49 (ripr. anast. con commento di C. Benporat, Forni, Bologna 1991). 66 Le indicazioni decorative di alcune ricette si rivelano tanto più sorprendenti se si pensa che al tempo di maestro Martino l’uso dell’oro e dell’argento per le guarnizioni era abbastanza limitato, e riservato a certi piatti: talvolta, e solo nelle più solenni cerimonie, il pavone veniva presentato in tavola con una ricca decorazione. 67 Imitazione che differisce da quelle di Maestro Martino e del Ms. Bühler 19 solo per l’uso che in queste ultime si fa del brodo di pesce. «Per contraffare ricotta di quadragesima», in Benporat, Cucina italiana del Quattrocento, p. 129, e «Ricotta contraffatta», ibid., p. 271. 68 Così come per il napoletano Bühler 19, v. Benporat, Cucina italiana del Quattrocento, p. 271.


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l’«alcuno intaglio, et delicatura atorno» della 81 «Turta d’ova e cannella»; interessante infine la cura della presentazione nella 85 «Per fare impanate di triglie o luvari», ove si suggerisce di tagliare la pasta che inviluppava il pesce riproponendone plasticamente la forma o lasciando alla fantasia di sbrigliarsi «in modo che venghi a restare il garbo di pesce con farvi la sua coda, che habbia del naturale o più code, secondo vorrai a tuo capriccio». La cura nella presentazione è rivelata, oltre che dalla preziosità dei materiali utilizzati come oro e argento, anche dai complessi procedimenti per la preparazione e per l’esecuzione del decoro con glassa, come per la ricetta 70, nella quale la «Turta alla reale» viene guarnita con «zuccaro fino cernuto et un bianco d’ouo con un poco d’acqua rosa», mescolati a «un coccio di musco» e dopo aver applicato il composto sulla torta «con le penne di gallina», l’accurata preparazione prevede che vi si ponga lo «zuccaro spolverizato di sopra» e la si metta «nel forno lassandola finchè sarà cotta».

3. Elementi per una datazione È normalmente difficile datare con esattezza i libri di cucina perché gli elementi paratestuali esterni come incipit ed explicit sono piuttosto rari da trovare69. Ciò vale, ovviamente, anche per il ricettario palermitano. Una prima datazione generica è tuttavia possibile: sotto il profilo delle caratteristiche esterne il ms. palermitano, come già rilevava Di Marzo, è da ascrivere al secolo XVII e la grafia pare assai simile, e comunque coeva, a quella del manoscritto dei Banchetti del Nascia (1684)70; un più esatto terminus post quem per la databilità della compilazione si rinviene nell’ultima ricetta a noi pervenuta, quella dello «Acetoso per lo stomaco» (102) che contiene esplicito riferimento al primo libro del trattato di Vincenzo Tanara, L’economia del cittadino in villa, edito a Bologna da Monti nel 1644, dal quale si attinge chiaramente anche per la redazione della preparazione del «Latte miele» (101)71. Tuttavia, sotto il profilo del contenuto gastronomico, la raccolta di 69 Laurioux, Le règne de Taillevent, p. 15: «dater et localiser avec précision les manuscrits s’impose à qui veut reconstituer les traditions textuelles comme une tache prioritaire. Or, très rares sont les livres de cuisine qui comportent un colophon. C’est dans le manuscrit luimeme – ses filigranes s’il est en papier, son écriture et sa langue – qu’il faut aller chercher ces informations capitales». 70 V. nota 30. 71 La 102 rimaneggia il § «Come si faccia l’acetoso» di Tanara (l. I, p. 56), e la 101 (l. III, p. 151). Il riferimento al libro del Tanara evidenzia la circolazione siciliana del celebre trattato agronomico.


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ricette di cucina e segreti di San Martino, che – si noti bene – è indenne da segni d’uso culinario ed è da reputare opera di un unico estensore, parrebbe anteriore a quel terminus del 1644. Il ricettario sembra piuttosto riflettere usi gastronomici più antichi, cosa non insolita nella tradizione dei libri di cucina72, e deve essere stato trascritto da altra fonte – o da altre fonti – sinora a noi non pervenuta. A dimostrazione di ciò si potrebbero citare numerosi indizi: l’intitolazione dei piatti; il loro raggruppamento per servizi, sia di credenza sia di cucina; il qualificare menestra (così come, ad es. farà il Latini) quella che successivamente sarà chiamata crema sotto l’influenza delle mode francesi73; la presenza di termini quali potaggio, severo, brodo lardiero; la composizione delle salse; il presentare torte, crostate e pasticci arricchiti da elaborate decorazioni di pasta74; infine, elemento assai significativo, la mancanza di elaborazioni aventi fra i componenti cacao, patate, mais75, che solo nell’ultimo scorcio del XVII secolo cominciano ad apparire sulle mense aristocratiche distinguendole per esoticità, e soprattutto di carne di tacchino, nonostante la sua presenza sia già attestata nel terzo quarto del Cinquecento76. Sebbene nel nostro manoscritto ci siano almeno tre ricette analoghe ad altre del Liber de coquina, che gli storici fanno rimontare al XIV 72 Se è giunto fino a noi il Liber coquinarum bonarum, redatto verso il 1430 da un «N. medicus de Assisio», è grazie alla ricopiatura che ne fece a Bergamo nel 1481 uno strasburghese. Il Liber è custodito nella Bibliothèque municipale di Châlons-sur-Marne, col n. 311; inedito in Francia, una trascrizione è depositata presso la Biblioteca Regionale Universitaria di Catania, e una traduzione di Claudio Benporat sta in «Appunti di gastronomia», 23, 1997, pp. 25-66. Analogamente, anche il portoghese Livro de cozina da Infanta, databile alla fine del XV o al principio del XVI, parrebbe contenere delle ricette notevolmente più antiche. 73 Benporat, Storia della gastronomia, p. 158 nota 115. 74 Come quelle, ad es., del ms. Londra, Wellcome Institute for the History of Medicine, Western 211, inedito, d’ambito marchigiano del quale scrittura e filigrane consentono la datazione al XV secolo; v. C. Spadaro di Passanitello, Archeo-edologìa: la camorra, «Appunti di gastronomia», 28, 1999, pp. 24 sgg. e Il Ms. Western 211 e l’influenza iberica sulla cucina dell’Italia centrale, ibid., 30, 1999, pp. 6 sgg. 75 A eccezione del pomodoro, visto che qui è uno degli ingredienti di «Per fare una salsa verde» (62); lo si raccoglieva e consumava non ancora maturo ma verde. Sull’introduzione dei «pomi d’oro», che dice avvenuta «à i tempi nostri», si veda Mattioli, che li descrive «di colore prima verdi, & come sono mature in alcune piante rosse come sangue, & in altre di color d’oro», e «mangiati in insalata, conditi con pepe e sale, o fritti» (I discorsi, l. IV, pp. 1136, n. 56). 76 A detta di Tanara (p. 194), il tacchino («gallo d’India») sarebbe entrato nelle Corti italiane sotto il pontificato di papa Gregorio XIII (1572-85). Già il Cervio ne Il Trinciante (Burchioni, Roma 1593, p. 25) dà istruzioni sul modo di trinciarlo. Nella normativa suntuaria emiliana si è riscontrata la proibizione del consumo di tacchino già nel 1553 a Bologna, nel 1556 a Forlì e nel 1559 a Parma; e si ritrovano ricette per la sua cottura nei ricettari del Nascia (1684) e del Latini (1692). La prima utilizzazione della “chiocolata” nella cottura dei cibi va ascritta a merito dello stesso Carlo Nascia («Piatto undecimo. Di levrati arrosto» e «Piatto terzo. Di una suppa di biscottini alla savoiarda», pp. 148 e 193 de Li Quattro banchetti).


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secolo77, e altre analoghe all’Anonimo meridionale, una ipotesi ragionevole di datazione indurrebbe a ritenere che gli usi gastronomici vadano compresi più o meno negli anni che vanno dal Modo singulare de cocina (che, come è stato dianzi scritto, grafia e filigrana assegnano agli inizi del ’500)78 e dai più o meno coevi Apparecchi diversi da mangiare (dal cui colophon rileviamo Nerola come luogo di copia e il 3 agosto 1524 come data di redazione)79 sino alla Economia del Tanara del 1644, come proverà l’esame analitico di alcune delle ricette, che fa rilevare analogie che però – è bene ribadirlo – non indicano filiazione o rapporto testuale diretto. Mettiamo dunque in relazione le ricette che presentano affini o simili ingredienti e manipolazione, disponendole a confronto e in ordine presumibilmente cronologico: a) la ricetta 55 «Per fare un severo di gallina» quanto al procedimento presenta delle affinità con quella «De ciuerio leporis» (II.42) del Liber de coquina, anch’essa insaporita di «bonas species» anche se senza uso di mandorle: Liber de coquina II.42, De civerio leporis. Ad civerium leporis vel cunicoli accipe eos et assa in veru ungendo sepe cum lardo vel alia pinguedine et cum decocti fuerint abscinde eos per frustra et minuta post modum, recipe bonas species dum tamen piper super habundet cum pane fortiter assato in prunis et tere bene simul; postea recipe iecora eorum in prunis assata et cepas frixas cum bona pinguedine et totum tere et misce cum predictis ita quod omnia sint distemperata cum aqua et vino equaliter, deinde pone ad bulliendum et predictas carnes frustratas cum eisdem et si volueris, loco vini pone acetum in quantitate quod non sit nimis forte.

Ricettario di San Martino Per fare un severo di gallina. Piglia mezzo rotolo di mendole attorrate, dopo le pesterete bene, bagniando sempre il pestone acciò non faccia oglio, mettendoci dentro una gionta di passoli e le pestareti insieme con quelle amandole. Dopo piglia tre felle di pane bruscato e bagnato all’aceto e le pestareti con quella composizione e, come saranno ben pestate le dislatterete con vino cotto, acito e tre parti di vino cotto et una di aceto passandole per una stamegna, mettendoci una noce moscata ben pesta, garofali, cannella, pepe tanto che senta dentro questa compositione. Dopo la mettarete a cuocere, reminando sempre con una cocchiara per finchè parerà a voi che venghi a quagliare. Dopo piglia la gallina bollita e fatela in pezzi e la ponereti dentro la detta composizione e, quando la vorreti bandire, una mano di zuccaro et cannella per sopra; e si mangia fredda..

b) la ricetta 82 «Per fare ova ripiene» con quella «De ouis, primo de implendis» (III.12) del Liber de coquina, ma nell’impasto delle prime c’è molto zucchero, e nelle seconde non c’è zucchero ma «parum de caseo», mentre oggi si preparano normalmente con della ricotta80: 77 78 79 80

Mulon, Deux traités inédits d’art culinaire, pp. 369-438. Cfr. nota 19. Cfr. nota 20. G. Spadaro di Passanitello, Quaderno della felicità, p. 42, «Uova alla monacale».


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Liber de coquina III 12 De ovis, primo de implendis: ad faciendum ova plena findas unumquodque per medium dum fuerint primo bene decocta in aqua et hoc integra. Tunc extrahe rubedinem predictorum ovorum et acceptis maiorana, safrano, gariofilis distempera cum rubedine predictorum ovorum et pista fortiter adiuncto parum de caseo. Per singula octo ova distempera unum ovum crudum. Hoc facto de isto sapore imple albedines ovorum et frige cum bono lardo et cum agresta comede.

Ricettario di San Martino Per fare ova ripiene. Pigliate l’ova bollite et dure et le mondarete e le tagliarete per lungo et gli levarete li rossi per dentro e dopo pigliate un poco di petrosino et maiorana e li pestareti bene con quelli rossi di ova, tre onze di zuccaro et ogni sorte di misturi; e tutte queste cose le componirete insieme e n’empirete quelli bianchi d’ova. Dopo tenereti ova sbattute et in ordine con un poco di zuccaro et acqua rosa. Bagnatene quell’ova e le friggereti con saime o con olio o con quello che vi tornerà comodo e, quando li voleti bandire, zuccaro et cannella..

c) la ricetta 85 «Per fare impanate di triglie o luvari» con quella «De trotis in pastillo» (IV, 8) del Liber de coquina e «Affare pastello de trote» (81 LXXVIII) dell’Anonimo meridionale: Liber de coquina Pastillum de trotis fiat forma de pasta ad longitudinem troite, et troite bene scamate, lote et eventrate ibi ponantur, et parum de oleo: bonas species trittas cum safrano desuper sparge. Postea claudatur pastillum et fiant cornua in quolibet capite, ad modum barche. Postea fac duo foramina unum prope caudam et aliud ad caput vel tantum unum in medio. Postea decoquatur. Postquam fuerit bene coctum, per illa foramina ponatur aqua rosacea et succus citrangulorum vel limonum. Et tempore carnis potes ponere lardum loco olei.

Anonimo meridionale - libro A 81 LXXVIII. Affare pastello de trocte fa la forma de pasta dura secundo la longeça della trocta, et lava bene la trocta et tagliala et tra fora le interiora, et scì la sala et mictela in la dicta forma de pasta, et mictice olio et bone specie con saffarano, et cludi la dicta pasta secundo la forma della dicta trocta, et in chiascuno capo della pasta fa uno corno ad modo de una barcha, et da chiascuno capo della pasta fa uno forame et in meço uno altro, et fa cociere in furno o in testo, et quando ello è bene cocto, mictice per li dicti forami acqua rosata et suco de citranguli. In tempo de carnauale mictice lardo scolato et non olio.

Ricettario di San Martino Per fare impanate di triglie o luvari. Piglia li luvari freschi e le scarderai bene, che siano bene netti. Poi piglia passoli, pignoli, petrosino et maiorana et ogni sorte di misturi. Poi piglia li luvari e li meschirai insieme con quella compositione con sale. Dopo li fareti dui alasagne che siano tonde et quella di sotto più scanata. Dopo piglia penne di gallina e le bagnerai nell’acqua, dopo l’accommoderai li pesci, l’uno sopra l’altro, a triangolo. Dopo vi accommoderai l’altra alasagna di sopra e con lo sperone le taglierete in modo che venghi a restare il garbo di pesce con farvi la sua coda, che habbia del naturale, o più code, secondo vorrai a tuo capriccio. Poi vi farrai un portuso vicino alla testa del più grande di loro, donde potrete mettervi oglio, et infornateli.

d) la ricetta 62 «Per fare una salsa verde» col nucleo di quella il cui incipit è «Affare salsa uerde» del Libro A81:

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Per il Libro A, v. nota 5.


Il «Ricettario di cucina» di San Martino delle Scale ... Anonimo meridionale - Libro A 44 XXII. Affare salsa uerde tolli petrosimuli, menta, cardamomi, nuci moscate, pepe, garofani, çenzabro et pista forte in mortale, et giungnice poca de molglica de pane, et poi micti algli, se tu n’ày, et destempera con bono acito.

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Ricettario di San Martino Per fare una salsa verde Piglia un poco di menta, pomodoro, maiorana, finocchi e basilico in poca quantità e dopo li pestereti e, dopo che saranno pestati, li ponereti una mollica di pane bruscato e bagnato all’aceto e lo passarete con quelle verdure; e tuttavia attenderete a pestarle con ponerle di più un buon pugno di passi e, come saranno ben pesti, le ponereti tutti sorti di misturi con cinque rossi di ova fresche. Dopo le dislattarete con un poco di aceto buono e un poco di acqua rosa; fatto questo, la passarete per una stamegna con metterci 3 onze di mele overo zuccaro e dopo la ponerete a cuocere dentro una pegnatella nuova con una cocchiara, sempre remenando fino che spara a bogliere. Dopo, quando la vorrete bandire, zuccaro e cannella per sopra.

e) la ricetta 68 «Per fare salsa parda» con quella del Libro A «Assapore per grua rostita» (54 LII) nella quale non si fa ricorso a latte di mandorla82: Anonimo meridonale - Libro A 54 LII Assapore per grua rostita o per oca salvatica o per cesame tolli lu fegatello abrusciato et dui ovorucci de ove arostite et bone spezie et saffarano et magiurana et trita bene et destempera con bono vino et poco d’aceto et mictice poco de musto cocto si che scia agro et dolce.

Ricettario di San Martino Per fare salsa parda Piglia ficatelli di gallina crudi et pestali bene con un spicchio d’aglio e rossi d’ova e pestali insieme. Dopo pesta le amandole bianche e fanne latte e distemperane le suddette cose e passale per una stamegna con un poco di acqua rosa e le ponerete zuccaro et cannella e garofali ben pesti con un poco di aceto che sia agrodolce; e dopo le ponerai cannella per sopra.

Fin qua le ricette più antiche. Da qui in avanti riporteremo qualche caso di affinità con ricette dei cinquecenteschi Apparecchi e Modo singulare: f) la ricetta 29 «Per fare otto cassate di zuccaro» con quella «Pastatelle de zucaro» degli Apparecchi, che però sono fritte e non infornate: Apparecchi Pastatelle de zucaro. Piglia una libra de Amendole et una meza de Zuccaro et aqua de rose et aqua de fiorj de Cetrangola la pasta sia come quella deli garofalj et poy le frigitj con saime os vero con olio fino et como so frittj colate alo mele con la aqua osinata

Ricettario di San Martino Per fare otto cassate di zuccaro. Si pigliano rotola 2 di zuccaro e dui di mendole scaldate e ben mondate e poi, posti con zuccaro insieme con cannella onza mezza alla grossa, garofali quarta una, acqua rosa quartuccio mezzo, mosco coccio uno, e si sbatterà

82 Una «salsa di fegatelli di capponi» nella quale le spezie sono stemperate «con mezzo bicchiere di maluasia, due oncie di succo di naranci» era indicata da Bartolomeo Stefani quale salsa da servire «sopra selvatici arosto» (L’Arte di ben cucinare, p. 55).


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che sia tanta calda che se possi tenere la mano, et come se infose cazale presto et desupra Zucaro et Candella, et dintro le jmpieture et mittice tanta candella quanto pare ad vuj che tutto ce piglia colore, et mittice uno poco de musco os vero altro odore.

ogni cosa insieme e si faranno le cassate con la pasta tenera.

g) la ricetta 34 «Per fare nocatole scoverte» con quella «Per fare le nucatole de zucaro» degli Apparecchi: Apparecchi Per fare le Nucatole de Zucaro. Piglia una libra de amendole, et una et meza de Zucaro, et pigliate le ditte amendole una sera inanzi, et mettila alaqua frescha ad molle, et mondatile, et pistatille ala impressa che sieno come unguento et non le infondere, et poi ce jnmescatj lo detto Zuccaro, et poi lo volitj cocere ad una tassa, os vero ad uno stainato, et volitjce mettere uno bono acino de musco, et la pasta vole essere, come ad pasta de garofani.

Ricettario di San Martino Per fare nocatole scoverte. Piglia 3 rotola di zuccaro fino pestato, cernuto ben sottile, 3 rotola di mendole scaldate e ben pestate, mezz’oncia di cannella fina alla grossa, 2 cocci di mosco, un poco di acqua rosa; lo zuccaro, la cannella e le mendole si reminano molto bene con le mani e dopo si mette lo musco squagliato con acqua rosa e si levano e si mettono sopra le tavole con un poco di farina sotto per non attaccare; e si tiene in ordine mezzo rotolo di zuccaro fino e ben pestato sottile e, come son fatte, si saliano molto bene di zuccaro e si lasciano così crude per un giorno e poi s’infornano, che lo forno sia mediocre. Come s’infornano, si saliano con quello zuccaro fino, e son fatti e, come cominciano a rosire, si sfornano. Dello sovrapiù della compositione se ne potranno fare fonghi di zuccaro, animali, frutti et ogn’altra sorte di cose, avvertendo allo lavorare che non s’impiccichino.

h) la ricetta 37 «Turta di recotta bianca» con quella «Per fare una tarta de caso fresco» del Modo singulare: Modo singulare 63 – Per fare una tarta de caso fresco. Piglia caso fresco & recocta fresca: & casi cavalli freschi: & pistali molto bene insieme: & poi ce metti bianchi dova & alcuni rossi zuccaro & acqua de rosa. Poi squaglia lardo o grasso a la thiella & unctala & piglia bianchi dova & spandeli che facciano la crosta. Poi uncta la pasta e metti a la thiella: & mettivi quelle cose intro: Poiche e cocta metti zuccaro per sopra.

Ricettario di San Martino Turta di recotta bianca Pigliate 2 rotola di ricotta ben pestata, acqua rosa, quantum sufficit, acqua semplice mezzo quartuccio, mosco coccio uno, bianchi d’ova 12. Dopo si rimena ogni cosa insieme molto bene, havendo uno quartuccio di latte, e si fa la torta scoperta con la crosta di zuccaro, acqua rosa et bianco di ova.

i) la ricetta 38 «Per fare ‘bianco mangiare’» sia con quella «Per fare mangiare biancho» del Modo singulare sia con quella «Per fare lo biancho magniare» dell’Apparecchi:


Il «Ricettario di cucina» di San Martino delle Scale ... Apparecchi Per fare lo biancho magniare. Jnprimis piglia uno bono petto de gallina, et non sia troppo cotto, et sfilalo lo più sottile che se po, et la detto gallina sia amazata de continente, quando se vole fare la vivanda, et come lo petto es mezo cotto, cazatilo da lo pignato, mittitelo ala aqua freda os aqua de rosa, et come es defredato lo voliti sfilare, passatilo in modo che lle fila non se rompano niente, et poi pigliate fino ad cinque scodelle de latte de crapa et mittilo dintro lo pignato et mettite una libra de farina de riso ben passata ad poco ad poco sempre menandola, che non ce resta nullo granello et poj piglia lo detto petto sfilato, et mettilo dentro lo pignato ad poco ad poco menando sempre et poj piglia una libra de zuccaro et mettilo dintro menando la detta vivanda, et poj piglia lo grasso de lo brodo de la gallina, et mettilo dentro la detta pignata, et mettice uno poco de sale, et quando serando incorporate le dette cose jnsieme le ponite al foco, et menatile tutto bene, et lo detto menare vole essere con uno lagnaturo, et volese cocere la detta vivanda ali carbunj et non ala vampa, che non piglia de fumo et come es meza cotta, ce mitte uno poco de aqua de rosa, che non ce sia odore, et non la cazati dal foco, che non sia quagliata.

Modo singulare Per fare mangiare biancho. Tolle uno pecto de gallina che sia giovene: & ponelo a cocere: Poiche e cocto sfilaccialo molto minuto. Poi piglia una libra de riso: & fanne farina molto sottile. Poi piglia uno boccale de latte & mettilo a la caczola a bollire & quando bolle metti la farina de lo riso: & poi lo pecto de la gallina sfilacciato, & zuccaro: & menalo bene che non piglie de fumo: poi metti zuccaro sopra le scutelle.

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Ricettario di San Martino Per fare ‘bianco mangiare’ Piglia quartucci 6 di latte, zuccaro rotolo uno, farina di riso onze 4, lo latte e lo zuccaro ben pestato, e si metta dentro di un vaso bene stagnato e si remina molto bene. Dopo si leva e si mette nel foco di carboni, reminando con una paletta di legno da principio a fine e, come lo latte è scaldato, si metta la farina del riso che non faccia pallotti et a mezza cottura si tiene in ordine un petto di gallina cotto et sfilato, che sia stato i·nfusione nell’acqua rosa; e se ni mette dentro con un coccio di musco a poco a poco nello bianco e si finisce di cuocere sempre reminando. Si conoscerà la cottura quando casca pezzi pezzi dala paletta e, come è cotto, si tiene in ordine con vaso grande bagnato di acqua rosa e si metta dentro lo bianco e si salia di zuccaro fino molto bene; e si lasci raffreddare e fatene felle.

l) la ricetta 48 «Per fare tumacelli di fegato di porco» con quella «Per fare le tomacelle de porco» degli Apparecchi, che però li frigge invece che cuocerli «foco sotto, e sopra moderatamente»: Apparecchi Per fare le tomacelle de porco. Piglia lo fecato de porco dellessatilo, et poj grattatilo et depoi pigliate pepe, Cincinaro, et un poco de nuce moscata et garofani, candella et zafarana, quanto pare ad vuj che basta pistatelle, et pistace lo detto ficato, et pigliatj caso crapino, et caso cavallo, et ad uno fecato de porco, ce

Ricettario di San Martino Per fare tumacelli di fegato di porco Piglia lo fegato et boglilo e dopo fallo raffreddare e lo grattarete in forma di formaggio e lo metterete a pestare dentro un mortaro. Come sarà ben pesto, li ponerete dui sorti di formaggio buono e lo pestarete insieme con ogni sorte di misturi con 5 rossi d’ova e quat-


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vole decessette ova et una brancha de acito abattute, et volete mettere ogne cosa, et volitj invogliare con la carne de porco, et de po se vole frigere ala saime, quando es grattato lo fecato, lo voliti frigere con uno poco de jnsognia et lassative uno poco de quelli pezzulli de quella jnsognia.

tro onze di zuccaro e tre di pignolata con un poco di acqua rosa e tutti questi l’incorporareti insieme e, se havete commodità, di mettervi dui onze di butiro o altra sorte di grasso e questo farete a morso a morso e l’imbogliarete con la rete del porco et dopoi piglia una tortera, ungendola di grasso, e l’accommodarete dentro e le commoglierete con il suo coverchio e le darete foco sotto e sopra moderatamente; e quando li vorrete bandire, li metterete suco di agresta o vero di arangio, acqua rosa, zuccaro e cannella.

m) la ricetta 49 «Per fare un potaggio di fecatelli» con quella «Per fare sausa burella» del Modo singulare: Modo singulare 77. Per fare sausa burella. Piglia amandole falle attorrate & pistale molto bene: & mettice figatelli rossa dova cannella & pepe & zuccaro: & passala per la stamigna con vino agro che sia agra & dolce.

Ricettario di San Martino Per fare un potaggio di fecatelli Piglia mendole attorrate, pestandole bene, bagnando il pestone acciò non facci oglio e, come saranno peste, le ponereti mezzo rotolo di fecatelli insieme con mendoli, ponendovi onze 5 di zuccaro et ova 7, sempre reminando così il pestone con mettervi di più tre onze di passi, pignuoli et ogni sorte di misturi et un quartuccio di latte et acqua rosa. Dipoi piglia una turtera grande in cui possa andar la detta compositione, ungendola di grasso prima di metterci detta compositione, dando foco sotto et sopra e lassala cuocere e, quando la vorrai bandire, la farai in pezzi dentro il piatto.

n) la ricetta 51 «Per fare un mezzo arrosto di piccioni» con quella «Per fare mirraustro» del Modo singulare, a sua volta affine alla «Qui parla com se ffa mig-raust ab let de melles» (LIII) del catalano Libre de sent soví (sec. XI): Libre de sent soví Capítol LIIII. Qui parla con se ffa mig-raust ab let de melles. Si volls fer mig-raust ab let de melles, se ffa en aquesta manera: Primerament mit gualines en ast. E aprés ages brou d’altres gualines, e del caldum de aquelles d’ast ffes bon brou ab cansalada; e aprés ages amelles perades e ffé’nt let ab lo dit brou. E prin los ffetges e pique’ls bé, he destrempé’ls ab la dita let. E mit-ho a bollir ab bones espísíes: pebre, gingebre, clavels, canella; e puys mit-hi agror he sucre blanch. E ffesho molt bolir en la dita salsa,

Modo singulare 6. Per fare mirraustro. Piglia amandole & attorrale molto bene & poi pistale bene: & piglia una fella de pane & attorrala & mettila in ammollo a lo brodo magro: & poi lo pista insieme. Poi che son ben piste passa ogni cosa per lo setaccio con brodo magro: & poi mettice cannella & pepe che siano fine & metti ad cocere: & poi piglia uno paro de piczoni arrostiti overo uno cappone o gallina giovene: tagliali: & fa li peczi piccoli: & mettili dentro la sausa: & quando la metti ad cocere mettice zuccaro: & similmen-

Ricettario di San Martino Per fare un mezzo arrosto di piccioni. Piglia mezzo rotolo di mendole attorrate, pestale bene, dopo piglia mollica di pane abroscato e la bagnereti con brodo di carne et la pestarete con le mendole. Dopo, ponendovi 10 rossi di ova et sempre pestando, la distemperete con brodo di carne et suco di agresta, con 2 onze di acqua rosa e detta compositione la passerete per una stamigna e, come sarà passata, le ponerete ogni sorte di misturi con quattro onze di zuccaro; dopo le ponerete a cuoce-


Il «Ricettario di cucina» di San Martino delle Scale ... tro que conegues que sía cuyta. E ffe’n escudellas ab les gualines ensemps; e si’t vols, posa per talladors les gualines.

te sopra la scutella: cioe zuccaro & cannella.

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re dentro una cazzola sopra la braggia per fino a tanto che venghi lo corpo a quagliare e che venghi agrodolce. Dopo pigliarete 2 o 3 piccioni, che siano arrostiti di quella forma che volessero andare a tavola, e le fareti pezzi pezzi et le mettireti dentro la detta composizione e, quando li vorrete bandire, vi ponerete zuccaro e cannella per sopra.

o) la ricetta 66 «Per fare una mostarda di senapa» con quella «Per fare mostarda biancha» del Modo singulare: Modo singolare 76. Per fare mostarda biancha. Piglia la mostarda & pistala molto bene poi la stempera con brodo magro & mettila a la stamigna & stringela che nesca tucto quello malo sapore. Poi piglia amandole mundale & pistale bene: Poi piglia una fella de pane & bagnala al brodo che sia magro: Poi la pista insieme & mettice zuccaro: Poi passala con la stamigna & con la mostarda: & quando e passata mettice suco de citranguli.

Ricettario San Martino Per fare una mostarda di senapa Piglia la senapa e mettela infusione con aceto per un pezzo e la pesterai ben forte. Come sarà ben pesta le ponerai una mollica di pane bruscata bagnata all’aceto e tuttavia attenderai a pestare e le ponerai una gionta di passolini e seguiterai a pestare e, come saranno ben pesti, le dislattereti con un poco di aceto e vino cotto e l’aceto sia poco con tutti sorti di misturi e la passerete per una stamegna.

p) la ricetta 89 «Per fare mendolata» con quella «Per fare amandolata» del Modo singulare: Modo singulare 33. Per fare amandolata. Piglia le amandole mundale & pistale molto bene. Poi mettice una fella de pane bagnata al acqua & passala per la stamigna ad una caczola: mettice zuccaro & ponela a cocere: & quando e ben fermata levala dal foco.

Ricettario di San Martino Per fare mendolata Piglia mandole bianche, pestale molto bene, distemprale con acqua comune et un poco di acqua rosa. Dopo le passerete per una stamegna et lo latte de le mandole lo mettereti dentro una cazzola o tiano. Dopo piglia fette di pane bianco et sottili et mettili dentro il tiano con un poco di zuccaro e lascialo cuocere in braggia di questo modo.

q) la ricetta 100 «Per fare mustazzoli una piatta» con quella intitolata «Li sosamelli de zucaro» degli Apparecchi 83: Apparecchi Li sosamelli de zucaro. Piglia uno rotulo de zucaro, et fatine pezzi bene piccoli, et depo pigliatj una velunia de ovo, et mittelo dintro uno stainato et sbattilo molto bene, tanto che

Ricettario di San Martino Per fare mustazzoli, una piatta Piglierai un mondello di farina, un’onza alla grossa di cannella, mezza quarta di garofali alla sottile, un pezzo di noce moscata et un po-

83 Il Libro A non contiene una specifica ricetta per tali biscotti, ma nella «Affare musto cocto per fare mostarda» afferma di usare la mostarda «ad carne de porco et ad tenche salate et ad fare mostazoli et ad multe altre uidande» (Anonimo Meridionale, p. 14).


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tutto ritorna crema, et poy ce voliti mettere lo detto zuccaro, et poy ce mittiti una libra de aqua de rosa de supra, et depo la poniti disopra alo foco, tanto che ze squaglia lo zuccaro, et depo le voliti colare per una stamigna, et depo habiatj onze quattro de Candella fina, et onza meza de specie commone, zo es Cincinaro bastoncelli noce moscata grano paradiso, et uno Carlino de musco et de ambra quanto fosse uno acino de grano et volitj spolverizzare ogni cosa jnsemj et mittice se puote una cochiara de mele de Catalogna, et come lo Zuccaro es che ce potiti dorare lo dito, et vuj ce mittiti la farina, quanto pare ad vuj bene impastata che non siano troppo tosti et poy voliti battere sopra la tabula bene per fare le venire lissj, et depo faritj et stenderitj li sosamellj, et ad ogne sosamello che prenditi battitelo bene, sopra la tabula, et depo faritj et stenderitj li sosamellj, et ad ogne sosamello che prenditi battitelo bene, sopra la tabula, et depo le mettiti ad cocere et lo vostro testo sia de foco.

co di pepe e 2 coccia di mosco e mesticherai tutte cose insieme e dopo piglia rotola 2 di zuccaro e ne farai cileppo. Com’è fatto, lo scanerai e farai li mustacciuoli.

Nel manoscritto di San Martino non è indicato con che impasto realizzare il contenitore di pasta delle cassate e della torta di ricotta (29-3637), forse perché considerato pleonastico. Infatti, tranne nel caso dei pasticci (52-53) e della 76 «Per fare una Turta de caso cavallo fresco», nella quale è indicato l’uso di pasta sfoglia, in tutti gli altri casi genericamente si dice che una «alasagna» (o più lasagne, come nelle ricette 81 e 91) sottile si modula su una «tortera». Anche nel Modo singulare per eseguire la ricetta 63 «Per fare un tarta de caso fresco» – una caseata di «caso fresco, & recocta fresca: & casi cavalli freschi» – occorre rifarsi alla ricetta 61 «Per fare una tarta» che accenna a «pasta molto sottile che sia lavorata con acqua di rose» da far cuocere in una teglia – così come ancora oggi nel Napoletano si fa per il casatiello – decorando in fine l’impasto con «una rosa de pasta lavorata in meczo», incorniciata da listerelle di pasta. In conclusione, il riferimento ai più antichi trattati di cucina mostra la continuità di alcune preparazioni nel corso dei secoli, segno di una tradizione radicata, pur nella variabilità degli stili compositivi. A tal proposito con un ricettario in particolare si trovano più numerose le affinità, vale a dire gli Apparecchi, per quanto esso, a differenza del ricettario palermitano, mostri talvolta uno stile compositivo disorganico, salti alcune fasi, e – probabilmente dettato da un cuoco – si affidi spessissimo all’intuizione dell’operatore. Un ulteriore raffronto con i due ricettari (gli Apparecchi diversi ed il Modo singolare) vede in quello di San Martino un maggior uso di zucchero e di muschio e l’assenza di ambra, cosa che non stupirà se teniamo conto di quanto Castore Durante dice a proposito del-


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l’ambra, che «venerem stimulat, frigentibus atque proficit»84 e che dunque fosse plausibilmente da evitare in un ricettario redatto per uso di una comunità di religiosi votati alla castità. Resta un ultimo punto da trattare: si possono rintracciare nel Ricettario di San Martino “influenze” gastronomiche? Le compilazioni alimentari non hanno né forme né formule rigide. Quelle che precedono il XIX secolo – sia che siano essi trattati o libri di cucina in senso proprio o che siano, come questo in esame, raccolte di ricette – sono tutte improntate allo stile di vita delle élites, ed è con la fine del XV secolo che la trasmissione scritta – sia essa manoscritta o a stampa – si fa frequente a raccogliere la trasmissione orale. In mancanza, quindi, di certo autore e di colophon è, allora, allo stile delle ricette, al gusto che documentano, e sugli elementi compositivi che va eseguita l’indagine filologica utile al riconoscimento e allo svelamento di epoca, legami e prestigio del testo. Ogni cultura, e dunque ogni società, ha una propria tradizione alimentare, e nelle società complesse ogni livello di esse ha la sua alimentazione. Le raccolte culinarie – sia che si tratti di libri a stampa sia di quaderni domestici – sono fonti d’una storia del gusto e, in qualche modo, delle pratiche culinarie. In genere le ricette in esse contenute – a parte per qualche componente e se non per la foggia – non vanno ritenute frutto esclusivo dell’invenzione locale85 o di altre regioni, quand’anche la rubrica si dichiari riferita a un luogo, o una nazione86, o ad un dignitario. Esse codificano in realtà le mode alimentari distintive delle classi elevate in un luogo e in un tempo, e consentono di rilevare le analogie di gusto fra le classi elevate della società, così come in tutti gli altri settori, così anche nel campo alimentare, rivelandoci la complessità e le affinità delle culture e delle tradizioni, dei commerci e delle egemonie sociali. Ma come la moda alimentare si sia stabilita e varii ci è ignoto per la mancanza 84

C. Durante, Herbario nuovo …, appresso Bartolomeo Bonfadino & Tito Diani, Roma 1585, p. 491; analogamente Mattioli, I Discorsi, l. I, pp. 72 e 154. Il primo acquisto d’ambra del quale abbiamo, salvo errore, notizia è del dicembre 1324 per il papa Giovanni XXII: 2 once d’ambra fina pagate 8 libre e 10 soldi, «prix considerable» a detta di H. Aliquot, Les épices à la table d’Avignon au XIVe siècle, in Manger et boire au Moyen Age, vol. I, p. 133. 85 Ad es., i ricettari medievali dell’Europa del Nord attingono generalmente a fonti francesi o italiane: v. C. B. Hieatt, ‘Libellus de arte coquinaria’, an Early Northern Cookery Book, edited and translated by R. Grewe and C. B. Hieatt, Arizona Center for Medieval and Renaissance Studies, Tampa 2001, p. 11, nonché C. Spadaro di Passanitello, Note sulla traduzione del ‘Libellus de arte coquinaria’, «Appunti di gastronomia», 38, 2002, pp. 5-10; ed il Libro di buone vivande, La cucina tedesca nell’età cortese, a cura di A. Martellotti e E. Durante, Schena, Fasano 1991, pp. 13, 19, 27. 86 Le rubriche sovente sono d’invenzione, come si è visto, ad esempio, con la quantità di preparazioni “alla saracinesca” a base di vino o di sangue; v. anche nota 61.


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di una serie documentaria di fonti e di sicure testimonianze di apporti, e si deve operare solo per ipotesi quando non per deduzioni. È, questa, premessa necessaria per evitare che il trovarsi nel manoscritto in esame termini quali “oglia putrita” (61), “pan di Spagna” (26), (33), “biscotta di Spagna” (31), “alla spagnola” (45), possa indurre a reputare che esso sia intriso di cultura alimentare iberica87 – nonostante la mancanza di iberismi – considerando anche che la redazione del Ricettario è da ascrivere come si è detto al periodo della reggenza spagnola della Sicilia. Dell’ erroneità di tale eventuale sospetto cercherò di dare dimostrazione. Dal Croce apprendiamo che, venuti gli spagnoli a Napoli a contatto con la cultura di quella società, «si erano presentati quali ammiratori e discepoli, e discepoli perfino umili, come già re Alfonso e i tanti signori e prelati e umanisti di quella gente, e mettersi a imparare dagli italiani i buoni studi e il buon latino e procurare di spogliare l’ispidezza barbarica»88. D’altronde, l’egemonia politica non determina necessariamente egemonia culturale poiché, nelle regioni nelle quali c’è una forte identità culturale, la resistenza nella pratica culinaria agli influssi esterni è molto intensa. I documenti testuali rinvenuti89 ci danno la possibilità di affermare che la so87 88

Considerando poi la presenza di una sola formula “alla francese” della ricetta 52. B. Croce, La Spagna nella vita italiana durante la Rinascenza, Laterza, Bari 1949, pp. 11011. Bruno Laurioux ha scritto che aveva «a lungo attribuite alle tendenze sincretiche all’epoca prevalenti nel Regno di Napoli» le ricette “iberiche”del cd. Anonimo napoletano, «ma oggi dobbiamo necessariamente constatare che una buona parte di esse si ritrova nel manoscritto di Riva del Garda e sono quindi dovute verosimilmente alla penna di Martino» (I libri di cucina italiani alla fine del Medioevo: un nuovo bilancio, «Archivio storico italiano», CLIV, 1966, p. 51. 89 Quanto fosse parca la mensa catalana rispetto alle altre d’Europa è vanto di Francesc Eiximenis: «La nació catalana era exempli de totes les altres gents cristianes, en manjar honest e en temperat beure; e sens tot dubte aquesta és la veritat: que catalans son los pus temprats hòmens en viure qui sien al mon», e che «se diu comunament en Cathalunya de tota taula amesurada e sens superfluitat, que par que sia taula de Barchinona» (Com usar bé de beure e menjar, ed. J. J. E. Gracia, Clàssics Curial, Barcellona 1983, pp. 89 sgg.), e parca era anche la mensa reale, stando alle Ordinacions di Pietro III: «Estatuim que la cort nostra regladament en lo dinar de dos menjars apparellats tan solamente sia contenta; volem però, oltre aço alscunes vegadess, a conexença del majordom de la nostra cort, d’alcun entremès ésser appareylat» e «ajustants que del dits menjars la un sia cuyt en aygua, l’altra en ast o en altra manera, enaixí quels dits menjars de tot sien no semblants e diverses» (P. Bofarull y Mascaró, Ordenacions fetes per lo molt alt senyor en Pere terç, rey d’Aragó, sobra lo regiment de tots los officials de la sua cort, Colección de documentos inéditos del Archivo General de la Corona de Aragón, publicada de Real Orden, Barcellona 1850, vol. V, pp. 169-70, trad. it. di O. Schena, Le leggi palatine di Pietro IV d’Aragona, Edizioni della Torre, Cagliari 1983); M. Miquel, A. Domingo, La taula reial a finals del segle XIV, in «1r Colloqui d’Història de l’alimentació a la Corona d’Aragó, Edat Midjana», Institut d’Estudis Ilerdencs, Lleida 1995, vol. 2, pp. 293-307, hanno studiato i consumi alimentari di Pietro il Cerimonioso e della regina Sibilla negli anni 1374 e 1380. Nello stesso volume: O. Schena, Alla tavola di Pietro IV il Cerimonioso, pp. 627-32; A. Androer i Tassis, Un convit reial a la Barcelona del siglo XV, pp. 633-39; J. Domenge i Mesquida, Paraments d’argent i serveis de taula a la cort dels monarques catalans (segles XIV-XV) pp. 641-53. Si vedano, altresì, i saggi di Teresa M. Vinyoles i Vidal, La comida en la Barcelona gótica: necesidad primaria y rito social, e di G. Coll i Rosell, La cocina en el arte medieval catalán, pubblicati in Del rebost a la taula. Cocina y alimentación en la Barcelona gótica, Electa España, Barcellona 1994, rispettivamente alle pp. 19-29 e 42-45.


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cietà catalana ed aragonese acquisì nei regni di Napoli e Sicilia migliori e più raffinati costumi nel campo della cultura soprattutto gastronomica. Il più antico ricettario culinario catalano del quale abbiamo cognizione è il Libre de sent soví il cui nucleo rimonta all’inizio del XIV secolo, che Rudolf Grewe definisce «un conjunt de duescentes vint receptes de plats que es cuinaven als Paisos Catalans a l’Edat Mitjana en una epoca d’esplendor i d’expansió». Compilazione anonima, il Prologo lo vanta d’esser frutto della «esperiènsia de un bon coch del rey d’Anglaterra» che era stato conclamato «rey per los escudés he cochs de tota la terra d’Englaterra»90. L’opinione del Grewe è che l’attribuzione ad un cuoco formatosi alla Corte d’Inghilterra sia pura finzione letteraria, atteso che non vi si trovano segni della cucina anglo-normanna dell’epoca91, ma questa esigenza “pubblicitaria” ci fa osservare che la società catalana già in quel secolo era propensa ad indirizzarsi verso modelli extra-regionali. E, infatti, il più grande successo arrise poi al Libre del Coch, stampato in catalano a Barcellona nel 1520 e cinque anni dopo tradotto in castigliano a Toledo. L’edizione del 1520 lo dice «compost per lo diligent mestre Robert coch del serenissimo senior don Ferrando, Rey de Nàpols». Che si tratti di Roberto di Nola sembrebbe confermarlo l’edizione in castigliano del 1525; e che, quindi, il sovrano al quale era dedicata l’opera è Ferrante I d’Aragona, re di Napoli dal 1458 al 1494; e che la prima stampa sia stata condotta su manoscritti più antichi, lo desumiamo dall’osservanza riscontrata delle prescrizioni quaresimali vigenti anteriormente alla loro mutazione nel 1491. È stato, quindi, recepito dalla società iberica un corpus culinario elaborato alla Corte napoletana92. Grewe ha sostenuto che hi ha nombreses receptes del Sent Soví en la familia Manuscrit Napolità-Martino-Platina, que son una prova de la influència Catalana en la cuina italiana i que molt sovint son traduccions lliures del nostre text. … No és d’estranyar aquesta influència, perquè el regne de Nàpols i de los dues Sicilies estigué incorporat a la corona catalano-aragonesa, i degueren copiar els costums i, en particolar, els plats catalans. Aquesta influencia catalana en la cuina renaixentista italiana no havia pas estat remarcada fins ora93. 90 Libre de Sent soví, a cura de R. Grewe, Editorial Barcinó, Barcellona 1979; il volume raccoglie i due manoscritti conservati l’uno a Valencia e l’altro presso la Biblioteca Universitaria de Barcelona; le citt. a p. 7, e Proleg, p. 61. Altra edizione: L. Faraudo de Saint-Germain, El Libre de sent soví, Recetario de cocina catalana medieval, «Boletín de la Real Accademia de Buenas Letras de Barcelona», XXIV, 1951-1952, pp. 1-81. 91 Ibidem, p. 54. 92 Laurioux, I libri di cucina, p. 51 nota 86. 93 Libre de Sent soví, pp. 56-57.


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Egli indica in tutto 13 ricette di quel trattato riprese in diverse e ricche compilazioni italiane94. Contro questa affermazione obietto che solo cinque ricette “al modo catalano” erano state assunte dal Platina dal ricettario in volgare di Maestro Martino95 per essere tradotte in buon latino nel suo De honesta voluptate et valetudine (1470)96, non molte in verità per improntare di catalanità la mensa italiana. E ancora Grewe non tiene nella dovuta considerazione i molti italianismi culinari rilevati dalla Leimgruber nel Libre del Coch (altro nome col quale comunemente ci si riferisce al Libre de guisados di Roberto di Nola), testimonianza, questa, della traduzione di termini e di modi di cottura italiani97. E se ne La Lozana andalusa – romanzo ambientato nella Roma di Leone X – il Gran Señor spagnolo al cui servizio si propone la protagonista, sentito che essa sa fare «butifarros a la genovese, gatafurias y albondigas, y capirotada y salmorejo», subito le ordina «Anda, haceldo» perché gliele prepari per l’indomani, esclamando «Quanto tempo ha que yo no senti decir salmorejo!»98, quel patrimonio alimentare catalano nobile non è né ricco né raffinato. Che «la influencia italiana en los recetarios de cocina españoles de la época moderna fue importantisima» a cominciare da Roberto di Nola e sino a Diego Granado Maldonado (che nel suo Libro de cozina inserì un gran numero di ricette di Bartolomeo Scappi) e a Francisco Martinez Montiño, tranne che da Grewe, è stato più volte riconosciuto99. E non c’è da stupirsene. L’elaborazione alimentare, caratterizzata dalla capacità creativa, è ars mechanica come la pittura, la scultura, la musica, ed 94 95

Ibidem. Maestro Martino de’ Rossi elaborò e diffuse il nuovo codice alimentare del Rinascimento italiano nel suo Libro de arte coquinaria, il primo organico e completo ricettario in volgare italiano: Benporat, Storia della gastronomia, pp. 56 sgg.; Id., Maestro Martino e i suoi ricettari, «Appunti di gastronomia», 14, 1994, pp. 5-13; e C. Spadaro di Passanitello, Relazione tra il Libro de arte coquinaria di Maestro Martino e i ricettari italiani rinascimentali, ibid., pp. 119-204; Laurioux, I libri di cucina, pp. 41 sgg.; e Id., Gastronomie, humanisme et société à Rome au milieu du XVe siècle. Autour du De honesta voluptate de Platina, Edizioni del Galluzzo, Firenze 2006. 96 Il trattato dal titolo De honesta voluptate et valetudine fu steso dal Platina verso il 1467; alla sua prima edizione a stampa (Roma 1474) ne seguirono tre nel 1475 e il suo successo è segnato da ristampe, traduzioni, rifacimenti e plagi. M. E. Milham, Platina and Papal Politics, in Du manuscrit à la table, pp. 81-84. 97 Ad es.: gratonada n. 45 p. 45; genestada n. 58 p. 50; giladea n. 62 p. 52; salviat n. 95 p. 66; torta n.127 p. 79; brofolins e cascavall n.133 p. 82; etc. Mestre Robert, Libre del Coch, Tractat de cuina medieval, a cura di V. Leimgruber, Curial Edicions Catalanes, Barcellona 1977. 98 F. Delicado, La lozana andalusa, Lingua ediciones, Barcellona 2003, p. 123. Non si tratta che di salsicce alla genovese, di gattafura (una pizza genovese), di polpette, di una zuppa, e di un intingolo per la cottura del coniglio. 99 Cfr. ad esempio B. Santich, J. Allard, La cuisine espagnole au Siècle d’or, «Melanges de la Casa de Vélasquez», XXIV, 1988, pp. 177-90; M. de los Angeles Pérez Samper, Los recetarios de cocina (siglos XV-XVIII), in Codici del Gusto, a cura di M. G. Profeti, Franco Angeli, Milano 1992, pp. 152 sgg.


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è notorio quanta committenza iberica abbia onorato gli artisti italiani. La Corte è il luogo privilegiato della dolcezza del vivere. Un patrimonio alimentare come quello al quale attinse già il redattore del Sent Soví non può che accumularsi cospicuo in regioni che abbiano avuto a lungo splendidi e potenti e munifici sovrani, cortigiani ambiziosi d’emulare e opulenti territori. Per più secoli, queste condizioni si verificarono in Sicilia e a Napoli, con i sovrani normanni e svevi, e con gli stessi Angioini, e non nella penisola iberica. L’autorevole attribuzione da parte della Martellotti a Federico II e alla sua Corte del Liber de coquina e dei ricettari ad esso imparentati svela alla fine del Duecento questa prima cultura gastronomica “italiana”, sbocciata insieme alla poesia siciliana e diffusasi sino ad affermarsi100. La ripresa di interesse verso la cultura materiale ha fatto sì che la letteratura culinaria europea si sia arricchita e si arricchisca di anno in anno di molteplici testimonianze, ma in misura diversa sono state premiate le ricerche intraprese; per quanto riguarda l’area mediterranea, i maggiori rinvenimenti di testi e manoscritti per tutta l’Età moderna si sono avuti fra le elaborazioni italiane rispetto a quelle iberiche101. Le fonti che attualmente possediamo ci consentono di affermare che ci troviamo, quindi, di fronte non alla imitazione di un codice alimentare estraneo ma di un sistema condiviso, all’interno del quale l’elaborazione e l’inventiva procedono autonomamente102. Infatti, i numerosi ricettari manoscritti redatti nella penisola italiana e custoditi in essa o altrove dimostrano sì i collegamenti culturali ma anche il superamento della cuina de llar, qual era quella catalana a detta dello stesso Grewe. A conferma sta il fatto che, a parte una singola corrispondenza col Sent soví (v. p. 266) non parrebbero riscontrarsi ulteriori corrispondenze del nostro ricettario né con il Libro del arte de cozina di Diego Granado Maldonado (1599) né con l’Arte de cocina di Francisco Martinez Montiño (1611)103. Anche rispetto agli Apparecchi e al Modo singulare parrebbe di riscontrare una minore relazione con la pratica iberica, segni della sua redazione posteriore e autonoma. Sono elementi anche questi che, assieme alla mancanza di preparazioni semplici e che utilizzino il quarto anteriore dei bovini e, a eccezio100 A. Martellotti, I ricettari di Federico II dal ‘Meridionale’ al ‘Liber de coquina’, Olschki, Firenze 2005. 101 Infatti, in Spagna sono stati rinvenuti o meglio studiati soltanto trattati dell’età musulmana o ricettari conventuali del tardo XVIII secolo. 102 Molte delle preparazioni alimentari del Ricettario di San Martino risultano ancora gradevoli al gusto corrente e, con lievi modifiche, sono ancora oggi proponibili. Una selezione, con adattamenti, è in elaborazione a cura di Carmelo e Giuliana Spadaro di Passanitello. 103 D. Granado Maldonado, Libro del arte de cozina, Madrid 1599 (rist. con intr. di J. Del Val, Sociedad de Bibliofilos Españoles, Madrid 1971); F. Martinez Montiño, Arte de cocina, pasteleria, vizcocheria, y conserveria, Maria Angela Martí viuda, Barcellona, 1763 (la prima ediz. è del 1611).


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ne del fegato, le interiora – com’è riscontrabile nei più diffusi e qualificati ricettari sia a stampa sia manoscritti – e ai raffronti, confermano nel convincimento che il manoscritto palermitano 3QqB151 costituisca un’antologia di raffinatezze redatta nella seconda metà del 1600104.

4. Tipologia del testo e criteri editoriali Tipologicamente il Ricettario di San Martino è un testo prescrittivo, che vincola il destinatario all’esecuzione più o meno rigida di azioni pratiche. È dunque un testo che, come normalmente accade per i ricettari, è assai ripetitivo e formulare. Sotto il profilo linguistico, quello del ricettario è un siciliano che non presenta caratteristiche particolari. Dal punto di vista morfosintattico sono frequenti i costrutti recanti un “con” dotato di funzione gerundiale e valore modale: «con menarla» ‘menandola’, «con metterci» ‘mettendoci’, ecc.; viceversa, frequente il gerundio a valore temporale perfettivo: «levandoli» ‘dopo aver loro levato’, e frequentissime le sconcordanze tipiche di questo genere testuale e più in generale dei testi non troppo sorvegliati sotto il profilo formale, che potremmo definire genericamente “semicolti”. Le sconcordanze morfosintattiche sono dunque normali e sono state conservate nell’edizione: livellarle su una presunta norma alta sarebbe stato abusivo. A livello vocalico, il testo manifesta un’alternanza imprevedibile di vocalismo siciliano e toscano, sia tonico (pumi/pomi, musto/mosto, zuccaro/zucchero, butti/botti ecc.), e anche in dittongo (pedi/piedi), che pre- (cucchiara/cocchiara) e post-tonico (sanguisughe/sanguisughi, li ponerete / li ponereti ecc.). In particolare, una forma come dopoi (sic. mod. appoi), forse con arretramento della vocale pretonica, si alterna, comunque minoritariamente, con dopo/dipoi ma è troppo frequente per pensare a un semplice errore ortografico; e lo stesso si dica per una forma come pognata in luogo del più frequente pignata. Comunque, il vocalismo sia finale che mediano non è ancora del tutto “italiano”(dui, musto) ma in generale vi si avvia decisamente. A livello morfologico, l’assenza di <che> in vari casi, alle ricette 10, 12, 19 e con assoluta evidenza a 102, mostra una regolarità tale da far escludere l’errore o la svista occasionale di copia; andrà piuttosto conside104 Tale convincimento avrebbe potuto trovare conferma in liste di banchetti o di acquisti, brani di quotidianità, se per l’area siciliana ce ne fossero già di disponibili. La datazione proposta appare compatibile con gli acquisti registrati dai Padri Benedettini di San Nicolò l’Arena nell’ottobre 1672 in occasione del ricevimento del Marchese di Bajonne, Generale della Squadra di Sicilia (Archivio di Stato di Catania, Benedettini 778, Vacchetta del 1671, c. 138). In collaborazione col dr. Stefano Condorelli si è intrapreso lo studio della “Lista di spese per mangiare anno 1638” di Casa Moncada, reperita presso l’Archivio di Stato di Palermo.


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rata un’elisione puramente “grafica” che si riscontra già nella lingua antica (‘assenza’ di connettori, cfr. CLPIO, CCX-CCXII) e come tale da non correggere, a pena di alterare l’esito “grafico” di un significativo fatto di lingua. Lo stesso accade nel caso di quale = il quale/la quale, come a 39 e 101 (2 volte), elisione che appare praticamente nella metà delle occorrenze: anche in questo caso, e per la stessa motivazione, si è deciso di non praticare l’integrazione grafica. Piuttosto frequente è anche l’assimilazione in fonosintassi, che viene qui segnata con il cosiddetto punt volat come in i·nfusione = in infusione, mettere ·forno = mettere in forno. Quanto ai criteri editoriali, l’uso di maiuscole e minuscole è stato regolarizzato secondo le consuetudini moderne; e lo stesso vale per gli accenti e gli altri segni paragrafematici. È stata livellata l’oscillazione grafica tra -i- e -j- e -u- e -v- nei casi in cui la -u- grafica ha indubitabile valore consonantico, segnatamente di affricata bilabiale sonora; sono stati eliminati degli occasionali accenti (come in trè) e uniformati all’uso moderno; viceversa sono stati aggiunti gli accenti (cossì), e i segni di apocope (fa’) dove l’uso moderno lo richieda; sono state univerbate le forme discrete come dipoi (ms di poi), sicome (ms. si come, come a 279), acanto (ms. a canto), atorno (ms. a torno); adeguato -è- in talché, poiché, giacché. Ancora secondo l’uso moderno sono stati eliminati i punti dopo i numeri, come 4. onze, 2. quartucci, ecc. e sono state date per esteso le sigle (ad es. d.a per detta) e le misure di peso che nell’originale vengono date in forma abbreviata (ad es. libra per lib., rot.o per rotolo). L’interpunzione è stata adeguata all’uso moderno: quella originale del ms. asseconda in maniera più o meno sistematica l’andamento elencatorio della ricetta, che procede per aggiunte progressive legate da e, con funzione generalmente non coordinante ma di semplice connettivo testuale, con il difetto della ridondanza tipica delle punteggiature seicentesche. Il criterio di usare la virgola per separare le unità procedurali, se applicato coerentemente, avrebbe prodotto una quantità inaccettabile di segni interpuntivi, non gradevoli per un lettore moderno. Per questo si è preferito eliminare le virgole non necessarie, usandole per concludere le elencazioni di ingredienti, separare le proposizioni principali dalle subordinate e isolare le subordinate incidentali. Talvolta si è usato il punto e virgola per separare tra loro fasi procedurali come la raccolta degli ingredienti, le fasi di cottura, la presentazione, ma non avendo le ricette una strutturazione costante, un’eventuale dichiarazione di rigore in tal senso sarebbe accusabile – e a ragione – di arbitrarietà. Infine, il numero progressivo delle ricette è dato tra parentesi quadra. Non si dà indicazione delle carte, superflua per un ms. così recente e di lettura generalmente non problematica.


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TESTO

[…] [1] Cullurelle Per fare cullurelle di vino cotto, si bisognano fare le cullurelle e, poi fatti, tenerli larghi che si asciughino per dui giorni et dopo passati detti dui giorni, metterli a mollo intro una pignata o lembo che ci capano di musto et che ci stiano cossì a mollo dentro detto musto per un giorno et, poi passato detto giorno, farli bugliere come si suole con lo musto, che si fanno molli e saporiti assai. [2] Codogni Per fare codogni intro lo vino cotto boni, si bisognano pigliare li codogni e darci un buglio e dopo metterli a mollo intro lo vino cotto per un iorno e poi cocirli con lo vino cotto, che si fanno molli come una medolla. [3] Lepri, pitarri et anitri Le lepri, pitarri et anitri per havere buon sapore si ci vonno levare le cose dentro, poi empirli d’orgio o frumento o finocchio e darci un buglio e poi arrostirli, che hanno la meglio sapore del mondo, levandoli quando si vogliono mangiare dette cose dentro. [4] Quando le galline facesser ova apari per esser grasse o per non poter figliare ne morissero Pigliate fave vecchie di sei o sett’anni, scorciale e dopo pestatele bene et con acito forte mescolate; dateli a bere a dette galline dui o tri mattine, che vi vuole, ogni volta 4 o 5 fave et non più. [5] Per ammazzare le sanguisughe Pigliari puma terragni et darci prima una pistata et dopo cossì passati, metterli dove nasce l’acqua che si nutricano sanguisughi, che detti puma scorreranno dentro tutta l’acqua, che dove arrivano l’ammazzano, e quanta è la quantità dell’acqua, tanta più metterci di detti puma; li quali puma si coglino l’inverno e si conservano per l’estate meschiati intro terra in qualche agnuni per non infracidirisi. [6] Per ammazzare le zicche alla bestiame Pigliare murga d’oglio e dove sono le zicche untarli, che subito l’ammazza. [7] Per levare qualsiasi tacca che fosse supra vestito o drappo di seta tanto negro quanto di colore


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Pigliare un osso di carne di genco, boi o vacca e bruggiarlo bene e, dopo bruggiato, pestarlo bene e che si faccia come polvere e quella polvere metterla supra la tacca e lassatila al sole, che manchirà detta tacca. [8] Per conzarsi la faccia le donne, che li farà bello viso senza farci danno Fare distillare cucuzzi longhi e farni acqua e lavarsi la faccia con una pezza bagnata e dopo untarsela con oglio di mendola dolce. [9] Notamento per governarsi la vigna et inchiudiri lo vino Quando si vindigna, farai andare ad uno appresso che sia prattico e non ci fare cogliere li racioppi ma la racina solamente e, dopo colta la racina et messa intra una tina, et così a ventitui hore falla pestare con li pedi e poi falla colare tutto quello suo colare e mettere in un’altra tina quello mosto che cola e lassarcilo in quella tina solamente lo vinazzo quanto più asciutto si può et dopo a un’hora di notte tornare tutto quello mosto a metterlo dove restao lo vinazzo e poi con zappe farlo molto bene sbattere et lasciarlo cossì fin al mattino e poi fa’ imbuttar lo musto nelle botti e lo vinazzo metterlo allo stringituri come si sole a ripartirsi la stringitura alle botti, che verrà vino perfettissimo. Dopo vindignata la vigna, fa’ vindignare li racioppi e del proprio modo come di sopra falli pestare et imbuttare cussì separati ad altri butti. Recordati sopra lo mese che è vendignata far la tramuta, che non vole stare più, che levato lo vino di la mama e di quella tristitia di fezza, tornerà ad esservi qualche pugno di feccia e si conserva bono e forte e se non si tramuta, si guasta. Le botti non l’inchiri mai a cupuni ma lassaci sempre quanto una quartara manco alla tramuta per botte, che esala e verrà meglio lo vino. [10] Per fare acito Pigliare tutto lo vinazzo e metterlo di mano in mano intro butti vecchi stimpagnati et ad ogni butte metterci qualche dui lancelli d’acqua intro ditto vinazzo e poi, spedita la vindigna, con lo vinazzo che resta metterlo tutto intro li tini e metterci la quantità d’acqua pare ci vuole105 e poi ogni dì con li zappi fare sbattere detto vinazzo molto bene e sopra li 18 o 20 giorni che darrà all’agro metterlo in li butti sculato, che si farrà bono acito. 105

Sull’assenza del <che>, cfr. § 3 e ricette 12 e 19. Per altri casi di elisione “grafica”del che in un testo siciliano di analoga tipologia: “Recipe acquavita finissima secundo la quantità ne voleti fare […] Et dapo pigliati un poco de musto secundo vi piacerà […], in Pasquale Musso, Ricette di cucina in una farmacopea del Cinquecento, Atti del convegno Di mestiere faccio il linguista. Percorsi di ricerca, Palermo-Castelbuono 4-6 maggio 2006, in corso di stampa.


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[11] Per fare la malvascia Allo vindignare farla cogliere sula et imbiscarci la quarta parte di mantonico et poi pistarla et imbuttarla come di sopra e l’altri lignaggi imbiscarli tutti con l’altra racina e non con la malvascia. [12] Per conzare una botte che sapi d’aceto Ad una misca che capisci dui butti, metterci dui rotula di oglio bono commune e lassarla stare si veni a mangiare detto sapore di acito106 e si fosse botte cinquantina metterci un rotulo e mezzo e si è butti sengula bastirà un rotulo. [13] Per conzare una butti che incominciassi a sapere di muffa Pigliare lumiuni et aranci et fellarli come se si volessero mangiare felli felli et infilarli in un spago con pampini di citro e poi metterli attaccati allo cupuni quanto stano in mezzo la butti et poi stupparla bene che non sventi lu cupuni et per quindici iorni lassarcili et poi levarcili, che trovireti li stessi lumiuni et aranci che sanno di muffa, et, levati li detti, pigliare pampini di citro e tagliarli minuti minuti et metterli in ditta butti et lassarcili stare sempre, che levirà il ditto mal odore di muffa. [14] Per fare morire li cimici che si trovano in una littera o altra parte Pigliare arsenico e pistarlo ben minuto e poi mescolarlo con sapone mollo e sbattirlo ben et untarni dove sono detti cimici, che subito moriranno. [15] Per levare li tacchi di oglio o di grascia supra sita, panni o feltri Pigliare herba di vento e cavarne il suco et untare bene dove è la tacca con detto suco et dopo lassarla asciucare al sole e, poi asciutta, pigliare acqua calda e levare detta tacca bene e tornarla a lassare asciucare al sole, che subito si levirà. [16] Per conzare buttuni di chiappari Pigliare detti chiappari e saliarli bene di sali e poi metterli intro un insiro con acito forti e tenerli tre o quattro iorni al sole e poi conservarli, che si tenno mill’anni. [17] Per fari la carne salata che non feta In ammazzare lo porco, caldo caldo pezziarlo e salarlo che si teni mill’anni, ma se si lassa raffreddari e poi salari, feti o si fa rancita. E li 106

Ancora sull’assenza del <che>, cfr. ricette 10 e 19.


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pezzi piccioli sono boni, metterli salati in un barrile a solo a solo et ad ogni solo metterci allauro e finocchio ingranato, che si farà di un sapore bellissimo, e lassarli con lo proprio brodo che fa: si tene mill’anni. [18] Per lavare qualsivoglia tacca sopra seta o panno Il giorno della decollatione di S. Giovanni Battista, che è a 29 di Augusto, lava detta tacca con acqua sola et asciucala, che si leva miracolosamente. [19] Quello si deve fare per l’inchiusa del mosto Lassare li butti sempre con celo, perchè cuprincendosi si guasta il vino, o pure quello se li mette per cuprincirsi veni a mancare et è d’interesse107. [20] Stufa per li butti Ancora che una butti fusse guasta, quanto si voglia farci una stufa di busa di boi miscata con vinazo, lassarla cociri beni e, dopo bugliendo, mettirni una quartara o dui per butti e stupparla bene e poi lavata con musto si leva ogni mal odore; e mettendoci un utri di musto buglienti e lassarcilo e, prima quello, impirla di musto: si fa una spalla et un vino di cottura principale. La tramuta farla sempre a gennaro allo sottili della luna. [21] Per ammazzare li cimici Pigliare un’herba che si chiama ledano, alias savuco salvaggio et in latino lebulus, e mettirni quantità sopra li tavuli del letto e di sopra li matarazzi, tutti li fa morire. [22] Zucchero, come si chiarifichi In due libre di zucchero si pongono onze 8 d’acqua sbattuta assai con un chiaro d’ovo, dipoi ogni cosa misticato si pone sopra moderato fuoco, si procura che con l’ebollitione alzi con la schiuma ogni immonditia; quando si vede che il bollore comincia a rompere la schiuma come di già chiarificato, si cola o con stamigna o con panno di lino et in questo stato chiamasi ‘siroppo longo’ o ‘giulebbe’108. Dipoi si ritorna al fuo107 Si deve intendere che va sempre lasciato spazio tra il mosto versato ed il colmo della botte, e che l’operazione di ricolmatura, se effettuata successivamente può guastare il vino, compreso evidentemente quello che si aggiunge: e dunque la ricolmatura va a scapito della qualità del vino. – sull’assenza di <che>, cfr. ricette 10 e 12. 108 più e meno densità] più e meno sta (sta biffato) densità.


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co, procurando col farlo bollire di nuovo la più e meno densità e la minore chiamasi consistenza di ‘giulebbe’, la maggiore di ‘manuscristi’109. [23] Acqua di rigolitia La radica di questa, secca, tagliata in pezzi et ammaccata al peso di mezza libra, si fa bollire in 3 bocali d’acqua tanto che cali la metà, la quale resta tanto densa e dolce che per ogni bocale di questa si ci misticano 10 bocali d’acqua pura; e riesce gustosa e rinfrescante bevanda, oltre che monda le reni eccellentemente. [24] Acqua di cannella Cannella onze 1, tagliata et ammaccata in pezzetti, si pone in infusione per una notte in 4 bocali di acqua, ove poi ancora si fa bollire per un quarto d’ora, tenendo ben chiuso il vaso ove bolle; dipoi levato il vaso dal fuoco, vi si aggiunge altra tant’acqua, si tiene ben chiusa tanto che sia raffreddata et un’onza di zucchero di rottame per ogni libra d’acqua; s’accommoda e si mistica ogni cosa tanto che si dilegui et incorpori; poi si cola nella bozza passandolo per stamigno o panno di lino. [25] Acqua d’anesi et coriandoli Di anisi e coriandoli si fa l’acqua nell’istesso modo sudetto. Vero è che li coriandoli ammaccati col stare due o tre hore, infusi nell’acqua tanto che pigli colore, basta senza farli bollire. [26] Biscotto reale che chiamano ‘pan di Spagna’ Si compone con 12 ova e libre 2 di zucchero fino senza chiarificarlo, quali cose prima assai si misticano; poi se l’aggiunge farina onze 8 seguitando il maneggiarlo; poi, ridotto in forma di una gran pagnotta, con lento fuoco cotto si taglia in pezzi e si ritorna di nuovo al forno, poi si serve coperto di zucchero. [27] Pan lavato Per fare il pan lavato è meglio lo spognoso; si taglia prima in fette o con crosta o senza, s’abbrustìa, poi si fa stare in acqua pura o di rose fredda, anzi agghiacciata. Quando si vuole servire, si asciuga premendolo con mano fra una salvietta tanto che n’esca l’acqua tutta; poi, accommodata in un piatto, si cuopre di zucchero e s’asperge di succo di limoncello. 109

Con segno di richiamo in forma di croce.


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In tempo di gran caldo ricrea assai questa vivanda, ritorna le forze e l’appetito sicome estingue la sete, che perciò dicesi che Augusto mangiava pane imbevuto d’acqua. Puossi in loco di limoncello usar succo di granati e massime per l’ammalati, ma per un debole o goloso malvagìa o moscato, nella stagione fredda però. [28] Mollicanda Grattasi una pagnotta scrostata e, fatta stare in acqua fresca, si stringe in una salvietta tanto che si liberi da acqua; poi si pone in un bicchiero con vino e zucchero e serve per l’utili suddetti. [29] Per fare otto cassate di zuccaro Si pigliano rotola 2 di zuccaro e dui di mendole scaldate e ben mondate e poi, posti con zuccaro insieme con cannella onza mezza alla grossa, garofali quarta una, acqua rosa quartuccio mezzo, mosco coccio uno, e si sbatterà ogni cosa insieme e si faranno le cassate con la pasta tenera. [30] Per fare un piatto reale di mustaccioli Piglia rotula 2 di zuccaro e 2 di mendole scaldate e ben mondate e poi, pestate con zuccaro et cannella, si mette a sciroppare con bianco di ova. Come lo gileppe di zuccaro sarà fatto e ben schiumato, si conoscerà con la cocchiara, che cascherà lo gileppe pezzi pezzi. Si tiene in ordine una jonta di farina di rotula 4, onze 2 di cannella pestata alla sottile, garofali quarta una, pepe quarta mezza; e, come lo zuccaro si potrà maniare, si metterà nella jonta di farina e così s’impasterà calda quanto si potrà maniare, scanandola molto bene, e si faranno le mustacciole come tu vorrai, e si lasciano crude per due quarte d’hora per diventar bianche. Poi s’inforneranno, ma il forno sia lento acciò non le facci perdere la bianchezza. [31] Per far ‘biscotta di Spagna’ Piglia 80 ova, 6 con tutti li bianchi e lo resto li rossi soli, si sbatteranno dentro un vaso sin tanto che siano ben sbattute, e si tiene in ordine rotola dui di zuccaro pestato e cernuto, rotola 2 di farina di maiorca bona, onza 1 di cannella alla sottile e 2 quarte di garofari, un poco di cimino dolce (la cannella et li garofari non siano troppo pesti con il cimino), coccia 2 di mosto et onza 1 di acqua rosa, un’altra di moscatello leggiero o buon vino, et si meschi ogni cosa insieme con la farina et zuccaro. Le ova sbattute si reminano per un’hora fintanto che la compositione haverà fatto le campanelle e, come sarà bene sbattuta, si pigliano le tiglie, si ontano di saime al fondo, si mettono nevole e dopo si


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empino della sua compositione, avvertendo che non siano troppo piene perché al cuocere si potrebbono spandere, nè s’inforneranno prima che il forno sia forte et riposato. Innanzi che s’infornano, si fa la prova con la carta nello forno e, come saranno cotte, le insairete con un coltello: se esce asciutto, le levarete dalle tiglie e si taglieranno felle felle e si tornano a inviscottare. [32] Per fare collorelle d’ova, una platta Piglia 2 rotola di farina di maiorca, uno rotolo di zuccaro cernuto, 32 ova, 10 con tutti li bianchi e lo resto li rossi soli, et acqua rosa et vino, un poco di acqua commune e mezz’oncia di cannella alla grossa, una quarta di garofari alla sottile, dui cocci di mosco, pepe quarta una, saime onze 2, e dopo si mischia ogni cosa insieme e si pestano e stracciano molto bene e si mettono dentro le tiglie che siano onte con saime, che non impiccichino, e si cocino a forno lento. [33] Per fare ‘pane di Spagna’ Piglia ova 26 freschi, 20 con tutti li bianchi e 6 li rossi soli, e si rompino dentro una pignata nuova e stagnata e s’incominciano a reminare con una canna e di subito si tiene in ordine rotolo uno di zuccaro ben pestato e cernuto et, messo nella pignata con l’ova, si reminiranno un’hora senza riposarsi e dopo si va mettendo un rotolo di farina di amito che sia fresca e ben pesto, et uno va’ mettendo a poco a poco et un altro remina e, come sarà finito di mettere la farina, si leva la canna e si remina con una cocchiara nuova un altro quarto d’hora e se ci metterà cocci 2 di mosco et uno grano d’acqua rosa e si reminerà per lo fonno et alli canti della pignata, che al reminare sta l’importanza. Da che s’incomincia a mettere la farina, si mette foco al forno e come sarà sbattuta bene la detta compositione, che sarà un’hora, si piglieranno 2 o 3 tiglie calde e quanto più saranno alte meglio sarà e si metta carta netta sotto e s’empiono mediocremente e si saliano di zuccaro e s’infornano. Come have pigliato colore la faccia, se ci mette carta sopra per non bruggiarsi e si tornano nel forno e si lasciano inviscottare fin tanto che sta fermo nè va di banda e si spiccica dalla carta; e si leva dalle tiglie e si fa pezzi pezzi con lo coltello e, se per sorte vi sarà qualche poco di crudo nello solo di sotto, si taglia destramente e si torna ad infornare con le proprie tiglie e si lascia invescottare. [34] Per fare nocatole scoverte Piglia 3 rotola di zuccaro fino pestato, cernuto ben sottile, 3 rotola di mendole scaldate e ben pestate, mezz’oncia di cannella fina alla grossa, 2 cocci di mosco, un poco di acqua rosa; lo zuccaro, la cannella e le


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mendole si reminano molto bene con le mani e dopo si mette lo musco squagliato con acqua rosa e si levano e si mettono sopra le tavole con un poco di farina sotto per non attaccare; e si tiene in ordine mezzo rotolo di zuccaro fino e ben pestato sottile e, come son fatte, si saliano molto bene di zuccaro e si lasciano così crude per un giorno e poi s’infornano, che lo forno sia mediocre. Come s’infornano, si saliano con quello zuccaro fino, e son fatti e, come cominciano a rosire, si sfornano. Dello sovrapiù della compositione se ne potranno fare fonghi di zuccaro, animali, frutti et ogn’altra sorte di cose, avvertendo allo lavorare che non s’impiccichino. [35] Per far nocatole coperte Piglia la propria composizione, solo che la metà per fare una piatta, e poi piglia rotola 2 di farina di maiorca fina e mezzo rotolo di saime, mezzo rotolo di zuccaro cernuto ben sottile, 6 rossi d’ova, acqua rosa et vin bianco, un poco di sale e lo restante acqua semplice; e si farà la pasta di tutte le cose suddette e si scanerà molto bene con la sbriga e poi si potranno fare li nocatoli del modo che vorrai e s’infornano al forno forte con le tiglie ontate con un poco di saime come l’altre suddette; e non si levano mai dalle tiglie sino a tanto che sono fredde. [36] Per fare un piatto di cassate di recotta Pigliare rotola 4 di recotta, rotola 2 di zuccaro, acqua rosa ad arbitrio, mosco coccia 2, e si pesta molto bene e si mischia ogni cosa insieme; e farete le cassate saliate di zuccaro et cannella fina sotto et sopra e si faranno mediocremente. [37] Turta di recotta bianca Pigliate 2 rotola di ricotta ben pestata, acqua rosa, quantum sufficit, acqua semplice mezzo quartuccio, mosco coccio uno, bianchi d’ova 12. Dopo si rimena ogni cosa insieme molto bene, havendo uno quartuccio di latte, e si fa la torta scoperta con la crosta di zuccaro, acqua rosa et bianco di ova. [38] Per fare ‘bianco mangiare’ Piglia quartucci 6 di latte, zuccaro rotolo uno, farina di riso onze 4, lo latte e lo zuccaro ben pestato, e si metta dentro di un vaso bene stagnato e si remina molto bene. Dopo si leva e si mette nel foco di carboni, reminando con una paletta di legno da principio a fine e, come lo latte è scaldato, si metta la farina del riso che non faccia pallotti et a mezza cottura si tiene in ordine un petto di gallina cotto et sfilato, che sia stato i·nfusione nell’acqua rosa; e se ni mette dentro con un coccio di mu-


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sco a poco a poco nello bianco e si finisce di cuocere sempre reminando. Si conoscerà la cottura quando casca pezzi pezzi dala paletta e, come è cotto, si tiene in ordine con vaso grande bagnato di acqua rosa e si metta dentro lo bianco e si salia di zuccaro fino molto bene; e si lasci raffreddare e fàtene felle. [39] Per fare una menestra di latte Pigliate un quartuccio di latte colato e si mette nella pignata nuova quale si pone sopra del foco di carboni lento per non pigliare di fumo e, come è calato, si tenino in ordine 16 bianchi d’ova ben sbattuti, zuccaro onze 2 alla grossa, cannella fina et un poco di acqua rosa e di musco e si mettono dentro lo latte; e si va sempre reminando d’una parte e, come incomincierà a bollere, si levi dal foco e mettasi a riposare; e si condisce con zuccaro e cannella. [40] Per fare pasticci di piccione senz’ossa Pigliate 4 piccioni, si bollino e si levano l’ossa e si tagliano minuti e si pestano. Dopo si pigliano 20 rossi d’ova duri e si pestano e 30 con tutti li bianchi, 9 oncie di mendole caliate, e si mettono pestate molto bene e si mescano ogni cosa insieme con una oncia di cannella fina alla grossa, una quarta di galofari alla sottile, mezza quarta di pepe; e dopo tutto questo si soffrige dentro una pignata nuova con un poco di saime buona e si remina spesso che non s’appiglia. Come è soffritta, si mette dentro un vaso e si mette dui coccia di mosco, rotolo uno di zuccaro ben pestato, uno quarto di acqua rosa. Dopo si lascia a raffreddare e, facendo li pasticci, si cuocino. [41] Per fare crostrata sopra li pasticci Piglia 2 onze di zuccaro fino ben pestato et un bianco di ova et un coccio di mosco, reminate ogni cosa insieme; come son cotti li pasticci overo turta, gli le metterete per sopra e se li dona un caldo di foco lento. [42] Per fare pasticci di carne di ienco Pigliate carne di filetto rotola 2 e si tagliano minuti assai et si mettono dentro un vaso. Pigliate zuccaro rotolo uno e mezz’onza di cannella fina alla grossa, una quarta di galofari e mezza quarta di pepe ben pestati, se ne salija un poco dentro la carne e se ci mette un poco di sugo di arangio et acqua rosa. Si lascia i·nfusione per hore 4 e dopo pigliate lo resto dello zuccaro et misturi, e mettivisi un poco di brodo di agresta e di arangi, acqua rosa, 2 coccia di mosco con 20 rossi d’ova sbattute insieme; e si piglia la carne e si sprema e si mettono in pasticci e dopo s’infornano e, come sono mezzi cotti, si mette il suo sugo e, come il col-


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lo fuma, son cotti, avvertendo che la pasta sia tenera; di sopra si fa la crostata di zuccaro. [43] Per fare collorelle di recotta overo ‘sfingi’ Si piglia rotolo uno di ricotta, mezzo rotolo di zuccaro et cannella, 10 ova fresche, un poco di farina, un poco di crescente; fàtine sfingi, collorelli et altri lavori per friggere con saime assai. [44] Per fare un rotolo di marmorati Si piglia zuccaro fino rotolo uno, mosco cocci 4 e lo zuccaro si pesta ben sottile, e poi si troverà in ordine un poco di amido con un poco di acqua rosa per 24 hore, tanto che sia bene assuppata, e si piglerà lo zuccaro et mosco ben pestato e cernuto, ogni cosa insieme, e si metterà dentro un mortaro di metallo e si remina molto bene con lo pistone che diventi come una pasta dura e dopo si lascia la detta pasta per hore 24. Dopoi si ritorna a reminare forte con le mani, si faranno le marmorate della sorte che vorrete con le stampe e si lasciano fermare che si faranno dure. Come sono dure, si piglierà mezzo rotolo di zuccaro fino et si sfa con un poco di acqua et ovo bianco. Si darà cottura giusta, scumandolo molto bene. Come è a punto, si ponerà dentro una cocchiara di bianco d’ovo e si reminerà di subito, che se leverà del foco con un bastone netto tanto che diventerà bianco; di quello darai l’argentata alli marmorati. Poi si lasciano asciugare e si toccano d’ovo secondo il tuo piacere. [45] Antipasto alla spagnola Piglia la carne e tagliala in pezzi piccioli e cipolle tagliate insieme, e mettili mezzo quartuoccio di vino cotto dentro e falla cuocere; e nella mezza cottura mettili passoli, pignoli e pruna e, come sarà cotta, un poco di aceto et spetie et levala dal foco et ponela in su la braggia. [46] Per fare una crustata di mendola Piglia la mendola e la boglirete. Come sarà cotta, la pestarete insieme con ricotta fresca, la ponerete 6 ova con acqua rosa e quattro onze di zuccaro et ogni sorte di misturi quanto basta. Dopo piglia una turtera, ongendola con grasso e ponendola la detta compositione dentro. Li metterete dopoi di sopra una mano di passolini e pignoli, con questo le darete foco sotto e sopra moderatamente finchè cuoce e, quando la volete bandire, gittatevi alquanto d’acqua rosa, zuccaro e cannella. [47] Per fare una torta di ficatelli Piglia li ficatelli e li taglireti in pezzi con felli di presutto, passi, pignuoli, con un poco di lardo buono, e con questo li mettereti a soffrige-


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re dentro una cazzola con ogni sorte di misturi et pane tagliato felli sottili e questo lo farete insieme soffrigere; et poi per una tortera, ungendola di grasso con misturi, le accommodarete una lasagna e vi metterete dentro la detta compositione con coccia di agresta overo suco di aranci, mettendovi sopra l’altra lasagna frappata, ungendola di sopra con grasso e la ponereti a cuocere, ponendovi sopra acqua rosa, zuccaro e cannella. [48] Per fare tumacelli di fegato di porco Piglia lo fegato et boglilo e dopo fallo raffreddare e lo grattarete in forma di formaggio e lo metterete a pestare dentro un mortaro. Come sarà ben pesto, li ponerete dui sorti di formaggio buono e lo pestarete insieme con ogni sorte di misturi con 5 rossi d’ova e quattro onze di zuccaro e tre di pignolata con un poco di acqua rosa e tutti questi l’incorporareti insieme e, se havete commodità, di mettervi dui onze di butiro o altra sorte di grasso e questo farete a morso a morso e l’imbogliarete con la rete del porco et dopoi piglia una tortera, ungendola di grasso, e l’accommodarete dentro e le commoglierete con il suo coverchio e le darete foco sotto e sopra moderatamente; e quando li vorrete bandire, li metterete suco di agresta o vero di arangio, acqua rosa, zuccaro e cannella. [49] Per fare un potaggio di fecatelli Piglia mendole attorrate, pestandole bene, bagnando il pestone acciò non facci oglio e, come saranno peste, le ponereti mezzo rotolo di fecatelli insieme con mendoli, ponendovi onze 5 di zuccaro et ova 7, sempre reminando così il pestone con mettervi di più tre onze di passi, pignuoli et ogni sorte di misturi et un quartuccio di latte et acqua rosa. Dipoi piglia una turtera grande in cui possa andar la detta compositione, ungendola di grasso prima di metterci detta compositione, dando foco sotto et sopra e lassala cuocere e, quando la vorrai bandire, la farai in pezzi dentro il piatto. [50] Per fare un potaggio di crapetto Piglia il crapetto tagliato in pezzi piccioli, soffrigili con buono grasso e, come sarà soffritto, li ponerete ogni sorte di misturi con un terzo di vino et uno di aceto, pruna, passola et un pezzo di zuccaro; con questo li finireti di cuocere, che lo potaggio venga agrodolce e, quanto lo vorrete bandire, le ponereti felli di pane sottile per sotto bagnate nel brodo della carne. [51] Per fare un mezzo arrosto di piccioni Piglia mezzo rotolo di mendole attorrate, pestale bene, dopo piglia mollica di pane abroscato e la bagnereti con brodo di carne et la pestarete con le mendole. Dopo, ponendovi 10 rossi di ova et sempre pestando, la distemperete con brodo di carne et suco di agresta, con 2 onze di


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acqua rosa e detta compositione la passerete per una stamigna e, come sarà passata, le ponerete ogni sorte di misturi con quattro onze di zuccaro; dopo le ponerete a cuocere dentro una cazzola sopra la braggia per fino a tanto che venghi lo corpo a quagliare e che venghi agrodolce. Dopo pigliarete 2 o 3 piccioni, che siano arrostiti di quella forma che volessero andare a tavola, e le fareti pezzi pezzi et le mettireti dentro la detta composizione e, quando li vorrete bandire, vi ponerete zuccaro e cannella per sopra. [52] Per fare un pasticcio alla francese Piglia un pezzo di buona carne e la capoliarete molto bene e dopo la soffrigerete con lardo battuto o altra sorte di grasso e dopo mettendovi ogni sorte di misturi, passoli, pignoli, coccia di agresta overo suco di arangi; dopo pigliate la pasta con brodo di carne, rossa di ova, un poco di acqua rosa, zuccaro e cannella e che sia dura e tenera e dopo empirete il vostro pasticcio e menarete un’altra volta quella carne capoliata, dandole colore di zafarana, e che non sia troppo broduso e li metterete dentro qualche medollona e 3 rossi di ova; dopo lavorate il suo coperchio della medesima pasta e le farete alcuni intaglio e lo metterete a cuocere, dandoli foco sotto e sopra, mettendolo dentro una tortera ove l’infornareti e, como sarà cotto, acqua rosa e zuccaro. [53] Per fare un pasticcio di quaglie Piglia le quaglie che siano ben nette, levandoci l’interiori, dopo l’attorrerete sopra una gradiglia, sbruffandole con vino; fatto questo, le lardarete con una lardera sottile, dopo le ponereti dentro una cazzola con lesche di presutto et lardo battuto, passoli, pruna e pignoli con ogni sorte di misturi, ponendole a soffriggere per un pezzo. Dopo piglia la pasta con brodo di carne, vino buono, ova et saime che la pasta sia un poco dura; poi empirete il vostro pasticcio de le dette quaglie con quell’altra compositione ben accommodati, facendoli il suo coperchio con la medesima pasta di sopra et in mezzo, che vi sia un portuso a talchè vi si possi mettere agro, cioè suco di agresta, e lo ponereti a cuocere dandoli foco sotto et sopra e, se havete forno, sarà meglio, e, come sarà cotto che lo volete bandire, lo sbruffarete con acqua rosa, zuccaro, cannella per sopra. [54] Per fare una gelatina di pedi di porco Piglia tre rotola di piedi o orecchie e l’aprirete bene, dopo li ponereti dentro una pegnata grande con tre parti d’aceto et una di vino buono e sale; dipoi li mettereti a bogliere et a mezza cottura li mettereti un quartuccio di vino cotto overo un rotolo di mele et ogni sorte di misturi con tre cime di salvia e con questo li finireti di cuocere; e, dopo cotto,


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coglireti tutto il grasso e coglireti li detti piedi e l’accommodareti dentro piatti. Dopo piglia tre bianchi d’ova fresche et sbattute e le mettirete in questo brodo dandole una mescolata con la cocchiara e con questo li lascerete bogliere per un pezzo e dopo li colareti dentro una pegnata, e questo brodo lo dispartirete in piatti e li mettereti a parte fredda. [55] Per fare un severo di gallina Piglia mezzo rotolo di mendole attorrate, dopo le pesterete bene, bagniando sempre il pestone acciò non faccia oglio, mettendoci dentro una gionta di passoli e le pestareti insieme con quelle amandole. Dopo piglia tre felle di pane bruscato e bagnato all’aceto e le pestareti con quella composizione e, come saranno ben pestate, le dislatterete con vino cotto, acito e tre parti di vino cotto et una di aceto passandole per una stamegna, mettendoci una noce moscata ben pesta, garofali, cannella, pepe tanto che senta dentro questa compositione. Dopo la mettarete a cuocere, reminando sempre con una cocchiara per finchè parerà a voi che venghi a quagliare. Dopo piglia la gallina bollita e fatela in pezzi e la ponereti dentro la detta composizione e, quando la vorreti bandire, una mano di zuccaro et cannella per sopra; e si mangia fredda. [56] Per fare una paparotta Piglia tre pernici o francolini o altri uccelli volatili buoni e falli arostire di modo che volessero andare a tavola. Dopo le fareti in pezzi; dopo pigliareti amandole et le scalderete et mondatele bianchi, tenereti in ordine acqua fresca, et in mondarle, le mettirete dentro quell’acqua. Dopo le ascucarete e le atturrarete dentro una padella ben netta e dopo le pestarete bagnando il pestone; dopo pigliareti due felli di pane bianco, bagnatele al brodo di carne macra e le pestarete insieme con l’amandole con metterci sei bianchi di ova freschi e li dislatterete tutti insieme con suco di agresta o di arangi et brodo di carne magra e mettirete di più 4 onze di zuccaro. Dopo pigliate bianco pane e fàtene felli sottili e frigeteli con saime buona e, come saranno fritte, farete dentro li piatti un solo di quel pane fritto et un altro di quelli pernici o altri uccelli che haverete e così seguireti e, come sarà finito, li mettereti detta compositione dentro e, combogliandolo con un altro piatto, le ponereti acanto il foco con cenere calda sotto et sopra; e dentro la detta compositione le metterete un poco d’acqua rosa e le spolverizarete cannella di sopra. [57] Per fare una menestra di cotogni Piglia un pezzo di carne buona e mettilo a bogliere con un pezzo di lardo dentro, scomandola bene; come sarà cotta, le ponerai la cotogna, che siano nette et in pezzi, e lasciale bogliere che siano ben cotte. Dopo


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pigli casocavallo grattato, dentro con ogni sorte di misturi con un rosso di ovo per menestra che farai e, se sarà tempo, le ponerai coccia d’agresta, petrosino, maiorana, zuccaro e cannella. [58] Per fare un tiano di tuma e ricotta Piglia la ricotta e tuma e tagliala minuta. Poi piglia un tiano che sia ben netto e ponici un poco di acqua rosa per sotto con un poco di cannella spolverizata, dopo piglia la tuma e fate un solo di tuma et ricotta et un altro di zuccaro, cannella, passi e rossi di ova; e così seguirete un solo di l’uno e uno dell’altro per finchè sarà pieno lo tiano. Dopo lo combogliarete e mettetilo sopra la brascia a foco temperato e, quando vi parrà cotto, zuccaro e cannella per sopra e lo bandirete. [59] Per fare menestra d’ova e latte Piglia il latte di crapa et ova sbattute, zuccaro, sale e cocci di agresta, passoli et pignoli sani, e poneteli dentro una cazzoletta overo pegnata, cuocendoli con braggia, menandoli sempre finchè si venghi a fermare. E, quando la vorrete bandire, zuccaro e cannella. [60] Per fare menestra di amandole Piglia le mandole scaldate e mondate, le passerete e, come saranno peste, le metterete ova sbattute, cioè 2 ova per menestra, e le distemprarete con un po’ di brodo di carne e mettici zinziparo e mettilo a cuocere con diligenza, menandola sempre finchè quaglia e, quando la vorrete bandire, zuccaro e cannella. [61] Per fare un’oglia putrita Piglia un pezzo di ienco et un altro di codata e li metterete in una pognata con acqua et sale con tre onze di ciceri crudi, con piedi et orecchie di porco, e li mettireti a cuocere con mezzo rotolo di presutto tagliato in pezzi et un pezzo di lardo battuto, tre onze di verrina, un salsiccione tagliato per lungo e, se havete, alcuna sorte di salvagina e di quante sorti più ne potrete havere sarà meglio, un lepro et mezz’oncia di pepe, una quarta di garofali, una gallina overo cappone o papero o pavone, tre piccioni; e questi si ponno mettere secondo le loro condizioni. Nel cuocere, di là ad un quarto di hora che saranno posti li piccioni, le ponereti tronzi di cauli in pezzi, finocchi secchi et verdi, gidi overo foglia molle, borraine, testi d’agli, spinace, cipolli, 9 onze di pruna e 4 onze di pignoli e onze 4 di passoli alla grossa, che alla sottile sono 10; e, se potrete havere, aglini et bucafichi o altra sorte di uccelli, con quante sorti di formaggio che potrete havere in pezzi e con questi la finireti di cuocere; e che siano a complimento li misturi con sale e con questi la potrete bandire.


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[62] Per fare una salsa verde Piglia un poco di menta, pomodoro, maiorana, finocchi e basilico in poca quantità e dopo li pestereti e, dopo che saranno pestati, li ponereti una mollica di pane bruscato e bagnato all’aceto e lo passarete con quelle verdure; e tuttavia attenderete a pestarle con ponerle di più un buon pugno di passi e, come saranno ben pesti, le ponereti tutti sorti di misturi con cinque rossi di ova fresche. Dopo le dislattarete con un poco di aceto buono e un poco di acqua rosa; fatto questo, la passarete per una stamegna con metterci 3 onze di mele overo zuccaro e dopo la ponerete a cuocere dentro una pegnatella nuova con una cocchiara, sempre remenando fino che spara a bogliere. Dopo, quando la vorrete bandire, zuccaro e cannella per sopra. [63] Per fare una salsa bianca Piglia tre onze di amandole, scaldate e, quando saranno mondate, le metterete dentro l’acqua fresca. Dopo le ponerete a pestare con diligenza, che non faccino oglio, bagnando sempre il pestone con acqua rosa e, come saranno ben peste, le ponerete una mollica di pane bagnata allo brodo della carne magra overo all’acqua e la pesterete bene con quelle mendole. Dopo le ponereti quattro bianchi d’ova fresche e sempre con il pestone fracassandoli. Dopo le dislatterete con suco di agresta overo di arangi, che sia purificato e rassettato, et un poco di pepe ammaccato con cannella e 3 onze di zuccaro et acqua rosa; dopo le passarete per una stamegna et le ponereti dentro una cazzoletta con un coccio di musco distemperato con acqua rosa e la metterete sopra la braggia con menarla sempre con una cucchiara finchè apre boglio. La levarete dal fuoco e tutte le sorti di salsa le manderete110 fredde con zuccaro e cannella per sopra. [64] Per fare una salsa di cerase Piglia un rotolo di cerase brodose e le porrai a bogliere con vino buono e, come saranno cotte, le passerete per una stamegna di modo che non resti che l’ossa et la pelle e, se sarà uno quartuccio di questo brodo, li ponerete mezzo rotolo di zuccaro dentro e cannella, lesche sottili, garofali sani e pepe pestato con un coccio di musco distemperato con acqua rosa; e questo lo ponerete dentro una pegnata nuova con darci foco con diligenza poco manco di un’hora, avvertendo sempre che non si bruggi; e, finita di cuocere, la potrete tenere alquanto lungi dal fuoco. 110

S’intende ‘le manderete in tavola’.


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[65] Per fare una salsa ‘alla reale’ Piglia mezza carraffa di aceto buono e 4 onze di zuccaro, un poco di acqua rosa, lesche di cannella e garofali sani et un coccio di musco distemperato in acqua rosa e questa la ponerete dentro una pegnatella nuova e con diligenza la farete cuocere in bragge che non si bruggi e la scomarete molto bene, aggiungendovi bianco d’ovo e, quando la bandirete, zuccaro. [66] Per fare una mostarda di senapa Piglia la senapa e mettela i·nfusione con aceto per un pezzo e la pesterai ben forte. Come sarà ben pesta, le ponerai una mollica di pane bruscata bagnata all’aceto e tuttavia attenderai a pestare e le ponerai una gionta di passolini e seguiterai a pestare e, come saranno ben pesti, le dislattereti con un poco di aceto e vino cotto e l’aceto sia poco con tutti sorti di misturi e la passerete per una stamegna. [67] Per fare una peperata di racina Piglia mezzo rotolo di carne selvagina e la ponerete a rostire e, come sarà cotta, la taglierete minuta et la ponerete a pestare con una mollica di pane abroscata e bagnata all’aceto e tuttavia attenderete a pestare e la distemperarete con aceto e vino cotto o mele. Dopoi la passerete per una stamegna, dopo le metterete un poco di misturi che habbia dell’agro e dolce e le farete dare un boglio finchè fermerà. [68] Per fare salsa parda Piglia ficatelli di gallina crudi et pestali bene con un spicchio d’aglio e rossi d’ova e pestali insieme. Dopo pesta le amandole bianche e fanne latte e distemperane le suddette cose e passale per una stamegna con un poco di acqua rosa e le ponerete zuccaro et cannella e garofali ben pesti con un poco di aceto che sia agrodolce; e dopo le ponerai cannella per sopra. [69] Salsa di cotogna Pigliate le cotogna e grattici il migliore e spremisi per una stamigna e lo suco si metta in una garraffa e si lasci stare per hore sei; e dopo si pigli la parte più chiara e si metta in una pegnata con una libra di detto suco 8 onze di zuccaro, 2 onze di aceto et una di vino buono; e facciasi salsa. [70] Per fare una turta ‘alla reale’ Piglia un pezzo di polpa buona e capoliala bene e dopo la pesterai. Come sarà ben pesta, la ponerai dentro mezzo rotolo di pignolata con onze 3 di pasta reale et altre 3 di conserva di rose, e tuttavia attenderai a pestare con ponervi mezzo rotolo di bianco mangiare con onze 2 d’acqua


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rosa et altri 2 d’acqua d’angeli e 3 coccia di musco distemperato con la detta acqua e 10 rossi d’ova fresche. Questa compositione sia bene mescolata insieme, dopo piglia una tortera ove possa andar la detta composizione, e dopo ungerete la detta tortera con grasso buono e dopo le metterete un’alasagna un poco grossetta e le metterete la detta compositione dentro con farle il suo orlo atorno; con questo la metterete al forno a cuocere lasciandola finchè sia fermata. E dopoi lasciatela e pigliate zuccaro fino cernuto et un bianco d’ovo con un poco d’acqua rosa e lo sbattirete bene con un coccio di musco; e dopo con le penne di gallina ongerete questa torta con il detto bianco d’ova e dopo vi ponerete lo detto zuccaro spolverizato di sopra e con questo la tornerete nel forno, lassandola finchè sarà cotta e che lo chiaro sarà lustro; e si mangerà fredda. [71] Per fare una torta d’acqua d’Angeli Piglia un capone buono e lo limpierete bene e dopo lo ponereti a bogliere. Dopo che sarà ben cotto, pigliate tutta la polpa e la metterete a pestare. Come sarà ben pesta, le metterete polpa di piccioni che siano arrostiti e l’impasterete insieme con una libra di pignolata e quattro onze di zuccaro e quattro di cotognata, e tutte queste cose saranno ben peste con altre quattro onze di cocozzata et un onza di cannella ben pesta et due cocci di mosco distemperati con acqua rosa con metterci 8 rossi d’ova freschi, e tutte queste cose l’incorporarete; e dopo piglia una tortera che sia ben onta di grasso e poi le accomodarete una alasagna buona e poi metterete la detta compositione dentro. Fatto questo, vi farete corte liste di pasta, fatte con lo sperone che venga a gelosia, e le farete alcun orlo attorno; con questo l’infornerete et a mezza cottura le farete un circolo di tagliarinetti fretti atorno, che lo corpo venghi vacante; e le darete una sbruffata d’acqua rosa con un coccio di musco distemparato et una mano di zuccaro spolvorizato per sopra. Dopo la tornerete a sbruffare un’altra volta con acqua rosa et un’altra mano di zuccaro, la tornarete ad infornare e la finirete di cuocere e quando la volete bandire sia fredda. [72] Per fare una turta di fraole Piglia le fraole et una libra di zuccaro et le pestareti insieme con mettervi 15 rossi di ova fresche e mezzo rotolo di recotta e tutte cose peste insieme, e dopo le passarete per una stamegna e le dislattarete prima con acqua rosa e le ponerete onza una di cannella ben pesta e 4 onze di confetti pesti e li mescarete insieme tutti. Dopo pigliarete la tortera, ongendola con saime, ne farete la sua alasagna et l’accommodarete in detta tiglia. Dopo metterete la detta compositione e dopo farete un’altra alasagna con delicatura per sopra e la ponerete a cuocere dandole fuoco sotto et sopra diligentemente con 4 onze di zuccaro di sopra, e cosi la bandirete.


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[73] Per fare una turta di pera moscareIle Piglia 2 rotola di pere moscarelle, mondatele et levatene quella chinezza dentro destramente. Dopo piglia un quartuccio di vino perfetto et mezzo rotolo di mele e 4 onze d’acqua rosa. Dopo piglia 1 libbra di quelli medesimi peri con dui molliche di pane bianco et una noce moscata e 2 onze di cannella e mezza quarta di garofali ben pesti et ogni cosa insieme; così le distemprarete con tutte le sopra dette cose e l’accomoderete dentro una cazzola bene stagnata e le ponerete una libra di zuccaro, et la cocirete a tempo che venghi a fermarsi a modo di salsa. Dopo pigliareti la tortera, ongendola con saime, et accommodatevi la sua alasagna ponendovi quelli peri moscarelli sani che venghino alla diritta; dopo vi ponereti quella compositione di sopra, ponendovi di sopra un’altra alasagna, sottilmente fatta e frappata con alcune delicature intorno, dando foco sotto et sopra, e se havete forno sarà buono; e quando sarà cotta zuccaro et cannella sopra. [74] Per fare una torta di cotognata Piglia onze 9 di cotognata, 9 di zuccaro, mezzo rotolo di midollone, acqua rosa et cannella et piglia la tortera ongendola con saime, facendole la sua alasagna sottile sotto et sopra, e la ponerete a cuocere fuoco sotto et sopra. Si potrà bandire con zuccaro per sopra. [75] Per fare una turta di lattuche Si pigliano le lattuche e si boglino e, come saranno cotte, le capoliereti e l’asciugareti per un poco. Dopo piglia lardo e soffrigelo un poco con lesche di presutto et casocavallo e tutte sorti di misturi et la più parte sarà cannella. Dopo piglia tre onze di saime buona e la squaglerai e lasserai soffrigere un poco e vi metterai mezzo rotolo di zuccaro e 15 ova sbattute e mescate ogni cosa insieme. Dopo piglia la tortera, et, ungendola con saime, farai l’alasagna sottile e l’accommoderai bene; dopo vi metterai la detta compositione mettendovi per sopra l’altra sua alasagna con farle alcun orlo et delicatura intorno e la metterai a cuocere dandole fuoco sotto et sopra moderatamente; e, come è cotta, zuccaro et cannella per sopra con quattro acini di musco distemprati con acqua rosa e la banderai. [76] Per fare una turta di casocavallo fresco Piglia il presutto tagliato lesche sottili et il casocavallo, lo metterete a mollo con acqua fresca e lo lascerete stare per un pezzo. Dopo piglia una tortera ongendola con saime e le accommodarai la sua alasagna e le metterai quello casocavallo con presutto ponendovi zuccaro. Dopoi piglia 3 ova con un poco di casocavallo grattato e lo sbatterai bene con ogni sorte di misturi et vi metterai questi per sopra, e dopo v’accommoderete l’altra sua alasagna per sopra e, se havete sfoglio, pigliate un foglio di carta di straccia


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ongendola con saime. Dopo piglia lo sfoglio e con le mani lo distenderai sopra la carta quanto parerà che sia larga la tortera et l’accommoderai bene et con quella la ponerai a cuocere dandole foco sotto et sopra; e, quando la vorrai bandire, una sbruffata di acqua rosa, zuccaro et cannella sopra. [77] Per fare una torta di pomi Piglia pomi dolci e mondali e ne farai felle sottili e dopo li metterai dentro una tortera con una sbruffata di acqua rosa, con una mano di zuccaro per sopra; dipoi piglia la detta tortera alla quale sia accommodata la sua alasagna per sotto e mettivi una mano di zuccaro et cannella, passi, pignoli et un’altra di quelli pomi; e così seguirai finchè sia piena con mettervi di sopra l’altra alasagna e l’ungerai un poco di saime con una penna e le darai foco sotto et sopra; e, quando la vorrai bandire, zuccaro et cannella sopra. [78] Per fare una turta di latte Piglia 10 ova freschi sbattendoli bene con onze 3 di zuccaro alla grossa e dentro le ponerai 2 quartucci di latte e tre onze di farina di riso distemperato con il medesimo latte e tutte queste cose miscarete insieme bene. Dipoi piglia la tortera ongendola con un poco di saime e le accommodarai la sua alasagna. Dopoi infornerai la tortera e dopo piglierai con una cocchiara copputa la detta compositione e la ponerai dentro la detta tortera e la lascerai cuocere e, se vi volete mettere un acino di musco, lo distempererai con acqua rosa; e, come sarà cotta che la volete bandire, le metterete zuccaro spolverizzato per sopra. [79] Per fare una salviata ‘alla reale’ Piglia la salvia, petrosino, finocchio ingranato et maiorana e li pestareti tutti bene con mettervi dentro onze 4 di pignolata, pestando tutte cose insieme, cannella, garofali et pepe ben pesti. Dopo sbattereti 14 ova e le metterete dentro quella compositione con un quartuccio di latte. Dopo passarete tutte queste cose per la stamegna, dopoi piglierete 2 coccia di musco distemperate con acqua rosa, mescolandoli con una cocchiara. Dopo pigliate una tortera e la ongerete di saime overo d’oglio bene e la salierete con alquanto di farina sottile, dopo le metterete tutta quella compositione et con questo lo metterete a cuocere nel forno overo foco sotto et sopra con diligenza; e, come sarà cotta che la volete mandare a tavola, una mano di zuccaro et cannella. [80] Per fare una turta di fastuche Piglia le fastuche mondate et pestate bene con zuccaro e rossi d’ova freschi e distemperate detta compositione con acqua rosa e mosco; e do-


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po ponetela dentro la sua alasagna in una tiglia con zuccaro e cannella e ponetele a cuocere. [81] Per fare una turta d’ova et cannella Piglia l’ova secondo la quantità che voleti fare e sbattile molto bene con metterci un poco di casocavallo et formaggio grattato che sia buono e lo mettarete insieme. Dopo piglia la tortera con mettervi un poco di saime o butiro overo oglio, quanto si venga ad ongere la padella, e con questo farete le ova incannolate. Poi tenerete in ordine passolini et pignoli. Dopo piglia la tortera, ongendola con saime overo oglio. Dopo metterete tre o quattro alasagne ben delicate l’una sopra l’altra, tutte onte. Dopo metterete una mano di passolini et pignoli, zuccaro et cannella. Dopo pigliarete le ova facendo un solo de l’uno et un solo de l’altro finchè sia fornito, dopo de sopra le metterete altre tante alasagne tutte unte, con farvi alcuno intaglio et delicatura atorno e, fatto questo la ponerete a cuocere con diligenza; et, quando la bandirete, la sbruffarete con acqua rosa zuccaro et cannella per sopra. [82] Per fare ova ripiene Pigliate l’ova bollite et dure et le mondarete e le tagliarete per lungo et gli levarete li rossi per dentro e dopo pigliate un poco di petrosino et maiorana e li pestareti bene con quelli rossi di ova, tre onze di zuccaro et ogni sorte di misturi; e tutte queste cose le componirete insieme e n’empirete quelli bianchi d’ova. Dopo tenereti ova sbattute et in ordine con un poco di zuccaro et acqua rosa. Bagnatene quell’ova e le friggereti con saime o con olio o con quello che vi tornerà comodo e, quando li voleti bandire, zuccaro et cannella. [83] Per fare un arrosto d’ova Piglia le ova e dopo friggili ad uno ad uno sani, e che siano ben fritti. Dopo piglia mendole attorrate e le pesterai bene e, come saranno ben peste, vi ponerai 2 molliche di pane abruscato pestandole bene con mettervi 6 ova, secondo la quantità che voi fare; e li dislatterai con suco d’agresta o arangi, con un poco d’acqua rosa, con 2 onze di zuccaro con tutte sorti di misturi, che siano tutte cose miscate insieme. Dopo le mettereti a cuocere dentro una cazzola overo pegnata ben netta sopra la braggia con una cocchiara, sempre menando per finchè venghi a fermarse. Dopo piglia quelle ova frette e le ponerai dentro la detta composizione e, quando la voi bandire, zuccaro et cannella per sopra. [84] Per fare ova ‘alla Imperiale’ Piglia li bianchi di l’ova sbattuti bene con metterci zuccaro, latte et


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acqua rosa et farina un poco sottile e sbattili molto bene e passali per una stamigna; e piglia una tortera ben netta e stagnata e la metterai nella braggia con mettervi dentro il detto licore con un poco di sale. Et come vedete che comincia a guagliare, vi mettereti li rossi dell’ova sani sopra quello liquore, che siano ben lontani l’uno dall’altro. Dopo, zuccaro et cannella per sopra, et copriteli con il suo coverchio con un poco di braggia sopra e, quando li voleti bandire, zuccaro et cannella. [85] Per fare impanate di triglie o luvari Piglia li luvari freschi e le scarderai bene, che siano bene netti. Poi piglia passoli, pignoli, petrosino et maiorana et ogni sorte di misturi. Poi piglia li luvari e li meschirai insieme con quella compositione con sale. Dopo li fareti dui alasagne che siano tonde et quella di sotto più scanata. Dopo piglia penne di gallina e le bagnerai nell’acqua, dopo l’accommoderai li pesci, l’uno sopra l’altro, a triangolo. Dopo vi accommoderai l’altra alasagna di sopra e con lo sperone le taglierete in modo che venghi a restare il garbo di pesce con farvi la sua coda, che habbia del naturale, o più code, secondo vorrai a tuo capriccio. Poi vi farrai un portuso vicino alla testa del più grande di loro, donde potrete mettervi oglio, et infornateli. [86] Per fare uno severo di pesci Piglia tre onze di amandole e 3 di pignoli e tre di nocelli et atturrateli. Dopo pestateli bene, dopo vi ponereti tre felle di pane abruscato bagnate all’aceto con mezzo rotolo di passoli, e questa compositione la pesterete molto bene. Dopo che sarà pesta, la dislattarete con vino cotto et aceto. Fatto questo, la passarete per una stamegna, dopo la ponerete a cuocere dentro una cazzola overo una pegnata menando con la cocchiara per finchè viene a quagliare con ogni sorte di misturi, che lo sapore habbia dell’agro et dolce. Dopo lo levarete dal foco con mettervi pezzi di pesce fritti e questo sapore lo bandirete freddo con mettervi sopra coccia di granato agro, zuccaro et cannella. [87] Per fare un brodo lardiero di pesci Piglia il pesce e lo scardarete limpio. Dopo lo tagliereti in pezzi e lo ponerete dentro una pegnata o cazzola con due parti di aceto et una di vino e tre di vin cotto e tutte sorti di misturi et un poco di sale et con questo lo porrete a cuocere. Dopo piglia tre onze di amandole mondate peste bene con una mollica di pane abruscato bagnato all’aceto, che siano tutte cose ben peste, et questo lo dislattarete con il medesimo brodo del pesce, dandole un altro poco di cottura; e così lo potrete bandire.


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[88] Per fare un brodo lardiero di surra Pigliate la surra e fatela bogliere con acqua. Dopo la tagliereti in lesche e le ponereti dentro una pegnata con dui parti di vino cotto et una di aceto. Dopo pigliate 4 onze di pegnolata et pestatela bene con dui felle di pane abruscato; dopo, come saranno ben peste, le dislattarete con il medesimo brodo con mettervi tutte sorti di misturi e tre onze di passolina et questa compositione la mettereti con quella surra e con questo la finireti di cuocere et le ponereti una cima di salvia; e di questo modo la bandirete. [89] Per fare mendolata Piglia mandole bianche, pestale molto bene, distemprale con acqua comune et un poco di acqua rosa. Dopo le passerete per una stamegna et lo latte de le mandole lo mettereti dentro una cazzola o tiano. Dopo piglia fette di pane bianco et sottili et mettili dentro il tiano con un poco di zuccaro e lascialo cuocere in braggia di questo modo. [90] Per fare spinaci con latte di mendole Piglia le spinace e boglile bene. Dopo le sculereti et le capoliereti bene, dopo le mettereti dentro una pegnata con oglio, sale et pepe et zuccaro e mettela sopra del fuoco e lasciale soffrigere. Dopo metteli lo latte dell’amandole finchè si comboglia, dopo le mettereti sopra del fuoco et le lasc<i>arete111 dare dui bogli et le mettereti passoli et in questo modo le banderai. [91] Per fare una turta di spinace Piglia le spinaci e tagliale minuti, dopo le soffrigerai con oglio buono e le ponerai passoli, pegnoli e fette di surra sottili e fette di caviale con ogni sorte di misturi e tutte queste cose le mescareti insieme. Dopo piglia la tortera ongendola con oglio buono e vi accommodareti quattro alasagne sottili l’una sopra l’altra, che siano onte di oglio. Dopo le ponereti dentro detta compositione e di sopra vi ponereti altre tante alasagne frappate; con questo le ponereti a cuocere, dando foco sotto et sopra. Dopo piglia mezzo rotolo di mele con suco di arangi e, come sarà di mezza cottura, vi ponereti questo mele di sopra con il suco dell’arangio e con questo le finireti di cuocere; e, quando le voleti bandire, le sbruffareti con acqua rosa, zuccaro et cannella. [92] Per fare una sciroppata di cotogna Piglia le cotogna et mondale bene con levarle l’arilli di dentro di mo111

lasciarete] lascarete ms. (ma rimane il dubbio che <sc> sia allografo minoritario di <sci>).


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do che venghino sani et le mettereti a bogliere con vino tanto quanto cuopre in la pegnata o cazzola le dette cotogne. Dopo piglia mele o mezzo rotolo di zuccaro o tre onze di mele et un’onza di cannella e di garofali et pepi mezzo pesti et con buona diligenza li mettereti a cuocere; et a mezza cottura mischerete le cotogna con lo sciroppo et li mettereti in qualche parte fresca. Dopo piglia tre bianchi di ova freschi sbattuti et li mettereti dentro quello sciroppo et lo scumareti sempre. Dopo piglia un’onza di pasta reale et dui coccia di musco e distemprale con acqua rosa, e le pestareti con quella pasta reale, mettendole quella acqua rosa con il musco. Dopo tornerete ad empire quelle cotogna con quella compositione et le lascerete cuocere in braggia per mezz’ora. Poi che saranno cotte, che parerà a voi che venghino a quagliare, le laverete et le metterete dentro li piatti. Dopo che saranno freddi, li mettereti pannelli d’oro et di argento a scacchi con una mano di pezzicata di sopra. [93] Per fare un’altra cotognata Piglia le cotogna mondate, pestale e falle bogliere con vino cerasolo che sappia del pontico; che boglino tanto che si disfaccino. Dopo le passerai per una stamegna et poi piglierai la carne passata che sia 2 libre e poi piglia 3 libre di zuccaro e sciroppalo con acqua comune; e levateli dal fuoco e ponetevi dentro la detta carne passata e la finireti di cuocere in braggia, sempre menandole con la cocchiara pian piano et pigliareti un poco della cotognata ponendola sopra un ferro freddo, et attaccandosi non sarà cotta et non attaccandosi sarà cotta, e la ponereti sopra la braggia per meglio asciugarsi. [94] Per sciroppare radiche di lingua boina o di borraina Piglia le radiche di lingua boina overo borraina e scorticale e levale la radice di dentro che venghino bianche e boglile con acqua semplice e limpia e, poi che sono cotte, le levareti e le mettereti nell’acqua fredda; et subito pigliate tanto zuccaro che si basti a sceroppare con l’acqua, levando dal primo boglio la scuma; et poi vi ponereti la radiche dentro del sceroppo et lasciatele bogliere insieme pian piano, et a cottura di sciroppo passata. Dopo levatele dal fuoco e poneteli nel vaso e lasciateli sucare112 per 8 giorni al sole. [95] Per fare conserva di rose Piglia una libra di zuccaro e quattr’onze di rose e tagliane li branchi dalle rose e pestatele bene e, come sono ben peste, pestate il zuccaro con 112

[Su’gare] ‘asciugare’.


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esse, che venghino bene incorporate, e poneteli nel vaso. Dopo poneteli a cuocere al sole per giorni 15. [96] Per fare ricotta di zuccaro Piglia 20 bianchi d’ova freschi sbattuti bene et pigliate mezza libra di amandole mondate et peste, una libra di zuccaro spolverizata et incorporate ogni cosa insieme con acqua rosa et cuocetela dentro una cazzola con foco lento menandola sempre et, come vedete che la pasta viene a modo della ricotta, la ponerete dentro la fiscella; e così calda la potrete bandire. [97] Per fare ‘mangiare reale’ Pigliate lo petto sfogliato a modo che si fa il bianco, poi latte di crapa, farina di riso, zuccaro in quella quantità che volete. A mezza cottura le mettireti onza 1 di cannella fina spolverizata e 4 onze di pignoli, che siano stati a mollo 24 hore in acqua rosa, et onze 4 di citronata, con 4 di dàttoli mondati e partiti in quattro e finireti di cuocere. [98] Per fare carne ammelata Piglia un pezzo di carne, lo capolierai bene, dopo li ponerai tutte sorti di misturi, casocavallo grattato, passuli, pignuoli, li ponerai dui ova e dopo la ponerai dentro una tortera onta di saime e le ponerai sopra tanto mele che quasi la cuopra e le metterai foco sotto et sopra. Come sarà cotta, la taglierai felle felle e la ponerai dentro il piatto con saliarla di zuccaro e così la porterai in tavola. [99] Per fare una turta di casocavallo fresco Piglierai uno o dui pani di maiorca e li fellerai sottili, l’arrosterai bene. Doppo piglia la turtera e l’ongerai bene di butiro overo saime e l’accommoderai li felli del pane dentro e dopo metterai ad ogni fella di pane la sua fella di casocavallo sopra con zuccaro e cannella e li ponerai fuoco lento sotto et sopra; e, come lo casocavallo viene a squagliare, piglia quattro o sei ova e li sbatterai e li butterai dentro con acqua rosa, zuccaro e cannella e li metterai . fuoco un’altra volta; e poneraila in tavola. [100] Per fare mustazzoli, una piatta Piglierai un mondello di farina, un’onza alla grossa di cannella, mezza quarta di garofali alla sottile, un pezzo di noce moscata et un poco di pepe e 2 coccia di mosco e mesticherai tutte cose insieme e dopo piglia rotola 2 di zuccaro e ne farai cileppo. Com’è fatto, lo scanerai e farai li mustacciuoli.


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[101] Latte miele Misticato miele buono con latte fresco in una pentola grande, si agita con mestola o srullo cucinario tanto che faccia schiuma, quale posto in un piatto mangiasi. Accommodati questa vivanda attorno un alto ramo di rosmarino, quale in un piatto sia sostenuto diritto conficcato in un limone o pagnotte o cacio e con meraviglia de’ circostanti se le rappresenta un monte nevato. [102] Acetoso per lo stomaco Piglia zuccaro chiarificato113 e ponilo di nuovo al fuoco e, quando sarà della spessezza del giulebbe, mentre bolle, aggiongivi aceto a goccia a goccia acciò non si interrompa il bollore. Basterà che l’aceto sia alla quantità di una mezza libra per ciascuna libra di zuccaro e questo sarà utilissimo rimedio per lo stomaco, perciochè incide e toglie via le fecce flemmatiche di quello, onde si può chiamare ‘scopa dello stomaco’ (da Vinc<en>zo Tanara nel lib<ro> p<rim>o della sua Economia, f. 60). Università di Catania Catania

STEFANO RAPISARDA CARMELO SPADARO DI PASSANITELLO

113 Agg. in nota di stessa mano con asterisco come si charifica lo zuccaro vedi supra al fol. 95 (il riferimento è alla ricetta [22]).


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GLOSSARIO

Il glossario, ordinato secondo il criterio alfabetico, tranne per le forme inizianti con h, riportate sotto la vocale seguente, accoglie primariamente il lessico tecnico. Accanto ai tecnicismi, specifici e collaterali, tuttavia si sono registrate anche alcune forme del lessico comune che spesso ricorrono in locuzioni o unità lessicali superiori dotate di un alto grado di tecnicità (volere, pigliare, mandare, ponere), oppure surrogano, ricorrendo in contesti specifici, termini tecnici (fare, mettere ecc.). In tal modo si giustifica anche la registrazione di avverbi come dopo / dopoi e poi, che generalmente svolgono la peculiare funzione testuale di mise en relief delle diverse fasi di esecuzione, scandendone l’esatta sequenza. A esponente dei sostantivi è generalmente il singolare, ricostruito, quando possibile, entro parentesi quadre se non attestato; per gli aggettivi sempre il singolare (ricostruito se necessario); per i verbi l’infinito, ricostruito se non presente nel testo; seguono la categoria grammaticale e la glossa in corsivo. Per ogni forma si riportano tre (o in qualche caso quattro) localizzazioni, in grassetto e fra parentesi si dà il numero delle occorrenze. Le varianti formali sono indicate con la barra obliqua. Gli ingredienti primari e le preparazioni, gli strumenti culinari e i procedimenti sono organizzati per singole voci, le diverse preparazioni sono rubricate sotto la vivanda di base (menestra di cotogni sotto menestra, pasticcio di quaglie sotto pasticcio, turta di fraole sotto turta ecc.) o l’ingrediente principale (ova ripiene, ova alla Imperiale sotto ovo), o separatamente in caso di lessemi complessi (acqua d’anesi et coriandoli, acqua di rigolitia, acqua rosa, bianco mangiare ecc.); a ogni modo i collegamenti sono puntualmente segnalati da rinvio interno. Sono evidenziati con rimandi reciproci i sinonimi, o i termini che comunque rinviano a un campo semantico affine, e le forme che rappresentano una semplice alternativa linguistica siciliano-toscana. Si sono riportati quanti più possibili contesti e usi particolari, selezionate locuzioni polirematiche, dittologie e ridondanze; segnalati i riscontri formali con alcune tra le più importanti compilazioni culinarie italiane, soprattutto di area meridionale e catalane (le indicazioni topografiche dei ricettari citati si riferiscono alla pagina), e con i repertori lessicali, cui si rinvia con le seguenti sigle: AM (Libro A; Libro B) = Anonimo Meridionale. Due libri di cucina, a cura di Ingemar Boström, Almqvist and Wiksell International, Stoccolma 1985. App = Mancusi Sorrentino, Lejla, Apparecchi diversi da mangiare et rimedii, «Appunti di gastronomia», 11, 1993, 18-104. Ar = Caracausi, Girolamo, Arabismi medievali di Sicilia (Supplementi al «Bollettino», 5), CSFLS, Palermo 1983. Ban = Catricalà, Maria, La lingua dei Banchetti di Cristiforo Messisbugo, «Studi di lessicografia italiana», IV, 1982, 147-270. Coch = Mestre Robert, Libre del coch. Tractat de cuina medieval, a cura di Veronika Leimgruber, Curial, Barcellona 1996. DB = Del Bono, Michele, Dizionario italiano-latino, voll. 3, Gramignani, Palermo 1754. DCECH = J. Corominas, Joan - Pascual, José A., Diccionario crítico etimológico castellano e hispánico, voll. 5, Gredos, Madrid 1980-91. DCVB = Alcover, Antoni M. - Moll, Francesc, Diccionari català-valencià-balear, voll. 10, Moll, Palma di Maiorca 1951-68. DEI = Battisti, Carlo - Alessio, Giovanni, Dizionario etimologico italiano, voll. 5, Barbèra, Firenze 1950-57. Frosini = Frosini, Giovanna, Il cibo e i signori. La mensa dei Priori di Firenze nel quinto decennio del sec. XIV, Accademia della Crusca, Firenze 1993. GDLI = Grande dizionario della lingua italiana, a cura di Salvatore Battaglia, voll. 21, UTET, Torino 1961-2002. Lanaia = Lanaia, Alfio, Ornitonimia etnea. Saggio onomasiologico (Materiali e ricerche dell’Atlante linguistico della Sicilia, diretti da Giovanni Ruffino, 14), CSFLS, Palermo 2003. LiSeS = Libre de Sent Soví. Receptari de cuina, a cura di Rudolf Grewe, Barcino, Barcellona 1979 (ora anche nella nuova edizione rivista da Amadeu-J. Soberanas e Joan Santanach, 2003). StraLe = Ambrosini, Riccardo, Stratigrafia lessicale di testi siciliani dei secoli XIV e XV («Biblioteca», n. ser., 1), CSFLS, Palermo 1977.


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Scobar = Il Vocabolario siciliano-latino di Lucio Cristoforo Scobar (1519), moderna edizione a cura di A. Leone, CSFLS, Palermo 1990. Tav = Cantaldi, Giuseppe - Caruso Lucchese, Francesco, Tavole di confronto delle misure pesi e monete del sistema metrico decimale col sistema antico e legale abolito di Sicilia, Norcia, Noto 1863. Tr = Traina, Antonio, Nuovo vocabolario siciliano-italiano, Giuseppe Pedone Lauriel, Palermo 1868. VES = Vàrvaro, Alberto, con la collaborazione di Rosanna Sornicola, Vocabolario etimologico siciliano, I (A-L), CSFLS, Palermo 1986. VES 1975 = Vocabolario etimologico siciliano. Fascicolo di saggio a cura di Rosanna Sornicola e Alberto Vàrvaro, rabba-ruzzulari, CSFLS, Palermo. VS = Vocabolario siciliano, a cura di G. Piccitto (vol. I), diretto da G. Tropea (voll. II-IV), a cura di S. C. Trovato (vol. V), CSFLS, Palermo 1977-2002. [Abbrustìre], abbrustolire – Ind. pres. 3 abbrustìa 27 (per fare il pan lavato è meglio lo spognoso; si taglia prima in fette, ... s’a.). abroscato, agg., abbrustolito, 51 (mollica di pane a.) / abruscato 83 (pane a.) / bruscato 55, 62 – abroscata 67 / bruscata 66. [accommodare], tr., disporre – Ind. pres. 3 accommoda 24 – fut. 2 accommodarai 76 (piglia una tortera ongendola con saime e le a. la sua alasagna), 78 / accommoderai 85 bis, 99 (+2); 5 accomodarete 47, 48, 72 / accommoderete 76 / accommodareti 54, 91 / accomoderete 73 – Imper. 4 accommodati 101 (a. questa vivanda attorno un alto ramo di rosmarino) – accommodatevi 73 – Part. accommodata 27; 77 (piglia la detta tortera alla quale sia a. la sua alasagna) – accommodati 53. aceto 45, 54, 69 (+21) / acito 10, 16, 55 (+3) – aceto buono 62, 65 – acito forte 4 / forti 16. acetoso, s. m., acetosa, acqua con proprietà curative preparata con zucchero e aceto, a. per lo stomaco 102. acino, misura di peso utilizzata anche per liquidi pari a gr. 0,044, un a. di musco 78 – acini 75 (quattro a. di musco). acqua 10, 61, 85 (+27) – a. calda 15 – a. pura 23, 27 – a. fredda 94 – a. fresca 28, 56, 63 – a. commune 32, 93 / comune 89 – a. semplice 35, 37 – a. semplice e limpia 94 – distillato di zucca, 8 (fare distillare cucuzzi longhi e farni a.). acqua di rigolitia, infuso di liquirizia rinfrescante e depurativo, 23. acqua di cannella, infuso di cannella, 24. acqua d’anesi et coriandoli, infuso di semi di anice e coriandoli dalle virtù digestive, 25. acqua d’angeli, forse acqua profumata con diverse essenze (v. DEI s.v.; e cfr. DB, Tr a. d’ancili s.v.), 70 bis, 71.

acqua rosa, infuso di petali di rose, 40, 72, 91 (+59). [agghiacciato] – agghiacciata 27 (acqua pura o di rose fredda, anzi a.). [aggiungere] – Ind. pres. 3 aggiunge 24 (vi si a. altra tant’acqua); 26 – Imper. 2 aggiongivi 102 – Ger. aggiungendovi 65. [agitare], sbattere – Ind. pres. 3 agita 101 (si a. con mestola o srullo cucinario). aglini, pl., gallinelle? (cfr. Lanaia addina, 57), a. et bucafichi o altra sorte di uccelli 61. aglio, spicchio d’a. 68 – agli, testi d’a. 61. agnuni, angolo, luogo riposto (VES s.v.), 5. agresta, succo di uva acerba, 42 (brodo di a. et di arangi), 51 (suco di a g.), 83 (+8) / agro, 53 (a., cioè suco di agresta). agro, agg., v. granato. agro, s. m., sapore inacidito del vino, 10 – primo elemento del binomio coord. agro e / et dolce 67, 86, v. il composto agrodolce. agrodolce, s. m., di sapore aspro e dolce, 50, 51; 68 (ponerete zuccaro et cannella e garofali ben pesti con un poco di aceto che sia a.) / agro e / et dolce, 67, 86. alasagna, sfoglia di pasta, 74, 80, 85 (+12) / lasagna 47 bis – alasagne 85, 91 bis (+2). allauro, alloro, 17. alto, a. ramo di rosmarino 101 – alte 33 (si piglieranno 2 o 3 tiglie calde e quanto più saranno a. meglio sarà). [alzare], venire a galla – Cong. pres. 3 alzi 22 (si procura che con l’ebollitione a. con la schiuma ogni immonditia). amandola, v. mendola amido 44 / amito 33 (farina di a.). ammaccato, agg., schiacciato, 63 – ammaccata 23; 24 (cannella onze 1, tagliata et ammaccata in pezzetti) – ammaccati 25 (coriandoli a.). [ammalato] sost. – ammalati 27 (puossi in loco di limoncello usar succo di granati e massime per l’a.).


Il «Ricettario di cucina» di San Martino delle Scale ... ammazzare 5, 6, 21 – sost. 17 (in a. lo porco) – Ind. pres. 3 ammazza 5 (pigliare murga d’oglio e dove sono le zicche, untarli che subito l’a.); 6 ammazzano 5. [ammelato], mielato – ammelata 98 (carni a., v.). [animale] – animali 34 (della compositione se ne potranno fare fonghi di zuccaro, a., frutti et ogn’altra sorte di cose). anisi, (pl.?), semi di anice, 25 / anesi, acqua d’a. et coriandoli ib. anitri, anatre, 3 bis. antipasto, a. alla spagnola, pietanza di carne cotta con cipolle, vino cotto e spezie e poi arrostita, 45. apari, agg. pl., ova a., uova non gallate, 4. appetito 27. [appigliarsi], attaccarsi, bruciarsi – Ind. pres. 3 s’appiglia 40 (si remina spesso che non s’a.) – v. attaccarsi. [aprire] – Ind. pres. 3 apre 63 – fut. 5 aprirete 54 – cominciare a bollire, apre boglio 63 – tagliare, piglia tre rotola di piedi o orecchie e l’aprirete bene 54. arangio, arancia, 42, 48, 91 – arangi 52, 83, 91 (+3) / aranci 13 bis (limiuni et a.); 47 – succo di arancia, sugo di arangio 42 / suco di arangi 91 / suco di agresta o di arangi 56 / brodo di agresta e di arangi 42 ecc. arbitrio 36, nella locuz. ad a., a piacere. argentata, s. f., glassa, si ponerà dentro una cocchiara di bianco d’ovo e si reminerà di subito ...tanto che diventerà bianco; di quello darai l’a. alli marmorati 44. argento, pannelli d’oro et di a. 92 arilli, pl., semi, piglia le cotogna et mondale bene con levarle l’a. di dentro 92. arostire, tr., arrostire, 56 (piglia tre pernici o francolini o altri uccelli volatili buoni e falli a.) / rostire 67 – arrostirli 3 – Ind. fut. 2 arrosterai 99 (piglierai uno o dui pani di maiorca e li fellerai sottili, l’a. bene). [arrostito], agg. – arrostiti 51; 71 (metterete polpa di piccioni che siano a.). arrosto 51, 83 – a. di piccioni 51 – a. d’ova, pietanza di uova fritte con crema a base di mandorle, mollica, agresta e zucchero cucinata alla brace, 83. arsenico 14. asciugare, tr., 44 / asciucare 15 bis / sucare 98 – Ind. pres. 3 asciuga 27 – fut. 4 asciugareti 75 (si pigliano le lattuche e si boglino e ... le capoliereti e l’a.) / ascucarete 56 – Imper. 2 asciucala 18 (lava detta tacca con acqua sola et a.) – Part. asciutta 15. asciugarsi, pronom. intr., 93 – Cong. pres. 6 si asciughino 1 (fare le cullurelle e, poi fatti, tenerli larghi che si a. per dui giorni).

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asciutto 9, 31. [aspergere] – Ind. pres. 3 asperge 27 (s’a. di succo di limoncello). [assuppare], tr., inzuppare – Part. assuppata 44. attaccare, tr., appiccicare, 34 (si mettono sopra le tavole con un poco di farina sotto per non a.) – Part. attaccati, legati, 13. [attaccarsi], pronom. intr., appiccicarsi – Ger. attaccandosi 93 bis (pigliareti un poco della cotognata ponendola sopra un ferro freddo et a. non sarà cotta et non a. sarà cotta) – v. appigliarsi. [attorrato], agg., tostato – attorrate 49 (mendole a.), 51, 55, 83. [atturrare], tr., tostare e, anche, arrostire (v. VES s.v.) – Ind. fut. 5 attorrerete 53 (piglia le quaglie che siano ben nette ... dopo l’a. sopra una gradiglia) / atturrarete 56 – Imper. 4 atturrateli 86 (piglia tre onze di amandole e 3 di pignoli e tre di nocelli et a.). [Bagnare], tr. – Ind. fut. 2 bagnerai 85 (piglia penne di gallina e le b. nell’acqua); 5 bagnereti 51 (piglia mollica di pane abroscato e la b. con brodo di carne) – Imper. 4 bagnatele 56 – bagnatene 82 – Ger. bagnando 49, 56, 63 / bagniando 55. bagnato, agg., 55, 62, 87 (+1) – bagnata 8, 63, 66, 67 – bagnate 50, 86 (felle di pane abruscato b. all’aceto) – spruzzato, vaso grande bagnato di acqua rosa 38. banda, lato, nella locuz. di b., di lato, 33. bandire, servire, portare in tavola, 59, 77, 84, 96 (+19) – Ind. fut. 2 banderai 75, 90; 5 bandirete 58, 65, 86 (questo sapore lo b. freddo); 88 (+3) – v. mandare, portare, ponere. barrile, barile, li pezzi piccioli ... metterli salati in un barrile a solo a solo 17. basilico 62. bastone, grosso mestolo, 44. battuto, agg., tritato, lardo b., 52, 53, 61. bere 4. bestiame, s. f., 6. bevanda, gustosa e rinfrescante b. 23. bianchezza 30. bianco, agg., 44, 56 bis (+3) – bianchi 56 – bianche 30, 68, 89, 94 – vin bianco 35 – pane bianco 73, 89 (e bianco pane 56) – detto di mandorle private della membrana di rivestimento (cfr. Coch blanques, 69, 72, 81 ecc.), 56 (pigliareti amandole et le scalderete et mondatele bianchi); 68 (amandole bianche); 89. bianco di ova, albume, 31, 37, 41 / b. d’ovo 44, 65, 70 / ovo bianco 44 – bianchi d’ova 63, 82, 96 (+5) / b. di l’ova 84 / con


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ellissi, bianchi 32, 33, 40 (+1) – b. d’ova, albume mescolato con zucchero e aromi, crosta di zucchero, 70 (v. chiaro) – v. chiaro d’ovo, crostata di zuccaro. bianco mangiare, pietanza a base di latte, farina di riso, zucchero, carne bianca e aromi da servire fredda, 38, 70 / bianco 38 bis, 97. bicchiero, bicchiere, 28. biscotto, pan di Spagna, biscotto a base di uova, farina, zucchero e aromi cotto al forno, b. reale che chiamano ‘pan di Spagna’ 26 – biscotta 31 (b. di Spagna). bocale, grosso bicchiere con manico, utilizzato come misura di capacità per liquidi, 23 – bocali 23 bis; 24 (si pone in infusione per una notte in 4 b. di acqua). bogliere, bollire, 71, 88, 94 (+8) / bollere 39 / bollire 23, 24, 25 (+1) / bugliere 1 – Ind. pres. 3 bolle 24 – fut. 5 boglirete 46 – Cong. pres. 6 boglino 75, 93 / bollino 40 – Imper. 2 boglilo 48 – boglile 90, 94 – Ger. bugliendo 20. boglio, bollore, 63, 67, 94 / buglio 2, 3 / bollore 22, 102 – primo boglio 94 – v. ebollitione. boi, s. m., bue, osso di carne di genco, b. o vacca 7 – v. busa di b. [bollito], agg. – bollita 55 (gallina b.) – bollite 82 (ova b. et dure). bollore, v. boglio. borraina, borragine, 94 bis (lingua boina overo b.) – borraine 61 – v. lingua boina. botte 9, 12 bis – botti 9 ter – botte cinquantina, di media capacità, 12. bozza, boccia, 24. braggia, brace, 45 (levala dal foco et ponela in su la b.); 63, 83 (+8) / bragge 65 / brascia 58 – locuz. in braggia, alla brace, 89, 92, 93 / in bragge 65. [branca], ramo (DEI s.v.), nel senso di stelo – branchi 95 (piglia ... quattr’onze di rose e tagliane li b. dalle rose). brodo 50, 54, 63 (+15) – b. di agresta 42 – b. di carne 51, 60 ecc. – b. lardiero di pesci 87 – brodo lardiero di surra 88 – succo rilasciato dalla carne 17 – succo ricavato dalla frutta 64. broduso, brodoso, liquido, 53 – succoso, brodose 64 (cerase b.) [bruggiare], tr., bruciare – bruggiarlo 7 (pigliare un osso di carne di genco, boi o vacca e b.) – Part. bruggiato 7. bruggiarsi, pronom. intr., bruciarsi, 33 – Cong. pres. 3 si bruggi 64 (la farete cuocere in bragge, che non si b.), 65. bruscato, v. abroscato. bucafichi, pl., beccafichi, aglini et b. o altra sorte di uccelli 61.

buono, agg., 50; 69, 81 (+12) / buon 3, 31, 62 / bono 9, 10, 12 – buona 52, 71, 75 (+4) / bona 31 – buoni 56 / boni 2, 17 – di qualità, 48 (formaggio buono); 54 (vino buono); 56 (saime buona); 91 (oglio buono), 101 (miele buono) ecc. – gradevole, 3 (buon sapore) – abbondante, 62 (un buon pugno di passi) – adatto, 17 – in funz. avv., bono 9; boni 2. busa di boi, sterco di bue (v. VES búsa s.v.), stufa di b. di b. 20. butiro, burro, 48, 81, 99. [buttare], versare – Ind. fut. 2 butterai 99 (piglia quattro o sei ova e li sbatterai e li b. dentro con acqua rosa, zuccaro e cannella). buttuni, pl., boccioli, b. di chiappari, 16. Cacio, formaggio di forma piccola e rotonda, accommodati ... un alto ramo di rosmarino, quale in un piatto sia sostenuto diritto conficcato in un limone o pagnotte o c., 101. [calare], intr., diminuire di volume – Cong. pres. 3 cali 23 (si fa bollire in 3 bocali d’acqua tanto che c. la metà) – Part. calato 39. [caldo], agg. – calda 15 (acqua c.); 56 (cenere c.); 96 (+1) – calde 33 (tiglie c.) – caldo caldo, immediatamente, 17 (in ammazzare lo porco, c. c. pezziarlo). caldo, s. m., canicola, 27 (in tempo di gran c.) – fiamma, 41 (c. di foco lento). [caliato], tostato – caliate 40 (mendole c.). [campanella], bollicina – campanelle 31 (le ova sbattute si reminano per un’hora fintanto che la compositione haverà fatto le c.) canna, bastone di canna utilizzato per rimestare, 33 bis. cannella 47, 65, 80, 100 (+61). [canto], angolo – canti 33 (c. della pignata). [capire], intr., essere contenuto – Ind. pres. 3 capisci 12 (una misca che c. dui butti) – Cong. pres. 6 capano (metterli a mollo intro una pignata o lembo che ci c. di musto). [capoliare], tr., tagliuzzare (v. VES capulïári s.v.) – Ind. fut. 2 capolierai 98; 5 capoliereti 75 (si pigliano le lattuche e si boglino e, come saranno cotte, le c.); 91 / capoliarete 52 – Imper. 2 capoliala 70 (piglia un pezzo di polpa buona e c. bene e dopo la pesterai). [capoliato], agg., tritato – capoliata 52 (carne c.) cappone 61 / capone 71. capriccio, nella locuz. a tuo c. 85. [carbone] – carboni, 38, 39 (foco di c.). carne 45, 52, 57 (+21) – c. di genco, boi o vacca 8 – c. salata, conservata sotto sale, 17


Il «Ricettario di cucina» di San Martino delle Scale ... – c. di filetto, taglio di carne bovina scelta tratto dai lombi, 42 – brodo di c. 51, 53, 60 ecc. – c. capoliata 52 – c. magra / macra 56 ecc. – c. selvagina 67 – c. passata, frollata, 93 bis – c. ammelata, pietanza di carne tritata insaporita con spezie, formaggio e frutta fresca e ricoperta di miele, 98. carraffa, caraffa, anche come misura di capacità per liquidi (pari a lt. 0,730 circa), 65 (mezza c. di aceto buono) / garraffa 69 (lo suco si metta in una g.). carta, foglio di carta usato per foderare le teglie o coprire le pietanze cotte al forno, 33 (si piglieranno 2 o 3 tiglie calde ...e si metta c. netta sotto); 31, 76, 77 (+2) / carta di straccia 76 (pigliate un f. di c. di s. ongendola con saime). [cascare], intr. – Ind. pres. 3 casca 38 (si conoscerà la cottura quando c. pezzi pezzi da la paletta) – fut. 3 cascherà 30. casocavallo, caciocavallo, 57, 75, 81 (+8) – c. grattato 76, 98 ecc. – c. fresco 99. [cassata] – cassate di zuccaro, crosta di pasta riempita con farina di mandorle, zucchero e aromi, 29 bis – cassate di recotta, crosta di pasta farcita di ricotta mescolata con zucchero e aromi e cosparsa di zucchero e cannella, 36 bis. [caulo], cavolo – cauli 61 (tronzi di c.). [cavare], tr., estrarre – cavarne 15 (pigliare herba di vento e c. il suco). caviale, fette di c. 91. cazzola, casseruola, 53, 87, 92 (+7) – cazzoletta 59, 63 – c. bene stagnata – c. overo pegnata 83; c. o tiano 89. celo, cielo, volta della botte, lassare li butti sempre con c. 19. cenere, foco con c. calda 56. [cerasa], ciliegia – cerase 64 bis – c. brodose, succose, 64 – salsa di c. (v.). cerasolo, vino c., vino ciliegiolo, 93. cernuto, setacciato, 31 (zuccaro pestato e c.); 44, 70 (+4). chiappari, pl., capperi, 16 bis. chiarificare, tr., fondere lo zucchero in acqua e albume fino a ottenere una soluzione densa – chiarificarlo 26 – Cong. pres. 3 chiarifichi 22 (zucchero, come si c.) – Part. chiarificato 22 – v. sciroppare. chiarificato, agg., detto di zucchero, fuso, sciroppato, 102 (zucchero c.). chiaro, albume mescolato con zucchero e aromi, crosta di zucchero, 70 – v. bianco d’ovo, crostata di zuccaro. chiaro d’ovo, albume 22 – v. bianco d’ovo. chinezza, s. f., pienezza, la parte più interna di un frutto, piglia 2 rotola di pere moscarelle, mondatele et levatene quella c. dentro destramente 73.

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ciceri, pl., ceci, c. crudi 61. cileppo, v. giulebbe. cima, c. di salvia, la parte più tenera, 88 – cime 54. cimici, pl., 14 bis, 21. cimino, cumino, 31 bis – c. dolce 31. [cipolla] – cipolle 45 / cipolli 61. circolo, cerchio, c. di tagliarinetti fretti 71. citro, cedro, pampini di c. 13 bis. citronata, cedro candito, 97. cocchiara, cucchiaio, 54, 79, 93 (+8) / cucchiara 63. coccio, unità di peso equivalente a gr. 0,044 (cfr. Tav, 11), 41 (un c. di mosco); 65, 71 (+6) – coccia 79; 92 (dui c. di musco); 100 (+8) – cocci 33, 44 (mosco c. 4); 71 (+3) – coccia, chicchi (cfr. StraLe cocchi, 43), 86 (c. di granato agro). cociri, v. cuocere. cocozzata, zucca candita, 71. coda, di pesce, 85 – code ib. codata, taglio di carne bovina ricavato dalla coscia (cfr. VS cudata / curata s.v.), 61 (piglia un pezzo di ienco et un altro di c.). cogliere, raccogliere, 9 (non ci fare c. li racioppi ma la racina solamente); 11 – Ind. fut. 5 coglireti 54 bis (c. tutto il grasso e c. li detti piedi) – Ind. pres. 6 coglino 5 – Part. colta 9 (c. la racina). colare 9 – sost., ib. – Ind. pres. 3 cola 9, 22, 24 – fut. 5 colareti 54 – sgocciolare, 9 bis – filtrare, 22 (si c. o con stamigna o con panno di lino); 24, 54. colato, filtrato, latte c. 39. [collorella], biscotto (cfr. VES cuddurédda s.v.) – collorelle, 32, 43 / collorelli 43 / cullurelle 1 ter – collorelle d’ova, biscotto cotto al forno a base di farina, uova, vino e aromi 32 – cullurelle di vino cotto, lo stesso ma bagnato e cotto nel mosto, 1 – collorelle di recotta overo sfingi, frittelle di farina, uova, ricotta, cannella e lievito, 43 (v. sfingia). colore 7, 25, 33; 52 (c. di zafarana). coltello 31, 33. [combogliare], tr., coprire – Ind. pres. 3 comboglia 90 (metteli lo latte dell’amandole finchè si c.) – fut. 5 combogliarete 58 / commogliarete 48 (le c. con il suo coverchio) – Ger. combogliandolo 56. complimento, nella locuz. a c., a compimento, che siano a c. li misturi con sale 61. [componere], tr. – Ind. pres. 3 compone 26 – fut. 5 componirete 82 – realizzare, 26 (si c. con 12 ova e libre 2 di zucchero fino) – mettere insieme, unire, 82 (tutte queste cose le c. insieme). compositione 53, 78, 86, 92 (+29) / composizione 35.


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[condire] – Ind. pres. 3 condisce 39 (si c. con zuccaro e cannella). [confetto], candito – confetti 72 (c. pesti). [conficcare], tr. – Part. conficcato 101 (alto ramo di rosmarino ... c. in un limone o pagnotte o cacio). [conoscere] – Ind. pres. 3 conoscerà 30; 38 (si c. la cottura quando casca pezzi pezzi dala paletta). [conservare], tr. – conservarli 16 – Ind. pres. 6 conservano 5 (li quali puma si coglino l’inverno e si c. per l’estate). [conservarsi], pronom. intr. – Ind. pres. 3 si conserva 9. conserva, c. di rose 70, 95. consistenza, c. di giulebbe 22 – v. densità, spessezza. conzare, tr., 12, 13 – aggiustare, risistemare, 12 (per c. una botte che sapi d’aceto); 13 – dare la concia agli alimenti, per c. buttuni di chiappari 16 – conzarsi, pronom. tr., imbellettarsi, per c. la faccia le donne 8. coperchio, copertura di pasta, 52; 53 (empirete il vostro pasticcio ... con quell’altra compositione ... facendoli il suo c. con la medesima pasta di sopra) / coverchio, coperchio per recipiente, 48 (piglia una tortera ... e l’accommodarete dentro e le commoglierete con il suo c.); 84. [coperto], agg., detto di biscotto racchiuso in un involucro di pasta – coperte 35 (nocatole c., v.). [copputo], concavo – copputa 78 (cocchiara c.). [coprire], tr. – Ind. pres. 3 cuopre 27, 92 (mettereti a bogliere con vino tanto quanto c. in la pegnata o cazzola le dette cotogne) – Cong. pres. 3 cuopra 98 (piglia un pezzo di carne ... e le ponerai sopra tanto mele che quasi la c.) – Imper. 4 copriteli 84 (c. con il suo coverchio) – Part. coperto 26 (si cerve c. di zucchero). [coriandolo], seme di – coriandoli 25 ter. corpo, composto, ponerete a cuocere dentro una cazzola sopra la braggia per fino a tanto che venghi lo c. a quagliare 51. [corto] – corte 71 (c. liste di pasta). cotognata 71, 74 bis, 93. [cotogno], melacotogna – cotogna, 57, 93 bis (+6) – cotogne 92 – cotogni 57 / codogni 2 ter – menestra di cotogni 57 – salsa di cotogna 69 – sciroppata di cotogna 92 – codogni intro lo vino cotto 2. cotto, agg., petto di gallina c., 38. cottura 38, 87, 97 (+9) – mezza c. 55, 71, 92 ecc. – c. giusta 44 – c. principale, cotto solo una volta, 20. crapa, latte di c., 59, 97. crapetto, capretto, 50 bis.

crescente, lievito di pasta di farina, 43. crosta, del pane, 27. crosta di zuccaro, v. crostata. crostata di zuccaro, crosta composta di zucchero, albume e muschio, 42 / crostrata 41 / crosta di zuccaro 37 / crosta di zuccaro 37. [crudo], agg. – crudi 61 (ciceri c.); 68 (ficatelli di gallina c.) – crude 30, 34. crudo, s. m., se per sorte vi sarà qualche poco di crudo nello solo di sotto, si taglia destramente e si torna ad infornare 33. crustata di mendole, torta di pasta di mandorle, ricotta, uova e aromi, 46. cucuzzi longhi, pl., zucche lunghe, 8. cuocere, 49, 72, 81, 95 (+34) – sost. 31 (al c. si potrebbono spandere); 61 / cociri 20 – cocirli 2 – Ind. pres. 3 cuoce 46 – fut. 5 cocirete 73 – Cong. pres. 6 cuocino 40 / cocino 32 – Imper. 4 cuocetela 96 – Part. cotto 26, 38, 52, 54 (+2) – cotta 46, 70, 98 (+9) – cotti 41, 42 bis; cotte 31, 75, 94 (+3) – Ger. cuocendoli 59. cucinario, agg., della cucina, srullo c. 101. cuprincirsi, tr., colmare la botte (v. VES cuprinchiri s. inchiri), 19 – Ger. cuprincendosi ib. cupuni, m. s., cocchiume, 9 (le botti non l’inchiri mai a c.); 13 bis. [Dàttolo], dattero – dàttoli 97. delicatura, guarnizione, 72; 75 (orlo et d.); 81 (metterete altre tante alasagne ... con farvi alcuno intaglio et d. atorno) – delicature 73. [denso], agg., concentrato – densa 23. densità, consistenza, 22 (si ritorna al fuoco, procurando, col farlo bollire di nuovo, la più e meno d., e la minore chiamasi consistenza di ‘giulebbe’, la maggiore di ‘manuscristi’) – v. consistenza, spessezza. destramente, avv., 33; 73 (piglia 2 rotola di pere moscarelle, mondatele et levatene quella chinezza dentro d.). [dileguarsi], pronom. intr., sciogliersi – Cong. pres. 3 si dilegui 24 (s’accommoda e si mistica ogni cosa, tanto che si d. et incorpori). [disfarsi], pronom. intr., liquefarsi – Cong. pres. 6 si disfaccino 93 (piglia le cotogna mondate, pestale e falle bogliere ... che boglino tanto che si disfaccino) – v. sfare. [dislattare], tr., stemperare – Ind. fut. 2 dislatterai 83; 5 dislattarete 55 (piglia tre felle di pane bruscato e bagnato all’aceto e ... come saranno ben pestate, le d. con vino cotto); 86, 88 (+1) / dislatterete 56, 66, 72 (+2) – v. distemperare. [dispartire], tr., suddividere – Ind. fut. 5 dispartirete 54 (questo brodo lo d. in piatti).


Il «Ricettario di cucina» di San Martino delle Scale ... [distemperare], tr., stemperare – Ind. fut. 2 distempererai 78; 5 distemprarete 60, 73 / distemperete 51 / distemperarete 67 – Imper. 2 distemprale 92 (piglia mandole bianche, pestale molto bene, d. con acqua comune) – distemperane 68; 4 distemperate 80 (d. detta compositione con acqua rosa e mosco) – v. dislattare. distemperato, agg., stemperato, 63 (coccio di musco d. con acqua rosa), 64; 65, 70 (+1) / distemparato 71 – distemperati 71 / distemprati 75 – distemperate 79. [distendere], stendere – Ind. fut. 2 distenderai 76 (piglia lo sfoglio e con le mani lo d. sopra la carta). distillare, tr., fare d. cucuzzi longhi 8. dolce, agg., mendola d. 8; 23; 31 (cimino d.) – dolci 77 (pomi d.). dolce, s. m., secondo elemento del binomio coord. agro e / et dolce, 67, 86 – v. il composto agrodolce. dopo (148), avv., in seguito, crea, in catena anaforica, una successione di eventi che riproduce iconicamente le fasi procedurali, 48, 72, 89, 100 ecc. / doppo 99 / dopoi 46, 67, 76 (+5) / dipoi 24, 49, 78 (+4) / poi 16, 30, 53, 93 (+47). drappo, d. di seta 7. [duro] – dura 44 (pasta d.); 52, 53 – duri 40 – dure 44 bis, 82 – uova sode, rossi d’ova duri 40; ova bollite et dure 82. Ebollitione 22 – v. boglio. empire 92 / inchiri 9 – empirli 3 / impirla 20 – Ind. pres. 6 empino 31 / empiono 33 – fut. 5 empirete 52; 53 (e. il vostro pasticcio de le dette quaglie); 82. herba, 21 (pigliare un’h. che si chiama ledano, alias savuco salvaggio et in latino lebulus). herba di vento, vetriola (VS s.v.), 15. [esalare], intr., prendere aria – Ind. pres. 3 esala 9 (le botti non l’inchiri mai a cupuni ... che e. e verrà meglio lo vino). [estinguere], tr. – Ind. pres. 3 estingue 27 (questa vivanda ... e. la sete). Faccia, viso, 8 bis – superficie, 33 (come have pigliato colore la f., se ci mette carta sopra per non bruggiarsi) – v. viso. fare 35, 73, 81 (+78) – fari 16 – far 9, 31, 35 – farci 8, 20 – farla 11, 20 – sost. farle 70, 75 – farli 1, 25 – farlo 9, 22 – farni 8 – sost. farvi 81, 85 – Ind. pres. 2 fa 25, 42, 95 (+9) – fut. 2 farai 57, 75, 77 (+4) / farrai 85; 3 farà 8, 35; 5 farete 52, 67, 81 (+10) / fareti 51, 56, 85; 6 faranno 30, 35, 44 (+1) – Cong. pres. 3 faccia 38, 55, 101 / facciasi 69 / facci 30, 49; 6 faccino

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63 – impf. 6 facesser 4 – Imper. 2 fa’ 9 bis – fallo 48 – falla 9 bis 45 – falli 9, 56 – falle 93 – fanne 68 – neg. non ci fare 9; 4 fate 38, 58 – fatela 55, 88 – fàtene 38, 56 / fàtine 43 – Part. fatto 62, 86, 100 (+5) – fatta 28, 73 – fatti 1, 34 – fatte 34, 71 – Ger. facendo 40, 81 – facendole 74 – facendoli 53. [farsi], pronom. intr. con valore copul. – Ind. pres. 3 si fa 17; 6 si fanno 1, 2 – fut. 3 si farà 17 (si f. di un sapore bellissimo) / si farrà 10; 6 si faranno 44 – Cong. pres. 3 si faccia 7. farina, 26, 30 bis,100 (+16) – f. di maiorca, farina bianca pregiata, utilizzata soprattutto per la preparazione di dolci, 31, 32, 35 – f. di amito 33, 35 – f. di riso 38, 78, 97 – f. sottile 79. [fastuca], frutto del pistacchio (v. Ar s.v.; VES s.v.) – fastuche 80 bis. [fava] – fave 4 bis – f. vecchie di sei o sett’anni 4. feccia, sedimento del vino, 9 / fezza ib. – fecce flemmatiche, scorie intestinali, 102. fegato 48 bis – f. di porco 48. fella, fetta, 99 bis (metterai ad ogni f. di pane la sua f. di casocavallo sopra) – felle 77, 86 88 (+2) / felli 56 bis 99 (+3) / fette 27, 89, 91 bis – felle felle, a fette, 32, 98 / felli felli 13. [fellare], affettare – fellarli 13 – Ind. fut. 2 fellerai 99 (piglierai uno o dui pani di maiorca e li f. sottili). [feltro] – feltri 15 (sita, panni o f.). fermare, tr., addensare, 44 (si faranno le marmorate, della sorte che vorrete con le stampe e si lasciano f. che si faranno dure) – Ind. fut. 3 fermerà 67 – Part. fermata (la detta compositione ... la metterete al forno a cuocere lasciandola finchè sia f.). fermarsi, intr. pronom., addensarsi, 59; 73 (la cocirete a tempo che venghi a f. a modo di salsa ) / fermarse 83. fermo, agg., saldo, solido, in dittologia, si lasciano inviscottare fin tanto che sta fermo nè va di banda 33. ferro, pigliareti un poco della cotognata ponendola sopra un f. freddo 93. [fetire], intr., puzzare, andare a male – Ind. pres. 3 feti 17 (lo porco ... se si lassa raffreddari e poi salari, f. o si fa rancita) – Cong. pres. 3 feta 17 (per fari la carne salata che non f.). [ficatello], fegatino – ficatelli 47 bis; 68 (f. di gallina crudi) / fecatelli 49 bis. figliare, tr., fare le uova, quando le galline ... per non poter f. ne morissero 4. filetto, taglio di carne bovina scelta tratto dai lombi, carne di f. 42.


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fino, agg., fine, sottile – detto di zucchero, 38, 44 bis (+6) – zucchero f. 26 – zuccaro f. ben pestato 41 – zuccaro f. cernuto 70 – fina, di cannella, 36, 42, 97 (+3) – di farina, farina di maiorca fina 35 – v. sottile. [finocchio], finocchio selvatico – finocchi, 61 (ponereti tronzi di cauli in pezzi, finocchi secchi et verdi, gidi ...); 62. finocchio ingranato, semi del finocchio selvatico, 17; 79 (salvia, petrosino, f. i. et maiorana) / finocchio 3 (lepri, pitarri et anitri ... empirli d’orgio o frumento o f.). fiscella, 96 (come vedete che la pasta viene a modo della ricotta, la ponerete dentro la f.). foco, fiamma utilizzata per cuocere i cibi, 48, 73, 98 (+20) / fuoco 64, 75, 102 (+13) – foco di carboni 38, 39 – foco lento 41, 96 / fuoco lento 99 – a foco temperato 58 / moderato fuoco 22 – foco sotto e sopra, modalità di cottura moderata consistente nel porre un tegame di coccio sul fuoco temperato e la brace sul coperchio, 48 (le commoglierete con il suo coverchio e le darete foco sotto e sopra moderatamente); 53, 79, 98 (+8) / fuoco s. e s. 72, 74; 75 (la metterai a cuocere dandole fuoco sotto et sopra moderatamente). foglia, verdura, gidi overo f. molle 61. foglio, f. di carta di straccia 76 (pigliate un f. di c. di s. ongendola con saime). fondo, s. m., si pigliano le tiglie, si ontano di saime al f. 31 / fonno. [fongo], fungo – fonghi 34 (f. di zuccaro). forma 51 (pigliarete 2 o 3 piccioni che siano arrostiti di quella f. che volessero andare a tavola) – locuz., in forma di 26; 48 (piglia lo fegato et boglilo e dopo fallo raffreddare e lo grattarete in f. di formaggio). formaggio 48 bis, 61, 81. [fornire], terminare – Part. fornito 81 (pigliarete le ova facendo un solo de l’uno et un solo de l’altro finchè sia f.). forno 35, 53, 79 (+11) – f. lento, a bassa temperatura, 32 (v. anche mediocre) – f. forte, a temperatura elevata, 35 – f. ... riposato 31, v. riposare – locuz., al forno 26, 70 / a forno 32, 35. forte, agg., 9, 32, 35 (+2) / forti 16 – di elevata gradazione alcolica, 4 (acito forte), 16 (acito forti); 9 (lo vino ... si conserva bono e f.) – forno forte, ad alta temperatura, 36. forte, avv., reminare f. 44; 66. [forza] – forze 27 (ricrea assai questa vivanda, ritorna le f. e l’appetito). [fracassare], sbattere energicamente – Ger. fracassandoli 63 (ponereti quattro bianchi d’ova fresche e sempre con il pestone, f.).

francese, sost., nella locuz. alla f., pasticcio alla f. 52 (v.). [francolino], uccello simile alla pernice – francolini 56 (pernici o f. o altri uccelli volatili buoni). [fraola], fragola – fraole 72 bis – turta di f. 72 (v.). [frappare], tr., tagliare a strisce – Part. frappata 73 (alasagna, sottilmente fatta e f. con alcune delicature intorno). [frappato], agg., tagliato a strisce – frappata 47 (alasagna f.) – frappate 91. freddo, agg., 86 (questo sapore lo bandirete f.); 93 – fredda 55 (si mangia f.); 71, 94 (acqua f.) (+4) – freddi 92 – fredde 35; 63 (tutte le sorti di salsa le manderete f.). fritto, agg., 56 (pane f.) – frette 83 (ova f.) – fretti 71 (tagliarinetti f.) / fritti 86 (pezzi di pesce f.). friggere 43 – Ind. fut. 2 friggereti 83 – Imper. 2 friggili 83; 4 frigeteli 56 (pigliate bianco pane e fàtane felli sottili e f. con saime buona) – Part. fritti 83 – fritte 56. frumento 3. [frutto] – frutti 34 (dello sovrapiù della compositione se ne potranno fare fonghi di zuccaro, animali, f.). [fumare], intr., emanare vapore – Ind. pres. 3 fuma 42. fumo, nella locuz. non pigliare di f., non assorbire il sapore di fumo (cfr. App non piglia de fumo, 37), 39. Gallina 38, 61, 85 (+4) – galline 4 bis – petto di gallina 38 – gallina bollita 55 – 68 ficatelli di gallina – severo di gallina 55 (v.) – penne di gallina 70, 85 (v. penna). garbo, forma, taglierete in modo che venghi a restare il g. di pesce con farvi la sua coda 85. garofali, pl., chiodi di garofano, 61, 79, 100 (+8) / galofali 40, 42 / garofari 31 bis, 32. garraffa, v. carraffa. gelatina, brodo solidificato di carne di maiale cotta con aromi e arricchita con uova, g. di pedi di porco 54. gelosia, graticola, nella locuz. a g., decorazioni di piccole liste di pasta disposte sulle torte a graticola (cfr. Ban, 177), farete corte liste di pasta fatte con lo sperone che venga a g. 71. genco, v. ienco. gidi, pl., bietole (v. VES gira s. v.). gionta, v. jonta. giulebbe, sciroppo di zucchero bollito in acqua mescolata con albume (cfr. Ar s.v.), 22 bis, 102 / gileppe 30 bis / cileppo 100 – v. sciroppo. [giusto], agg., adeguato – giusta 44 (cottura g.).


Il «Ricettario di cucina» di San Martino delle Scale ... goccia, nella locuz. a goccia a goccia, poco per volta, 102. goloso, debole o g. 27. governarsi, pronom. tr., coltivarsi, Notamento per g. la vigna 9. gradiglia, graticola, piglia le quaglie ... dopo l’attorrerete sopra una g. 53. granato agro, melagrana dal sapore aspro, cocci di g. a. 86 – granati 27 (succo di g.). grande, turtera g. 49; 54; 101 (pentola g. 101) (+2) / gran 26 (g. pagnotta); 27. grano, misura di peso utilizzata anche per i liquidi, pari alla sessantesima parte dell’oncia (gr. 1,097), uno g. d’acqua rosa 33. grascia, untume, sporcizia (VES s. v.), tacchi di oglio o di g. 15. grasso, s. m., sostanza di origine animale o vegetale utilizzata per friggere o ungere, 50 (soffrigili con buono g.); 52 (lardo battuto o altra sorte di g.); 71 (+8) – v. butiro, saime, oglio. [grattare], tr., grattugiare – Ind. pres. 3 grattasi 28 (g. una pagnotta scrostata) – fut. 5 grattarete 48 – Imper. 2 grattici 69 (pigliate le cotogna e grattici il miglione ). grattato, agg., grattugiato, 76 (casocavallo g.); 81; 98. grossa, nella locuz. alla grossa, sottomultiplo del rotolo equivalente alla trentesima parte dell’oncia (gr. 2,19) e a 0,4 del peso alla sottile (v.), zuccaro onze 2 alla g. 39; onze 4 di passoli alla g. 61; 78 (+6). [grosso], agg. – grossetta 70 (alasagna un poco g.). guagliare, v. quagliare. [guastarsi], pronom. intr., alterarsi – Ind. pres. 3 si guasta 9 (lo vino ... se non si tramuta, si g). [guasto], agg., alterato – guasta 20 (butti ... g.). [gustoso] – gustosa 23 (g. e rinfrescante bevanda). Ienco, giovenco, 42 (carne di j.); 61 / genco 7. imbevuto, agg., pane i. d’acqua 27. [imbiscare], tr., mescolare – imbiscarli 11 (l’altri lignaggi i. tutti con l’altra racina) – imbiscarci ib. – v. mescare, mescolare, mesticare. [imbogliare], tr., avvolgere (cfr. VES ammugghiári s.v.) – Ind. pres. 5 imbogliarete 48 (i. con la rete del porco). imbuttare, tr., imbottare, 9 – imbuttar ib. (fa’ i. lo musto) – imbuttarla 11 – pestare et imbuttare 9 e pistarla et imbuttarla 11, tipo di vino prodotto con mosto non fermentato con le vinacce ma versato direttamente in botte dopo la pigiatura – v. inchiudiri.

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immonditia, sedimento, si procura che con l’ebollitione alzi con la schiuma ogni i. 22. [impanata], s. f., pasta di farina cotta al forno, qui ripiena di pesce (cfr. Coch panada, 81) – impanate 85 (i. di triglie o luvari). [impastare], tr. – Ind. fut. 3 impasterà 30; 5 impasterete 71. imperiale, sost., nella locuz. alla i., v. ova alla i. – v. reale. [impiccicare], intr., appiccicare – Cong. pres. 6 impiccichino 32 (siano onte con saime che non i.) – v. attaccare. [impiccicarsi], pronom., intr., attaccarsi – Cong. pres. 6 s’impiccichino 34 – v. appigliarsi, attaccarsi. [incannolato], agg., avvolto – incannolate 81 (ova i., v.). inchiri, v. empire. inchiudiri, imbottare, i. lo vino 9 – v. imbuttare. inchiusa, s. f., imbottatura (cfr. VS fari la nchiusa di lu vinu s.v.), i. del mosto 19. [incidere], tr., sciogliere – Ind. pres. 3 incide 102 (i. e toglie via le fecce flemmatiche). [incorporare], tr., amalgamare – Ind. fut. 5 incorporareti 48 – Imper. 4 incorporate 71; 96 (i. ogni cosa insieme con acqua rosa). [incorporarsi], pronom. intr., amalgamarsi – Cong. pres. 3 s’incorpori 24 (in dittologia, s’accommoda e si mistica ogni cosa, tanto che si dilegui et i.) – Part. incorporate 95. [infilare], tr. – infilarli 13 (pigliare lumiuni et aranci et fellarli ... et i. in un spago). infornare, tr., 33, 71 – Ind. fut. 2 infornerai 78; 5 infornarete 71 / infornereti 52; 6 inforneranno 30, 31 – Imper. 5 infornateli 85 – s’infornano al forno 35. infracidirisi, pronom. intr., infradicirsi, marcire, 5. [infondere], tr., mettere in infusione – Part. infusi 25 (coriandoli ... i. nell’acqua). infusione 24; (cannella onze 1 ... si pone in infusione per una notte in 4 bocali di acqua); 38, 42, 66. ingranato, v. finocchio selvatico. [insaiare], tr., provare – Ind. fut. 5 insairete 31 (come saranno cotte, le i. con un coltello). insiro, piccolo recipiente di terracotta,16 (pigliare detti chiappari e saliarli bene di sali e poi metterli intro un i. con acito forti). intaglio 53 (lavorate il suo coperchio della medesima pasta e le farete alcuni i.); 81 (i. et delicatura). interiori, pl., interiora, 53 (piglia le quaglie che siano ben nette, levandoci l’i.). [interrompersi], pronom. intr. – Cong. pres. 3 si interrompa 102 (mentre bolle aggiongi-


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vi aceto a goccia a goccia acciò non si i. il bollore). inviscottare, tr., biscottare, 31, 33 / invescottare 33. Jonta, aggiunta (cfr. VES júnciri s.v.), 30 bis (j. di farina) – giumella, quantità contenuta nel cavo delle mani, gionta 55 (g. di passoli), 66. [Lancella], brocca di terracotta a due manici (v. VES lancedda s.v.) – lancelli 10 (ad ogni butte metterci qualche dui l. d’acqua). [lardare], tr., lardellare – Ind. fut. 5 lardarete 53 (piglia le quaglie che siano ben nette ... dopo l’attorrerete sopra una gradiglia ... fatto questo le l. con una lardera sottile). lardera, punteruolo per lardellare (v. DCVB llardera ‘agulla per a enllardar’ s.v.; cfr. anche LiSeS bastó, 225 e n. 4), l. sottile 53. lardiero, agg., grasso (DEI s.v.), 87 (brodo l. di pesci); 88 (brodo l. di surra). lardo 57, 61, 75 (+6) – l. buono 47 – l. battuto 53. [largo], agg. – capiente, larga 76 – larghi, distanziati, 1 (fare le cullurelle e, poi fatti, tenerli l., che si asciughino per dui giorni). lasagna, v. alasagna. latte 49, 79, 84 (+13) – latte di capra 59, 97 – latte fresco 101 – v. menestra di latte; menestra d’ova e latte; turta di latte; latte miele. latte di mendole, latte di mandorle, 90 / latte dell’amandole ib. / latte de le mandole 89 – pesta le amandole bianche e fanne latte 68. latte miele, vivanda di latte e miele, 101. [lattuca], lattuga – lattuche 75 bis – v. turta di l. lavare, tr., 18 – Ind. fut. 5 laverete 92 – Imper. 2 lava 18 (l. detta tacca con acqua sola) – Part. lavata 20. lavarsi, pronom. tr., l. la faccia con una pezza bagnata 8. lavorare, sost., impastare, 34 (avvertendo allo l. che non s’impiccichino) – Imper. 4 lavorate 52 (l. il suo coperchio della medesima pasta e le farete alcuni intaglio). [lavoro], genericam. confezione, dolce di varia forma – lavori 43 (sfingi, collorelli et altri l.). ledano, altra denominazione dell’ebbio, 21 – v. savuco salvaggio. leggiero, detto di vino, poco alcolico, moscatello l. o buon vino 31. legno, paletta di l. 38. lembo, conca di terracotta invetriata (v. VES lémmu s.v.), pignata o l. 1.

lento, detto del calore della fiamma, moderato, 32 (si cocino a forno l.); 96 (cuocetela dentro una cazzola con foco l.); 99 (+4). lepro, lepre, 61 – lepri 3 bis. [lesca], fetta, pezzo (cfr. LiSeS llesques, 174; e anche VS lisca s.v.) – lesche 64, 76, 88 (+3) – l. di presutto 53 – l. di cannella 65 – in lesche 88. letto, tavuli del l. 21. levare, tr., togliere, 13, 15 bis (+2) – sost. levarle 91 – Ind. fut. 3 levirà 13; 5 levarete 31, 63, 82, 86 / levareti 94 – Cong. pres. 3 levi 39. libra, libbra, unità di misura di peso pari a gr. 300 circa, 24, 69, 72, 95 (+7) / libbra 73 [liberarsi], pronom. intr. – Cong. pres. 3 si liberi 28 (si stringe in una salvietta tanto che si l. da acqua). [lignaggio], vitigno, varietà coltivata di vite – lignaggi 11. limoncello, varietà di limone, 27 bis (succo di l.) limone 101 – lumiuni 13 bis (l. et aranci). [limpiare], pulire – Ind. fut. 5 limpierete 71 (piglia un capone buono e lo l. bene). limpio, agg., pulito, 87 (in funz. avv., piglia il pesce e lo scardarete l.) – limpia 94 (acqua semplice e l.). lingua boina, altra denominazione della bietola, 94 bis – v. borraina. liquore, composto liquido, 84 / licore ib. [lista], striscia – liste 71 (l. di pasta). littera, lettera, per fare morire li cimici che si trovano in una l. o altra parte 14. lumiuni, pl., v. limone. lustro, agg., lucido, lo chiaro sarà l. 70. [luvaro], pagello – luvari 85 ter. [Magro], detto di carne – magra, carne m. 56, 63 / carne macra. maiorana, maggiorana, 62, 79, 85 (+2). maiorca, farina bianca pregiata, utilizzata soprattutto per la preparazione di dolci, pani di m. 99 – farina di m. 31, 32, 35. malvascia, malvasìa, varietà di uva molto dolce, 11 bis / malvagìa, vino liquoroso e aromatico ottenuto da tale vitigno, 27. mama, fioretta, levato lo vino di la m. e di quella tristitia di fezza 9. mancare, nella locuz. veni a m., detto di vino, perdere il sapore, 18. mandare, tr., 79 – Ind. fut. 5 manderete 63 – servire, mandare a tavola 79 – con ellissi, tutte le sorti di salsa le manderete fredde 63 – v. bandire, portare, ponere. mandola, v. mendola. mangiare 3, 12, 13 (pigliare lumiuni et aranci et fellarli come se si volessero m. felli felli) – Ind. pres. 3 si mangia 55 / mangiasi


Il «Ricettario di cucina» di San Martino delle Scale ... 101 – impf. 3 mangiava 27 (Augusto m. pane imbevuto d’acqua) – fut. 3 mangerà 70 – assorbire, metterci dui rotula di oglio bono commune e lassarla stare; si veni a m. detto sapore di acito 12. mangiare reale, crema di pollo e latte arricchita da aromi, pinoli e datteri, 97. maniare, tr., maneggiare, lavorare, 30 (come lo zuccaro si potrà m., si metterà nella jonta di farina e così s’impasterà calda quanto si potrà m.) – maneggiarlo, sost., 27. mano 27 (si asciuga premendolo con m. fra una salvietta) – mani 34 (si reminano molto bene con le m.); 44, 76 – manciata, 55 (una m. di zuccaro et cannella); 79; 81 (una m. di passolini et pignoli) (+6) – passata, 92 (mettereti pannelli d’oro et di argento a scacchi con una m. di pezzicata di sopra) – locuz., di mano in mano, a mano a mano, 10. mantonico, vitigno, 11. manuscristi, grado di soluzione dello zucchero molto denso (GDLI s.v.), 22 (si ritorna al fuoco, procurando, col farlo bollire di nuovo, la più e meno densità, e la minore chiamasi consistenza di ‘giulebbe’, la maggiore di ‘m.’) marmorati, pl., dolci di zucchero, amido e aromi di diverse forme, lasciati indurire e poi ricoperti di crosta di zucchero, 44 bis / marmorate 44. [matarazzo], materasso – matarazzi 21. mediocremente 33 (si piglieranno 2 o 3 tiglie calde ... e s’empiono m.) – di piccola dimensione, 36 (farete le cassate saliate di zuccaro et cannella fina sotto et sopra e si faranno m.). medolla, midollo di animale macellato, molli come una m. 2 (cfr. DB essiri na midudda ‘molto tenero’ s. midudda) – medollona 52 / midollone 74 (mezzo rotolo di m.). mele, miele, 62, 73, 91, 98 (+5) / miele 101 bis – latte miele 101 (v.). [menare], rimestare – menarla 63 – Ind. fut. 5 menarete 52 – Ger. menando 70; (m. con una cocchiara) – menandola 60, 96 – menandole 93 – menandoli 59 – v. rimenare. mendola, mandorla, 46 bis – mendole 40, 63, 90 (+9) / mendoli 49 – mandole 60, 89 bis / amandole 63, 86, 97 (+7) – mendola dolce 8 – mandole bianche (e anche amandole mondate 87, 96), private del tegumento, 89 / amandole b. 68 – mendole attorrate 49, 51, 55, 83 / caliate 40 – v. crustata di mendola 46; latte di mendole 90; menestra d’amandole 60. mendolata, minestra ricostituente di latte di mandorla, pane e zucchero, 89.

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menestra 39, 57 bis (+3) – m. di latte, composto denso di latte, albumi, zucchero, cannella, acqua rosa e muschio, 39 – m. di cotogni, zuppa di carne lessa con melecotogne, arricchita con caciocavallo grattuggiato, tuorlo e aromi, 57 – m. d’ova e latte, crema di latte, uova, zucchero e frutta secca, 59 – m. di amandole, vivanda a base di mandorle pestate cotte con uova e zenzero, 60. menta 62. [meschiare], tr., mescolare – Ind. pres. 3 mischia 32, 36 – fut. 2 meschirai 85 (piglia li luvari e li m. insieme con quella compositione con sale); 5 mischerete 92 / mescarete 72, 91 / miscarete 78 – Cong. pres. 3 meschi 31 (si m. ogni cosa insieme con la farina et zuccaro); 6 mescano 40 – Imper. 4 mescate 75 – Part. miscate 83 – v. imbiscari, mescolare, mesticare. [meschiato], agg., mescolati – meschiati 5. [mescolare], tr. – mescolarlo 14 – Imper. 4 mescolate 4 – Part. mescolata 70 (questa compositione sia bene m. insieme) – Ger. mescolandoli 79 (piglierete 2 coccia di musco distemperate con acqua rosa m. con una cocchiara) – v. imbiscari, meschiare, mesticare. mescolata, s. f., 54 (piglia tre bianchi d’ova fresche et sbattute e le mettirete in questo brodo dandole una m. con la cocchiara). [mesticare], tr., mescolare – Ind. pres. 3 mistica 24; 6 misticano 23, 26 – fut. 2 mesticherai 100 – Part. misticato 22, 101 – v. imbiscari, meschiare, mescolare. mestola, s. f., cucchiaio forato utilizzato per mescolare creme dense, misticato miele buono con latte fresco in una pentola grande, si agita con m. o srullo cucinario tanto che faccia schiuma 101 – v. srullo cucinario. metà 23, 35. metallo, mortaro di m. 44. mettere, tr., 53, 61, 78 (+3) – metterci 5, 17, 49 (+4) – sost. 62, 81 84 (+2) – metterla 7 – metterli 13 bis, 17 (+4) – metterlo 10 ter (+2) – mettirni 20, 21 – mettervi 48 – sost. 49, 79, 88 (+8) – Ind. pres. 3 mette 34, 42 bis (+9) / mettivisi 42; 6 mettono 34, 40, 43 (+4) – fut. 2 metterai 77, 84, 98 (+7); 3 metterà 30, 33, 44; 5 metterete 47, 56, 92 (+26) / mettereti 56, 83, 94 (+15) / mettireti 51, 61, 97 / mettarete 55, 81 – Cong. pres. 3 metta 33, 69 bis (+3) – mettasi 39 – Imper. 2 mettici 60 – mettela 66, 90 – mettili 45 bis, 89– metteli 90 – mettilo 57, 60 – mettivi 77 – mettetilo 58 – Part. messo 33 – messa 9 – Ger. mettendo 33 bis – mettendoci 20, 55 bis – mettendole 92 – mettendolo 52 – mettendovi 47, 52, 75.


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mezzo, agg., 35 (m. rotolo di saime); 51 (m. arrosto di piccioni); 92 (m. pesti 92) (+23) / mezz’ 42; 61 (mezz’oncia di pepe); 92 (mezz’ ora) (+2) – mezza 38 (m. cottura); 42; 65 (m. carraffa); 96 (m. libra di amandole) (+14) – mezzi 42 (m. cotti) – in mezzo 13, 53. migliore, s. m., la parte migliore, pigliate le cotogna e grattici il m. 69. minuto, agg. in funz. avv., sottile, pigliare arsenico e pistarlo ben minuto 14 – minuta 58 (piglia la ricotta e tuma e tagliala minuta); 67 – minuti 40, 42, 91 – minuti minuti, molto sottilmente, 13. misca, s. f., miscuglio, 12 (ad una m. che capisci dui butti, metterci dui rotula di oglio bono commune). miscare, v. meschiare. [miscato], agg., mescolato – miscata 20 (busa di boi m. con vinazo). [mistura], aroma, spezie – misturi 53, 75 (piglia lardo e soffrigelo un poco con lesche di presutto et casocavallo e tutte sorti di m. et la più parte sarà cannella); 87, 98 (+24). moderatamente, avv., 46 (darete foco sotto e sopra m.), 48; 75. moderato, agg., fuoco m. 22 – v. temperato. molle 61 (gidi overo foglia m.) / mollo 14 (sapone m.) – molli 1; 2 (cocirli con lo vino cotto, che si fanno m. come una medolla). mollica, m. di pane 51 – piccola quantità, 63; 67 (m. di pane bruscata bagnata all’aceto); 87 (+2) – molliche 73 (m. di pane bianco); 83 – v. medolla. mollicanda, vivanda ricostituente a base di mollica ammorbidita nell’acqua fresca, vino e zucchero, 28. mollo, nella locuz. a mollo, 2 (pigliare li codogni ... e dopo metterli a m.); 76, 97 (+2). [mondare], tr. – sost., mondarle 56 (pigliareti amandole ...et, in mondarle, le mettirete dentro quell’acqua) – Ind. pres. 3 monda 23 – fut. 5 mondarete 82 – Imper. 2 mondali 77 – mondale 92; 4 mondatele 56, 73 – Part. mondate 63 – togliere la buccia del frutto, 77 (piglia pomi dolci e mondali); 73; 92 – eliminare il tegumento della mandorla, 56 (pigliareti amandole et le scalderete et mondatele bianchi); 63, 77 (+2) – togliere l’uovo dal guscio, 82 (pigliate l’ova bollite et dure et le mondarete) – purificare, 23 (m. le reni). [mondato], agg., sbucciato – mondati 97 (dàttoli m. e partiti in quattro) – mondate 79 (fastuche m.); 87 (amandole m. ); 93 (cotogna m.) (+3).

mondello, misura di capacità per aridi, pari alla quarta parte di un tumulo (lt. 4 circa), 100 (m. di farina). monte 101 (accommodati questa vivanda attorno un alto ramo di rosmarino ... e, con meraviglia de’ circostanti, se le rappresenta un m. nevato) morire, intr., 14 (per fare m. li cimici); 21 – Ind. fut. 6 moriranno 14 – Cong. impf. 6 morissero 4 morso, nella locuz. m. a m., a poco a poco, 48 (se havete commodità di mettervi dui onze di butiro o altra sorte di grasso e questo farete a m. a m.). mortaro, mortaio, 44; 48 (piglia lo fegato et boglilo e dopo ... lo metterete a pestare dentro un m.). [moscarello], v. pera. moscato, vino moscato, 27 – moscatello 31 (m. leggiero o buon vino). mostarda, salsa a base di senape, aceto, vino cotto, mollica di pane e uva passa, 66 (m. di senapa). muffa 13 ter. murga d’oglio, morchia, 6. musco, muschio, sostanza tratta da ghiandole di mammiferi, 38; 63 (un coccio di musco distemperato con acqua rosa); 71, 92 (+10) / mosco 29, 42, 80, 100 (+10). [mustacciolo], biscotto di colore biancastro cotto a fuoco lento, a base di farina di mandorle aramatizzata e sciroppata (cfr. Ban mostazzolo, 180-1) – mustaccioli 30 / mustacciole ib. – mustazzoli, variante più semplice della preparazione precedente, che sostituisce il composto base con farina intrisa di cannella, noce moscata, pepe e muschio, 100 / mustacciuoli ib. musto, mosto, 9 (fa’ imbuttar lo musto); 20 ter (+3) / mosto 9 bis (+2). Naturale, s. m., 85 (con lo sperone le taglierete in modo che venghi a restare il garbo di pesce con farvi la sua coda, che habbia del n.). negro, agg., nero, vestito o drappo di seta tanto n. quanto di colore 7. netto, pulito, 44 (bastone n.) – netta 33 (carta n.); 56 (padella ben n. 56); 84 (tortera ben n. e stagnata) 84 (+1) – netti 85 – nette 53, 57. nevato, innevato, monte n. 101. [nevola], cialda (cfr. VS nevula s.v.; Ban nevole, 181) – nevole 31. [nocatola], biscotto di pasta di mandorle cotto al forno (cfr. App nucatole, 59; VS nucatola s.v.), 34, 35 / nocatoli 35 – nocatole coperte, avvolte in un involucro di pasta, 35, e nocatole scoverte, senza involucro, 34.


Il «Ricettario di cucina» di San Martino delle Scale ... noce moscata 55 (n. m. ben pesta); 73, 100. nocelli, nocciòle, 86 (piglia tre onze di amandole e 3 di pignoli e tre di n. et atturrateli). notamento, annotazione, n. per governarsi la vigna et inchiudiri lo vino 9. [nuovo] – nuova 40, 62, 64 (+3) – pignata n. e stagnata 33 – cocchiara n. ib. [nutricarsi] – Ind. pres. 6 si nutricano 5 (pigliari puma terragni et ... passati, metterli dove nasce l’acqua che si n. sanguisughi). Odore 13 (o di muffa); 20 (mal odore). oglia putrida, preparazione di carni di animali domestici e selvatici, verdure, frutta fresca e secca, formaggi, spezie, 61. oglio, olio, 79, 85, 90 (+12) / olio 82 – o. bono commune 12 / oglio buono 91 bis – tacchi di o. o grascia 15 – murga d’o., morchia, 6. oglio di mendola dolce, olio rilasciato dalle mandorle dolci (quelle comunemente usate in cucina) pestate, 8 / oglio 49, 55, 63. ongere, ungere, 81 – Ind. pres. 6 ontano 31 – fut. 2 ongerai 99 / ungerai; 5 ongerete 70, 79 / ungerete – Part. onta 71 – onte 32, 91 – Ger. ongendola 73, 78, 91 (+6) / ungendola – v. untare. [onto], agg., unto – onta 98 – onte 81 / unte 81 (metterete altre tante alasagne, tutte u.) / ontate (tiglie o.). onza, oncia, misura di peso equivalente alla dodicesima parte di un rotolo, 31, 72, 100 (+8) / oncia 34 40 61 (+1) – onze 30, 46, 97 (+47) / oncie 40. hora, le ova sbattute si reminano per un’h. 31; 61, 64 (+5) / ora 24, 92 / hore 42 (si lascia i.nfusione per h. 41); 69, 97 (+4). ordine, nella locuz. in ordine, pronto, si tiene in o. mezzo rotolo di zuccaro fino 34; 39, 56, 81 (tenerete in o. passolini et pignoli) (+6). [orecchia], di maiale – orecchie 54; 61. orgio, orzo, 3. orlo, bordo, 70, 71; 75 (vi metterai la detta compositione mettendovi per sopra l’altra sua alasagna con farle alcun o. et delicatura intorno). oro 92 (pannelli d’o. et di argento). osso, di animale macellato, 7 (o. di carne di genco) – ossa 40 bis – ossa, nòccioli, 64. ovo, uovo, 44, 57, 70 (+4) – ova 53, 76, 98 (+61) – ova apari, non gallate, 4 – ova sbattute 59, 60, 75 ecc. – ova fresche 43, 54, 72 ecc. / freschi 80 92 96 ecc. – v. bianco d’ovo e chiaro d’ovo, rosso di ovo – ova bollite et dure, u. sode, 82 – ova frette, u. fritte, 83 – ova incannolate, frittatine di uova avvolte (cfr. VS ova ncan-

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nulati s.v.), 81 – ova ripiene, u. sode con ripieno di tuorlo sbriciolato con erbe aromatiche e poi fritte e spolverate con zucchero e cannella, 82 – ova alla Imperiale, pietanza di tuorli rappresi su un composto di albumi, zucchero, farina, latte e acqua rosa cotta alla brace, 84 – v. collorelle d’ova; menestra di ova e latte; turta d’ova et cannella 81; arrosto d’ova, 83. Padella 56 (pigliareti amandole ... e le atturrarete dentro una p. ben netta); 81. pagnotta 26; 28 (grattasi una p. scrostata) – pagnotte 101. paletta, mestolo di legno, 38 bis. pallotti, pl., grumi, come lo latte è scaldato, si metta la farina del riso, che non faccia p. 38. [pampina], s. f., foglia – pampini 13 bis (p. di citro). pane 47, 55 62, 67 (+17) / pan 26, 27 bis – pani 99 – pan di Spagna 26 / pane di Spagna 33 – pan lavato 27 bis – pane bianco 56 (e bianco p. ib.), 73, 89 – pane fritto 56 – pane abruscato 83, 86, 87 ecc. – pani di maiorca 99. [pannello], lamina – pannelli 92 (mettereti p. d’oro et di argento a scacchi). panno, tessuto di lana, per lavare qualsivoglia tacca sopra seta o p. 18 – panni 15. panno di lino, tela di lino utilizzata per setacciare, si cola o con stamigna o con p. di l. 22; 24 – v. stamegna. paparotta, pietanza a strati dal sapore agrodolce, composta da pane fritto e volatili tagliati a pezzi e arrostiti (cfr. App caperottata, 46; Ban capirotta, 191-2; v. anche VS papparotta ‘pappina’ s.v.), 56. papero, gallina overo cappone o p. o pavone 61. [pardo], agg., prob. grigio scuro (v. DCECH pardo s.v.) – parda, v. salsa. parte, s. f., porzione, imbiscarci la quarta p. di mantonico 11; 69, 75 – luogo, 14, 54, 92 – lato (reminando d’una p.); 39 – parti 54 (tre p. d’aceto et una di vino buono e sale); 87, 88 (+1). [partito], agg., diviso – partiti 97 (4 di dàttoli mondati e p. in quattro). [passare], tr. – Ind. fut. 2 passerai 93; 5 passarete 63, 79, 86 (+4) / passerete 51, 67, 89 (+2) – Imper. 2 passale 68 – passali 84 – Part. passato 1 – passata 51, 94 – passati 1, 5 – Ger. passandolo filtare 24 – passandole 55 – ridurre in poltiglia, piglia le cotogna ... e falle bogliere ... che si disfaccino. Dopo le passerai per una stamegna 93; piglia le mandole scaldate e mondate, le passarete 60; ponereti una mollica


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di pane bruscato e bagnato all’aceto e lo passarete con quelle verdure 62 ecc. – filtrare, piglia li bianchi di l’ova ..., latte et acqua rosa et farina un poco sottile e sbattili molto bene e passali per una stamegna 84; si cola nella bozza passandolo per stamigno o panno di lino 24 – trascorrere, passati detti due giorni 1; a cottura di sciroppo p. 94 ecc. [passato], agg., tritato – passata 93 bis (carne p.). passola, s. f., uva passa, 50 passoli 55, 61, 86, 91 (+6) / passuli, pl., 98 / passolina 88 / passolini 46, 66, 81 bis / passi 47, 49, 58, 62, 77. pasta, impasto, amalgama di vari ingredienti, 29 (si sbatterà ogni cosa insieme e si faranno le cassate con la p. tenera); 35 (si farà la p. di tutte le cose suddette); 71 (+8). pasta reale, pasta di mandorle, 70, 92 bis. pasticcio, pietanza a base di carne cotta in un involucro di pasta, 52 bis, 53 bis – pasticci 40 bis, 41 (p. overo turta) (+3) – p. alla francese, con ripieno di carne trita soffritta con frutta secca e aromi, 52 – pasticcio di quaglie, con ripieno di quaglie arrostite, lardellate e soffritte con prosciutto, frutta secca e spezie, 53 – pasticci di piccione senz’ossa, ripieni di piccioni bolliti e disossati, amalgamati e soffritti con uova, mandorle pestate e aromi, 40 – pasticci di carne di ienco, con ripieno di filetto di carne bovina tagliato in pezzi e marinato in agresta e aromi, 42 – v. turta. pavone, gallina overo cappone o papero o p. 61. pedi, pl., piedi, di uomo, 9 (colta la racina et messa intra una tina ... falla pestare con li p.) – di animale, p. di porco 54 / piedi 54 bis; 61 (p. et orecchie di porco). pegnata, pentola, 69, 88, 90 (+8) / pignata 1, 39, 40 (+3) / pognata 61 – pegnatella, 62, 65 – pegnata o cazzola 87, 92. pelle, buccia del frutto, 64 (piglia un rotolo di cerase brodose e ... le passerete per una stamegna di modo che non resti che l’ossa et la p.) penna, piuma per ungere o spalmare, ungerai un poco di saime con una p. 77 – penne di gallina 70 (con le p. di g. ongerete questa torta con il detto bianco d’ova); 85. pentola 101. pepe 79, 90, 100 (+8) / pepi 92 (un’onza di cannella e di garofali et p. mezzo). peperata, salsa a base di carne di selvaggina stemperata con aceto e vino cotto (da qui forse la specificaz. di racina; cfr. AM (Li-

bro A) peperata ‘intingolo’ / peverata, Ban peverata ‘salsa a base di pepe’, 235; v. anche VS pipirata ‘id.’ s.v.), p. di racina 67. pera moscarelle, pl., pere moscatelle, varietà di pera (cfr. Tr piriddu muscareddu s.v.), 73 / pere moscarelle ib. / peri moscarelli ib. perfetto, agg., detto di vino, di ottima qualità, 73 – perfettissimo 9. pernici, pl., p. o francolini o altri uccelli volatili buoni 53; 56. pesce 85; 86 (pezzi di p. fritti) – pesci 86, 87 ter (+1) – brodo lardiero di pesci 87 (v.) – severo di pesci 86 (v.). peso, s. m., la radica ... tagliata in pezzi et ammaccata al p. di mezza libra 23. pestare 48, 63, 71 (+7) – pistarla 11 / pestarlo 7 / pistarlo 14 (pigliare arsenico e p. ben minuto) – pestarle 62 – Ind. pres. 3 pesta 36, 44; 6 pestano 32, 40 bis – fut. 2 pesterai 66, 70, 83; 5 pestarete 46, 48, 51 (+2) / pestareti 72 (piglia le fraole et una libra di zuccaro et le p. insieme); 82, 92 (+3) / pesterete 55, 63, 86 / pestereti 62 – Imper. 2 pesta 68 (p. le amandole bianche) / pestale 51, 89, 93 / pestali 68 bis; 4 pestate 95 / pestatela 88 (pigliate 4 onze di pegnolata et p. bene con dui felle di pane abruscato) / pestateli 86, 95 – Part. pesto 48 – pestati 62 / pesti 31; 62, 66 – peste 63, 88, 95 / peste 60 (+6) / pestate 30, 40, 55 – Ger. pestando 51, 79 – pestandole 49, 83 – pigiare l’uva, 9 bis, 11 – in dittologia, si pestano e stracciano molto bene 32. pestato, agg., 31 (zuccaro p.); 44; 64 (pepe p.) (+6) / pesto 33 – pestata 30; 37 (ricotta ben p.) – pestati 42 / pesti 68, 79, 92 (+2) – pestate 34, 80 / peste 48, 63, 96. pesto, agg., v. pestato. pestone, pestello del mortaio, 56, 63 bis (+3) / pistone 44 (si metterà dentro un mortaro di metallo e si remina molto bene con lo p.). petrosino, prezzemolo, 79, 82, 85 (+1). petto di gallina 38 e, con ellissi del complem. di specificazione, 97. pezza, lembo di tessuto, p. bagnata 8. pezzo, porzione, 50 (p. di zuccaro); 98 (p. di carne); 100 (p. di noce moscata) (+6) – pezzi 17; 86 (p. di pesce fritto) – quantità temp., per un pezzo 53; 54 (lascerete bogliere per un p.); 66, 76 – locuz., in pezzi 47, 55, 87 (+10) – in pezzetti 24 – pezzi pezzi 30, 33, 38, 51. [pezziare], squartare – pezziarlo 17 (in ammazzare lo porco, caldo caldo p. e salarlo). pezzicata, s. f., dolce di pinoli (cfr. Tr pizzicata ‘pignolata’ s.v.; e anche GDLI pezzica-


Il «Ricettario di cucina» di San Martino delle Scale ... ta ‘confetti zuccherati’ s.v.), mettereti pannelli d’oro et di argento a scacchi con una mano di p. di sopra 92 – v. pignolata. piacere, s. m., nella locuz. secondo il tuo p., a tuo gusto, 44. pian piano, locuz. avv., 93 (sempre menandole con la cocchiara p. p.); 94 (lasciatele bogliere insieme p. p.). piatto, s. m., recipiente in cui si servono e si mangiano le pietanze, 49 (quando la vorrai bandire, la farai in pezzi dentro il p.); 98; 101 (posto in un p., mangiasi) (+2) – piatti 54 (questo brodo lo dispartirete in p.); 56, 92 (+1) – quantità contenuta in un piatto da portata, 30; 36 (piatto di cassate di recotta) / piatta, f., 35; 100 (per fare mustazzoli, una p.) / platta 32 (per fare collorelle d’ova, una p.) – piatto reale, vassoio molto ampio, 30 (p. r. di mustaccioli). [picciolo], agg., piccolo – piccioli 17; 45 (piglia la carne e tagliala in pezzi p.); 50. piccione, pasticci di p. senz’ossa 40 (v.) – piccioni 61 bis; 71 (polpa di p.) (+3). pieno, agg., 58 (seguirete un solo di l’uno e uno dell’altro, per finchè sarà p. lo tiano) – piena 77 – piene 31. pigliare 16 21, 36 (+10) / pigliari 5 – Ind. pres. 3 / piglia 42, 43, 44 / pigli 69; 6 pigliano 31, 40, 75 (+1) – fut. 2 piglierai 78, 93, 100 (+1); 3 piglierà 44 / piglerà 44; 5 pigliarete 51, 72, 81 / pigliareti 56 bis, 93 (+1) / piglierete 79; 6 piglieranno 33 – Cong. pres. 3 pigli 25 – Imper. 2 piglia 50, 90, 102 (+97) / pigli 57; 4 pigliate 56, 77, 97 (+18) – Part. pigliato 33 – assorbire il sapore del fumo, non pigliare di fumo 39 (cfr. App non piglia de fumo, 37) – pigliato colore la faccia 33, dorarsi, detto della superficie del pan di Spagna messo al forno. pignolata, dolce di pinoli (cfr. Tr pignulata ‘pinocchiata’ s.v.; Frosini pignocchiata / pinocchiata / pignocchiato / pinocchiato ‘confettura di zucchero e pinoli’, 153-4; App pignolata, 66; Ban pignocato, 183-4), 70, 71, 79 (+1) / pegnolata 88 – v. pezzicata. [pignolo], pinolo – pignoli 53 (passoli, pruna e p.); 61, 97 (+9) / pignuoli 47, 49, 98 / pegnoli 91. pistata, s. f., sminuzzatura, pigliari puma terragni et darci prima una p. 5. pitarri, pl., galline prataiole (Lanaia, 56-7), 3 bis. poco, agg. 66 – poca 62 (p. quantità) – avv., poco 53; 70 (alasagna un p. grossetta); 84; 77 (+1) – sost., seguito dal compl. partitivo, un p. di farina 34; un p. di acqua rosa 65; un p. di pepe 100 (+46) / po’ 60 (un po’ di brodo di carne) – con valore tempor., un

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poco 75 bis – poco manco, poco meno, 64 – locuz., a poco a poco 33, 38. poi, v. dopo. polpa, carne disossata, 70 (pezzo di p. buona); 71 bis. polvere 7 bis (pigliare un osso di carne di genco ... e, dopo bruggiato, pestarlo bene e che si faccia come p. e quella p. metterla supra la tacca). [pomo], v. pumo. pomodoro 62. [ponere], tr. – ponerle 62 – sost. ponervi 70 – Ind. pres. 3 pone 22, 24, 28, 39; 6 pongono 22 – fut. 2 ponerai 68, 78, 99 (+15) / poneraila 99 / porrai 64; 3 ponerà 44; 5 ponerete 48, 67, 96 (+21) / ponereti 55, 73, 94 (+21) / porrete 87 – Imper. 2 ponela 45 – ponilo 102 – ponici 58; 5 ponetela 80 – ponetele 80 – poneteli 94, 95 bis (+1) – ponetevi 93 – Part. posto 101 – posti 29, 61 – Ger. ponendola 46, 93 – ponendole 53 – ponendovi 49, 51, 76 (+3) – poneraila in tavola 99 – v. bandire, mandare, portare. pontico, s. m., amarognolo, vino cerasolo che sappia del p. 93 porco 17 – fegato di p. 48 – rete del p. 48 – pedi di p. 54 – pedi et orecchie di p. 61. [portare] – Ind. fut. 2 porterai 98 – servire, porterai in tavola 98 – v. bandire, mandare, ponere. portuso, foro, 53; 85 (farrai un p. vicino alla testa del più grande di loro, donde potrete mettervi oglio). potaggio, pietanza di carne in umido, 49, 50 bis – p. di fecatelli 49 – p. di crapetto 50. prattico, agg., pratico, esperto, 9 (quando si vindigna, farai andare ad uno appresso che sia p.). [premere], tr., strizzare – Ger. premendolo 27 (si asciuga p. con mano fra una salvietta tanto che n’esca l’acqua tutta). presutto 47 (felli di p.); 61, 75 (lesche di p.) (+3). [procurare], tr., fare in modo – Ind. pres. 3 procura 22 (si p. che con l’ebollitione alzi con la schiuma ogni immonditia) – Ger. procurando 22 prova, s. f., innanzi che s’infornano, si fa la p. con la carta nello forno e, come saranno cotte, le insairete con un coltello 31. [pruno], susina – pruna 50, 53 (passoli, p. e pignoli); 61 (+1). pugno, manciata, 9; 62 (buon p. di passi). [pumo], mela – puma 5 quater / pomi 77 ter – pomi dolci 77 – puma terragni, varietà di mela (cfr. Tr puma tirranu s.v.), 5. punto, nella locuz. a p., pronto, a puntino (cfr. App de tutto punto, 63), 44.


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pura, v. acqua. purificato, v. rassettato. putrita, v. oglia. Quagliare, rapprendere, 55 (la mettarete a cuocere, reminando sempre con una cocchiara per finchè parerà a voi che venghi a q.); 86, 92 (+1) / guagliare 84 – Ind. pres. 3 quaglia 60. [quaglia], s. f. – quaglie 53 ter – pasticcio di q. 53 (v.). quantità 11, 62, 102 (+5) – in formule generiche, secondo la q. che voleti fare 81 (e 83); in quella q. che voleti 97. quanto basta, locuz., 46 / quantu sufficit 37. quarta, agg., q. parte 11. quarta, s. f., misura di peso corrispondente a gr. 6,61, una q. di garofali 61; 73, 100 (+9) – quarte 31 (2 q. di garofari). quartara, misura di capacità per liquidi equivalente a lt. 17,193 (cfr. Tav, 9), 9 (le botti non l’inchiri mai a cupuni ma lassaci sempre quanto una q. manco alla tramuta per botte); 20. quarto, s. m., misura di aridi utilizzata anche per i liquidi pari a lt. 0,268 (cfr. Tav, 6), uno q. di acqua rosa 40 – frazione temp., un q. d’hora 24, 33, 61 – quarte 30 (due q. d’hora). quartuccio, unità di misura di capacità per liquidi equivalente a lt. 0,859 (cfr. Tav, 9), 49 (q. di latte et acqua rosa); 54 (q. di vino cotto); 79 (+5) / quartuoccio 45 – quartucci 38; 78 (2 q. di latte). Racina, uva, 9 bis, 11 (+1) – peperata di racina 67 (v.). [racioppo], racimolo (v. VES 1975 racioppu s.v.) – racioppi 9 bis – non ci fare cogliere li r. ma la racina solamente 9. radica, radice, 23 / radice 94 – radiche 94 ter – radiche di lingua boina overo borraina 94. raffreddare, tr., 38; 40 (si lascia a r.); 48 (piglia lo fegato et boglilo e dopo fallo r.) / raffreddari 17 – Part. raffreddata 24. ramo, rametto, alto r. di rosmarino 101. [rancito], rancido (v. VES 1975 ráncitu s.v.) – rancita 17 (lo porco ... se si lassa raffreddari e poi salari, feti o si fa r.). [rappresentare], intr., raffigurare – Ind. pres. 3 rappresenta 101 (con meraviglia de’ circostanti, se le r. un monte nevato). rassettato, decantato (cfr. Scobar arrisittarisi cosa liquida: sido, assido s.v.; e anche VES 1975 risittari s.v.), in dittologia, suco di agresta overo di arangi, che sia purificato e r. 64. reale, agg., regale, sontuoso, 30, 70, 92 (+3)

– biscotto r., pan di Spagna, 26 – piatto r., vassoio molto ampio, 30 – pasta r., pasta di mandorle 70, 92 bis – mangiare r. 97 (v.). reale, sost., nella locuz. alla r. 65 (salsa alla r., v.); 70 (turta alla r., v.); 79 (salviata alla r., v.) – v. imperiale. reminare, tr., rimestare, 33, 44 – sost. ib. (al r. sta l’importanza) – Ind. pres. 3 remina 38, 40, 44 (+2); 6 reminano 31 (le ova si r. per un’hora); 34 (la cannella e le mendole si r. molto bene con le mani) – fut. 3 reminerà 33, 44; 6 remineranno – Imper. 2 4 reminate 41 – Ger. reminando 39, 49, 55 (+2) / remenando 62. [rene] – reni 23 (monda le r. eccellentemente). rete, omento, r. del porco 48. ricotta 37, 43, 46 (+4) / recotta 37 bis, 72 (+3) – ricotta di zuccaro, dolce a base di albume, mandorle, zuccherro e acqua rosa di consistenza simile alla ricotta, 96. [ricreare], rinvigorire – Ind. pres. 3 ricrea (in tempo di gran caldo r. assai questa vivanda). [ridurre], tr. – Part. ridotto 26 (r. in forma di una gran pagnotta). [riuscire], intr. – Ind. pres. 3 riesce 23 (r. gustosa e rinfrescante bevanda). rigolitia, liquirizia (v. VES 1975 rigulizia s.v.), v. acqua di r. rimedio, cura, medicina, utilissimo r. per lo stomaco 102. rinfrescante 23 (r. bevanda). [ripieno], agg. – ripiene 82 (ova r., v.). riposare, intr. e pronom., di composto non lavorato, perché acquisti la giusta densità, 39 (si levi dal foco e mettasi a r. ); 33 (si reminiranno un’hora senza riposarsi) – Part. riposato, detto di forno, che dopo essere stato scaldato necessita prima dell’uso di un certo tempo di riposo perché il calore si distribuisca uniformemente, 31. riso, v. farina di r. rompere , tr., 22 – Ind. pres. 6 rompino 33 (piglia ova 26 freschi ... e si r. dentro una pignata). rosa, v. acqua rosa – rose, fiori, 95 bis – conserva di rose 70, 95. rosire, intr., assumere un colore rossiccio, 34 (come cominciano a r., si sfornano). rosmarino 101. rosso di ovo, tuorlo, 57 / rossi d’ova 48, 71, 80 (+5) / rossi di ova 52, 58, 82 (+3) / rossi dell’ova 84 / rossa di ova 52 / rossi 31, 33, 82 (+1) – rossi d’ova duri 40 – rossi di ova fresche 62, 72 – rossi d’ova sbattute 42 – rossi dell’ova sani 84. rostire, v. arostire.


Il «Ricettario di cucina» di San Martino delle Scale ... rotolo, misura di peso pari a gr. 790 circa, 38, 51, 86, 92 (+27) / rotulo 12 – rotola 32, 42, 73, 100 (+10) / rotula 12, 30 bis. rottame, v. zuccaro. Saime, strutto, 56 (pigliate bianco pane e fàtane felli sottili e frigeteli con s. buona); 72; 98 (tortera onta di s.) (+21). salari, tr., salare la carne per conservarla, 17 – salarlo 17 (in ammazzare lo porco, caldo caldo pezziarlo e s. che si teni mill’anni). [saliare], tr., cospargere – saliarla, sost., 98 (la ponerai dentro il piatto con s. di zuccaro) – saliarli 16 – Ind. pres. 3 salia 38 (si s. di zuccaro fino molto bene) / salija 42; 6 saliano 33, 34 bis – fut. 5 salierete 79 (pigliate una tortera e la ongerete di saime ... e la s. con alquanto di farina sottile). [saliato], agg., spolverato – saliate 36 (cassate s. di zuccaro et cannella fina sotto et sopra). [salato], agg. – salata 17 (carne s.) – salati ib. sale 59, 84, 90 (+6) / sali 16. salsa 62, 65, 73 (+6) – s. verde, salsa a base di erbe aromatiche, mollica di pane e tuorli, 62 – s. bianca, salsa agrodolce di mandorle, mollica di pane, albumi e aromi, 63 – s. di cerase, sciroppo di ciliegie aromatizzato con acqua rosa, muschio e cannella, 64 – s. alla reale, salsa a base di aceto cotto con zucchero e aromi, 65 – s. parda, salsa agrodolce a base di fegatini crudi, aglio, tuorli e mandorle dal probabile colore grigio scuro (pardo, v.), 68 – s. di cotogna, succo concentrato di melecotogne cotto con zucchero, aceto e vino, 69. salsiccione 61. salvaggina, s. f., selvaggina, 61. salvia 54, 79; 88 (cima di s.). salviata, s. alla reale, sformato di erbe aromatiche, latte e uova, 79. salvietta 27 (si asciuga premendolo con mano fra una s. tanto che n’esca l’acqua tutta); 28. [sanguisuga] – sanguisughe 5 (per ammazzare le s.) / sanguisughi ib. [sano], agg., intero – sani 59 (pignoli s.); 65 (garofali s.); 92 (+4). sapere, intr., avere sapore, 13 – Ind. pres. 3 sapi 12 (botti che s. d’aceto); 6 sanno 13 (lumiuni et aranci che s. di muffa) – Cong. pres. 3 sappia 93 (vino cerasolo che s. del pontico). sapone, s. mollo 14. sapore 12 (s. di acito); 17, 86 bis (+2). [saporito] – saporiti 1. savuco salvaggio, ebbio, 21 (herba che si chiama ledano, alias s. s. et in latino lebulus). sbattere, tr., frullare, agitare, 9; 10 (ogni dì con li zappi fare s. detto vinazzo molto bene);

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sbattirlo 14 – Ind. fut. 2 sbatterai 76 (piglia 3 ova con un poco di casocavallo grattato e lo s. bene con ogni sorte di misturi); 99; 3 sbatterà 29; 5 sbattirete 70 / sbattereti 79 (s. 14 ova); 6 sbatteranno 31 – Imper. 2 sbattile 81 – sbattili 84 / sbatteli – Part. sbattuta 22, 31, 33 – Ger. sbattendoli 78. [sbattuto], agg. – sbattuti 84; 92 (tre bianchi di ova freschi s.); 96 (+1) – sbattute 60 (ova s.), 75, 82 (+5). sbriga, macchina lignea per lavorare impasti particolarmente duri (cfr. VS sbriga ‘asta della gramola’ s.v.), si farà la pasta ... e si scanerà molto bene con la s. 35. sbruffare, tr., spruzzare, 71 – Ind. fut. 5 sbruffarete 53, 81 / sbruffareti 91 – Ger. sbruffandole 53 (piglia le quaglie ... dopo l’attorrerete sopra una gradiglia, s. con vino). sbruffata, s. f., spruzzata, s. di acqua rosa, 71, 76, 77. [scacco], riquadro, nella locuz. a scacchi, mettereti pannelli d’oro et di argento a s. 92. [scaldato], agg. – scaldate 34; 60 (mandole s. e mondate); 63 (+2). [scaldare], tr. – Ind. fut. 5 scalderete (pigliareti amandole et le s. et mondatele bianchi) – Part. scaldato 38. [scanare], tr., lavorare a lungo la pasta in modo da renderla omogenea e compatta – Ind. fut. 2 scanerai 100; 3 scanerà 35 (si farà la pasta di tutte le cose suddette e si s. molto bene con la sbriga) – Part. scanata 85 – Ger. scanandola 30. [scardare], tr., squamare – Ind. fut. 2 scarderai 85 (piglia li luvari freschi e le s. bene); 5 scardarete 87. schiuma 22 bis, 101 / scuma 94 (pigliate tanto zuccaro che si basti a sceroppare con l’acqua, levando dal primo boglio la s.). sciroppare, tr., fondere lo zucchero in acqua e albume fino a ottenere una soluzione densa (cfr. Ar xiruppare s.v.), 30; 94 / sceroppare 94 – Imper. 2 sciroppalo 93 (piglia 3 libre di zuccaro e s. con acqua commune) – cuocere nello sciroppo di zucchero, sciroppare radiche di lingua boina o di borraina 94 – v. chiarificare. sciroppata, s. f., vivanda di frutta cotta nello sciroppo, s. di cotogna 92. sciroppo, soluzione concentrata di zucchero in acqua con l’aggiunta di albume (v. Ar syropus s.v.), 92 bis, 94 / sceroppo 94 / siroppo 22 – ‘siroppo longo’ o giulebbe 22 – v. giulebbe. scopa, s. dello stomaco 102 (questo sarà utilissimo rimedio per lo stomaco, perciochè incide e toglie via le fecce flemmatiche di quello, onde si può chiamare ‘s. dello s.’).


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[scoperto], agg., detto di dolce non racchiuso in un involucro di pasta – scoperta 37 (torta s. con la crosta di zuccaro, v.) – scoverte 34 (nocatole s., v.). [scorciare], tr., sbucciare – Imper. 2 scorciale 4 (pigliate fave vecchie di sei o sett’anni, s.) [scorticare], tr., scortecciare – Imper. 2 scorticale 94 (piglia le radiche di lingua boina overo borraina e s.). [scrostato], agg., detto di pane privato della crosta – scrostata 28 (pagnotta s.). [sculare], tr., scolare – Ind. fut. 5 sculereti 90 (piglia le spinace e boglile bene. Dopo le s. et le capoliereti bene). sculato, agg., scolato, filtrato, fare sbattere detto vinazzo molto bene e ... metterlo in li butti s. 10. [scumare], tr., schiumare, togliere la schiuma e le impurità che via via affiorano in superficie durante la cottura – Ind. fut. 5 scomarete 65 / scumareti 92 (piglia tre bianchi di ova freschi sbattuti et li mettereti dentro quello sciroppo et lo s. sempre) – Part. schiumato 30 – Ger. scumandolo 44 – scomandola 57. [secco] – secca 23 – secchi 61 (finocchi s. et verdi). secondo, prep., nelle formule s. il tuo piacere s. 44; s. la quantità che voleti fare 81; s. la quantità che voi fare 83; secondo vorrai a tuo capriccio 85. [seguire], proseguire – Ind. fut. 2 seguirai 77; 5 suguirete 58 / seguireti 56 (farete dentro li piatti un solo di quel pane fritto et un’altro di quelli pernici o altri uccelli che haverete e così s.) – v. seguitare. [seguitare] – Ind. fut. 2 seguiterai 66 (s. a pestare) – Ger. seguitando 26 – v. seguire. selvagina, agg., carne s. 67. semplice, v. acqua. senapa, 66 bis – mostarda di s. 66. [sentire], intr., avere sapore – Cong. pres. 3 senta (piglia tre felle di pane bruscato e bagnato all’aceto e le pestareti con quella compositione ... mettendoci una noce moscata ben pesta, garofali, cannella, pepe tanto che s. dentro questa compositione). servire 27 – Ind. pres. 3 serve 26, 28 – portare in tavola, 26, 27 – essere utile, 28 – v. bandire, mandare, ponere, portare. seta 7 (drappo di s.); 18. sete, questa vivanda ... estingue la s. 27. severo (cfr. AM (Libro A; Libro B) civero 9, 12, 34 ecc. / civerio 1; Frosini civeio, 166) – s. di gallina, salsa molto densa e speziata per condire la carne di gallina lessa a base di mandorle tostate, uva passa, pane, aceto, vino e aromi, 55 – s. di pesci, la stessa con l’aggiunta di noci tostate e dal

sapore agrodolce più spiccato, da servire fredda con pezzi di pesce fritto, 86. [sfare], sciogliere – Ind. pres. 3 sfa 43 (si piglierà mezzo rotolo di zuccaro fino et si s. con un poco di acqua et ovo bianco) – v. disfarsi. sfilato, agg., tagliato in pezzi sottili (cfr. App piglia uno bono petto di gallina ... et sfilalo, 37; Coch effilaràs, 122), petto di gallina cotto e s. 38 / sfogliato, petto s. 97. [sfingia], dolce di pasta morbida e lievitata fritta nello strutto (v. Ar sfingiarius s.v.) – sfingi 43 bis – collorelle di recotta overo s. 43. sfogliato, v. sfilato. sfoglio, s. m., sfoglia sottile di pasta, 76 bis. [sfornare], tr., togliere dal forno – Ind. pres. 6 sfornano 34 (come cominciano a rosire, si s.). soffrigere 47 bis, 75, 90 / soffriggere 53 – Ind. pres. 3 soffrige 40 – fut. 2 soffrigerai 91; 5 soffrigerete 52 – Imper. 2 soffrigilo 75 – soffrigeli 50 – Part. soffritto 50 – soffritta 40. solo, s. m., suolo, strato, farete dentro li piatti un s. di quel pane fritto et un’altro di quelli pernici 56; 81 bis (+4) – a solo a solo 17. sorte, specie, 46 (ogni s. di misturi); 52 (lardo battuto o altra s, di grasso); 91 (+16) – sorti 63 (tutte le s. di salsa); 83, 98 (+9) – per sorte, per caso, 33. [sostenere], tr., sorreggere – Part. sostenuto 101. sottile, agg., 74 (alasagna s.); 79 (farina s.); 84 (+3) – sottili 56 (felli s.); 77, 99 (+6) – v. fino. sottile, avv., sottilmente, 34 bis, 35; 44 (lo zuccaro si pesta ben s.) – v. sottilmente. sottile, sost., nella locuz. alla sottile, sottomultiplo del rotolo equivalente alla dodicesima parte dell’oncia (gr. 5,49 circa), e a 2,5 del peso alla grossa (v.), onza 1 di cannella alla s. 31; onze 4 di passoli alla grossa, che alla s. sono 10 61; 100 (+4). sottili della luna, ultimi giorni dell’ultimo quarto di luna, la tramuta farla sempre a gennaro allo s. della luna 20. sottilmente, avv., 73 – v. sottile (avv.). sovrapiù, s. f., s. della compositione 34. spagnola, sost., nella locuz. alla s., antipasto alla s. 45 (v.). spago 13. spalla, detto di vino ad alta gradazione alcolica (cfr. VS vinu di spadda s.v.), 20. [sparare] – Ind. pres. 3 spara 62 – cominciare a bollire con forza, spara a bogliere 62. spandersi, pronom. intr., versarsi, fuoriuscire, al cuocere si potrebbono s., 31.


Il «Ricettario di cucina» di San Martino delle Scale ... [spedire], tr., terminare, completare – Part. spedita 10 (s. la vindigna). sperone, tagliapasta (cfr. VS spruni s.v.; Ban speronella, 244-5), 71 (farete corte liste di pasta, fatte con lo s. che venga a gelosia); 85. spessezza, densità, s. del giulebbe 102 – v. consistenza, densità. [spetia], spezia – spetie 45. spicchio, s. d’aglio 68. [spiccicare], tr., staccare – Ind. pres. 3 spiccica 33 (si s. dalla carta e si leva dalle tiglie). spinace, f.? pl., spinaci (v. Ar spinaces s.v.), 61, 90, 91 / spinaci 90, 91 – spinaci con latte di mendole 90 (v.) – turta di spinace 91 (v.). spognoso, spugnoso, soffice, per fare il pan lavato è meglio lo s. 27. [spolverizare], tr., cospargere – Ind. fut. 5 spolverizarete 56 (s. cannella di sopra). spolverizato, agg., ridotto in polvere, zuccaro s. 70 / spolverizzato 78 / spolvorizato 71 – spolverizata 58 (cannella s.); 96, 97. [spremere], tr. – Cong. pres. 3 sprema 42 (si piglia la carne e si s.) / spremisi 69 (pigliate le cotogna e grattici il miglione e s. per una stamegna). squagliare, sciogliere, 99 – Ind. fut. 2 squaglerai 75 (piglia tre onze di saime buona e la s.). squagliato, agg., sciolto, musco s. con acqua rosa 34 srullo cucinario, frusta, misticato miele buono con latte fresco in una pentola grande, si agita con mestola o s. c. tanto che faccia schiuma 101 – v. mestola. stagione 27 (puossi in loco di limoncello usar succo di granati e massime per l’ammalati, ma per un debole o goloso malvagìa o moscato, nella s. fredda però). stagnato, agg., rivestito con uno strato di stagno, vaso bene s. 38 – stagnata 33 (pignata nuova e s.); 73, 84. stamegna, tela utilizzata per setacciare, detta compositione la passerete per una s. 51; 86, 93 (+12) / stamigna 22 / stamigno 24 – v. panno di lino. [stampa], s. f., stampo, forma – stampe 44 (si faranno le marmorate, della sorte che vorrete con le s.). stato, s. m., forma, in questo s. chiamasi ‘siroppo longo’ o ‘giulebbe’ 22. [stimpagnato], agg., di botte priva del fondo – stimpagnati 11 (butti vecchi s.). stomaco 102 ter – acetoso per lo s. 102. straccia, v. carta. [stracciare], tr., frantumare – Ind. pres. 6 stracciano 32 – in dittologia, si pestano e stracciano 32.

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[stringere], tr., spremere – Ind. pres. 3 stringe 28 (grattasi una pagnotta scrostata e, fatta stare in acqua fresca, si s. in una salvietta tanto che si liberi da acqua). stringitura, vino che si ricava dalla vinaccia (cfr. VS strincitura s.v.), 9. stringituri, torchio (cfr. VS strincituri s.v.), 9. stufa, lavaggio per ripulire le botti guaste, 20 bis – s. di busa di boi miscata con vinazo 20. [stuppare], tr., tappare – stupparla 13, 20. sucare, v. asciugare. suco, succo, 48, 56, 83 (+11) / succo 27 bis / sugo 42 bis – succo ricavato da erbe medicinali, 15 bis – suco di aranci 47 / di arangi 91 ecc. – suco di agresta 51, 53 ecc. – suco di agresta o di arangi 56 / suco di agresta overo di arangi 63 / suco d’agresta o arangi 83 – succo di melecotogne 69 bis – succo di limoncello 27 – succo di granati ib. sugo, v. suco. surra, sorra, pancetta del tonno (v. Ar surra s.v.), 88 ter; 91 (fette di s. sottili). [sventare], intr., sfiatare – Cong. pres. 3 sventi 13 (pigliare lumiuni et aranci et fellarli ... e poi metterli attaccati allo cupuni quanto stano in mezzo la butti et poi stupparla bene che non s. lu cupuni). Tacca, macchia, 15 bis, 18 bis (+3) – tacchi 15 (t. di oglio o di grascia). [tagliare], tr. – tagliarli 13 – Ind. pres. 3 taglia 26, 27, 33; 6 tagliano 40, 42 – fut. 2 taglierai 98; 5 tagliarete 82 / taglierete 67, 85 / tagliereti 87, 88 / taglireti 47; 6 taglieranno 31 (si t. felle felle) – Imper. 2 tagliala 45 (piglia la carne e t. in pezzi piccioli); 58 – tagliale 91 – tagliane 95 – Part. tagliato 47, 50, 76 (+2) – tagliata 23; 24 – locuz., tagliarli minuti minuti 13 – taglierai felle felle 98 – si taglieranno felle felle 31 – tagliarete per lungo 82 – taglierete in lesche 88 – tagliala in pezzi 45 – tagliala minuta 58. [tagliarinetto], sottile striscia di pasta – tagliarinetti (farete un circolo di t. fretti a torno) 71. [tagliato], agg. – tagliate 45 (cipolle t.). tavola, s. f., desco, 51, 56, 79 (mandare a t.), 98 (portare in t.) 99 (poneraila in t.) – piano di legno, tavole 34 (si mettono sopra le t. con un poco di farina sotto per non attaccare) – tavuli, doghe, t. del letto 21 – locuz., a tavola 79 / in tavola 98, 99. temperato, foco t. 58 – v. moderato. tempo, stagione, in t. di gran caldo, 27 – momento opportuno, pigli casocavallo grattato, dentro con ogni sorte di misturi con


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un rosso di ovo per menestra che farai e, se sarà tempo, le ponerai coccia d’agresta .... 57 – locuz., a tempo, per qualche tempo, 73 (la cocirete a tempo che venghi a fermarsi a modo di salsa). tenere, tr., 64 – tenerli 1, 16 – Ind. pres. 3 tiene 24, 31, 34 (+4) – fut. 5 tenerete 81 / tenereti 56, 82 – Cong. pres. 6 tenino 39 – Ger. tenendo 24 – tenerli larghi, distanziarli, 1. [tenersi], pronom. intr., mantenersi, conservarsi – Ind. pres. 3 si teni 17 / si tene ib.; 6 si tenno 16 (pigliare detti chiappari e saliarli bene di sali ... e poi conservarli che si tenno mill’anni). [tenero] – tenera 29 (pasta t.); 42, 52. terra 5 (li quali puma si coglino l’inverno e si conservano per l’estate meschiati intro t.) terzo, s. m., la terza parte (un t. di vino et uno di aceto). testa, di animale, 85 – bulbo, testi d’agli 62. tiano, tegame, 58 ter, 89 bis. tiglia, teglia, recipiente con bordi bassi utilizzato per la cottura al forno, 72, 80 – tiglie 32, 35 bis (+5) – v. tortera. tina, s. f., tino, 9 ter – tini 10. [toccare], tr., spennellare – Ind. pres. 6 toccano 44 (si toccano d’ovo). [togliere], tr., eliminare – Ind. pres. 3 102 (incide e t. via le fecce flemmatiche). [tondo] – tonde 85 (dui alasagne che siano t.). tramuta, s. f., travaso del vino, 9 bis; 20 (la t. farla sempre a gennaro allo sottili della luna). [tramutare], tr., travasare il vino – Ind. pres. 3 tramuta 9 (se non si t., si guasta). triangolo, nella locuz. a t., 85 (accommoderai li pesci, l’uno sopra l’altro, a t.). [triglia] – triglie 85 (impanate di t. o luvari). tristitia, t. di fezza, accumulo dannoso della feccia, 9. [tronzo], torsolo – tronzi 61 (t. di cauli). tuma (cfr. DEI toma s.v.), formaggio fresco e non salato, 58 quater. tumacelli, pl., salsicce di fegato di maiale (cfr. App tomacelle, 58; Ban tomaselle, 220; e anche VS tumaseddi / tumaselli s.v.), 48. turta, torta, dolce o salata cotta al forno, 73, 81, 99 (+9) / torta 37, 47, 74 (+3) – turta di recotta bianca, impasto di ricotta, albumi, latte e aromi ricoperto con crosta di zucchero, 37 – turta di fraole, pasta con ripieno di fragole, zucchero, uova, ricotta e aromi, 72 – turta di pera moscarelle, composizione di pasta ripiena di pere intere e crema a base di polpa di pere mescolata con vino, miele, zucchero e aromi, 73 – turta di latte, sfoglia di pasta con

crema di latte, 78; turta di fastuche, la stessa, con crema di pistacchi, 80 – torta di cotognata, pasta farcita con ripieno di cotognata e midollo, 74 – torta di pomi, dolce a strati di mele e sfoglia di pasta – turta ‘alla reale’, pasta ricoperta di glassa e ripiena di carne trita, pinoli, pasta reale, composta di rose, bianco mangiare e aromi, 70 – torta d’acqua d’Angeli, pasticcio decorato con strisce di pasta a base di carne bianca e selvaggina variamente aromatizzata, dolcificata e legata con uova, 71 – turta di lattuche, pasta ripiena di lattuga tritata e soffritta con lardo, prosciutto, caciocavallo, cannella, zucchero e uova, 75 – turta di casocavallo fresco, torta salata di caciocavallo ammorbidito in acqua, prosciutto, zucchero e uova, 76 – altra turta di casocavallo fresco, strato di fette di pane abbrustolite ricoperte di caciocavallo, cotto al forno e rassodato con uova, 99 – turta d’ova et cannella, involucro di pasta ripieno con uova fritte, frutta secca e cannella, 81 – turta di spinace, sfoglia di pasta ripiena di spinaci, sorra, caviale e pinoli e ricoperta di miele e succo di arancia, 91 – torta di ficatelli, pasta farcita di fegatini soffritti con prosciutto, uva passa, pinoli e fette di pane, 47 – v. pasticcio. tortera, tortiera, teglia, 52, 75, 84, 98 (+19) / turtera 46, 49, 99 – v. tiglia. [Uccello] – uccelli 56 bis; 61 (aglini et bucafichi o altra sorte di u.) – in iperspecificazione, u. volatili 56. untare, ungere, 15 (pigliare herba di vento e cavarne il suco et u. bene dove è la tacca con detto suco) – untarli 6 (pigliare murga d’oglio e dove sono le zicche, u. che subito l’ammazza) – untarni 14 – v. ongere. [untarsi], pronom. intr., ungersi – untarsela 8 (lavarsi la faccia con una pezza bagnata e dopo u. con oglio di mendola dolce). usar, tr., 27 (puossi in loco di limoncello u. succo di granati). [uscire], intr. – Ind. pres. 3 esce 31 (come saranno cotte, le insairete con un coltello: se e. asciutto, le levarete dalle tiglie e si taglieranno felle felle) – Cong. pres. 3, fuoriuscire, esca 27 (il pan lavato ... si asciuga premendolo con mano fra una salvietta tanto che n’e. l’acqua tutta). [utile], s. m. – utili 28 (serve per l’u. suddetti). [utile], agg. – utilissimo (u. rimedio) 102. utri, m. s., otre, inteso come unità di misura, un u. di musto buglienti 20.


Il «Ricettario di cucina» di San Martino delle Scale ... Vacante, agg., vuoto, 71 (farete corte liste di pasta ... l’infornerete et a mezza cottura le farete un circolo di tagliarinetti fretti a torno, che lo corpo venghi v.). vacca, carne di genco, boi o v. 7. vaso, recipiente per amalgamare gli ingredienti e per conservare i cibi, 42, 94, 95 (+3) – recipiente per cuocere, 24 bis; 38 (v. ben stagnato). [vecchio], agg. – vecchi 10 (butti v.) – vecchie 4 (fave v. di sei o sett’anni) [vedere], tr. – Ind. pres. 3 vede 22 (quando si v. che il bollore comincia a rompere la schiuma come di già chiarificato, si cola); 5 vedete 84 (come v. che comincia a guagliare); 96 (come v. che la pasta viene a modo della ricotta). verde, v. salsa – verdi 61 (finocchi secchi et v.). [verdura] – verdure 62. verrina, salume di suino selvatico, tre onze di v. 61. vestito 7 (per levare qualsiasi tacca che fosse supra v. o drappo di seta). vigna 9 bis. vinazzo, vinaccia, 9 ter (+4) / vinazo 20 (busa di boi miscata con v.). vindigna, vendemmia, 10. vindignare, vendemmiare 9 – sost. 11 – Ind. pres. 3 vindigna ib. – Part. vendignata ib. vino 32 , 53, 92 (+8) / vin 35, 87 – vino cotPalermo

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to, 45, 54, 66, 88 (+9) / vin cotto 87 – vino di cottura principale, cotto una sola volta, 20 – vino buono 54, 64, 69 ecc. / buon vino 31 – vino perfetto 73 / perfettissimo 9, di ottima qualità – vin bianco 35 – vino cerasolo, cilegiolo, 93 – v. moscato. viso 8 – v. faccia. vivanda, in tempo di gran caldo ricrea assai questa v. 27; 101. [volere] – Ind. pres. 2 voi 83 bis; 3 vole / vuole; 5 volete / voleti; 6 vogliono / vonno – fut. 2 vorrai; 5 vorrete / vorreti – Cong. pres. 3 voglia – impf. 6 volesseron – secondo la quantità che voi fare 83 – zuccaro in quella quantità che volete 97. [volatile], agg. – volatili, in iperspecificazione, uccelli v. 56. Zafarana, zafferano, 52. [zappa] – zappe 9 / zappi 10 (ogni dì con li z. fare sbattere detto vinazzo molto bene) [zicca], zecca – zicche 6 bis. zinziparo, zenzero, 60. zuccaro 43, 64, 79, 92 (+113) / zucchero 22 bis, 27, 28 (+3) – zuccaro pestato e cernuto 31 / zuccaro fino 38, 44, 70 ecc. – pezzo di zuccaro 50 – zuccaro chiarificato, zucchero fuso, sciroppato, 102 – zucchero di rottame, zucchero a pezzi di qualità poco pregiata, 24. PASQUALE MUSSO



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