N.08 – Agosto 2016
Cibo contro natura di Paolo Polizzi Quale alimento oggi può essere definito “naturale” e quale “contro natura”? La risposta è resa complicata dal progresso scientifico verificatosi negli ultimi decenni in campo agroalimentare dove gli interventi genetici proattivi sostituiscono sempre più le semplici antiquate selezioni. Prodotti vegetali colorati e stuzzicanti dal punto di vista estetico ma poco familiari debuttano tra gli scaffali del mercato sotto casa con una frequenza in grado di sorprendere anche il consumatore più informato ed aggiornato. In questo contesto il libro “Contro natura” scritto da Bressanini e Mautino e pubblicato da Rizzoli nel 2015 rappresenta un notevole esempio di manuale chiaro e istruttivo sull’argomento. Dario Bressanini è professore di chimica e noto divulgatore scientifico che collabora con riviste come “le Scienze”; la coautrice Mautino è biotecnologa, giornalista e comunicatrice scientifica. L’obiettivo del volume, dichiarato nell’introduzione, è quello di “aumentare la nostra consapevolezza di consumatori”. La storia di queste tecnologie si alterna agli esempi concreti delle modifiche genetiche realizzate su prodotti come grano, riso, carote, girasoli, colza e mele. Il tema degli organismi geneticamente modificati viene usato come paradigma della labilità del confine che separa i prodotti naturali dagli artifici prodotti in laboratorio dall’ingegno umano. Si scopre così che in realtà dal secondo dopoguerra in poi anche in Italia sono stati creati innumerevoli organismi di fatto “geneticamente modificati” ma sempre nel rispetto della legge vigente. Gli autori dichiarano di essere favorevoli in linea di massima all’introduzione degli OGM in agricoltura e nell’allevamento, argomentando le loro tesi in modo equilibrato e con ricchezza di elementi sulla efficacia e sulla nocività legata alle varie tecniche usate per modificare il DNA. In effetti dal punto di vista del miglioramento del DNA della pianta, della sua resa e della resistenza alle malattie i procedimenti sembrano tutti egualmente accettabili. Bressanini e Mautino ricordano come i successi della ricerca italiana e straniera avvenuti nella seconda metà del ‘900 hanno permesso di superare il secolare metodo della semplice selezione e incrocio dei semi
migliori da usare nella semina successiva, inducendo per la prima volta delle modifiche nel DNA delle piante attraverso le radiazioni provenienti da sostanze come il cobalto. L’idea di base è semplice e consiste nel porre una fonte di radiazioni al centro di un campo riservato alle coltivazioni sperimentali (denominato campo gamma) collocando attorno ad essa a precise distanze ed a cerchi concentrici le diverse piante al fine di indurre delle modifiche casuali nel loro DNA. Il risultato di questa esposizione alle radiazioni spesso è letale o dannoso per i vegetali e gli animali coinvolti ma a volte casualmente si manifestano modifiche genetiche interessanti e utili che vengono poi selezionate per essere usate in agricoltura. Questa metodica ha permesso di ottenere negli anni migliaia di prodotti agricoli “mutati”, tra cui l’apprezzata varietà di grano denominata Creso, presente da decenni sulle tavole dei consumatori, che ha registrato un picco di consumo tra gli anni settanta e gli anni novanta, all’insaputa della maggior parte degli italiani che rimangono ancora oggi i primi consumatori di pasta nel mondo. La mutazione del materiale genetico può essere realizzata anche con altri metodi, ad esempio con l’utilizzo di sostanze chimiche come le mostarde azotate e solforate (analoghi ai composti usati nella guerra chimica e nella chemioterapia antitumorale). Le tecnologie più recenti e raffinate sono diventate molto più precise e si affidano sempre meno al caso permettendo un prelievo di geni specifici appartenenti ad una specie vegetale per essere inserite all’interno del patrimonio genetico di un altro organismo vegetale, realizzando in tal modo un OGM, ovvero l’organismo ritenuto “innaturale” per eccellenza. Gli autori rimarcano quanto sia importante la chiarezza