chernobyl

Page 1

N.3 – Marzo 2017

CHERNOBYL di Paolo Salvatore Polizzi

Perché non si conosce il numero esatto delle vittime del disastro nucleare Tra tutte le situazioni che possono verificarsi nella vita di un uomo, quella di vivere quotidianamente sotto una minaccia invisibile è di sicuro tra le peggiori. Questo è il caso che si è venuto a verificare in un’area di qualche decina di chilometri attorno alla centrale di Chernobyl, nell’odierna Ucraina, nell’aprile del 1986. Ad oltre trent’anni di distanza questo incidente condiziona ancora il dibattito sull’uso civile dell’energia nucleare impedendone una valutazione razionale dei rischi e dei benefici connessi. Nella notte tra il 25 ed il 26 aprile 1986, durante un test alla centrale nucleare V. I. Lenin di Chernobyl nei pressi del fiume Dnepr si è verificato il più grave incidente nucleare civile, con la fusione del nocciolo del reattore numero 4 contenente il combustibile radioattivo e la conseguente esplosione dovuta ad una perdita di controllo sulla temperatura prodotta dalla scissione degli atomi di Uranio che in breve ha portato l’acqua, usata per raffreddare il reattore, fino al suo punto di ebollizione, trasformandola così in vapore che ha esercitato una pressione sufficiente a scoperchiare il contenitore e l’edificio che lo ospitava. A contatto con l’aria, la grafite usata come moderatore ha preso fuoco liberando nell’atmosfera il fumo e il gas radioattivi per le successive due settimane. Bisogna precisare che in una centrale nucleare non si possono verificare esplosioni paragonabili a

quelle avvenute nel 1945 su Hiroshima per il semplice fatto che il combustibile usato nelle centrali nucleari, ovvero l’Uranio-235, non è sufficientemente concentrato ed è ridotto ad un decimo di quello contenuto nelle bombe atomiche. Le numerose ricostruzioni degli eventi relativi a Chernobyl hanno evidenziato l’incredibile serie di errori umani avvenuti nella centrale nucleare sovietica legati all’inesperienza dei tecnici che non hanno rispettato i protocolli di sicurezza ed hanno proseguito con ostinazione nei test stabiliti dalla direzione a dispetto dei numerosi segnali di instabilità del sistema. A questo si deve aggiungere anche il mancato riconoscimento della gravità della situazione venutasi a creare nelle ore successive all’incendio e le omissioni ed informazioni fuorvianti fornite alle autorità politiche ed alla popolazione. La ricaduta del materiale radioattivo liberato nell’atmosfera ha interessato tutto l’emisfero settentrionale del pianeta, con una distribuzione irregolare e collegata alle condizioni climatiche e alla distanza dalla centrale. Il territorio più colpito dal fallout radioattivo è stato quello della Bielorussia seguito dall’Ucraina e parte della Russia confinante. La popolazione più esposta al fallout radioattivo è stata quella residente in un’area di circa 30 chilometri attorno alla centrale, circa 6 milioni di abitanti di cui quattrocentomila nella zona definita “maggiormente contaminata” dalle autorità sovietiche.

Questa popolazione venne trasferita gradualmente in aree più sicure ma la gran parte rimase esposta agli elementi radioattivi liberati dalla centrale anche per alcuni anni. Secondo il documento della IAEA (iaea.org/sites/default/files/chernobyl.pdf) solo centosedicimila persone vennero evacuate nel corso


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.