Cent'anni dopo

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Un viaggio lungo il Sentiero della pace

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Un viaggio lungo il Sentiero della pace attraverso le fotograďŹ e di / A journey along the Peace Path through photographs by Nausicaa Giulia Bianchi Gianluca Colla Luciano Gaudenzio Daniele Lira Pierluigi Orler

A jo the

A cura di / Edited by Giovanna Calvenzi


Il Se entiero della pace The e Peace Path

Il Sentiero della pace è un tracc ciato che collega i luoghi e le memorie della Grande Guerra sul fronte del Trentino, dal Passo del Tonale alla Marm molada, per una lunghezza di olltre 520 chilometri. Il pe ercorso è contrassegnato da se egnavia con una colomba gialla.

The Peace Path connects the places and memories of the Great War on the Trentino front, from the Tonale Pass to th he Marmolada, covering a len ngth of over 520 kilometres (323 miles). The path is indicated with h signposts bearing a yelllow dove.

1° tratto / 1st section: Tonale – Adamello 2° tratto / 2nd section: Adamello – Val Rendena, Val Giudicarie, Val di Concei 3° tratto / 3rd section: Valle di Ledro – Alto Garda 4° tratto / 4th section: Rovereto e Vallagarina 5° tratto / 5th section: Altipiani Folgaria, Lavarone, Luserna 6° tratto / 6th section: Valsugana Lagorai 7° tratto / 7th section: Valle di Fiemme, Val di Fassa


CENT’ANNI DOPO RICORDI DI GUERRA SGUARDI DI PACE

1918 – 2018 ONE HUNDRED YEARS ON MEMORIES OF WAR IMAGES OF PEACE


Progetto ideato e curato da / Project conceived and curated by

Mostra e catalogo curati da / Exhibition and catalogue curated by Giovanna Calvenzi Progetto grafico / Graphic Design Tomo Tomo con Roberto Arista Traduzione / Translation Tessa Say Stampa / Print Litografica Editrice Saturna, Trento Carta / Paper Fedrigoni Materica Fedrigoni Arcoprint Milk Copertina e volume composti / Cover and book typeset in Ludwig - Arnhem, Fred Smeijers © 2018 Gli Autori per le fotografie © 2018 The Authors for the photographs © 2018 Gli Autori per i testi © 2018 The Authors for the texts Le foto storiche che corredano il testo di Camillo Zadra provengono dall’Archivio fotografico del Museo Storico Italiano della Guerra, Rovereto. Historical photos accompanying the text by Camillo Zadra are from the Italian War Museum’s Photographic Archive, Rovereto.

Partner tecnico / Technical Partner


Nel cuore dell’Europa, proprio al centro delle Alpi, c’è il Trentino: un luogo di passaggio che attraverso i secoli è diventato un punto d’arrivo. Dalla fine della Grande Guerra sono passati ormai cent’anni e questa terra di confine – segnata all’epoca dal fronte italo-austriaco – ha saputo trasformare le cicatrici del conflitto in simboli di pace e di dialogo tra culture diverse. Qui lo stile di vita italiano incontra il rigore dei popoli del nord, l’aria del Mediterraneo riscalda le pareti chiare delle Dolomiti (tutelate dall’Unesco) risalendo valli alpine dove anche le forme di case e castelli raccontano una storia di contaminazioni. È una terra di montagna attraversata da chilometri di sentieri, bagnata da 300 laghi, con 146 rifugi alpini, 200 castelli e musei d’autore. Una terra che è diventata una delle principali mete turistiche italiane, ma dove i cittadini restano i protagonisti di una alta qualità della vita e di un ambiente puro da consegnare alle generazioni del futuro. Ecco l’esperienza Trentino.

In the heart of Europe, at the very centre of the Alps, lies Trentino: a place of transit that over the centuries has become a destination. A hundred years have now passed since the end of the Great War, and this borderland – marked by the ItalianAustrian front of that time – has managed to transform the scars left by the conflict into symbols of peace and of dialogue between different cultures. Here, the Italian way of life meets the efficiency of the northern peoples, the Mediterranean air warms the pale rock faces of the Dolomites (protected by Unesco) as it rises up the Alpine valleys, where even the structures of houses and castles reveal crosscultural influences. It is a mountainous land crossed by miles of footpaths, bathed by 300 lakes, with 146 mountain refuges, 200 castles and specialised museums. A region that has become a major Italian tourist destination, but where local people enjoy a high quality of life and an untainted environment that they will pass down to future generations. This is the Trentino experience.



INDICE PAOLO RUMIZ Ascoltare le ombre Listening to shadows 7 CAMILLO ZADRA Una regione al fronte. Il Trentino nella Prima guerra mondiale A region on the front line. Trentino in the First World War 13 LUCIANO GAUDENZIO Lo sguardo oltre Looking beyond 32 DANIELE LIRA Mutazioni Changes 68 GIANLUCA COLLA Dispacci... Dispatches... 104 NAUSICAA GIULIA BIANCHI Teatro di guerra Theatre of War 120 PIERLUIGI ORLER Sentimenti dolci e amari Bittersweet Feelings 154 GIOVANNA CALVENZI Cinque racconti Five stories 187 Autori Authors 191

INDEX



Paolo Rumiz

ASCOLTARE LE OMBRE La guerra di movimento non lascia tracce. Quella di posizione scolpisce il territorio, indelebilmente. Lo impregna. I Francesi dicono che la guerra vive sempre, “la guerre vit toujours” e intendono quella grande, con due G maiuscole. In cinquecento comuni francesi l’acqua ha assorbito così tanti dei veleni di allora da essere sconsigliata a bambini e partorienti. Dopo un secolo. La prima guerra più scolpita della seconda. Mentre cammini nel fango delle Fiandre o nelle paludi del fronte orientale, il paesaggio ti attanaglia l’anima. Ti fa sentire che tutto è appena successo. Non servono gli ossari, le croci dei cimiteri. Bastano gli alberi, le ondulazioni del terreno. Rimane, nella natura, qualcosa di sinistro. Specialmente di notte. … Quando la guerra di trincea tocca la montagna, la percezione della guerra si fa ancora più forte.

Paolo Rumiz

LISTENING TO SHADOWS The war of movement leaves no trace. The war of position sculpts the land, indelibly. Impregnates it. The French say that the war is still living, “la guerre vit toujours” and they mean the big one, with a capital G and a capital W. In five hundred French boroughs, the water has absorbed so many poisons from that time that children and pregnant women are advised against drinking it. A century later. The First War more sculpted than the second. When you walk in the Flanders mud or in the marshes of the eastern front, the landscape grips your soul. It makes you feel that everything has just happened. You don’t need the ossuaries, the cemetery crosses. The trees, the undulations of the ground, are enough. Something sinister remains in nature. Especially at night. ... When trench war comes to the mountains, the war is perceived more deeply still.

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Ti si incardina in modo ancora più netto nella memoria. Dormite una notte sotto l’Ortigara o in un vallone della Bainsizza e capirete. Gli avvallamenti e le conche diventano cassa di risonanza dell’anima. Amplificano il battito del cuore. Moltiplicano il rimbombo dei temporali. Rendono universale lo scroscio della pioggia. Danno senso al libro che leggete. Vi fanno sentire la presenza delle Ombre. Fate una gita sul Grappa: troverete ancora bossoli, frammenti di ossa umane e manciate di balistite infiammabile nell’erba. Guardate come “friggono” col temporale i monti sull’Isonzo, per tutta la ferrazza che hanno inghiottito. E sul Pasubio, sforacchiato di gallerie più delle catacombe di Roma, nelle notti di luna piena, ah! come li senti i festini delle anime. E sui boschi dei Monti Carpazi, specie quando le notti si allungano verso il solstizio d’inverno, provate a tendere l’orecchio. Sentirete un sommesso parlottio, un frusciare di pastrani in lana cotta, un movimento di giberne e un calpestio di scarponi sulle foglie secche e la prima neve.

It hinges you more clearly still in memory. Sleep for one night under Ortigara or in one of the Bainsizza valleys, and you will understand. The valleys become the soul’s sound-box. They amplify the heartbeat. They multiply the thunderclaps of storms. They make the pounding of the rain universal. They give sense to the book you are reading. They make you feel the presence of the Shadows. Take a walk on Monte Grappa: you will still find shell casings, fragments of human bones and handfuls of flammable balistite in the grass. See how the Isonzo mountains “sizzle” in the storm, because of all the ironware they have swallowed. And on the Pasubio, perforated with more tunnels than Rome with catacombs, on full moon nights, ah! how you can hear the souls celebrating. And in the woods of the Carpathian Mountains, especially when the nights lengthen as the winter solstice approaches, try sharpening your ear. You will hear a subdued murmur, a rustle of felt greatcoats, a movement of cartridge bags and a trampling of boots on dry leaves and the first snow.


… È il suono che fa la differenza. Il fattore acustico. Una bomba che cade in Fiandra fa bang una volta sola. Sulle montagne echeggia all’infinito. Bon borombon, bombom borombon. Una sera, salendo verso le Fugazze, l’ho sentito in modo netto. Ho rivisto i rincalzi salire di notte, e dalla prima linea scendere i “veci” con i feriti che si lamentavano piano sulle barelle. Ho percepito la loro angoscia. Maria santissima, proteggimi da quelle ombre nere, da quelle crode contorte, arcigne. Chissà cosa mi aspetta. E intanto sull’altro versante si accendeva un cannoneggiamento di lampi azzurri, verdi, violacei. E i tuoni col rimbombo disegnavano l’ecografia delle Alpi. Ci sarà un motivo che la guerra in montagna ha generato più memoria e più canzoni della guerra sul Carso. Non è solo per via degli Alpini, del vino e delle loro adunate. È per questo formidabile fattore differenziale: l’acustica. È a causa del suono che la guerra segna le montagne più fortemente della pianura. 9

... It is the sound that makes the difference. The acoustic factor. A bomb falling in Flanders goes bang just once. In the mountains it echoes endlessly. Boom boroomboom, boomboom boroomboom. One evening, climbing towards the Fugazze pass, I heard it clearly. I saw the earth thrown up at night, and the old men coming down from the first line with the wounded groaning slowly on their stretchers. I perceived their anguish. Most Holy Mary, protect me from those black shadows, from those grim, contorted pinnacles. Who knows what awaits me. And meanwhile, on the other side of the valley a cannonade of blue, green, purple flashes blazed. And echoing crashes of thunder described an ultrasound of the Alps. There will be a reason why more memories and more songs came out of the war in the mountains than the war on the Carso. It’s not just because of the Alpine corps, the wine and their reunions. It’s for this formidable distinguishing factor: the acoustics. It’s because of sound that the war makes a greater mark on the mountains than on the plains.


… E poi c’è la visuale dall’alto. Lo sguardo a volo d’uccello. I saliscendi del paesaggio. Gli scollinamenti, le sorprese mozzafiato. Anche in questo fattore visivo il fronte italiano è unico al mondo. Dai quasi quattromila dell’Ortles fino al Mare, esso coincide con la più capillare, nitida, perfetta visione dell’Italia del Nordest. Una mattina da una trincea dei Lessini ho visto contemporaneamente il Cevedale e il mare. Non potevo crederci. Sono cose che nessuna Fiandra, nessuna Galizia potrà mai offrirti. L’ossessione delle “alture dominanti” come fattore strategico decisivo ha fatto sì che le postazioni militari offrissero la più fantastica visuale. Noi ereditiamo tutto questo, centinaia di chilometri di bellezza percorribili con il Sentiero della Pace. Esso completa il sentiero dallo stesso nome che scende dalle Alpi Giulie verso il Monte Nero, la Bainsizza e Trieste. … Andateci, portatevi il sacco a pelo. Pernottate lassù. Sentirete qualcosa. Bivaccherete con “loro”. Suggestione, mi direte. E se fosse? Che importa. Se quella sugge10

... And then there is the view from above. The bird’s eye view. The undulating landscape. Descents from the passes, the breathtaking surprises. The Italian front is unique in the world also for this visual factor. From the almost 4,000 m. of Ortles to the sea, it affords the most detailed, sharp, perfect panorama of north-eastern Italy. One morning from a trench on the Lessini mountains I saw Cevedale and the sea at the same time. I could not believe it. These are things that no Flanders, no Galicia can ever offer you. The obsession of the “dominating heights” as a decisive strategic factor meant that the military positions offered the most fantastic views. We inherit all this, hundreds of miles of beauty that we can walk through on the Peace Path. It completes the Peace Path that descends from the Julian Alps towards Monte Nero, Bainsizza and Trieste. ... Go there, take your sleeping bag. Spend the night up there. You will hear something. You’ll bivouac with “them”. The power of suggestion, you will tell me. And what if it were?


stione consente di entrare nelle scarpe di quegli uomini, che sia benedetta. Mai nella storia un segno di guerra ha mostrato una simile potenzialità culturale. E non solo, anche politica. Abbiamo urgente bisogno di ricordare quella guerra per evitare che l’Europa ricada nella tentazione del suicidio. Ebbene: gli alzabandiera non bastano più. Le commemorazioni ufficiali nemmeno. Abbiamo bisogno di evocare. Di sentire. Di ascoltare i silenzi e gli echi di quei luoghi, magari portandoci in tasca il libro di un testimone diretto. Il cortocircuito fra il libro e il paesaggio scatenerà la memoria mille volte meglio di una lezione di storia. Il cammino genera pensieri. Suscita visioni. Fa di noi dei narratori, capaci di trasmettere le emozioni. Portatevi un’armonica a bocca, e andate. Tornerete diversi. Più maturi. Più europei.

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What does it matter. If that suggestion allows you to step into the shoes of those men, may you be blessed. Never in history has a sign of war shown such cultural potential. And political potential, too. We urgently need to remember that war to avoid Europe succumbing to the temptation of suicide. And so: flag-hoisting ceremonies are no longer enough. Nor even official commemorations. We need to evoke. To feel. To listen to the silences and echoes of those places, maybe carry in our pockets the book of a first-hand witness. The short circuit between the book and the landscape will trigger memory a thousand times better than a history lesson. The path generates thoughts. Arouses visions. It makes us narrators, capable of transmitting emotions. Bring a harmonica to your mouth, and go. You will come back changed. More mature. More European.



Camillo Zadra

UNA REGIONE AL FRONTE IL TRENTINO NELLA PRIMA GUERRA MONDIALE Ai margini del Tirolo e dell’Impero La posizione geografica del Trentino e le sue caratteristiche orografiche aiutano a comprendere la sua complessa collocazione per gran parte dell’Ottocento e i primi anni del Novecento all’interno dell’Impero austro-ungarico: marginale da un lato e, sul piano geopolitico, militarmente decisiva. A determinarne la marginalità stava l’essere collocato nel cuore dell’area alpina, quasi del tutto privo di risorse minerarie, con un’economia largamente basata sull’autoconsumo e solo nella seconda metà dell’Ottocento affacciatasi verso la manifattura e il nascente turismo, con una popolazione contadina distribuita in pochi centri urbani e in valli povere, toccata da fenomeni migratori permanenti e stagionali, con una società regolata da un sistema elettorale censitario, di lingua e cultura italiana all’interno di una regione – il Tirolo – a maggioranza tedesca. Se invece lo si osserva dal punto di vista dei rapporti tra potenze, il Trentino occupava un posto centrale nel sistema difensivo austro-ungarico. Solcato – ieri come oggi – da una importante via di transito tra nord e sud Europa dotata di una pluralità di accessi, tra il 1859 e il 1866 era

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Camillo Zadra

A REGION ON THE FRONT LINE TRENTINO IN THE FIRST WORLD WAR On the edges of the Tyrol and the Empire Trentino’s geographical location and the topography of its mountains help us understand the complex position it occupied within the Austro-Hungarian Empire for most of the nineteenth and the early twentieth centuries: marginal on the one hand, geopolitically of key military importance. Its marginality lay in its location at the heart of the Alpine region, almost completely without mineral resources, with an economy that was largely self-sufficient and only embraced manufacturing and the nascent tourist industry in the second half of the nineteenth century, a farming population scattered about a few urban centres and in poor valleys, subject to permanent and seasonal migrations, a hegemonic Catholic society, governed by an electoral system of census suffrage, its language and culture Italian within a German majority region - the Tyrol. If instead we look at it in terms of the relationships between political powers, Trentino occupied a central place within the Austro-Hungarian defence system. Traversed by an important transit route - then as now - between northern and southern Europe with a multiplicity

Forte Dosso del Sommo

Fort Dosso del Sommo


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diventato l’area di confine tra l’Impero e il neonato Regno d’Italia che aspirava visibilmente ad espandersi verso le altre “terre italiane” ancora soggette al dominio asburgico: il Trentino, appunto, e il Litorale adriatico. Da metà Ottocento e fino alla Prima guerra mondiale, il Governo imperiale gli destinò pertanto un programma di investimenti in infrastrutture stradali, caserme e fortificazioni superiore perfino a quanto previsto per il confine orientale con la Russia. E questo proprio perché, valutando la diversa minaccia, l’Impero voleva in tutti i modi scoraggiare le tentazioni espansionistiche italiane, frapponendo un solido sbarramento alle sue possibilità di penetrazione, per potersi proteggere più efficacemente contro un avversario ben più potente quale era l’impero zarista che poteva minacciarlo ad est. Questo programma di fortificazioni, che portò dopo il 1861 alla installazione di non meno di 80 fortificazioni lungo le valli e sulle pendici delle montagne del Trentino, procurò lavoro a molti valligiani poveri e allo stesso tempo sollevò infinite vertenze per gli espropri dei terreni e le limitazioni imposte al diritto di fabbrica. Soprattutto indicò con chiarezza quale sarebbe stato, in un futuro più o meno lontano, il destino della zona che si estendeva dal Tonale al lago di Garda, dalla Valsugana fino alla Marmolada e alle Alpi carniche: diventare un campo di battaglia. Franz Conrad von Hötzendorf, che fu a lungo Capo di Stato maggiore dell’esercito austro-ungarico,

of access routes, between 1859 and 1866 it had become the border region between the Empire and the newly-formed Kingdom of Italy, which had clear aspirations to expand into the other “Italian territories” still under Hapsburg rule: Trentino, of course, and the Adriatic Coast. So, from the mid-nineteenth century up to the First World War the imperial government allocated to the region a series of investments in infrastructures - roads, barracks and fortifications – that far exceeded those anticipated for the eastern border with Russia. The reason for this was that, in assessing the various threats, the Empire wanted at all costs to discourage Italy’s expansionist desires by placing a solid barrier against possible routes of invasion, to be able to protect itself more effectively against a far more powerful opponent, the Tsarist empire, a potential threat from the east. This series of fortifications, which, after 1861, saw no less than 80 strongholds established along the valleys and on the slopes of the mountains of Trentino, provided work for many poor valley dwellers and at the same time gave rise to endless disputes over the expropriation of land and the restrictions imposed on the right to build. Above all, it gave a clear indication of what, in a more or less distant future, would be the fate of the area extending from Tonale to Lake Garda, from the Valsugana to the Marmolada and the Carnic Alps: to become a battlefield. Franz Conrad von

Forte Valmorbia, Pozzacchio

Fort Valmorbia, Pozzacchio


riteneva che il Regno d’Italia, proiettato fatalmente verso l’Adriatico, fosse inevitabilmente in rotta di collisione con Vienna; per lui si trattava di capire solo quando – non se – lo scontro sarebbe successo, ed egli fece di tutto perché l’Impero arrivasse preparato a quell’appuntamento. Anzi, se Vienna avesse condiviso il suo parere, quell’appuntamento avrebbe preferito fissarlo personalmente. Una società permeabile Per quanto marginale e povero, tuttavia, il Trentino conobbe – sia pur in misura più attenuata – gli stessi tumultuosi processi che nell’Ottocento attraversarono altri territori più dinamici dell’Europa. Le aspirazioni nazionali e costituzionali che scossero il continente nel 1848 trovarono anche nella regione linguisticamente e culturalmente composita del Tirolo una declinazione ideale e politica che si espresse – in momenti diversi – sia sotto forma di richiesta di autonomia amministrativa, sia di aspirazione al distacco dal nesso statale austriaco e all’unione con il Regno d’Italia. In uno spazio che lentamente registrava gli effetti modernizzatori indotti dal diffondersi del sistema di mercato capitalistico, il Trentino conobbe le battaglie politiche tra liberali, cattolici e socialisti nelle quali si formò una classe politica ricca di uomini di rilievo internazionale che fecero sentire la loro voce nei parlamenti regionale e imperiale di Innsbruck e Vienna, tra i quali figure quali

Hötzendorf, for many years Chief of Staff of the Austro-Hungarian army, believed that the Kingdom of Italy, fatally propelled towards the Adriatic, was on an inevitable collision course with Vienna; his view was that it was only a question of when - not if - the conflict would take place, and he did everything he could to make sure the Empire arrived at that appointment prepared. Indeed, if Vienna had shared his opinion, he would have preferred to make that appointment himself. A permeable society Marginal and poor, Trentino nevertheless went through - although to a lesser extent - the same tumultuous processes that other more dynamic regions of Europe underwent in the nineteenth century. The national and constitutional aspirations that shook the continent in 1848, also found an ideal political perspective in the linguistically and culturally complex region of Tyrol, which - at different times - was articulated in the form of a request for administrative autonomy and in its aspiration to be released from its ties to the Austrian state and be united with the Kingdom of Italy. In a space where the modernising effects brought about by the spread of the capitalist market system were slowly being felt, Trentino was the arena of political battles between liberals, Catholics and socialists, in which a political class was formed comprising

Rovereto, VIII classe della Scuola Reale di Rovereto. 6 su 15 studenti di questa classe furono volontari nell’Esercito italiano, tra cui Damiano Chiesa (il secondo da sinistra, prima fila)

Rovereto, 3rd year secondary school students at the Rovereto Scuola Reale (Royal School). 6 out of the 15 students in this class were volunteers in the Italian Army, including Damiano Chiesa (first row, second from left)

Cesare Battisti

Cesare Battisti

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Alcide Degasperi e Cesare Battisti che in modo diverso avrebbero lasciato un’impronta decisiva nella storia trentina. Da nord e da sud, attraverso la circolazione della stampa e delle idee e grazie all’apporto di un sistema scolastico articolato che portò ad eliminare l’analfabetismo e ad indirizzare i figli delle classi agiate e del ceto medio a Innsbruck, Vienna, Monaco, Trieste, come pure a Padova, Firenze, Bologna, Torino, Pavia per completare i propri studi, penetrarono in Trentino fermenti politici e culturali nuovi, movimenti che si ripromettevano di cambiare il mondo e che contribuirono a rendere meno isolato e chiuso questo territorio che pur era periferico rispetto ai luoghi ispiratori della tumultuosa modernizzazione dell’Europa. L’ultimo segmento di quella generazione annovera tra gli altri Adalberto Libera, Luigi Bonazza, Fortunato Depero, Luciano Baldessari, Fausto Melotti, Gino Pollini, Carlo Belli che, in qualche caso attraversando la tragedia della Grande Guerra, transitarono dal Trentino alle avanguardie.

Cesare Battisti sull’Adamello

Cesare Battisti on the Adamello

Due guerre in una Al Trentino – ma non fu lo stesso per tutta l’Europa? – la Prima guerra mondiale inferse una ferita profonda e un trauma mai più dimenticato. 16

large numbers of men of international standing who made their voices heard in the regional and imperial parliaments of Innsbruck and Vienna, including figures such as Alcide Degasperi and Cesare Battisti, who, in different ways, were to leave a decisive mark on the history of Trentino. From north and south, new political and cultural ferments infiltrated Trentino through circulation of the press and of ideas, and with the help of a coordinated school system that eliminated illiteracy and sent the children of the upper and middle classes to Innsbruck, Vienna, Munich and Trieste, as well as Padua, Florence, Bologna, Turin and Pavia to complete their studies. These movements promised to change the world and helped the region become less isolated and closed, despite being peripheral to the places that were instigating the tumultuous modernisation of Europe. The last segment of that generation included Adalberto Libera, Luigi Bonazza, Fortunato Depero, Luciano Baldessari, Fausto Melotti, Gino Pollini and Carlo Belli, who, in some cases, coming through the tragedy of the Great War made their way from Trentino to the avant-gardes. Two wars in one The First World War inflicted on Trentino – and surely on the whole of Europe? - a deep wound and a trauma never to be forgotten.

Trincea in Galizia

Trenches in Galicia


Quando, alla fine di luglio del 1914, l’Impero d’Austria dichiarò guerra alla Serbia azionando il rullo inarrestabile di una guerra generale, più di 55.000 trentini furono chiamati alle armi e, salvo pochi destinati al fronte serbo, inviati sul confine orientale dell’Impero austro-ungarico, tra Cracovia e Leopoli, nella regione della Galizia oggi divisa tra Polonia e Ucraina. Lì combatterono decine di migliaia di trentini inquadrati nei reggimenti Kaiserjäger, impiegati nelle grandi battaglie che tra settembre e dicembre, per contenere la pressione russa, costarono all’imperial-regio esercito un milione tra morti, feriti e prigionieri. Tra il 1915 e il 1918 morirono 12.000 soldati trentini. Dopo l’ingresso in guerra dell’Italia nel maggio 1915, tra la popolazione civile si registrarono più di 100.000 profughi e migliaia di internati. La fascia di territorio da tempo fortificata, integrata da centinaia di chilometri di trincee, campi minati, barriere di reticolati, si trasformò in campo di battaglia. Più di cento furono i centri abitati bombardati. La dichiarazione di guerra dell’Italia rappresentò per i Comandi austro-ungarici uno shock, trattandosi del terzo fronte – dopo quelli russo e serbo – che l’imperial-regio esercito avrebbe dovuto presidiare. Per sopperire alla scarsità di uomini, le forze austriache furono fatte arretrare rispetto alla linea di confine e riposizionate lungo un sistema di trincee, postazioni e ripari fortificati

When the Austrian Empire declared war on Serbia at the end of July 1914 and set off the unstoppable roller-coaster of a general war, more than 55,000 men from Trentino were called to arms. Except for a few who were sent to the Serbian front, they were despatched to the eastern border of the Austro-Hungarian Empire, between Krakow and Lviv, in the region of Galicia that is now divided between Poland and the Ukraine. There, tens of thousands of Trentino men enrolled in the Kaiserjäger regiments fought in the great battles between September and December to contain Russian pressure that cost the Royal Imperial Army a million dead, injured or taken prisoner. Between 1915 and 1918, 12,000 Trentino soldiers died. After Italy entered the war in May 1915, more than 100,000 refugees and thousands of internees were registered among the civilian population; the strip of territory that had long been fortified and integrated with hundreds of kilometres of trenches, minefields and barbed wire fences, became a battlefield. More than a hundred settlements were bombed. Italy’s declaration of war came as a shock to the Austro-Hungarian Command, since it became a third front - after the Russian and Serbian fronts - that the Royal Imperial Army would have to control. To make up for the shortage of men, the Austrian forces were ordered to retreat from the border and were repositioned

Galizia. Caposaldo nel bosco 210 nella postazione di Boldurka

Galicia. Stronghold in wood 210 in the Boldurka post

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predisposto – con visione lungimirante – fin dall’autunno 1914, nei mesi della neutralità italiana. Ma pur così facendo l’esercito austro-ungarico avrebbe faticato a tenere le posizioni, dato che i Comandi potevano destinarvi solo 35.000 uomini. Vennero quindi mobilitate numerose compagnie di Standschützen, le formazioni volontarie del Tirolo e del Vorarlberg costituite su base territoriale e composte da soldati ultracinquantenni e da giovani non ancora diciottenni, membri delle società di tiro al bersaglio. Non sarebbero forse state in grado di reggere una campagna aggressiva dell’esercito italiano, ma supplirono adeguatamente alle necessità del momento. A sostegno all’alleato austriaco (non fu l’unica volta che ciò accadde) anche l’esercito tedesco inviò in Trentino delle truppe, l’Alpenkorps, una formazione attrezzata per la guerra in montagna che presidiò alcune sezioni del fronte fino alla fine del 1915. Sul piano militare, i 400 km del fronte trentino erano coperti dalla 1ª Armata comandata dal tenente generale Roberto Brusati (al quale nell’aprile 1916 subentrò il generale Guglielmo Pecori Giraldi) e dalla 4ª Armata, al comando del generale Luigi Nava, cui era assegnato il settore dolomitico. Secondo le disposizioni di Luigi Cadorna, Capo di Stato maggiore del Regio esercito, le due armate avrebbero dovuto preoccuparsi solo di consolidare e migliorare le proprie posizioni, sostenendo, quando necessario, le operazioni previste nella parte orientale del fronte. Per Cadorna il

along a system of trenches, military emplacements and fortified shelters which had - with foresight – been in place since autumn 1914, when Italy was still neutral. Even so, the Austro-Hungarian army would struggle to hold their positions, given that the Command could count on only 35,000 men. Numerous companies of Standschützen were therefore mobilised, voluntary companies from the Tyrol and Vorarlberg constituted on a regional basis and composed of soldiers over the age of fifty and youths under the age of eighteen, who were members of shooting clubs. They may not have been able to withstand an aggressive campaign by the Italian army, but they adequately met the needs of the moment. The German army also sent troops into Trentino to support their Austrian ally (not for the only time) in the form of the Alpenkorps, a company equipped for mountain warfare which controlled certain sections of the front until the end of 1915. Military-wise, the 400 km of the Trentino front were overseen by the 1st Army commanded by Lieutenant General Roberto Brusati (replaced in April 1916 by General Guglielmo Pecori Giraldi) and the 4th Army under the command of General Luigi Nava, who was assigned the Dolomites sector. In accordance with instructions from Luigi Cadorna, Chief of Staff of the Royal Army, the two Armies should only have needed to concern themselves with consolidating and improving their positions, and with supporting, when

Ospedale in Galizia

Hospital in Galicia


fronte trentino aveva una funzione secondaria e ciò spiega perché nel corso del primo anno di guerra in questa parte del fronte le truppe italiane siano avanzate fino a ridosso delle posizioni austriache senza quasi mai tentarne il forzamento. L’area di sfondamento prescelta era quella dell’Isonzo, del Carso e delle Alpi Giulie, dove era dislocata la parte principale dell’esercito italiano che nel luglio 1915 assommava a un milione e centomila uomini. Sul piano della ricerca del consenso, l’Austria accusò l’Italia di aver tradito il patto dell’Alleanza e le imputò la responsabilità dello scoppio della guerra, presentandola all’opinione pubblica interna come un nemico subdolo e spregevole. Da parte italiana si replicò che era giunto il momento di liberare Trento e Trieste dal giogo austriaco. La dichiarazione di guerra dell’ex alleato impose all’Austria-Ungheria di estendere l’arruolamento alle classi di età comprese tra i 18 e i 50 anni e di richiamare anche una parte di coloro che erano stati dichiarati inadatti al servizio militare. Ma gli uffici di reclutamento dovettero anche registrare centinaia di diserzioni di trentini che già nel periodo della neutralità italiana avevano passato il confine per arruolarsi come volontari nell’esercito sabaudo, con una decisione che avrebbe comportato per loro, in caso di cattura, la condanna a morte per tradimento.

necessary, the operations planned for the eastern part of the front. Cadorna saw the Trentino front as having a secondary function, which explains why throughout the first year of the war on this part of the front the Italian troops advanced to just in front of the Austrian positions, but almost never attempted to force them back. The chosen breakthrough area was the Isonzo, the Carso and the Julian Alps, where the main part of the Italian army was deployed, which in July 1915 amounted to 1.1 million men. Austria sought to obtain consensus by accusing Italy of having betrayed the Triple Alliance pact and charged it with responsibility for the outbreak of the war, presenting it to internal public opinion as a deceitful and despicable enemy. The Italians countered that the time had come to free Trento and Trieste from the Austrian yoke. Their former ally’s declaration of war forced Austria-Hungary to extend conscription to the 18 to 50 age groups and also to recall some of those who had been declared unfit for military service. The recruiting offices, however, had also to register hundreds of desertions by Trentino men, who had crossed the border in the period of Italian neutrality to enlist as volunteers in the Savoyard army, a decision that would have warranted a death sentence for treason if captured.

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Galizia. Mitragliatrice Schwarzlose mod. 07/12 in postazione antiaerea

Galicia. Schwarzlose M.07/12 machine gunners on an anti-aircraft emplacement


La grande maggioranza dei soldati trentini tuttavia combatté, con minore entusiasmo di quanto la propaganda volesse far credere, sotto le bandiere asburgiche, in conformità a quanto stabilivano le leggi dello Stato e secondo quanto appreso in famiglia, nella scuola, nella parrocchia e nella vita civile, nella speranza che la guerra finisse in breve tempo.

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Evacuazioni, internamenti, occupazioni La dichiarazione di guerra dell’Italia provocò l’evacuazione verso nord e verso sud di più di 100.000 trentini (il provvedimento interessò anche le popolazioni del Goriziano e dell’Istria), per lo più donne, bambini e anziani forzosamente allontanati dalle aree in prossimità del fronte. Circa 70-75.000 trentini vennero trasferiti verso nord: una parte fu disseminata nelle campagne della Boemia e della Moravia, dell’Austria superiore e inferiore; circa 20.000 profughi, i più poveri, vennero invece concentrati in grandi baraccamenti, vere e proprie “città di legno”, nelle quali conobbero un regime di semi-reclusione. Per i profughi del Litorale il campo principale fu a Wagna, in Stiria; per i trentini i Barackenlager furono realizzati a Mitterndorf, nei pressi di Vienna, e a Braunau am Inn, vicino a Linz. Le “città di legno” comprendevano baracche adibite a dormitorio, a scuola, ad ospedale, a chiesa, a teatro; nonostante questo disegno di ingegneria urbana e questa ricerca di funzionalità, le condizioni di

However, the vast majority of Trentino’s soldiers fought under the Hapsburg flag, although with less enthusiasm than the propaganda would have it believed, in obedience to State laws and in accordance with what they had learned from their families and in school, in their parish churches and civilian life, in the hope that the war would soon be over. Evacuations, internments, occupations Italy’s declaration of war sparked off the evacuation to the north and the south of more than 100,000 of Trentino’s population (the measure also applied to the populations of Gorizia and Istria), mostly women, children and the elderly, forcibly removed from the areas close to the front. About 70-75,000 Trentino residents were moved north: some were dispersed about the countryside of Bohemia and Moravia, Upper and Lower Austria; around 20,000 refugees, the poorest, were instead crammed into large barracks, in essence “wooden cities”, where they were subjected to a regime of semi-imprisonment. The main camp for the refugees from the Adriatic coast was in Wagna, Styria, while Barackenlager were built in Mitterndorf, near Vienna, and in Braunau am Inn, near Linz, for those from Trentino. The “wooden cities” consisted of huts serving as dormitories, schools, hospitals, churches, theatres, but despite this urban engineering design and attempt at functionality, the ref-

Braunau am Inn. Baraccamento per profughi trentini. Il lavatoio

Braunau am Inn. Camp for refugees from Trentino. The wash-house


vita dei profughi furono oltremodo disagiate, segnate dalla sottoalimentazione, dall’indigenza e da una mortalità – soprattutto, ma non solo, infantile – che raggiunse dimensioni epidemiche. Altri 30.000 trentini vennero invece evacuati dall’esercito italiano che occupò il territorio fino alle contrapposte linee austriache; in questo caso i profughi furono distribuiti in varie regioni della penisola italiana, dalla Lombardia alla Toscana, dalla Calabria alla Sicilia, dove fruirono di un’assistenza precaria segnata da sospetti e pregiudizi per la loro cittadinanza “austriaca”. Oltre a questi profughi, nel maggio 1915 più di 1.700 trentini accusati di nutrire sentimenti filoitaliani e dunque antipatriottici, vennero arrestati e trasferiti nel campo di internamento di Katzenau, anch’esso nell’alta Austria, sulla riva destra del Danubio, destinato a raccogliere anche quei cittadini “regnicoli” che allo scoppio della guerra non erano prontamente rientrati in Italia. All’interno del campo vigeva una rigida limitazione delle libertà personali e dure condizioni di vita. Gli internati provenivano da tutti i ceti sociali, ma la classe intellettuale – professionisti, clero, maestri – era la più rappresentata. La varietà sociale presente permise l’organizzazione di scuole e di corsi professionali per bambini e adulti, nonché di momenti ricreativi, musicali e sportivi. Nell’aprile 1917 il nuovo imperatore Carlo I, succeduto a Francesco Giuseppe morto il 12 novembre 1916, decretò la chiusu-

ugees’ living conditions were extremely uncomfortable, marked by undernourishment, destitution and a mortality rate which reached epidemic proportions, especially, but not only, for children. A further 30,000 Trentino inhabitants were evacuated by the Italian army occupying the territory up to the opposing Austrian lines; these refugees were dispersed over various regions of the Italian peninsula, from Lombardy to Tuscany, from Calabria to Sicily, and received precarious assistance marked by suspicion and prejudice because of their “Austrian” citizenship. In addition to these refugees, in May 1915 more than 1,700 Trentino inhabitants accused of nurturing pro-Italian, and therefore anti-patriotic, sentiments were arrested and placed in the Katzenau internment camp, in Upper Austria, on the right bank of the Danube, which also housed those citizens of the Kingdom who had not been able to return to Italy in time when the war broke out. Personal freedom was highly restricted in the camp and living conditions harsh. The internees came from all walks of life, but most were from the intellectual class - professionals, the clergy, teachers. The social variety meant that schools and professional courses for children and adults could be organised, as well as recreational, musical and sporting activities. In April 1917, the new emperor, Karl I, who succeeded Franz Joseph who had died on 12 November 1916, decreed that Katzenau

Katzenau. Campo di internamento per trentini

Katzenau. Internment camp for people from Trentino

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ra di Katzenau e l’invio di quasi tutti gli internati presso le comunità dei profughi. Tra gli arruolati, invece, quanti vennero sospettati di sentimenti filoitaliani furono raccolti in una località nel centro della Boemia, a Benešov, in un reparto di disciplina. Sorte analoga, ma sul versante opposto, toccò a centinaia di trentini arrestati dall’esercito italiano nelle zone da esso occupate, per essere deportati e confinati in località sperdute del Regno d’Italia in quanto ritenuti filoaustriaci e quindi politicamente inaffidabili: anche in questo caso ad essere colpiti furono parroci, sindaci, funzionari pubblici, oltre che semplici cittadini. Nelle zone non evacuate del Trentino i due eserciti occupanti instaurarono una sistematica militarizzazione della vita civile. Sia sul versante italiano che su quello austriaco le donne dovettero lavorare per le necessità dell’esercito come cuoche, lavandaie e, a causa della scarsità di manodopera, in lavori più pesanti e pericolosi, come la costruzione di strade, la distribuzione di rifornimenti, il trasporto di materiali. L’insufficiente rete di strade carrozzabili tra il fondovalle e le prime linee comportò l’impiego di donne tra i 15 e i 60 anni nel trasporto di viveri, munizioni e materiali per la costruzione di baracche e trincee, accanto a migliaia di prigionieri russi e serbi qui trasferiti come manodopera forzata.

be closed and had almost all the internees sent to the refugee communities. However, those among them who were suspected of pro-Italian feelings were placed in a corrective camp in Benešov, central Bohemia. A similar fate, but on the opposing side, befell hundreds of Trentino inhabitants arrested by the Italian army in the areas it occupied, then deported and interned in remote parts of the Kingdom of Italy, as they were held to be pro-Austrian and therefore politically unreliable. In this case, too, those affected were parish priests, mayors and public officials in addition to ordinary citizens. In the areas of Trentino that were not evacuated, the two occupying armies systematically militarised civilian life. On both the Italian and Austrian sides, women had to work as cooks and washerwomen in order to meet the armies’ needs, and due to the shortage of labour they also took on heavier and more dangerous jobs, such as constructing roads, distributing supplies and transporting materials. The inadequate network of vehicle roads between the valleys and the first lines meant that women between the ages of 15 and 60 were employed to transport food, ammunition and construction materials for the huts and trenches, alongside thousands of Russian and Serbian prisoners brought here as forced labour.

Vallagarina. Postazione italiana nei pressi di Serravalle all’Adige

Vallagarina. Italian military post near Serravalle all’Adige


La guerra sulle montagne L’esperienza della guerra fu tragica su tutti i fronti, ma conobbe una particolare crudezza su quello alpino dove le condizioni ambientali e climatiche costrinsero entrambi gli eserciti ad affrontare prove durissime. Le altitudini alle quali i soldati dovettero adattarsi non erano mai state considerate dagli strateghi militari come spazio operativo. Invece, per tutto il primo conflitto mondiale, accanto alla fortificazione permanente il sistema difensivo spinse i campi trincerati fino alle vette più elevate (Ortles, Adamello, Marmolada), in modo da non lasciare scoperto nemmeno un metro di territorio, a qualunque altitudine. Per attrezzarlo, migliaia di soldati tornarono ad essere operai, minatori, scalpellini, muratori, utilizzati per tracciare strade, costruire teleferiche, linee elettriche e acquedotti in grado di superare dislivelli di centinaia di metri, per erigere villaggi di baracche e per predisporre la montagna in modo da consentire la vita, in estate e in inverno, a decine di migliaia di soldati mandati a sorvegliare e presidiare quel territorio con ogni tipo di clima, a combattere sulla neve e sul ghiaccio, a operare con un vestiario ed un’alimentazione spesso inadeguati o insufficienti in ambienti che esponevano a rischi ben superiori a quelli affrontati nelle aree di pianura. Congelamenti, disturbi alla vista, disagi psicofisici, denutrizione, valanghe e incidenti sul lavoro incisero tanto quanto le perdite dovute ai combattimenti. Ma la

The war in the mountains The war was a tragic experience on all fronts, but it was a particularly severe one on the Alpine front, where the environmental and climatic conditions put both armies to the harshest tests. Military strategists had never thought of the altitudes that the soldiers had to adapt to as operational spaces. Yet throughout the First World War, alongside the permanent fortifications the defensive system pushed the trenched fields up to the highest peaks (Ortles, Adamello, Marmolada) so that not even a metre of territory – regardless of the altitude - was left uncovered. To carry out the work, thousands of soldiers became labourers, miners, stonemasons and builders again, and were used to build roads, cableways, power lines and aqueducts that could cover differences in height of hundreds of metres, to erect villages of huts and make provisions for life in the mountains, summer and winter, for tens of thousands of soldiers sent to guard and control the territory in all weathers, to fight on snow and ice, to carry out their duties in clothing and with food that were often inadequate or insufficient in environments that exposed them to far greater risks than those encountered in the lowland areas. Frostbite, visual disturbances, psychophysical discomforts, malnutrition, avalanches and accidents at work took as great a toll on life as the fighting. But the war affected not only the men and the animals (mules, dogs, donkeys),

Reticolati sul Corno di Cavento

Barbed wire fence on Corno di Cavento

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Artiglieria austro-ungarica sul versante nord della Marmolada

Austro-Hungarian artillery on the northern flank of the Marmolada


guerra non colpì solo gli uomini o gli animali (muli, cani, asini): il suolo stesso fu trasformato e violato da un’urbanizzazione accelerata e brutale dovuta all’occupazione di masse di uomini, all’azione delle artiglierie e degli esplosivi sulle rocce, sui boschi e sui pascoli. Tutto un equilibrio idrogeologico e naturale venne sconvolto con effetti che ancora oggi si percepiscono camminando su quegli antichi teatri di guerra. Infine, oltre alle distruzioni, la guerra ebbe anche tra gli effetti di lungo periodo l’aver portato dentro la sfera politica ed economica degli stati una parte di territorio fino ad allora considerata improduttiva e che invece, dopo essere stata strategicamente decisiva, alla fine della guerra venne inglobata da nuove forme di utilizzo e di frequentazione.

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La lacerazione del 1916 Nel maggio 1916 il Comando austro-ungarico tentò di alleggerire la pressione militare italiana con la prima delle tre grandi offensive lanciate nel corso del conflitto (la seconda fu nell’ottobre del 1917, la terza nel giugno 1918). Concentrando l’azione nella zona del monte Zugna, del Pasubio e degli altipiani di Folgaria, Lavarone e Luserna, l’11ª Armata austro-ungarica forte di 160.000 uomini e di 1.200 cannoni, il 15 maggio riuscì a sfondare le prime linee italiane, a penetrare nelle loro difese e a catturare migliaia di soldati. L’effetto sorpresa fu però di breve durata. Dopo qualche

the very soil was transformed and violated by a hasty, brutal urbanisation resulting from the presence of huge numbers of men, and the effects of artillery and explosives on the rocks, woods and pastures. An entire natural hydrogeological equilibrium was upset with effects that can still be seen today when out walking through those old theatres of war. Aside from the destruction, one of the long-term effects of the war was to bring into the states’ political and economic sphere a section of territory which until then had been considered unproductive, and which, instead, having played a strategically decisive role, they incorporated at the end of the war by new forms of use and access. The 1916 laceration In May 1916, the Austro-Hungarian Command attempted to relieve Italian military pressure with the first of three great offensives launched during the conflict (the second was in October 1917, the third in June 1918). Concentrating the action in the area of Monte Zugna, the Pasubio and the Folgaria, Lavarone and Luserna plateaux, on 15th May the Austro-Hungarian 11th army, with a strength of 160,000 men and 1,200 cannon, managed to break through the first Italian lines, penetrate their defences and capture thousands of soldiers. The surprise effect did not, however, last long. After a few weeks and several successes (including

Osservatorio austro-ungarico a Passo Cevedale

Austro-Hungarian look-out at Passo Cevedale


settimana ed alcuni successi (tra i quali l’occupazione del Pasubio fino al bordo sud-orientale e di Asiago fino ai confini con la pianura veneta) essa fu fermata dalla resistenza italiana e, ancora una volta, ostacolata dalla scarsità di truppe, essendo venute meno una parte delle riserve spostate d’urgenza in Russia per frenare un’offensiva scatenata dalle armate del generale Brusilov. L’“offensiva di primavera” (nota anche come Strafexpedition) si concluse dunque senza aver raggiunto i suoi obiettivi, mentre gli italiani cercarono con una serie di azioni controffensive di riconquistare alcune posizioni perdute. In una di queste azioni, il 10 luglio 1916, nel tentativo di rioccupare il monte Corno di Vallarsa, i volontari trentini Cesare Battisti e Fabio Filzi furono catturati dagli austriaci e trasferiti a Trento, processati da un tribunale militare, condannati a morte e impiccati. La stessa condanna, eseguita per fucilazione, era toccata meno di due mesi prima ad un altro volontario trentino, il ventiduenne roveretano Damiano Chiesa, catturato il secondo giorno dell’offensiva austriaca sulle pendici del monte Zugna. Attorno a queste condanne a morte, soprattutto a quella di Cesare Battisti, deputato al Parlamento di Vienna e membro della Dieta di Innsbruck, attivissimo uomo politico socialista, autorevole geografo, giornalista e organizzatore di cultura, le autorità austriache tentarono di costruire l’immagine della giustizia capace di raggiungere implacabilmente il reo di tradimento, nella speranza

occupation of the Pasubio as far as the south-eastern border and of Asiago up to the border with the Veneto plain) it was halted by the Italian resistance, and was, once again, hampered by a shortage of troops, a part their reserves having been lost to them when urgently transferred to Russia to curb an offensive launched by General Brusilov’s forces. So the “spring offensive” (also known as the Strafexpedition) ended without attaining its objectives, while the Italians tried to regain some of their lost positions with a series of counter-offensives. In one of these, on 10th July 1916, in an attempt to reoccupy Monte Corno di Vallarsa, Trentino volunteers Cesare Battisti and Fabio Filzi were captured by the Austrians and taken to Trento, where they were tried by military court, sentenced to death and hanged. The same sentence, this time by shooting, had been handed out less than two months earlier to another Trentino volunteer, twenty-two-year-old Damiano Chiesa from Rovereto, who was captured on the slopes of Monte Zugna on the second day of the Austrian offensive. Around these death sentences, particularly that of Cesare Battisti, member of the Vienna Parliament and the Diet of Innsbruck, a highly active socialist politician, authoritative geographer, journalist and cultural organiser, the Austrian authorities attempted to construct an image of justice as a force able to relentlessly track down the criminal traitor, in the hope of curbing the gradual weakening of multi-ethnic cohesion

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Pasubio. Trasporti verso Malga Bisorte

Pasubio. Transport line heading towards Malga Bisorte


di frenare il progressivo indebolirsi in tutto l’Impero della coesione multietnica, dalla Boemia alla Moravia, dalla Polonia alla Slovenia. Ma quella condanna a morte, preceduta e seguita da centinaia di altre, non riuscì ad evitare lo sfaldamento del nesso imperiale che giunse a compimento negli ultimi mesi del 1918, investendo lo stesso esercito che nell’ottobre 1918 non seppe reggere un’offensiva italiana conclusasi con la battaglia di Vittorio Veneto.

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L’esaurirsi della guerra Tra la fine di ottobre e i primi giorni di novembre del 1917 la travolgente offensiva austro-tedesca di Caporetto si ripercosse anche sul Trentino orientale. La 4ª Armata italiana fu costretta a ritirarsi con gravi perdite in difesa del Grappa, il Primiero e la Valsugana vennero sgomberati. Ma l’offensiva vittoriosa dell’Austria-Ungheria non riuscì più a ripetersi; un successivo tentativo messo in atto alla metà di giugno del 1918, non conseguì alcun risultato; fallì analogamente sul nascere, il 13 giugno anche l’operazione “Lawine” lanciata dagli austriaci nella zona del passo del Tonale, a causa della mancata sorpresa e delle tormente che impedirono i movimenti delle truppe. Ormai, come dimostrò anche la conquista italiana del monte Corno di Vallarsa avvenuta nel maggio 1918 e quella del Corno di Cavento sul massiccio dell’Adamello di poco successiva, il Regio esercito aveva recuperato l’efficienza e la capacità operativa.

throughout the Empire, from Bohemia to Moravia, from Poland to Slovenia. But that death sentence, preceded and followed by hundreds of others, failed to prevent the loosening of the imperial bond that came to an end in the last months of 1918, striking the same army that in October 1918 succumbed to the Italian offensive that concluded with the battle of Vittorio Veneto. The end of the war From the end of October and into the beginning of November 1917, the devastating Austro-German offensive at Caporetto also had repercussions on eastern Trentino. The Italian 4th Army was forced to retreat with serious losses in their defence of Grappa, and Primiero and Valsugana were evacuated. But Austria-Hungary couldn’t repeat its victorious offensive; a further attempt in midJune 1918 was fruitless; equally unsuccessful was operation “Lawine”, launched by the Austrians on 13 June in the Passo Tonale area, due to the lack of surprise and the storms that impeded troop movements. In any case, the Italian conquest of Monte Corno di Vallarsa in May 1918 and Corno di Cavento on the Adamello Massif a little later showed that the Royal Army had by now recovered its efficiency and operational capacity.

Albaredo, Vallarsa. Il paese distrutto dalla guerra

The village of Albaredo, Vallarsa, destroyed by war

Cimego, Valle del Chiese

Cimego, Chiese Valley


Fallita l’azione del giugno 1918, gli austriaci persero l’iniziativa. Il 24 ottobre 1918 la 1ª Armata italiana lanciò un’offensiva nel settore del Grappa. La resistenza austriaca durò alcuni giorni ma quando i combattimenti si estesero alla zona del Piave, le linee austro-ungariche cedettero e le truppe, già minate dalla stanchezza, dalla mancanza di viveri e dalle tensioni nazionali che stavano sfaldando l’Impero, iniziarono una ritirata inarrestabile. Il 29 ottobre un gruppo di plenipotenziari austro-ungarici, in rappresentanza del Comando supremo, prese contatto con le prime linee italiane a Serravalle, a sud di Rovereto, per chiedere l’avvio di trattative in vista di un armistizio. La delegazione fu trasferita ad Avio e poi a Padova, a Villa Giusti, sede del Comando supremo italiano, dove il 3 novembre 1918 sottoscrisse un armistizio divenuto operativo il giorno successivo. Alle 13 del 3 novembre le truppe italiane dislocate lungo la Val d’Adige superarono a Calliano le retroguardie austriache in ritirata. Alle 7 del mattino, in anticipo sull’ora prevista, l’11ª Armata imperiale aveva dato l’ordine ai propri reparti di deporre le armi. Alle 15 di quello stesso giorno la cavalleria italiana entrò a Trento. Il 4 novembre, mentre l’armistizio entrava in vigore, gli italiani raggiunsero Salorno. Nel frattempo reparti bavaresi si erano affacciati a passo Resia e nella valle dell’Isarco per contrastare la minaccia di una penetrazione italiana verso la Germania. Un battaglione alpino

With the failure of the June 1918 operation, the Austrians lost the upper hand. On 24th October, 1918, the Italian 1st Army launched an offensive in the Grappa sector. Austrian resistance lasted a few days but when the fighting spread to the Piave area, the Austro-Hungarian lines gave way and the troops, already weakened by fatigue, lack of food and the internal tensions that were tearing the Empire apart, began an inexorable retreat. On 29th October a group of Austro-Hungarian delegates representing the Supreme Command contacted the first Italian lines at Serravalle, south of Rovereto, to request the opening of negotiations with a view to an armistice. The delegation was transferred to Avio and then to Padua to Villa Giusti, headquarters of the Italian Supreme Command, where, on 3rd November 1918, they signed an armistice to take effect the following day. At 1 pm on 3rd November the Italian troops stationed along the Adige Valley passed the retreating Austrian rear-guards at Calliano. At 7 am, ahead of schedule, the Imperial 11th Army had given orders to their divisions to lay down their arms. At 3 pm on the same day, the Italian cavalry entered Trento. On 4th November, when the armistice was coming into force, the Italians reached Salorno. Meanwhile, Bavarian divisions had arrived at Passo Resia and the Isarco valley to counter the threat of Italian incursion towards Germany. An Alpine battalion was sent to Passo Resia and

Trento, 3 novembre 1918. Reparti italiani entrano in città

Trento, 3rd November 1918. Italian divisions enter the city

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fu inviato a passo Resia e una brigata di fanteria procedette a nord di Bolzano fino a Chiusa, senza però che con i tedeschi si stabilisse un contatto. La popolazione di lingua tedesca mantenne un atteggiamento di attesa. Ritiratisi i bavaresi, la brigata Valtellina fu libera di proseguire verso il passo del Brennero assieme a reparti di arditi e ad autoblinde, fino ad Innsbruck.

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Sguardi nuovi Finita la guerra, nelle pianure del fondovalle i sistemi di trincee vennero smantellati, il terreno fu ripulito dal filo spinato e dai residuati bellici, i campi tornarono ad essere seminati. Sulle montagne dove si era combattuto, anch’esse sommariamente ripulite da una folla di recuperanti, ritornò il silenzio, interrotto dai pellegrinaggi dei reduci e, con il trascorrere del tempo, dall’afflusso di escursionisti e di sciatori. Alle quote più elevate la neve seppellì baracche e postazioni di artiglieria, trincee e caverne, gli sbarramenti di filo spinato e qualche dimenticato deposito di munizioni. A quote più basse, là dove la vegetazione si rinnova ogni anno, molte trincee si riempirono, altrove, dove a primavera riaffiora il pietrame che tutti gli inverni la neve torna a nascondere, i camminamenti sono rimasti ben visibili e, talvolta, percorribili. Il loro destino, come quello di tutte le cose, appare segnato; come potrebbe essere diversamente? A meno che non si ripeta

a brigade of infantry proceeded north of Bolzano to Chiusa, but no contact was made with them. The German-speaking population maintained an attitude of waiting. The Germans having withdrawn, the Valtellina brigade was free to continue towards the Brenner Pass with divisions of assault infantrymen and armoured cars, and on to Innsbruck. New visions Once the war was over, the trench systems in the valley plains were dismantled, the land was cleared of barbed wire and war remains, seeds were once gain sown in the fields. In the mountains where there had been fighting, they were also immediately cleared by a crowd of salvagers, silence returned, interrupted by war veterans on pilgrimages, and, with the passing of time, by an influx of walkers and skiers. At the highest altitudes, snow buried huts and military installations, trenches and caves, barbed wire fences and a few forgotten munitions depots. At the lower altitudes, where the vegetation grows back every year, many of the trenches have filled up, while in other places, where the snow hides the heaps of stones on the ground before disappearing in the spring, patrol paths can still be clearly seen, and in places still be followed. Their fate, as with all things, seems to be marked out; how could it be otherwise? Unless we continue into the future the

Monte Pasubio. Raccolta di salme

Monte Pasubio. Collecting bodies


anche nel futuro ciò che ormai da trent’anni si verifica su queste montagne: un grande lavoro di recupero di siti storici della Prima guerra mondiale, di fortificazioni permanenti e campali, di campi trincerati e di resti dei villaggi di baracche, frutto di un lavoro che ha richiesto migliaia e migliaia di ore di lavoro ed ha coinvolto – accanto alla Soprintendenza ai Beni culturali – centinaia di volontari e numerose associazioni, guidati e sostenuti dall’energia e dall’entusiasmo di alcune persone. La loro intuizione è stata pensare che le tracce di quella guerra potevano essere lette come i segni di un paesaggio storico che meritava di essere conservato come un elemento che, a cento anni dalla fine della Prima guerra mondiale, caratterizza l’immagine del Trentino contemporaneo. Tracce di un sommovimento tellurico che, dopo aver lasciato sui campi di battaglia dieci milioni di morti e centinaia di centri abitati distrutti, aveva consegnato come eredità ai sopravvissuti una nuova carta politica dell’Europa, la società di massa (nella quale ancora viviamo), i totalitarismi e i nazionalismi dai quali è germinata la Seconda guerra mondiale. Se questa intuizione avrà un futuro, potremo parlare del Trentino e delle sue montagne come di un grande sito storico nel quale l’Europa può continuare a trovare alcune delle ragioni che fondano la sua identità. Anche per questo non è banale accostare oggi alle foto storiche di quella guerra, conservate negli archivi dei musei, degli sguardi e una nuova poetica della memoria dei luoghi, frutto della ricerca di fotografi contemporanei. extensive work that has been taking place on these mountains these last 30 years: the recovery of the historic sites of the First World War, the permanent and field fortifications, the networks of trenches and the remains of the hut villages, fruit of a labour that required thousands and thousands of hours’ work and that involved – alongside the Department of Culture – hundreds of volunteers guided and supported by the energy and enthusiasm of a handful of people. Their intuitions made them think that the traces of the war could be read as the signs of a historic landscape which merited conservation as an element that, a hundred years after the First World War, characterises the image of contemporary Trentino. Traces of a seismic upheaval, which, having left tens of millions of dead on the battlefields and hundreds of settlements destroyed, bequeathed the survivors a legacy in the form of a new political map of Europe, a mass society (in which we still live), totalitarian and nationalist regimes which were the seeds of the Second World War. If this intuition is to have a future, we will be able to speak of Trentino and its mountains as a huge historical site where Europe may continue to find the reasons underlying its identity. This is also why it is no trivial thing to compare the historic photos of that war, preserved in the archives of museums, with contemporary visions and a new poetics of the memory of places, the fruit of research by contemporary photographers.

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Passo Presena, Tonale

Passo Presena, Tonale


Luciano Gaudenzio

LO SGUARDO OLTRE

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Luciano Gaudenzio

LOOKING BEYOND


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Passo Presena, Tonale

Passo Presena, Tonale


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Passo Presena, Tonale

Passo Presena, Tonale


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Passo Presena, Tonale

Passo Presena, Tonale


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Rifugio Lobbia o “Ai Caduti dell’Adamello”

Lobbia Refuge “To the Fallen on the Adamello”


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Cima Cresta Croce, Gruppo dell’Adamello

Cima Cresta Croce, Adamello Group


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Cima Cresta Croce, Gruppo dell’Adamello

Cima Cresta Croce, Adamello Group


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Forte Cherle, Passo Sommo, Folgaria

Fort Cherle, Passo Sommo, Folgaria


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Forte Cherle, Passo Sommo, Folgaria

Fort Cherle, Passo Sommo, Folgaria


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Nei pressi di Forte Cherle, Passo Sommo, Folgaria

Near Forte Cherle, Passo Sommo, Folgaria


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Forte Busa Verle, Passo Vezzena, Altopiano di Lavarone

Fort Busa Verle, Passo Vezzena, Lavarone plateau


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Forte Busa Verle, Passo Vezzena, Altopiano di Lavarone

Fort Busa Verle, Passo Vezzena, Lavarone plateau


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Nei pressi del Rifugio Mandron, Gruppo dell’Adamello

Near Mandron Refuge, Adamello Group


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Monte Tonale, Torrione d’Albiolo

Monte Tonale, Torrione d’Albiolo


LO SGUARDO OLTRE Percorrere il Sentiero della Pace lungo quello che, durante la Prima guerra mondiale, fu il confine conteso tra l’esercito italiano e quello austro-ungarico, è stata un’esperienza emozionante e a tratti commovente. Studiare e programmare le tappe da percorrere non potranno mai preparare, se non fisicamente, a tutto quello che si può ancora intuire e scoprire, facendo riemergere i ricordi. Ancora oggi, a cento anni di distanza, il paesaggio porta indelebili i segni della guerra: trincee, camminamenti, misteriose aperture nella roccia, crinali disseminati di filo spinato. Qualcosa sta però cambiando. La natura, da sempre indifferente alle tragedie umane, sta lentamente riconquistando l’ambiente che fu allora adattato con la costruzione di strade, cremagliere, cittadelle tra i ghiacci e addirittura trasformato dalle esplosioni delle mine. È dunque fondamentale conoscere in anticipo ciò che si sta cercando. Spesso, durante questo cammino di ricerca mi sono venuti in

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LOOKING BEYOND Walking along the Peace Path, following what was the border disputed by the Italian and Austro-Hungarian armies during the First World War, was an emotional and at times moving experience. Studying and planning the stages of the walk can never be a preparation, except a physical one, for everything there is to understand and discover by letting memories resurface. Even now, a hundred years after the event, the landscape still bears the indelible signs of war: trenches, patrol paths, mysterious openings in the rock, ridges strewn with barbed wire. Yet something is changing. Nature, ever indifferent to human tragedy, is slowly reclaiming the environment that had been modified by the construction of roads, rack railways and citadels in the ice, and even transformed by exploding mines. It is essential, therefore, to know beforehand what you are looking for. During this research walk, Eugenio Montale’s poems


mente i versi di Eugenio Montale. Il poeta era stato assegnato al reparto sotto il Monte Corno, in Valmorbia. Per lui il momento più importante della giornata era la notte, quando “tacevano gli spari” e riusciva a rilassarsi, scrivendo sul proprio taccuino. Quasi per reazione alla violenza che viveva tutti i giorni, si abbandonava all’incanto del paesaggio di quella terra “dove non annotta” e di “fioriti nuvoli di piante, di notti chiare erano tutte un’alba e portavano volpi alla mia grotta”. Uno sguardo che andava oltre le misere vicende umane che stava vivendo. Uno sguardo rivolto alla natura e al paesaggio. Un incanto che è rimasto intatto sulle montagne del Trentino e che convive con le cicatrici di quel doloroso conflitto. Uno sguardo che oggi come allora ho cercato di posare su un paesaggio modificato affinché la memoria non si perda. Un mio piccolo contributo per tramandare il ricordo. Luciano Gaudenzio

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often came to mind. The poet had been assigned to the unit below Monte Corno, in Valmorbia. The most important part of the day for him was the night, when “the shooting stopped” and he could relax and write in his notebook. Almost as a reaction to the daily violence that he was living through, he abandoned himself to the thrall of the landscape of that land “where night never comes”, and of “flowering clouds of plants”, where “The bright nights were all a dawn, and brought foxes to my cavern”. A gaze that went beyond the miserable human events that he was experiencing. A gaze turned on nature and the landscape. An enchantment that remains intact on the mountains of Trentino and that survives alongside the scars of that painful conflict. A gaze that now, as then, I have tried to turn to an altered landscape so as not to forget. My small contribution to passing on the memory. Luciano Gaudenzio


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Monte Pasubio

Monte Pasubio


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Monte Pasubio

Monte Pasubio


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Via Bruno Federspiel, Passo San Pellegrino

Bruno Federspiel Path, Passo San Pellegrino


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Via Bepi Zac, Passo San Pellegrino

Bepi Zac Path, Passo San Pellegrino


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Catena di Bocche e Pale di San Martino

Catena di Bocche and the Pale di San Martino


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Via Bepi Zac, Passo San Pellegrino

Bruno Federspiel Path, Passo San Pellegrino


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Via Bepi Zac, Passo San Pellegrino

Bepi Zac Path, Passo San Pellegrino


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Monte Creino, Val di Gresta

Monte Creino, Val di Gresta


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Parco Naturale delle Pale di San Martino e Paneveggio, Passo Valles

Pale di San Martino - Paneveggio Nature Park, Passo Valles


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Veduta da Monte Altissimo di Nago, Parco Naturale del Monte Baldo

View from Monte Altissimo di Nago, in the Monte Baldo Nature Park


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Veduta da Monte Altissimo di Nago, Parco Naturale del Monte Baldo

View from Monte Altissimo di Nago, Monte Baldo Nature Park


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Monte Altissimo di Nago, Parco Naturale del Monte Baldo

Monte Altissimo di Nago, Monte Baldo Nature Park


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Busto di Cesare Battisti, San Martino di Castrozza, 1.487 m.

Bust of Cesare Battisti, San Martino di Castrozza, 1,487 m.


Daniele Lira

MUTAZIONI

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Daniele Lira

CHANGES


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Passo Presena 2.997 m., zona Tonale

Passo Presena 2,997 m., Tonale area

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Passo Presena 2.997 m., zona Tonale

Passo Presena 2,997 m., Tonale area


Forcella Serauta, 2,950 m., Marmolada

Monte Altissimo di Nago 2.079 m., zona Lago di Garda

Forcella Serauta 2.950 m., Marmolada

Monte Altissimo di Nago, 2,079 m., Lake Garda area

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Passo Presena, 2.997 m., zona Tonale

Passo Presena, 2,997 m., Tonale area


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Forcella Serauta 2.950 m., Marmolada

Forcella Serauta, 2,950 m., Marmolada


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Lastei Grande, 2.737 m. Ferrata Bepi Zac Cima di Costabella

Lastei Grande, 2,737 m. Bepi Zac via ferrata Cima di Costabella


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Cima di Costabella 2.759 m., Ferrata Bepi Zac

Cima di Costabella 2,759 m., Bepi Zac via ferrata


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Nei pressi del Passo Maroccaro 2.973 m., zona Presena

Near Passo Maroccaro 2,973 m., Presena area


Passo delle Selle, 2.528 m. zona Passo San Pellegrino

Porte del Pasubio, 1.928 m. nei pressi del Rifugio Papa Monte Pasubio

Passo delle Selle, 2,528 m. Passo San Pellegrino area

Gates of the Pasubio, 1,928 m. near the Papa Refuge Monte Pasubio

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Strada delle 52 Gallerie, 2.000 m. circa, Monte Pasubio

Strada delle 52 Gallerie (Road of 52 Tunnels), around 2,000 m., Monte Pasubio

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Cima Palon, 2.232 m. Monte Pasubio

Cima Palon, 2,232 m. Monte Pasubio


Dente Austriaco 2.127 m., Monte Pasubio

Cima della Caldiera 2.124 m., zona Ortigara

Dente Austriaco, 2,127 m., Monte Pasubio

Cima della Caldiera, 2,124 m., Ortigara area

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Cocuzzolo dei Morti 2.020 m., Monte Pasubio

Cocuzzolo dei Morti (Summit of the Dead), 2,020 m., Monte Pasubio


La CittĂ Morta, 2.500 m. circa Monte Tonale Orientale

Strada degli Eroi, 1.800 m. circa, Monte Pasubio

La Citta Morta (the Dead City), around 2,500 m., eastern Monte Tonale

Strada degli Eroi (Heroes’ Road), around 1,800 m., Monte Pasubio

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MUTAZIONI I miei nonni sì, che l’hanno combattuta, la Prima guerra mondiale, su fronti opposti, sopravvivendo a un tempo che ha negato la gioventù in cambio di miseria e orrore. Cosa hanno taciuto a noi nipoti, in quei lunghi silenzi in cui cadeva talvolta il loro pensiero? E cosa resta, a cento anni di distanza, di quel tempo sciagurato? Quali trasformazioni sono sopraggiunte nei luoghi teatro di indicibili massacri? Queste domande mi hanno accompagnato sulle montagne del Trentino, che ho sempre frequentato come guida alpina e fotografo e oggi mi rivelano una realtà complessa, dove l’ambiente mostra, a ogni piè sospinto, tracce indelebili del conflitto e accoglie nuove generazioni di frequentatori, così lontane dai loro avi, negli scopi e nei modi. Una scansione temporale ideale sottende la mia ricerca sul sentiero più tragico e bello d’Europa, focalizzata sulle mutazioni intercorse nella presenza umana e nel paesaggio, laddove la guerra del ’15-’18

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CHANGES Of course, my grandfathers fought in the First World War, on opposite sides, and survived a period that renounced youth in exchange for poverty and horror. What were they hiding from us grandchildren, in those long silences their thoughts sometimes fell into? And what remains, a hundred years later, of that appalling time? What transformations have taken place in those places that were theatres of unspeakable massacres? These questions accompanied me on the mountains of Trentino, where I have always ventured as a mountain guide and photographer, and they now reveal to me a complex situation, where the environment, at every step, displays indelible traces of the conflict and embraces new generations of visitors, so distant from their ancestors in their aims and behaviours. Underlying my research on Europe’s most tragic and beautiful path is an idealised passing of time focused on the changes in the human presence and in the landscape in those places where the


ha storicamente rappresentato la prima grande antropizzazione della montagna, oggigiorno “colonizzata” in numeri altrettanto significativi, sulla spinta dalla crescente esigenza di immersione nell’ambiente. Una sorta di “mutazione genetica” che aiuta a prendere le distanze dalla guerra, ma non deve ignorarne i solchi e i significati, favorita dalla natura che si sta inesorabilmente riappropriando degli spazi, pena l’aberrazione di pericolose velleità belliche e l’annullamento dell’identità alpina. La scarsa coscienza dell’unicità dei luoghi apre una serie di interrogativi etici sulla lezione impartita dalla storia e sulla conseguente necessità di conservare preziosa la memoria, per vivere oggi gli spazi di morte di ieri, apprezzando gli stimoli dell’ambiente naturale, ma con un occhio vigile alle tracce dell’umana follia, optando per nuovi modi di godimento del creato. Daniele Lira 87

1915-18 war represented historically the first great anthropisation of the mountain, which these days is “colonised” in equally large numbers, driven by the growing need to immerse oneself in the environment. A sort of “genetic mutation” that helps us distance ourselves from the war, but should not ignore its scars and meanings, facilitated by nature that is inexorably reclaiming the spaces, at the cost of perverting vain ambitions of war and annihilating the mountain identity. The scant awareness of the uniqueness of the places raises a series of ethical questions about the lesson history teaches and the consequent need to preserve memory as a precious thing, in order to live now in the spaces of yesterday’s death, appreciating natural environmental stimuli while keeping a watchful eye for signs of human madness, opting for new ways of enjoying creation. Daniele Lira


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Passo di Lagoscuro 2.970 m., zona Tonale

Passo di Lagoscuro, 2,970 m., Tonale area


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Cima Cavallazza, 2.324 m. Lagorai, zona Passo Rolle

Cima Cavallazza, 2,324 m., Lagorai, Passo Rolle area


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Nei pressi dell’imbocco della galleria di Mina dello Scalambron, 1.677 m., Monte Zebio, Asiago

Near the entrance to the Mina dello Scalambron tunnel, 1,677 m., Monte Zebio, Asiago


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Nei pressi del Rifugio Graziani, 1.650 m., Monte Altissimo di Nago

Near the Graziani Refuge, 1,650 m., Monte Altissimo di Nago


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Val Rendena 2.100 m. circa, Pinzolo

Val Rendena, around 2,100 m., Pinzolo

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Piste da sci di Fondo Piccolo nei pressi del Forte Sommo Alto, 1.600 m circa, Folgaria

Sul tracciato della Marcialonga nei pressi di Molina di Fiemme Cavalese

Fondo Piccolo ski slopes near Fort Sommo Alto, around 1,600 m., Folgaria

On the Marcialonga track near Molina di Fiemme, Cavalese


Nei pressi della Cima Monte Maggio, 1.853 m., Folgaria

Sulle piste da sci di Fondo Piccolo nei pressi del Forte Dosso delle Somme, 1.670 m, Folgaria

Near Cima Monte Maggio, 1,853 m., Folgaria

On the Fondo Piccolo ski slopes near Fort Dosso delle Somme, 1,670 m., Folgaria

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Nei pressi del Passo San Pellegrino, 1.918 m.

Near Passo San Pellegrino, 1,918 m.

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Sacrario, 1.877 m. Passo del Tonale

War Memorial, 1,877 m. Passo del Tonale


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Cascate di Nardis 927 m., Val di Genova

Cascate di Nardis (Nardis Waterfalls), 927 m., Val di Genova


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Forte Batteria di Mezzo, 300 m. circa, Riva del Garda

Fort Batteria di Mezzo, around 300 m., Riva del Garda


Forte Busa Granda, 1.500 m., Vignola Falesina

Nei pressi del Trincerone, 1.420 m., Monte Zugna, Rovereto

Fort Busa Granda, 1,500 m., Vignola Falesina

Near the Trincerone (Big Trench), 1,420 m., Monte Zugna, Rovereto

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SommitĂ del Monte Campanaro, 2.064 m., zona Ortigara

Summit of Monte Campanaro, 2,064 m., Ortigara area


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Il cannone C149 su Cresta Croce Gruppo dell’Adamello

C149 cannon on Cresta Croce Adamello group


Gianluca Colla

DISPACCI...

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Gianluca Colla

DISPATCHES...


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Il cannone G149 su Cresta Croce Gruppo dell’Adamello, ribattezzato “Ippopotamo” dagli Alpini

C149 cannon on Cresta Croce Adamello group, known as the “Hippopotamus” to the Alpine troops


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Vista aerea del massiccio del Pasubio, teatro della “guerra delle mine”

Aerial view of the Pasubio massif, theatre of “mine warfare”

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Rudere di fortiďŹ cazione al Passo San Pellegrino

Ruins of fortiďŹ cations on Passo San Pellegrino


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DISPACCI... Ci sono incontri nella vita che ti incidono senza che neanche te ne accorgi. Incontri che, quasi come fossero un virus, si propagano a poco a poco dentro di te, finché ogni parte del tuo corpo e della tua mente non ne è completamente intrisa. Ci sono incontri che non ti aspetti, ma loro aspettano te. Sono rari, sono pochi, ma sono potenti: il Sentiero della Pace è uno di questi incontri. Non importa da dove lo si cominci. O dove lo si finisca. Non importa che si vada a est, a ovest, a nord oppure a sud. Importa giusto cominciare: a camminare, a guardarsi intorno, ad aprire la mente, a lasciare che gli stimoli circostanti facciano il loro corso naturale. Cominciare a lasciarsi ispirare, a far sì che gli occhi siano solo il tramite tra quello che è fuori di noi e quello che è dentro di (e a volte nascosto in) noi, lasciare che lo sguardo non sia più un obiettivo che cattura quello che si vede, bensì un obbiettivo che cattura come ci si sente. Ed è allora che, a poco a poco, non è più roccia, non è più pietra, non è più solo rudere e artefatto, non è più solo sentiero. È in quell’istante preciso che ogni elemento diviene “tutto” e si fonde in una Babele di emozioni e sensazioni, e questo “tutto” diventa storia, diventa ricordi che sembrano lontani e persi 112

DISPATCHES... In life, there are encounters that affect you without you even noticing. Encounters that are almost like a virus, gradually spreading within you until they have completely seeped into every part of your body and your mind. There are encounters you do not expect, but they are waiting for you. They are rare, they are few, but they are powerful: the Peace Path is one of these encounters. It doesn’t matter where you start from. Or where you end up. It doesn’t matter whether you go east, west, north or south. The important thing is to begin: to walk, look around, open your mind, let the stimuli that surround you take their natural course. Begin to be inspired, to make sure our eyes are just a means of connecting what is outside of us to what is inside (and sometimes hidden within) us, to let our gaze no longer be a lens that captures what we see, but a lens that captures how we feel. It is then that, gradually, each element ceases to be a rock, ceases to be stone, ceases to be just ruins and artefacts, ceases to be just a path. It is at that precise moment that each becomes “everything” and merges into a Babel of emotions and feelings, and this “everything” becomes history, becomes memories that seem distant and lost among the proud peaks, but are in fact firmly en-


tra le cime spavalde, ma in realtà sono ben incisi nella memoria collettiva. Ricordi scolpiti in ogni sasso, in ogni orma, in ogni vento che soffia tra questi rilievi eterni e immutabili, che solo la follia dell’uomo ha a volte cercato di cambiare, ha cercato di dominare, per poi rassegnarsi ad accettare come unico vincitore solo lei, Madre Natura. È qui, camminando tra queste valli e tra questi sentieri che si disegnano sugli impossibili versanti montani, che finalmente si comprende cosa abbia osato l’insana ambizione umana. È solo rivivendo e toccando con mano le vestigia di chi cento anni fa donava la propria vita alla libertà e alla propria patria, ma soprattutto a un'utopia, che si può comprendere cosa abbia realmente rappresentato la Grande Guerra: una grande parola che non fa altro che suggerirci, una volta di più, che non ci sono mai vincitori, solo vinti. È nel momento esatto in cui si realizza questo basico ossimoro che non si parla più di io, tu o lui, ma si parla di “noi”. Ed è questa la grande forza del Sentiero della Pace, quella di trasformarsi e di trasformarci. Un incontro collettivo con il nostro passato, il nostro presente e soprattutto il nostro futuro. Gianluca Colla

graved in the collective memory. Memories carved in every stone, in every footprint, in every wind that blows through these eternal, immutable heights, which only humans in their folly have at times tried to change, to dominate, only to resign themselves to acknowledging that the only winner can be none other than Mother Nature. It is here, walking through these valleys and along these paths traced on impossible mountain slopes, that we finally understand what insane human ambition has dared to do. It is only by bringing to life again and touching the vestiges of those who, a hundred years ago gave their lives for freedom and the homeland, but especially for a utopia, that we can understand what the Great War really represented: a great word that only serves to remind us, once again, that there are never winners, only vanquished. In the exact moment when this fundamental oxymoron is understood, we can no longer speak of I, you, her or him, but of “us”. And this is the great power of the Peace Path, that it can transform itself and transform us. A shared encounter with our past, our present and, above all, our future. Gianluca Colla

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Trincea italiana (Camminamento Ghersi) sul massiccio del Pasubio

Italian trench (Ghersi Patrol Path) on the Pasubio massif


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Forte Dossaccio, verso il Passo Rolle

Fort Dossaccio, near Passo Rolle


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In cammino verso la CittĂ Morta, sulle pendici del Monte Tonale Orientale

On the way to the Dead City, on the slopes of eastern Monte Tonale


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I rappresentanti delle compagnie SchĹątzen a Passo Paradiso, Val di Sole

Representatives of the SchĹątzen companies at Passo Paradiso, Val di Sole


Nausicaa Giulia Bianchi

TEATRO DI GUERRA

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Nausicaa Giulia Bianchi

THEATRE OF WAR


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Shrapnel austriaco, Museo Storico Italiano della Guerra, Rovereto

Austrian shrapnel, Italian War Museum, Rovereto


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Oggetti della Prima Guerra Mondiale, Museo Storico Italiano della Guerra, Rovereto

Objects from the First World War, Italian War Museum, Rovereto


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Oggetti della Prima Guerra Mondiale, Museo Storico Italiano della Guerra, Rovereto

Objects from the First World War, Italian War Museum, Rovereto


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Flicorno italiano, Museo Storico Italiano della Guerra, Rovereto

Italian ugelhorn, Italian War Museum, Rovereto


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Parete interna di Forte Belvedere, Riva del Garda

Interior wall of Fort Belvedere, Riva del Garda


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Parete esterna delle Caserme austriache, nei pressi di Passo Paradiso, Val di Sole

Exterior wall of the Austrian Barracks, near Passo Paradiso, Val di Sole


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Parete delle Trincee del Monte Nagia Grom, Manzano

Trench wall on Monte NagiĂ Grom, Manzano


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Parete delle Trincee della Forra del Lupo, Serrada

Wall of the Forra del Lupo trench, Serrada


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Parete esterna di Forte Mero con camouage militare, Val di Sole

Exterior wall of Fort Mero with military camouage, Val di Sole


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Vedretta della Lobbia nel Gruppo dell’Adamello vista da Cima Presena, Val di Sole

Lobbia glacier in the Adamello group seen from Cima Presena, Val di Sole


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Deposito del Forte Colle delle Benne, Levico Terme

Fort Colle delle Benne depot, Levico Terme

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Felice Longhi sui resti di Forte Zaccarana, Val Di Sole

Felice Longhi among the ruins of Fort Zaccarana, Val Di Sole


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TEATRO DI GUERRA “Per i giovani la grande guerra è più lontana della luna” Mario Rigoni Stern Quando cammino sul sentiero le trincee sono silenziose, inghiottite da una rigogliosa vegetazione. Le guide si premurano di dirmi che queste cime erano aride sassaie durante la guerra, stravolte dai soldati e dalle bombe. La bellezza del paesaggio naturale e il romanticismo delle rovine che vediamo oggi sono quindi molto distanti dallo scenario in cui hanno vissuto e combattuto dal 1915 al 1918 i soldati italiani e austriaci in Trentino. Non immaginavo i colori del camouflage dei forti del Tonale, il giallo fosforescente di un esplosivo, le rocce rosse, il grigio azzurro delle divise, nemmeno le piume verdi sgargianti dei cappelli di alcuni ufficiali. La Prima guerra mondiale nella mia mente era in bianco e nero perché così erano le foto. Mi dicono che questo sentiero permette di attraversare il tempo camminando, ma i segni di quello che è successo, seppur tanti, non bastano. La guerra di cento anni fa è irrappresentabile per la sua durezza, la sua smisurata atrocità e la sua lontananza da noi. 138

THEATRE OF WAR “For young people, the Great War is further away than the moon” Mario Rigoni Stern As I walk along the path the trenches are silent, swallowed up by the dense vegetation. The guides hasten to tell me that during the war these peaks were arid heaps of stone, cracked and dislodged by the soldiers and bombs. The beautiful natural landscapes and the romantic ruins that we see today are a long way from the scenario in which the Italian and Austrian soldiers lived and fought from 1915 to 1918 in Trentino. I could not have imagined the camouflage colours of the Tonale forts, the phosphorescent yellow of an explosive, the red rocks, the blue-grey uniforms, nor the bright green feathers of certain officers’ hats. In my mind’s eye, the First World War was black and white, because that’s how the photos were. They tell me that this footpath lets you walk through time, but although there are numerous signs of what happened, they are not enough. It is impossible to depict the harshness, the unfathomable atrocity, the distance from us of this war that took place a hundred years ago.


Queste foto testimoniano il mio tentativo di avvicinarmi a quello che è successo, attraverso l’ascolto del paesaggio, le rievocazioni storiche, gli oggetti nei musei, i recuperanti e il volto degli storici del Museo della Guerra di Rovereto nell’atto del ricordo. Mi viene in mente un’espressione: “teatro di guerra”. Con questo modo di dire comunemente si intendono i luoghi dove si svolgono degli scontri militari. Ma il teatro è anche racconto, performance e memoria. Il sentiero mi è apparso immobile ma attivabile attraverso la narrazione della sua storia e attraverso la mia immaginazione. Ho tentato di ridargli vita e renderlo visibile. Così una parola fragile e traballante come memoria diventa presenza. Nausicaa Giulia Bianchi

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These photos bear witness to my attempt to get closer to what happened, by listening to the landscape, through historical re-enactments, objects in the museums, the salvagers and the faces of the historians in the Rovereto War Museum in the act of remembering. An expression comes to my mind: “theatre of war”. This saying usually refers to the places where military confrontations take place. But theatre also means story, performance and memory. The path seemed immobile to me, but it could be set in motion by telling its story and through my imagination. I tried to give back life to it and make it visible. Thus a fragile, shaky word like memory becomes presence. Nausicaa Giulia Bianchi


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Veduta notturna del cimitero militare austriaco SlaghenauďŹ , Lavarone

The SlaghenauďŹ Austrian military cemetery at night, Lavarone

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Veduta notturna del tetto di Forte Garda, Riva del Garda

The roof of Fort Garda at night, Riva del Garda


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Lungo la trincea chiamata Forra del Lupo, Serrada

On the trench known as the Forra del Lupo (Wolf 's Ravine), Serrada

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Spettatori assistono a una visita teatralizzata a Forte Mero, Val di Sole

Spectators at a theatre event at Fort Mero, Val di Sole


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Una bomba al Museo della Guerra Bianca di Vermiglio, Val di Sole

A bomb at the Vermiglio Museum of the White War, Val di Sole


Interno di Forte Zaccarana, Val di Sole

Interior of Fort Zaccarana, Val di Sole

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La ballerina Sabrina Campagna, nella galleria che porta a Forte Pozzacchio, Trambileno

The ballerina Sabrina Campagna in the tunnel leading to Fort Pozzacchio, Trambileno


L’attore Michele Comite in una visita teatralizzata a forte Mero, Val di Sole

The actor Michele Comite on a theatrical visit to Fort Mero, Val di Sole

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Livio De Francesco, il recuperante detto “Il Bomba”, in un avamposto italiano a Colifon, Moena

Salvager Livio De Francesco, known as “The Bomb”, in an Italian outpost at Colifon, Moena


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Divisa e oggetti di un tenente italiano del 2o reggimento artiglieria, 1915, esposto alla mostra “La Gran Vera”, Moena

Uniform and objects belonging to an Italian lieutenant of the 2nd artillery regiment, 1915, in the exhibition “La Gran Vera”, Moena


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Camicia di un soldato della Prima guerra mondiale esposto alla mostra “La Gran Vera”, Moena

Shirt belonging to a First World War soldier in the exhibition “La Gran Vera”, Moena


L’attore Michele Comite durante uno spettacolo all’interno di Forte Pozzacchio, Trambileno

The actor Michele Comite during a performance inside Fort Pozzacchio, Trambileno

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Interno di Forte Pozzacchio, Trambileno

Interior of Fort Pozzacchio, Trambileno


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Resti di baraccamenti sul Monte Cauriol

Remains of encampments on Monte Cauriol


Pierluigi Orler

SENTIMENTI DOLCI E AMARI

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Pierluigi Orler

BITTERSWEET FEELINGS


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Verso Cima Campagnacia 2737 m., lungo l’Alta Via Bepi Zac

Towards Cima Campagnacia, 2737 m., on the Bepi Zac High Path


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Sulla via attrezzata Bepi Zac, Zona Passo San Pellegrino (Val di Fassa)

On the Bepi Zac High Path, Passo San Pellegrino area (Val di Fassa)


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La grande scala di legno in prossimitĂ del Sasso di Costabella, 2723 m.

The long wooden ladder near Sasso di Costabella, 2723 m.


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Catena di Bocche e il gruppo dolomitico delle Pale di San Martino

Catena di Bocche and the Pale di San Martino dolomitic group


Scritta della Grande Guerra che indicava uno dei tanti rifugi situati sull’Alta Via Bepi Zac

Postazione di osservazione verso il Passo San Pellegrino dal Doss Colvere, Val di Fassa

Writing from the Great War indicating a refuge on the Bepi Zac High Path

Look-out post towards Passo San Pellegrino from Doss Colvere, Val di Fassa

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Forte Dossaccio, Val di Fiemme. Recentemente ristrutturato, il forte costituiva il perno del sistema difensivo tra la Val di Travignolo (difesa dal vicino Forte Buso) e la Valle di San Pellegrino (difesa dal Forte di Someda)

Inside Fort Dossaccio. Recently restored, this fort in the Valle di Fiemme was the hub of the defensive system between the Val di Travignolo (defended by the nearby Fort Buso) and the Valle di San Pellegrino (defended by Fort Someda)


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Pale di San Martino viste da una trincea sulla Cavallazza. Lagorai

Pale di San Martino seen from a trench on the Cavallazza. Lagorai


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Passo Rolle

Passo Rolle


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Feritoia Austriaca sul M. Cavallazza (Passo Rolle). Il nodo della Cavallazza era uno dei capisaldi austroungarici posti a difesa della Val Travignolo. Con la sua posizione protesa verso il passo Rolle, il gruppo montuoso Cavallazza – Tognazza permetteva di tenere sotto controllo tutta la vallata del Primiero

Austrian embrasure on Monte Cavallazza, Passo Rolle. The Cavallazza hub was one of the Austro-Hungarian strongholds defending the Val Travignolo. Overlooking Passo Rolle, the Cavallazza–Tognazza mountain group allowed the entire Primiero valley to be kept under control


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Scheggia di granata nella zona Cima Cece. Sullo sfondo la Cima d’Asta, 2847 m.

Grenade shard in the Cima Cece area. In the background Cima d’Asta, 2847 m.


Interno di una galleria nella zona di Cima Cece (Lagorai). In lontananza i gruppi del Latemar e del Catinaccio

L’ingresso di una galleria italiana sulla Piccola Cavallazza con vista sulla Valle di Primiero

Interior of a tunnel in the Cima Cece area, Lagorai. In the distance the Latemar group and the Catinaccio group

The entrance to an Italian tunnel on Piccola Cavallazza with a view over the Primiero valley

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SENTIMENTI DOLCI E AMARI Sono nato e cresciuto in Valle di Fiemme, in Trentino, sotto le montagne della catena del Lagorai. Fin da bambino queste splendide cime erano per me un mondo magico, di natura selvaggia, da scoprire. Angoli di paradiso che sono stati anche luoghi di drammatiche sofferenze quando, un secolo fa, erano linea di fronte tra l’esercito italiano e quello austroungarico durante la Prima guerra mondiale. I miei occhi di bambino non potevano comprendere allora il significato delle trincee, dei camminamenti, delle gallerie, delle postazioni di artiglieria. Non potevano immaginare - nei tanti reperti bellici che spesso con i miei compagni di avventura rinvenivamo - il volto o i pensieri di migliaia di soldati mandati a combattere qui, in alta montagna, spesso in condizioni tremende. Oggi, da adulto, sono stato felice di ritornare sui luoghi della Grande Guerra, di camminare sugli stessi sentieri battuti dai soldati cento anni fa, che percorrevo quando ero ragazzino. Ho vissuto l’esperienza di tornare in questi luoghi con un sentimento dolce

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BITTERSWEET FEELINGS I was born and brought up in Valle di Fiemme, in Trentino, below the Lagorai mountains. Since I was a child, these magnificent peaks have been for me a world of magic, of wild nature waiting to be discovered. They were little pieces of paradise that were also places of dramatic suffering when, a century ago, they were the front line between the Italian and Austro-Hungarian armies during the First World War. My child's eyes could not understand the meaning of the trenches, the patrol paths, the tunnels, the artillery emplacements. Looking at the many vestiges of war that my fellow adventurers and I often found, they could not imagine the faces or thoughts of the thousands of soldiers sent to fight here, in the high mountains, often in terrible conditions. Now, as an adult, I was happy to return to the places of the Great War, to walk along the same paths beaten by soldiers a hundred years ago that I walked when I was a child. The experience of returning to these places gave me a feeling that was both bitter and sweet. Walking along the old mule tracks brought back memories of my childhood, but my thoughts went mainly to the soldiers who fought and died here.


e amaro allo stesso tempo. Percorrere le vecchie mulattiere ha fatto affiorare i ricordi di infanzia ma il mio pensiero andava soprattutto ai soldati che qui combattevano e morivano. Con la macchina fotografica ho cercato di far rivivere le tragiche esperienze della guerra nella magnificenza dei paesaggi del Lagorai, che ho tanto amato da bambino, ma anche in altre zone del Trentino che non avevo ancora esplorato, come il massiccio del Pasubio, le Alpi di Ledro, la Valle del Chiese, la zona del Lago di Garda con le sue imponenti fortificazioni. Ho camminato con i piedi e con la mente nella mia terra trentina con la consapevolezza che non si deve dimenticare il passato, per quanto drammatico sia stato. Il mio impegno è nella testimonianza e nell’interpretazione di questa natura magnifica e selvaggia, che ancora conserva le tracce di tanti tragici avvenimenti. Con la speranza e l’augurio che queste meravigliose montagne non siano più luoghi di sofferenza, ma solo di gioia e bellezza. Pierluigi Orler 171

I used the camera to try and bring back the tragic experiences of the war in the magnificent landscapes of the Lagorai, which I loved as a child, but also in other areas of Trentino that I had not yet explored, such as the Pasubio, the Alpi di Ledro, the Valle del Chiese and the Lake Garda area with their imposing fortifications. I walked with my feet and my mind through my homeland, Trentino, aware that we should not forget the past, no matter how dramatic it was. I committed myself to being a witness and an interpreter of this magnificent, wild landscape, which still harbours the traces of so many tragic events. With the hope and wish that these wonderful mountains will never more be places of suffering, but only of joy and beauty. Pierluigi Orler


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Galleria nella zona Busa Alta, Lagorai

Interior of a tunnel in the Busa Alta area, Lagorai


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Formazioni di ghiaccio nella galleria di collegamento tra gli avamposti Viaz e Oberwiesen di Forte Luserna, Alpe Cimbra

Ice formations in the tunnel connecting the Viaz and Oberwiesen outposts of Fort Luserna, on the Cimbra Alps


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Veduta su Cima d’Asta dalle trincee del Cardinal (Lagorai)

View of Cima d’Asta from the trenches on Cardinal (Lagorai)


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Forra del Lupo/Wolfsschlucht In località Serrada

Forra del Lupo/Wolfsschlucht (Wolf ’s Ravine), Serrada


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Gallerie militari sul Monte Giovo. Il rilievo venne occupato dall’esercito italiano nell’autunno del 1915 e in breve vennero realizzate trincee, postazioni d’artiglieria e gallerie in roccia

Tunnels on Monte Giovo. The Italian army occupied the mountain in autumn 1915 and quickly built trenches, artillery emplacements and tunnels in the rock


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Gallerie nell’avamposto del Monte Creino

Tunnels at the Monte Creino outpost


Galleria lungo l’avamposto Defensionsmauer, versante sud est Cima Capi, Alto Garda

Osservatorio sulla cima del Monte Creino con vista sul Lago di Garda

Tunnel at the Defensionsmauer outpost, south-eastern ank of Cima Capi, Upper Garda

Look-out on the summit of Monte Creino with a view of Lake Garda

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Iscrizioni di soldati austroungarici in una postazione di Cima Rocca, Val di Ledro

Austro-Hungarian soldiers’ inscriptions in a cave position at Cima Rocca, Val di Ledro


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Veduta dai pressi di Cima Rocca verso il Nodice, Cima Bal e Monte Carone, Alto Garda

View from Cima Rocca towards Nodice, Cima Bal and Monte Carone, Upper Garda


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Giovanna Calvenzi

CINQUE RACCONTI L’invito era a realizzare cinque progetti visivi nel 2018 che coniugassero presente e passato. Un passato lontano, il 1918, fine della Prima guerra mondiale, e sempre vicinissimo che, per chiunque visiti il Trentino, è impossibile ignorare. Quattro fotografi e un videomaker hanno quindi percorso e ripercorso il Sentiero della Pace, il lungo itinerario che unisce il Tonale alla Marmolada e attraversa i luoghi che sono stati teatro di una guerra che ha lasciato ferite incancellabili. Sono cinque autori con esperienze diverse che hanno deciso di misurarsi con un mondo che conoscevano perfettamente o che non avevano mai visto. L’obiettivo era suggerito dal titolo dell’evento: ricordi di guerra, sguardi di pace, il passato e il presente, appunto, e una speranza per progettare il futuro. In modo inevitabile, quindi, indipendentemente dalle storie personali, professionali e artistiche, ogni autore non ha potuto non misurarsi con la storia e con la memoria. La fotografia e il video sono stati strumenti di indagine prima ancora che di creazione, troppo forti le memorie, troppa la sofferenza della quale i luoghi attraversati dal Sentiero sono stati testimoni. Poi lentamente ognuno ha definito il proprio itinerario, in sintonia con la propria storia,

Giovanna Calvenzi

FIVE STORIES The invitation was to create five visual projects in 2018 that would bring together past and present. A past that was distant, 1918, the end of the First World War, yet was very close, impossible for anyone visiting Trentino to ignore. So four photographers and a video maker went back and forth along the Peace Path, the long-distance route that runs from Tonale to the Marmolada through places that were the theatre of a war that left indelible wounds. These five artists, all with different backgrounds, decided to engage with a world that they knew perfectly or had never seen before. The aim was suggested by the event’s title: memories of war, views of peace, the past and the present, to be precise, and the hope of building the future. It was inevitable, therefore, and regardless of their personal, professional and artistic histories, that the artists could not but engage with history and memory. Photography and video were first and foremost investigative tools, then creative, the memories were too strong, too deep the suffering that the places along the Path bore witness to. Then, slowly, they each drew up their own itineraries, in coherence with their own stories, their own abilities to present their visions, and in

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con la propria capacità di declinare la visione, in sintonia anche e soprattutto con la forte carica emotiva che i paesaggi attraversati dal Sentiero della Pace suscitava in loro. E, come auspica Camillo Zadra nel suo testo in altra parte di questo volume, i cinque autori hanno costruito “una nuova poetica della memoria dei luoghi”. Nausicaa Giulia Bianchi non è trentina e per lei il Sentiero della Pace ha significato uno studio appassionato della storia, decine di incontri, di letture, di sopralluoghi. Il suo itinerario non poteva essere lineare, troppi gli influssi e le suggestioni che di giorno in giorno arricchivano la sua esperienza. Così ha articolato la sua indagine in diversi capitoli: gli oggetti che sono conservati nei diversi musei trentini dedicati alla Prima guerra mondiale, poi immagini materiche dei forti, la “pelle” delle rocce o dei materiali con i quali sono costruiti, poi ancora, cambiando il registro narrativo, la frequentazione in bianco e nero degli eventi che periodicamente animano la montagna e infine il fascino straordinario dei luoghi che ospitano i forti, nelle diverse stagioni. Gianluca Colla ha messo la sua lunga esperienza di videomaker al servizio di un incontro, come lui stesso dichiara, che non si aspettava, del quale non poteva prevedere le conseguenze: “cominciare a camminare, a guardarsi intorno, ad aprire la mente, a lasciare che gli stimoli circostanti facciano il loro corso naturale”.

coherence also and above all with the powerful emotional charge aroused in them by the landscapes the Peace Path runs through. And, as Camillo Zadra elsewhere in this volume hoped would happen, the five authors built “a new poetics of the memory of places”. Nausicaa Giulia Bianchi is not from Trentino, and for her the Peace Path meant a passionate study of its history, dozens of meetings, readings, surveys. It wasn’t possible for her itinerary to be linear, too many influences and suggestions day after day enriched her experience. So she divided her investigation into various chapters: the objects housed in Trentino’s various museums on the First World War, then material images of the forts, the “skin” of the rocks or the materials they are built of, and then, changing the narrative register, black and white records of people at the events that periodically animate the mountains, and finally the extraordinary fascination of the locations of the forts in different seasons. Gianluca Colla has placed his long experience as a video maker in the service of an encounter, which he himself says he was not expecting, could not foresee its consequences: “to start walking, looking around, opening one’s mind, allowing the surrounding

Nausicaa Giulia Bianchi. Flicorno italiano, Museo Storico Italiano della Guerra, Rovereto

Nausicaa Giulia Bianchi. Italian flugelhorn, Italian War Museum, Rovereto

Gianluca Colla. Il cannone G149 su Cresta Croce Gruppo dell’Adamello

Gianluca Colla. G149 cannon on Cresta Croce Adamello group


Emozioni, sensazioni, immagini e rumori si mescolano e diventano una storia fatta di presente e di passato nella quale la potenza della natura è l’unica vincitrice. Luciano Gaudenzio ha seguito il sentiero tracciato dalle emozioni, guidato da ricordi poetici e dal fascino della grandiosità dei paesaggi. Il suo è uno sguardo rivolto alla natura che non dimentica la storia, che non la evidenzia ma che riconosce il lascito di memorie dolorose. A lui sono affidati il racconto del silenzio, la trascrizione della maestosità dei panorami, della bellezza apparentemente intatta e immemore della montagna. Daniele Lira ha realizzato il viaggio più complesso, più consapevolmente legato al presente. Camminando lungo il Sentiero della Pace ha documentato tutti i possibili incontri, i nuovi frequentatori, le invasive presenze di ciclisti, di sciatori, di escursionisti, di commercianti, di una folla recente che abita i luoghi del silenzio e della memoria. E tuttavia là dove il turismo massificato avrebbe potuto suscitare perplessità etiche o estetiche, Lira ha scelto un registro delicato, che documenta senza intenti di denuncia, che racconta in modo sobrio, che preferisce il sorriso all’ironia, rendendo la montagna e i suoi nuovi frequentatori protagonisti entrambi di una equilibrata e serena narrazione.

Luciano Gaudenzio. Passo Presena, Tonale

Luciano Gaudenzio. Passo Presena, Tonale

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stimuli to take their natural course”. Emotions, sensations, images and noises combine and become a story that is present and past and in which the power of nature is the only winner. Luciano Gaudenzio took a path traced by emotions, guided by poetic memories and the captivating grandeur of the landscapes. His view is focussed on nature, a nature that does not forget history, does not draw attention to it but acknowledges the legacy of painful memories. He is entrusted with recounting the silence, transcribing the majesty of the landscapes, the seemingly unspoilt, eternal beauty of the mountains. Daniele Lira has made the most complex journey, one more consciously linked to the present. While walking along the Peace Path he documented all potential encounters, the new visitors, the invasive presence of cyclists, skiers, walkers, tradespeople, a new crowd that now inhabits the places of silence and memory. And yet, where mass tourism would have raised ethical or aesthetic questions, Lira chose a delicate register, one that documents with no intention to denounce, that tells its story soberly, preferring a smile to irony, so that both the mountain and its new visitors become the protagonists of a poised, serene narration. Pierluigi Orler can lay claim to having been born and raised in Val

Daniele Lira. Nei pressi del Passo Maroccaro, 2.973 m., zona Presena

Daniele Lira. Near Passo Maroccaro 2,973 m, Presena area


Pierluigi Orler rivendica di essere nato e cresciuto in Val di Fiemme. Il suo viaggio è un incrociarsi di passato e di presente: percorre i sentieri lungo i quali da bambino giocava, inconsapevole che i suoi teatri di gioco fossero stati testimoni di altre sofferenze. Il suo sguardo adulto indugia sulle meraviglie delle montagne ma cerca anche le tracce di chi sulle stesse montagne ha combattuto e sofferto. Alterna con sapienza immagini in bianco e nero e immagini a colori, i silenzi del vuoto e le presenze umane. E si augura “che queste meravigliose montagne non siano più luoghi di sofferenza, ma solo di gioia e bellezza”.

Pierluigi Orler. Nei baraccamenti arroccati sul monte Cardinal

Pierluigi Orler. In the encampments in the rock on Monte Cardinal

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di Fiemme. His journey is a meeting of past and present: he walks along paths where he played as a child unaware that his playgrounds had witnessed other sufferings. His adult gaze lingers on the wonders of the mountains, but also searches for the traces of those who fought and suffered on these very mountains. He skilfully alternates black and white and colour images, the silences of emptiness and human presence. And he hopes “that these wonderful mountains will never more be places of suffering, but just of joy and beauty”.


AUTORI

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AUTHORS



Laureato in Economia aziendale, Luciano Gaudenzio lavora da diversi anni come fotografo e direttore della fotografia specializzato in reportage naturalistici e di promozione del territorio. Sue immagini sono apparse sulle copertine e negli articoli delle più rinomate riviste nazionali ed estere, come Condé Nast Traveller, GEO, National Geographic Traveller. È autore di diversi libri fotografici e di mostre in Italia e all’estero. Le sue immagini sono state premiate e segnalate in alcuni dei più importanti concorsi fotografici di settore, tra i quali, in numerose edizioni, il GDT European Wildlife Photographer of the Year. È fondatore e fotografo dell’agenzia fotografica PHOTOFVG.

LUCIANO GAUDENZIO

A graduate in Business Economics, Luciano Gaudenzio has worked for several years as a photographer and cinematographer specialising in nature reportage and regional promotion. His images have appeared on the covers and in articles of eminent Italian and international magazines, such as Condé Nast Traveller, GEO, National Geographic Traveller. He has published several books of photography and exhibited his work in Italy and abroad. His images have received awards and mentions in some of the most important photographic competitions in the sector, including various editions of the GDT European Wildlife Photographer of the Year. He a founder and photographer with the PHOTOFVG photo agency.

www.naturalight.it

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Guida alpina e fotografo trentino, Daniele Lira ha sempre rivolto la sua attenzione al paesaggio e al rapporto uomo-ambiente. Nel 2003 pubblica Perché il silenzio non ha parole - Malghesi e pastori del Lagorai, con testi di Alda Merini, Giovanni Raboni, Mario Luzi, Franco Loi e Mario Rigoni Stern. Nel 2004, con Nino Migliori, ìdea il progetto fotografico “Lagorai Immaginato”. È stato direttore artistico del festival “Trentino Immagini”. Dal 2010, per Montura Editing, ha pubblicato: Moon Landing con Francesco Zizola, Fango, Volunteers e Resistance - La lunga storia di Agostino Gazzera con Roberto Mantovani. Sue immagini sono state esposte in Italia e all’estero. Partecipa al collettivo Ulixes Pictures.

DANIELE LIRA

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Mountain guide, photographer and native of Trentino, Daniele Lira has always focussed his attention on the landscape and the human-environment relationship. In 2003 he published Perché il silenzio non ha parole - Malghesi e pastori del Lagorai (Why silence has no words - pasturers and shepherds of the Lagorai) with texts by Alda Merini, Giovanni Raboni, Mario Luzi, Franco Loi and Mario Rigoni Stern. In 2004, Nino Migliori and Lira conceived the photographic project “Lagorai Immaginato” (Lagorai Imagined). He has been artistic director of the “Trentino Immagini” (Trentino Images) festival. Since 2010, Montura Editing have published his Moon Landing with Francesco Zizola, and Fango, Volunteers e Resistance - La lunga storia di Agostino Gazzera (Fango, Volunteers & Resistance - The Long Story of Agostino Gazzera) with Roberto Mantovani. His photos have been exhibited in Italy and abroad. He is a member of the Ulixes Pictures group.

www.ulixespicture.com


Gianluca Colla ama raccontare storie con le immagini. Fotografo e videomaker, ama immergersi e narrare realtà umane e ambientali radicate in un mondo in continua evoluzione, dando enfasi a storie minori e sconosciute attraverso le sue immagini. Ha viaggiato in alcune delle aree più remote del mondo, partecipando a spedizioni in Amazzonia, al Circolo polare antartico e a quello artico, in India, Costa Rica, Islanda e molte altre ancora. È membro dell’agenzia National Geographic Creative e i suoi clienti includono agenzie pubblicitarie, organizzazioni no-profit e riviste prestigiose quali Apple, Fujifilm, Canon, Estée Lauder, Zegna, National Geographic Magazine, Condé Nast. Speaker e insegnante, tiene lezioni di reportage presso lo “European Institute of Design” e tiene conferenze nei più importanti eventi fotografici internazionali.

GIANLUCA COLLA

Gianluca Colla loves telling stories with images. Photographer and video maker, he loves to become engrossed in and narrate human and environmental situations rooted in a constantly-evolving world, and uses his images to draw attention to lesser-known or unknown stories. He has travelled to some of the most remote parts of the world, taking part in expeditions to the Amazon, the Antarctic and Arctic Circles, India, Costa Rica, Iceland and many other regions. He is a member of the National Geographic Creative agency and his clients range from advertising agencies to non-profit organisations and prestigious magazines, including Apple, Fujifilm, Canon, Estée Lauder, Zegna, National Geographic Magazine and Condé Nast. Conference speaker and teacher, he lectures in news reporting at the “European Institute of Design” and gives talks at international photographic events.

www.gianlucacolla.eu

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Nausicaa Giulia Bianchi è una fotografa documentarista che esplora temi quali la spiritualità, il femminismo e la memoria. Ha studiato all’ICP di New York ed è stata assistente di Mary Ellen Mark e Suzanne Opton per poi intraprendere la propria carriera nel 2011. Il suo lavoro è stato pubblicato su The Guardian, National Geographic, Marie Claire, PDN, TIME, American Photo Magazine, Huffington Post, La Repubblica, Internazionale e altri magazine. I suoi progetti sono stati esposti a festival, in gallerie e musei internazionali. Dal 2017 collabora con l’agenzia Prospekt. È l’autrice del progetto “Womenpriestproject” che esplora la vita di un centinaio di donne prete cattoliche che disobbediscono alla legge vaticana che vieta loro il sacerdozio. Insegna fotografia in diverse scuole e associazioni culturali, tra cui Officine Fotografiche Milano. Ha anche creato un percorso formativo indipendente, “Foto e Spirito”.

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NAUSICAA GIULIA BIANCHI

Nausicaa Giulia Bianchi is a documentary photographer who explores themes such as spirituality, feminism and memory. She studied at the ICP in New York and was assistant to Mary Ellen Mark and Suzanne Opton before embarking on her own career in 2011. Her work has been published in The Guardian, National Geographic, Marie Claire, PDN, TIME, American Photo Magazine, Huffington Post, La Repubblica, Internazionale and other magazines. Her projects have been exhibited at festivals and international galleries and museums. She has worked with the agency Prospekt since 2017, and is the author of the “Womenpriestproject”, which explores the lives of around 100 Catholic women priests who disobey the Vatican law barring them from the priesthood. She teaches photography in various schools and cultural associations, including the Officine Fotografiche Milano (Milan Photographic Workshops), and also runs her own educational programme, “Foto e Spirito” (Photo and Mind).

www.giuliabianchi.com – www.womenpriestsproject.org


Pierluigi Orler è il fotografo della Snowart e del paesaggio alpino. Nato in Trentino e di formazione professionale milanese, ha maturato una lunga esperienza nel settore dei viaggi, dello sport e delle architetture. I suoi reportage attraverso i cinque continenti sono stati pubblicati dalle più importanti riviste di settore. Le sue immagini di sport sono state pubblicate anche nel Best, il libro del Comitato Olimpico Internazionale che raccoglie le più belle immagini del mondo. Ha tenuto mostre a Milano, Torino, in occasione delle Olimpiadi, e Parma. Ha acquisito una straordinaria capacità di bloccare le geometrie degli spazi e di inquadrare graficamente i soggetti rendendo limpide e trasparenti le emozioni visive. Da tempo il suo patrimonio tecnico è al servizio del paesaggio dolomitico, con un occhio di riguardo alla Valle di Fiemme, dove è nato. Con la sua reflex ha creato un particolare modo di inquadrare la montagna che il Museo di Arte Moderna di Rovereto, esponendo le sue fotografie, ha ribattezzato “Snowart”.

PIERLUIGI ORLER

Pierluigi Orler is a photographer of Snowart and Alpine landscapes. Born in Trentino, he received his professional training in Milan and has extensive experience in the areas of travel, sport and architecture. His photo reportages covering five continents have been published in top journals in the field. His sport photos have also been published in Best, the International Olympic Committee’s book of the world’s best photos. He has had exhibitions in Milan, in Turin during the Olympics, and in Parma. He has acquired an extraordinary ability to block the geometry of spaces and frame his subjects graphically to give clarity and transparency to their visible emotions. For a while he has turned his technical expertise to dolomitic landscapes, focussing in particular on the Valle di Fiemme, where he was born. With his reflex camera he has created a certain way of framing the mountain that the Museum of Modern Art in Rovereto, in an exhibition of his photographs, dubbed “Snowart”.

www.orlerimages.com

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Finito di stampare da LitograďŹ ca Editrice Saturna, Trento, nel mese di aprile 2018 Printed by LitograďŹ ca Editrice Saturna, Trento, April 2018





Quando la guerra di trincea tocca la montagna, la percezione della guerra si fa ancora piĂš forte. Ti si incardina in modo ancora piĂš netto nella memoria. When trench war comes to the mountains, the war is perceived even more deeply. It hinges itself even more clearly in your memory. Paolo Rumiz

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