ROMA-CARACAS Due facce della stessa medaglia? di Massimo Muciaccia
“Il problema non è l’architettura. Il problema è la riorganizzazione delle cose che già esistono”. Yona Friedman
Se al più grande palazzo occupato del mondo, la Torre David di Caracas, va il Leone d’Oro della Biennale di Architettura di Venezia 2012, perché è il miglior modello di spazio comune ed in più esempio di abitare collettivo e informale, perché non possono rappresentarlo degnamente anche a Roma le Torri ex ministero delle Finanze dell’Eur, ormai “spogliate” e inutilizzate dal 2007, naturalmente messe a disposizione, attraverso un programma redatto da progettisti e amministratori, di diseredati e bisognosi a cui occorrre un casa? Non vuole essere una pura e semplice provocazione, ma uno spunto di riflessione. E qualcuno non dica subito che “il sonno della ragione genera mostri” (Goya). Creare una nuova comunità a partire da un edificio abbandonato, o lasciato comunque senza alcuna destinazione (o così sembra!), può essere una soluzione alternativa al consumo di suolo, alle case popolari e ai ghetti di estrema periferia. Si legge dalla motivazione ufficiale della premiazione della Biennale: “La giuria elogia gli architetti per aver riconosciuto la potenza di questo progetto trasformazionale: una comunità spontanea ha creato una nuova casa e una nuova identità occupando Torre David (a Caracas), e lo ha fatto con talento e determinazione. Questa iniziativa può essere intesa come modello ispiratore che riconosce la forza delle associazioni informali”.
Dunque, nel caso delle Torri ex Finanze dell’Eur, lo Stato con un po’ di coraggio, potrebbe acquisire per intero la proprietà (ora ha il 50% circa) e approntare un progetto attraverso un concorso di idee per insediare tutti coloro che necessitano di una abitazione, certamente prevedendo servizi vari all’interno del complesso stesso, così come è stato fatto più o meno spontaneamente nella Torre David. Per Roma sarebbe un’incredibile esperienza di “commons ground” alla luce del sole, degna anche questa di un premio ufficiale. E allora cosa si aspetta, viste le necessità, a utilizzare le Torri dell’Eur attraverso un programma (prima che qualcuno le occupi spontaneamente), con un progetto che favorisca le “comunità urbane”? Basta saper vedere, con uno sforzo di immaginazione e creatività, negli insediamenti informali del mondo il potenziale per la sperimentazione e per l’innovazione equa, sostenibile. Così come a Caracas oltre 750 famiglie bisognose, in modo partecipativo, hanno trasformato un grattacielo incompiuto nel centro della città in una ”insolita e stupefacente comunità residenziale”, così potrebbe essere fatto all’Eur in una stravagante ma non troppo, utopia realizzabile, prima che sia troppo tardi e qualcuno pensi ancora una volta alle solite attività commerciali, ai supermercati, agli alberghi e ad appartamenti di pregio. Roma, maggio 2013
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