STEFANO RAPISARDA
IL PRINCIPE E L’ASTROLABIO LA DIVINAZIONE NELL’EDUCAZIONE DEI PRINCIPI MEDIEVALI
Comincerò con una citazione che è anche un omaggio a un grande maestro della filosofia italiana, che qui a Pisa ha per molti anni esercitato il suo magistero. Scrive Eugenio Garin : Poiché tuttavia la cultura, pur essendo certo «spirituale» si propaga ed opera per vie molto precise, e attraverso mezzi documentabili, lo storico delle idee non dovrebbe mai dimenticare di prendere in considerazione anche l’effettiva diffusione dei testi. Un’opera che abbia avuto scarsissima tradizione manoscritta, che, dopo l’introduzione della stampa, abbia avuto scarsa fortuna, potrà anche interessarci moltissimo per imprevedute profondità speculative, ma ben difficilmente avrà operato nella vita reale della cultura […] Non si caratterizza un periodo analizzando in modo indiscriminato le opere che vi sono germinate, prescindendo dalla loro risonanza effettiva. Se si vuol comprendere un tempo, non si possono mettere sullo stesso piano i libri che tutti hanno letto ed amato, e quelli che quasi per miracolo sono sopravvissuti nell’universale silenzio1.
Ed in verità capita che si faccia storia delle idee o storiografia o filologia prescindendo dall’effettiva «propagazione» dei testi su scenari di diffusione reale, materiale e su precise coordinate storico-geografiche ; sono stati versati fiumi d’inchiostro su opere che di fatto hanno avuto modesta o nulla «propagazione» o circolazione o impatto sul sistema dei testi coevi e successivi… Unica eccezione che si potrebbe fare rispetto al discorso di Garin è eventualmente riferito a quel tipo di testo volutamente di limitata circolazione, volutamente prodotto in copia unica, perché realizzato per un preciso committente, segreto, anzi segretato, sottoposto a segreto di Stato, sottratto a sguardi indiscreti. Mi riferisco a opere come il Secretum secretorum, il trattato nel quale uno Pseudo-Aristotele 1. E. GARIN, L’Educazione in Europa. 1400-1600, Bari 1957, p. 6. [ 153 ]
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racchiude ad uso di Alessandro Magno il tesoro dei segreti per il dominio del mondo, che però paradossalmente risulta una delle opere medievali più lette e copiate e diffuse. Questo è il primo dei paradossi. Un libro segreto diffusissimo, uno dei libri più letti del Medioevo, copiato e letto per molti secoli in tutto l’Occidente in molte centinaia di manoscritti in latino e in volgare. Perché allora il Secretum non veniva segretato ? È un liber regius, un libro che ogni re desidera nella sua biblioteca. Ma è un libro che i re si scambiano, si prestano, si regalano tra loro ; è un libro che passa tra le mani di re rivali o nemici o amici oggi e rivali domani, il cui ingresso è documentato avvenire tra due corti, la pontificia e la federiciana, in costante tensione politica tra di loro. Perché regalare un libro contenente segreti a colui che, amico di oggi, potrebbe diventare il nemico di domani ? E questo è il secondo dei paradossi. Le risposte potrebbero essere varie : il Secretum si presenta come un libro dalla dubbia coesione e dalla strutturazione tutt’altro che lineare, e poteva benissimo essere considerato più un’enciclopedia «generalista», a largo spettro, che un libro di istruzioni per principi ; o sembrare addirittura un libro in apparenza prescrittivo ma in realtà a dominante narrativa, un libro dal quale ci fosse più da leggere per divertirsi che da imparare la scienza del governo. E dunque : è o non è un libro che i governanti prendono sul serio ? E contiene consigli «veri», oppure si tratta soltanto di «fictions of advice»2, cioè di testi che nel gioco simulato del consilium in realtà aprono «cracks and fissures in the smooth ideology of advice»3, e ad un’attenta storicizzazione risultano talvolta «more critical of the powerful than we might expect»4 ? O è un libro da leggere antifrasticamente, che «temprando lo scettro a’ regnatori» a somiglianza della celebre interpretazione foscoliana di Machiavelli, in realtà svelava ai sudditi le nefandezze su cui si regge il potere ? E ancora, il principe che lo leggeva, supponendo che lo leggesse realmente, ne metteva in pratica gli insegnamenti, li trasformava in azione di governo ? A quest’ultimo quesito si è data la più netta delle risposte : il Secretum era il libro che tutti i principi volevano, che pochissimi in realtà leggevano e che nessuno metteva in pratica. È quello che sostiene – mi si perdoni la semplificazione, ma questa è in fondo la sostanza del ragionamento – un recente articolo di Steven J. Williams, straordinario per completezza d’informazione e ricchezza di dati sulle 2. Come recita una recente monografia sull’argomento, J. FENSTER, Fictions of Advice. The Literature and Politics of Counsel in Late Medieval England, Penn 1996. 3. Ibid., p. 54. 4. Ibid., p. 3.
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presenze del Secretum nelle biblioteche regie e, in un mondo accademico che raramente parla chiaro, encomiabile per la chiarezza della tesi esposta : non esiste nessun caso documentabile di un comportamento o di un’azione politica di un re indotta dal Secretum secretorum o da qualsivoglia altro speculum principis. Secondo Williams l’impatto del Secretum sul fare concreto dei principi è meno forte di quel che la enorme diffusione del testo (750 manoscritti finora censiti) farebbe pensare, e coloro che hanno preteso di dimostrarlo istituendo «imaginary bridges» tra la (eventuale) lettura di un libro e comportamenti politici reali, hanno in realtà utilizzato argomenti non probanti ; tra l’altro i re leggevano poco o non leggevano e se leggevano, leggevano eventualmente l’altro regimine principum, quello di Egidio Romano, che sopravvive in un numero inferiore di manoscritti ma che avrebbe avuto in realtà più mirata diffusione, secondo Williams, del Secretum secretorum5. È una tesi risoluta che bisognerà prendere in seria considerazione, e discutere, dato che in ultima analisi non è coinvolto solo il Secretum secretorum o il De regimine principum di Egidio Colonna, ma lo stesso concetto di literacy dei sovrani e delle élites di governo. Le domande che qui ci porremo tuttavia prescindono dalla tesi di Williams, anche se sono ad essa in qualche modo collegate : qual è l’impatto del Secretum sulle pratiche divinatorie ? La conoscenza delle scienze divinatorie faceva parte dell’educazione del principe ? Se sì, quanto era approfondita questa conoscenza ? E quali sono le tecniche che il principe conosce o può conoscere direttamente, per diretto insegnamento o lettura ? Quali invece devono essere mediate da uno specialista ? E quali sono le tecniche affidabili, quali sono quelle lecite, quali sono quelle che gli vengono consigliate ? E quali sono quelle che non lo sono ? E finalmente : in che misura i principi ne facevano uso nell’attività di governo ? Normale che il principe romano consultasse aruspici e divinatori ; in certi casi, specie in età basso-imperiale, il principe esercitava addirittura la divinazione personalmente, piuttosto che tramite il ricorso a un coniector specializzato ; il primo di questi imperatori parrebbe essere stato Alessandro Severo (222-235 d.C.), seguito più tardi da Gordiano, Diocleziano, Giuliano : […] la mejor expresión de la consideración del emperador hacia los harúspices y su ciencia, la 5. S.J. WILLIAMS, «Giving Advice and Taking it : The Reception by Rulers of Pseudo-Aristotelian “Secretum Secretorum” as a Speculum Principis», in C. CASAGRANDE – C. CRISCIANI – S. VECCHIO (a cura di), Consilium. Teorie e pratiche del consigliare nella cultura medievale, Firenze 2004, 139-180.
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constituje el hecho de iniciarse aquél personalmente en las técnicas de la haruspicina, siendo calificado por su biógrafo como peritissimus : […] Puede afirmarse, por tanto, que Alejandro Severo fue el primer emperador que mostró interés en conocer y practicar personalmente las técnicas para leer el porvenir en las entrañas de los animales sacrificados ; será en este sentido, seguido por otros emperadores posteriores a él, como Juliano. Por este texto sabemos que Alejandro Severo conocía también otras dos técnicas adivinatorias : la astrología – era matheseos peritus – y la auguratio – se le califica de orneoscopos magnus. […] La iniciación de Alejandro Severo en los diferentes métodos adivinatorios y, particularmente en la haruspicina, non obedece a la mera curiosidad sino que parece formar parte de su formación6 ;
la percezione del carattere «scientifico» e dell’utilità pratica delle discipline divinatorie porta Alessandro Severo a fondare a Roma delle scuole di aruspicina, come riporta la Historia Augusta : Solo así, admitiendo el carácter «científico» y práctico de dichas técnicas, considerándolas más como «ciencias» necesarias y útiles que como ritos religiosos, cobra sentido una disposición mencionada por la uita de Alejandro Severo: la creación – entre otras disciplinas – de escuelas de haruspicina en Roma. Así dice el biógrafo: Rhetoribus, grammaticis, medicis, haruspicibus, mathematicis, mechanicis, architectis salaria instituit et auditoria decreuit et discipulos cum annonis pauperum filios modo ingenuos dari iusset7.
Richiamiamo soprattutto l’attenzione sulle «scuole» di aruspicina e sul tipo di divinazione che vi si praticava. A dispetto dell’apparenza, questa è una forma divinatoria di tipo «indiziario» e quindi razionale perché sostanzialmente analogico. Usiamo qui la celebre formulazione di «divinazione e razionalità» di Jean-Paul Vernant e il «paradigma indiziario» di Carlo Ginzburg, che permette di strutturare certe forme di divinazione antica e medievale, le principali, sull’opposizione «indiziario» «ispirato» piuttosto che «razionale» «irrazionale»8. Quest’ultima è 6. S. MONTERO, Política y adivinación en el Bajo Imperio Romano : emperadores y harúspices (193 D.C.-408 D.C.), Bruxelles 1991, p. 27-28. 7. Ibid., p. 28. 8. AA.VV., in J.-P. VERNANT (éd.), Divination et rationalité, Paris 1974 (trad. ital. di L. ZELLA, Divinazione e razionalità, Torino 1974) e C. GINZBURG, «Spie. Radici di un paradigma indiziario», in Miti, emblemi, spie. Morfologia e storia, Torino 19922, 158-209, p. 158. Ancora a proposito di quelle che già all’origine della loro storia costituiscono una «costellazione di discipline indiziarie», ibid., p. 168 : «La semeiotica, la divinazione, la fisiognomica, il diritto e la medicina [...] qualcosa legava davvero queste forme di sapere nell’antica Mesopotamia [...] : un atteggiamento orientato verso l’analisi di casi individuali, ricostruibili unicamente attraverso tracce, sintomi, indizi». A dispetto dell’apparenza, il sapere divinatorio, quindi, non si discosta affatto da quello scientifico, anzi costituisce un modello scientifico specifico basato sulla
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tipica di un certo tipo di speculazione illuminista e positivista e non può condurre ad altro esito che considerare la divinazione antica e medievale nient’altro che un campionario irrazionale di stranezze e bizzarrie ; invece il paradigma elaborato da Vernant e ripreso da Ginzburg permette di evidenziare la sua sostanziale omogeneità con altre forme di conoscenza indiziaria, dunque la sua razionalità interna, rispetto alla divinazione «ispirata», che è irrazionale perché non fondata su un paradigma indiziario9. L’aruspicina si fonda sull’analogia (viscere sane e in ottime condizioni sono un presagio favorevole, viscere che presentano segni di malattia sono un cattivo presagio ; segni definiti e rettilinei sono positivi, segni discontinui sono negativi) e come tale è «razionale» e trasmissibile tramite un’attività scolastica, cosa che non sarebbe possibile se fosse avvertita come divinazione «ispirata», non trasmissibile per insegnamento perché fondata su esperienze di tipo estatico. Anche per Diocleziano, che esercitava personalmente delle pratiche divinatorie, secondo quanto afferma Lattanzio, l’interesse parrebbe del tutto razionale : sacrificando con frecuencia victimas para descubrir el porvenir en sus visceras, lo que explica que siguiera de cerca la ceremonia y las interpretaciones de los harúspices : … ut erat pro timore scrutator rerum futurarum, immolabat pecudes et in iecoribus earum uentura quaerebat. Esta costumbre iniciada por Alejandro Severo […] no fue exceptional entre los gobernantes romanos ; el interés por la ciencia de los harúspices podía obedecer tanto a razones religiosas y de educación como – especialmente dentro del ejército – al deseo de controlar y vigilar estrechamente cualquier tipo de predicción que pudiera volverse contra sus planes o contro su misma persona10.
È appunto un uso che nel basso impero comincia ad essere piuttosto diffuso tra i principes romani, e che serve a controllare personalmente delle pratiche che, se esercitate senza controllo e fuori dalla sua sfera, risultano pericolose per la sua stessa persona. E dunque : il principe romano poteva essere soggetto di divinazione, ma poteva anche esserne oggetto ? In questa materia esistevano delle severe decifrazione di indizi individuali, attraverso l’uso della congettura. Lo stesso termine «congettura», come rileva Ginzburg, è di origine divinatoria, dato che coniector è il termine latino che indica il profeta-vate ispirato, ibid., p. 171 e n. 48. 9. Ibid., p. 168. Si veda anche quel che accade nel processo evolutivo della divinazione mesopotamica, che dalla tendenza a inferire le cause dagli effetti, la porterà ad accentuare sempre più i tratti generalizzanti e aprioristici, in modo da gettare le basi per una vera e propria scientificità di tipo astratto, cfr. J. BOTTERO, «Symptòmes, signes, écritures», in VERNANT, Divination..., op. cit., 70-197, p. 171-172. 10. MONTERO, Política y adivinación..., op. cit., p. 57.
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restrizioni e limitazioni, una delle quali riguardava per esempio l’ambito cosiddetto de Cesarum capite o de salute principis11, sulla quale vigeva una proibizione pressoché assoluta. Non sono consentiti oroscopi e predizioni sulla salute e sulla malattia del principe, e sulla durata della sua vita. È infatti evidente il rapporto tra potere divinatorio e potere politico. La profezia di morte di personaggi illustri, meglio se principi e sovrani, o di infermità prolungate o di sterilità e di rischio di estinzione dinastica, oltre che ovviamente le profezie di disfatte militari, agivano fortemente sulla credibilità e il prestigio delle dinastie regnanti. Si comprende facilmente quali effetti destabilizzanti possano derivare dalle previsioni divinatorie : Car un empereur dont on saurait quand il mourra serait déjà un empereur mort. Personne n’accomplirait son devoir civique ; les impôts ne pourraient plus être perçus ; tous chercheraient à savoir le nom du futur empereur, les côteries s’organiseraient, la police changerait de camp…12
Nell’Occidente medievale, prima dell’apparizione del Secretum secretorum e per quanto riguarda il principe cristiano, la risposta è tendenzialmente negativa per tutte le domande poste in apertura. A differenza degli imperatori romani, per i principi cristiani in generale la divinazione è vietata, anche se esistono ambienti e tecniche per cui parrebbero esistere delle eccezioni, e in cui ciò che vale per i sudditi non parrebbe valere per i principi. Ad esempio in area merovingia si riscontrano testimonianze assai significative di richiesta diretta di responsi divinatori da parte di sovrani, tutti realizzati tramite consultazione di sortes sanctorum, cioè di apertura casuale di testi sacri (prevalentemente Libro dei Salmi, Libro dei Re o di Salomone, Vangeli) e, nel verificarsi di certe precondizioni (interprete regale o di alta gerarchia ecclesiastica, luogo sacro, testo sacro)13 ; per quanto la legislazione, tanto religiosa quanto secolare, proibisca formalmente queste pratiche, capita che tale richiesta di responsi sia assecondata da un ecclesiastico di alto rango come
11. Ibid., particolarmente p. 81-85 e L. DESANTI, «Sileat omnibus divinandi curiositas». Indovini e sanzioni nel diritto romano, Milano 1990 ; più in generale l’ormai classico F.H. CRAMER, Astrology in Roman Law and Politics, Philadelphia 1954 e il più recente T.S. BARTON, Power and Knowledge : Astrology, Physiognomics, and Medicine under the Roman Empire, Ann Arbor 1994 ; per l’area bizantina vd. D. PINGREE, Political Horoscopes from the Reign of Zeno, DOP 30 (1976) 133-150. 12. D. GRODZINSKI, «Par la bouche de l’empereur», in VERNANT, Divination..., op. cit., 267294, p. 284. 13. Cfr. R. BARCELLONA, «Il potere ambivalente dell’arte divinatoria. Profezia e politica nei concili gallici tra V e VII secolo», Annali dell’Istituto storico italo-germanico in Trento/Jahrbuch des italienisch-deutschen historischen Instituts in Trient 25 (1999) 347-374, p. 373.
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Gregorio di Tours14. Normalmente gli specula principis riproducono ad uso del sovrano le stesse proibizioni legislative. Ad esempio, uno dei primi specula dell’Altomedioevo occidentale, il De duodecim abusionis saeculi di uno PseudoCipriano15 – attribuito al martire e vescovo di Cartagine del III sec., ma in realtà confezionato in Irlanda nel VII sec. – proibisce al sovrano il ricorso a pratiche di divinazione «ispirata» e lo esorta a «non prestare attenzione alle superstizioni di maghi, indovini e pitonesse»16 e l’esortazione risuona in Giona d’Orleans, autore di uno dei primi trattati di tradizione carolingia, che nel suo De regia institutione ammonisce i sovrani a non ascoltare il consiglio di varie categorie di divinatori : «magorum et hariolorum, pythonissarumque superstitionibus non intendere»17. Sotto il profilo delle tecniche però la domanda è : esse vanno intese nella loro individualità come tecniche specifiche, e dunque la proibizione di legge e il consilium educativo riguardano in particolar modo le forme di «coercizione» e di manipolazione della realtà (magia) e le forme di divinazione «ispirata» e «nonindiziaria» (quella operata da harioli e pythonissae), oppure vanno intese non come tecniche specifiche ma come «parti per il tutto» ? Cioè : la condanna di un Giona d’Orleans riguarda solo le tecniche «non-indiziarie» o tutta la divinazione nel suo 14. Gli esempi citati, estratti dalla Historia Francorum di Gregorio di Tours, sono tutti citati ibid., p. 268-69 : alcuni uomini di Clodoveo, in guerra contro Alarico, interpretano come presagio di vittoria il primo versetto che odono entrando in una Chiesa (Historia Francorum, 2, 37) ; il duca Gontrano Bosone consulta spesso gli oracoli e le sorti («arioli ac sortes») per conoscere il futuro, ma non gli vale a nulla e ne viene ingannato (Historia Francorum, 9, 10) ; Meroveo vuole conoscere il futuro e depone sulla tomba di s. Martino tre libri sacri : il Salterio, il Libro dei Re, i Vangeli ; trascorre tre giorni in veglia e in preghiera, si predispone alla consultazione oracolare dei testi sacri ; apre a caso i tre libri e ne riceve un responso che lo lascia confuso e atterrito ; gli si presentano infatti i seguenti versetti : I Re 9, 9 ; Ps. 72, 18-19 ; Mt. 26, 2 : «Voi sapete che fra due giorni si celebra la Pasqua e il Figlio dell’uomo sarà consegnato per essere crocifisso» (Historia Francorum, 5, 14) che gli suonano come presagio di morte (Meroveo morirà assassinato nel 578). In un altro passo è lo stesso Gregorio di Tours che viene pregato di leggere al re qualcosa di edificante, e invece di recitargli dei passi «ad instructionem animae», apre a caso il Libro di Salomone e legge il primo versicolo che gli si presenta : «Sia cavato dai corvi l’occhio che guarda torvo verso il padre» (Prov. 30, 17) («Ego vero, reserato Salomonis libro, versiculum qui primus occurrit arripui, qui haec contenebat : Oculum, qui aversus aspexerit patrem, effodiant eum corvi de convallibus.») (Historia Francorum, 5, 14). 15. In PL 4.947-960 ; edizione successiva col titolo di De XII abusiva saeculi, ed. S. HELLMANN, TU 34, Lipsia 1910. 16. In PL 4.957: «senes et sapientes et sobrios consiliarios habere, magorum, ariolorum, phythonissarumque superstitionibus non intendere». 17. Jonas Aureliensis, De regia institutione in PL 106.288d.
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complesso ? Non è facile dirlo : può darsi che la proibizione riguardi la divinazione nel suo complesso, la curiositas senza eccezioni, ma in realtà, stando alla lettera del testo, quelle che si citano come proibite sono tutte tecniche «non-razionali» perché «ispirate» o fondate sul caso. Quando, nel 789, dopo le condanne ecclesiastiche, interviene nell’ambito carolingio anche la legislazione secolare a vietare categoricamente le pratiche divinatorie tramite consultazione delle Sacre Scritture, e Carlo Magno ordina che «nullus in Psalterio, vel in Evangelio, vel in aliis rebus sortiri praesumat»18, quella di cui si tratta è divinazione basata sul caso ; e quanto al rapporto tra legge e consilium, non sappiamo se sia la legge a recepire il consiglio degli specula principis o (cosa in fin dei conti più probabile) gli specula principis a recepire il contenuto della legge. Sia come sia, quando il Secretum secretorum entra in Occidente intorno al 1230-40, probabilmente attraverso un canale di scambio comune alla Curia imperiale e a quella pontificia19, esso rompe totalmente questo «paradigma» della proibizione. Anzi al contrario vi si asserisce, e con l’autorevolezza di Aristotele (indubitata sino a una certa epoca) 20, non solo che la preconoscenza del futuro sia lecita per il reggitore, ma persino doverosa ; e ad essa si collega l’efficacia dell’azione politica e della tutela della collettività con la preconoscenza del futuro. Chi governa ha l’obbligo di prevedere il futuro : Oportet insuper regem futura cogitare et futuris casibus providenter occurere, ut possit adversa levius tollerare21. 18. Capitula Caroli M. de diversis rebus ann. 789 in BARCELLONA, «Il potere ambivalente...» cit., p. 374. 19. A. PARAVICINI BAGLIANI, «Federico II e la Curia romana», in P. TOUBERT – A. PARAVICINI BAGLIANI (a cura di), Federico II e le scienze, Palermo 1994, 439-458 e S.J. WILLIAMS, Prima diffusione dello pseudo-aristotelico «Secretum secretorum» in Occidente : corte papale e corte imperiale, in ibid., 459-474. 20. I primi dubbi sull’inesistenza di un originale greco cominciano già a manifestarsi nel secolo XIV con Jeofroi de Waterford e Pietro di Candia, che scrive : «verosimiliter dubitatur, quia creditur a multis firmiter, quod numquam [scil. Aristoteles] fecerit librum illum», detto a proposito del De pomo sive de morte Aristotelis e del Secretum secretorum), in M. GRIGNASCHI, «La diffusion du «Sirr-Al-Asrar» («Secretum secretorum») dans l’Europe occidentale», Archives d’Histoire Doctrinale et Littéraire du Moyen Age 47 (1980) 7-69, p. 60 ; l’articolo di S.J. WILLIAMS, «Defining the Corpus Aristotelicum : Scholastic Awareness of Aristotelian Spuria in the High Middle Ages», Journal of the Warburg and Courtauld Institutes 58 (1995) 29-51 è specificamente rivolto al problema dell'apocrifia di vari testi aristotelici e al fatto che molti scolastici ne fossero consapevoli, e le p. 45-46 sono dedicate alla questione del Secretum secretorum. Non si dimentichi però che al lettore medievale non importano molto le seriori acquisizioni filologiche e che in generale il Secretum è per tutto il Medioevo e oltre considerato opera aristotelica autentica e autorevole. 21. [Pseudo-Aristotele], Secretum secretorum, cum glossis et notulis, in Opera hactenus
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L’impatto del Secretum fu forte e certamente favorito da una «contiguità» con la letturatura romanzesca su Alessandro Magno, con i vari Roman d’Alexandre che erano letteratura curiale per eccellenza22. Mi si perdoni la generalizzazione, ma prima dell’apparizione del Secretum secretorum pressoché tutti gli specula principis fornivano indicazioni e modelli di comportamento desunti da esempi dalle Sacre Scritture e da commenti di Padri della Chiesa, che fanno procedere il testo per accumulazione di citazioni scritturali. È un filone dottrinale al quale appartiene tutta la trattatistica carolingia, dalla Via regia di Smaragdo al De Institutione regia di Giona d’Orleans. Gli autori sono quasi tutti ecclesiastici che si impegnano nel compito di educare i sovrani alle responsabilità connesse allo stato di principes christiani, passando in esame le virtù e i comportamenti di ogni governante che volesse garantirsi pace e prosperità sulla terra e la salvezza dell’anima. La trattatistica degli specula principis prima del Secretum non si pone il problema del mantenimento del potere in quanto tale. Con il Secretum nasce l’ «autonomia» della politica e il problema del fondamento del potere. È, se vogliamo usare una facile formula, un Machiavelli prima di Machiavelli23. Fondamento del potere è per il Secretum la sapientia e l’intellectus, parole «pesanti» nel lessico intellettuale europeo, nella cui area semantica sta insieme l’intelligenza speculativa, l’intelligenza relazionale, l’intelligenza emotiva, ma anche la somma di conoscenze, e più specificamente quelle che oggi noi chiamiano «conoscenze scientifiche». Oggi ci pare del tutto evidente che il re, l’uomo di governo, debba conoscere, ma forse nel Medioevo non era così ovvio. Tutti gli specula principis anteriori si concentravano su altri requisiti del sovrano : la clementia, la giustizia, la forza, la pietas, la nobiltà, non la conoscenza. È questa una delle grandi novità del Secretum secretorum : che il reggitore debba distin-guersi per l’uso dell’intelletto e della sapienza : Intellectus est capud regiminis […] in ipso siquidem speculamur fugienda, per ipsum eligimus eligenda : ipse est origo virtuinedita Rogeri Baconi, V, ed. R. STEELE, Oxford 1920, p. 48. 22. Significativo, ad esempio, che a proposito di un celebre passo della Vita Karoli di Eginardo nel quale si legge che tra le abitudini di Carlo c’era quella di leggere a mensa historiae et antiquorum res gestae, qualcuno si è domandato se queste letture fossero soltanto «storiografiche» o se invece si trattasse anche di testi narrativi, «including perhaps “tales of Alexander”? or also vernacular narratives?», D. BULLOUGHS, Charlemagne’s Court Library Revisited, Early Medieval Europe 12 (2003) 339-363 (cit. a p. 339). 23. A.H. GILBERT, Machiavelli’s Prince and its Forerunners : the Prince as a Typical Book of «De regimine principum», New York 1938.
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tum et radix omnium bonorum laudabilium et honorabilium24; non solo per l’esercizio della astratta sapienza come qualità, ma per la quantità di cose che egli conosce. «La conoscenza o l’intelligenza è il fondamento del potere». È questa, secondo lo storico inglese Murray, autore di un celebre saggio in cui esplora le forme di razionalità nel Medioevo occidentale, la straordinaria novità del Secretum secretorum : Nel mondo in cui fece il suo ingresso il Secretum latino, il campo politico era ancora diviso, agli occhi di molti, fra forze umane e sovrumane. In un campo del genere l’audace esaltazione dell’intelletto aveva l’attrattiva della novità […] I grandi imperi del passato – romano, ebraico e greco – erano nati dall’intelligenza e dal sapere dei loro capi […] L’intelletto è la chiave dell’effettivo potere politico25.
Ed è un passo significativo, più di quanto oggi possa sembrarci, se diventa oggetto di nota dei commentatori. A questi non sfugge infatti la sottolineatura dell’importanza della conoscenza per i sovrani. Il sovrano deve essere litteratus e deve patrocinare gli studi : vi indugiano alcuni, come Engelbert d’Admont o Ruggero Bacone, che proprio quel passo commenta al margine della sua pagina : Nota hic mirabilem sapienciam quam reges antiqui adimpleverunt quia fuerunt instructi in philosophia, set nunc ut Henricus filius Willelmi regis qui dicebatur «bastardus» solebat dicere patri et fratribus, «Rex illitteratus est asinus coronatus»26.
L’istituzione di un nesso tra azione di governo e capacità di prevedere il futuro parrebbe, dicevamo, un’altra delle novità del Secretum secretorum. Attenzione : non dimentichiamo che questo tipo di previsione opera all’interno di «forme di razionalità» del medioevo occidentale, e che l’astrologia e ancor più la fisiognomica sono forme di preveggenza «indiziaria», a differenza delle sortes apostolorum, e quindi «razionale», «scientifica», e ancora una volta utilizziamo la formulazione di Vernant e Ginzburg. Se per noi, oggi, l’astrologia non può che essere un campionario di follie, nella nostra cosmologia fondata sull’universo in espansione, sull’entropia, sulla morte del sole, ecc. ; se per noi è razionale pensare che non ci possa essere alcuna corrispondenza tra la posizione dei pianeti e la nostra vita quotidiana, tra le linee 24. [Pseudo-Aristotele], Secretum secretorum..., ed. STEELE cit., p. 45. 25. A. MURRAY, Reason and Society in the Middle Ages, Oxford 1978 (trad. ital. di M. LUCIONI, Ragione e società nel Medioevo, Roma 1986, da cui si cita, p. 132). 26. [Pseudo-Aristotele], Secretum secretorum..., ed. STEELE cit., p. 58.
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della mano e il nostro futuro, nella cosmologia dell’uomo medievale, fondata sulla corrispondenza tra quod est superior e quod est inferior, era razionale pensare il contrario. Cioè, che una corrispondenza ci fosse. È difficile per noi comprendere un sistema cosmologico come quello medievale : complessivamente, e a paragone, semplice, pur tra molte divergenze nei diversi filosofi e cosmologi, ma comunque fondato sulla certezza della immutabilità dei luminari (sole e luna), della loro incorruttibilità, dunque, della loro eternità ; e sull’idea della corruttibilità del mondo inferiore, sublunare, nel quale la materia si corrompe, ma in cui vige un sistema di analogie col mondo superiore... Il mondo superiore ha effetti sul mondo inferiore : se il sole, per esperienza comune, produce secchezza, dato che fa evaporare l’acqua e asciuga i panni, e se la luna ha effetti sull’umidità, perché agisce sull’umidità delle piante e sui fluidi del corpo umano, perché, analogicamente, non dovrebbero avere effetto anche gli altri pianeti ? Si tratta solo di scoprire quali ma che effetti ci siano è, per l’uomo medievale, fuori di ogni ragionevole dubbio. Il pensiero analogico non corre solo a collegare il «sopra» al «sotto», il quod est superior al quod est inferior, ma anche il corruttibile col corruttibile : l’animale con l’uomo, ad esempio. Su ciò è fondata la fisiognomica : se il leone è l’animale più forte e coraggioso, e il leone ha grandi le estremità delle zampe, l’uomo con grandi mani sarà un uomo coraggioso perché parteciperà della «leoninità»... Chi governa, dicevamo, ha l’obbligo di conoscere l’uomo e di prevederne il comportamento, e forse non è esagerato dire che il «nocciolo duro» del Secretum risiede proprio nel capitolo fisiognomico e in quello astrologico, che sono d’utilità fondamentalmente politica, dato che il capitolo fisiognomico serve alla buona scelta di ministri e consiglieri, e quello astrologico alla determinazione dei giorni propizi : il cap. 20 del libro III, per esempio, serve a determinare il momento astrale più adatto a intraprendere una guerra o un viaggio27. Si veda il capitolo del Secretum secretorum relativo all’astrologia e specialmente la sentenza iniziale : O Rex clementissime, si fieri potest, non surgas nec sedeas nec comedas nec bibas et nichil penitus facias sine consilio viri periti in arte astrorum. Scias itaque pro certo quod nichil fecit gloriosum Deus vacuum nec ociosus in naturis, set omnis sunt facta probabili ex causa et certissima racione. [...] Ne adhibeas fidem dictis insipiencium qui dicunt scientiam planetarum difficilem esse quod nemo poterit ad illam pervenire; isti nesciunt quid dicunt, quia apud
27. Ibid., p. 15.
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potenciam intellectus nichil est difficile et cuncta sunt scibilia in via racionis28.
ma potremmo citare anche quelli dedicati all’onomanzia e alla fisiognomica predittiva29. Beninteso, sotto il profilo didattico l’opera lascia parecchio a desiderare ; la strutturazione dei capitoli astrologici, non diversamente dagli altri, è caotica : per esempio si ha una prima lode dell’astronomia/astrologia nel capitolo in cui si parla delle azioni di «politica culturale» del principe nei confronti della divulgazione della scienza nel suo regno. E qui si ha un elogio di quelle fanciulle greche che già da piccole studiavano il cursum anni et astrorum, festa futura, solempnitates mensium, cursum planetarum, causas abreviacionis diei et noctis et revolucionis planetarum Plyades et Boetes, brevitates circulorum dierum, signa stellarum indicancia futurorum, et alia infinita que pertinent ad judicium futurorum et artem superiorum30. Segue a poca distanza il sopracitato elogio della preveggenza, e la riflessione sulla predestinazione e il libero arbitrio. C’è infatti chi contesta la validità della scienza degli astri, asserendo che Dio cuncta previdisse et preordinasse ab eterno ; unde dicunt non prodest futura precognoscere ex quo debent necessario evenire31. La risposta all’obiezione è la seguente : è vero che esistono certi accadimenti che si verificano per necessità, ma ne esistono altri che, se previsti, trascorrono sine molestia et sine maxima lesione. Come, ad esempio, prepararsi un rifugio caldo se l’inverno si preannunzia rigido, o conservare frumento se si annunzia una carestia : Confert ergo multum futura prescire, quia melius declinare mala possunt homines quando ventura precognoscunt, in modo che si possa intervenire presso la divinità con oracionibus, devocionibus, precibus, jejuniis, serviciis, sacrificiis, elemosinis et multis aliis bonis. A poca distanza sta anche la descrizione delle 3 parti dell’astronomia32 : Sciendum ergo quod astronomia dividitur in tres partes, videlicet, in ordinacione celorum et sperarum, et in disposicionem planetarum et divisionem signorum et eorum elongacionem, et de suis motibus, et ista pars Astronomie vocatur Scientia. Secunda pars est de qualitate et modo cognoscendi motum firmamenti, ortum signorum super rebus empericis antequam fiant sub firmamento Lune, et hec secunda pars dicitur Astronomia sive Scientia Judiciorum. Et dignior 28. Ibid., p. 60-61. 29. Ibid., p. 164-71 e 250-51 per l’onomanzia araba, che non entra nel testo latino. 30. Ibid., p. 58-59. 31. Ibid., p. 61. 32. Ibid., p. 62.
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pars astronomie est scientia de tribus rebus, scilicet, de speris, planetis, et signis.
La promessa di trattare in altra parte del libro (in quadam parte hujus libri) la scienza dei pianeti fissi (fixi planete doctrinam) non è mantenuta dallo PseudoAristotele e Bacone giustamente lo rimarca (Sciendum quod hec pars Astronomie non est adhuc traslata), ma è probabile che i principi non avrebbero saputo cosa farsene di una più dettagliata dottrina astronomico/astrologica. Qua finisce la parte essenziale dei precetti divinatori, che saranno ripresi solo più avanti per l’insegnamento della onomanzia, cioè della divinazione tramite una traduzione numerica delle lettere dei nomi, che è presente nel testo arabo ma non entrerà nel testo latino ; questo invece è didatticamente o, meglio, prescrittivamente autonomo. Passiamo in rassegna l’efficacia e la fruibilità didattica delle tecniche propagandate dal Secretum, almeno nella versione che ci consegnano le versioni di Steele e di Möller33. Per l’astrologia, che, come abbiamo visto, era la scienza divinatoria per eccellenza, i precetti che il Secretum pretenderebbe di trasmettere al principe sono in realtà piuttosto astratti e si riducono a un invito a studiare le scienze degli astri ; a non lasciarsi scoraggiare in uno studio che in fondo non è poi così arduo ; ad ammettere che un uomo di bassa condizione possa ascendere ad elevato rango sociale se dotato di felice disposizione astrale, ecc. In realtà il testo non insegna a tracciare un oroscopo, come non insegna a scegliere il momento per intraprendere un’azione. Per queste attività bisogna fare ricorso ad altri testi e all’ausilio di uno specialista. Ciò corrobora l’idea che l’astrologo sia l’unico vero «specialista», l’unico «professionista» della divinazione che si trovi nell’entourage del principe. Per la fisiognomica il discorso è diverso. Il IV libro del Secretum è interamente dedicato a questa sciencia iudicandi ; ricordando appunto che essa è una «scienza del giudizio» che non deve mirare a prevedere delle azioni future ma delle predisposizioni individuali e che dunque una fisiognomica cristiana debba limitarsi a prevedere le attitudini e le inclinazioni degli individui e non le azioni future (sapiencia naturalis philosophie … nec de Christianis debet aliquis judicare nisi aptitudinem naturalem ad mores, non quod talis erit)34, il commento di Ruggero Bacone ne sottolinea l’utilità per principi e reggitori : Super omnes valet regibus et magnis viris ut essent periti in hac sciencia in eleccione amicorum 33. Rispettivamente ibid., e Hiltgart von Hürnheim, Mittelhochdeutsche Prosaübersetzung des Secretum secretorum, ed. R. MÖLLER, Berlino 1963 [Deutsche Texte des Mittelalters 56]. 34. Ibid., p. 166.
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et ministrorum […]. Propter quod Aristotiles voluit instruere Alexandrum in hac sciencia utilissima pro omnibus, et maxime pro magnatibus, ut possint cavere a malis et eligere bonos35.
Ebbene, come rimarca Williams, «historians have long recognized the importance of Bacon’s confrontation with the Secretum, but they have also misunderstood it. They have left unasked the capital question of why Bacon undertook this project». L’idea di Williams è proprio che l’impegnativo commento cui Bacone attende nello studium francescano di Oxford (intorno al 1270, con discordanze tra Steele e Williams) non avrebbe dovuto avere una utilizzazione solo accademica ma avrebbe dovuto servire a impressionare un personaggio della più alta collocazione gerarchica ; la ricezione universitaria sarebbe dunque in realtà finalizzata a un’ipotesi di un possibile servizio regio : All the effort Bacon expended on his project suggests that he wanted to impress and to please someone of the highest station […] it is easy to imagine Bacon wanting to play Aristotle to some contemporary Alexander36.
Non importa qui se l’Alessandro di cui Ruggero Bacone vorrebbe essere l’Aristotele sia Enrico III (che muore nel 1272) o il figlio Edoardo I. Quel che ci importa è che la conoscenza fisiognomica che deriva dalla lettura del Secretum è applicabile direttamente, senza altre mediazioni professionali. Il modo in cui la trattazione è costruita è tale che essa trasmette al lettore una conoscenza sufficiente all’espressione di un giudizio e di una previsione. Il discorso è costruito in maniera tale che alla fine dello studio il princeps potrebbe essere capace di esprimere autonomamente dei giudizi fisiognomici37 senza necessariamente ricorrere, almeno sino all’altezza cronologica del Secretum, al consulto di uno specialista ; questi, in generale, è un esperto di scienze delle natura, più o meno indistinguibile dal medico e dallo scienziato della natura, come nel caso del Liber introductorius di Michele Scoto. Solo quando la fisiognomica si affinerà complicandosi e diventerà metoposcopia, allora il ricorso allo specialista diventerà sempre più necessario, come dimostra almeno, ma altri se ne potrebbero citare, il trattato l’Art de connaître 35. Ibid. 36. S.J. WILLIAMS, «Roger Bacon and His Edition of the Pseudo-Aristotelian “Secretum secretorum”», Speculum 69 (1994) 57-73, p. 66. 37. «La fisiognomica è una scienza regale […]» reciterà il più tardo compendio fisiognomico e chiromantico di Bartolomeo Cocles (1504), cit. in J.J. COURTINE – C. HAROCHE, Histoire du visage. Exprimer et taire ses émotions. XVIe-debut XIXè siècle, Parigi 1988 [trad. ital. Storia del viso. Esprimere e tacere le emozioni (XVI-XIX secolo), a cura di G. MARRONE, Palermo 1992, p. 33].
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les hommes (1660) di Marin Cureau de la Chambre, medico e fisionomo professionista del re di Francia38. Fin qui il Secretum secretorum. La chiromanzia non è citata dal Secretum tra le scienze divinatorie che devono fare parte della formazione del principe. Tuttavia nell’explicit di una chiromanzia attribuita a Giovanni da Siviglia, forse proprio perché già autore della traduzione latina della versione «breve», la si dichiara estrapolata dal Secretum secretorum39. Questo in realtà è un piccolo mistero. O l’autore mente per dare credito al suo testo attribuendogli una provenienza autorevole come il Secretum secretorum, e questa è l’ennesima prova del suo prestigio, o dovette esistere qualche versione del Secretum che conteneva una chiromanzia40. In questo secondo caso esistevano evidentemente, anche se non sono finora stati censiti, dei ms del Secretum nei quali anche la chiromanzia era considerata parte integrante dell’auspicabile bagaglio cognitivo del principe. Certo è che tra i pronostici recati dalle chiromanzie molti riguardano attività di governo e alcuni in particolare lo stesso titolo di re o principe, come il nr. 11 del Salterio di Eadwine (Si iuxta ipsam alia extensa in summitate sui versus foveam rimula talem habuerit, rex [erit]) o il 17 della Chiromantia Sloane ( Si sit intra, rex erit), o un comma del nr. 7 dell’Anonimo Latino (si versus foveam virgula talis fuerit , potens sicut princeps vel rex erit) o l’ 11 di Roderigo di Maiorca (dicitur eciam ab aliquibus quod si aliqua linea a basi vel eius loco procedit usque ad medium vel ad alium, transiens per medium digiti, non inter digitos, talis linea dicitur honoris ; et si transit ad indicem, honorem regis <significat>)41. Esisteva presso le corti medievali un chiromante professionista ? La risposta 38. Ibid., p. 29 : «Si racconta infatti che il re, quando doveva assegnare una carica istituzionale, interrogava Cureau, il quale giudicava il postulante in base alla sua fisionomia» ; vedi anche P. GETREVI, La scrittura del volto. Fisiognomica e modelli culturali dal Medioevo ad oggi, Milano 1991. 39. Per la storia delle diverse traduzioni del Secretum secretorum rimane ancor oggi fondamentale lo studio introduttivo di [Pseudo-Aristotele], Secretum secretorum..., ed. STEELE cit., p. VIILXIV ; della versione «breve» di Giovanni da Siviglia si parla alle p. XVI-XVIII ; dell’attività complessiva di Giovanni come traduttore tratta L. THORNDIKE, «John of Seville», Speculum 34 (1959) 20-38. 40. I testimoni editi hanno soltanto un capitolo dedicato alla fisiognomica della mano, «de palmis et digitis». [Pseudo-Aristotele], Secretum secretorum..., ed. STEELE cit., p. 170-171. 41. In Manuali medievali di chiromanzia, ed. S. RAPISARDA – R.M. PICCIONE, Roma 2005 [Biblioteca Medievale 95], rispettivamente p. 64, 78, 284, 224.
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che darei è tendenzialmente negativa : è probabile che almeno in questa fase non ci fosse un chiromante professionista, dedito esclusivamente a questa scienza divinatoria. Nella maggior parte dei casi il chiromante è un medico, peraltro magister universitario, come Roderigo da Maiorca, del quale si ha un trattato organico della lettura della mano ; in generale non è uno specializzato ma un filosofo naturale, un physicus ; lo stesso Michele Scoto elabora per Federico responsi astrologici quanto chiromantici …42 Quanto alla strutturazione del testo sotto il profilo dell’apprendimento, certi testi parrebbero necessitare di integrazione orale, ad esempio la Chiromantia del Salterio di Eadwine ; altri testi hanno una strutturazione tale che parrebbero autosufficienti dal punto di vista testuale, cioè sufficienti a trasmettere una conoscenza della disciplina. Per esempio ancora Roderigo da Maiorca o lo Pseudo-Giovanni danno descrizioni topografiche sufficientemente particolareggiate, tali che anche senza disegno, con un po’ di approssimazione, si riesce a trovare sulla mano il presagio ; tra l’altro va detto che la cosa più importante in realtà non è tanto conoscere la mano responso per responso quanto capire il meccanismo analogico soggiacente alla lettura divinatoria. Quanto alla geomanzia, è una tecnica di facile applicabilità e ampia diffu43 sione, per quanto il Secretum non ne parli. Nella sua versione di base essa consiste, com’è noto, nel tracciamento casuale di sequenze di punti su una superficie come la carta o la sabbia o la terra, nell’eliminazione di multipli in maniera che rimangano solo uno o due punti per rigo e nel riconoscimento delle figure conseguenti. È una tecnica che ha ampi margini di utilizzazione : è facilmente praticabile e le 12 figure di base dovevano far parte delle conoscenze generali del clericus medievale (vedi la citazione di Dante, in Purgatorio, XIX, 4 della figura geomantica detta Fortuna maior). Per praticare la tecnica senza altri ausilii le figure vanno apprese singolarmente ma quasi tutte le forme sono analogiche : cauda draconis carcer Come è facile osservare, ciò è un formidabile ausilio per la memorizzazione. Trattati di geomanzia si trovano negli inventari di biblioteche regie, per esempio in quello della biblioteca di Martino I d’Aragona44 o nella biblioteca di Carlo V di 42. Mi permetto di rinviare a S. RAPISARDA, «Magia e divinazione», in Federico II. Enciclopedia fridericiana, Roma 2005, II, coll. 233-239. 43. TH. CHARMASSON, Recherches sur une technique divinatoire : la géomancie dans l'Occident médiéval, Ginevra 1980. 44. Tra i non molti ms aragonesi di re Martino si trova un’Art de geomencia, attualmente non
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Francia, ove ne sono censiti ben 2845. Sotto il profilo dell’applicabilità pratica, in generale i trattati di geomanzia hanno una struttura tale che, con pochi materiali sussidiari e qualche eventuale integrazione orale, è possibile imparare la tecnica del «getto dei punti» e praticarla agevolmente. Ciò che se fosse stato calcolato con procedura astronomica avrebbe richiesto la consultazione di tavole di notevole complessità, se calcolato con procedura geomantica è assai semplificato. Ben lo rimarca l’autore della geomanzia occitanica (v. 113-140)46 : l’attribuzione dei segni e dei pianeti per mezzo del «getto dei punti» è adatta a chi non conosce l’uso delle sfere armillari e dell’astrolabio e del quadrante, ed evita la difficile lettura del las taulas toletanas, delle tavole toledane, e similari compilazioni numeriche. Permette insomma l’accesso alla preparazione di oroscopi anche a coloro che non possiedono un sapere nella più alta delle scienze divinatorie come la scienza degli astri. Per la onomanzia, e per le «sfere della vita e della morte», la struttura del testo è tale che in generale il trattato è testualmente autonomo e contiene in sé tutte le istruzioni per praticare la tecnica : una tavola di corrispondenze tra lettere e numeri, un’istruzione («somma le lettere di ciascuno dei nomi contendenti, sottrai i multipli di 9, prendi i due resti e confrontali tra di loro»), un’altra tabella dirà il vincitore. Un interessante esempio di corte si legge nella monografia di Veenstra e riguarda la corte di Borgogna47. Anche qui, disponendo del testo e soprattutto delle tavole numeriche e appreso il meccanismo, non sembrano necessarie professionalità aggiuntive. Un’onomanzia è presente nel testo arabo del Secretum, ma viene espunta
rintracciabile, cit. in J. MASSÓ TORRENTS, Inventari dels bens mobles del rey Martí d’Aragó, Revue Hispanique 12 (1905) 413-590, n. 102 di quell’inventario. 45. In L. DELISLE, Recherches sur la Librairie de Charles V, I-II, Parigi 1907, I, p.121-125 . 46. «Astronomia es de gran afar, / C’a penas puesc home trobar / - Aitant cant ey vist(z) ni auzit – / Qu’en sapcha se no molt petit, / Que tota l’art[z] es corrumpuda / E pels avols m(a)estres perduda : / Car no sabo l’arengamen / De las cauzas ni l’intramen, / Ni no podo.ls planetz trobar / Com cazen jos ni lor levar, / Que vol di(ze)r exaltacios / E.l cazers e(s) descencios ; / Ni sabo trobar per l’espera / Ni per l’astralabi enquera / Dels planetz lor ajustazo / Qu(e) hom apela conjunctio. / Per que maestre G. ditz, / Qu(e) ha sercat de tot la raitz, / […] / Qui vol obrar d.astronomia, / Qu(e) hom ponche com geomancia, / Plus leugieiramen mil aitans / C’ap astralabi ni cadrans / Ni ab las taulas dels tres reis / Ni ab los ans ni ab los mes / Ni ab los jorns ni ab los gras - Car el de tot era fort las / – Ni ab las taulas toletanas / De que hom ditz moltas ufanas » (v. 113-140), G. CONTINI, Un poemetto provenzale d’argomento geomantico, in Iubilaria friburgensia 1889-1939, Friburgo-Svizzera 1940, p. 19-20. 47. J.R. VEENSTRA, Magic and Divination at the Courts of Burgundy and France : Text and Context of Laurens Pignon’s «Contre les devineurs» (1411), Leida 1998, p. 393-401.
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dai testi latini e romanzi, probabilmente per le difficoltà inerenti alla precisa trasposizione del valore numerico delle lettere arabe in lettere latine. Come si calcola il valore numerico dell’omologa latina (che non esiste) di una zay o di una shiin ? Le onomanzie che circoleranno in Occidente avranno altra origine che non il Secretum secretorum, come ben dimostra un articolo di Burnett48. Ancora più elementari, sotto il profilo pratico, le «sorti degli apostoli» che possono consistere o nell’apertura casuale di libro simbolico o altamente significativo (Bibbia, Vangelo, ecc.) o in tecniche più o meno simili di pesca casuale di un filetto di stoffa da un testo e che, come abbiamo visto, erano usatissime in certi ambienti come quello carolingio. Sotto il profilo «didattico» la tecnica delle sortes è del tutto intuitiva ed elementare e dunque non sarà stata oggetto di specifico apprendimento. A poco più di un secolo di distanza dall’ingresso in Europa della versione lunga del Secretum secretorum, alla corte di Carlo V si scrive il primo trattato esplicitamente dedicato a dissuadere il principe dal praticare le scienze divinatorie. È il Livre de divinacions di Nicole Oresme (1366), che nelle intenzioni del consigliereautore ha l’esplicita valenza di un tentativo di educazione politica, e la cosa si potrebbe forse interpretare come il segno di un progressivo dilagare di quelle pratiche nell’azione di governo e nella vita quotidiana della corte49. Principi e uomini di governo sono i destinatari espliciti e diretti del testo francese, come anche dell’analogo Tractatus contra astronomos judiciarios, di argomento sostanzialmente identico e con amplissime coincidenze testuali ma redatto in latino ad uso di una circolazione più vasta in ambiente scientifico. Che i due testi siano stati redatti a educazione del principe lo si dice chiaramente nel prologo sia del Tractatus : Multi principes et magnati, noxia curiositate solliciti, vanis nituntur artibus occulta perquirere et 48. CH.S.F. BURNETT, «The Eadwine Psalter and the Western Tradition of the Onomancy in Pseudo-Aristotle’s “Secret of Secrets”», Archives d’Histoire Doctrinale et Littéraire du Moyen Âge 55 (1988) 143-167. 49. Si noti che nella biblioteca di Carlo V si trovano gli oroscopi della famiglia reale al completo, vd. G.W. COOPLAND, Nicole Oresme and the Astrologers. A Study on His «Livre de divinacions», Liverpool 1952, p. 185, n. 27. Quella di Coopland rimane l’unica edizione a stampa a tutt’oggi disponibile. Una nuova edizione, a cura di S. LEFÈVRE, è stata elaborata come Thèse de Doctorat, Univ. de la Sorbonne Nouvelle (Paris III) 1992, ed è consultabile in forma di microfiches presso la BNF, ma non risulta ancora disponibile sul mercato editoriale, per quanto rientri nei progetti editoriali delle Belles Lettres (è cio che apprendo da una comunicazione personale della stessa Lefèvre, che ringrazio). Per la tradizione italiana, con testo a fronte e annotazioni, vd. N. ORESME, Contro la divinazione, a cura di S. RAPISARDA, Roma in stampa.
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investigare futura. Ad cujus erroris impugnatione ordinavi tractatum qui sequitur […]50
che del Livre : Mon entencion a l’aide de Dieu est moustrer en ce livret, par experience, par auctorites, par raison humaine, que fole chose, mauvaise, et perilleuse temporelment, est mettre son entente a vouloir savoir ou deviner les aventures et les fortunes avenir, ou les choses occultes, par astrologie, par gromance, par nigromance, ou par quelcxconques tielx ars, se on les doit appeller ars, mesmement telle chose est plus perilleuse a personnes d’estat comme sont princes et seigneurs auxquels appartient le gouvernement publique51.
E lo si ribadisce continuamente nel corso del testo : Et dy que les princes ou autres qui ont mis leur entente a telles choses ont fait mauvaise fin, ou ont este mal fortune temporellement52.
Molti sono gli esempi di re ingannati dalle pratiche divinatorie ma la novità è che insieme ai soliti esempi tratti dalle storie classiche e bibliche (il figlio di Pompeo nei Pharsalia di Lucano e Anfiarao nella Tebaide di Stazio, Nerone e Serse in Plinio, Creso, Pirro, Agatocle, Eteocle e Polinice, Apio, Saul nel Policraticus di Giovanni da Salisbury), entrano nell’ammonimento anche alcuni reggitori contemporanei : Alfonso di Castiglia e Giacomo di Aragona nel Tractatus53, e Ferrante di Fiandra e ancora una volta Giacomo d’Aragona nel Livre de divinacions54, oltre a vari personaggi innominati della corte plantageneta, che dalla citazione di Oresme si conferma come uno dei principali crocevia della divinazione europea medievale. I principi sono sensibilissimi alle pratiche divinatorie e in ciò ha avuto grande influenza il Secretum secretorum ; Oresme ne è ben consapevole e sovente lo cita nel corso della sua trattazione, per quanto esprima dubbi sull’effettiva paternità aristotelica55. Quali sono dunque le scienze divinatorie che sopravvivono nel trattato 50. In COOPLAND, Nicole Oresme and the Astrologers..., op. cit., p. 123. 51. Ibid., p. 50. 52. Ibid., p. 70. 53. Ibid., p. 127. 54. Ibid., p. 72. 55. La contestazione «filologica» mira proprio a sottrarre autorità a quello che era il più diffuso speculum principis : «Je viens apres a ce que dit Aristote a Alixandre ou Livre des Secrez. Je dy que par aventure Aristote n’en dit rien, ne il n’avoit pas telle maniere de parler comme il a
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di Oresme? Le scienze che egli passa in rassegna come inutili e perniciose per il principe sono innanzitutto quelle magiche (Oresme gli interdice tassativamente la preparazione di talismani e figure magiche), poi l’astrologia, innanzitutto : Les autres sciences sont geomance, ydromance, et telx sors, cyromance, experimens, supersticions, et d’euspices d’esternuer, de encintres, d’argumens per le chant des oyseaux, par les membres des bestes mortes, ars magian, nigromance, interpretacions de songes, et plusieurs autres vanitez qui ne sont pas sciences fors a parler improprement56.
e poi la teste Saturne, art notoire, art contre notoire, piromance, spatulomance, art de sintille, divinemens par metalz, par cyre, par pains, par sternemens, par foudres, et par telles sorceries57.
in quanto dotate di «minore apparenza [di verità] e nessuna certezza» (mains d’aparence et nulle certainnete). Ciò nel prologo, ma successivamente su alcune di esse il suo giudizio diventa più morbido. Alla chiromanzia egli non disconosce una sostanziale credibilità ; anzi è anche disposto ad ammettere che abbia in sé uno statuto epistemologicamente veritiero, a condizione che resti nei limiti della descrizione di inclinazioni e tendenze e non entri nella previsione che implichi limiti al libero arbitrio dell’uomo : Mais cyromance est une partie de philosophie et puet avoir aucune verite et bien peu, tant seulement quant a la complexion ou inclinacion de la personne et nompas quant a la fortune. Et pour ce les regles qui sont escriptes sont pres que toutes fausses. Des experimans qui sont escrips en plusieurs livres est il certain que le plus ne sont pas vrayes et ne sont que menconges et tromperies, et appert manifstement a qui les veult esprouver58.
La chiromanzia può entrare nella formazione del principe, e il principe, con cautela e nella stessa misura della fisiognomica, parrebbe autorizzato a crederci e ad avvalersene. Il principe deve (secondo il Secretum) o può (secondo Oresme) essere capace di conoscere dai segni esteriori l’uomo che gli sta dinanzi. Si riscontrano analogie con lo statuto del discorso fisiognomico (anche se, se non en ce livre qui n’est pas de grant auctorite et que Aristote ne fist pas», in Livre de divinacions Tractatus contra astronomos judiciarios, in COOPLAND, Nicole Oresme and the Astrologers..., op. cit., p. 108. 56. Ibid., p. 54. 57. Ibid., p. 92. Per l’illustrazione delle varie techniche vd. ORESME, Contro..., op. cit., in stampa. 58. Ibid., p. 58.
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m’inganno, Oresme non lo cita mai). Si noti che in un passo, parlando delle linee speciales59 cioè di linee naturali, estremamente individualizzate, tipiche di ogni singola persona e impossibili da ritrovare uguali in due mani diverse, l’autore di una chiromanzia afferma : sicut vix aut numquam due facies in diversis hominibus inveniuntur similes per omnia, ita huiusmodi linee in diversis manibus non inveniuntur similes60. Come è quasi impossibile trovare due facce uguali, così è difficile trovare due mani uguali, e in definitiva chiromanzia e fisiognomica hanno uno statuto epistemologico alquanto simile tra loro. Anche l’astrologia è parzialmente recuperabile, a condizione che il principe non pretenda di conferirle uno statuto epistemologico troppo complesso ; interessante è ciò che afferma Oresme in merito alle capacità pratiche del principe : […] la principale estude du prince doit estre gouverner son peuple par la science de politiques et par le bon conseil de plusieurs gens loyaux qui a la maniere des anciens Rommains pansent plus du bien commun que d’acquerir richesses et vains honneurs. A telles choses doit le prince veillier et labourer, mais bien est verite que, aussi comme l’arc vault mains d’estre trop longuement tendu, il convient que le prince ait aucune recreacion et aucun honneste esbat qui li soit repos. Et quant il est de noble engin a li appartient bien savoir d’astrologie et d’autres bonnes sciences aucunes bonnes conclusions, sicomme de la disposicion du ciel, du monde, du nombre, de la quantite, de la figure, et des mouvemens des corps du ciel, et de telles choses, qui sont bonnes et delectables a savoir. Et les doit le prince aprendre par oir dire, par maniere de simple narracion, non pas par curieuse inquisicion. Car il ne doit pas savoir les demostracions de Ptholomee, ne travaillier a enquerir des planetes, ne estudier astralabes, ne telles choses, mesmement ou cas que ce li seroit peinne, ou que il en seroit en rien destourbe du gouvernement publique61.
Insomma, secondo Oresme, l’astrologia può essere studiata e appresa, ma deve restare nei limiti di «ricreazione e onesto divertimento» (recreacion et […] honneste esbat) ; il principe deve avere un’infarinatura di astronomia, pari più o meno alle nozioni di base che potevano derivare dal curriculum di base delle arti liberali, ma non è necessario, anzi è bene che se ne astenga, che egli studi testi scritti o voglia apprendere direttamente l’uso di strumenti o l’elaborazione di modelli concettuali complessi. Il principe dovrà agostinianamente evitare ogni forma 59. Giovanni da Siviglia, Proemio 5, in Manuali medievali di chiromanzia, ed. RAPISARDA – PICCIONE cit., p. 130. 60. Ibid. 61. COOPLAND, Nicole Oresme and the Astrologers..., op. cit., p. 104.
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di curiositas, «persino nel caso in cui astenersene gli sia doloroso o ne risulti in qualche modo danneggiato il governo della cosa pubblica»62 e soprattutto deve occuparsi di politica, come scienza «moderna» del governo del suo popolo. E qui Oresme parrebbe polemizzare con gli astrologi della corte di Carlo V, il più influente dei quali è probabilmente Pelerin de Prusse. Questi fu autore della traduzione francese di un Liber introductorius d’Alcabitius, realizzata sulla versione latina di Giovanni da Siviglia63, e di un Traité des elections universelles des douze maisons (2 ms. : Oxford, St. John’s College, 164, e Vaticano, Bibl. apost. vat., Reg. lat. 1337) diviso in 3 parti (generalità, elezioni e medicina astrologica) e dedicato in data 11 luglio 1361 al delfino Carlo (futuro Carlo V) ; il fatto che tra le sopracitate opere di Pelerin de Prusse ci sia anche un trattato cosiddetto Practique de l’astralabe (ms Oxford, Saint John’s College, 164), anch’esso in francese piuttosto che in latino, testimonia l’uso non tecnico, cioè non interno alla classe dei chierici, ma destinato a quel pubblico ampio della corte, dello stesso re probabilmente, che del latino aveva minore pratica e consuetudine. L’astrologo lo afferma esplicitamente nella conclusione del trattato : Et ainsi ay je, Pelerin de Prusse, l’an 1362, le 9 jour de may, a l’eure de prime, par l’aide de dieu accompli les proffiz et chapitres de la practique de astralabe briefment et simplement tout seulement par usage de astralabe sans meller ouvrages et besoingnes estraunges par guise de calculacion, afin que les ouvrages soient simples et de chascune personne entendables64.
Di Carlo V sopravvive l’oroscopo forse prodotto dallo stesso Pelerin de Prusse, e lo si può vedere nel ms Oxford, St. John’s College, 164, che è testimone unico della Practique de l’astralabe65, al f. 158v.66 Com’è noto, un oroscopo può essere definito come una rappresentazione geocentrica del cosmo in un momento dato e si noti come la tecnica di elaborazione degli oroscopi sia in fondo uno splendido esempio di pratica di lunga durata. Sono simili nella sostanza gli oroscopi 62. Ibid. 63. Su Giovanni da Siviglia vd. anche n. 39. 64. E. LAIRD – R. FISCHER, Pelerin de Prusse on the Astrolabe. Text and Translation of his «Practique de Astralabe», Binghamton-New York 1995 [Medieval and Renaissance Texts and Studies 127], p. 62. 65. Ibid., p. 3. 66. L’oroscopo è riprodotto in CH. BURNETT, «Astrology», in F.A.C. MANTELLO – A.G. RIGG, (ed. by), Medieval Latin. An Introduction and Bibliographical Guide, Washington 1996, p. 374 ; vd. anche E. POULLE, «Horoscopes princiers des XIVe et XVe siècles», Bulletin de la Société Nationale des Antiquaires de France (1969) 63-69.
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disegnati per Costantino Porfirogenito e quelli settecenteschi, e direi quelli a noi contemporanei67. Il quadrato centrale reca l’ora astronomica di nascita, che nel caso di Carlo è 2o gennaio 1338 alle 17,36 postmeridiane : Figura nativitatis Serenissimi regis francorum Karoli anno domini 1338 post meridiem 20 diei januarii hora 17 minuto 36 diebus equatis in nocte sequente, ecc. Secondo la tradizione astrologica la tavola è divisa in 12 triangoli, chiamati «case», e a ciascuna casa corrisponde un’attività della sfera umana distribuita sulla tavola in senso antiorario (1o vita…, 12o amici) ma quella che varia è la distribuzione delle costellazioni zodiacali. La 1o casa è quella all’immediata sinistra del quadrato centrale e, nel caso dell’oroscopo di Carlo V, risulta occupata da Capricornus e Aquarius. Quindi nella situazione astronomica corrispondente al momento della nascita il futuro sovrano di Francia ha Capricorno e Aquario in 1o casa, AcquarioPesci in 2o casa, Pesci-Ariete in 3o casa, Toro in 4o casa, Toro-Gemelli in 5o casa, ecc. Bisognerà poi vedere il modo in cui i pianeti si collocano nell’oroscopo. Sempre nel caso di Carlo si notano Luna e Sol e Mercurius in 1o casa, Caput draconis e Mars in 2o casa, Iupiter in 7o casa, Cauda draconis in 8o casa, Saturnus in 11o casa e Venus e Pars fortune in 12o casa. Compito dell’astrologo è sostanzialmente quello di sviluppare i calcoli e di interpretare il risultato finale. Per quanto poco si sappia dell’educazione formale del delfino e futuro Carlo V, sono almeno 100 i manoscritti di testi astronomici e astrologici in francese che entrarono nella biblioteca del re, molti dotati di un apparato decorativo accuratamente progettato68. Nel libro della Richter Sherman, che studia appunto il corredo iconografico dei volgarizzamenti di testi aristotelici prodotti alla corte di Carlo V, vengono riprodotte le miniature del frontespizio del Livre des neuf anciens juges d’astrologie, del Traité de l’espere e del Quadripartit di Tolomeo con l’atto di omaggio dedicatorio degli autori. In un caso il re è rappresentato in attitudine
67. Il quadrato degli oroscopi medievali e della prima età moderna, fino a Keplero compreso, diventa negli oroscopi moderni un cerchio riportante 360 gradi, sul quale alcune posizioni (opposizioni, trigoni, allineamenti) vengono messe in evidenza tramite linee colorate, ma rispetto agli oroscopi medievali la sostanza grafica non cambia : le case rimangono immutate e immutati rimangono sia i pianeti che il modo di distribuirli nelle case, seppur i calcoli matematici siano più complessi almeno in apparenza. Ma quel che più dà il senso della «lunga durata» è il fatto che, pur in un modello di cosmo totalmente diverso da quello antico e medievale, l’oroscopo moderno rimane geocentrico. 68. C. RICHTER SHERMAN, Imaging Aristotle. Verbal and Visual Representation in Fourteenth-Century France, Berkeley-Los Angeles-Londra 1995, p. 15.
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non di semplice lettore ma di vero ricercatore, dato che la posa che assume non è di lettura ma di studiosa consultazione69. Per insegnare a collocare case, segni e pianeti, Pelerin de Prusse scrive un Livret de eleccions, anch’esso presumibilmente compilato ad uso di Carlo V70 ; un metodo meno scientifico ma a portata di chi non dispone della possibilità di eseguire o far eseguire complicati calcoli planetari è quello della geomanzia astrologica71, di cui abbiamo detto sopra. È assai probabile, dunque, che Carlo V avesse davvero, oltre che una biblioteca astrologica, anche una quantità di strumenti di misurazione, come testimonierà più tardi Simon de Phares, astrologo alla corte di Carlo VIII e autore di un Recueil des plus Célèbres Astrologues. Il Recueil, dall’autore in realtà denominato Elucidarium, è una compilazione alquanto schematica di celebri astrologi dell’antichità sino al 1495. L’opera, rimasta incompiuta ; doveva constare di tre parti, ma solo la prima è stata composta, quella riguardante i grandi astrologi del passato ; fu composta tra il 1494 e il 1498 e sopravvive in un manoscritto unico, Paris, Bibliothèque Nationale de France, ms. 1357, la cui rilegatura porta le cifre di Napoleone Bonaparte : …et le tres sage et debonnaire roy Charles le Quint, <lequel> tant estudia et ayma ceste science de astrologie, <en congnoissant et voyant l’utilité d’icelle,> fonda et renta a perpetuité <ung> college et estudians en icelle, en ladicte Université de Paris, ainsi qu’il sera veu cy aprés en son ordre, et leur donna belle librarie bien garnie de livres, speres, astrolabes, saphee et autres instrumjens servans a ladicte science, qui encore y sont72.
Il riferimento è alla fondazione nel 1371 del Collegio scientifico di Gervais Chretien, medico e astrologo di Carlo V, che riceve ben presto il riconoscimento del re, del vescovo di Parigi e del Papa. Nel 1377 Carlo V lo dota di due borse di studio nell’ambito delle scienze dell’astrologia/astronomia. La presenza di 69. Ibid., p. 20 : Seated in a high-backed chair, he holds one book open on his lap, while he consults another lying on his revolving book-stand. The fleur-de-lis pattern on the walls and floor allude to his rank. Althought the portrait is conventional, the image establishes Charles as an active seeker after knowledge. 70. Estratti in LAIRD – FISCHER, Pelerin de Prusse..., op. cit., p. 92-101 ; vd. anche I.D. NORTH, Horoscopes and History, Londra 1986, che fornisce dettagliate istruzioni sul modo di confezionare una carta astrologica. 71. Vd. supra n. 46. 72. Recueil des plus Célèbres Astrologues et quelques hommes doctes faict par Symon de Phares du temps de Charles VIII, ed. E. WICKERSHEIMER, Parigi 1929 (publié d’après le manuscrit unique de la Bibliothèque Nationale) e la nuova edizione : Le Recueil des plus Célèbres Astrologues de Simon de Phares, ed. J.-P. BOUDET, I-II, Parigi 1997, I, p. 22.
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strumenti pratici (speres, astrolabes, saphee et autres instrumjens) è dunque assai probabile, data l’esistenza dei trattati didattici sull’astrolabio e sulle elezioni di cui abbiamo parlato sopra. In realtà Simon de Phares mira a mostrare la scientificità dell’astrologia (comment astrologie est vraye science) e la sua utilità a fini politici. In particolare l’astrologo raccomanda ai reggitori di leggere con grande attenzione il Secretum secretorum. Il duca di Borgogna avoit mal estudiee la leçon que bailla Aristote a l’empereur Alexandre le Grant, son disciple, par lequelle il l’admonnestoit de non riens faire, s’il lui estoit possible, sans le conseil de quelcque homme expert en la science des estoilles, comme plus a plain est contenu en son epistre commançant, «O rex clementissime»73.
e poi rimarca una sentenza di Platone in cui si dice che i principi hanno bisogno della scienza come l’anima ha bisogno del corpo, ibid. Il passo cui si allude è proprio quel O Rex clementissime, si fieri potest, non surgas nec sedeas nec comedas nec bibas et nichil penitus facias sine consilio viri periti in arte astrorum74 che costituisce la base precettistica dell’astrologia nel Secretum. Veniamo dunque all’altra questione : in realtà, e ammettendo che leggesse davvero il Secretum, il principe cosa sapeva fare di persona, cosa faceva parte del suo bagaglio personale diciamo «interiorizzato» ? Quanto era approfondita la conoscenza astrologico/astronomica dei sovrani ? Generalmente erano in grado di tracciare un oroscopo in maniera autonoma ? Sapevano leggere un astrolabio senza l’ausilio di un professionista ? È evidente che la risposta va individualizzata. Alcuni dimostrano un grande interesse, come Carlo Magno, per l’astrologia/astronomia nel curriculum delle arti liberali, ma probabilmente non ne erano capaci in maniera autonoma. Lo stesso vale per Federico II : è vero che in molte fonti risuona un elogio del sapere astrologico di Federico II, o almeno l’importanza che l’imperatore gli attribuiva (ne citeremo qui una poco nota : un sirventese del poeta occitanico Guilhem Figueira, Un nou sirventes ai en cor que trameta [P.-C. 217.8] 25-26, 73. Ibid., p. 39. Simon attribuisce la colpa della sconfitta francese agli anti-astrologi, cioè a teologi e «bigotz» ; questi sono anzi da considerare tra i peggiori nemici del Regno e Simon afferma di avere scritto a tal proposito un pamphlet, che risulta disperso, contro il Faux Semblant del Roman de la Rose, ibid., p. 120. 74. [Pseudo-Aristotele], Secretum secretorum..., ed. STEELE cit., p. 60.
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nel quale si gratifica Federico con un omaggio oroscopico : «en bon ponh fon natz et en bona planeta / nostr’emperador» e gli si riconosce un sapere astronomico/astrologico, al «tan sabens d’artz e d’estronomia / qu’el ve e conois enans so que ave»)75. I versi riflettono evidentemente un interesse reale dell’imperatore per la preveggenza, ma non vuol dire che Federico si facesse gli oroscopi da solo ; d’altronde è notissimo dalla cronache che egli avesse in servizio permanente effettivo degli astrologi, anche se non è chiaro fin dove si estendessero le loro mansioni oltre al tracciamento di interrogationes, electiones, ecc.76 Forse si spinge più avanti Alfonso X el Sabio che cura la strutturazione più o meno didatticamente organica di tutto el saber de astronomia in 18 trattati che dimostrano un certo grado di coesione testuale e funzionale77. Altri, come Giacomo d’Aragona, registrano l’astronomia/astrologia nel proprio personale speculum principis e la consigliano fermamente ai reggitori. La parte finale del Libre de Saviesa reca una serie di previsioni astrologiche, fondate sulla «conexença de la art de les esteles segons la art d’astronomìa», e redatte da un jo che «he conegut fermament e certa que moltes coses se deven esdevenir en los temps que vendran, segons l’ordonament dels cosors sobirans, ço és a saber, de les planetes»78. Nell’io-scrivente si deve intendere anche qui come nel prologo Giacomo d’Aragona ? Non sappiamo. Gli oroscopi sono riferiti agli anni 1290-95, riportano un quadro astrale completo e precedono la preghiera finale che conclude il testo e lo chiude in una struttura coesa e compatta, e in qualche modo simmetrica rispetto all’inizio. Ciò significherebbe che gli oroscopi non sono materiali allotri entrati successivamente nel testo e incorporati in conclusione, ma parte costitutiva del testo. La formazione del principe parrebbe dunque implicare, almeno per 75. Rispettivamente : «il nostro imperatore è nato in un buon momento astrale e sotto un buon pianeta» e «[Federico è] tanto sapiente dell’arte d’astronomia, da vedere e conoscere in anticipo ciò che accade», in E. LEVY, Guilhem Figueira, ein provenzalischer Troubadour, Berlino 1880, 7, ove estronomia sta evidentemente per astronomia iudiciaria, dato che ciò che più preme all’Imperatore è cercare di antivedere il futuro. 76. Vd. RAPISARDA, «Magia e divinazione» cit. 77. Per un quadro completo delle opere astronomico-astrologiche di Alfonso el Sabio cfr. C. ALVAR, «Textos científicos traducidos al castellano durante la Edad Media», in N. HENRARD – P. MORENO – M. THIRY STASSIN (ed. by), Convergences médiévales. Epopée, lyrique, roman. Mélanges offerts à Madeleine Tyssens, Bruxelles 2001, 25-47, p. 30-39. 78. SOLÀ – SOLÈ, El Llibre de Doctzina..., op. cit., p. 135. La copia manoscritta è del 1385, ma non è chiaro se il Giacomo in questione sia Giacomo I il Conquistatore (1208-1276) o Giacomo II d’ Aragona (1291-1327).
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Giacomo, la capacità di formulare oroscopi ? Non sappiamo neanche questo ; se gli oroscopi sono, come sembrano, del tutto «organici» al testo, parrebbero degli avvertimenti indirizzati a un suo successore, dato che riguardano date presumibilmente lontane rispetto al periodo di compilazione e successive alla stessa morte di Giacomo (si ricordi che anche l’altro Giacomo, quello citato da Oresme, successivo di quasi un secolo, è sensibile alle predizioni degli astrologi). Infine : qual era l’effetto delle attività divinatorie sull’azione politica concreta ? Accadeva spesso che il generico interesse e/o l’effetto di una predizione si trasformasse davvero in atti e decisioni e scelte di governo ? La risposta dev’essere necessariamente cauta. Sarebbe igenuo pensare che un oroscopo si trasformasse direttamente in un atto di decisione politica. Eventualmente esso vi partecipava come uno degli elementi della valutazione. Tuttavia questo è un punto che gli storici non sembrano disposti a prendere in considerazione. Non mi pare che abbia avuto grande riscontro un articolo di Lynn Thorndike su una questione che, se fosse vera, avrebbe, direi, conseguenze clamorose. In un articolo dal titolo The Horoscope of Barbarossa’s First-Born79, il grande storico della scienza richiama l’attenzione su un oroscopo di Federico duca di Svevia, figlio di Federico Barbarossa. È noto a tutti che il Barbarossa ebbe, tra gli altri, due figli, Enrico e Federico, l’uno insignito del titolo di re e imperatore, l’altro di duca. Da ciò si è sempre dedotto che Enrico fosse il maggiore e Federico il minore. Ebbene, nell’oroscopo di Federico la data di nascita è data con termini astrali e cronologici così precisi che non se ne può dubitare la primogenitura rispetto al fratello Enrico, futuro re di Germania. Federico, il futuro duca, è nato prima di Enrico, il futuro re e imperatore… (Tra l’altro è interessante notare – come fa Thorndike – che la precisione con cui vengono annotate le determinazioni cronologiche, ad esempio nella registrazione annalistica delle date di nascita dei sovrani, vada di pari passo con la considerazione della scienza astrologica e quanto esse perdano esattezza con il regredire del prestigio dell’astrologia nel corso della storia della scienza occidentale)80. 79. L. THORNDIKE, «The Horoscope of Barbarossa’s First-Born», The American Historical Review 64 (1959) 319-322. 80. Ibid., p. 319-320 : «[…] no more precise record of the date and place of one’s birth can be expected from that period by the historian. In an age when astronomy-astrology was the supreme natural science, the method of drawing up a nativity was made as scientific and mathematical as possible. For if one wished to predict the future life and destiny of an individual, it was absolutely
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Dunque : perché non fu Federico, apparentemente primogenito, a diventare re ? Gli oroscopi, riverificati da Thorndike, sono esatti ; manca tuttavia il referto di sintesi, la predizione finale che l’astrologo estrae dai dati planetari. Ma se si scoprisse che la predizione è negativa, ecco che sarebbe lecito ipotizzare che la predizione astrologica possa avere avuto degli effetti impreveduti, tali da alterare persino la regola della primogenitura81. Sarebbe una conseguenza colossale : un primogenito che non diventa re per effetto di un oroscopo negativo.
essential that the time of the birth should be as exactly determined as possible. Rather, records of birth became fewer and less reliable as astrology went out». 81. L’apporto della divinazione diventa significativo nei momenti storici in cui vacilla il criterio della successione dinastica, come in qualche fase della storia romana bassoimperiale : «Desde Adriano no habría sido necesario utilizar la astrología para designar a un emperador, puesto que el principio de sucesión, que descansaba en el derecho de genitura, funcionaba regularmente haciendo inútil cualquier tipo de cábalas o intrigas sobre el sucesor. En este dominio – la determinación de quien debía ser emplazado en el poder – la predicciones tanto de los caldeos y mathematici como de los harúspices, al menos durante la dinastía antonina, carecía de interés : los criterios dinásticos eran los únicos importantes», MONTERO, Política y adivinación..., op. cit., p. 13-14.