Marco Scarpinato PROGRAMMARE L’AMBIGUITÀ New Cities in Old City
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Plurima•Palermo. Movescape è ideata da: Marco Scarpinato Concept: Marco Scarpinato Progetto grafico: AutonomeForme|Marco Scarpinato+Carmelo Vitrano| Produzione: Plurima•Palermo info@plurimapalermo.eu www.plurimapalermo.eu / www.plurimapalermo.it © 2003, Marco Scarpinato. 1a Edizione © 2004, AutonomeForme[Marco Scarpinato. Ristampa © 2006, Marco Scarpinato. 2a Edizione riveduta ed ampliata © 2009, AutonomeForme[Marco Scarpinato © 2009, Plurima•Palermo. Movescape Plurima•Palermo Palazzo Greco | Kalsa, al Halisah | Mandamento Tribunali Via Alloro, 43 90133 Palermo Italia in corso di registrazione presso il Tribunale di Palermo Tutti i diritti delle immagini e dei materiali che non appartengono all’archivio Autonome Forme sono riservati ai rispettivi editori e/o autori. Ci scusiamo per eventuali omissioni indipendenti dall’autore.
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PROGRAMMARE L’AMBIGUITÀ
00.00.00 La ricerca Avvistamenti esplora lo sviluppo dei processi che costituiscono il progetto d’architettura contemporaneo mostrandone l’ambiguità. Per i prodotti artistici l’ambiguità è intrinseca nella produzione estetica. L’ambiguità può identificarsi con l’entropia, in altre parole designa il numero dei messaggi possibili, che non può, in ogni caso, essere infinito perché qualunque sistema comunicativo è dotato di propri vincoli, strutture e codici. Oggi il sistema di segni appare finalizzato alla giustificazione dell’immagine riconoscibile e incapace di possedere altri significati; la sfida si compie, allora, nella costruzione del pensiero teorico. Paolo Desideri ha scritto “Nella cultura progettuale contemporanea, dunque, lo spazio poetico, cioè lo spazio strutturalmente consegnato all’approccio irrazionale ed euristico, è la struttura stessa del procedimento, l’engeneering del processo complessivo, il software che controlla il gioco di ruolo dei diversi saperi in campo” aggiungendo “L’irruzione del digitale negli scenari della strategia progettuale contemporanea, appare sotto questa luce qualcosa di più che non la semplice trasformazione degli strumenti della rappresentazione”. Il segno digitale, divenendo segnale, implica nuovi codici e tenta una riconsiderazione dei nuovi strumenti laddove la costruzione dell’immagine ha sostituito il collage caro alla modernità con il morphing. Il mantenimento della ricchezza di segni nell’opera realizzata è la dimostrazione della praticabilità di quest’architettura. Il paradosso è evidente: un’architettura tanto immateriale deve scontrarsi con il reale per dimostrare le sue potenzialità innovatrici. 00.01.00 Avvistamenti é un laboratorio di progettazione che riunisce interventi ed interessi convergenti nello studio dello spazio e della sua trasformazione. ll testo raccoglie sinteticamente il percorso di ricerca sulle permanenze della storia che collega i territori con fili invisibili in relazione alla cultura del progetto contemporaneo. Avvistamenti 2.’00: La mostra “Amsterdam 2.0 project. New Rules for a New Age” porta a Palermo la ricerca sulle trasformazioni della città contemporanea condotta da un gruppo d’artisti-architetti. Il gruppo formato dall’artista Paul Perry, dal vj Gerald van der Kaap e dall’architetto Maurice Nio ha visto la collaborazione del sociologo Paul Treanor, del biologo Arjen Mulder e di tanti altri. Le immagini sono accompagnate dalla “Costituzione di Amsterdam 2.0”. Il workshop di progettazione architettonica ed urbana “Catania 2.0_Programmare l’ambiguità_Trasformazione in spazi per le creatività dell’area Italcementi. Post it / Don’t be too late raccoglie, sintetizzate, le interviste a Massimo Ilardi, Massimo Canevacci e Mario Tronti. Avvistamenti 4.’02: Le Visioni d’architettura di Hideyuki Yamashita. Il workshop
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terrasses amnénageables pur l’habitat continuera de hanter l’esprit des archiects, comme en témoignent les projects d’Archigram à partir des annés 1960 et ceux de Cesar Pelli dans les annés 1970”. 00.04.00 Ben van Berkel in Liquid politic, contenuto all’interno di Move, scrive: “Nell’immaginazione architettonica, utilizzando la ‘liquidità’, i fenomeni contemporanei iniziano ad essere trattati come sintomi il cui senso deve essere cercato nelle forze che li producono”. Queste forze basilari modificano la topologia delle strutture organizzative, la sfida per l’architettura risiede nel definire queste forze nei loro termini specifici. Le tecniche che sono sviluppate aiutano l’inventario, intuiamo ed immaginiamo i nuovi stati liquidi come entità architettoniche. L’architettura liquida non consiste nella mobilità del liquido; non si tratta di progetti dalle forme fluenti e liquefatte. L’architettura del liquido non si riferisce alla materializzazione formale di un edificio, di uno strumento o di una struttura fissata, si tratta, piuttosto, di sparare l’immaginazione contro qualcosa che è esterna all’architettura e che opera verso strutture generate da un insieme complesso di forze multiple. Nello stesso modo in cui il cosmologo utilizza la teoria dei buchi neri per conoscere l’universo, visualizzando situazioni così lontane da essere fuori dalla portata dei telescopi, l’architetto può accedere a situazioni complesse e remote combinando conoscenze specifiche e visualizzando tecniche; questo processo costituirà una politica quando sarà utilizzato per organizzare le strutture contemporanee. La politica, oggi, significa impegno prodotto in modo critico, in cui la produzione architettonica ha luogo insieme all’immaginazione architettonica, all’immaginazione collettiva della vita pubblica e alle tecniche che rendono visibili le interrelazioni fra queste categorie. Gli architetti formano la loro politica utilizzando tecniche, attivando e utilizzando nuova immaginazione. Nessun capitale è necessario”. “L’immaginazione sta potenziandosi”. Ben van Berkel ha evidenziato l’apporto della politica all’interno della definizione dello spazio e ha chiarito che chiunque organizzi strutture contemporanee esplicita l’immaginazione collettiva. La responsabilità del progetto non risiede semplicemente nella gestione tecnica di rapporti tra rappresentanti della società e tecnici ma si sposta sul livello delle tecniche che rendono visibili quest’interrelazione. Lo spazio si esprime attraverso l’immaginazione di chi lo pensa; un pensiero che non spiega semplicemente i percorsi conoscitivi ed estetici ma anche le sue tecniche; per raggiungere lo scopo bisogna dare centralità all’aspetto politico sottolineando che qualunque azione contemporanea contagia tutte le sue sfere. In questa continuità alimentata dalla sperimentazione (lo scopo), l’avanguardia (la finalità) si trasforma in tradizione.
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Z. T. A. ZONE TEMPORANEAMENTE ABBANDONATE
AVVISTAMENTI 2.’00 POST.IT / DON’T BE TOO LATE AMSTERDAM 2.0 PROJECT / COSTITUZIONE 1.2 CATANIA: LA CREATIVITÀ CONTEMPORANEA COME SOLUZIONE IMPOSSIBILE
Z. T. A. ZONE TEMPORANEAMENTE ABBANDONATE
01.05.00 Il dibattito sull’utilizzo delle aree industriali dimesse ha assunto un ruolo centrale; un’immagine culturale ha permesso di recuperare questi spazi del lavoro ma, soprattutto, un’idea di città perché la sua memoria ancora ci appartiene, fa parte del disegno delle città che attraversiamo. Il loro recupero come spazi della creatività, in un’epoca dominata dal digitale, restituisce un’immagine materiale e fisica sporca, fatta di contatti diretti senza mediatori immateriali contrapponendosi a quella priva di contatti dell’attuale. 01.06.00 La storia della fabbrica è anche una storia estetica; la storia industriale siciliana è concentrata sullo stabilimento privo di produzione estetica, pieno di tecnologia che non si trasforma mai in tecnica. Il ripensamento di queste aree é come un’operazione di scavo archeologico in cui i segni dello stabilimento e le tracce antecedenti provano a ricomporsi in modo inedito. Nella preoccupante situazione occupazionale dello “stabilimento Fiat” di Termini Imerese il luogo di lavoro è diventato strumento spaziale di sfruttamento delle risorse umane, finanziarie e territoriali che si discosta dallo sviluppo industriale nord-europeo. E’ possibile parlare di aree industriali in Sicilia? Dove non si fa ricerca non può esserci innovazione e creazione d’impresa e, da questo punto di vista, la situazione isolana appare tragica per lo sfruttamento del territorio in assenza d’innovazione. 01.07.00 Le sezioni del paesaggio italiano di Stefano Boeri con la documentazione fotografica di Gabriele Basilico, una doppia narrazione che scorre in parallelo, hanno rintracciato le invarianti del costruito lungo le strade italiane e la conseguente frammentazione del tessuto edilizio definendone le immagini urbane. La quantità di aree abbandonate e di aree dismissibili nei complessi industriali, oramai improduttivi, se non in una logica assistenziale, permetterebbe il loro riutilizzo destinandole ad altre funzioni. La presenza di aree nate abbandonate è una specificità regionale siciliana, qui le grandi avventure industriali sono state compiute per mano pubblica e, nelle loro iperboli, hanno inciso sulle strutture territoriali in cui sono sorte; un tempo si diceva Cattedrali nel deserto. Queste strutture non hanno innescato un sistema produttivo, anche, e soprattutto, per la lontananza dei mercati europei, tutti sbilanciati nel nord-Europa. Questi meccanismi hanno devastato parti della Sicilia con un rapporto inversamente proporzionale tra la dimensione delle aree produttive e la reale capacità di produzione e, quel che è peggio, edificando soprattutto lungo le coste. Chi potrebbe dire come sarebbero state Gela o Augusta senza la loro cattedrale nel deserto?
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realtà, restituendo l’impossibilità di semplifi care i fenomeni entro i quali si lavora. L’andamento meccanico è definito dal complicato gioco di determinazione di un metodo che tende alla sua riproducibilità, alla definizione degli elementi che, ripetendosi, ne definiscono il linguaggio. Il linguaggio dell’architettura di Maurice Nio tende alla non-definizione, allontanandosi in ciò dalla modernità industriale 01.14.04 La produzione culturale ha necessità di nuove immagini per sostenersi e l’architettura neerlandese ha creato il mercato sostenuto dagli architetti, critici ed imprenditori tanto che i primi sono ricercati come delle vere star. In questa situazione culturale, del “super-modernismo”, s’insinua una generazione d’architetti che, dall’iniziale ribellione culturale, ha ereditato i modi ma, spesso, non la piena consapevolezza degli strumenti. L’insieme della compagine progettuale ha aiutato anche i meno dotati a crearsi una strumentazione linguistica che, mediamente, rende l’architettura dei Paesi Bassi giovane al punto giusto. Si capisce, così, anche il fascino che questa modernità esercita all’interno del panorama europeo estraneo a qualunque rinnovamento delle proprie radici e, per questo, profondamente in crisi. Non era in crisi la creatività dei giovani -sono mai in crisi loro?- ma quella di un sistema che, nel controllo dei cantieri e nella gestione clientelare degli incarichi professionali, impediva, nei fatti, di poter esercitare il mestiere dell’architetto. I Paesi Bassi sono stati la patria per coloro i quali credevano che l’architettura trasformasse la città attraverso la ricerca non più il semplice manufatto architettonico ma i cambiamenti che generano l’immaginazione. 01.14.05 Frampton riporta un intervento di van Eyck al Congresso di Otterlo del 1959, che dimostra la sua estraneità sia dal Team X che dai CIAM: “L’uomo è sempre e dovunque essenzialmente il medesimo. Egli ha la stessa attrezzatura mentale anche se la usa diversamente secondo il suo ambiente culturale e sociale, secondo il particolare modello di vita di cui gli accade di far parte. Gli architetti moderni hanno talmente insistito su ciò che nel nostro tempo è diverso, da avere perduto il contatto con ciò che diverso non è, con ciò che è sempre essenzialmente identico”.
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Marco Scarpinato+Autonome Forme 覺 Studi per Paesaggio-ponte 覺 Firenze, 2005 5 23
POST.IT _ DON’T BE TOO LATE
I need an enemy Marco Scarpinato: Le discipline dovrebbero interagire di più senza perdere le proprie specificità. Occorre ritrovare la capacità di lavorare sulla città , le sue trasformazioni e sui conflitti spaziali che viviamo. La scena politica abbandona il governo delle città non proiettando visioni di nuovi statuti che regolano le nostre azioni. Palermo è caratterizzata dalla presenza di vuoti urbani e dalla rarefazione della sua densità. Le analisi dei sistemi urbani individuano aree omogenee, riscontrando identità simulate. Si può operare una ridefinizione urbana abbandonando l’idea dell’omogeneità dei contesti urbani? Nel suo testo “Negli spazi vuoti della metropoli” cita Ballard e vorrei leggerne un brano per introdurre la nostra conversazione: ”A poco a poco l’isola si trasformava in un’esatta riproduzione della mente: quegli spostamenti su un territorio ignoto non rappresentavano solo un viaggio nel passato nell’isola, ma anche nel suo”. Continuando, Lei scrive: L’interesse si traspone dalla struttura del Tutto, dalla coscienza che pensa il Tutto, al particolare, dall’oggetto in sé al processo che porta a costruirlo. E così il percorso viene valorizzato in quanto prassi, ricerca. L’architettura allora non è più il prodotto di una serena e profonda contemplazione del creato, una meravigliosa fantasia spaziale. È invece il prodotto di una ricerca esasperata di nuova spazialità. È esteriorità pura, dimensione esistenziale, tecnica febbrile che suscita immagini. E infine può anche essere ribellione. Si disvela identità di ambiente la dove già esiste e non si lavora nei piunti di sconnessione. Massimo Ilardi: Fare interagire le discipline non è semplice, l’interdisciplinarità è importante. Il progetto d’architettura e, più in generale, il mestiere dell’architetto è un mestiere di frontiera e vuol dire tenere conto dei due termini del conflitto: da una parte l’ordine e dall’altra il disordine. Non si può pensare che tra ordine e disordine ci sia solo contraddizione, non si può pensare che il progetto di architettura non ne tenga conto! Marco: Come si spiega? Massimo Ilardi: Con l’appartenenza ad un’ideologia. Nel momento in cui c’è il conflitto c’è amico o nemico. Se hai individuato il tuo nemico, hai individuato anche il tuo punto di vista. Non c’è risoluzione nel conflitto. Ci può essere una deviazione a livello politico del conflitto: oggi ci troviamo di fronte a conflitti, come quelli metropolitani, che hanno espulso la politica perché essa non ha strumenti di mediazione. La politica è responsabile di questo perché non è abituata al conflitto presente. Oggi, sul territorio metropolitano, bisognerebbe inventarsi un’altra politica o nuovi strumenti politici, oppure bisognerebbe avere la politica che progetta i
Marco Scarpinato+Autonome Forme ı Tape Building ı Palermo, 2005 5 25
Benelli credo sia l’unico in Italia che abbia capito dove stiamo andando, con lui puoi parlare capendoti al volo, non a caso ha lavorato sulle periferie. Il sociologo o l’antropologo può dire tutto e il contrario di tutto, poi, nel momento in cui devi costruire è chiaro che alla fine devi mediare, altrimenti, non costruisci e fai il critico. Marco: L’italiano medio è un trasformista, lo è anche l’architetto in quanto italiano medio. Il discorso della mediazione in questi casi non è più possibile, il conflitto diventa totale, al di là di un linguaggio che apparentemente ci accomuna, di fatto, nel processo di costruzione di quel linguaggio e nella storia personale che ne ha permesso la costruzione non siamo tutti d’accordo. Massimo Ilardi: Chi è che non può fare questo discorso? Un architetto che costruisce, solo Renzo Piano, Daniel Libeskind o Frank Gehry possono costruire di tutto, ma se ti metti su un piano diverso, medio, come sono la maggior parte degli architetti, è evidente, cosa vuol dire oggi far approvare un progetto d’architettura, qui, in Italia, è guerra a tutti i livelli, ci sono una serie di conflitti, e alla fine che fai? È tutto un sistema di mediazione, perché all’architetto interessa costruire. A meno che non si diventi grande, in tutto, un grande architetto, un grande filosofo, un grande antropologo, un grande sociologo, come lo sono quei pochi che costruiscono. Il museo di Berlino è un trattato di filosofia prima ancora di essere un edificio. Marco: Le sue parole sul nomadismo metropolitano mi fanno venire in mente Debord e i situazionisti. Nel suo libro “La società dello spettacolo” dice: “Se ogni cinese deve imparare Mao e così essere Mao, è perché non ha nient’altro da essere”. Nomadismo contro conflitto spaziale nella metropoli? Massimo Ilardi: Debord ha una posizione ben delineata, non può essere che spettacolo, visibilità estrema. I situazionisti avevano una vecchia concezione, è proprio dentro questo c’è il massimo della conflittualità, è impensabile che un conflitto determini la telecomunicazione. La telecomunicazione, oggi, è un fatto secondario rispetto al consumo e alla visibilità, quello di oggi è un conflitto durissimo e non abbiamo gli strumenti, per capirlo. Siamo sicuri che gli ultrà negli stadi non facciano politica? Quello è un conflitto politico, è conquista di territorio; per Giovanni Paolo II vengono 100.000 persone in piazza, così era prima, così è dopo; il problema è di vedere i conflitti che modificano lo spazio. Sono interessanti gli spazi vuoti di Palermo. Palermo e una delle metropoli d’Italia come Roma, Napoli, come non lo è Milano. Palermo ne racchiude in sé al meglio i significati, li condensa in maniera molto più forte di Catania che non ha la stessa forza. Lì le persone hanno vissuto per decenni di puro consumo.
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Il samba reggae delle culture Marco Scarpinato: In architettura si discute di più sul linguaggio che sui contenuti e i significati. ll testo di Stefano Boeri The diffuse city, contenuto all’interno di Archis dedicato all’Italia, è interessante perché prova a ragionare ampliando il territorio di analisi del fenomeno urbano. Massimo Canevacci: Dobbiamo attivarci sull’architettura perché è interessante che i giovani architetti vogliano mettere in discussione quelle che sono le vedute tradizionali dell’architettura e della metropoli. Stefano Boeri dimostra di possedere una visione fatta bene, precisa e ordinata. Marco: Quello che avviene a Palermo è la cartina di tornasole della situazione italiana, perché la professione è limitata al restauro dell’esistente, non si riesce a ripensare una città nuova che sappia conservare innovando se stessa. Massimo Canevacci: L’architettura in Italia restaura conservando a futura memoria. Quando affronta i nodi centrali della metropoli si chiude nella visione idilliaca di un presunto passato, la Palermo degli anni Cinquanta, la Roma degli anni Sessanta, ristabilendo un’autorità delle radici che l’antropologia innovativa ha sottoposto a critica. L’antropologia, come quella italiana, vede soltanto la purezza autentica di una cultura nativa o delle tradizioni popolari. James Clifford ha scritto un testo fondamentale; non insegna antropologia ma storia culturale il cui sottotitolo è etnografia, arte e letteratura, affronta il surrealismo, i grandi del Moma di New York vedendo, in questo mutamento, ricchezza laddove altri vedono il caos, il disordine vedendo nei processi di sintetizzazione, ibridazione e giustapposizione delle culture native e delle tecnologie possibilità nuove. In Brasile utilizzo la videocamera o internet che è d’enorme ricchezza e conflittualità, non è omologazione ma è esattamente il contrario, è la sfida della contemporaneità, è il modo in cui utilizzano le nuove tecnologie, attraverso cui, non solo, riscoprono molti tratti culturali ma li rappresentano. Non è più l’antropologo che interpreta, ma interpretano se stessi e chi li interpreta. I gruppi etnici che non accettano il conflitto della contemporaneità, tendono ad essere più marginali e marginalizzati. Il gioco disordinante, caotico, dislocato, displacement produce il collage in cui la cultura di massa, la cultura etnica, la cultura d’avanguardia restituisce un nuovo significato. Marco: Un’immagine contenuta in Move di Un Studio, i tre momenti salienti della storia dell’immagine dell’uomo e dello spazio che vive sono sintetizzate da sei immagini che formano tre coppie: la 1° intitolata fragmented organisation of disconnected parts dove l’uomo macchina è affiancato all’esploso di villa Sovoye; la 2° dispalced organisation of connected parts con un’immagine dell’uomo di
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utilizzandolo, non faccio apologia della mercificazione ma ne distruggo i canoni. Questa è una prospettiva interessante ci sono gruppi che sperimentano questo, se non vogliamo usare il termine avanguardia. Massimo Canevacci: In realtà non si sa che cosa comunicare per la velocità e il potenziale dei nuovi strumenti. Nel lavoro nella metropoli bisogna capire il più possibile quello che dicono gli architetti; mi ha interessato un saggio di Libeskind sul rapporto tra Schoenberg e la sua architettura che arriva alle sue invenzioni spaziali perché c’è la musica dodecafonica, una musica che rifiuta la sintesi e non ha il terzo atto, l’atto finale in cui tutto si ricongiunge, l’atto sintetico della tradizione musicale. Adorno aveva criticato gli aspetti sintetici nella musica, nella filosofia in generale, penso che è concepibile l’innovazione architettonica perché dentro c’è una musica irriducibile alla sintesi. Libeskind non può arrivare lì se non ha attraversato il deserto della dodecafonia, se non ha messo in discussione il principio filosofico della sintesi. La sintesi la usano la filosofia, l’architettura, l’antropologia. Tutti la usiamo. Chi ha lavorato contro la sintesi? In tanti, tutti quelli che ci lavorano dovrebbero influenzarci, poi, nel mio ambito, nell’antropologia, non lo farò anche se a me piacerebbe fare quello che fa Libeskind. Quando scrivo un pezzo lo immagino già nella sua costruzione formale, come fosse un edificio, senza sintesi, lo immagino già anomico, perché l’anomia è stata vituperata. Le scienze sociali, ma anche l’architettura, hanno fatto l’elogio del nomos e perché non dell’anomia? Perché non inserire l’anomia, l’amnesia e i concetti liquidi che dissolvono la solidità dell’architettura ma, anche, del corpo e dell’antropologia. La nuova antropologia interagisce con le forme dell’arte contemporanea cercando, modificando, innovando questa nuova antropologia... Marco:...annullando la disciplina. Massimo Canevacci: L’annulli standoci dentro. È come danzare. È saltare tra i codici e tra le discipline. Bisogna ascoltare la musica contemporanea, a me piacerebbe fare lezioni come un rap o come la musica elettronica. Gli olandesi sono diventati grandi perché si ricordano che quando erano colonialisti lo erano in modo terrificante, come a Bali e in Sud Africa. L’italiano è bonaccione, brava gente- così si considera- e nessuno pensa alle reali responsabilità. Il Brasile è l’unico paese al mondo, che io sappia, dove ci sono canzoni contro l’Italia e l’intervento italiano di Mussolini difendendo il punto di vista dell’Etiopia, conosco almeno tre pezzi di band di Salvador a nord-est. C’è una mistura di stili musicali, lì si chiama sambareggae, incrocio tra il samba e il reggae. È un itinerario incredibile, dalla Giamaica, va in Inghilterra, arriva in Brasile, va a Salvador, arriva in Italia e va in Etiopia.
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La politica al tramonto Marco Scarpinato: L’architettura è sempre stata vicina alla politica e noi architetti sappiamo che costruire è azione politica anche se abbiamo abbandonato il significato di quest’azione. Alla luce di quello che emerge, il dibattito politico è diverso da quello che lei ha descritto ne “La politica al tramonto”. Lei accenna ad una rinnovata dignità della politica o del politico di professione. Tutto ciò è estensibile anche in una realtà piuttosto complicata come quella siciliana e la riappropriazione della coscienza dell’agire politico deve ritornare con i suoi strumenti d’analisi. La fine della politica cioè la politica al tramonto è qualcosa di più, vorremmo sentire la sua opinione. Mario Tronti: C’è questa sottile definizione nel titolo, quando abbiamo detto la politica al tramonto, Einaudi ha detto facciamo il tramonto della politica, si capisce di più, è più semplice. E invece no, volevo continuare a riflettere sulla politica nell’epoca -o nella fase- del suo declino, del suo tramonto. Non tanto descrivere il tramonto della politica quanto insistere a riflettere sulla politica, a pensare alla politica in questa fase di chiaro declino, di chiaro tramonto un pò anche un occhieggiare al declino precedente, stendere un tipo di cultura molto cara. Che l’agire politico debba tornare è un auspicio; nel libro c’è una vena pessimistica, oggi protestano, strillano come modo di affrontare i problemi, l’agire politico forse torna ma senza quelle caratteristiche della grande politica, ed infatti è il tema della grande politica che viene ritrattato soprattutto nel secolo scorso, è fondamentalmente una riflessione sul ‘900, dove ho intravisto i segni di una grande politica, che faccio avanzare fino agli anni ‘60, poi comincia una fase diversa senza epoca, cioè senza la grandezza delle epoche che hanno fatto la storia, ed è quello degli ultimi decenni. Una deriva molto passiva che fa perno sulla morte delle narrazioni ideologiche, la crisi delle grandi appartenenze ha portato con sé un ceto politico di medio-piccolo livello senza i grandi sfondi, senza grandi scenari; la politica del ‘900 ha avuto la grande forza di cercare di spostare la storia, c’è questa curiosa lotta fra la storia e la politica perché c’è sempre la storia che va avanti per conto suo con leggi oggettive e poi, invece. la volontà politica certe volte cerca di forzare il passaggio nella storia, come è stato per il ‘900, pagando dei prezzi tragici. La grande politica introduce il tragico nella storia, non può che essere così quando cerchi di spostare la storia di farla andare da un’altra parte. Nel libro mi si è rimproverato una parte giustificazionista ma quella è una pista sbagliata, non si tratta di giustificare, si tratta di capire quello che è avvenuto con gli strumenti di quella parte di pensiero politico che rende realismo politico Machiavelli, Hobbes,
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Richelieu che vedono le cose come stanno ed esprimono un pensiero fastidioso, perché dire la verità è difficile, è più tranquillizzante mascherare, dire belle parole, belle idee. È un libro come tanti altri, resta un passaggio, anch’io sono andato già oltre, al finale sono arrivato ma non c’è modo di capire come finisce, perché non finisce, c’è una minore crudezza soprattutto nelle tesi su Benjamin perché sono un programma di lavoro per il futuro. Il resto sono delle considerazioni del passato, lì ci sono delle tesi programmatiche, articolate, sviluppate e lì ci sono dei segni, la politica al tramonto porterà ad un seguito: a questa nuova forma, a questa nuova volontà di agire politico; il discorso sul partito nel senso che c’è una difesa anche troppo rigida della forma del partito come forma di organizzazione politica, questo deriva anche da un biografia personale, io sono un uomo di partito, nel senso sopratutto del movimento operaio, sono state forze comunitarie di appartenenza, di crescita collettiva, ora non si concorda tendendo a cancellare e a demonizzare; lì cresceva la persona, si educavano, si partecipava ad un progetto politico. Probabilmente è vero che quella forma di organizzazione non è riproponibile perché dietro non ci sono più quelle organizzazioni sociali, quelle classi sociali, quello che faceva forza nello sfondo alla materia la comunità di partito ora che si è disintegrata questa forma sociale di classe è chiaro che la stessa forma politica non regge più; adesso non ci sono dubbi e si tratta di trovare il dopo, insomma, una forma di organizzazione che può non chiamarsi più partito mettendo insieme partito e movimento, tenendo conto delle esperienze di movimento perché solo la politica che si organizza diventa una politica efficace che fa e acquista forza. Quelli che dicono che la politica deve essere vaga creano un altra forma di anti-politica questi non sono pericolosi per i poteri che contano. Allora bisogna trovare nuove forme di organizzazioni della politica dove quell’agire politico di cui voi sentite l’esigenza possa vivere, quindi c’è da sperimentare molto anche a livello territoriale, locale, ed anche mettendo insieme esperienze varie. Voi partecipate a qualche esperienza di aggregazione? Marco: Siamo partiti da tante individualità con formazioni culturali e generazionali differenti; mi interessa più l’agire che dare il nome all’azione in sé. Noi da questo punto di vista abbiamo operato un’azione politica lavorando in un quartiere difficile e formando una realtà creativa. La cosa deve servire per agire e non una riproduzione artificiosa di saperi. Il processo porta al progetto e lei parla, in questo caso, di linguaggio allusivo. Le fughe verso il linguaggio che deve giustificare, dare il contenuto e i significati alla nostra azione progettuale non ci sta bene. C’interessa di più il discorso sul processo di costruzione del progetto; nella realtà la progettua-
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lità è una sommatoria di processi. Spero che Lei ci dia altre chiavi di lettura perché il libro è denso di questo. Mario Tronti: Si! al processo bisogna sempre guardare con attenzione, tra l’altro viviamo in una forma sociale come quella totalistica dell’occidente che è una forma dinamica, forza di mutamento, di auto mutamento continuo in tutti i campi che costringe a cogliere una realtà in movimento e mette in atto processi a vari livelli. L’idea dello sviluppo capitalistico e Marx aveva capito in modo geniale come caratteristica di questa società che incappa a volte nella crisi ma è essa stessa elemento che ricarica lo sviluppo, questa è la grandezza del capitalismo che sembra una società sul punto di non funzionare e poi ha dei momenti di forza, basta pensare alla grande crisi del ‘30, un elemento di ristrutturazione del capitalismo perché dopo è cambiato ripartendo in avanti. Marco: Lei lo scrive con chiarezza: l’impatto tragico della tecnica sulla dimensione dell’essere del ‘900… Mario Tronti: Questo è un tema che ha pensato la filosofia del ‘900, del pensiero conservatore, mentre la sinistra si è illusa che la tecnica fosse un’alleata naturale delle forze di cambiamento, anche oggi con l’innovazione, una parola che viene presa in prestito dalla cultura dell’impresa; è l’impresa che fa innovazioni, invece la tecnica è una grande forza oggettiva che governa, è terribile l’impatto tra tecnica e resistenza umana. Nei processi di rivoluzione tecnologica c’è sempre questa ambiguità, nei processi oggettivi che bisogna riconoscere nella loro forza oggettiva e, quindi, non contrastare romanticamente, nel senso di cercare di riportarli indietro, perché è una battaglia perduta, si deve cercare di governarli, di dominarli, la politica è questo: il dominio delle forze oggettive, la politica è una forza soggettiva che governa processi oggettivi, governo dei processi; il governo politico è un governo dei processi non l’amministrazione del processo e lo gestisce, ma lo governa nel senso che lo indirizza ad un mutamento dei rapporti di forza tra chi sta sotto e chi sta sopra nella società. Il concetto di processo si scontra con un altra categoria storica, che viene vista in modo negativo, il concetto di progresso. Io critico l’idea progressista della storia, che è stata forse per due secoli proprio del movimento operaio, anch’io quando ero giovane comunista ero convinto di questo, noi siamo sull’onda della storia, siamo forze avanzate, progressiste e, quindi, più va avanti la storia più siamo destinati a vincere, questa idea rassicurante veniva dall’idealismo, dallo storicismo, da Hegel, da Croce; mi sono accorto che la storia non và sempre avanti, qualche volta si ferma, qualche volta torna indietro, qualche volta ha dei passaggi relazionali, quindi bisogna stare molto attenti. Il ‘900 ci ha insegnato
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come il cammino della storia non sia questo cammino progressivo, nel senso delle forze dominanti che spingono il progresso in una certa direzione, la storia ha favorito il capitalismo facendolo vincere. Marco: Nelle parti iniziali lei scrive l’evoluzione naturale è portata ad agire e a pensare oltre se stessi, per l’architetto esiste un processo di trasformazione. Continua parlando dei centri sociali parlando di rivoluzione delle forme. In che modo tutto questo si lega al linguaggio della politica? Si ha difficoltà a trovare in una sede universitaria uno spazio autonomo. L’atomizzazione che sta avvenendo delle facoltà di architettura pone altri interrogativi: perché nessuno si pone il problema della formazione? Le facoltà universitarie hanno come finalità l’informazione dello studente e non dovrebbe trascurare la sua formazione. Mario Tronti: Come si vede dal testo sono molto sensibile al tema delle forme, per un’educazione letteraria, riparto sempre dai testi di Lukas dei primi anni del ‘900, che ci ha insegnato l’anima e le forme. Il ‘900 è stato il passaggio di grande rivoluzione formale per tutti i luoghi dello spirito rimettendo tutto in discussione, dalle arti figurative al linguaggio letterario, alla scienza, alla psicoanalisi e poi anche le grandi invenzioni, dell’architettura e dell’urbanistica. Il movimento operaio non ha dato molta importanza al tema delle forme, ma veniva dal basso e questo si capisce, il problema delle forme è un problema che si pone sempre dall’alto, dalla cultura, dall’arte, queste cose le maneggiano le classi dominanti, le istituzioni accademiche, questo è stato un dramma, nella costruzione del socialismo, mi è sembrato di vedere uno dei fallimenti del socialismo, quando le avanguardie russe, prima hanno dato la loro adesione entusiasta alla rivoluzione e poi sono state abbattute dalla rivoluzione, una feroce reazione. Gli operai, i contadini, hanno avuto nei confronti di queste forme un atteggiamento di non-comprensione, di conflitto perché le hanno viste come forme di dominio più che come forme di liberazione e si sono chiusi, creandosi anche loro delle forme tradizionali, quelle del realismo socialista perche erano più comprensibili. E’ difficile far capire all’operaio di fabbrica la grande rivoluzione dell’astrattismo, è difficile far capire Kandinsky quando dal 1911 in poi, interpretava un mondo che si frantumava, che perdeva forma e lui la esprimeva in quel modo; è inutile ricomporre delle forme che sono esse stesse vuote, è meglio rompere la forma perché così è possibile riscoprire nuove forme, come l’arte d’avanguardia che abbatte le forme ma poi ne scopre di nuove. Tu dici l’università, si creano queste autonomie che poi non si ritrovano, in cui poi è difficile stare, ma io non ho fiducia -vissuto dall’interno- che in queste istituzioni, come queste accademiche o universitarie, possa venir fuori qualcosa di signifi-
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cativo, credo che siano istituzioni abbandonate a se stesse, chiuse in una logica che è quella accademica, di padronati, di concordati. Io sto all’università ma ci sto da straniero, come gli immigrati del terzo mondo stanno nel mondo occidentale, ci sto con quello stesso atteggiamento, parlo un’altra lingua, abito da un altra parte, cioè ho una vita per conto mio che non coincide con quella universitaria, accademica; dovete cercare fuori da questi luoghi, potrete trovare le persone, i singoli, i giovani; a livello di docenza è una generazione perduta, lo sarà sempre di più, perché viene immessa in un meccanismo perverso, l’istituzione è perversa, ti costringe ad una competizione interna, ad una lotta per la vita che poi è una lotta per la carriera, che prende tutto il tempo. Il passaggio delle generazioni dentro l’università è la cosa più interessante, dello stare nell’università l’unica cosa positiva è proprio questa: che ti passano davanti generazioni di giovani e ti rendi conto di quello che c’è, di quello che cambia, ma le cose vanno peggiorando invece di migliorare. Rispetto a qualche decennio fa, gli anni ‘60 gli anni mitici ma, anche, tutti gli anni ‘70, anni in cui c’era un clima universitario interessante, molto è andato disperso, molto è decaduto, trovo i ragazzi molto diligenti, magari più preparati di prima perché fanno le cose con più serietà, però sembrano meno brillanti, meno intelligenti, hanno perso quella carica di ribellione che sembrava quasi naturale e sono molto dentro le istituzioni, molto integrati, molto disponibili a farsi integrare; forse c’è qualcosa fuori ma mi pare che anche le esperienze dei centri sociali battano un pò il passo ed anche lì vedo pericolose involuzioni che portano a rimettersi in circolo, a trovare luoghi di potere di gestione che portano a fare compromesso con le istituzioni locali. Marco: L’immagine politica non esiste, esiste nel momento in cui ti metti in gioco e cerchi di conquistarla, quest’azione, questa lotta, che come dicevamo prima in questi processi coatto-attivi raggiunge quegli obiettivi… Mario Tronti: Anch’io vedo, osservo pur non avendo una conoscenza approfondita, questa deriva; però bisogna cercare, magari sul territorio ci sono disponibilità, potenzialità che si tratta di scoprire, indagare. Bisognerebbe capire come evolvono le cose nelle grandi città e Palermo è una di queste, sono le più interessanti perché lì c’è un dissenso che va avanti da molto tempo, mi piace la realtà metropolitana, la considero qualcosa di meglio della piccola realtà urbana, provinciale, chiusa, diciamo la piccola comunità locale. La realtà metropolitana spezza, frantuma i legami, porta alla crescita, comunque, alla fine, i rapporti tradizionali non hanno autonomia e vengono recuperati dentro un meccanismo complessivo, quindi, la realtà metropolitana rimane una grande realtà culturalmente interessante, social-
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mente viva, però politicamente non la vedo funzionare, non vedo la positività politica di questa soggettività metropolitana. Mi dicono che ragiono con le categorie della politica del ‘900, bisogna avere delle nuove categorie della politica ed io qui mi arrendo, qui c’è un limite, ognuno è legato alle proprie esperienze ed è da voi che deve venire fuori l’elaborazione delle nuove categorie della politica, ognuno ha il suo mestiere, gli altri introducono tappe successive dei processi e non ho nessuna difficoltà a pensare che sia possibile.
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Marco Scarpinato+Autonome Forme 覺 Zonnestraal. Membrane nel paesaggio 5 Caltagirone, 2004
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Autonome Forme 覺 Siracusa, 2001 5 41
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Autonome Forme 覺 Miniera a Caltanissetta, 1999 3 43
NEW CITIES IN OLD CITIES I AMSTERDAM 2.0 PROJECT
Le costituzioni tradizionali sono state concepite: 1_ per continuare o restaurare uno stato mentale storico- in altre parole per rinforzare e per perpetuare il passato. 2_ per incapsulare la costituzione attuale o l’attitudine vitale di un gruppo di costituenti -in altre parole per riflettere e salvaguardare la volontà della gente. 3_ per declamare uno scopo o intenzione (mission statement) per un gruppo di costituenti e per provvedere un modo o metodologia per raggiungere questo scopo. La costituzione Amsterdam 2.0 è basata sulle seguenti premesse: 1_ le città devono essere radicali. Le città sono per il cambiamento non per la gente; 2_ i cittadini dovrebbero avere la possibilità di scegliere una possibilità che accorda i loro gusti e migrare facilmente alla città desiderata (a costo quasi zero); 3_ ci dovrebbe essere una varietà di città, culture e leggi (esperimenti di vita) per scegliere. “La nostra concezione di Amsterdam 2.0 é più quella di un paese che di una città – “un paese” non con una capitale ma con centinaia di capitali. Un paese che ha come unico scopo quell di salvaguardare la diversità e l’autonomia di queste città. La costituzione Amsterdam 2.0 è disegnata specificamente per questo scopo. Una delle caratteristiche delle città di Amsterdam 2.0 é che sono ubique. Tu ed io sembriamo vivere accanto l’uno e l’altro, come vicini ad Amsterdam 2.0, però, di fatto, viviamo in due città molto differenti, con delle leggi molto differenti. Quando non mi piacciono più come stanno andando le cose nella mia città posso muovermi nella tua città senza dover vendere la mia casa e spostare la mia proprietà -tutto quello che deve fare è muovermi al tuo “municipio” e fare le procedure necessarie…” [Unlimited.nl-2 - Fondation DE APPEL. Amsterdam. Mostra, curata da Hou Hanru, di una nouva generazione di artisti e architetti che lavora e vive nei Paesi Bassi. Partecipanti: Amsterdam 2.0 project, Stichting B.a.d., Bibo, g7, Meschac Gaba, Wineke Gartz, De Geuzen, Hans van Houwelingen, Aletta de Jong, MVRDV, Tracy Mackenna/Edwin Janssen, Schie 2.0, Peter Spaans, De Vaalserberg] (fonte Saskia Bos direttrice Fondazione De Appel_ Amsterdam) Introduzione alla Costituzione di Amsterdam 2.0, oppure cinque buone ragioni perché Amsterdam 2.0 dovrebbe separarsi dal resto dei Paesi Bassi 1_ Amsterdam 2.0 é un ritorno ai primi principi di Amsterdam 2_ Amsterdam 2.0 trae vantaggio dai networks 3_ Amsterdam 2.0 é un porto sicuro per la diversità 4_ Amsterdam 2.0 esplora il nuovo habitat tecnologico
Avvistamenti 2.’00 ı Amsterdam 2.0 3 47
vazione non ha nessun valore etico”. Amsterdam 2.0 può essere più tollerante di Amsterdam 1.0 perché Amsterdam 2.0 é disegnata per contenere non una sola ma sino a quattrocento differenti società all’interno del suo dominio, città fondate con una finalità, città create come porti sicuri per ideologie radicali. Lo scopo di Amsterdam 2.0 é quello di assicurare che queste città possano coesistere senza minacciarsi e senza essere minacciate da forze esterne. Città possibili includono: una città per mangiatori di cani, una città per vegetariani, una città per cultori del fuoco e piromani, una città per non fumatori, una città per quelli che desiderano avere un ricordo per ogni cosa e una città per quelli che vogliono eliminare tutti i ricordi del passato e vogliono ricominciare una nuova vita… 4_ Sopravvivenza in uno spazio di possibilità. Amsterdam 2.0 esplora il nuovo habitat tecnologico Alcune forme di vita avanzata sono nate senza aiuto e richiedono un periodo di protezione ed incubazione prima che possano diventare robuste e in grado farcela da sole nel mondo – al momento che sono impiedi, tuttavia, non sono le si può fermare. Amsterdam 2.0 non é per la “sopravvivenza del più forte” o per “la sopravvivenza di coloro che producono di più” ma é per la sopravvivenza di quelli che viaggiano più lontano. 5_ CAMBIAMENTO. Amsterdam 2.0 incoraggia gli esperimenti nei modi di vivere Nel nostro mondo possiamo distinguere tre approcci verso il cambiamento… 1) quelli che operano un cambiamento nel modo di curare la malattia 2) quelli che operano un cambiamento come aumento 3) quelli che operano un cambiamento per amore del cambiamento Amsterdam 1.0 é per natura conservatrice e perciò é pesantemente propensa verso il primo approccio al cambiamento – cambia solo quando é necessario (dato che non é rotto non c’é bisogno di aggiustare) e solo per un tentativo di sistemare e “riparare” una situazione disfunzionale. Amsterdam 2.0, d’altra parte, propende verso il secondo e il terzo approccio. Non ha paura del cambiamento per il gusto del cambiamento o del cambiamento come aumento. Amsterdam 2.0, per esempio, non vuole dibattere i costi o i benefici delle tecnologie come l’ingegneria genetica ma vuole creare città che possono esplorare questi sviluppi tecnologici sino al massimo. [da Avvistamenti 2.’00. Traduzione di Ariane Vervoorn e Marco Scarpinato]
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Avvistamenti 2.’00 ı Mostra ı Amsterdam 2.0 project e Nio Architecten Complesso di Santa Maria dello Spasimo. Palermo, 2000 5
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AMSTERDAM 2.0 COSTITUZIONE VERSIONE 1.2 Nota: questa bozza iniziale (versione 1.2) di una Costituzione di Amsterdam 2.0 è basata su A Virtual-Canton Constitution di Roderick T. Long. Roderick T. Long, a sua volta, riconosce una serie di fonti che si sente obbligato ad includere nella sua Costituzione: After Apartheid di Frances Kendall e Leon Louw, God of the Machine di Isabel Paterson, Drafting a Constitution for a Nation or Republic Emerging Into Freedom di Bernard Siegan, così come la Libertarian Pary Platform, la Costituzione degli Stati Uniti e la Costituzione islandese medioevale. INDICE PREAMBOLO PARTE I: DISPOSIZIONI SOGGETTE ALL’EMENDAMENTO 1.1 IL GOVERNO DI AMSTERDAM 2.0 1.2 LA LEGISLAZIONE FEDERALE 1.3 L’ESECUTIVO FEDERALE 1.4 L’ORDINAMENTO GIUDIZIARIO FEDERALE 1.5 LE CITTÀ PARTE II: DISPOSIZIONI NON SOGGETTE ALL’EMENDAMENTO 2.1 DISPOSIZIONI AGLI EMENDAMENTI 2.2 DICHIARAZIONE DEI DIRITTI PREAMBOLO Noi, Azionisti del paese conosciuto come Amsterdam 2.0, per stabilire la giustizia, per assicurare tranquillità domestica, per provvedere alla difesa comune e assicurare le benedizioni della variazione e diversità di noi stessi e di chi ci seguirà, decretiamo e stabiliamo questa Costituzione per il paese conosciuto come AMSTERDAM 2.0, come legge suprema, derivando la sua autorità dalla legge naturale e il suo consenso dai governati. PARTE I: DISPOSIZIONI SOGGETTE ALL’EMENDAMENTO 1.1 IL GOVERNO DI AMSTERDAM 2.0 1.1.1 Il governo di Amsterdam 2.0 sarà composto da una Amministrazione Federale e da un numero da 100 fino a 400 CITTÀ indipendenti. 1.1.2 Se una qualsiasi parte del territorio di Amsterdam 2.0 é stata affittata per un lungo periodo da un’altra nazione il contratto d’affitto deve essere fatto dall’Amministrazione Federale.
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porto alla forza militare; e_ provvedere a nominare una milizia per eseguire le leggi nella nazione, per sopprimere le insurrezioni e per respingere le invasioni; f_ conferire la nomina ad un certo numero di dirigenti, le cui cariche non sono qui altrimenti previste e come sarà stabilito dalla legge Federale, nell’Esecutivo o nella Magistratura, e come la Legislatura ritiene opportuno; g_ denunciare ogni Ufficiale Federale; h_ esercitare un potere straordinario, per un periodo di anni non superiore a (numero da stabilire) immediatamente successivo all’adozione di questa Costituzione, per regolare o proibire l’importazione o le esportazione di droga, la manifattura, l’importazione e l’esportazione di armi chimiche, biologiche e nucleari a larga scala, ma solo in quanto ed esclusivamente nella misura in cui la regolamentazione o il divieto siano necessari per scongiurare ad Amsterdam 2.0 un serio rischio di una invasione esterna. i_ fare quelle leggi che saranno necessarie per rendere esecutive le precedenti forze e tutte le altre forze formate da questa Costituzione di questa Amministrazione Federale o in qualsiasi altro Dipartimento o Ufficiale di tale Dipartimento, provvedendo che nessuna legge imponga alla gente restrizioni più grandi di quanto necessario per ottenere questo scopo. 1.2.8 Il privilegio del decreto di habeas corpus non sarà sospeso; nessun disegno di legge sulla perdita dei diritti civili sarà approvato con legge ex post facto. 1.2.9 Non si potrà prelevare il denaro dal Tesoro ma solo in conseguenza agli stanziamenti fatti dalla legge Federale e le dichiarazioni, i conti delle ricevute e le spese dell’Amministrazione Federale saranno rese pubblicamente regolarmente. 1.2.10 L’onere medio delle tasse Federali non supererà più di (una percentuale da stabilire) dei guadagni medi degli Azionisti, questo numero sarà determinato o approssimato attraverso metodi statistici, ciò comporta che non ci sarà obbligatoria divulgazione d’informazioni da parte degli Azionisti. 1.2.11 Tutti gli ufficiali eletti dall’Amministrazione Federale, nei momenti stabiliti, riceveranno per i loro servizi un compenso determinato dalla Legislatura; ma tale compenso non sarà aumentato ne’ diminuito durante il periodo nel quale loro sono stati eletti e, in ogni caso, non farà aumentare il reddito medio dell’Azionista (che sarà determinato come descritto nel punto 2.10) più di una percentuale (da stabilire). Nessun ufficiale Federale riceverà alcun compenso in qualsiasi anno nel quale il budget Federale non sia stato messo in bilancio (nessun soggetto di budget può essere dichiarato fuori dal budget). 1.2.12 Le leggi Federali (a differenza delle leggi della CITTÀ) saranno applicate ad ogni persona presente all’interno del territorio di Amsterdam 2.0, sia questa Azionista o no. 1.2.13 La somma totale delle leggi Federali non può superare le mille parole. Qualsiasi
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ne monetaria di ogni specie. 2.2.12 Nessuna legge ridurrà il diritto di autodifesa delle vittime o delle loro azioni contro gli iniziatori di aggressione (Governi compresi o le loro azioni), incluso il diritto al possesso, alla vendita e alla fabbricazione di armi; ma il diritto di autodifesa non si intenderà da parte di tali aggressori per autorizzare la resistenza all’uso legittimo di forza contro di loro in difesa dei diritti delle loro vittime. 2.2.13 Nessuna legge stabilirà licenze professionali, ne’ farà o richiederà le concessioni del privilegio di monopolio, ne’ limiterà la concorrenza o l’accesso libero in qualunque professione o industria, comprendendo i servizi di aggiudicazione, di protezione e di applicazione dei legittimi diritti. 2.2.14 Nessuna persona sarà condannata per aver violato le classificazioni di segretezza del Governo, a meno che il governo scarichi il proprio onere dimostrando che la pubblicazione ha violato il diritto di privacy di colui che è stato costretto nel rivelare agli agenti di Governo le informazioni confidenziali o i programmi militari difensivi in modo da alterare materialmente la possibilità di rispondere all’attacco; ma sarà una difesa valida in tale processo se le informazioni divulgate dimostreranno che il Governo ha violato la legge. 2.2.15 Qualunque proprietario o proprietari di terra possono ritirarsi con la propria proprietà dalla giurisdizione di Amsterdam 2.0, dopodiché il loro territorio si trasformerà in uno stato sovrano indipendente in accordo con il diritto internazionale. 2.2.16 L’enumerazione in questa Costituzione di determinati diritti non si intenderà per negare o sottovalutare altri mantenuti dalla gente. 2.2.17 I poteri non delegati dall’Amministrazione Federale da questa Costituzione, non proibiti alle CITTÀ da questa Costituzione, sono riservati rispettivamente alle CITTÀ o alla gente. 2.2.18 L’esistenza di uno stato d’emergenza non sarà inteso per limitare i diritti individuali o per espandere le forze governative qui enumerate. da Alamut.com di Paul Perry [da Avvistamenti 2.’00. Traduzione di Ariane Vervoorn e Marco Scarpinato]
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CATANIA: LA CREATIVITÀ CONTEMPORANEA COME SOLUZIONE IMPOSSIBILE
GRUPPI, FORUM E DUE CONTRIBUTI
attrazioni: un campo di grandi cristalli al nord del terreno Italcementi che procede nella città. Quello che purtroppo non capiamo sono le sezioni del pontile, come viene inserito nel loro lavoro? E perché il pontile non viene infettato dalla parte del mare, parallelo al paesaggio di cristalli che, proveniente dal nord, si sta avvicinando? Ci rifletteranno su. 5° giorno: Ci chiedono di dare commenti, ma non possiamo dirgli niente perché é fatto tutto così bene. Scusate! Domenica abbiamo discusso acutamente. 6° & 7° giorno: Dopo una piccola riflessione non abbiano potuto fare delle critiche. Roberto, invece, ha avuto uno sguardo critico sul progetto. I cristalli dominano tutta la città, ma ora deve concentrarsi sull’elaborazione del terreno di progetto. Lo promette. Ore 11.30: Siamo catturati dai suoi disegni precisi, non c’é bruttezza in quel che fà Adriano e ci accorgiamo, adesso, che senza questi disegni il lavoro sarebbe privo di anima. Scusate ragazzi, non posso fare commenti, continuate così... [Da Avvistamenti 2.’00 Workshop. Dagboek palermo, 29 mei tot en mei 5 juni 2000 Maurice Nio. A cura di Marco Scarpinato e traduzione dal neerlandese di Ariane Vervoorn]
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Avvistamenti 2.’00 Workshop di progettazione ı Area Italcementi ı Catania 5 91
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Avvistamenti 2.’00 ı Etna 5 93
vera architettura è quella che c’è qui fuori, che va a pezzi, che spesso dimentichiamo e, con questa premessa, abbiamo deciso di intraprendere un cammino che ci portava su una lama sottile tra realtà e irrealtà, tra razionalità ed irrazionalità, tra possibile ed impossibile. Abbiamo pensato di fare qualcosa che puÚ anche non essere realizzato, abbiamo deciso di creare tutto l’opposto di quello che oggi si vede nell’aria, e, quindi, il profondo silenzio, la cupezza, che diventa movimento e la gioia, le urla dei bambini e degli adulti che vanno a giocare. Abbiamo pensato ad un parco giochi che non fosse solo per i bambini, ma, anzi, che fosse soprattutto per gli adulti. Nel progetto abbiamo aggredito il grande blocco monolitico con delle forme organiche che spaccavano il grigiore di questo edificio e ne uscivano fuori con delle grandi chele alle cui estremità sono dei dischi volanti che fanno volteggiare in modo repentino le persone che stanno sopra, quindi il gioco diventa rischio; c’è gente che si butta dentro il camino e ci sono dei getti d’aria che evitano la caduta. Il gioco immaginato è sempre rischioso. Abbiamo fatto in modo che il senso del movimento si propagasse come un’onda d’urto anche nella città e da qui ripartissero una serie di percorsi che s’insinuassero dentro come una vera forma organica; i percorsi che scendono dentro le sciare di lava e s’integrano con la roccia, le lastre che finiscono nel mare e sulle quali si può camminare. Dentro queste forme organiche si può anche giocare. Abbiamo deciso d’intervenire su quest’area, attualmente occupata da fabbriche dismesse, immaginando di eliminarle, cercando di recuperare il senso della naturalità. In questo caso, essendo impossibile ricreare le originarie forme del teritorio, abbiamo pensato a dei piani che dessero l’idea di quello che c’era prima ma che non è e non può più essere. Maurice Nio: Ho soltanto una domanda, cosa è, per voi, la cosa più importante che avete imparato durante questo workshop? Studente: Lo scontro, la sera andare via litigando, poi la mattina ritrovarsi qui di nuovo come amici per lavorare al progetto. Francesco De Simone: Hanno messo su un grande gioco, quello della vita sulla morte, questa é la base del loro lavoro. Adriano ha detto una cosa che mi colpisce molto: vogliamo contestare l’architettura d’élite, perché la vera città è un’altra cosa, più complessa. Sono d’accordo, perché è giusto giocare ma fino a un certo punto e loro si sono accorti che il gioco era arrivato al limite, perché il campo delle certezze lo hanno distrutto rapidamente e sono entrati in un dialogo più profondo con i problemi dell’architettura. [da Avvistamenti 2.’00. A cura di Marco Scarpinato e traduzione dall’inglese di Ariane Vervoorn]
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Avvistamenti 2.’00 ı Maurice Nio ı De Belagde Landen ı Video 5 111
A] AL OTRO LADO DE L’ESPEJO
Marco Scarpinato: Vi presento Eduardo Arroyo. Vive e lavora a Madrid ma è nativo di Bilbao. Ha lavorato nello studio di Rem Koolhaas ed i suoi progetti parlano un linguaggio aperto che non è semplicemente spagnolo, conformato a quello che la pubblicistica di architettura ci restituisce della cultura del suo paese, in una sorta di omologazione stilistica che ratifica un’appartenenza nazionale e rappresenta una nuova generazione di architetti spagnoli che tenta un approccio teorico al progetto. Eduardo Arroyo cercherà di tradurci, non un linguaggio di architettura, ma una metodo con forti radici alle avanguardie. Eduardo Arroyo: Credo che un linguaggio di architettura non abbia molto interesse. Io sono interessato soprattutto al metodo di lavoro che, per me, è un processo di costruzione e di composizione dell’architettura da cui nasce l’idea. È una cosa importante tentare di trasmettere diversi sistemi di progettazione, io credo che nel nostro studio di Madrid esista un leit-motiv che consiste nel non seguire mai lo stesso sistema di lavoro per i progetti, perché ciascun progetto, o ciascuna approssimazione ad un’architettura, ha un proprio sistema di lavoro. Il primo progetto che voglio raccontarvi è il Concorso Europan che ha vinto il primo premio, il luogo è una città basca che si chiama Baracaldo, una città con una zona molto industrializzata, un fiume, un’area in cui c’erano gli altiforni per il metallo, acqua inquinata, è un’area grande, confinante con la città di Baracaldo e con il fiume di Bilbao, il Baracaldo, lungo il perimetro. Sono presenti elementi molto condizionanti sia naturali che costruiti. Il programma prevedeva delle residenze, un centro di sperimentazione e un centro sportivo. Il sistema utilizzato evitava di realizzare un progetto tradizionale e seguiva un processo complesso per la costruzione del programma. Il programma è stato determinato attraverso una serie di elementi, una superficie di relazioni dell’area. Non avevamo elementi condizionanti a priori, ci siamo serviti di uno degli elementi del programma: la densità del territorio, ed abbiamo lavorato in modo da avere densità maggiori o minori. Rispetto alla densità data dal programma, abbiamo fatto una lettura di elementi permanenti che avevano un carattere di limite sul terreno. Nell’area c’è una strada che faceva da asse e il fiume: elementi forti, che permettevano di trasformare il nostro progetto. Abbiamo composto una tavola delle attrazioni e delle repulsioni del programma, una tavola successiva evidenziava che le residenze o le scuole non potevano essere poste vicino alla ferrovia ma, invece, dovevano essere poste vicino al mare. Abbiamo inserito un sistema di attrazione, un elemento del programma intellettuale che aveva un andamento ad algoritmo in modo che si andava trasformando e localizzando, zona per zona, sul territorio.
Avvistamenti 2.’00 ı Eduardo Arroyo ı Centro amministrativo ı Bolzano, 1999 3 113
B] PEDAGOGY OF ARCHITECTURE, THEORIES AND METHODS
L’architettura è stata e continua ad essere corrispondente ad una complessa miscela di discipline ma, principalmente, riguarda la costruzione (nel senso più ampio del termine). L’architettura è in costante dialogo con la filosofia, è “innamorata” della sociologia e della psicologia, ha una complessa e sospetta relazione con le limitazioni economiche ed è amica di tutte le arti, come una “provocateur”. All’architettura piace conversare con tutte queste discipline sebbene sia molto difficile usarle in maniera diretta. Come Peter Collins evidenzia brillantemente dicendo che tutto ciò che le discipline potrebbero apportare all’architettura sarebbe in termini di analogie, e forse idee, ma le stesse discipline non sono donatrici di forma. I primi architetti furono i migliori scalpellini della Mesopotamia ed Egitto; essi erano inoltre incaricati di costruire impianti idrici ed infrastrutture. È importante guardare alle origini del nome “Architetto” in differenti culture e linguaggi, i Greci ed i Romani furono, forse, i primi a dare all’architetto l’appellativo di uomo istruito sia nella tecnica, sia nelle arti. L’insegnamento dell’architettura, come per le altre arti comincia con un apprendistato e col trasferimento di abilità dal maestro al discepolo. Sono le Beaux Arts, all’inizio del Ventesimo Secolo, a rappresentare una guida nella definizione dell’istruzione e della professione architettonica, segue il Bauhaus; Gropius combina le discipline dell’architettura, della pittura e della scultura. Egli credeva che l’architetto avesse la responsabilità di coordinare ed in ogni coordinazione occorresse la collaborazione e che la collaborazione cominciasse con la conoscenza e, quindi, il rispetto reciproco ed ogni architetto avesse il dovere di imparare le altre discipline. La maggior parte dell’insegnamento occidentale sull’architettura è basato su queste due scuole come un principio; il progetto è il rosone centrale dell’istruzione architettonica. “Il progetto” è diventato la base, un terreno comune di discussione sull’Architettura ed anche un terreno di prova per il giudizio. Esso è altamente specifico. Le professioni mediche e legali sono anche casi basati ed altamente legati alla giurisprudenza; il punto in cui l’architettura differisce è nel fatto che, ogni caso, è altamente e profondamente individuale, dunque l’idea di un’architettura “Generica” è molto discutibile e problematica. Le discussioni sui DATA-SCAPE e sulle architetture non collegate ed interessate al contesto fisico (ma soltanto al dato “oggettivo”) sono tanto sospette quanto le teorie che da esse risultano. Grande attenzione
Avvistamenti 2.’00 ı Nasrine Seraji ı Facoltà di Architettura ı Tours, 1997 3 123
E alla fine, lo sapevate? Che: - La prima Scuola di Architettura fu l’Accademia Reale di Architettura, nata in Francia nel 1671. Fu creata per istruire gli architetti sui principi dell’architettura per l’Amministrazione Edile Reale. Il suo punto focale erano le questioni teoriche. I suoi metodi di apprendimento: tramite la discussione di questioni specifiche e tutto attraverso un discorso critico svolto utilizzando delle domande concrete, esempi e pubblicazioni. - I principi di formazione ed istruzione accademica pubblicati da Françoise Blondel, primo direttore dell’Accademia Reale nel 1675, pongono le basi per l’istruzione architettonica in Europa fino al Diciannovesimo secolo e persistono fino al Ventesimo nel programma delle Beaux Arts. - Il primo sforzo di circoscrivere formalmente il lavoro dell’architetto, inclusa la forma del compenso, risale soltanto al 1834, con la creazione dell’Istituto degli Architetti Britannici (in seguito diventato Istituto Reale degli Architetti Britannici nel 1866), fondato per facilitare l’acquisizione di istruzione sull’architettura, per promuovere i vari settori della scienza connessi ad essa e per stabilire una uniformità e rispettabilità nella pratica della professione. - In Francia il programma architettonico dell’Accademia Reale fu riaperto dopo la Rivoluzione Francese sotto il nuovo nome di Scuola delle Belle Arti, controparte dell’allora appena formata Scuola Politecnico, che insegnava Architettura agli ingegneri. La relazione tra le due scuole fu non tanto di opposizione quanto di complicità nel riflettere su una riforma dell’istruzione architettonica in “arte” e “scienza” (“estetica” e “ingegneria”/”progettazione”) nel Diciannovesimo secolo. Epilogo Il modello industriale di conoscenza e produzione ha fatto il suo corso. Nelle nuove condizioni epistemologiche, tecnologiche ed economiche, le distinzioni disciplinari rafforzata dalle organizzazioni professionali del tardo Diciannovesimo secolo e dell’inizio del Ventesimo (per motivazioni tanto economiche quanto tecniche) stanno diventando sempre più insostenibili e sono comunemente trasgredite in pratica (il lavoro di Rem Koolhaas e OMA lo dimostrano perfettamente). Rimane la questione di come l’educazione all’architettura possa favorire meglio, se non contribuire, alla leadership in questo nuovo contesto. Ciò che è in gioco non è tanto un ritorno al modello “universalista” di conoscenza tecnica dell’era pre-industriale (dove un singolo individuo racchiude in se stesso/a una multidisciplinarità), quanto una nuova struttura di interdisciplinarità.
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Abbiamo necessità di insegnare agli studenti ad essere abili in molte discipline (“multi_abile”), di insegnare la storia con serietà, non come un corso basilare, ma come un materiale per costruire, mentre la pittura deve essere insegnata non solo per inserire la Policromia negli edifici, ma anche come forza dinamica che permette di cambiare le forme; gli studenti di architettura dovrebbero leggere riviste ed essere politicamente preparati e consapevoli. La teoria può esistere soltanto per se stessa, se gli architetti producono architettura, la cultura dell’analisi morirà e si estinguerà se non rimane nulla da analizzare. Nasrine Seraji [da Avvistamenti 2.’00. Traduzione dall’inglese di Marco Scarpinato]
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NUOVE STRATEGIE URBANE
AVVISTAMENTI 4.’02 VISIONS OF ARCHITECTURE PALERMO: MOLTEPLICI IDENTITÀ CONTEMPORANEE CREATIVITÀ HIC ET NUNC: HUB CITIES I THREE ISSUES I
NUOVE STRATEGIE URBANE
02.15.00 Percorsi progettuali, processi di conoscenza Il progetto Avvistamenti 4.’02, ha lavorato all’interno di tre città, [Istanbul, Palermo, Amsterdam] che, nonostante le informazioni ci sommergano, rimangono chiuse in un facile esotismo, mentre, nella loro densità, offrono riflessioni caleidoscopiche. Quest’ambiguità ha dato la possibilità di confrontarsi con la memoria e con la dimensione invisibile, tanto da esserne spesso la vera dimensione. Nelle tre tappe, i workshops Avvistamenti 4.’02 sono stati sviluppati in modo differente, non adattando un’idea generale ma rendendo i lavori adatti alle specificità con cui s’interagiva. Il workshop di Palermo é stato suddiviso in 6 laboratori con temi distinti. Ad Istanbul si è affrontato un tema progettuale e ad Amsterdam si é fatta un’analisi della città in uno stretto rapporto tra disegno urbano e architettura nella mobilità. Nelle molteplici identità risiede la creatività contemporanea. 02.16.00 Teoria e sua costruzione Interessarsi della creatività significa approfondire i processi di costruzione del pensiero che sottende il progetto. Lavorare sugli elementi costituenti le “identità dell’immagine” di un contesto é una delle ragioni del lavoro dell’architetto in modo che sia sempre possibile comunicare lo spazio d’architettura. Il lavoro, attraverso la ricca memoria del contesto, non diventa storia personale, specchio di se; in quest’apparente paradosso risiede la volontà creatrice dell’architetto ed i cambiamenti non sono solamente linguistici. Il supervisore del workshop, Hideyuki Yamashita, ha completato la sua formazione con Peter Cook stemperando la razionale formazione giapponese in un contesto poetico più ampio. I progetti di Cook, con la loro carica visionaria, rileggono complessivamente la città riappropriandosi del paesaggio come evento-progetto che sa esprimere la nuova dimensione-mondo. Yamashita con l’apprendistato professionale nello studio di Foster ha sviluppato la sua sensibilità costruttiva. Nella sua prima fase la “Nested cube in process”, la ricerca di un metodo chiaro e di una struttura sistematica individuava una teoria che definiva lo spazio e le sue possibili fasi. Lo sviluppo di una sequenza spaziale autoriflessiva partiva dalla serie matematica del Teorema di Eulero, e, in questo processo di “rinormalizzazione dello spazio” definiva una relazione costante tra vertici, spigolo e facce di un volume euclideo. Hideyuki Yamashita ricercando una condizione di equilibrio tra vertici, spigoli e facce definisce il nuovo spetto della sua architettura, in questo caso l’oggetto è solo una delle forme realizzabili con lo stesso numero di superfici, spigoli ed angoli. L’interconnessione autoriflessiva è resa visibile attraverso una soluzione di tipo ottico offrendo sempre la visione di un visitatore
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Costruire immagini é stato il modo per intervenire all’interno di Palermo, Amsterdam ed Istanbul città che, nella ricerca dell’espressione poetica, non divenivano un oscuro oggetto del desiderio. In Avvistamenti 4.’02 non esistono progetti in stile ma si esprime una ricerca che subisce un processo d’ibridazione senza fare vuote rappresentazioni di linguaggi. Le guerre d’appartenenze e gli apparentamenti linguistici hanno determinato un depauperamento delle espressioni più singolari della nostra isola, non possiamo vivere all’ombra della saggezza di vecchi narratori che melanconicamente parlano del passato. L’espressione del tempo si sostituisce allo spazio meno controllabile perché più vivo e creativo. L’immagine-movimento della cultura del contemporaneo si sostituisce all’immagine-spazio che fa del tempo una nozione ininfluente. L’entusiasmo e la creatività espressa dimostrano, se é necessario, come si può progettare senza paradigmi, modelli e linguaggi da difendere.
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Marco Scarpinato+Autonome Forme 覺 Nuovo Palazzo del Cinema 覺 Venezia, 2004 5 141
VISIONS OF ARCHITECTURES
Land Form The natural land and the existing geographical features hold an answer to the architecture. It is the “land form” which leads the organization of the whole building and the external work. Space on Earth / Progressive Landscape A large shift is coming. This may be an exciting time to be alive. More deeply we are moving into the 21st century, more firmly every line of architect’s drawings will tend to correspond to something related to nature’s feed-back-loop model. As the scientific study of dynamic system could show the significance of organic and recurrent movement, chaotic state, and biological and genetic diversity, we could present some right models to pattern our visions of architecture echoing the global nature system. A new paradigm of architecture will be beyond our industrial and urban arrangements. And landscape, after all, is a possible strategy for the new urban territorial spaces to promote a large shift towards the agenda shown below. Environmental Strategy ı Green Architecture and Natural Landscape ı Barren or Abandoned area ı Zero-Waste System ı Recycling of Organic Matter ı Human Waste ı Industrial Waste ı Biological Purification ı Self-Organization ı Recreation ı Tourism and Habitation ı Plant Anima ı Biomimicry Project Here for reference, I show five schemes related to the issue of above. 1 Yamashita / Land-Arch makes a path to an imaginative and alternative possibility of architecture, as a Space on Earth, blended into the natural landscape. 2 Sugawara / Uto-Purification visions a utopia compiled with four projects of the purifiers inducted in the self-purification system for the gone-to-ruin areas. 3 Nakano / Hyper Landscape makes a manifestation of a possible artificial geography to generate a diversified spatial sequence covered with green surface. 4 Asakura / River Guardian proposes an environmental tube-mesh equipment holding microbes inhabiting to resolve the dirt for the self-purification of river water. 5 Hayashi / Sound Memorial serves as a vertical landscape with the lyrical set of twisted fragments above an enlarged crevice for an outdoor concert hall opening to the sea. “Progressive Landscape” is the appropriate model to demonstrate a new paradigm of architecture. It is theoretical and abstract enough to vision the plural and polyhedral pattern for the up coming morphological themes of LandscapeArchitecture. It is a manifestation of a possible artificial geography to generate a diversified spatial sequence covered with green surface. It is instrumentalized
Avvistamenti 4.’02 ı Hideyuki Yamashita 3 143
nella tradizionale architettura, riescono a costruire e a mantenere città così disordinate? Non esistevano criteri estetici per le città contemporanee? Quando Shinohara nel 1964 usava il termine ‘caos’ per descrivere le città in Giappone, la ‘bellezza della confusione’, suo personale concetto, non aveva relazione con il de-costruttivismo dell’Occidente. La ragione è che dietro alle ‘città caotiche’, il ‘software’ debba essere la consuetudine, le leggi non scritte del popolo giapponese ed i regolamenti edilizi in Giappone e l’‘hardware’ il sistema dei trasporti. Sotto queste condizioni, la città caotica di Tokyo è non arbitrariamente reale. Negli anni sessanta, quando c’era tra gli architetti giapponesi una tendenza generale a trasformare le città sotto lo slogan del Metabolismo, soltanto Shinohara uscì da tale tendenza e scrisse quanto segue: ”La vita della città non può essere coperta solo da una grande cornice (modello di città). Rimane sempre la necessità che l’immagine futura della cellula della vita di Tokyo sia assolutamente raccolta dall’interno della cornice. Così facendo, a mio avviso, le città in Giappone sono l’espressione tipica del Giappone”7; ciò che rappresenta gli insediamenti contemporanei può comunque essere non sempre bellezza armonica ma bellezza disordinata”8. Perché Shinohara vede inversamente la ‘brutta’ città di Tokyo come una ‘bella’ città mentre realizza la perfezione della composizione nella progettazione urbana? Secondo Shinohara, la ‘matematica’ deve essere predominante, essendo stata la sua specializzazione prima di iniziare gli studi di architettura. Egli coniò molte espressioni per rappresentare Tokyo che “sperimenterà la ripetizione di confusione e disordine: la ‘Città Matematica’ nel 1971 e la ‘Città dell’insieme dei super grandi numeri’ nel 1988. Una città è un ‘insieme di numeri’ ed una ‘variabile’, ma non è un mondo governato solo da 1 e 0, cioè, non è un mondo digitizzato. Deduco che Shinohara è uno stratega in quanto ‘posiziona chiaramente una città nel mercato’. La ragione per tale deduzione dovrebbe essere giustificata dal fatto che la matematica contemporanea e l’economia contemporanea sono collegate l’una all’altra. Fu Henri Poincarè, matematico francese del diciannovesimo secolo, a scoprire il caos nel fenomeno fisico. La costruzione e la distruzione sono uguali senza superiorità dell’una sull’altra. Quindi, una città può essere costruita per sottrazione come per addizione. Se noi comprendiamo una città come sistema in cui tali fenomeni si verificano in modo sofisticato in base alla logica socio-economica, possiamo considerare una città come un ‘sistema disorganizzato di complessità’. Tokyo sembra essere rappresentantiva di tale sistema e questo è il motivo per cui è apprezzata come megalopoli alla fine del Ventesimo secolo. La città ideale e la linearità degli architetti
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città medievale”12. Web cities senza santi patroni “La polis dell’antica Grecia è, per Max Weber, il punto d’inizio della tipologia di città dell’occidente. La polis era il risultato di unità tra la gente di vari strati sociali con una credenza comune (dei guardiani, santi patroni) e la capacità di preparare gli eserciti a loro spese in base al ‘Verbruderung’ (fratellanza); la città-stato non si formò in Asia” (Izumi Hotta)13. Per Max Weber, il criterio per distinguere le città dell’Occidente da quelle del non-Occidente (Asia e Oriente) era l’esistenza della struttura ‘Gemeinde’ (struttura dell’autonomia). Le città dell’Occidente sono classificate in numerosi gruppi secondo i mutamenti storici della struttura Gemeinde: le città della Mesopotamia nell’antichità, quelle del Medioevo dell’Europa meridionale, soprattutto in Italia e quelle del Nord Europa. Mi pare che le città inglesi, quasi all’estremo nord, siano anche classificate in un altro gruppo in cui la struttura Gemeinde non si rileva chiaramente. In questo senso, non sorprende il fatto di trovare una certa somiglianza tra Londra e Tokyo. Non solo Tokyo ma anche Londra ci ricorda l’immagine di una ‘Web City’. Tale impressione su Londra deriva dal fatto che la città non ha santi patroni come oggetto di credenza collettiva ed ha conservato le caratteristiche di un villaggio medievale. Hideyuki Yamashita [da Avvistamenti 4.’02. Traduzione di Marco Scarpinato e coll. Aut.Form] 1 Kazuyuki Aihara: “Chaos is not a substance but a number”, a conversation with Masao Kurosaki in “Inter-communication”, No.21, 1997. 2 Izumi Hotta: “Essays on the city”, Ed. Naoki Yoshihara, 1993. 3 Yutaka Ueki: “Essays on the city”, Ed. Naoki Yoshihara, 1993. 4 Kazuo Shinohara: “Contemporary Student Spirits: Japan/America” in “Shink enchiku”, 1985.3 (English text: “The Japan Architect”, 1985.7). 5 Peter Cook: Interview by the author, March 1998. 6 Kathryn Findlay: Interview by the author, March 1998. 7 Kazuo Shinohara: “A theory of residential architecture” in “Shinkenchiku”, 1960.4 (En-
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glish text: “The Japan Architect”, 1967.10). The words in the parentheses added by the author. Kazuo Shinohara: “Jutakukenchiku”(residential architecture), 1964. Kazuyuki Aihara: “Chaos causes a revolution in science and technology” in “Wired”, August 1998. Masao Kurosaki: “Chaos is not a substance but a number”, a conversation with Kazuyuki Aihara in “Inter-communication”, No.21, 1997. Kazuo Shinohara: Interview by the author, July 1998. Richard Rogers: Interview by the author, March 1998. Izumi Hotta: “Essays on the city”, Ed. Naoki Yoshihara, 1993.
Avvistamenti 4.’02 ı Hideyuki Yamashita ı Hyper landscape ı 2002 6 149
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PALERMO: MOLTEPLICI IDENTITÀ CONTEMPORANEE CREATIVITÀ
Media Authority 覺 Hillversum 覺 2002
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Lucia Pierro ı Cocoon Spaces. Porticciolo di Sant’Erasmo 5 Lab 1 ı Configurazione di una mappa teorica per la città di Palermo 3
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5 Vincenzo Guagliardo 覺 Splitting Landscape. Area stazione centrale 158
Marco Ragonese ı None Land. Gibilrossa 5 Lorenza Majorana ı Spazi didattici per le nuove creatività. Parco dell’Oreto 5 Carmelo Vitrano ı Blob Life. Area Tommaso Natale 5
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Lab 2 ı Le vie d’acqua. Paesaggio e città nel Mediterraneo. Foce del fiume Oreto 3 Salvatore Barbiera ı Programmatic Flood 5
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Francesca Moretti 覺 Urban Terraces 3 Vivian Celestino 覺 New Horizons 5
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Anna Liuzzo 覺 Flow Ramification 3 Elia Asaro 覺 Green Way 5
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Avvistamenti 4.’02 ı Lettura ı Hideyuki Yamashita ı Palermo, 2002 3 Avvistamenti 4.’02 ı Lettura ı Next Architect ı Palermo, 2002 5
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Avvistamenti 4.’02 ı Workshop ı Cantieri culturali alla Zisa. Palermo, 2002 5 171
I1I TOWARDS AN ARCHITECTURE OF ORGANIZATIONAL SUPREMACY
La curiosità dell’organizzazione I mezzi di trasporto e di comunicazione hanno cambiato la storia del mondo. La nostra vita cambia mentre programmiamo le attività quotidiane oltre il tempo, gli eventi, le necessità come proiezione dell’imprevisto. Il nostro stile di vita desidera spazi di libertà che rendono libera la mente. Forse vivremo in pace e in libertà, senza la violenza dei conflitti. La nostra vita non sarà circoscritta al luogo, al clima, all’economia o alla politica, massimizzeremo ed organizzeremo globalmente le nostre attività riscrivendo la nostra esistenza e le nostre identità. Robert Unger, nella prima Any Conference1, ha sollecitato la necessità di un’architettura critica che risponda alle esigenze della realtà. Jeff Kipnis ha esteso la discussione all’urgenza di un’eterogeneità-omogenea nella tecnica architettonica2. La loro critica richiede un’architettura per le nuove forme di vita politica e sociale ricercandone gli aspetti latenti in una strategia di progettazione integrata. Nella progettazione urbana ed architettonica si esplora l’urgenza dell’effetto della globalizzazione, l’ultima struttura omogenea. Oggi, un’architettura dell’organizzazione sviluppa un’immagine prototipica quale modello per un’architettura critica. Nella ricerca dell’eterogeneità-omogenea in architettura, la plasticità programmatica e la strategia politica sostituiscono il disegno dell’oggetto oltre le convenzioni della forma o della sintassi tettonica. Un sistema coerente riduce la tendenza alla conservazione e scopre i potenziali per il futuro. Non c’è un unico sistema che può soddisfare tutte le domande ma è possibile assegnare priorità a differenti requisiti, attraverso l’introduzione di un sistema organizzato3. Una retrospettiva della strategia dinamica Negli anni Sessanta Colin Rowe chiarisce che il risultato della modernità è una città di frammenti urbani. L’introduzione della tecnica del collage (montaggio, bricolage, contrasto e giustapposizione) ha dato inizio ad una nuova dimensione4. Negli anni Ottanta Bernard Tschumi ha ampliato l’indagine teorica alle disfunzioni e connessioni nell’architettura. Peter Eisenman ha guardato all’in-between, mentre Rem Koolhaas ha introdotto l’aspetto programmatico nella morfogenesi urbana. Il sistema di network ha beneficiato delle applicazioni militari e lo sviluppo dell’evoluzione tecnologica ha superato l’inadeguata tecnica di produzione architettonica formando diverse teorie. L’unilinearità si trasforma in pluralismo teoretico, la molteplicità priva di significato si fonde nella fluidità, la mancanza di forma diviene informazione consapevole. Dall’oggettività determinista ci proiettiamo alla topologia evolutiva dell’informazione. Quando tutta la memoria di dati ottici e ma-
Avvistamenti 4.’02 ı UFO ı Infomation Tecnology Consulting ı Uk, 2000 3 173
Il Network È difficile giudicare se l’organizzazione dei network riguardi il World Wide Web o i principi, i concetti e le tecnologie che la sostengono. L’organizzazione dei network impedisce che l’oggettività si trasformi in soggettività. I network complessi non riguardano la formulazione, bensì l’organizzazione. Essi enfatizzano la pratica (lavoro) e l’attuazione (rete) dell’ideologia sull’esercizio del controllo e del potere. Il network interagisce simultaneamente con un numero rilevante e in strade parallele, cosicché, il sistema mostra un’auto-organizzazione naturale e produce una struttura generale emergente. Il network condivide la logistica delle risorse. Questa è un’ipotesi per ridefinire e rigenerare una città, essendo proiettivi piuttosto che progressivi. Le idee sul sistema diagrammatico e sulla gestione della città sono strumenti organizzativi operativi che aprono le nuove direzioni dell’urbanistica ed il diritto ad una nuova odissea urbana. Una progettazione integrata è necessaria per comprendere le cause ed i potenziali, per individuare le strategie, i trattamenti, per determinare gli impatti ed i vincoli dalla mega-urbanistica ai dettagli dell’edificio27. La cityscape e la townscape europea sono la risposta convenzionale diretta a gerarchie basate su rapporti geologici, le relazioni economiche e dell’efficienza (l’ultima scienza dell’industrializzazione). Potrebbero esprimere la celebrazione del nuovo millennio. Nonostante ciò, ignorano l’essenza della città, le nostre vite e la nostre relazioni, nell’era digitale e globale. L’architettura dell’organizzazione, invece, sintetizza un nuovo senso ed una nuova definizione di città, se tali termini sono ancora validi. Nell’attuale pratica la tendenza della rigenerazione è comune. Così sono state inventate tecniche di deterritorializzazione per analizzare la storia ed il contesto. Per quanto può sembrare strano, la riterritorilizzazione diventa un reato. La maggior parte dei paesi in via di sviluppo, non ne ha il tempo. L’Estremo Oriente è l’esempio perfetto. In Cina, non c’è tempo per la teoria della progettazione, né per la pianificazione o l’analisi. Si suppone che tutto sia stato fatto ieri. L’organizzazione dei network s’avvantaggia della fusione dell’analisi con l’ordine del giorno adattato verso un tutto sintetico con un nuovo set di strategie e politiche di progettazione, per l’intervento in sé e come guida per qualunque sviluppo futuro. Jeff Kipnis, nel suo articolo “verso una nuova architettura”28, dice se l’architettura deve essere proiettiva, l’architettura dell’organizzazione è critica nell’essere la pioniera della nuova percezione. Per raggiungere il carattere, nell’architettura, non è necessario un coinvolgimento emozionale ma, piuttosto, un’azione provocatoria,
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che non riguarda Robert Venturi ed i suoi studi. Non si tratta della questione dei significati e delle sue implicazioni. La memoria ed il suo rapporto con il linguaggio e la semiotica non si possono negare divenendo parte delle strategie organizzative. L’architettura dell’organizzazione dei network dopo lo zoning intende determinare la produzione del pensiero topologico che definisce l’urbanistica cooperativa oltre la forma, la griglia e la geometria. Con un’organizzazione dinamica di network con potenziali adattabili, il nuovo tipo d’architettura con logica prototipica agisce al presente e si proietta verso il futuro. La proiezione dell’infinito Lo stile di vita nomade riflette la libertà globale nell’azione, viaggiamo infinitamente attorno al globo, fisicamente e virtualmente, e non interagiamo più con lo spazio fisico. Per l’attiva organizzazione architettonica di rete, questi spazi si evolvono con il tempo come temporalità. L’architettura delle temporalità rappresenta un diverso tasso d’accelerazioni nelle diverse attività economiche, politiche e sociali. Nell’era dei nuovi dispositivi digitali e della riproduzione, il tempo dell’informazione non è più uguale al tempo dell’esperienza architettura-tempo? Non possiamo descrivere l’architettura-tempo come un’esperienza dell’oggetto architettonico nel tempo. L’architettura-tempo costituisce parte della strategia operativa e dell’organizzazione, che rimane invisibile ma si manifesta nell’emergente vincolo e nel potere dell’effetto. Christopher Alexandra lo ha considerato come il “Kernel of the way”31. È importante essere autonomi ma non auto-referenziali32. L’architettura non è più solo una questione riguardante il rapporto tra locale e globale. Essa cerca di agire dal generico verso lo specifico. Sono le costanti e dinamiche forze che rimbalzano tra la complessa rete del locale e del globale, del tempo e degli spazi. Non è un tempo non-lineare che riforma l’architettura, ridefinendo la sua disciplina. Invece di dimenticare o di rifiutare il tempo come storia, l’architettura dell’organizzazione permette alla temporalità di evolversi e confrontare la probabilità con le esperienze. Tale organizzazione sintetizza il tempo come temporalità negli eventi e nelle attività che sono efficaci per la vita e lo spazio. Quindi, il tempo ci condiziona realmente ‘hic et nunc’, dentro e fuori dalla rete. Qualunque tentativo metaforico sarà irrilevante. La creazione del mito sarà insufficiente. Le azioni nei network architettonici e l’esperienza di tali azioni diventano evidenti nel cambiamento de nostri atteggiamenti, sensibilità e, quindi, della nostra percezione verso una nuova architettura ed una nuova urbanistica. Andrew Wai Tat-Yau. U.F.O. [da Avvistamenti 4.’02. Adattamento e traduzione di Marco Scarpinato]
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I2I CONNECTIVE INTER.FACES - ARCHITE[X]TURES
[a]://> media ++ technology determinism “The medium is the message” McLuhan, Understanding media Nei suoi scritti, Marshall McLuhan sviluppa un determinismo dei media basato sulle innovazioni tecnologiche come vettori fondamentali dei processi di civilizzazione. La tecnologia non è concepita come un oggetto esterno o straniero, ma come una completa estensione integrata totalmente nei nostri apparati sensibili; come un media, essa condiziona non solo i modelli di comunicazione ma anche il modo in cui percepiamo e concepiamo il nostro ambiente. Come evidenziato da Marshall McLuhan, la comunicazione e le tecnologie di calcolo sono connesse da una propria struttura, trasmesse, oltre che da un messaggio specifico, anche attraverso il proprio significato, di conseguenza, il significato del messaggio non dipende soltanto dalle intenzioni dell’autore ma anche da questa meta-costruzione che, indipendentemente dalle intenzioni soggettive, determina il campo della comunicazione. Come ogni media, questo produce sia uno sviluppo auto referenziale dei sistemi di comunicazione, dei codici specifici e dei simboli, sia i propri canali di trasmissione ed i propri modelli di partecipazione e d’interazione, sia una nuova esperienza cognitiva e sensitiva attraverso cui la società costituisce tanto i suoi sub-sistemi funzionali quanto la propria concettualità, la semantica e la scrittura informativa che influenza la rappresentazione dello spazio-tempo. I media, come estensioni delle capacità umane e dei sensi, riconfigurano ed anticipano i processi di trasformazione della stessa società che li ha creati, influenzando non solo i modelli di comportamento sociali e psichici, le strutture mentali di pensiero [conoscenza e memoria] ed i principi conoscitivi ma anche le loro forme di rappresentazione quali l’architettura e la pianificazione. Ovviamente, se hanno tali effetti sulla nostra società, le tecnologie di calcolo e di comunicazione non sono supporti tecnici insignificanti ma il passaggio dalla tecnologia analogica a quella digitale può, direttamente, essere collegato alla trasformazione di una società industriale ad una società post-industriale, dalla modernità alla trans-modernità. [b]://> interface “The science of endophysics claims that the world as it is given to us is only a cut, an interface, a difference inside what is real (the whole). This has some powerful implications, including the possibility to change the whole world (i.e. the interface world)” Otto E. Rössler, “The world as an accident” in The art of the accident, NAI Publisher, pag. 172
Avvistamenti 4.’02 ı Lab [au] ı sPACE Navigable music ı 2001 3 187
che determinano un’esperienza di spazio-tempo nel media digitale. Attraverso l’editing immediato, connesso ai processi ed alle strutture d’inFORMazione, l’ipertesto proietta un’esperienza attiva/interattiva nei flussi dello spazio, dallo spazio composto a quello decomposto, attraverso i dati ed i flussi che lo generano. Così come la nozione di flusso è necessariamente subordinata ai concetti spazio e tempo, l’ipertesto può esser descritto come sistema di spazio-tempo la cui condizione dinamica deriva dai processi delle inFORMazioni. Gli ‘Hypertextu(r)al environments’ possono quindi essere definiti come confronto tra i modi di comunicazione (l’ipertesto) e le costruzioni spaziali (architettura ed urbanistica), questo permette di riflettere sulle possibili trasformazioni spaziali e semantiche di questi sistemi spazio-tempo secondo le implicazioni della nuova comunicazione e delle tecnologie dell’informazione. In questo modo essi si occupano dell’iscrizione specifica dei processi, delle modalità d’informazioni e della loro trascrizione in successione per rendere i processi delle informazioni in settaggi attivi dello spazio, necessari per ciascuna regolazione sociale. Come una nuova sintesi tra comunicazione, tecnologia e spazio, tutto questo segna la transizione da un pensiero strutturale ad un pensiero attuato attraverso sistemi ed elaborazioni che raccolgono processi di calcolo e di comunicazione in un coerente modello unificato e nella sua trascrizione testuale, grafica (bidimensionale), spaziale (tridimensionale) e biomorfa (auto-generativa e n-dimensionale), permettendo di pensare lo spazio e gli spostamenti semantici dell’architettura; questo riguarda, quindi, la definizione dell’architettura come codice/connettivo dei linguaggi dei concetti disegnati dalla comunicazione e dalle scienze dell’informazione (connettivismo e connessionismo) con quelli dell’architettura. Lab [au] [da Avvistamenti 4.’02. Traduzione di Marco Scarpinato e coll Aut.Forme]
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Avvistamenti 4.’02 ı Lab [au] ı sPACE Navigable music ı 2001 5 197
I3I THE INFLUENCE OF GLOBALISATION ON THE APPEARANCE OF THE METROPOLIS AT THE END OF THE SECOND MILLENIUM
La strada per Roma La globalizzazione non rappresenta niente di nuovo. È persino difficile seguire la sua apparizione nella storia del mondo. Il suo sviluppo è avvenuto attraverso la scoperta di nuovi mondi, la colonizzazione dei territori lontani dalla patria, le importazioni ed esportazioni dei prodotti e la diffusione di un credo religioso. In ogni tempo le nuove invenzioni hanno stabilito dei nuovi rapporti permettendo scambi d’informazioni e prodotti1. Oggi Il numero di relazioni nel mondo è senza precedenti. Il paesaggio mentale è cambiato per la maggior parte dei cittadini. Il mondo è diventato più grande e più piccolo perché fisicamente ed elettronicamente raggiungibile e la mobilità. Aumento di scala ed internazionalizzazione sono le parole chiave del nostro tempo. Lo sviluppo avviene su scala globale, con l’economia e la rivoluzione ICT, collegati ai network elettronici. Gli interessi internazionali sono ripartiti su larga scala. Il WTO e la banca mondiale sono giornalmente nominate nei notiziari radio. Le ricerche internazionali cercano soluzioni per il riscaldamento della terra, il terrorismo, il nucleare e la povertà. I vecchi bordi - fisici - stanno diventando sempre più flessibili, mentre i nuovi bordi - virtuali – accrescono. L’AIDS o i virus informatici portano gli interessi internazionali in punti focali. L’Europa tenta l’unificazione per competere con altri superpoteri. Molte discipline analizzano la situazione mondiale in un flusso di pubblicazioni. La globalizzazione ha acquisito un posto prominente nelle nostre menti. La metropoli La globalizzazione è discussa nei termini astratti di forze2. La forza economica o politica di un paese è determinata attraverso il grado d’attrazione esercitato sui turisti. La scienza, i giganti della comunicazione e le pop star appartengono virtualmente alla lista infinita delle forze attraverso cui possono essere espressi i rapporti fra le culture e gli individui. La linea di confine nel processo di globalizzazione è la metropoli. Questo avviene grazie all’interazione costante dei campi di forza fra le influenze locali e globali. Come manufatto fisico, la metropoli è l’elemento portante del programma culturale e sociale che forma la matrice spaziale di questa società. Sotto l’influenza della globalizzazione, la società si trasforma con passo accelerato. La metà della popolazione mondiale vive in città ed entro il 2025, 3.6 miliardi di persone [67% della popolazione mondiale] vivranno in aree urbane3. Gli standard di vita4 ed il numero d’abitanti delle metropoli5 stanno aumentando velocemente. La Cina progetta la costruzione di quattro città completamente nuove
Avvistamenti 4.’02 ı Next Architects ı Torre Belvedere ı Bos van Ypeij, 2003 3 199
ferta senza coerenza cartografica. Riflessione La globalizzazione influenza il modo di osservare l’attuale metropoli. La città tradizionale ha funzionato come entità indipendente in cui la gente, le merci ed i servizi vengono a contatto. Con la fusione nei networks mondiali e la loro influenza la metropoli, oggi, non ha più questa necessità. La divisione del lavoro fra la città, l’industria, il sobborgo e la campagna si è dissolta; gli elementi della metropoli stanno subendo un processo di frammentazione che interessa tutte le sue parti configurandosi come un mosaico di spazi urbani geograficamente disgiunti determinando la struttura urbana senza coerenza. La nuova unità urbana non esprime più la distanza nel movimento fisico ma nella durata del viaggio. Le gerarchie tradizionali sono analizzate ed i nuovi nodi urbani sono offerti a nuovi studi. I nuovi collettori hanno introdotto una segmentazione geografica del territorio urbano. Gli stili di vita omogenei si raggruppano insieme in concentrazioni spaziali di case, comunità gated, che sono sparse sopra la griglia gerarchica della città dei networks. Next architects [da Avvistamenti 4.’02. Traduzione di Ariane Vervoorn e Marco Scarpinato]
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1 Vedi l’interpretazione
Un documento redatto che dichiarava che
2 Libera invenzione di Stefaan Slembrouck
era un rifugiato politico gli era stato rubato
“Language, Bureaucracy, and Social Con-
ad una stazione ferroviaria belga. Il governo
trol”, 1995
francese non poteva quindi verificare la sua
3 L’ultimo progetto delle Nazioni Unite, 2000, che vedono un ulteriore urbanizzazione
condizione e permesso ciò lui doveva rimanere nel terminal.
4 Raddoppia lo standard di vita negli Stati Uniti
16 Michel Foucault, Des Espaces Autres, 1967. Il
prendendo 25 anni, la Cina li ha fatti in 10;
“non-posto” é il pendente della nozione strut-
fonte: Nazioni Unite 2001
turalista di “luogo” quale doveva funzionare
5 Per esempio, a Mumbai si raddoppieranno
come punto sociale informale di incontro.
di numero nel corso dei prossimi15 anni per
17 Dopo che l’invenzione di luce artificiale viene
formare una popolazione di 32 milioni, proie-
quello dell’aria condizionata, dell’elevatore,
zione delle Nazioni Unite 2001, che vedono
della scala mobile edei pavimenti mobili. Ed
un ulteriore urbanizzazione
ormai l’abitante medio dell’emisfero nordico
6 ‘Peking plans the development of four megacities’, De Volkskrant 28.03.01 7 Si é valutato che Tokyo avrà una popolazio-
spende 96% del giorno all’interno;
ciò si
pensa che aumenti fino al 99% entro 2010. Fonte: www.nationalgeographic.com
ne di 28,9 milioni nel 2030 (UN 2001) e che il
18 Mike Davis, ‘Fortress L.A.’, 1990
Pearl River Delta China (Hong Kong, Macau,
19 Vedere ulteriormente X-cluded
Guangzhou, Shenzen) avrà 36 milioni abitanti
20 Harm Tilman, ‘Confrontatie’ in ‘Accelerating
nel 2020; guardando un ulteriore urbanizzazione 8 Bernard Colenbrander, De verstrooide Stad, NAi publishers, 1999 9 Jeremy Rifkin, ‘The Age of Access’, 2000, see further www.hyattclassics.com 10 www.nationalgeographic.com; vede un altro linguaggio 11 Vedere ulteriormente Trasformation 12 Vedere ulteriormente New Town 13 Sir Richard Rogers era responsabile della
Rotterdam, stad in versnelling’, 2000 21 Vedere Urbanisation 22 Quando Christie Hefner ha assunto la direzione da suo padre del CEO di Playboy, lei ha cambiato la politica di questa rivista di ragazze che descriveva lo stesso nudo di donna ovunque. Una ricerca statistica é stata condotta su che cosa é stato considerato il tipo più attraente per ogni paese. Fonte: www. business2.com 23 Vedere ulteriormente McDonald
progettazione di Pudong, di una prestigiosa
24 Alex Wall, ‘The dispersed City’, text 1995
espansione urbana di Schang-Hai 1992 ed
25 Recupero
successivi. Nel mezzo del processo di progetto ha volato sopra la zona sulla via dell’incontro. Con la sua sorpresa, avevano già cominciato a costruire. 14 Vedere Disneyfication 15 Nasseri é un rifugiato 54 anni fa che é rimasto incastrato nell’aeroporto di Parigi nel 1988.
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I3I
LA DIMENSIONE CREATIVA
AVVISTAMENTI 6.’04 IRLANDA, PAESI BASSI, DANIMARCA... ARCHEOLOGIA DELL’ARIA OFFICINA MEDITERRANEO: PALERMO, ISTANBUL, AMSTERDAM, ATENE
LA DIMENSIONE CREATIVA
03.21.00 Avvistamenti è un programma di ricerca attivato dal 1999 da Autonome Forme, un’associazione di architetti con base operativa a Palermo che lavora su proposte di ricerca e progetto dell’architettura contemporanea. Nella fase iniziale Avvistamenti ha determinato un appuntamento annuale di confronto sul progetto contemporaneo coinvolgendo architetti, critici, artisti e mettendo al centro della ricerca e delle riflessioni la città, i suoi spazi e le analisi sui vuoti urbani e le zone abbandonate. La città è intesa come opera d’arte e gli strumenti d’analisi utilizzati nella lettura dei fenomeni urbani assumono i caratteri dell’arte e della creatività per i quali è necessario costruire un nuovo apparato teorico che, attraverso le immagini, non comunichi solo se stesso; la teoria come visione diventa indispensabile per guardare il mondo ed intenderne le nuove dimensioni. L’immateriale, il digitale che sembra guidare lo sviluppo del mondo contemporaneo, necessita di strumenti d’analisi adeguati per evitare interpretazioni che non restituiscono la complessità della realtà contemporanea. Baudrillard, a margine della mostra di sue fotografie C’est l’objet qui nous pense..., scrive: “L’immagine, dice Platone, è all’incrocio della luce che proviene dall’oggetto e di quella che proviene dallo sguardo”. Cosa accade quando le idee diventano immagine? Il lavoro di Avvistamenti risiede nella trasformazione delle idee in immagini non sostituendone i significati ma moltiplicando la visione delle idee, variando il paesaggio teorico che costruisce un’immagine caleidoscopica. Le analisi dei fenomeni urbani si materializzano come evento pro-scenico della città e restituiscono la città nei suoi aspetti variegati e complessi. Il percorso teorico di Avvistamenti non definisce un programma determinato ma pone un’attenzione verso il pensiero dell’architettura ed i processi di costruzione. L’irruzione della realtà non rende meno scientifico il pensiero sull’architettura; l’architettura è un percorso creativo di conoscenza, per questo, Avvistamenti si basa sul continuo ri-specchiamento e disvelamento dei labirinti, un lavoro che tende alla non-determinazione di un metodo progettuale ma si basa sulla definizione dei processi di conoscenza d’ogni singolo elemento del reale. Un processo mai conclusivo che, definito nei suoi ambiti di ricerca, restituisce l’impossibilità di semplificare i fenomeni entro i quali si lavora. 03.22.01 Palermo. Avvistamenti 4.’02. Molteplici Identità Contemporanee creatività. Con la realizzazione di workshop tematici ed un approccio didattico che si confronta direttamente con gli aspetti più creativi della città, in Avvistamenti, l’analisi urbana diventa una pratica in cui lettura e critica coincidono liberando energie latenti
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and polyhedral pattern for the up coming morphological themes of LandscapeArchitecture. It is a manifestation of a possible artificial geography to generate a diversified spatial sequence covered with green surface. It is instrumentalized by way of its own recursive generation; a huge internal force and a strange transgression made up by the new ground/environmental contact. It is a sequence expanded from the natural geography to a self-organized internal organ, which is dedicated anima by nature. It is a wild and turbulent Progressive Landscape in which any traditional territorial notion no longer works”. 03.24.01 In Avvistamenti 6.’04: New urban strategy. The creative dimension, attraverso la verifica sullo spazio costruito relazionato alle nuove strategie urbane, il dettaglio costruttivo rivela le identità locali nel silenzio dei proclami. Il lavoro in rete non ha sostituito il confronto diretto e a volte duro ed ha lasciato il posto ad una molteplicità di possibili confronti non solo ideologici. In 6.’04, i contributi di van Velsen, O’Donnell+Tuomey e degli Anamorphosis, con la loro raffinata architettura, hanno permesso d’individuare meglio la ricerca. Con i workshop di progettazione architettonica ed urban design, Avvistamenti 6.’04, da evento annuale, è trasformato in un laboratorio permanente, Officina Mediterraneo, che indaga le città di Palermo_Amsterdam-Rotterdam_Istanbul ed Atene affrontando una particolare dimensione che si aggiunge a quella fisica: la permanenza della storia che deforma l’architettura. I contributi degli artisti Kiki Baka per Atene, Emma Dante per Palermo ed Erkut Terliksiz per Istanbul hanno definito meglio le caratteristiche contestuali e le differenze. 03.23.02 Officina Mediterraneo – AutforMed, è organizzato in quattro step che hanno affrontato il tema del progetto contemporaneo e del disegno urbano all’interno di contesti scelti per la densità dei significati ed ha permesso la sperimentazione di analisi e progetti su spazi da risignificare all’interno della città, definendo identità e nuovi paesaggi urbani in grado di riflettere ed interpretare la contemporaneità. Individuando le influenze culturali visibili ed invisibili si evidenziano le tracce della cultura del Mediterraneo in società apparentemente distanti. Il Mediterraneo percorre le strade d’Europa come dimostra drammaticamente l’uccisione ad Amsterdam del regista Theo van Gogh. La successiva iniziativa NederlandMarocco tenta di unire due luoghi apparentemente lontani ma accomunati da una lunga storia di scambi e rapporti pacifici. Queste iniziative lavorano sulla nozione del tempo, dove la distanza si misura attraverso la durata e non più attraverso
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Marco Scarpinato+Autonome Forme ı Facoltà di Arte e Moda ı Vigo, 2005 5 217
A-SPHALTOS: FLAWLESS BEYAZIDIYE MEDRESESI. AMPLIAMENTO DEL MUSEO DELLA CALLIGRAFIA MONASTIRAKI HOUSE
DUBLINO
MASTERPLAN ARSENALE / CANTIERI NAVALI
LA CORUÑA SANTIAGO DE COMPOSTELA
VALLADOLID LISBONA
OFFICINA MEDITERRANEO I AUTONOME FORME OFFICINA MEDITERRANEO: PALERMO, AMSTERDAM, ISTANBUL, ATENE I AUTONOME FORME
MADRID
TOKYO NAGAOKA
Ariane Vervoorn [RESPONSABILE PROGETTI CULTURALI]
HELSINKI
ARHUS IVANOVO
LONDRA
AMSTERDAM
Erkut Terliksiz [GRAFICO, ILLUSTRATORE]
BERLINO
HILVERSUM ROTTERDAM
PARIGI BUDAPEST
TORINO
MILANO
VENEZIA
MARSIGLIA ISTANBUL ROMA
Kiki Baka [PERFORMING ARTS]
BARCELLONA
CAGLIARI ATENE
PALERMO TUNISI
PANTELLERIA
C-HANIA
BEIRUT
LA VALLETTA
DAMASCO
ALESSANDRIA
Emma Dante [AUTRICE _ REGISTA] KINSHASA
IL CAIRO
Cantieri navali-Montepellegrino 覺 Palermo [prima parte
230
231
montagna
230 220
montagna montagna montagna montagna montagna via
montagna
montagna via residenza via
montagna
montagna
115 100 87
montagna 200
montagna
160 190
72
montagna
montagna
44 40 35 45 33 38 28
montagna
140 74
montagna
residenza
52 40
serre magazzini serre
25 36 23
calcetto
26
serre
18
aree non costruite
15
serre
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aree non costruite residenza traversa residenza traversa residenza traversa residenza cortile residenza cortile residenza via
12
serre
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residenza traversa residenza traversa residenza traversa
36 11 62 10 36 10 50
11
residenza
50
cava
8
scuola
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via residenza residenza via residenza via residenza via
5 19
spazio di rimessa
14 5 18 4 30 5
4
via
montagna
via
54
montagna
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parco
serre 10
via scuola scuola cava
9 42 9
cortile
120
montagna
montagna
34 12 42 12 34 12 44 11
via
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magazzini aree non costriute magazzini
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155 152
montagna montagna
montagna
395 169 173
montagna via
300 265
montagna
montagna
campo di calcio cava bocciodromo cava via residenza cava residenza cava residenza via residenza via residenza via dei cantieri
10 24 15 9
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7 13 7 15 7 14 6 15 5 8 5 20 5
magazzini magazzini cortile arsenale via
20
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magazzini
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banchina
3
magazzini magazzini banchina
mare
0
mare
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villa
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parco
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banchina
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traversa residenza
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via a. barca residenza
via f. pasqualino residenza via di carlo
uffici
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magazzini
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molo
mare
molo
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capannoni
capannoni
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arsenale
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molo
molo
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0
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molo mare
mare
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magazzini
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uffici
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residenza
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chiesa
via juvara residenza
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palazzo
torre
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strada spazi non costruiti
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ex oratorio scuola
via
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residenza
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residenza
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via struttura sanitaria
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residenza
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residenza
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stazione
residenza
6
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piazza
residenza via residenza via
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magazzini
ex manifattura
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via residenze cortile residenze
campo di calcio
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residenze
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cortile residenze
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via residenze via residenze
residenze
via
residenze
via
residenze
39 10 21 10
residenze cortile residenze via
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6 6 9 6 8 10 3
strada via residenze residenze residenze banchina
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via residenze via residenze
residenze
via
residenze cortile residenze
via
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supermercato
residenze
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via
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residenze
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via
mare
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montagna via costa
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residenze
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terreno sbancato
residenze serre serre serre
serre
serre
terreno sbancato
caserma
mare
residenze strada residenze via residenze strada residenze strada ospedale parco ospedale costa
montagna
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montagna cava cava cava cava cava cava cava
0
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montagna montagna montagna
montagna
montagna
magazzini montagna magazzini montagna magazzini
montagna
246
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Marco Scarpinato+Autonome Forme 覺 Quattroventi 覺 Palermo 5 249
Beyazidiye medresesi 覺 Istanbul
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4] A-SPHALTOS: flawless 覺 Amsterdam
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5] Monastiraki house 覺 Atene
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I4I
FRAGMENTS OF CREATIVE LANDSCAPES
AVVISTAMENTI 7.’05
FRAGMENTS OF CREATIVE LANDSCAPES
quel che accade all’interno di questa distanza. È lontana l’eterotopia dello spazio di memoria foucaultiana. STEP 1: Cantieri navali-Arsenale. Palermo. Il workshop sulla città di Palermo ha affrontato il tema dell’analisi urbana e del progetto d’architettura contemporanea nell’area dei Cantieri Navali e dell’Arsenale Borbonico, un contesto in cui coesistono strutture produttive, infrastrutture, architettura di pregio ed elementi di paesaggio caratteristici dell’identità della città di Palermo. STEP 2: A-sphaltos: flawness. Amsterdam – Rotterdam. Il workshop sulle città di Amsterdam e Rotterdam ha affrontato il tema della mobilità e della dimensione creativa dei contesti urbani definendo nuove modalità per abitare le infrastrutture della città. Il ripensamento affronta sia il progetto dei bordi sia della sezione stradale ed il flusso della percezione dell’immagine in movimento con la sua immaterialità diventa progetto. STEP 3: Beyazidiye Medresesi. Istanbul. Il workshop sulla città di Istanbul ha affrontato il tema del progetto architettonico nel rapporto tra linguaggio, scrittura e spazio per la definizione di nuove dimensioni urbane. Continuando le precedenti esperienze che avevano affrontato il movimento della danza dei dervisci e le permanenze della cultura bizantina all’interno della città, si è individuato nella calligrafia l’aspetto progettuale sul quale riflettere. STEP 4: Monastiraky House. Atene. Il workshop sulla città di Atene ha affrontato il rapporto tra tempo e modificazione spaziale determinando un progetto architettonico che assume una sequenza di configurazioni differenti in un’area consolidata della città. In particolar modo, l’orologio idraulico presente nel foro romano ha alimentato le possibilità di sperimentazione e misurato la liquidità del tempo. Il percorso teorico prosegue con Avvistamenti 7.’05: New urban strategy. Fragments of creative landscapes, continuazione di Officina Mediterraneo viaggiando tra le isole maggiori e la sponda opposta. Le comunità più presenti a Palermo provengono principalmente dallo Sri Lanka, dal Bangladesh e dal Ghana più che dalla Tunisia. Il baricentro è altrove. Gli srilanchesi –isolani– si appropriano di un’altra isola posta ad occidente; i continui sbarchi sulle nostre coste e la cronaca quotidiana della violenza con cui avvengono hanno come cantori dei giornalisti senza memoria ed eroismo. I loro visi ci ricordano i contadini delle nostre campagne che è possibile incontrare quando evitiamo il cordone ombelicale della A19 che da Palermo conduce a Catania. La contemporaneità, senza indulgenza al romanticismo, passa per strade e luoghi imprevedibili che
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1.
ARCIPELAGO MEDITERRANEO
Marco Scarpinato 覺 Arcipelago Mediterraneo 覺 Creta, Corsica, Sardegna 覺 2005 5 269
2.
ZONNESTRAAL
Ville
Est
Direttrici
Con
Luoghi della memoria e spessori di visibilitĂ
Attr
Dorsale di connessione: Struttura e campo
Attr
Marco Scarpinato+Autonome Forme 覺 Zonnestraal 覺 Caltagirone 5 273
3.
CMZ
4.
NPC URBAN SKINS KODE
283
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Marco Scarpinato+AutonomeForme 覺 NPC 覺 Venezia 35 285
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Marco Scarpinato+AutonomeForme 覺 NPC 覺 Venezia 5 289
5.
MELTIN’ POT GARDEN
Marco Scarpinato+Autonome Forme ı Meltin’ Pot Garden ı Roma 5 293
294
Herman Hertzberger+Marco Scarpinato 覺 Complesso scolastico intergrato 覺 Roma 5 295
6.
STRATEGIAPAESAGGIO
Marco Scarpinato+AutonomeForme 覺 Trento 5 299
7.
ARCHIPELAGO GARDEN
Marco Scarpinato+Autonome Forme 覺 Archipelago garden 5 301
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Prodotto dall’associazione culturale Autonome Forme Tutti i diritti riservati AVVISTAMENTI 2.’00 [Catania/Palermo 29 maggio - 5 giugno 2000] Ideazione e responsabilità scientifica: Marco Scarpinato Supervisore: Maurice Nio Tutors: Eduardo Arroyo, Francesco De Simone, Nasrine Seraji e Marco Scarpinato AVVISTAMENTI 4.’02 [Palermo 1 - 9 giugno 2002, Istanbul/Amsterdam] Ideazione e responsabilità scientifica: Marco Scarpinato Supervisore: Hideyuki Yamashita Tutors: Ammar Eloueini, Franklin Lee, Bart Reuser, Marijn Schenk, David Serero, Marco Scarpinato e Andrew Wai Tat-Yau AVVISTAMENTI 6.’04 [Palermo/Hilversum/Amsterdam/Venezia 2004] Ideazione e responsabilità scientifica: Marco Scarpinato Contributi: 3XN, Philippe Coignet, O’Donnel & Tuomey, Koen van Velsen AVVISTAMENTI 7.’05 [Palermo/Amsterdam/Delft/Londra/Roma 2005] Ideazione: Marco Scarpinato Contributi: Micha de Haas, Herman Hertzberger, Henning Larsen Architects, Gustafson-Porter, Cj Lim, Yansong Ma/MAD, Mecanoo Architecten Il programma di ricerca Avvistamenti è stato sostenuto da: Regione Sicilia; Assemblea Regionale Siciliana; Assessorato ai BBCCAA e della PI della Regione Sicilia; Provincia Regionale di Palermo; Comune di Palermo; Assessorato alla Cultura del Comune di Palermo; Cantieri Culturali alla Zisa; Complesso Monumentale dello Spasimo, Palermo; Comune di Caltagirone; Musei Civici di Caltagirone; Facoltà di Architettura_DiSPA, Palermo; The Japan Foundation, Roma; Ar’thalia Foundation, Amsterdam; Arch’it; Extro Art; Omnitel; VideoCom
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288 257 204 128 12 4 4 288 257 204 128 12 12 4 288 257 204 128 128 12 4 288 257 204 204 128 12 4 288 257 257 204 128 12 4 288 12>127 128>203 204>255 256>>
22 44 76 138 148 168 212 218 222 259
NEW CITIES IN OLD CITY PROGRAMMARE L’AMBIGUITÀ Z. T. A. NUOVE STRATEGIE URBANE LA DIMENSIONE CREATIVA FRAGMENTS OF CREATIVE LANDSCAPES BIBLIOGRAFIA
AVVISTAMENTI AVVISTAMENTI AVVISTAMENTI AVVISTAMENTI
2.’00 4.’02 6.’04 7.’05
Post.it / Don’t be too late Amsterdam 2.0 project / Costituzione 1.2 Catania: la creatività contemporanea come soluzione impossibile Visions of architecture Palermo: molteplici identità contemporanee creatività Hic et nunc: hub cities ı 1 ı 2 ı 3 ı Irlanda, Paesi Bassi, Danimarca... Archeologia dell’aria Officina Mediterraneo: Palermo, Istanbul, Amsterdam, Atene Arcipelago Mediterraneo