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Molino Denti

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Gi Metal

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DENTI Tel. 0522 350085 commerciale@molinodenti.it technicalservice@molinodenti.it

INFIBRA: le farine buone e innovative per i professionisti della pizza.

Da Molino Denti, una gamma unica di farine prodotte con uno speciale metodo che consente di conservare tutte le parti nobili e le proprietà nutritive del grano.

Si sa: il segreto di una buona pizza è la farina. Che si tratti di pizza napoletana, romana, al taglio, al metro, di pinsa romana o altro, per ottenere un risultato eccellente bisogna scegliere la farina giusta. A creare una gamma completa dedicata al professionista ci ha pensato Molino Denti, importante azienda emiliana con sede a Borzano di Albinea (RE) e Vicofertile (PR), specializzata nella produzione di ingredienti di qualità per la panificazione, la pasticceria e il settore pizza e affini. Si chiama INFIBRA, ed è una linea di farine tutt’altro che convenzionali, ottenute con uno speciale metodo di lavorazione che le rende uniche per gusto, caratteristiche tecniche e nutritive. “Tutte le farine INFIBRA – spiega Sandra Arcidiacono, Tecnico Ricerca e Sviluppo di Molino Denti – contengono il germe di grano e le parti cruscali, in percentuale diversa in base alla referenza. In genere, queste parti vengono separate e destinate ad altri usi per evitare che possano rendere la farina instabile: noi siamo riusciti a stabilizzarle così da poterle impiegare tutte, rendendo le nostre miscele ricche di fibre, antiossidanti, vitamina D e vitamina E”.

LA LENTA TOSTATURA

Una novità resa possibile dall’applicazione di un metodo generalmente utilizzato per caffé e frutta a guscio: la tostatura. “Per INFIBRA – racconta il tecnico – abbiamo sviluppato una tecnologia speciale che permette di tostare a basse temperature con massima precisione, in modo da rendere il germe di grano e la crusca stabili. Un metodo all’avanguardia, dove l’esperienza e l’occhio dell’uomo hanno ancora un ruolo fondamentale. Il risultato eccezionale: una farina migliore nell’aspetto, nel gusto e con un alto valore nutritivo”.

UN MONDO DI FARINE PER IL MONDO DELLA PIZZA

Tante le referenze, dalla più versatile LINEA CLASSICA, nelle diverse varianti tipo 1 e 2, alle INFIBRA PIZZA, la PRIMAMACINA PIZZA CLASSICA, le CROKKIA e CROKKIA RUSTICA, la MAMMMA e le originali CEREALI & SEMI. “Il nostro obiettivo – conclude l’esperta – offrire al professionista ingredienti di alta qualità per dare origine a un prodotto finito ben lievitato, maturo, digeribile, buono e anche bello da vedere. E con la libertà di sperimentare, per creare nuove ricette seguendo il proprio stile”.

LA BIRRA

La grande voglia di conoscere il mondo brassicolo internazionale ha portato Stefano e Veronica a intraprendere un viaggio tra gli stili europei e statunitensi, arrivando a produrre birre anche molto differenti tra loro. L’ispirazione al mondo tedesco ha permesso la nascita della Baden Baden, pilsner che si ispira all’omonima città termale in Germania. L’ottimo bilanciamento tra le note maltate e quelle luppolate rendono questa birra molto equilibrata e dalla grande beva. Un richiamo agli Stati Uniti è la Terzo Tempo, cream ale che esprime note floreali insieme ad una base maltata e un corpo medio, il tutto finalizzato ad una bevuta piacevole. Mettendoci in cammino verso Piacenza, troviamo il birrificio La Buttiga, che produce in un edificio del XV secolo immerso nel verde. La missione del birrificio è quella di far bere i propri appassionati “come tori”, in riferimento alla destinazione precedente del birrificio, che era appunto un ricovero per bovini. Le birre sono trasversali e interpretano gli stili dei paesi dove storicamente nasce il movimento brassicolo internazionale, ma con una forte impronta personale. La Psycho Ipa, birra iconica del birrificio, si presenta con un bel carico di luppolo bilanciato dalla base maltata. Per non dimenticare la voglia di stupire con sperimentazioni ben riuscite, è interessante assaggiare la Warrior Trip, una tripel che affina 13 mesi in una botte che in precedenza aveva ospitato Pedro Ximenez e whisky Bowmore. A Correggio (in provincia di Reggio Emilia) troviamo il birrificio Dada, molto dinamico nei suoi dodici anni di attività, grazie alla capacità di creare momenti conviviali che hanno portato alla creazione di una vera community di appassionati delle sue birre. Le produzioni sono diverse e si ispirano a vari stili internazionali. Una birra che identifica Dada è la Gattomia, tripel di chiara ispirazione classica ma con il tocco in più dato dal luppolo americano Columbus. Molto interessante la Sciliporter, birra scura caratterizzata dalla presenza di malti affumicati e dalla luppolatura statunitense. A Podenzano (nel Piacentino) ha sede il birrificio Retorto, creatura di Marcello Ceresa, che negli anni si ha dimostrato di essere tra i birrai più dinamici del settore. Le sue creature spaziano nel panorama brassicolo internazionale, con interpretazioni molto interessanti e originali. La sua Latex più (ex Latte più) è una classica blanche di ispirazione belga, realizzata con buccia d’arancia e pompelmo, oltre alle bacche di coriandolo. Fresca e beverina, è la compagna ideale per una frittura di pesce. Molto complessa e appagante la Daughter of Autumn, scotch ale che regala note maltate morbide e avvolgenti, con un corpo pieno e il giusto bilanciamento con la luppolatura. Eccellenza italiana nella categoria degli affinatori è il progetto Ca’ del Brado, un esempio virtuoso di questa categoria di produttori di birra che vede nell’azienda che ha sede a Pianoro (Bo) un punto di riferimento nazionale. Le loro produzioni sono figlie di un concetto nuovo di produzione brassicola, grazie all’utilizzo di fermentazioni spontanee e botti, che tracciano la strada delle birre sour. Un esempio di questo approccio è la Nessun Dorma, realizzata con frumento non maltato e luppoli continentali. Dove una prima fermentazione in acciaio riposa per alcuni mesi in botte, in compagnia di batteri lattici e brettanomyces. Il risultato finale è un inno alla freschezza di bevuta, accompagnata da note rustiche. Ispirandosi alle Gose, trovo molto interessante la Zena, realizzata con brattanomyces e batteri lattici, con affinamento in botte di sei mesi. A dare la nota sapida ci pensa il sale di Cervia.

Per completare la panoramica dei birrifici più interessanti di questa regione, non posso non citare Oldo (Cadelbosco di Sopra), Birrificio Valsenio (Casola Valsenio), Mazapegul (Civitella di Romagna), Toccalmatto (Fidenza), Beer Belly (Modena), Labeerinto (Modena), Vecchia Orsa (San Giovanni in Persiceto), Bellazzi (San Lazzaro di Savena) e Statale Nove (Valsamoggia).

UN LIBRO AL MESE

E se la cucina, oltre a essere il luogo in cui quotidianamente svolgiamo la nostra attività, di fatto la nostra prima casa, quella nella quale condividiamo gioie e dolori, diventasse anche luogo di “rigenerazione” umana e sociale? È questa la scommessa della cooking therapy.

Se non sapete cos’è (ma anche se lo sapete e volete approfondire il tema), è il caso che guardiate su Netflix il film Marylin ha gli occhi neri, una straordinaria produzione tutta italiana con un cast "all stars" in cui spiccano tra i protagonisti Miriam Leone, Stefano Accorsi e Marco Messeri. Al centro del racconto ci sono la mitomane Clara e lo chef Diego che manifesta evidenti disturbi della nevrosi, entrambi ospiti di un centro diurno di riabilitazione. A occuparsi di loro è lo psichiatra Paris (Thomas Trabacchi), che invita gli anziani del quartiere al laboratorio di cucina per il pranzo: è la cooking therapy. Da questo momento, a dettare le regole sarà Diego, la cui filosofia vuole che si prepari “un solo piatto al giorno”. Ispirata da questo avvenimento, Clara posta false recensioni di un nuovo ristorante (il Monroe) sui social e ne informa Diego, il quale decide di realizzare davvero il ristorante all’interno del centro, anche nel tentativo di recuperare il rapporto con la figlia, data in affido esclusivo all’ex moglie. Per evitare spoiler, non vi diciamo come finisce la storia ma – se vi ha appassionato – ora siete pronti per conoscere il libro scritto da Barbara Volpi per Carocci: Che cos’è la cooking therapy. Il testo parte da due domande. La prima è: si può fare terapia in cucina? La seconda: è possibile imparare a stare bene cucinando? Provando a dare risposta a questi quesiti, la narrazione si dipana nella presentazione dell’innovativo metodo terapeutico della cucinoterapia (ma forse è uno dei rari casi in cui la versione inglese cooking therapy è meno cacofonica) che, a partire dal gesto quotidiano del cucinare, traccia un percorso di tutela e promozione del benessere mentale per sé stessi e per gli altri. Il libro esplicita però non solo gli aspetti teorici e clinici di questa importante pratica ma suggerisce anche delle utilissime linee guida (corredate di schede tecniche) della cooking therapy, dimostrandone l’applicabilità nella vita di tutti i giorni oltre che in contesti clinici specifici. A fare da corollario al volume sono poi alcune testimonianze dirette e la strutturazione di laboratori costruiti ad hoc per bambini, adolescenti e adulti. Insomma, anche la cucina di casa – figuriamoci quella di un locale aperto al pubblico – può trasformarsi in uno spazio rigenerativo. E ora sapete anche come fare.

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