artistar annual 2013
Riecheggia nei secoli la tua indomita forza o uomo che vinci le resistenze dell informe materia imprimendo ad essa ordine e immagine ponendo in atto un intima visione
Manus e intellectus organi preziosi che ti elevano al di sopra della natura bestiale rendendoti simile a un dio Batti il metallo con spirito fiero modelli la pietra con fare operoso alacre soffi il vetro La tua mente conduce la mano seguendo l idea Meraviglia ha sorpreso il tuo sguardo affamato di scoperta e conoscenza meraviglia emerge sul tuo volto al cospetto dell oggetto forgiato che ai tuoi occhi possiede un anima
Prefazione
Artistar Annual 2013 nasce con l’obiettivo di promuovere creazioni di pregio e di elevato valore artistico. La nostra missione è quella di attirare l’attenzione sull’affascinante quanto articolato mondo del “fatto a mano”, con l’intento di accorciare le distanze tra gli artisti e il pubblico.
Il presente volume raccoglie 196 realizzazioni che rappresentano la capacità dei loro autori di tradurre sapientemente in forme reali l’alchimia di emozioni e sentimenti che è all’origine del loro processo creativo. Nella selezione effettuata abbiamo voluto tener conto anche di quello che potrebbe essere l’ipotetico ambiente d’inserimento, immaginando ciascuna di queste produzioni protagonista di un preciso contesto. Le opere presentate possiedono valori e caratteristiche in grado di arricchire e impreziosire lo spazio in cui verranno inserite sia esso pubblico, privato, interno o esterno.
Il nostro è un invito a guardare con occhio attento e curioso non solo la forma stessa di ognuna delle creazioni, ma ancor più tutto ciò che ha contribuito a darne vita: passione, energia, tristezza, rabbia, libertà, coraggio, malinconia, forza, verità...
L’impegno di Aristar non si limita alla pubblicazione di questo volume ma si concretizza in una serie di iniziative presentate sul nostro sito web, artistar.it, a cui si rimanda per ulteriori approfondimenti.
Artistar
Francesco Ardini
Nasce a Padova (PD) e si laurea in Architettura presso lo IUAV di Venezia. Nel 2010 partecipa alla “Settima Rassegna Internazionale di Ceramica Contemporanea” di Albissola Marina e vince la seconda edizione del concorso “CoffeeBreakMuseum” del Museo Gianetti. Espone le sue opere presso la galleria d’arte Spazio Arte dei Mori con una personale intitolata “Oil Invasion”. Nel 2011 è selezionato tra i vincitori del “Premio Aldo Ajò”. Nel maggio 2011 è scelto come scultore della prima mostra sul “Fragilismo” presso la città di Vicenza. Nel gennaio 2012 vince il “Macef Design Award 2012”. Nel maggio 2012 è tra gli artisti selezionati alla “Ottava Rassegna Internazionale di Ceramica Contemporanea” di Albissola Marina con l’opera “Forme in mutazione”. Attualmente lavora tra Padova e Nove.
www.francescoardini.com ardidesign@hotmail.it 3400750726
Proliferazione in blu
Il vaso è interamente fatto a mano con la lavorazione a tornio. La serie “Proliferazione” rompe il solido bordo domestico del vaso per subire i processi di trasformazione organica presenti in natura. La ceramica, da sempre simbolo dell’oggetto di uso domestico del mégaron, è costretta a mutare. È fragile e anch’essa precaria. La ceramica subisce lo spazio che la circonda, le volontà dell’utente che la usa e il tempo. Non è più immutabile, statica e non è più una presenza solida nella casa. I bordi si fanno labili. Tutto diventa mutevole, soggetto al divenire di fenomeni organici e batterici come se la ceramica fosse più simile a un organismo che vive, muore e si trasforma con processi che sembrano esplosioni cellulari pronte a espandersi in qualunque punto della casa in maniera autonoma e incontrollabile. Con pazienza ogni singolo “batterio” in ceramica è posato a mano. Il metallo, che ha la particolarità di resistere alle alte temperature, permette di creare piccoli volumi “volanti”. Il colore della proliferazione è intenso, quasi alieno e in “Proliferazione in blu” sembra quasi plastico e crea un vero senso di trasformazione della superficie del vaso bianco lucido “classica” in qualcosa di continuo, movimentato e in costante espansione.
Inviluppi
Centrotavola-scultura in terraglia (cottura 1100 °C, smalto a 990 °C) composto da elementi tubolari ottenuti attraverso una trafila e lavorati a mano. “Inviluppi” tratta la trasformazione come movimento. Il movimento è il fattore che contraddistingue la società in cui viviamo. Francesco Ardini crede che la staticità non esiste più e questo deve rispecchiarsi anche negli oggetti del nostro abitare. La figura del “vassoio”, da sempre bordo solido del domestico, diventa una forma in moto continuo e mutevole da qualunque punto venga osservato. Questo stato dinamico crea un volume apparentemente precario e fragile, incontrollato e stressato nel definirsi nell’ambiente casalingo. I colori sono volutamente soft e domestici perché in contrasto alle forme inquiete. Il volume è costituito da tubolari di diametro diverso in ceramica per consentire leggerezza e un certo “suono” all’opera. Un complesso processo di smaltatura ne garantisce la solidità. Ogni inviluppo è intrecciato a mano ed è quindi unico nel suo movimento.
Artistar
Simone Azzurrini
Nasce a Firenze (FI) nel 1970; è scultore e insegnante di discipline plastiche. La sua formazione passa per l’Istituto Statale d’Arte di Porta Romana, per il Liceo Artistico Statale e per l’Accademia di Belle Arti di Firenze; presso l’Accademia di Belle Arti di Carrara consegue l’abilitazione all’insegnamento. Partecipa a tre mostre personali, a simposi internazionali su pietra e marmo con sculture permanenti, a esposizioni in Italia e all’estero, alla pubblicazione del libro “Le possibilità espressive del marmo e della pietra” e a pubblicazioni come: Nuova Arte, Terza Dimensione, Catalogo dell’Arte Moderna n.47 Editoriale Giorgio Mondadori, Milano. La sua ricerca si basa sulla sperimentazione di varie materie e materiali, con un linguaggio che dalla scultura si è evoluto progressivamente fino ad ambientazioni/installazioni, con particolare riferimento ai punti cardinali e all’ambiente interno o esterno (Site-Specific).
www.simoneazzurrini.it simoneazzurrini.ilrifugio@virgilio.it 3392672768
Genesi / Il volo
In “Genesi” la materia quasi impercettibile, intrisa di energia vitale, si fa scultura sorretta dalle sue lineeforza che generano piani volumetrici in modulazioni convesse, che si schiudono sulla linea verticale-centrale, sprigionando il loro dinamismo interiore e raggiungendo la loro purificazione, sintomo di libertà. L’impianto architettonico si sviluppa attraverso proporzioni auree conferendo in maniera percettiva un’armonia visiva. È una scultura a tuttotondo realizzata con metodo indiretto utilizzando la macchina per la messa dei punti. Nel processo si susseguono il taglio del blocco e la preparazione dei tre capopunti per la croce come sul modello, la successiva sbozzatura e messa dei punti dal modello al marmo con il flessibile e il disco in acciaio diamantato, con il mazzuolo, lo scalpello, il piatto e l’unghietta. La modellatura e la rifinitura sono fatte con martello ad aria compressa con gradine e bocciarda. Il taglio centrale verticale con flessibile e disco diamantato, trapano elettrico e fresini in acciaio al widia. Infine per la lucidatura si utilizzano fresini con sottili fini d’acciaio, carte abrasive fini al carborundum, pomice in polvere, acido ossalico e cera d’ambra bianca strofinata con un panno di lana.
Nuova genesi
Opera del 2007, “Nuova Genesi” diviene linguaggio espressivo attraverso il movimento dinamico a spirale con spinta centrifuga data dalle corde in tensione, che schiudono l’architettonica struttura del parallelepipedo ascensionale in tubolari di ferro. Al centro esso ingloba la misteriosa forma ovoidale, che nasce e si eleva attraverso la transizione dell’organicità del legno di cipresso, verso la purezza data dalla politezza della materia, riconducibile a una sua metà, come una nuova creazione. L’elemento in legno di cipresso, il perno centrale della scultura, è stato trovato sul fiume, quindi con una sua storia organica interiore. È stato modellato utilizzando il mazzuolo, scalpelli e sgorbie, il flessibile con dischi abrasivi, carte abrasive con grana progressivamente più fine e cera d’ambra come protettivo. Gli elementi tubolari di ferro vuoti sono stati costruiti intorno all’elemento in legno, come a ricreare un ipotetico parallelepipedo che si apre, si schiude, svelando la forma in legno, come un seme o una “genesi” appunto. Le altezze degli elementi in ferro sono progressivamente più alte seguendo i punti cardinali che sono indicati dalle corde nere. Gli elementi di ferro sono saldati a elettrodi e fatti arrugginire.
Artistar
Bianca
BassiFin da bambina aveva l’innata passione nel notare e poi raccogliere piccoli oggetti. Si riempiva le tasche di ciotoli, pietruzze colorate, pezzi di corteccia, vetri levigati dall’acqua del mare, etc. Questi oggetti l’attiravano per la loro forma, per il colore o semplicemente per il materiale di cui erano fatti. In seguito, durante i suoi studi artistici, è venuta a conoscenza della tecnica del mosaico ed il passaggio è stato naturale e immediato: quei piccoli oggetti della sua infanzia sono diventati tante piccole meravigliose tessere che insieme compongono un tutt’uno: il mosaico. Bianca Bassi, laureata in Decorazione all’Accademia di Belle Arti di Verona, si è specializzata come mosaicista presso la scuola CFP di Ravenna. Vive e lavora a Trento ove ha il suo studio: qui crea opere d’arte, progetta e realizza lavori anche su commissione.
www.biancamosaico.it info@biancamosaico.it
3398309286
Trittico
I ciotoli raccolti su una spiaggia calabrese, levigati dal movimento del mare, hanno fornito un primo spunto per la realizzazione di quest’opera che propone una riflessione sulla relazione fra forme e colori: quelli per l’appunto naturali e quelli lavorati. Nel “Trittico” convivono, ritmate, le sinuosità poetiche dei sassi levigati e il loro colore antracite, contrapposti agli smalti rossi e all’oro la cui incisività è suggerita dal taglio spigoloso. La convivenza di queste modalità apparentemente opposte evoca un suggestivo dialogo. L’alternarsi di forme contrastanti ci rimanda esteticamente a quanto proposto nel quotidiano dalla società: la necessità primaria di inventare e gestire spazi che permettano all’individuo, ad ogni individuo, di esprimersi al meglio delle proprie potenzialità. Nel microcosmo dell’opera a mosaico il fine ultimo è la generazione di un tutto composto da singole parti.
Violenza
Il ritrovamento in un bosco montano del Trentino di alcuni frammenti di bombe è stato l’innesco allo sviluppo dell’opera. Innesco, deflagrazione. Causa ed effetto. La riflessione sulle emozioni suscitate dai frammenti ha generato la necessità di esplorare le stesse attraverso il linguaggio del mosaico. L’opera, divisa in due parti, è solo apparentemente contenuta poiché sottili schegge di ardesia creano il movimento dinamico conseguente allo scoppio; è una massa con una direzione precisa, eppure è già evidentemente scomposta. Siamo testimoni di un momento immobile. Il suggerimento implicito sarebbe quello di fermare l’attimo che precede il movimento, soprattutto se dal movimento dovessero scaturire conseguenze faticose. Fermarsi prima, fermarsi per tempo. Ma anche ricordare che nel movimento di piccole parti, ognuna di esse contiene la forza di quelle vicine, partecipa, muove, trascina.
Artistar
Francesco Battaglini
Nasce a Firenze (FI) il 31 ottobre del 1981. Nel 2000 si diploma al Liceo Artistico e nel 2001 si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Dopo i quattro anni degli studi accademici, discute la tesi ottenendo il massimo dei voti con lode. Negli anni successivi, al termine degli studi, espone in diverse parti d’Europa, nel Museo Archeologico Nazionale e all’interno del Palagio di parte guelfa, alla Biennale d’Arte di Firenze nel 2008. Espone anche a Roma, Milano, Città del Vaticano e S. Michelle de Mourien in Francia. Partecipa a vari simposi internazionali realizzando opere monumentali. Il suo lavoro si fonda sulla sintesi delle forme e sulla ricerca di un estetica fine, morbida e sfuggente allo sguardo, in cui lo spettatore viene emozionato dal rapporto tra, contenuto e forma, tra forma ed espressione, tra il vero ed il bello.
www.francescobattaglini.it
batt.francesco@gmail.com
3405189663
Essenza
“Essenza” nasce da un bisogno di sintesi e di interazione che affonda le sue radici tra il lavoro grafico di Modigliani e quello scultoreo di Brancusi. Le creazioni di Francesco Battaglini cercano quella rappresentazione del soggetto che va al di là della figurazione classica o concettuale; egli ne ricerca l’essenza, quella scintilla generatrice e pura priva di superfluo, nascosta nelle profondità del pensiero e delle cose. In questa opera l’essenziale è il tutto; è un gioco tra luce, ombra, superficie e semplicità. Rappresenta con pochi segni un volto appena accennato; non rappresenta un soggetto preciso, ma un pensiero, una sensazione, un’idea. L’essenziale non è il risultato finale di qualcosa, ma è l’origine di essa, è quella cosa che l’uomo nasconde a se stesso ed al prossimo per paura di scoprirsi. L’essenza delle cose sta nella loro semplice naturalità, in ciò di cui sono composte e create e che spesso non sappiamo più riconoscere confusi dall’apparenza.
Sfera di Pandora
Nella mitologia greca, il vaso di Pandora è il leggendario contenitore di tutti i mali che si riversarono nel mondo dopo la sua apertura. Secondo il racconto era un dono fatto a Pandora da Zeus, che le aveva raccomandato di non aprirlo. Pandora, che aveva ricevuto dal dio Ermes il dono della curiosità, non tardò però a scoperchiarlo, liberando così tutti i mali nel mondo. Sul fondo del vaso rimase soltanto la speranza, che non fece in tempo ad allontanarsi prima che il vaso fosse chiuso di nuovo. Prima di questo momento l’umanità aveva vissuto libera dai mali, dalle fatiche o preoccupazioni di ogni sorta, e gli uomini erano immortali come gli dei. Dopo l’apertura del vaso il mondo divenne un luogo desolato e inospitale finché Pandora lo aprì nuovamente per far uscire anche la speranza. Il lavoro di Battaglini vuole rappresentare il momento in cui la speranza, sotto forma di luce, rimane ancora accucciata sul fondo della sfera, calpestata dall’irruenza evasiva dei mali che l’hanno preceduta nell’uscita. Dopo che l’oscurità si è liberata nel mondo, la sfera bucata trattiene la luce come in un bozzolo, quasi proteggendola. Per l’artista la speranza nel XXI secolo sembra essere rimasta l’unica cosa a cui affidarsi vista la situazione dell’Europa in questo momento di crisi in attesa che tutto possa riequilibrarsi.
Dim. di massima in cm 40 x 40
Artistar
Andrea BrancifortiSi laurea nel 1998 in Architettura con indirizzo Disegno Industriale e Arredamento presso l’Università degli Studi di Palermo. Nello stesso anno viene selezionato al concorso “Design in Craft Europe” indetto dalla Camera di Commercio di Torino con il progetto “Panca Da-Dà” realizzata da un’azienda torinese ed esposta a Torino, Monaco e Barcellona. Nel 2001 entra nell’azienda di famiglia “Branciforti Ceramiche” e nel 2005 nasce la collezione “Improntabarre”. Nel 2006 partecipa a “Xixème Biennale Internationale De Céramique Contemporaine De Vallauris”. Dal 2009 al 2010 è partner tecnico e curatore del Museo Hoffmann di Caltagirone. Nel novembre del 2010 partecipa a “Paratissima” (Torino) presentando il progetto “Tutti a Tavolata! Si gioca” (servizio da tavola dinamico). Nel 2011 viene scelto per la “Biennale bis”, curata da Vittorio Sgarbi e presentato anche al MIC di Faenza nella mostra “La conquista della libertà”. Vive e lavora a Caltagirone (CT). www.improntabarre.it info@improntabarre.it 3312008657
BN1
“L’enigmatica conformazione ne ha impedito fino ad oggi una corretta classificazione. Gli scienziati erroneamente l’hanno dapprima indicato come un PHO-Potentially Hazardous Object. Dopo il suo impatto con la terra le analisi hanno dimostrato che si tratta di una creatura amichevole con un corpo e una testa che danno vita ad una scultura illuminante. “BN1” è in grado di replicarsi.” Questo simpatico lume da tavola può arredare e arricchire qualsiasi tipo di ambiente domestico. È realizzato artigianalmente con la tecnica del colaggio in terraglia bianca (temperatura prima cottura a 980 °C, seconda cottura a 960 °C) e le varie componenti (occhi, antenne, testa e corpo) sono assemblate a mano. È creato interamente nel laboratorio Branciforti, luogo in cui i progetti prendono vita, diventano forme di argilla vestite di smalti e colori, legati tra loro dalla pazienza del fuoco, che lascia però sempre visibili le impronte del suo esecutore. L’artista artigiano è attratto dalla voglia di sperimentare e dalla perizia artigianale derivata dalla lunga esperienza nel settore ceramico.
Etna
Branciforti non poteva non rendere omaggio ad un così possente elemento fisico tanto amato quanto odiato dalle genti che vivono lungo i suoi pendii: parla dell’Etna. Quest’oggetto, che ricorda nell’aspetto il famoso vulcano, è un set da tavola. La sua composizione con cinque piatti da portata e la ciotola posta sulla sua sommità come contenitore, lo rendono maneggevole, poco ingombrante, ma soprattutto uno scrigno che, piatto dopo piatto, si apre per svelare il suo contenuto. Quest’oggetto nasce dalla creatività dell’artista che lascia in tutte le sue creazioni, come in questa, una traccia della filosofia con la quale opera: il gioco. L’aspetto ludico sta alla base della sperimentazione portata avanti nel laboratorio “Improntabarre”. Oggetti “friendly” che arricchiscono le tavole di chi li possiede e che uniscono ad un design accattivante una buona dose di originalità. “Etna” è realizzato in terraglia bianca con tecnica a colaggio, smaltata e decorata a mano.
Artistar
Antonio Colonna
Maestro d’arte orafa, si specializza come perito e tecnico del trattamento artistico dei metalli presso il centro TAM (Trattamento Artistico dei Metalli) diretto da Arnaldo Pomodoro. Inizia all’età di 13 anni la sua carriera in botteghe orafe pugliesi, spostandosi successivamente a Urbino, Firenze, Milano e Valenza Po, centro nevralgico dell’alta gioielleria a livello mondiale per lavorare presso le più prestigiose firme come: Bulgari, Damiani, Roberto Coin, Salvini, Alfieri St. Johns, Pomellato. Apprende da orafi e argentieri le tecniche artigianali tradizionali, tra cui lo stile fiorentino, e le più moderne modalità di progettazione e prototipazione 3D. Lavora ad Altamura (BA) ove realizza gioielli, sculture e installazioni. Negli anni espone in mostre organizzate dal F.A.I., dall’Accademia Piemontese del Giardino e presso la Triennale di Milano. www.antoniocolonna.com art@antoniocolonna.com
3498490787
Segni del tempo
L’opera è stata realizzata interamente a mano, con la tecnica del cesello e dello sbalzo. Le sfumature sono state ottenute con il solo utilizzo del fuoco e dell’aria, senza ausilio di sostanze chimiche. Il rame racconta storie di pelle su cui la vita ha lasciato impronte, dolore, cicatrici. Fondamentale è stata la ricerca del colore: le varie tonalità date dall’ossidazione del rame mettono in evidenza i segni del tempo. Ogni cesellata per dare forma ed espressione e ogni fiammata per trovare la giusta gradazione cromatica, esprimono la riflessione sull’essenza umana, percossa dalle esperienze e segnata da cicatrici e ferite che forse mai potranno essere rimarginate. L’occhio sbarrato rappresenta la percezione, spesso inconsapevole, del rapporto fra micro e macrocosmo. “Questa forma di conoscenza, se abbastanza profonda, permette di sfuggire alla negatività meccanica in cui ognuno è imbrigliato in questo breve viaggio terrestre”.
Eclissi
L’opera è stata realizzata interamente a mano con la tecnica del cesello, dello sbalzo, con successivo bagno galvanico in argento puro. La lampada è composta da due sfere: una di rame placcato in argento come base d’appoggio e l’altra in vetro soffiato come corpo illuminante. La lavorazione sulla base riproduce i crateri lunari, immagine delle rughe che solcano la pelle, metafora della saggezza e del dolore che derivano dall’esperienza. Il corpo illuminante rappresenta il Sole che, nonostante sia talvolta oscurato dalla Luna, torna sempre ad irraggiare il mondo. Il manufatto evoca il momento di sovrapposizione degli astri, l’attimo che prelude il buio, l’immobilità totale simbolo di estenuazione sentimentale. Durante l’eclissi, ogni essere sente il proprio destino collegato a quello di tutti gli altri, avverte la fragilità dell’esistenza, percepisce la profondità del mistero che permea l’universo. “Questo evento può risvegliare desideri, pensieri e capacità fino a quel momento inconsapevoli”.
Artistar
Elisa ConfortiniNasce a Brescia (BS) ma vive e lavora a Genova (GE), dove ha aperto l’Atelier 99. Nel 2002 riceve il secondo premio “Miglior Prodotto Innovativo” ad Art Firenze. Nel 2007 è tra i vincitori del “Concorso per Artisti Emergenti” dell’ICMEA e partecipa alla residenza artistica dell’“International Ceramics Art Museums” di Fuping in Cina. Dal 2009 inizia una ricerca sulle terre e gli smalti da alta temperatura e si avvicina al bronzo, con il quale realizza alcune opere. Nel 2010 partecipa a “Concreta”, mostra di scultura ceramica in Palazzo Pretorio a Certaldo (FI). Nel 2011 è invitata all’esposizione dedicata alla ”Ceramica Italiana Contemporanea” a Bandol, Francia. Partecipa inoltre alle Biennali Internazionali di Arte Ceramica di Faenza; Manises e Alcora in Spagna, Aveiro in Portogallo, Kapfenberg in Austria, e Taiwan.
www.elisaconfortini.it info@elisaconfortini.it 3470646412
Germogli
Sculture in gres e porcellana smaltati (cottura 1280 °C). La realizzazione parte da una modellazione in stampo per ottenere una sfera che viene poi modificata manualmente con l’aggiunta di tanti piccoli dettagli in porcellana che creano un disegno unico e una nuova matericità. Essa conferisce quel movimento che ci riporta al mondo naturale dal quale la loro ispirazione proviene. Sono pezzi emozionanti e sensuali che fermano quell’istante che prelude al grande mutamento della nascita. Sono realizzati lavorando con forme sintetiche, elementari, perché l’elemento primario dà libertà di creare. Una forza primaria fa dell’elemento circolare e sferico le forme simboliche per definizione, dove origine e fine si fondono. Opere singole, ma anche da raggruppare in insiemi, da appoggiare o appendere, scegliendo disegni e cromaticità, per creare un personale quadro naturale all’interno delle nostre case.
Coleotteri
Sculture in gres smaltato (cottura 1280 °C), realizzate con modellazione interamente manuale. Forme assai stilizzate di coleotteri nei quali il colore è utilizzato per decontestualizzare una dimensione altrimenti a rischio di descrittività. Essi nascono da attente osservazioni, dal ripercorrere forme e linee già esistenti, mediati da una grande sensibilità per la materia. La figurazione è condotta con estrema sintesi, le linee emergono dal vuoto. Dall’osservazione del mondo naturale emerge l’equilibrio degli spazi, il rispetto e quasi lo stupore per la linea, l’osservazione dei dettagli e la loro scomposizione fino a raggiungerne gli elementi primi. Con stile analitico le opere sono mondi compiuti e animati da un’ intensa capacità comunicativa nonostante i toni rarefatti e l’essenzialità delle linee. L’artista afferra e restituisce la trasparenza delle forme e l’armonia della natura.
Artistar
Alessandro Di Cola
Nasce a Roma nel 1981. Frequenta il Liceo Artistico e successivamente si diploma presso l’Accademia di Belle Arti di Roma. Il suo lavoro si concentra prevalentemente sulle espressioni “dell’anima” che nascono dalle emozioni vissute e dalle sensazioni provate, completate attraverso la loro stessa realizzazione: anatomie che si muovono con l’energia di una fiamma e che danzano per essere ricordate vive nel presente. Attento osservatore della natura, passa gran parte del suo tempo nella ricerca di un dialogo aperto dal quale, con equilibrio, scaturisca una forte tensione fondamentale per “l’opera”. Dalla natura stessa, quindi, trae suggerimento, intendendola come linguaggio universale di forme e generatrice di idee.
www.alessandrodicola.com
alessandrodicola@hotmail.it 3401566326
Passion
L’opera rappresenta una figura femminile realizzata in cera rossa, per meglio identificare la sensazione del calore carnale e l’istinto passionale. L’anatomia, che viene costruita sulle caratteristiche linee della fiamma della candela e resa al tempo stesso estremamente filiforme, si snoda nell’aria incurante della gravità che sembra non esistere, né insistere su di lei. La fiamma ondeggia con incessante sensualità ed armonia ipnotizzante, capace di ridisegnarsi nell’aria in sequenze armoniche e seduttrici. Fiamma, che brucia e vive della sua, “tua”, stessa “aria”; nel suo fuoco si rigenera, si scompone e ricompone, ma sempre “originale” nella sua essenza. Fiamma di passione, che incendia lo spirito e riscalda l’epidermide che, carica di luce, rappresenta la purificazione, la rinascita costante della vita sua unica Vestale, che custodisce quello che di più puro abbiamo dentro di noi.
Jung
L’opera presentata è una fusione prodotta con la tecnica a cera persa in alluminio, ferro e smalto rosso e rappresenta un volto che incarna due stati dell’essere: la calma, con espressione giacente e riflessiva, e la nevrosi isterica, descritta da lineamenti tesi e in balia degli impulsi elettrici. Quest’ultimo tema è affrontato e studiato dal fondatore della “psicologia analitica”, Carl Gustav Jung. La scatola cranica viene raffigurata come un percorso ciclico ma al tempo stesso infinito, basato sull’andare e tornare, volare lontano per poi ritornare in “gabbia”. “Sono io, sono l’altro”. Una maschera che timorosa aspetta il suo Sé. Costruire per poi distruggere; amare per poi odiare, vivere ogni giorno sulla bilancia degli eccessi. “Sensazioni filtrate nel tessuto che ci identifica come la mistificazione di noi stessi”. Sentire, subire la potenza dell’infinito dentro un confine geografico e materico.
Artistar
Pino Di Gennaro
Nasce a Troia (FG) nel 1951. Si diploma in scultura all’Accademia di Belle Arti di Brera dove attualmente insegna tecniche della scultura e tecniche espressive integrate. L’intensa attività dedicata alla didattica e all’insegnamento della scultura si esplicita nella stesura del testo scolastico “I modi della scultura” e del “Manuale di scultura”, per le edizioni Hoepli. Attualmente la sua ricerca è rivolta al rapporto sculturaarchitettura, alla funzione sociale della scultura negli spazi urbani e alle installazioni quali momenti di interazione tra opera, spazio e fruitore. Il suo lavoro è stato presentato in numerose mostre personali e collettive. Una sua opera significativa è stata esposta alla Fondazione Arnaldo Pomodoro nell’ambito della mostra “La scultura Italiana del XX Secolo” nel 2005. Vive e lavora a Milano.
www.pinodigennaro.it pinodigennaro@gmail.com
3381491690
Germinazione cosmica
L’opera è stata modellata direttamente in cera e poi realizzata in bronzo con la tecnica della fusione a cera persa; presenta parti lucide e parti patinate di blu. Rappresenta un corpo celeste nel momento germinale; nel ventre della sfera una cavità, una sorta di buco nero, assorbe ogni cosa. Lo slancio dinamico è reso dall’ardita “coda” che si innalza nello spazio immaginifico dell’autore. Lo scultore sfida le leggi della gravità e trasfigura il bronzo in sostanza aerea, porosa come filigrana ricamata dall’erosione di un tempo incalcolabile, creando così un corpo celeste simile a una cometa la cui coda svolazzante è costituita di trame e linee-forza che accentuano la dinamicità dell’opera. Quella stessa cometa può incontrare, lungo il suo percorso, la luminosità solare in modo da risplenderne tutta. Come nella mitologia classica, fondata sulla traslitterazione della natura in cultura, gli astri s’incarnano negli dei e nei protagonisti dell’epica: ed ecco che le particelle di pulviscolo col loro complesso reticolo si trasformano nell’elmo di Mercurio o nel cimiero di un eroe omerico.
Parabolica
L’opera è costituita da due elementi: un cono di alluminio e un disco concavo di bronzo. Il cono di alluminio, oltre ad essere l’elemento portante della scultura, trapassa nel centro, in diagonale, il disco e si proietta nello spazio. La scultura è stata modellata direttamente in gesso e poi realizzata in bronzo con la tecnica della fusione a cera persa; il cono è stato fuso con la tecnica della “fusione a staffa” da un modello di gesso. Sul disco concavo di bronzo sono incise e modellate tracce di corpi celesti catturati negli infiniti spazi cosmici, in un processo simile a quello della parabolica che cattura i segnali emessi dai satelliti. Sul cono-antenna che trafigge la parabolica sono fermate immagini virtuali di lontani pianeti e segni che potrebbero annunciare possibili contatti con civiltà sconosciute. Quest’opera va intesa come bozzetto per una scultura da collocare in uno spazio pubblico, possibilmente inserita in un complesso di edifici che si occupano di telecomunicazioni. La poetica dell’artista è volta alla funzione sociale della scultura negli spazi urbani, quale possibilità di concorrere a migliorare la qualità estetica dei luoghi, l’identità e la qualità di vita degli abitanti, valorizzando il rapporto scultura-architettura, favorendo momenti d’interazione tra lo spazio, l’opera d’arte e il suo fruitore.
Dim. di massima in cm 49 x 37 x 37
Artistar Gaetano Di Gregorio
Nasce a Catania e si trasferisce a Venezia per frequentare l’università, coniugando l’attività di architetto con quella di ceramista e designer. Nella sua ricerca si associano materiali inediti tra cui la ceramica destinata a produzioni in piccola serie. Presta molta attenzione al processo che porta alla produzione dei suoi lavori, che dialogano con la memoria e l’ambiente e si fanno veicolo di istanze poetiche, talvolta ai limiti del paradosso. Nel 2003 fonda il centro culturale Spiazzi che si occupa di arti visive e design autoprodotto. Nel 2006 frequenta una residenza per artisti in Cina, a Jingdezhen, per imparare le tecniche di lavorazione della porcellana. I suoi lavori di design sono stati pubblicati ed esposti a Milano, al Salone Satellite e in Germania, Turchia, Brasile e Stati Uniti.
www.gaetanodigregorio.com
info@gaetanodigregorio.com
3470484763
Origami
L’opera “Origami”, realizzata in ceramica nel 2005, nasce nell’ambito dell’Archivio Giovani Artisti Italiani (GAI) denominata “Gemine Muse”, in cui gli artisti invitati devono confrontarsi con le collezioni permanenti dei musei nazionali. Il luogo nel quale Di Gregorio è stato invitato ad operare è il Museo di Storia Naturale di Venezia; esso ospita uno scheletro di un dinosauro del tipo Ouranosaurus trovato nel deserto del Niger e ricostruito per poter essere esposto. È appartenuto ad un animale enorme e oggi appare possente, ma anche fragile. L’artista ha quindi voluto richiamarlo attraverso una serie di piccoli origami in ceramica, anch’essi molto fragili, come se fossero fatti di carta. In questa relazione fra fragilità, forza e durezza, ha voluto stabilire una relazione con l’oggetto custodito, pensando anche che il museo è un luogo molto frequentato da bambini. È alto circa 20 cm ed è in terraglia bianca.
Tulipiere
Il vaso “Tulipiere” è un oggetto d’uso. Nasce come libera ispirazione dai vasi per tulipani di tradizione olandese, in cui ogni foro ospita un singolo fiore, in modo da consentire alle foglie di dispiegarsi. La sua versione ne è una rivisitazione, elaborata come una forma pulsante, che richiama organismi viventi. È ricoperta da un engobbio di argilla semirefrattaria di colore bruno, che ricorda la terra e i bulbi dei fiori. Nella porzione interna, come in un gioco di rovesciamento delle parti, vi è la componente preziosa del vaso, con delicati fiori di ciliegio in bianco e blu, di ispirazione orientale. È una decorazione introversa, quasi un bene da proteggere ed esibire timidamente. Il vaso è alto 20 cm ed è prodotto a colaggio in terraglia bianca. È stato realizzato nel 2008 ed è entrato a far parte della collezione permanente dell’Art Institute of Chicago. È prodotto in serie limitata.
Artistar
Sebastiano Fantozzi
Nasce a Capracotta, nell’Alto Molise, dove comincia la sua carriera come apprendista in una bottega artigiana. Vedere vecchi artigiani che con sapiente maestria modellavano il legno fin quasi a donargli vita, fece crescere in lui sempre maggiore curiosità e interesse verso la lavorazione del legno. Nel 1964 si trasferisce a Roma dove inizia a frequentare diverse botteghe di artigiani e dove pian piano impara i segreti della lavorazione del legno e perfeziona la sua manualità. Il periodo successivo è caratterizzato dalla frequentazione di scuole di grafica e disegno grazie alle quali affina tecniche e conoscenze. La produzione pittorica e scultorea inizia quindi sul finire degli anni ’60, con uno stile spesso molto vicino all’impressionismo e più di recente all’espressionismo.
www.sebastianofantozzi.com
info@sebastianofantozzi.com
3391083525
Ritorno dal lavoro
L’opera in questione trasforma in scultura la figura di un uomo al ritorno dal lavoro nei campi. Il forte legame con il territorio e la memoria di un passato che è stampato nei ricordi, ha portato l’artista a tirar fuori quella parte di sè che ha vissuto il tempo in cui il lavoro di campagna era fonte primaria di sostentamento per intere comunità. Se l’artista guarda indietro, alla sua infanzia, vede ancora le immagini del tramonto e del ritorno a casa dei braccianti. L’opera in questione cerca in qualche modo di rimandare alla mente le forme decise della corporatura e la forza degli uomini di un tempo. Per questo ha deciso di dare alla scultura le dimensioni reali di un corpo umano. Le differenze di tonalità del legno, ottenute utilizzando legno listellato ricoperto con tranciato precomposto, sono state sfruttate al fine di “vestire” la figura, facendole indossare idealmente pantaloni e gilet tipici dell’abbigliamento contadino. Unita a questa riproposizione scultorea della figura dell’uomo, vi è il desiderio di proporre un’opera che in qualche maniera si presta ad un utilizzo quotidiano e che si stacca dall’essere arte fine a se stessa e diventa arte da toccare, esplorare e perché no usurare.
Dim. di massima in cm 190 x 60 x 40
Attesa alla stazione
Quest’opera in legno è stata intitolata “Attesa alla stazione”, metafora dell’uomo che aspetta il suo treno per poter fuggire via da un mondo che sta cambiando troppo in fretta intorno a lui, un mondo in cui egli si è ritrovato catapultato quasi senza averne preavviso e in cui adesso poco si riconosce. L’opera è stata realizzata utilizzando legno listellato, ricoperto con tranciato precomposto di diverse tonalità. La parte superiore, quella che è il busto della scultura, vede l’alternanza di chiaro/scuri a simulare un capo d’abbigliamento che veste la figura. La testa del mobile è invece realizzata in legno massello e si distingue dal resto dell’opera per il suo essere quasi metafisica, immateriale grazie al gioco ottenuto mediante raffigurazioni che si sostituiscono agli elementi del volto: due dune in lontananza rappresentano gli occhi, una capra distesa disegna la forma del naso, una traccia nel terreno simula la bocca. In alcuni tratti si nota un sottile rimando all’arte di De Chirico. Questa scultura, nata anch’essa al fine di unire arte e funzionalità, vede la presenza di diversi scompartimenti che si prestano ad un utilizzo quotidiano, trasformando l’opera in qualcosa che non solo arreda ma che diviene elemento quasi essenziale all’interno della casa.
Artistar
Gianfranco
GiorniVive e lavora ad Anghiari (AR) nel suo laboratorio-studio “L’acqua viola”, dove modella e fonde sculture. Già insegnante di discipline plastiche al Liceo d’Arte di Sansepolcro, espone per la prima volta in una personale nel 1973. Da allora svolge un’intensa attività come pittore e scultore. Molte sue opere si trovano in spazi pubblici come ad esempio: “Implorazione”, in terracotta ingobbiata nella lunetta della basilica di S. Domenico a Siena; “Prigione” in bronzo nel parco della memoria di Sansepolcro; “Suonatrice” per il museo della Contrada del Liocorno a Siena; “Minerva” per Piazza Risorgimento e per la sede centrale di Bancaetruria ad Arezzo; porta in bronzo della sala espositiva della Soprintendenza statale della stessa città; “Quali Colombe” per il Giardino della memoria ad Anghiari. Nel 2010 “Calliope e l’alloro” è il trofeo ufficiale del premio letterario “P.E.N. club Italiano”. La sua produzione artistica è apparsa su varie pubblicazioni e riviste specializzate.
www.acquaviola.it giornisculture@inwind.it 3331449238
L’attesa
“L’attesa”, realizzata in bronzo con tecnica di fusione a cera persa e patinata con nitrato di rame a caldo, è un’opera e un tema che scaturisce dalla realtà quotidiana, dallo sguardo che coglie, in una posizione singolare o in un atteggiamento inconsueto, l’articolarsi sorprendente delle forme. Nell’atto occasionale e nel gesto viene esaltato il dettaglio naturalistico che conferisce alla scultura una sognante idealità e un realismo al di là della studiata ricerca di linee. In questa figura echi e ammiccamenti novecenteschi si fondono con la tradizione in una personale sintesi postmoderna, che conferisce al lavoro dell’artista un’identità inconfondibile evidente nella misura, nella compostezza classica e nella vaghezza e allusività moderna. Memoria e novità, sensualità ed estrema eleganza si compenetrano in un susseguirsi di forme dal valore evocativo e descrittivo, simbolico e reale. La sottile notazione naturalistica viene messa in risalto nell’astrazione dell’insieme e la natura umana, ancora una volta, si esibisce in questa estatica “solista della forma”.
Suonatrice di flauto
La “Suonatrice di flauto”, realizzata in bronzo con procedimento di fusione a cera persa, è patinata con nitrato di rame e cloruro di ferro e dorata nel flauto con foglia d’oro. Il tema musicale, caro all’artista, viene modulato nelle sembianze di suonatrici di flauto, di liuto o di violoncello, in figure singole o in gruppo. È un elemento iconografico che, con la sua serena immobilità e calcolata eleganza delle posture e dei gesti, tende a porsi fuori dal tempo, a evocare il rigore assoluto della forma e a divenirne metafora. È proprio questo rigore che dona grazia e composta piacevolezza alla figura. Il linguaggio figurativo predilige un’elaborazione plastica che si esprime in superfici tese, in un’alternanza di parti sinuose e spigolose, morbide e dure, nel richiamo alla tradizione classica e nello stesso tempo nell’uso di specchiature cromatiche quasi puristiche. Nella “Suonatrice di flauto” il movimento, che si unisce alla stasi, rende manifesta una potente energia racchiusa nell’equilibrio e nel ritmo; la suonatrice possiede “la nobile indifferenza del bello”. Il suo movimento rilevato in potenza è quasi solamente accennato e proprio per questo espressivo ed efficace.
Artistar
Antonio Guerra
Nasce nel 1963 a Lecco. Fin da quando era ragazzo si diletta a scolpire con il coltello piccole figure o animali in legno. Frequenta studi di figura e dopo alcuni anni inizia a scolpire pietre e marmi anche di notevoli dimensioni. Negli anni della sua attività partecipa a numerose mostre personali e collettive, tra cui quella nel Palazzo degli affari a Firenze, nello spazio Pulse Heart di Vimercate (MB), nel Castello di Vezio a Varenna. Durante la sua carriera di scultore riceve riconoscimenti e realizza numerose opere pubbliche per committenti italiani ed esteri: Municio di Sasbach (Germania), Biblioteca, Calolziocorte (LC), Piazzale Giovanni Paolo II, Vercurago (LC). Attualmente vive e lavora nel suo studio a Calolziocorte, Lecco.
www.antonioguerrascultore.com
info@antonioguerrascultore.com
3479387645
Introspezione
La scultura “Introspezione” nasce da una ricerca sull’inquietudine e dall’analisi delle varie tipologie presenti in ogni individuo. Secondo la visione dell’autore, la quale è senza dubbio positiva, è stata proprio l’inquietudine a far crescere il genere umano sviluppandone una continua voglia di cercare e scoprire. L’arte, la medicina, la tecnologia, la fisica, e le varie scienze sono tutte figlie di persone che hanno saputo cogliere quest’energia. L’introspezione è un aspetto psicologico dell’individuo: imparare a conoscere se stessi rende liberi da tanti fronzoli che non hanno nessun valore, ma soprattutto aiuta a non sbagliare riguardo alle proprie proiezioni sugli altri. La maggior parte delle amarezze o delusioni sono frutto di riflessioni errate. La scultura rappresenta una figura femminile con delle forme che vertono verso l’alto a rappresentare delle proiezioni; il seno sinistro è in realtà un occhio messo in verticale e che indica la capacità di guardarsi dentro. Posto a sinistra, la parte del cuore, segnala il limite che ci si pone nel proporsi agli altri. La scultura è realizzata in marmo bianco di Carrara, lavorato con piccoli tagli eseguiti con smerigliatrice orbitale, disco a lama diamantata, sbozzatori, scalpelli vari e pomici.
Se. G. Sensualità
La scultura “Se. G. Sensualità” esprime una delle tantissime forme d’energia che sono presenti nel genere umano. “L’energia, nelle sue differenti forme, è nascosta dentro di noi e spesso fatichiamo a lasciarla uscire con ombre di ogni genere. Le scopriamo per caso e quasi ci stupiamo di noi stessi. Alcune forme le conosciamo e le sappiamo portare a dare frutto: una di queste è la sensualità, presente in modo diverso in ognuno di noi”. La sensualità esalta l’eleganza della figura femminile, la sinuosità delle curve, la potenza di un gesto dissoluto, la dignità e l’essere donna. È un omaggio al mondo femminile, che sa generare attraverso una movenza, un atteggiamento, energia positiva. L’artista utilizza di proposito una pietra scura, la pietra serena. Tale pietra ha una superficie che, se levigata, dà un senso di porosità. Questa particolarità richiama la porosità della pelle, rendendo ancora più sensuale la scultura. L’essenzialità della scultura proietta il pensiero verso il valore di ogni donna. La scultura è lavorata con piccoli tagli, eseguiti con smerigliatrice orbitale, disco a lama diamantata, sbozzatori, subbie, gradine, scalpelli vari e pomici.
Nasce a Mortegliano (UD) nel 1959. Fin da ragazzo è a stretto contatto con la pietra, materia che impara subito a conoscere e a lavorare: il padre faceva lo scalpellino. Frequenta la Scuola d’Arte e Mestieri “Giovanni da Udine”. Partecipa ai corsi di storia dell’arte contemporanea, disegno e ceramica presso la Scuola d’Arte e Mestieri Giovanni da Udine e diviene allievo dello scultore Sloveno Janez Lenassi. Dal 1998 al 2010 è docente e fondatore del corso Simposio di scultura presso le cave di Arzo (Svizzera). Durante la sua carriera espone in numerose mostre personali e collettive. Le sue opere si trovano in permanenza presso Open One Modern and Contemporary Pietrasanta (LU). Attualmente lavora presso il suo atelier di Percoto (UD).
www.giorgioerosmorandini.it info@giorgioerosmorandini.it 3392905849
Impronte
Sul Carso Triestino le pietre sono modellate dal vento e dall’acqua che nel corso dei secoli hanno lasciato su di queste la loro impronta; si tratta di vuoti che hanno una forma, come se il vento avesse voluto mantenere vivo il ricordo del suo passaggio. Il rapporto tra elementi naturali, quali pietra-vento o pietraacqua, nella terra dell’artista è molto presente, soprattutto nelle zone carsiche. È un rapporto che lo ha sempre affascinato, sin da bambino ed è da bambino che, per gioco, ha iniziato a creare i suoi primi lavoretti con il marmo. Nella realizzazione di questa scultura ha voluto rappresentare il blocco di marmo, che prima di essere cavato se ne sta nel suo ambiente naturale a 160 metri di profondità ed è parte di una grande roccia, vicino al suo stato naturale. Su di questo ha modellato delle forme che danno l’idea del passaggio del tempo sulla sua superficie. Sul lato posteriore dell’opera ha creato un leggero movimento, una leggera forma anatomica col desiderio di far intuire a chi guarda che la pietra è organismo vivo. La tecnica di esecuzione di una scultura avviene solo “per via di levare” il superfluo dalla materia, come scriveva Michelangelo (e confermava il Vasari), ciò che si ottiene “per via di porre” è altra cosa: è modellato o assemblaggio.
Dim. di massima in cm 40 x 25 x 12
Il concetto che sta alla base di questa scultura è il rapporto tra una forma pura, un archetipo, come il cubo e la forma fluida, ovvero ciò che esiste prima della creazione. La scelta del marmo nero del Belgio deriva dalla convinzione di Morandini che esista un rapporto importante tra la forma e il colore, esperienza maturata frequentando la scuola per ceramisti; il suo insegnante infatti, preferiva usare molti vasi, tutti della stessa forma, ma ognuno con un colore diverso e poi veniva scelto quello che dava il risultato migliore. Grazie a questa esperienza impara che la giusta combinazione tra forma e colore permette un migliore impatto comunicativo dell’oggetto che si vuole creare, sia esso vaso, scultura o altro. A questo punto inizia il suo intervento sul marmo, tracciando le linee sulla superficie del cubo in determinanti punti, cerca di mettere in armonia la staticità del cubo con la dinamica delle linee. Poi comincia ad intagliare il marmo con gradina e scalpello facendo piano piano emergere la forma, andando avanti con lo stesso procedimento usato dal sommo Michelangelo quando scolpì il San Matteo. Procede così fino a quando pensa di aver trovato un giusto equilibrio formale.
Artistar
Tina Moretti
Nasce ad Erbusco (BS) e vive la sua infanzia e giovinezza a Milano, dove si diploma presso l’Accademia di Brera. Tornata per amore al paese natale si dedica all’insegnamento nella scuola media. Negli anni coltiva la sua grande passione artistica, sperimentando in continuazione la ricerca nella decorazione e nella creatività più varia, interpretando il realismo con un’aria di poesia. Tina Moretti cerca di risuscitare forme, archetipi semplici ma carichi di significati fatali. Per anni partecipa a concorsi e mostre collettive e personali proponendo i vari passaggi pittorici. Da alcuni anni ricerca e tiene in serbo, una nuova esperienza che la porta a trovare nella materia l’usura del tempo e dai segni trae significati che rielabora ed esalta con dorature in foglia oro.
www.tinamoretti.com
info@tinamoretti.com
3470445501
Buchi
L’installazione è composta da due aste di ferro arrugginito sulle quali emergono due sezioni di albero private del loro nucleo centrale a causa della decomposizione del tempo. La corposità della materia e la plasticità dell’opera evidenziano la duttilità del legno come materiale archetipo del lavoro dell’uomo che sprigiona un calore naturale che possiamo sentire nostro. Le opere dell’artista sono state non a caso definite di un “caldo espressionismo informale” proprio perché mantengono tutta la portata evocativa dei materiali che le generano e le compongono e che, nella ricomposizione effettuata con tecniche miste ricche di stimoli visivi, ritrovano una loro specifica ragion d’essere. Buchi dell’esistenza, assenze, mancanze, pensieri, buchi da superare, passare dentro per andare oltre e vedere nuove prospettive in un anello dorato dello spirito che ci conduce al coraggio del passaggio e nella solidità della forma e della materia ci rassicura nella forza. Di buchi viviamo, nasciamo, ci amiamo. Nei buchi ci inseriamo per trovare il nido della vita, per lasciarci avvolgere dentro come rifugio, a volte segreto e trovare consolazione nel nostro passaggio.
Fuga dell’angelo
La ricerca dei particolari nella lievitazione dei materiali e nella flessuosità delle linee da creare, procura piacere a livello evocativo. È un lavoro sulla memoria del vissuto come recupero delle esperienze e delle emozioni da riportare a livello visivo prima per l’artista e poi a chi legge l’opera come stimolo alla riflessione e all’immaginazione di sogni e di percorsi. Il gioco delle parti è dunque affidato ad un gusto fantasioso della composizione, ma anche al senso preciso dei rapporti volumetrici. Questo implica l’approfondimento di una narrazione più soggettiva ed emozionale, che tuttavia non rinuncia al rigore dell’impaginato, alla razionalità progettuale e alla preveggenza della visione finale. Il sottile lavorio sulla forma non si definisce dunque solo nel mero recupero di un mondo residuo, ma si propone come festoso gesto creativo per far rinascere o risvegliare i resti concreti della nostra memoria materiale. Nella “Fuga dell’angelo” un’ala è rimasta nel passaggio. Un sogno si è svelato nei meandri dei pensieri e ha ravvivato le fantasie infinite portando gioia e allegria nell’esperienza della vita, giocando nei percorsi più arditi e le risalite del sorriso. Un’esperienza positiva che ha lasciato il segno e ha segnato la direzione per continuare ad andare avanti!
Artistar
Giulio
OrioliArtista poliedrico, studia i classici, ma è attratto dalla sperimentazione; elabora un ciclo di opere, dove interagiscono valori plastici e pittorici. Il suo esordio nel panorama artistico internazionale risale agli anni Ottanta. Vive i fermenti culturali di quegli anni nell’ambiente milanese, dove s’iscrive alla Facoltà di Filosofia e partecipa alla rassegna
“Visualità nell’Arte” allestita al Palazzo dell’Arengario di Milano (1987). Riceve la medaglia d’oro al premio internazionale “Città di Alassio” (1983) ed è finalista al “Premio Arte” di Giorgio Mondadori (1990). Partecipa a numerose esposizioni internazionali tra cui la Biennale di Antibes (1998), “Inquietudini del terzo millennio” Museum der Stand Bad Ischl (2002), “J’Envie l’Art” Cloitre St Louis, Avignon (2005), “Deserto Etico” Complesso rupestre San Giorgio, Matera (2007) e Human Rights Fondazione Opera Campana dei Caduti, Rovereto (2010).
www.giulioorioli.it giulioorioli@giulioorioli.it
3333357687
Alchimia KRO
Il pannello “Alchimia KRO” si avvale di una tecnica complessa e raffinata, con supporto in legno scolpito in terza dimensione, rivestito con carta retinata. Il nucleo del pannello a forma di disco è costituito da una piastra elettronica recuperata da un personal computer in disuso e trattata al fine di evidenziarne le piste in rame e poi letteralmente cucita al centro del rosone. Vuole essere una riflessione sulla centralità della cibernetica nell’era della tecnica e sui condizionamenti che talvolta stravolge la logica dell’esistenza umana. La tecnologia passa velocemente sopra di noi e non ci permette di riflettere sulle conseguenze delle scelte; il rischio che si corre è l’incontrollabilità dei sistemi; perché la tecnica funziona e ha il solo scopo di potenziare se stessa. La politica è in crisi da tempo, ha perso di vista i grandi sistemi ideologici e sa di non poterli più riproporre: riesce solo ad auto referenziarsi. Per contro il sistema di potere tecnocratico si fa avanti e controlla l’essere umano, proiettandolo oltre i confini evolutivi naturali.
Reperto R3
“Reperto R3” è un ritrovato della nostra civiltà, un oggetto non ben identificato che cresce a dismisura e per sopravvivere deve necessariamente mantenere il suo standard di crescita; si lascia corrompere in questa corsa affannosa, nei suoi contenuti migliori, si abbandona al trasformismo e infatti cambia pelle; nel processo di secolarizzazione si è metamorfosato. Nel periodo di massimo splendore rispecchiava candore dagli Apuani, attraendo i grandi maestri della bellezza; ora è solo carbonato di calcio ed è stato classificato come “Reperto R3” con un codice stampato sulla dorsale. Il marchio di appartenenza alla civiltà globalizzata. Rispecchia il mistero di un occidente che ha esportato la sua civiltà a livello planetario e che ora implode nel default, seguendo il miraggio della New Economy di crescita ad oltranza che, senza sporcarsi le mani, lascia indietro terra bruciata e danni irreparabili. Necessita una riflessione critica sulla “crescita ad oltranza” del nostro sistema!
Nasce a Piazza Armerina (EN) nel 1973. Dopo aver frequentato l’Istituto d’Arte M. Cascio di Enna, si diploma in decorazione presso l’Accademia di Belle Arti di Catania. Partecipa a diverse esposizioni collettive in Italia e in Europa fin dalla metà degli anni Novanta; tra le più recenti partecipa a: Una Terra Altrove, a cura del laboratorio d’arte Defra, chiostro comunale Barrafranca (EN); 2010, Testimonianze di Argillà, Palazzo delle Esposizioni Faenza (RA); 2011, Il Sapere delle Mani, Museo del Fiume, Nazzano (RM); Argilla-Aubagne, a cura del comitato Pays d’Aubagne et de l’Etoile (Francia). Dal 2004 svolge la propria ricerca artistica presso il Laboratorio d’Arte Defra, improntata sulla ridefinizione del rapporto “uomo-oggettoambiente”, attraverso l’utilizzo di processi e materiali eterogenei realizza strumenti di conoscenza (modelli di comprensione) tendenti a trasformare il tradizionale rapporto “opera-spettatore”.
www.defra-art.com
defrart@gmail.com
3382046580
Metamorfosi
La forma archetipo dell’uovo nella sua dualità di contenitore-contenuto mette in risalto la ciclicità della vita, divenendo punto di partenza per riflettere sulla condizione dell’uomo contemporaneo. La realtà ha un codice che la identifica e la regolamenta in quanto entità (fisica o materiale). In un’epoca piena di paradossi e caratterizzata da una quantità enorme di dati in cui l’uomo è immerso, egli non è più in grado di distinguere questo flusso che quotidianamente lo bombarda. Questa situazione privilegia il superfluo piuttosto che il necessario, rendendo innaturale l’assorbimento dell’esperienze atte a far sì che si costruisca un pensiero critico e personale. Oggi l’uomo le informazioni deve ricercarle, deve volerle fortemente e deve coglierle all’interno di questo contenitore che è la realtà. Infrangere questa scorza codificata permette di ridare una valenza più naturale all’esistenza. L’opera è stata realizzata con la tecnica del colombino, in seguito ingobbiata e smaltata e cotta a 980 °C.
Calligrafie della Terra
Frammenti di paesaggi futuri emergono dal sottosuolo, immersi in uno spazio dissacrato di costruzioni vissute nel tempo reggono anfratti sostenuti dal lampeggiare informatico. Un crocevia di pensieri, ogni fenditura porta verso un campo di riflessioni. Se cerchiamo la corrispondenza tra le fenditure e le incisioni, possiamo ricorrere a espressioni comprensive come forme della materia, a geometrie del caso o anche calligrafie della terra. Proiezioni della nostra idea forma oppure incunaboli materici del segno, di ogni futuro segno. Ansia di decifrare ogni cosa oppure racconto di una crepa, di un solco, di una ferita che l’ombra trasforma in una storia di spazi misteriosi su cui soffermarsi. Movimento del paesaggio verso l’astrazione, verso la figura della spoliazione: l’essenza può scegliere d’apparire in una forma senza costrizione, in unione tra primordiale e tecnologico. L’opera è stata realizzata con procedimento in negativo, creando dei segni su una superficie di legno che diventa poi la forma madre su cui plasmare l’argilla.
Artistar
Tommaso PellegriniOriginario del Friuli, da giovanissimo rimane intensamente influenzato dalla conoscenza di uno sciamano durante un seminario. Decide, in seguito, di iscriversi all’Università di Napoli laureandosi con una tesi sulle “Avanguardie Artistiche della Cina Contemporanea”. Vive un periodo tra New York e l’Australia arricchendo il suo già ampio bagaglio culturale e approfondendo le conoscenze artistiche locali, ricercando negli artisti contemporanei un’estetica che riconduce al mistico. Frequentata in seguito l’Accademia di Belle Arti di Carrara per due anni, poi l’Istituto di scultura del marmo e successivamente lavora per un lungo periodo come architetto d’interni. La sua ultima produzione si sposta ancor più nella direzione di ricerca spirituale intrapresa anni prima, diventando via via sempre più concettuale, tesa alla sintesi, in un equilibrio di forme più acute o arrotondate, volumi e incavi, realizzando sculture di nobile livello artistico.
www.tommasopellegrini.it tommasopellegrini@yahoo.it 3807015824
Totemic figure
Donna e design, queste le parole che descrivono questa scultura. Il totem destrutturalizzato, il divisionismo russo di Archipenko, la figura di una donna che si muove e il geometrismo che si sposta in dinamismo, citando Boccioni e Brancusi, la scultura viene da esperienze sciamaniche alle quali Pellegrini unisce un pizzico di design, essendo architetto e non trascurando mai il grande insegnamento che gli ha trasmesso lo studio sulle sculture degli aborigeni australiani e dei moderni mistici. Primitivismo nel design contemporaneo, a ciò aggiunge una passione fortissima per la scultura di Henry Moore, per le sue forme così primitive ma allo stesso tempo cosi moderne, cercando di unire la linea curva con quella spezzata nell’armonia e nell’equilibrio degli opposti. La dialettica degli opposti infatti, è stata base dei suoi studi in sinologia e ha caratterizzato fortemente le sue opere. Il vuoto in relazione con il pieno e viceversa è la forza che ne trae la scultura quando il bilanciamento di questi ha armonia.
Ispirato, come gran parte della sua produzione artistica, ai racconti degli sciamani e all’esperienza mistica che contraddistingue il “medicine man” quando viene in contatto con il mondo ultraterreno, questa figura nasce dal dialogo con la divinità. Un uomo seduto, nella più semplice delle posizioni, quella fetale e in attesa di ciò che sarà. È l’uomo che una volta morto sarà deposto sulla barca sepolcrale che viene spinta lungo le acque di un fiume, è l’anima dell’uomo pronto a intraprendere un viaggio spirituale nell’aldilà. Molte delle sculture della produzione “Tinglit” o “Haida” si presentano in posizione fetale o allungata sul ventre di un animale totemico. Alcune delle sculture “Inuit” invece rappresentano l’uomo immerso nella natura circostante, nella sua solitudine ma allo stesso tempo nella sua forza intima e serena. Pellegrini ha deciso di non rappresentare troppo dettagliatamente il corpo e il viso, proprio per lasciare libertà alla semplice posizione, la resa è infatti materica ispirata lievemente a Burri. L’artista cerca sempre di delineare un geometrismo che ineluttabilmente caratterizza il nostro mondo conteporaneo, dopo Mondrian e la rivoluzione industriale. La sua è una ricerca sul come definire l’uomo contemporaneo nel suo ambiente e in una dimensione spirituale, secondo lui necessaria.
Artistar
Paolo
PompeiNasce il 05 novembre 1959 a Pietrarubbia (PU). Autodidatta, nel 1988 partecipa al corso di ceramica istoriata a Urbania, tenuto dal ceramista Orazio Bindelli e prosegue una ricerca personale sulle tecniche primordiali della terracotta e del metallo. Nel 1991 e nel 1992 partecipa al Corso T.A.M. (Trattamento Artistico dei Metalli) a Pietrarubbia (PU), diretto dall’artista Arnaldo Pomodoro. Nel 1993 premiato alla Rassegna di Pittura Scultura e Grafica, Libro d’Artista, “G. B. Salvi” e “Piccola Europa” Sassoferrato, Ancona. Nel 1996 diviene socio fondatore del gruppo “Spaziolibertà”, liberi artisti scultori Europei. Nel 1997 riceve il “Primo Premio Scultura” e il “Premio Romartexpo 97”. Dal 1997 al 1999 insegna tecniche di fusione del metallo presso l’atelier Artificio a Torino. Dal 2006 ad oggi, partecipa a numerosi simposi di scultura internazionali.
www.sitohd.com/paolopompei pablopompei@gmail.com
3395029820
Seme
Parlando dell’opera “Seme” si deve immaginare un contenitore magico di un inspiegabile codice generatore di vita, un fuoco d’artificio, una vita che genera vita incessantemente, una sorta di fiume esistenziale. È l’energia della materia che vuol divenire spirito, lo scorrere del tempo; un tempo lento della ferma materia che vuole invece vivere il tempo veloce come gli esseri che si trovano al di sopra della stessa, esseri tra cielo e terra che per un breve istante s’illudono di essere immortali. L’opera è composta da argilla refrattaria, imbevuta con ossidi metallici e lucidata con metallo. È realizzata con la tecnica della cottura primitiva: viene scavata una buca nel terreno, accesso un fuoco di legna e ricoperto il tutto con altra terra. La cottura avviene in maniera lenta e dura circa due giorni. Una lamina ossidata di rame costituisce la base per il sostegno della scultura; il piedistallo è invece in ferro.
Cambio di stato
Il nome dell’opera “Cambio di stato” è sinonimo di metamorfosi. Essa vuole rappresentare la trasformazione, la crescita interiore e la rottura di schemi precostituiti. È negazione, è frantumazione dell’immagine esteriore. “Cambio di stato” si presenta con una forma cubica, statica, rigida, sicura di sé, che non si mette mai in discussione, tutta di un pezzo. Alle volte, però, una crisi può spingere alla ricerca, una ricerca che parte da dentro e che cresce sino a modificare la superficie esteriore, ridisegnando, ricostruendo un nuovo essere, una nuova forma. Essa porterà su di sé i segni di una continua ricerca, di un’evoluzione, di un nuovo sentire. L’opera è stata realizzata con una struttura cubica in ferro, ricoperta da uno strato di argilla refrattaria smaltata con fritta alcalina e ossido di rame. Viene estratta incandescente dal forno e poi ridotta fino ad ottenere lustri bronzei.
G. Orioli - Parlare di arte è già un modo per mantenerla viva, se poi è raccolta in un libro: “verba volant, scripta manent”. Bisogna educarsi alla manualità e al senso della bellezza: questa signora di spalle, elegante, da sempre rincorsa e mai posseduta totalmente. Prometeo fu incatenato dagli dei perché consegnò “techne” (l’arte) all’uomo; del resto anche Socrate fu punito in quanto consegnò nelle mani dell’uomo il proprio destino. Il principio del “fare con le mani”, si svilisce nel concetto di macchina nell’era della tecnica e pare che l’uomo sia destinato a perdere questa funzione. L’umanità è a un bivio e presto dovrà fare delle scelte.
M. Paghera - Credo nella sinergia tra le persone e nel lavoro eseguito ad arte, in modo serio e professionale. Quindi, se verrà tenuto conto di questa premessa, in un’idea ambiziosa e lungimirante come quella del libro che Artistar si appresta a pubblicare, credo sarà un successo a prescindere. Rimarrà importante il fatto di aver creato un volume, ove sono documentate piccole eccellenze, che potrà essere divulgato su larga scala, rimanendo così alla portata di tutti. Credo che per incentivare il mio settore non servano grandi rivoluzioni o promesse; serve abnegazione individuale, sacrificio e voglia di sporcarsi un po’ le mani.
R. Pallaoro - Credo che iniziative simili a quella di Artistar siano non solo positive ma necessarie. Progetti come questo, possono aiutare ad avvicinare l’artista e/o designer a un pubblico più vasto e viceversa. Chi manifesta un interesse nell’opera, può apprezzarne in questo modo non solo l’aspetto estetico, ma anche i particolari più interessanti della sua evoluzione, dall’idea fino alla completa realizzazione. È senz’altro un valore aggiuntivo. La conoscenza è a mio avviso la via primaria per far crescere e mantenere vivo non solo questo settore, ma molti altri: spiegare a chi acquista un oggetto d’arte o di design, è molto importante.
M. Pasini - Ogni forma di iniziativa che parli e faccia conoscere meglio questo settore è sempre ben voluta, le menti che creano cose belle non devono rimanere nascoste, per questa ragione pubblicazioni, esposizioni e tutto ciò che possa portarle alla luce sono d’aiuto per lo sviluppo dell’arte e della creatività. Avvicinare persone che hanno voglia di fare serve ad ampliare la visione comune del bello. La scultura e l’arte in generale sono un bene comune, una forma di espressione creativa delle persone che fa godere chi la fa e chi la possiede, mostrarla alla gente fa sì che questo sentimento si contagi il più possibile.
E. Pasquale - Sono convinto che ogni iniziativa a favore del settore artistico serva a ravvivare l’interesse verso di esso; sarebbe molto importante sviluppare progetti che mettano in maggiore risalto la passione per il gusto del bello e il lavoro ideativo e manuale compiuto dagli artigiani-artisti. Ritengo che questo settore sia sinonimo di tradizione, che rappresenti la possibilità di trasmettere agli altri le mie emozioni e i miei pensieri attraverso la mia arte. La mia filosofia concettuale è solo quella di fare arrivare al pubblico osservante i miei stati d’animo, poi spetta ad esso percepirne ciò che più desidera.
F. Paternò - Penso che iniziative come questa possano mettere in luce alcuni aspetti del fare non omologato. Oggi nonostante l’affermarsi della meccanizzazione, il sempre più intenso intervento dell’elettronica anche in campo artistico, si è finalmente riscoperto l’aspetto benefico di una attività manuale e comunque di una interazione costante tra l’uomo e l’oggetto, con la presenza del “fatto a mano” nei più svariati settori artigianali: dalla ceramica al legno, dal marmo al vetro, al ferro, al cuoio. Non è riduttivo pensare, ad oggi, che ci siano persone che spendono la loro vita per creare attraverso l’inventiva e il sapere delle mani.
T. Pellegrini - Sono fermamente convinto che sia bello promuovere giovani artisti in modo professionale e genuino. Per me questa è una chiave fondamentale di lettura; essendo architetto e artista allo stesso tempo credo fermamente che l’arte del XXI secolo debba un riconoscimento enorme al design e all’architettura. Sicuramente a livello storico è proprio il contrario, cioè è stata l’architettura contemporanea che si è ispirata ai movimenti artistici d’avanguardia, ma in questo momento in cui l’arte, nel senso classico del termine, vive di nostalgie passate io credo che proprio grazie al design possa trovare nuove linee espressive.
A. Perricone - Trovo che il progetto Artistar sia una splendida iniziativa perché oltre alla pubblicazione di questo volume affianca altre attività parallele, per aumentarne la risonanza. Mi auguro che vengano coinvolte sempre più persone meritevoli ma poco conosciute. La diffusione dell’attività artistica dovrebbe sempre avvenire in ogni modo possibile: attraverso supporti cartacei, tecnologici a seconda del target di acquirenti e affidandosi all’esperienza di organizzatori professionisti. Trovo essenziale la cooperazione trasversale di vari artisti sia per confrontarsi e migliorarsi sia per offrire al pubblico una vasta gamma di scelta.
G. Pesenti - Credo moltissimo che costruire progetti “ad hoc” per lo sviluppo del settore possa essere di grande aiuto. Già in passato avevo in mente di sviluppare un’idea di questo tipo da attuare con alcuni miei colleghi, ma non avevamo la competenza e i mezzi per realizzarla e l’abbiamo dovuta accantonare. Reputo che la galleria tradizionale oggi non abbia più senso. Bisogna portare le opere fuori dal tempio, spingere il pubblico contemporaneo a non considerare più l’opera d’arte “elitaria”, di pochi. Deve cessare quell’atteggiamento referenziale e di esclusività che il “tempio” ha contribuito a fomentare.
A. Piarulli - Credo che un’iniziativa come quella di Artistar possa essere un mezzo estremamente utile per promuovere le creazioni artistiche in generale ed in particolare il campo in cui opero: il mosaico. Da un punto di vista architettonico, i mosaici potrebbero essere utilizzati nell’ambito dell’arredamento, delle decorazioni come oggetti funzionali o abbellimenti architettonici. Negli ultimi 10-15 anni, molte associazioni internazionali sono state create appositamente con l’intento di promuovere l’arte del mosaico: Ravenna e Clauiano (UD) in Italia. Iniziative come queste possono contribuire a promuovere la Mosaic Art in tutto il mondo.
A. Pino - Certamente iniziative del genere possono essere momenti di divulgazione e di curiosità verso un settore che comunque esiste e va divulgato. Sta agli editori sensibili accrescere tale interesse e dare agli artisti ulteriori momenti di visibilità e di confronto. L’arte è sempre stata occasione di crescita culturale e rinnovamento ideologico ed è quindi necessario investire in essa maggiori sforzi, per mettere in luce nuovi talenti che silenziosamente continuano a lavorare senza avere la giusta attenzione e alcun sostegno. È necessario salvaguardare questo settore perché è fonte di arricchimento culturale, di estetica e di poesia.
P. Pompei - Penso che rivalutare e promuovere l’arte e la creatività è un’iniziativa lungimirante in un momento storico come il nostro, soprattutto se parte dal cuore, per favorire l’unione e la vicinanza tra le persone attraverso il pensiero, la ricerca, la materia e la spiritualità che conducono alla creazione... momento divino! C’è bisogno di arte in una società giusta! La creatività è per me differenza, movimento, genialità, bellezza, ricercatezza, storia, costume, tradizione, contaminazione e spiritualità. Non preservarla significherebbe perdersi in un’indifferente globalizzazione mercificata e consumistica.
C. Previtali - Sviluppare iniziative come questa è importante per la divulgazione del settore e soprattutto perché segnalano l’esistenza di chi crede nel valore dell’attività culturale e artistica. Per ognuno di noi è sicuramente fondamentale venire a conoscenza di progetti che danno voce e spazio alla loro “solitaria” attività. Credo nell’arte e la sostengo perché è, e dovrebbe essere una componente fondamentale della formazione e della realizzazione di un’esistenza piena e consapevole. Queste iniziative aiutano a far crescere una maggiore etica culturale sostenuta da una produzione artistica di maggior qualità.
G. Racca - Bisognerebbe sensibilizzare alla cultura artistica anche le persone non del settore suscitando la loro curiosità, promuovendo il senso dell’estetica e del gusto personale che sono sempre più oppressi e cancellati dalla standardizzazione imposta dalle mode e dai mass media. Questo libro, ad esempio, può instillare il piacere di osservare e di scegliere che deriva dal gusto personale. La visione dell’oggetto, la descrizione della difficoltà di realizzazione, l’idea concettuale che ha portato allo stesso, la spiegazione delle tecniche e dei materiali utilizzati possono interessare e piacere a buona parte del grande pubblico.
Artistar
Stefania SergiNasce a Cagliari nel 1962, pittrice, scultrice e poetessa, vive in Toscana. Dopo aver studiato a Roma, si trasferisce in Germania, dove vive il fervore della Neue Wild Art. Dal patrimonio spirituale della sua terra natia nasce la sua vocazione sperimentale. La ricerca di tecniche e materiali diversi è ricca e originale, si caratterizza come sperimentatrice unendo alla scrittura, la pittura, la scultura, il rilievo, il murale, body art, libri d’artista, fino ad arrivare agli interventi ambientali e alle performance. L’opera dell’artista si contraddistingue per un’incessante meditazione sul corpo femminile. Esploratrice evocativa per natura, in perpetua ricerca di nuove tecniche e materiali si interessa di nuovi linguaggi; affascinata dalla materia anche quella più umile come la terracotta, le tele, il legno, il filo, che unisce al contemporaneo un pò frangibile e un po’ contenuto. Ha partecipato a numerose mostre, nazionali e internazionali e ha pubblicato due libri.
www.stefaniasergi.com
stefania.artista@gmail.com
3891797987
Mezza Luna
L’opera esprime una sintesi grafico-pittorica-materica. Una base di colore nero, piatto e forte, su cui si afferma una figura femminile, con manifesti segni e taglio verticale in posizione centrale. In evidenza, sul corpo dorato, affiorano un triangolo rosso e una mezza luna sospesa sopra il capo. L’interesse verte sulla materia così posta in evidenza, ma anche sul colore oro e sulla figura mitologica. Taglienti schegge costruiscono una narrazione iconografica ricca di riferimenti metaforici e carichi di femminilità. La superficie dipinta ha memoria antica e sacra, lo sfondo è il buio infinito di una notte che ha solo una mezza luna sospesa sul capo. Un’opera dedicata alla mitologica Dea Madre, dalle caratteristiche femminili in cui ogni donna può riconoscersi. Il taglio che accede all’essere profondo nel corpo, come sede e origine fisica, fessura per respiro, come essenza della vita, come spazio intimo, come solitudine popolata, come scavo dell’artista, dove la solitudine è preziosa per l’elaborazione di forme. La doratura ha richiami sacrali, unita al triangolo rosso come luogo di nascita e morte. Un lavoro forte correlato al tema della materialità del corpo, alla sua fragilità e alla sua forza.
Pittoscultura su sfondo nero su cui troneggia un busto femminile tagliato in tre parti. La superficie dipinta ha memoria della pietra, con significati floreali dorati in continuo farsi e divenire. I segni tracciati in profondità si svolgono con respiro lento, ma il rilievo nel suo movimento provoca fremiti intuitivi tra ombre e luci mutevoli. Emerge con prepotenza il seno dal corpo, quasi spietato, ma che sa proporre una sensualità che affascina. Una composizione che porta a ricomporre nell’armonia dell’arte le lacerazioni della vita. Un’opera al femminile, il dolore simbolico della divisione espresso attraverso i tagli, da un significato che forma la sofferenza della donna. Un corpo ridotto, privo di braccia, testa e gambe, tramite cesure nette, allo stato di frammenti, dove lo spezzettamento si riassume nella compostezza delle forme che caricano la figura di un’aurea simbolica e sospesa nel tempo, in una dimensione piena di echi surreali. L’identità del corpo femminile è negata dalla mancanza del resto. L’opera nella sua contemporaneità rispecchia le sofferenze del mondo e per assurdo il corpo si può recuperare solo per pezzi, che si rivelano però compiuti e sintetici nella loro frammentarietà.
Daniele Alaimo
Teresa Ancora
Francesco Ardini
Simone Azzurrini
Franco Balducci
Bianca Bassi
Francesco Battaglini
Dario Battistoni
Nicola Boccini
Daniela Boni
Mauro Braglia
Andrea Branciforti
Marilinda Bria
Silvia Caiti
Le origini di una passione
Luca Canavicchio
Nino Casalino
Luca
Giacomo Maria Cavina
Cedri Martini Universe
Giulio Valerio Cerbella
Armando Cheri
Giuliana Collu
Antonio Colonna
Paola
Umberto Corsucci
Luigi Rocco D’Alimonte
Nietta d’Atena
Il settore artistico e la sua salvaguardia
Massimiliano De Giovanni
Giuseppe De Michele
Maurizio De Rosa
Alessandro Di Cola
Pino Di Gennaro
Gaetano Di Gregorio
Elena Faleschini
Sebastiano Fantozzi
Vittorio Maurizio Ferri
Cecilia Fontana
Marco Fulgeri
Vittorio Fumasi
Claudio
Marzia Mancini - Inseparabili
Gianni Manni
Roberto Marchiori
Raffaella Marcon
Vito Marrone
Girio Marsili
Cinzia Martegiani
Valerio Mirannalti
Giorgio Eros Morandini
Tina Moretti
Alessandro Mosti
Tiziano Motta
Beatrice Nencini
Isabella Nurigiani
Il connubio tra creatività e materia
Giulio Orioli Marco Paghera
Ruggero Pallaoro
Guido Roggeri
Pia Ruggiu
Salvia Ceramiche
Angela Scappaticci
Stefania Sergi
Robin Soave
ISBN 978-88-97686-29-3
Ogni opera artistica comunica un'emozione, racchiude un'intuizione, evoca la relazione privilegiata del suo autore con la materia prescelta, sottende una complessa e affascinante ricerca. Il progetto editoriale elaborato da Artistar si basa sull'intento di mettere in luce un selezionato repertorio di creazioni artistiche. Questo libro ci invita a diventare spettatori consapevoli della ricchezza culturale e della profondità emotiva che si celano dietro ogni singola creazione in quanto unica e irripetibile. Il libro presenta 98 autori, 196 creazioni, 686 foto, interviste, biografie, approfondimenti e altro ancora.