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N.12 – Dicembre 2017

Tossici di Paolo Salvatore Polizzi

La droga nella Germania nazista. Che peso ha avuto nella storia tedesca del secolo scorso il diffuso consumo di droghe eccitanti come la metanfetamina e la cocaina ? A questa domanda ha tentato di rispondere il giornalista e film-maker tedesco Norman Ohler tramite l’analisi di una notevole mole di elementi come la corrispondenza tra comuni cittadini, gli appunti di medici e militari e i documenti anche inediti di alcuni dei protagonisti della società tedesca nei primi decenni del ‘900, riunendo il tutto con grande perizia in un saggio di successo , “Blitzed : drugs in the Third Reich ”, pubblicato in Italia dalla Rizzoli nel 2016 con il titolo “Tossici. L’arma segreta del Reich. La droga nella Germania nazista”. L’autore chiarisce subito il proprio obiettivo e non intende riscrivere la storia del periodo nazista e pur definendo “anticonvenzionale” il proprio punto di vista, sente il dovere di inserire nel quadro storico quei costituenti generalmente trascurati o appena accennati, persino nelle biografie più corpose. Ohler ripercorre le fasi del consumo delle droghe di sintesi e non nella Germania di fine ottocento e dei primi decenni del novecento, focalizzandosi sul potente impulso della necessità di una ripresa economica nel periodo successivo alla sconfitta della prima guerra mondiale e la conseguente rielaborazione collettiva, molto difficile dal punto di vista psicologico.

La ricchezza del capitale umano dell’epoca, costituito dai numerosi ingegneri, chimici e tecnici con elevato livello di istruzione e competenza, correlato alla penuria generale di capitali economici, ha contribuito allo sviluppo dell’industria chimica, caratterizzata in quel momento da un’elevata redditività con investimenti modesti. Non è un caso quindi che proprio in questa nazione e in questo periodo storico siano state sintetizzate nuove droghe in laboratorio (come le anfetamine e il metadone), mentre la produzione dei prodotti farmaceutici a base di morfina e cocaina da esportare all’estero abbia raggiunto livelli da leadership mondiale. L’autore dedica diverse pagine allo sviluppo di un’industria in particolare, la Temmler, situata alla periferia di Berlino oggi in stato di abbandono ma negli anni trenta luogo di produzione di una metanfetamina di notevole qualità venduta con il nome commerciale di “Pervitin”, in sintesi uno stimolante simile per certi versi all’adrenalina, con un’azione meno intensa rispetto a quest’ultima molecola ma i cui effetti si prolungano per circa 12 ore, capace di indurre euforia, energia, sensi più acuti e aumento della fiducia in sé stessi; la Temmler però preferì tacere sulle conseguenze derivanti da un consumo intenso e prolungato nel tempo del Pervitin tra i cui effetti collaterali rientrano la caduta dell’attenzione, la tristezza, la dipendenza e i disturbi cognitivi e avviò una campagna pubblicitaria di tipo moderno con l’invio a tutti i medici di un campione gratuito da 3 milligrammi della panacea allegato ad una lettera esplicativa.


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