CAMMINO NATURALE DEI PARCHI Guida al trekking
L’AQUILA
ROMA
Sommario Prefazione di Fausto De Stefani L'idea del Cammino Naturale A volo d'aquila sul Cammino La Guida: informazioni pratiche Indice delle Tappe
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CAMMINARE, UNA “RIVOLUZIONE” SILENZIOSA E PROFONDA CHE CONTRIBUISCE A MIGLIORARE IL MONDO FAUSTO DE STEFANI
Nel mondo ci sono grandi montagne, che affascinano ed incutono timore. E molte altre montagne, minori nelle dimensioni, ma che offrono paesaggi affascinanti, ambienti naturali di incalcolabile valore, spazi per vivere avventure vere, percorsi di ricerca interiore. Forse è la magìa della montagna che ci fa meditare sull'autenticità della vita che conduciamo. La montagna è per me uno spazio di libertà che mi distanzia dai mille condizionamenti dell'esistenza quotidiana e da un sistema di vita ossessivo, che appiattisce le speranze dell'uomo rendendone prevedibili e pilotabili comportamenti e bisogni. Sulle montagne vivono tanti popoli, si sviluppano diverse culture. L'andar per monti, siano essi alti come il cielo o meno imponenti, non deve mai farci scordare quanto le persone siano importanti, con la loro presenza e le loro attività. Con i loro sogni. Il viaggio a piedi attraverso le aree naturali protette tra Roma e L'Aquila nasce da una brillante idea. Creare una rete di parchi – e creare reti, di questi tempi, ha del miracoloso – e portare il moderno viandante dall'Urbe, dalla città, alla montagna, all'Appennino così drammaticamente abbandonato dalla politica prima ancora che dai suoi abitanti. Il Cammino Naturale dei Parchi collega due città di grande importanza. E lo fa attraverso un percorso che intreccia elementi di eccellenza assoluta. Quanto è bella l'Italia che si apre al camminatore 3
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PREFAZIONE
lungo questi sentieri. Quanto è ricca, di natura, di cultura, di gente operosa ed ospitale. Oltre alla valenza naturalistica, il cammino offre ai territori attraversati anche un'opportunità di riscatto economico. L'escursionismo è diventato infatti anche in Italia, nel corso degli ultimi decenni, una delle attività più praticate. Le ricadute di questa forma di turismo lento possono essere molto importanti. Del resto basta poco per mettersi in cammino. Gli ostacoli sono più nella nostra testa che nelle nostre gambe, geneticamente sempre pronte a scattare. “Penso che non riuscirei a mantenermi in buona salute, sia nel corpo che nello spirito, se non trascorressi almeno quattro ore al giorno – e generalmente sono di più – vagabondando per i boschi, per le colline e per i campi, totalmente libero da ogni preoccupazione terrena”, scriveva Henry David Thoreau. Farsi viandanti, essere sempre aperti al mondo, curiosi di scoprire nuovi luoghi e nuove genti, perdersi per ritrovarsi…. cogliere queste occasioni che la vita ci concede per cercare di conoscere meglio se stessi. Questa è per me la vera essenza del camminare. Molti “novelli Thoreau” con il loro vagabondare possono portare un vento nuovo alle economie di borghi, valli e montagne alle volte quasi dimenticate. Per percorrere il Cammino però hanno oggi bisogno anche di luoghi organizzati per l'assistenza, la conoscenza, il ristoro ed il riposo. C'è dunque un risvolto economico e sociale, oltreché naturalistico o salutistico, che porta a mettersi in cammino ad iniziare dall'Appia Antica, la “regina” di tutte le vie, per dirigersi verso la montagna appenninica. Un camminare portatore di un messaggio di solidarietà concreta, per i luoghi che il terremoto ha reso ancora più fragili. Condividendo la voglia di “resistere” delle 5
popolazioni locali, persone formidabili a cui manifestare affetto e rispetto. Camminando possiamo così contribuire a conoscere e forse anche a rendere un pochino migliori noi stessi ed il mondo intero. Affrontando il percorso con altri viaggiatori ed incontrando gli abitanti dei luoghi, possiamo intrecciare e consolidare amicizie, sapendo che dalla conoscenza e dall'incontro riceviamo in cambio sempre di più di quello che abbiamo dato. Salvaguardando le aree protette facciamo qualcosa di utile per la trasmissione della biodiversità alle future generazioni. Un lascito di cui andar fieri. Mettiamoci allora in cammino lungo i sentieri del Cammino Naturale dei Parchi. Camminare è in definitiva molto di più che spostare il nostro corpo da un luogo ad un altro: è mettere in pratica una “rivoluzione” silenziosa e profonda, che può contribuire a migliorare noi stessi ed il mondo intero.
Fausto De Stefani
Alpinista, naturalista, fotografo, è tra i primi al mondo a salire tutti gli 8000 iniziando dal K2, che sale nel 1983. Fondatore dell'associazione internazionale “Mountain Wilderness”, di cui è garante internazionale, dedica grande attenzione all'ambiente e alla natura, organizza conferenze e mostre didattiche in scuole e Università. Da molti anni si dedica completamente alla realizzazione di un progetto umanitario in Nepal realizzando scuole e laboratori professionali per oltre mille bambini e ragazzi (vedi pagina 238). 6
PREFAZIONE
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L'IDEA DEL CAMMINO NATURALE Il Cammino Naturale dei Parchi nasce nel 2016, in parallelo alla proclamazione da parte del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo (MiBACT) dell'Anno nazionale dei cammini e contemporaneamente al Giubileo straordinario della misericordia, con l'intento di creare un percorso diverso rispetto a quelli ai quali siamo abituati, che qui in Italia spesso conducono a Roma. E' infatti un viaggio a piedi che esce da Roma, la città eterna da sempre meta di pellegrini e turisti, e partendo dalla campagna romana si dirige verso alcune piccole grandi meraviglie dell'Italia Centrale nascoste tra valli, colline e boschi estesi sulle catene montuose che si attraversano nel percorso. Il nome scelto per il tracciato si ispira al programma dei “Caminos Naturales” realizzato a partire dagli anni novanta in Spagna dal Ministero dell'Agricoltura, Pesca e Alimentazione per la promozione, valorizzazione e lo sviluppo socio-economico delle aree rurali. Un modo nuovo per tutelare il paesaggio e conservare la viabilità secondaria e rurale e per scoprire inoltre a passo lento angoli autentici dell'Italia minore (solo perché poco conosciuta) che affianca i cammini e le rotte del pellegrinaggio religioso storico che attraversano il nostro Paese. Il Cammino Naturale dei Parchi è stato ideato da un gruppo di tecnici e guardiaparco delle aree protette della Regione Lazio per facilitare, promuovendo il turismo lento, la scoperta delle aree interne, dei parchi e riserve naturali, dei borghi dell'Appennino e della ricca biodiversità che caratterizza quei territori, che ospitano popolazioni di lupi, cervi, aquile reali e dell'orso bruno marsicano. Il tracciato è stato pensato non solo per escursionisti esperti, ma per tutti coloro che vogliono vivere un'esperienza benefica per anima e corpo a contatto con la natura. Il camminare lento pervade il senso delle cose e la concezione della vita dei partecipanti, il loro comporta9
mento e il benessere psicofisico. Crea un rapporto con l'ambiente e il territorio circostante, l'incontro con le persone arricchisce le relazioni umane e la socialità di chi cammina, accrescendo le loro conoscenze e il rispetto sia per la natura che per le terre degli uomini. Con il suo itinerario il Cammino Naturale dei Parchi unisce le diverse aree protette che si susseguono nel percorso tra Roma e l'Aquila creando una rete che, passando per diverse regioni, promuove la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale, ambientale e anche religioso, e favorisce lo sviluppo del turismo sostenibile. In questo cammino si attraversano anche le aree colpite dai recenti terremoti del Centro Italia: un'occasione per esprimere con la presenza fisica i vincoli di solidarietà che ci accomunano.
A VOLO D'AQUILA SUL CAMMINO Un trekking itinerante da Roma a l'Aquila che in circa 430 km permette di esplorare luoghi, paesaggi, il patrimonio storico-culturale e la biodiversità di un'ampia area dell'Italia Centrale a cavallo di due regioni, il Lazio e l'Abruzzo. Il cammino è suddiviso in 25 tappe da percorrere in 4 settimane, e attraversa tre province e ben 42 comuni, con alcuni borghi tra i più belli d'Italia. Il tracciato permette inoltre di conoscere e apprezzare la natura dei luoghi, ricca e mutevole nel corso delle stagioni, protetta da ben 7 aree naturali (4 parchi regionali e 2 riserve naturali nel Lazio e un parco nazionale tra le province di Rieti e l'Aquila), e caratterizzata inoltre da 2 monumenti naturali e svariati siti Natura 2000 (di importanza comunitaria SIC/ZSC e zone di protezione speciale ZPS). Questi i numeri della “ricchezza” del cammino e dei luoghi attraversati dal suo itinerario che parte da Roma 10
nei pressi del Circo Massimo, la città eterna meta del turismo internazionale e religioso, percorre la Valle della Caffarella e l'asse basolato dell'Appia Antica nell'omonimo Parco fino a giungere, attraverso la campagna romana, ai Colli Albani. Da Castel Gandolfo, splendida cittadina affacciata sul Lago Albano, percorre i sentieri nel Parco dei Castelli Romani che bordano il lago, salgono a Monte Cavo e sull'apparato delle Faete, la parte più alta dei Colli Albani, attraversano la caldera interna del Vulcano Laziale fino a giungere a Rocca Priora. Da qui si scende a Colle di Fuori attraverso estesi boschi di castagno e si prosegue alla volta di Palestrina tra campi, noccioleti e aree residenziali. Dall'incantevole cittadina prenestina il cammino prosegue alla volta di Castel San Pietro Romano, attraversa il monumento naturale Valle delle Cannuccete e passando per Capranica Prenestina percorre l'alta via dei Monti Prenestini fino a giungere alla rupe di Guadagnolo, che domina la pianura romana. Quindi costeggiando il Santuario della Mentorella, uno dei più antichi santuari mariani d'Italia e d'Europa, scende nella valle empolitana, risale scavalcando i Monti Ruffi nei pressi di Rocca Canterano per poi giungere nella valle dell'Aniene risalendo il suo corso fino alla città benedettina di Subiaco, dominata dall'imponente Rocca dei Borgia. Si prosegue entrando nel Parco dei Monti Simbruini, visitando i Monasteri benedettini di Santa Scolastica e del Sacro Speco, e risalendo fino alla località turistica di Livata. Attraverso estese faggete e pianori carsici si guadagna la vetta aerea del Monte Autore (1855 m s.l.m.), dove lo sguardo spazia sul vasto orizzonte, si scende per foreste e pascoli a Camerata Nuova, quindi attraversando la TiburtinaValeria alla volta di Riofreddo e Cineto Romano. Notevoli e suggestive le cascate del Torrente Rioscuro (monumento naturale), dalle 11
quali si prosegue entrando nel Parco dei Monti Lucretili, costeggiando i laghetti di Percile e guadagnando il crinale boscoso che conduce ad Orvinio. Da qui si lascia il parco per scendere nella valle che ospita il lago del Turano, un bacino artificiale dominato dal borgo di Castel di Tora. Il cammino prosegue all'interno della Riserva di Monte Navegna e Monte Cervia tra boschi e campi raggiungendo Marcetelli e da qui il lago del Salto, che si attraversa in un'ansa laterale per arrivare a Pescorocchiano. Si procede alla volta di Corvaro di Borgorose in territorio reatino al confine con l'Abruzzo, lambendo la Riserva Montagne della Duchessa. La tappa successiva permette al camminatore, risalendo la fresca Valle di Malito lungo il fondovalle, di guadagnare Castiglione e raggiungere poi l'altopiano di Rascino con il suggestivo laghetto e le coltivazioni di legumi. Quindi attraverso una faggeta si svetta nel Cicolano sul Monte Nuria (1888 m s.l.m.), da qui perdendo quota tra boschi termofili e campi coltivati fino alla valle del fiume Velino, che attraversa la cittadina di Antrodoco. Dal caratteristico borgo si risale il corso del fiume attraversando le gole del Velino lungo il tracciato della Salaria antica fino a Posta, si continua quindi alla volta di Cittareale lasciando la Salaria, per campi e boschetti per raggiungere il borgo e la grandiosa rocca. Quindi risalendo le sorgenti del Velino, si guadagna lo spartiacque con l'Umbria costeggiando il confine per ampi crinali fino a scendere nell'alta valle del fiume Tronto alla volta di Accumoli facendo l'ingresso nel vasto Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. La vista della catena imponente della Laga, ricca di acqua e cascate, cozza con il territorio vallivo gravemente danneggiato dai recenti sismi dell'Italia Centrale che nel 2016 hanno pesantemente devastato i centri abitati e le attivitĂ umane. Qui il 12
passo si fa lieve e il nostro passaggio testimonia il senso di vicinanza e solidarietà verso le popolazioni così duramente colpite. Si risale quindi il fiume Tronto per raggiungere Amatrice, un'importante cittadina nell'alto Lazio, che sta lottando per risorgere, incorniciata dalle cime più alte della regione culminanti nel Monte Gorzano (2458 m s.l.m.). Da qui il cammino risale l'ampia conca amatriciana per raggiungere il borgo di Campotosto in Abruzzo, il più alto del Cammino (1400 m s.l.m.), da cui lo sguardo spazia nel sottostante lago e sulla magnifica catena del Gran Sasso che si staglia all'orizzonte. Il percorso costeggia il lago di Campotosto, scende alla frazione di Ortolano, risale al bacino artificiale di Provvidenza lungo la Strada Statale SS80 del Gran Sasso d'Italia e si inoltra nella Val Chiarino dominata dal Monte Corvo (2623 m s.l.m.). Si continua per vaste faggete fino al Passo del Belvedere (1789 m s.l.m.) per valicare la catena occidentale del Gran Sasso e scendere rapidamente fino al borgo di San Pietro della Jenca con la sua caratteristica chiesa romanica. Da qui con l'ultimo sforzo si attraversano ampi prati pascolo e crinali, si passa per la frazione dell'Aquila di Collebrincioni e si scende verso il capoluogo d'Abruzzo raggiungendo il centro storico della città, recentemente restaurato dopo il sisma del 2009, e concludendo il lungo cammino davanti alla splendida Basilica di Santa Maria di Collemaggio, termine di questo affascinante viaggio a piedi tra storia e natura.
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LA GUIDA INFORMAZIONI PRATICHE
Quando percorrere il cammino 16
L’attrezzatura
La preparazione fisica
Orientarsi lungo il cammino 18
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LE SETTIMANE
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SETTIMANA N°
SETTIMANA N° TAPPE
TAPPE
1-6
7-13
TAPPA PER TAPPA
A B
C A Mappa della tappa
B Dati tecnici
in scala 1:75.000 C
Altimetria: distanze, altitudini, località 14
L'accoglienza 19
Avvertenze e consigli
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La credenziale 19
INDICE DELLE TAPPE
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SETTIMANA N°
SETTIMANA N° TAPPE
4 TAPPE
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20-25
G D E
F
D Descrizione del cammino
F
Dove dormire
E Informazioni approfondite
G
Colore della settimana
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Quando percorrere il cammino Il Cammino Naturale dei Parchi segue in gran parte sentieri segnati, mulattiere, strade bianche e piste forestali. Il lungo tracciato attraversa aree agricole in collina, fondivalle e zone montagnose ed è pertanto consigliabile la sua percorrenza dalla primavera all'autunno, evitando il periodo con precipitazioni abbondanti che potrebbero pregiudicarne la percorribilità in sicurezza. In particolare la prima settimana, con tappe a quote inferiori, è adatta ad essere percorsa tutto l'anno, idealmente dalla primavera fino all'autunno avanzato, evitando magari il calore eccessivo dell'estate.
Le restanti tre settimane, che si sviluppano nei territori prevalentemente montuosi, daranno il meglio di sé in primavera avanzata, con i colori delle fioriture, ed in autunno, con quelli del fogliame dei boschi, ma saranno anche gradevoli da percorrere in piena estate, offrendo un fresco diversivo rispetto ai fondivalle più afosi. In ogni caso, non sottovalutare le condizioni meteo avverse e soprattutto l'eventualità di temporali, anche di calore estivi, specialmente nelle tappe che prevedono percorsi aerei su crinali e in zone montuose aperte.
La preparazione fisica Un trekking di più giorni può essere una esperienza meravigliosa se ci si prepara bene sia fisicamente che con una buona attrezzatura tecnica. Il Cammino è stato pensato per tutti, le tappe non sono particolarmente impegnative né presentano dislivelli ripidi da affrontare, ma sarà comunque opportuno allenarsi un po', soprattutto se si ha uno stile di vita abitualmente sedentario. E' consigliabile effettuare qualche uscita di prova con lo zaino capiente (almeno da 50 litri con spallacci e schienale imbottiti e cintura in vita, appositamente dedicato
al profilo di uomo o donna) che duri all'incirca quanto una delle tappe del cammino o tutta una giornata, per osservare le reazioni del corpo: a volte la stanchezza muscolare si manifesta anche uno o due giorni dopo, e durante un trekking occorre tenere presente che potrebbe significare di dover affrontare le successive intere giornate di cammino con i muscoli doloranti. Conoscere i propri punti deboli ed i propri limiti è importante prima di affrontare un cammino lungo.
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INFORMAZIONI PRATICHE
L’attrezzatura L'attrezzatura tecnica deve prevedere necessariamente scarponcini da trekking alti alla caviglia, abbigliamento leggero e traspirante adatto alla stagione, con almeno uno strato termico caldo e una buona giacca a vento impermeabile. Nelle tappe di fondovalle meno impegnative potrebbe essere utile avere anche un paio di scarpe basse da escursionismo con un buon grip nella suola. Vestirsi a strati aiuta a trovare la giusta temperatura in tutte le fasi del cammino, soprattutto nelle stagioni intermedie, che possono avere un clima variabile e a volte imprevedibile. In tal caso non dovrebbe mai mancare una mantella o poncho, abbastanza ampia da poter coprire lo zaino, meglio se dotata di maniche regolabili. Utile portare un paio di ciabatte o sandali aperti per fare la doccia e per dare sollievo ai piedi durante la serata nel punto sosta. Gli indumenti possono essere stivati meglio nello zaino arrotolandoli, per dare al carico compattezza e buona ripartizione dei pesi: non c'è niente di più fastidioso che avere uno zaino squilibrato o accessori penzolanti all'esterno. Gli oggetti più pesanti andrebbero sistemati all'interno dello zaino in basso e vicino alla schiena. Non partire mai con un paio di scarponi nuovi, per quanto di ottima qualità: provateli almeno qualche volta, per dare modo ai materiali di adattarsi al
piede, verificare che non facciano male e valutate l'opportunità di inserirvi una soletta ammortizzata. Trattamenti preliminari dei piedi così come i cerotti anti-vescica sono indispensabili; se sapete inoltre di essere soggetti a questo tipo di inconveniente, indossateli da subito a scopo preventivo. L'acqua non è sempre disponibile ovunque lungo il Cammino: prevedete di portare almeno una borraccia, rigida o a sacca, di almeno un litro, da riempire la mattina ed eventualmente rabboccare lungo il percorso se ci fossero fontanili con acqua potabile. Nella stagione calda è utile avere con sé anche una bottiglietta da usare con le bustine di sali minerali, ottimi integratori in caso di eccessiva sudorazione e perdita di liquidi per prevenire crampi e affaticamento muscolare. È consigliabile dotarsi prima di iniziare a camminare anche di un paio di bastoncini da trekking telescopici o pieghevoli (che possono essere facilmente stivati all'interno di uno zaino) che aiutano a scaricare meglio il peso dalla schiena e dalle ginocchia sia in discesa che nelle salite ed allenano inoltre la parte superiore del corpo durante il cammino.
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Orientarsi lungo il cammino La guida è l'accessorio fondamentale per intraprendere un cammino ma un ottimo ausilio sono anche le carte topografiche IGM o escursionistiche dell'area attraversata (meglio se in scala 1:25.000). In commercio si trovano varie carte che comprendono alcuni tratti del Cammino, specialmente quando questo attraversa le varie aree protette. All'inizio della descrizione di ogni tappa è riportata una cartina di dettaglio della zona interessata dal tracciato in scala 1:75.000. Il percorso è in gran parte segnalato lungo la sua percorrenza con la segnaletica orizzontale adottata dal Club Alpino Italiano (CAI) posta su alberi, rocce e muri (segnavia bianco/rosso e bandierine rosso/bianco/rosse agli incroci), che spesso riporta anche l'acronimo CNP (Cammino Naturale dei Parchi), e con la segnaletica verticale agli incroci, caratterizzata da pali di legno con frecce segnaletiche che riportano le distanze chilometriche delle località e relativo logo del cammino. In montagna specie nelle aree aperte sui crinali è frequente l'uso dei tradizionali e utili “ometti” di pietra. Occorre comunque fare sempre attenzione lungo il cammino, specie agli incroci, perché qualche segnavia potrebbe essere poco leggibile e qualche palo segnaletico essere stato divelto o abbattuto; da tenere presente inoltre che in alcuni tratti la vegetazione rigogliosa, specialmente in primavera, potrebbe rendere difficile il passaggio. È
consigliabile comunque dotarsi di un navigatore satellitare GPS per l'outdoor o uno smartphone con applicazione dedicata, opportunamente settati e dotati possibilmente di cartografia; scaricare quindi le tracce del Cammino dal sito www.camminonaturaledeiparchi.it in formato GPX o KML e utilizzarle per farsi assistere nella percorrenza del tracciato. Avere con sé una carta escursionistica o topografica della zona, permette inoltre leggendo le coordinate metriche (espresse nello stesso formato posizione e datum della mappa, che le riporta sul bordo del reticolo chilometrico) di fare il punto della propria posizione nel territorio. Il formato utilizzato per le coordinate metriche è UTM/UPS, il Map Datum in genere è WGS84 (occorre leggerlo sulla carta per settare opportunamente il GPS) mentre la designazione di zona è 33T. È fondamentale avere con sé anche delle batterie di riserva o ricaricabili. In caso di necessità, per un malore o nel caso si fosse perso il senso di orientamento e i segni lungo il percorso in un tratto isolato del Cammino, è utile chiamare i soccorsi (telefonando al 112 oppure al 118 chiedendo esplicitamente l'intervento del Soccorso Alpino se necessario) fornendo le proprie coordinate di posizione. Si consiglia di scaricare nel proprio smartphone una delle app che facilitano la geolocalizzazione.
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INFORMAZIONI PRATICHE
L'accoglienza Il Cammino Naturale dei Parchi è stato ideato appositamente per permettere di trovare un'adeguata accoglienza e strutture ricettive a fine tappa nelle località attraversate dal percorso. A parte i luoghi più turistici e dotati di strutture e servizi, l'attraversamento delle aree interne collinari e montane spesso richiede uno spirito di adattamento e la necessità di programmare e prenotare per tempo il pernottamento. Nei box “Dove dormire” riportati nella descrizione delle tappe sono indicate le “strutture amiche” del Cammino. Alcuni borghi
dell'Appennino interno risultano spopolati o scarsamente abitati, anche in seguito ai recenti sismi che hanno sconvolto alcuni territori attraversati, e a volte necessitano proprio di una “rinascita” dell'accoglienza al turista. Le comunità locali che condividono il progetto del Cammino Naturale dei Parchi si impegnano quotidianamente per recuperare la normalità e un senso forte di appartenenza le lega al loro territorio che dovrà tornare a svilupparsi nel rispetto delle peculiarità ambientali.
La credenziale Questo percorso come i più importanti cammini d'Europa ha la sua credenziale, un documento che permette di apporre i bolli del proprio passaggio nelle varie località raggiunte e attesta quindi la percorrenza di coloro che si sono messi in viaggio alla scoperta dei paesaggi e dei luoghi del Cammino Naturale dei Parchi. Questo “passaporto” darà inoltre la possibilità di ottenere dei vantaggi dalle
strutture ricettive “amiche del cammino” e di riportare a casa un bel ricordo e la testimonianza dello splendido viaggio intrapreso a supporto della natura e delle popolazioni locali. Per farne richiesta si consiglia di scrivere una email a info@camminonaturaledeiparchi.it o utilizzare i canali social del Cammino (Facebook, Instagram, Twitter).
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Avvertenze e consigli Il Cammino Naturale dei Parchi attraversa una grande varietà di contesti territoriali. Nel percorrere questo itinerario di scoperta di straordinari ambienti naturali e di paesaggi vissuti, ti invitiamo ad un atteggiamento improntato al rispetto verso ogni elemento vivente e non vivente: ognuno di essi ha il suo ruolo nel mantenimento del territorio, anche quando non sembra. Il rispetto delle comunità umane Le terre del Cammino sono abitate dall'uomo sin dalla preistoria. I sentieri possono attraversare o costeggiare proprietà private, che rimangono tali anche qualora il terreno o l'edificio sembrano abbandonati. Rispetta quindi la proprietà privata con i seguenti accorgimenti: • I passaggi nelle recinzioni vanno lasciati come li si è trovati (chiusi o aperti); alcuni varchi possono essere attrezzati con materiali inusuali, quali reti da letto o fili spinati precariamente fissati: fai attenzione a come li apri per essere in grado poi di richiuderli correttamente (e possibilmente senza ferirti). •Le vasche dei fontanili servono per l'abbeverata del bestiame: evitare di usare saponi, anche biodegradabili, e limitarsi a lavarsi in locali pubblici e privati dotati di servizi igienici. •Gli edifici colpiti dagli eventi sismici possono essere pericolanti anche se apparentemente in buone condizioni. Per la tua sicurezza, e per il rispetto del dolore legato alla memoria di queste tragedie, evita di entrare al loro interno, di sostare a ridosso degli edifici e di indulgere in riprese fotografiche. Se ritieni di voler fotografare qualche scena anche a scopo di sensibilizzazione e denuncia, chiedi sempre gentilmente il permesso ai proprietari o a chi si trova nelle vicinanze e rispetta eventuali dinieghi. Il rispetto delle attività umane Il paesaggio che puoi ammirare è frutto anche della plurisecolare attività agro-silvopastorale dell'uomo: la coltivazione dei campi, la pratica del pascolo, il taglio boschivo, nel garantire alle aziende agricole montane una fonte di reddito esigua e sempre più incerta, se correttamente attuati forniscono anche un ambiente idoneo e risorse preziose per la vita di un gran numero di specie, alcune delle quali di grande importanza conservazionistica. Anche l'ambiente rurale è ricco di vita e le attività umane che lo generano e mantengono necessitano consapevolezza: 20
INFORMAZIONI PRATICHE
•I campi ed i prati con erba alta non vanno per nessun motivo attraversati se non seguendo una traccia preesistente: l'erba medica, ma anche gli erbai misti (in apparenza semplici “prati”) sono soggetti a sfalcio per la raccolta del foraggio più volte durante la primavera e l'estate, e l'erba calpestata non può venire raccolta. Inoltre nell'erba alta possono trovare rifugio uccelli ed altri animali selvatici. •Prima di raccogliere frutta da alberi “abbandonati”, controlla se il campo è recintato e l'erba tagliata, poiché è difficile che le piante siano davvero abbandonate. Magari il proprietario sta semplicemente aspettando il punto giusto di maturazione o di avere un pomeriggio libero per effettuare la raccolta. In ogni caso, i frutti abbandonati o selvatici sono una fonte alimentare anche per la fauna selvatica, quindi raccogli sempre con moderazione. •Il taglio boschivo può essere poco attraente dal punto di vista paesaggistico, specie se avvenuto di recente, ma se condotto secondo le norme di legge, oltre ad essere legale non causa un danno irreversibile al bosco anzi è addirittura necessario per alcune tecniche selvicolturali. Le particelle di bosco in fase di ricrescita offrono un habitat idoneo alle specie più amanti degli ambienti aperti come il capriolo e il cervo; inoltre il legno morto a terra può offrire rifugio a importanti specie di insetti xilofagi. Quando il Cammino attraversa particelle sottoposte a taglio, può essere difficile mantenere esattamente la traccia originaria a causa delle varie piste di esbosco create che potrebbero portarvi fuori strada: prestate particolare attenzione! •Le greggi di ovini (pecore e talvolta capre) sono in genere sorvegliate da cani da guardiania, indispensabili per la protezione dai predatori quali il lupo e l'orso, e abituati alla presenza di escursionisti. Spesso nelle vicinanze è presente anche il pastore, occorre cercarlo con lo sguardo sui versanti circostanti e se possibile assicurarsi che abbia visto la scena. In presenza del pastore generalmente i cani sono più tranquilli, anche se possono abbaiare vigorosamente; il pastore li richiamerà in caso di necessità. In ogni caso bisogna restare calmi e non assumere un atteggiamento a sua volta aggressivo. Occorre cercare di non passare nel mezzo del gregge ma piuttosto di aggirarlo. Se questo non fosse possibile allora occorrerà attraversarlo muovendosi lentamente e guardando lontano; più le pecore resteranno tranquille, meno si rischierà di allarmare i cani. Se i cani verranno incontro abbaiando, allora occorre fermarsi, mai girarsi e scappare dandogli le spalle. Parlare 21
sempre con voce calma e toni bassi senza guardare i cani fissi negli occhi; aspettare quindi che si calmino e procedere cautamente. Se la situazione lo dovesse richiedere, meglio arretrare lentamente e provare a passare più lontano dal gregge. Mai raccogliere sassi a terra e addirittura lanciarli, questo gesto spesso irrita ulteriormente i cani. •I bovini e gli equini sono in genere sull'Appennino al pascolo brado senza custodia; si tratta per lo più di femmine e animali giovani. Sono tendenzialmente indifferenti alla presenza di estranei, si può attraversare in mezzo agli animali al pascolo senza disturbarli (possono essere timorosi). Evitare comunque di passare dietro ai quarti posteriori (a volte possono calciare anche per allontanare le mosche). Nel caso si avvicinino molto probabilmente è solo per curiosità o perché sono alla ricerca di sale (che viene loro portato ad intervalli regolari dall'allevatore). In tal caso si potranno allontanare con ampi gesti delle braccia o alzando le mani, al bisogno rafforzando il gesto con un “oh” o un “ah” secco senza esagerare. •Nel caso nella mandria equina sia presente un mulo, bisognerà fare più attenzione: i muli possono essere anche stalloni, ed avere il compito di guidare la mandria di giumente; potrebbero assumere anche atteggiamenti aggressivi anche se è improbabile che cerchino effettivamente uno scontro. Restare fermi e allargare/alzare le braccia è un gesto comunque utile per difendere il proprio spazio, ma potrebbe essere necessario allontanarsi con calma senza dare le spalle all'animale. •In territorio appenninico è purtroppo endemico il vagantismo e randagismo canino. Può capitare di incontrare cani soli o in branchi, sia nei paesi che in montagna. Possono essere cani da pastore allontanatisi dal gregge, cani da caccia dispersi o abbandonati, cani di qualcuno che li lascia uscire liberamente, oppure effettivamente cani randagi. Nella stragrande maggioranza dei casi non manifestano comportamenti aggressivi e valgono gli accorgimenti utili per i cani da pastore. In più, poiché non si tratta di cani addestrati, possono essere intimiditi dalla presenza di un semplice bastone o dei bastoncini da trekking. Il rispetto della natura e degli animali selvatici •Non danneggiare la vegetazione selvatica. Non raccogliere fiori, e se desideri raccogliere erbe selvatiche commestibili, fallo solo se sei certo della corretta identificazione. 22
INFORMAZIONI PRATICHE
•La raccolta dei funghi è soggetta ad autorizzazione (patentino) specifica e regolamentazione per ciascuna regione. Informati circa le normative presso gli uffici regionali o presso la locale stazione dei Carabinieri Forestali. •Se si rinviene un animale ferito o in difficoltà, non bisogna improvvisarsi soccorritore (gli animali feriti possono essere molto pericolosi) e occorre rivolgersi alla più vicina stazione dei Carabinieri Forestali o al personale Guardiaparco. •Se si trova un cucciolo di selvatico o un cerbiatto nascosto nell'erba, non bisogna toccarlo e disturbarlo, e occorre allontanarsi rapidamente: la sua mamma è sicuramente nelle vicinanze in cerca di cibo o sta cercando di farlo alzare per stimolarlo a seguirla. Lasciare l'odore umano sul cucciolo potrebbe determinare il suo abbandono definitivo e una triste fine dell'animale. •L'Appennino è popolato da grandi carnivori quali il lupo e l'orso. Non sono assolutamente animali pericolosi per l'uomo (non ci sono casi documentati di aggressione all'uomo da secoli in questo areale) ma occorre rispettare il loro habitat. In caso di incontro, la reazione immediata da parte loro è la fuga; in ogni caso occorre evitare di inseguire e cercare attivamente questi animali, in primis per la loro serenità, e in ogni caso perché si tratta di animali protetti e comunque potenzialmente pericolosi. •Nel caso ci si mettese in cammino con il proprio cane, anche se fortemente sconsigliato, è necessario tenerlo sempre al guinzaglio, innanzitutto per la sua sicurezza, e soprattutto per evitare il disturbo alla fauna selvatica nei territori attraversati.
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INDICE DELLE TAPPE
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SETTIMANA N째
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ROMA ---- CASTEL GANDOLFO CASTEL GANDOLFO ---- ROCCA PRIORA ROCCA PRIORA ---- PALESTRINA PALESTRINA ---- GUADAGNOLO GUADAGNOLO ---- SUBIACO SUBIACO ---- LIVATA
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SETTIMANA N째
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LIVATA ---- CAMERATA NUOVA CAMERATA NUOVA ---- CINETO ROMANO CINETO ROMANO ---- ORVINIO ORVINIO ---- CASTEL DI TORA CASTEL DI TORA ---- MARCETELLI MARCETELLI ---- PESCOROCCHIANO PESCOROCCHIANO ---- CORVARO
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CORVARO ---- CASTIGLIONE CASTIGLIONE ---- ALTOPIANO DEL RASCINO ALTOPIANO DEL RASCINO ---- ANTRODOCO ANTRODOCO ---- POSTA POSTA ---- CITTAREALE CITTAREALE ---- ACCUMOLI
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ACCUMOLI ---- AMATRICE 192 AMATRICE ---- CAMPOTOSTO 202 PAESE DI CAMPOTOSTO ---- LAGO DI CAMPOTOSTO 208 LAGO DI CAMPOTOSTO ---- RIFUGIO FIORETTI 214 RIFUGIO FIORETTI ---- SAN PIETRO DELLA JENCA 222 SAN PIETRO DELLA JENCA ---- L'AQUILA 228 25
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1 ROMA LIVATA
CAMMINO NATURALE DEI PARCHI 27
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1 S E T T I M A N A N°
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I SETTIMANA
1 ROMA CASTEL GANDOLFO
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Da qui si comincia La prima tappa di questo lungo cammino ci conduce dal cuore della Città Eterna al borgo di Castel Gandolfo nel Parco Regionale dei Castelli Romani. Il Cammino Naturale dei Parchi parte dall'antica Porta Capena, inserita nelle mura dette Serviane risalenti al VI sec. a.C. da cui partivano la via Appia e la via Latina, a pochi passi da uno dei monumenti e luoghi simbolo della Capitale d'Italia, il Circo Massimo. Facciamo i primi passi nella storia percorrendo il tracciato dell'Appia Antica, la Regina Viarum ovvero una delle strade più importanti dell'antichità, attraversando il paesaggio tipico della campagna romana decantata dagli artisti del Grand Tour.
DATI TECNICI
Lunghezza: Grado di difficoltà CAI: Dislivello in salita: Dislivello in discesa: Quota Max: Quota Min: Aree protette: Sezione CAI: Periodo consigliato:
23,7 km T 480 m 90 m 420 m 25 m Parco Regionale dell'Appia Antica, Parco Regionale dei Castelli Romani Roma Tutto l'anno
PROFILO ALTIMETRICO 600
Porta Latina Frattocchie
400 200 0 Km.0
Chiesa del Domine Quo Vadis ROMA CIRCO MASSIMO
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CASTEL GANDOLFO
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15 31
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23,7
Parco Regionale dell’Appia Antica Il Parco Regionale dell'Appia Antica è un'area protetta dalle caratteristiche uniche dove l'aspetto naturalistico si fonde con quello monumentale dei resti archeologici dell'antica Roma fusi insieme in un paesaggio straordinario. Il Parco si estende per oltre 4.000 ettari e rappresenta un grande polmone verde per la città e uno dei principali corridoi biologici tra il territorio dell'Agro Romano e le aree verdi presenti all'interno della città. Dal punto di vista della flora sono presenti oltre 500 specie tra cui meritano una menzione le orchidee che crescono nei prati umidi dell'area archeologica della Villa dei Quintili e le roverelle e sughere che compongono l'antico Bosco Farnese in prossimità della via Ardeatina. Tra l'abbondante fauna che popola il Parco, gli uccelli sono sicuramente gli animali più rappresentati. Osservando con attenzione tra le fronde degli alberi o sulle sponde dei laghetti, si possono vedere il nibbio bruno, l'airone cenerino, la quaglia, la beccaccia e il beccaccino, il picchio rosso minore e due specie esotiche di pappagalli, il pappagallo monaco e il parrocchetto dal collare. Per quanto riguarda i mammiferi, con un po' di fortuna, si possono incontrare ricci, donnole, conigli selvatici, pipistrelli, istrici e ovviamente volpi, simbolo del Parco.
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Siete pronti? Iniziamo il Cammino Naturale dei Parchi! Spalle al Circo Massimo ci incamminiamo da Piazza di Porta Capena prendendo viale delle Terme di Caracalla e poi su via di Porta San Sebastiano, cominciando a respirare tutt'intorno la storia. Dal Museo delle Mura in poi sarà un'interrotta serie di sorprese lungo il tracciato della via Appia Antica. Per chi se la vuole prendere con calma, sono tante le possibilità per deviare dal percorso e visitare le aree monumentali come le Catacombe di San Sebastiano e San Callisto, il Circo di Massenzio, il Mausoleo di Cecilia Metella o la Villa dei Quintili all'interno del Parco Regionale dell'Appia Antica. Superata la Cartiera Latina, Sede del Parco dove ritirare la credenziale del cammino se non già acquisita, all'altezza della Chiesa del Domine Quo Vadis, il cammino svolta a sinistra, lascia la via Appia Antica e si inoltra nella valle della Caffarella, teatro di miti e leggende forse suggeriti dai morbidi rilievi che ne fanno un confine naturale, grazie alla presenza dell'Almone. Questo piccolo corso d'acqua, affluente del Tevere, è ritenuto dai romani fiume sacro e luogo nel quale si svolgeva, ogni 27 marzo, la Lavatio Matris Deum: la pietra nera, simbolo della dea Cibele, veniva condotta in processione e lavata nel fiume, insieme ai coltelli sacrificali, nel punto in cui questo sfociava nel Tevere. Da via della Caffarella entriamo attraverso il cancello nel Parco e dopo poco giriamo a sinistra uscendo dal viale alberato nel pratone seguendo una pista sterrata. Scendiamo attraversando il fiume Almone e poi lo costeggiamo a destra seguendo la pista fino ad attraversarlo di nuovo a destra all'altezza del Casale della Vaccareccia. Proseguiamo camminando lungo un bel prato seguendo sempre la pista sterrata che risale la corrente fino ad un trivio. Giriamo a destra verso un boschetto con dei grandi bagolari, lo attraversiamo e poi svoltiamo decisamente a sinistra scendendo al sottopasso di via dell'Almone. 34
La Regina Viarum
La via Appia Antica, definita anticamente Regina Viarum, era un vero e proprio capolavoro di ingegneria romana. Venne fatta costruire dal censore Appio Claudio Cieco nel 312 a.C. che la pensò come una sorta di autostrada dell'antichità, fatta di lunghi rettifili per accorciare i tempi di percorrenza. Quando la strada fu costruita, Roma era già una delle più importanti città del Mediterraneo e nel Sud d'Italia si combattevano le guerre sannitiche, l'obiettivo era la creazione di un asse viario che collegasse Roma con il Lazio meridionale e la Campania al fine di facilitare l'espansione militare verso sud e controllare le coste con i porti destinatari dei traffici provenienti dalla Grecia e dal Medio Oriente. Nel corso dei secoli la Regina Viarum ha subito forti trasformazioni ma il paesaggio in cui è immersa è rimasto immutato per secoli. La “diagonale d'Oriente”, come la definisce Paolo Rumiz “è arrivata fino a noi, con la sua linea che ci invita ancora a percorrerla a piedi, lentamente, per ritrovare le tracce del passato, percepire le trasformazioni del presente e farci trascinare dal suo fascino, al passo con la storia.” 35
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Fatto il pieno di natura, procedendo nel sottopasso per la Fonte Egeria (aperta tutto l'anno, dalle 8.00 alle 16.30, fino alle 18.00 con ora legale) risaliamo a destra sulla strada e proseguiamo sul lato sinistro che costeggia via dell'Almone, superiamo un incrocio per via di Cecilia Metella, ci ritroviamo così sulla Regina
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Viarum dove, svoltando a sinistra, ci fanno compagnia l'antico basolato, i sepolcri e le ville imperiali. L'asse viario è interrotto in alcuni tratti per l'attraversamento di alcune strade, fate attenzione alle macchine! Dopo l'incrocio con via di Tor Carbone il tracciato inizia a salire mantenendosi sempre rettilineo, superando il Grande Raccordo Anulare fino a raggiungere Frattocchie, frazione del Comune di Marino all'angolo tra via Appia Nuova e via Nettunense. Qui termina l'antico basolato dell'Appia Antica, facendo molta attenzione al traffico in questo importante snodo viario, attraversiamo sulle strisce pedonali un incrocio a sinistra e prendiamo per via del Sassone, subito dopo svoltiamo a destra per via Costa Rotonda costeggiando il muro perimetrale della tenuta dei Padri Trappisti fino ad arrivare a un bivio per poi procedere a destra per via delle
Grand Tour Coniato da Richard Lassels nel suo viaggio del 1670 in Italia, il termine Grand Tour ha cominciato a riferirsi ai viaggi compiuti da giovani artisti e intellettuali, prevalentemente in Italia, per toccare con mano i resti della cultura classica. Preziose testimonianze di questo periodo ci arrivano dagli appunti del viaggio che molti giovani aristocratici e studiosi di passaggio sulla Via Appia Antica nel corso del loro Grand Tour decisero di intraprendere per ricalcare le orme di Orazio e rifare il tragitto che il poeta compì nel 38 a.C. con Mecenate e Cocceo lungo la strada, per imbarcarsi a Brindisi alla volta di Atene. Grazie alle loro descrizioni delle rovine che costeggiavano la strada, in molti casi è stato possibile aggiungere importanti tasselli alla definizione dell'aspetto originario di questi monumenti. Un esempio fra tutti è quello di Sir Richard Colt Hoare, un colto latinista e archeologo inglese che il 31 ottobre 1789 intraprese il viaggio lungo la Regina Viarum seguito dal pittore Carlo Labruzzi, incaricato di disegnare per lui i monumenti che avrebbero incontrato. Labruzzi realizzò 226 disegni, riproducendo fedelmente ciò che vedeva e lasciandoci il ricordo di una campagna popolata di contadini che lavoravano nei pressi dei ruderi senza curarsi del 36
loro valore storico e artistico o che si riposavano all'ombra delle mura in rovina di un mausoleo. “Roma è la capitale del mondo. Le sue bellezze mi hanno sollevato poco a poco fino alla loro altezza”, queste le parole di Johann Wolfgang von Goethe nel suo saggio “Viaggio in Italia”.
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Castagnole e ancora a destra per via Spinabella. A questo punto svoltiamo a sinistra per via dei Glicini e ancora per via Due Santi Pascolaro, saliamo verso i Castelli lungo la viabilità secondaria, svoltando a destra per via Montecrescenzio e seguendo il tracciato della Via Francigena del Sud fino a raggiungere Viale Bruno Buozzi. Proseguiamo a destra percorrendo la strada fino al bivio per il Lago Albano, qui si procede a sinistra per via del Palazzo Pontificio costeggiando il muro di cinta dello stesso fino a via dell'Oratorio dove si apre uno spettacolare belvedere sul Lago Albano, con la vista che spazia dal bacino lacustre fino al Monte Cavo che lo sovrasta. Ancora pochi passi e saremo arrivati al centro storico di Castel Gandolfo!
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Castel Gandolfo Castel Gandolfo è un borgo immerso nelle colline dei Castelli Romani e si adagia sul bordo occidentale di uno dei crateri che ospita il Lago Albano, offrendo uno dei più spettacolari affacci sul lago. Conosciuta in tutto il mondo per essere la residenza estiva dei pontefici qui, cultura, religione e natura sono da sempre in perfetto equilibrio. Molto suggestiva Piazza della Libertà che è stata abbellita dal Bernini con una delle sue famose fontane e dominata dal Palazzo Apostolico dal cui cortile il papa ha impartito, per più di 400 anni, la benedizione apostolica al termine dell'Angelus, alle ore 12 delle domeniche estive, a centinaia di fedeli e non, assiepati nella piazza. Il complesso delle Ville Pontificie ospita circa 55 ettari di curatissimi giardini all'italiana affacciati sulla campagna romana ed oggi visitabili anche partendo in treno da Roma San Pietro. A questo borgo e alle sue bellezze, Giuseppe Gioachino Belli, noto poeta romano dell'Ottocento, dedicò il sonetto “Er viaggiatore”:
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È un gran gusto er viaggià! St'anno sò stato sin a Castèr Gandorfo co Rrimonno. Ah! cchi nun vede sta parte de Monno nun za nnemmanco pe cche ccosa è nnato. Cianno fatto un ber lago, contornato tutto de peperino, e ttonno tonno, congeggnato in maggnera che in ner fonno sce s'arivede er Monno arivortato. Se pescheno llí ggiú ccerte aliscette, co le capòcce, nun te fo bbuscía, come vemmariette de Rosario. E ppoi sc'è un buscio indove sce se mette un moccolo sull'acqua che vva vvia: e sto bbuscio se chiama er commissario.* Roma, 16 novembre 1831 - Der medemo * L'emissario del lago Albano. Chi lo visita, si diletta di mandarvi dentro dei moccoletti accesi sostenuti da pezzetti di legno galleggianti sull'acqua che vi s'interna.
B&B Garden2015 Via Caio Ateio Capitone 71, Roma Tel. 3892037234 www.garden2015.it La residenza di Lida Via Cardinale Raffaele Merry Del Val 1, Castel Gandolfo Tel. 3358314344 info@castelliromanicasavacanze.it La Dimora del Borgo Via Corso della Repubblica 69, Castel Gandolfo Tel. 3358314344 info@castelliromanicasavacanze.it 39
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2 CASTEL GANDOLFO ROCCA PRIORA L'attraversamento del Vulcano Laziale Lasciate le antiche vestigia di Roma, questa tappa attraversa i Colli Albani da ovest verso est affrontando le prime alture individuabili nell'antica struttura del Vulcano Laziale. Il percorso porta a scoprire la bellezza e diversità del paesaggio, i due laghi di Albano e Nemi, la via Sacra a Monte Cavo, l'altopiano dei Pratoni del Vivaro e il recinto esterno dell'antico Vulcano Laziale con il borgo di Rocca Priora. Siamo immersi nel territorio del Parco Regionale dei Castelli Romani, un parco fortemente voluto dalla cittadinanza castellana e che tutela le caratteristiche naturali, storico e culturali di questo ricco territorio. In questi luoghi la leggenda pone l'origine della città di Roma essendo Romolo, il fondatore e suo primo Re, discendente del Re di Albalonga, Numitore. DATI TECNICI
Lunghezza: Grado di difficoltà CAI: Dislivello in salita: Dislivello in discesa: Quota Max: Quota Min: Aree protette: Sezione CAI: Periodo consigliato:
24,5 Km T/E 943 m 697 m 948 m 418 m Parco Regionale dei Castelli Romani Frascati Tutto l'anno
PROFILO ALTIMETRICO Maschio delle Faete
1000
Domatore
800 600 400 CASTEL GANDOLFO
Km.0
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ROCCA PRIORA
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Parco Regionale dei Castelli Romani Si estende per circa 15.000 ettari in forma circolare a coprire l'area dell'antico apparato vulcanico dei Colli Albani, uno “strato-vulcano” caratterizzato da una lunga alternanza di fasi esplosive (le piroclastiti) ed effusive (le lave), culminate con una serie di violente esplosioni freatomagmatiche a conclusione del ciclo di attività circa diecimila anni fa. Boschi, radure verdeggianti come i Pratoni del Vivaro e soprattutto i laghi, che occupano il fondo delle depressioni nate dalla coalescenza di vari crateri, offrono paesaggi sorprendenti e occasioni di facili passeggiate nella natura. Il Parco offre inoltre numerose attrattive culturali oltre che naturalistiche, come le Ville Tuscolane e numerose abbazie, conventi e basiliche. Il Parco è stato istituito a tutela di specie faunistiche naturalisticamente rilevanti quali l'istrice, la volpe, l'upupa e vari rapaci nonché della ricca diversità vegetazionale presente sulle sue pendici, dominata da estesi boschi di castagno con un ricco sottobosco. Il Parco gestisce inoltre il Monumento Naturale "Madonna della Neve" nel territorio comunale di Rocca Priora e il caratteristico biotopo della Riserva Naturale “Sughereta di Pomezia”.
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Lasciato il borgo di Castel Gandolfo da Corso della Repubblica, proseguiamo per via Carlo Rosselli e poi a sinistra per Viale Pio XI... anche qui attenzione al traffico veicolare! Arrivati al bivio per Albano Laziale, all'altezza del Convento dei Padri Cappuccini si svolta a sinistra, dopo un punto ristoro, e ci si inoltra nell'area boscata del bordo craterico del Lago Albano seguendo il segnavia 511 che conduce al Lago di Nemi. Si prosegue a mezza costa per un ampio sentiero sterrato, in direzione di Rocca di Papa e del Convento di Santa Maria ad Nives di Palazzolo. Lungo il percorso, che affianca i resti di un acquedotto romano, si snoda un sentierino un po' esposto che porta ad uno splendido affaccio sul bacino del lago. Continuiamo tra boschi cedui di castagno e raggiunta una biforcazione dopo una ripida salita, svoltiamo a destra risalendo fino alla cresta del bacino, passiamo sotto la strada regionale SR218 e proseguiamo nel bosco di castagno fino al bivio che sulla destra conduce al fontanile di “Fontan Tempesta” (606m s.l.m.). Da qui procediamo a sinistra seguendo il segnavia 512, che da Genzano di Roma porta a Monte Cavo, superiamo il sottopasso della Via dei Laghi e svoltiamo decisamente a sinistra. In corrispondenza di un punto di ristoro sulla Via dei Laghi, il sentiero piega a destra e inizia a salire sulle pendici di Monte Cavo. La pista sterrata prosegue nel tracciato basolato dell'antica Via Sacra, perfettamente conservata, che conduceva al Tempio di Giove Laziale, caro sia ai popoli Latini che Romani. Lungo la salita, lasciando a sinistra un'edicola votiva dedicata a Santa Rita dove c'è il bivio per i Campi d'Annibale, arriviamo al Belvedere dei due laghi, un posto incantevole che offre un panorama unico sulla costa laziale, il Monte Circeo e nelle giornate di cielo terso sulle Isole Pontine. Proseguendo in salita raggiungiamo la strada asfaltata, svoltiamo a destra in prossimità della sommità del cono di scorie di Monte Cavo e la percorriamo per qual44
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che centinaio di metri. A questo punto, sulla sinistra troviamo un sentiero che si inerpica sull'orlo craterico dell'apparato dei Monti delle Faete, fino a raggiungere la quota più elevata dei Colli Albani, il Maschio delle
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Il Vulcano Laziale
I Castelli Romani ospitano buona parte di quel che resta dell'antico Vulcano Laziale che con le sue fasi eruttive ha trasformato la costa laziale, modificato il corso del Paleotevere, creando i presupposti di fertilità della Campagna Romana e permettendo alle antiche popolazioni di trovare un territorio ricco di risorse naturali in cui insediarsi. Ancora oggi nel territorio si trovano rocce e materiali da costruzione derivati dalla sua attività e tipici delle zone vulcaniche laziali: tufi, pozzolane, lave, piroclastiti, peperino ampiamente utilizzati come mattoni, pietre da rivestimento e da pavimentazione come i ben noti sampietrini del centro storico di Roma o il basolato della via Appia Antica e di altre strade romane. Il Vulcano Laziale è in realtà costituito da molti vulcani sovrapposti nel corso di centinaia di migliaia di anni di attività e che oggi appaiono come una serie di verdi colline, con folti boschi, bei vigneti e suggestivi centri storici. 45
Faete (956 m s.l.m.). Qui costeggiando la recinzione il tracciato si snoda sul crinale dove la vegetazione cambia a seconda dell'esposizione e si attraversa un bel popolamento di faggio. Raggiunta la Forcella, svoltiamo a destra per una rampa seguendo i segnavia del 517 che conduce al Centro Federale Equestre dei Pratoni del Vivaro. Giunti nei pressi di una selletta ai piedi di Monte Pennolo, dopo aver percorso una comoda pista forestale, giriamo a sinistra lasciando il sentiero 517 e aggirando il colle scendiamo nel bosco di castagno fino ad incontrare una strada sterrata che costeggia i prati del Vivaro, da seguire a sinistra fino ad uscire dal bosco aggirando una sbarra. Proseguiamo per una strada asfaltata, Via Sicilia, e dopo un po' svoltiamo a destra per Via Sardegna fino ad arrivare a uno slargo, piazza Capranica Prenestina, dove troviamo una fontana e delle panchine. Proseguiamo su Via Calabria, che passa a fianco della Casa del Parco dei Castelli Romani, e proseguiamo lasciando l'area urbana del Domatore e in leggera discesa svoltiamo tutto a sinistra per una sterrata che costeggia le aree a pratopascolo bordate da alcune grandi querce. Il percorso risale verso una zona residenziale e percorrendo Via di Velletri incrociamo Via Tuscolana. In questa zona siamo vicini ad aree di notevole importanza conservazionistica come il bosco del Cerquone, relitto dell'antico bosco planiziario con notevoli esemplari di farnia, e i Pantani della Doganella, con pozze permanenti che ospitano diverse e rare specie di anfibi. Attraversato l'incrocio saliamo percorrendo la strada asfaltata di Via Arenatura, prestando molta attenzione alle macchine, proseguiamo su Via della Pineta e a destra in Via Fontana Maggiore fino a giungere in paese. Il borgo di Rocca Priora, il comune piÚ alto dei Castelli Romani, è dominato dall'alto dal Palazzo Savelli, attuale sede del Municipio, da cui si può godere un panorama a 360 gradi sui Colli Albani, i Monti Prenestini, l'Appennino e l'ampia Valle del Sacco. 46
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Il Monte Cavo, la seconda montagna per altezza dei Colli Albani che rappresenta un cono vulcanico di scorie alto 950 m s.l.m., è l'antico mons Albanus, monte sacro per i popoli latini del Lazio, perché ospitava il tempio di Iuppiter Latiaris (Giove Laziale), e meta di pellegrinaggio dell'antichità. I Romani stessi venerarono questo luogo e realizzarono un percorso che dall'Urbe conduceva sul monte passando per il Lago di Nemi, dove si adorava Diana Nemorensis, dea della Caccia, e che dalla base della montagna giungeva al tempio attraverso una strada lastricata con basoli di roccia vulcanica effusiva, detta appunto Via Sacra o Via Trionfale. Questa strada, tuttora ancora ben conservata per circa due chilometri, si separa dalla Via Appia e con un tracciato di circa 6 km risale le pendici del monte con ampi tornanti e con caratteristiche opere idrauliche per il deflusso delle acque meteoriche.
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La Via Sacra
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Rocca Priora È il borgo più alto e freddo dei Castelli Romani, con i suoi 768 metri di altitudine, tanto che fu definito “Il nevaio di Roma”. Conosciuto anche come la Terra delle Acque per la ricchezza di fontane che da sempre hanno dissetato viandanti e l'agricoltura dei territori circostanti. Il monumento più notevole di Rocca Priora è il Palazzo Baronale, oggi sede del Comune, sorto su un antico castello e restaurato dall'Architetto Conte Francesco Vespignani nel 1880 affinché i ruderi del vecchio maniero ridiventassero un castello in stile XV secolo. L'edificio affaccia sul Belvedere da dove si può osservare un meraviglioso panorama dei Castelli Romani. Caratteristica anche la gastronomia del borgo, oltre a salumi e formaggi caserecci, il prodotto tipico della cucina locale roccapriorese è un formaggio-ricotta semiliquido, che si usa consumare ancora molto caldo, e perciò chiamato lo Scottone. A tale tipicità enogastronomica, assolutamente originale, è dedicata a gennaio la tradizionale sagra.
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B&B Viale dei Pini Via Mediana 113, Rocca Priora Tel. 069406757 - 3929771675 www.vialedeipini.it 49
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3 ROCCA PRIORA PALESTRINA Dal Vulcano Laziale al preappennino Dall'abitato di Rocca Priora si scende nel castagneto che delimita a nord est i resti della caldera esterna dell'antico Vulcano Laziale, aprendosi nella sottostante Valle del Sacco sullo spartiacque con la vallata dell'Aniene. Lasciamo i Colli Albani e dalla frazione di Colle di Fuori inizia la tappa di trasferimento verso i Monti Prenestini. Il percorso si sviluppa in una zona pianeggiante in gran parte su strada asfaltata, snodandosi attraverso la tipica campagna romana che caratterizza il territorio di Carchitti e dintorni con i suoi estesi frutteti e le tipiche coltivazioni di fragole. Questa tappa ci porterà a Palestrina, l'antica Praeneste, città latina celeberrima in età antica per il Santuario della Fortuna Primigenia.
DATI TECNICI
Lunghezza: Grado di difficoltà CAI: Dislivello in salita: Dislivello in discesa: Quota Max: Quota Min: Aree protette: Sezione CAI: Periodo consigliato:
16,3 Km T 325 m 508 m 710 m 331 m Parco Regionale dei Castelli Romani Frascati - Palestrina Tutto l'anno
PROFILO ALTIMETRICO 1000 Colle di Fuori
800
Valvarino
600 400 ROCCA PRIORA
Km.0
PALESTRINA
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Si riprende il Cammino! Dal borgo, scendendo su Via Fontana Maggiore in direzione dello Stadio Montefiore giriamo a sinistra su Via della Montagna Spaccata e dopo un centinaio di metri proseguiamo a destra sempre sulla strada asfaltata in direzione Monte Ceraso seguendo il segnavia 504. Lasciando la strada carrozzabile dopo circa 600 metri ci inoltriamo, sulla sinistra, all'interno del bosco su un ampio e
Il castagneto e il ricco sottobosco Il motivo per cui il castagno è molto diffuso nell'area dei Colli Albani risale probabilmente al '600 quando, a causa dell'emanazione delle “Constitutiones” - disposizioni pontificie - fu favorito l'impianto di quest'albero “da frutto” a discapito soprattutto dei boschi di querce, che insieme ai tigli ed aceri costituivano il bosco misto originale. Queste norme liberavano i proprietari terrieri con piante da frutto, come il castagno, da due pesanti usi civici come il “legnatico” e il “pascolo”. Il castagno è un albero di grandi dimensioni, assai longevo, di rapido accrescimento fino a 80-100 anni; inoltre ben si adatta ai suoli di origine vulcanica e al clima dei Castelli Romani ed è un'essenza con notevoli caratteristiche tecnologiche ed economiche (lavorazione del legname) che ha fatto la fortuna di tanti selvicoltori. Nei castagneti i funghi instaurano un rapporto simbiotico con le radici, permettendo loro di assorbire, oltre all'acqua, ulteriori elementi nutritivi. I funghi ricevono in cambio le materie organiche a loro necessarie, quali zuccheri, proteine e vitamine. Dove si sviluppano micorrize, gli alberi sono sicuramente più sani e vigorosi e meno soggetti allo stress ambientale. Varie specie fungine crescono nel sottobosco del castagno, alcune commestibili, altre velenose; tra queste si annoverano i galletti (Cantharellus cibarius), i porcini (Boletus edulis, Boletus aestivalis, Boletus erythropus), le russule (Russula cyanoxantha, Russula virescens, Russula vesca), le lingue (Fistulina hepatica), i prugnoli (Clitopilus prunulus), gli ovoli buoni (Amanita caesarea), le amanite pericolose (Amanita muscaria, Amanita phalloides). È sempre indispensabile dotarsi del tesserino per la raccolta dei funghi e soprattutto fare molta attenzione e farsi assistere nell'identificazione di ciò che si è raccolto in bosco per evitare spiacevoli sorprese e mettere inutilmente a repentaglio la propria vita e quella dei famigliari. 52
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comodo sentiero. Arrivati ad un incrocio con il tracciato del segnavia 505, che proviene dal nuovo cimitero di Rocca Priora, giriamo a destra percorrendo un'ampia sterrata, la seguiamo immersi nel bosco del castagno, inizialmente a mezza costa e poi lentamente perdendo quota e aggirando i vari impluvi fino alla Valle della Giumenta, dove il percorso aggira la testata e prosegue per la destra orografica in direzione dell'abitato di Colle di Fuori abbandonando i segnavia 505.
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Ci teniamo sulla destra delle prime case e prendiamo Via Michele Meta per circa 200 metri, svoltando poi a destra per Via IV Novembre fino a raggiungere Via di San Cesareo. Giriamo a destra, facendo attenzione alle macchine, e superiamo il Cimitero e alla seconda traversa a sinistra prendiamo Via Valle del Re lasciando il centro abitato. A questo punto scendiamo lungo la strada rettilinea, dapprima asfaltata e poi sterrata che attraversa boschetti e noccioleti, fino a superare il sottopasso dell'Autostrada del Sole A1, quindi proseguiamo per la viabilità secondaria in Via della Torre fino a giungere ad un quadrivio nei pressi di un fontanile. Il percorso del Cammino prosegue a destra per Via Colle la Torre e dopo circa 500 metri raggiungiamo la Via Provinciale di Carchitti che si immette a sinistra sulla Via Consolare Casilina (SR6). La meta è ormai vicina, percorriamo la Casilina a destra per un breve tratto, al km 34 giriamo a sinistra superando il ponte ferroviario, poi ancora a sinistra per un viale alberato che costeggia una tenuta agricola. Dopo circa 200 metri, all'altezza di un casale con uno spiazzo, giriamo a destra su una carrareccia interpoderale che attraversa l'antica tenuta di campagna della famiglia Barberini, tra boschetti e seminativi, compiendo un'ansa intorno al Colle di S. Antonio fino ad incrociare una strada asfaltata, Via Casale S. Antonio. Proseguiamo dritti per Via Valvarina fino a raggiungere la strada provinciale (Via degli Olmi), giriamo a sinistra e camminiamo fino ad incontrare Via Prenestina Nuova e subito dopo giriamo a destra per una stradina, Via Colle Girello, che attraversa un'area residenziale per incontrare di nuovo la Prenestina. A questo punto possiamo dirci arrivati! Giriamo a destra, e alla rotonda saliamo a sinistra per Viale Pio XII fino a raggiungere il Municipio e il centro della città di Palestrina.
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ROCCA PRIORA ---- PALESTRINA
Il Giglietto è un biscotto secco a forma di giglio, a base di uova, zucchero e farina. La sua storia è strettamente legata alla famiglia Barberini, Principi di Palestrina dal 1630. Dopo la morte di papa Urbano VIII avvenuta nel 1644, la famiglia, vedendosi osteggiata a causa dell'avversione del nuovo papa Innocenzo X Pamphilj, fu costretta a fuggire in Francia, ospite alla corte di re Luigi XIV. I Barberini si spostarono così in Francia con tutta la loro corte di paggi, cuochi e servitori. Grazie all'intercessione del cardinale Giulio Mazzarino si ricucirono i rapporti con la Curia romana attraverso il matrimonio, celebrato nel 1653, tra Maffeo Barberini e Olimpia Giustiniani, nipote prediletta di Innocenzo X. Al rientro in Italia i cuochi vollero ricordare il soggiorno francese, omaggiando la Casa Reale, attraverso questo biscotto dalla forma di giglio che riprende appunto lo stemma araldico della Corona francese. Dal 2014 è diventato un Presidio Slow Food e viene prodotto da alcuni forni delle città di Palestrina e di Castel San Pietro Romano. Ogni anno il Festival del Giglietto e Ghiottonerie dei Monti Prenestini è l'evento che porta ad agosto nelle piazze di Palestrina la cultura enogastronomica di tutta la tradizione prenestina.
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Il Giglietto
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Palestrina Il comune, con vicoli e scalinate che si inerpicano fino alla parte più alta del paese, sorge sull'antica Praeneste. Nel centro storico spicca il bellissimo Palazzo Barberini, dalle cui finestre si può scorgere un suggestivo panorama su una verdeggiante vallata. Intorno all'abitato medievale, Palestrina conserva ancora le vestigia dell'imponente Santuario della Fortuna Primigenia che caratterizza l'aspetto della città. Il santuario è un grandioso complesso cultuale, il “massimo complesso di architetture tardo-repubblicane dell'Italia antica”, dedicato alla Dea Fortuna. Oggi il palazzo restaurato è la sede del Museo Archeologico Nazionale di Palestrina. Fu uno dei templi più importanti dell'antichità dove, da Roma, i cittadini si recavano per avere predizioni e auspici di ogni genere. Sono numerose le botteghe d'arte dove si continuano a produrre oggetti legati all'antica storia artistica della città. Il piatto caratteristico per eccellenza è la sagna, la pasta povera, fatta a mano con acqua e farina. Arricchiscono l'offerta culinaria gli gnocchetti “a cò de soreca” con ragù di carne di maiale, la polenta con salsicce e spuntature, la pasta e fagioli, la carne alla brace o lessata nel sugo, il coniglio alla cacciatora, formaggi e dolci secchi.
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ROCCA PRIORA ---- PALESTRINA
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B&B Casa del Girasole Via Luigi Petroselli 34 (interno 2), Genazzano Tel. 069578303 - 3339485935 www.casadelgirasole.com B&B PalestrinaValmontone Via Prenestina Nuova 57, Palestrina Tel. 069535364 - 3397719224 www.valmontonepalestrinabb.it Il giardino delle camelie b&b Viale Fussen 4, Palestrina Tel. 3348435528 ilgiardinodellecameliebb@gmail.com 57
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La dorsale dei Monti Prenestrini Camminando sul lungo spartiacque dei Monti Prenestini a fil di panorama per quasi metà del percorso, si ha tutto il tempo per ammirare e salutare la grande piana dove è sorta e si è sviluppata Roma e studiare le linee consumate del complesso vulcanico laziale che si stagliano all'orizzonte tra la campagna romana e i Monti Lepini. Nello stesso tempo si possono scrutare ed iniziare a conoscere i nuovi rilievi delle catene appenniniche che da qui si sovrappongono con sfumature di colori che svelano le loro lontananze.
DATI TECNICI
Lunghezza: Grado di difficoltà CAI: Dislivello in salita: Dislivello in discesa: Quota Max: Quota Min: Aree protette: Sezione CAI: Periodo consigliato:
18,9 Km E 1395 m 678 m 1202 m 482 m Monumento Naturale Valle delle Cannuccete Palestrina - Tivoli Tutto l'anno
PROFILO ALTIMETRICO 1200 1000 800 600 400
Capranica Prenestina Castel San Pietro Romano Valle delle Cannuccete
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Km.0
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Monumento Naturale Valle delle Cannuccete Non lontano da Palestrina e dal suo famoso Tempio della Fortuna Primigenia, sede di un oracolo tra i piÚ frequentati della romanità , si incontra un Monumento Naturale che comprende il magnifico bosco delle Cannuccete nel territorio del comune di Castel San Pietro Romano. Il bosco è costituito da esemplari vetusti di aceri, cerri, carpini, scampati al taglio in virtÚ di un vincolo volto da secoli a proteggere alcune sorgenti. Queste mediante un acquedotto, in parte sotterraneo, alimentavano l'antica Praeneste (da cui origina il nome delle montagne adiacenti, i Monti Prenestini). I loro tronchi offrono rifugio alla ricca avifauna presente, costituita tra gli altri dal picchio verde, dal picchio rosso maggiore, dal torcicollo, dal picchio muratore, dalle cince e da rapaci notturni come l'allocco e l'assiolo. Una tradizione locale racconta che sotto una roverella colossale, vecchia forse di sette secoli, amasse sostare il musicista Pierluigi da Palestrina.
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Partendo dal cuore di Palestrina, da Piazza Regina Margherita, dove si affacciano il Duomo e Cattedrale di Sant’ Agapito e il palazzo dove si può visitare l'Antro delle Sorti, ci incamminiamo lungo Corso Pierluigi da Palestrina. Arrivati alla biforcazione tra Via Roma e Via S. Biagio, a ridosso del palazzo del Comune, giriamo a destra per la larga e bella Via Orazio Marucchi che diventa più su Via del Carmine e che si percorre tutta fino alla Parrocchia Sant'Antonio Abate. Proseguiamo a sinistra su Via del Tempio con i suoi tornanti e con i begli affacci sui tetti di Palestrina. Oltre la SP 58a saliamo per Via dei Merli, che dopo un primo tornante prosegue diritta fino al successivo dove cambia nome in Via degli Scacciati, proseguiamo ancora dritti ed in falsopiano e al primo accenno di discesa troviamo Via Castel S. Pietro che sale decisa. Un centinaio di metri e all'altezza del parcheggio imbocchiamo un viottolo che sale verso destra, costeggiando un'ultima casa. Due tornanti e troviamo di nuovo la SP 58a, la attraversiamo e con lunghi e comodi zig-zag saliamo il versante del Monte Ginestro che divide i due borghi.
Castel San Pietro Romano
Un piccolo borgo che conserva intatta la sua struttura medievale, Castel San Pietro Romano è posto sul Monte Ginestro ed offre un'affascinante balcone sull'area circostante Roma. Inserito tra i "Borghi più Belli d'Italia", è stato premiato come una delle "100 mete d'Italia". Il centro storico, con le sue stradine e piazze caratteristiche è un piacevole luogo da scoprire, 62
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possiede diversi punti panoramici sulla sottostante Valle del Sacco. In posizione panoramica Santa Maria della Costa è una piccola chiesetta risalente al 1700 che sorge nello stesso punto in cui era un antico monastero in rovina. Affacciato su piazza San Pietro, Palazzo Mocci è un edificio signorile del 1732, ospita il Museo Virtuale “Terra Nostra” ed insieme al paese è stato location di tanti film. Fra le produzioni cinematografiche girate in paese, troviamo “Pane, Amore e Fantasia” di Luigi Comencini del 1953. Di interesse le Mura Poligonali del VI sec. a.C., grandi blocchi di pietra irregolari messi in opera a secco, che si ergono a fortificazione attorno l'acropoli. La cucina tradizionale offre i piatti tipici della cucina romano-montana: gnocchi “a coda de soreca”, pasta e fagioli, spezzatino e carne alla brace; visitare il borgo nell'ultima domenica di luglio è l'occasione per assaggiare, anche qui, il famoso biscotto “Giglietto”, presidio di Slow Food. 63
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Il panorama è eccezionale, si spazia dai Monti Lepini a sud fino all'inconfondibile profilo del Monte Soratte a nord. Non si ha il tempo di ammirarlo pienamente che arriviamo alla lunga scalinata che termina a ridosso di un piccolo campo di calcio all'entrata di Castel S. Pietro Romano. Il borgo, arroccato sulle estreme propaggini dei Monti Prenestini, ci accoglie con i resti delle antichissime mura ciclopiche di origine pre-romana. Inoltre Castel San Pietro è stato teatro di numerose ambientazioni cinematografiche e conserva ancora intatta la struttura originaria apparendo quasi come sospeso nel tempo, circondato da panorami mozzafiato che affacciano su Roma, sulla Valle del Sacco e sull'edificio vulcanico dei Colli Albani. Ma proseguiamo il nostro Cammino su Via Prenestina, attraversiamo la piccola Piazza Zirello ed entriamo per Vicolo Borgo S. Pietro passando davanti ad un biscottificio e, dopo aver traversato la piccola Piazza S. Pietro, continuiamo per l'ampia Via Vittorio Veneto e, dopo aver costeggiato la Casa del Comune, vale la pena soffermarci al tornante dove si riapre l'orizzonte, con un bell'affaccio sulle cime dei Monti Lucretili.
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Continuiamo scendendo per la stessa via che ci fa uscire dal paese e al secondo tornante stretto, verso destra, prendiamo un viottolo scorciatoia che permette di evitare il successivo tornante. Passiamo davanti alla sede della Protezione Civile locale e all'incrocio continuiamo per Via della Zingarella, strada che prende a salire in direzione opposta al centro storico, incontrando anche un B&B, in località i Colli. Tralasciate le altre deviazioni, la strada spiana e, traversato un ultimo gruppo di case, dopo un'ampia curva, diventa sterrata. Arrivati a questo punto, superiamo un gran cancello e dopo circa duecento metri, dove si notano dei resti di colonne in cemento armato, prendiamo il sentiero che in diagonale gli passa poco sotto. Sul dosso, che fa anche da ampia cresta, il sentiero entra nella valle e proseguendo si immerge nella vegetazione fatta inizialmente in prevalenza di arbusti e cespugli di ginestre e biancospino. Scendiamo gradualmente, il rado bosco di querce si infittisce. Ci dirigiamo verso la parte alta della valle che ospita, sul versante opposto, il Monumento Naturale della Valle delle Cannuccete. In prossimità dell'impluvio, che si attraversa con l'aiuto di un ponte in pietra, costeggiamo il limite inferiore dell'area tutelata all'altezza di due piccoli edifici ed un pannello illustrativo. Se il periodo è quello propizio i corsi d'acqua regalano il fascino di diversi giochi d'acqua. Il bosco è maturo e ricco di diverse essenze e alberi di dimensioni interessanti, anche se la specie prevalente è il castagno. Riprendendo a camminare, il sentiero si stacca dal lato delle costruzioni e risale lo stesso versante non lontano dalle alte e ripide sponde, fino a quando si appoggia e permette di lasciarsi rapire da questo angolo di bosco con le sue atmosfere riflessive. Al successivo confine con staccionata, tralasciando i sentieri che vanno verso sinistra, attraversiamo un vasto prato. La traccia torna ad essere evidente in 64
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Capranica Prenestina A circa mille metri di altezza, sorge Capranica Prenestina. Questo borgo caratteristico, molto ben conservato, adagiato sui Monti Prenestini ricco di storia e arte, è pieno di vicoli, strade, scale, casette addossate tra loro, secondo modalità tipiche del castello fortificato medievale, con scorci e piazzette silenziose di grande suggestione. Il Santuario della Mentorella, il più antico d'Italia dedicato alla Madonna, meta di pellegrinaggio e più volte visitato da Giovanni Paolo II che amava raccogliervisi in preghiera, è uno dei luoghi di maggiore importanza del paese insieme al Museo Civico Naturalistico dei Monti Prenestini, ospitato nel Palazzo Capranica – Barberini. Salendo tra le viuzze di questo delizioso paesino troviamo il Palazzo Capranica, rinascimentale, eretto in varie fasi a partire dal Medioevo, e la Chiesa di Santa Maria Maddalena, affacciata su una deliziosa piazzetta con un antico pozzo in pietra locale; l'elegante e originale “cupolino” della chiesa è attribuito alla scuola del Bramante. 65
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prossimità dell'impluvio che attraverseremo un po' più su. Poi il sentiero prende a salire a svolte e qui affrontiamo un bosco impegnativo per la sua maggiore pendenza. Proseguendo incontriamo delle radure e la pendenza diminuisce fino ad arrivare, in prossimità di ampi capannoni e recinti di bestiame, su una comoda e larga strada bianca, che seguiamo in direzione nord, fino ad una fattoria con galline, anatre e capre. Poco più avanti intercettiamo la SP 58a e dopo 2 km siamo arrivati a Capranica Prenestina, sorta proprio sullo spartiacque dei Monti Prenestini, prima ed evidente catena di monti, porta d'ingresso al retrostante Appennino.
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Da qui il cammino, spaziando sui due versanti della lunga dorsale di cime e ampie creste, ci regalerà orizzonti con sguardi che si poseranno sugli innumerevoli monti. Dalla rotatoria, prendiamo per Via dei Colonnesi e andiamo verso il cimitero dove, alla fine dell'ampio piazzale-parcheggio, nasce un sentiero molto suggestivo tra vallette, crinali e conche, per non parlare dei boschi di conifere, piccoli laghetti e ampie praterie che nella rete dei sentieri della zona si chiama “Via delle Creste”. Il percorso è sempre comodo e con salite dolci fino a quasi metà della traversata. Qui inizia un'impervia salita sterrata che suddivide nettamente il versante con prati da quello con rado bosco di conifere, a questo punto proseguiamo sempre sul crinale anche quando la strada penetra nel bosco stesso circa a metà pendio. Arrivati in cima, scendiamo mantenendoci sulla destra fino a raggiungere prima una strada sterrata e poi una asfaltata che sale al paese di Guadagnolo. Riprendiamo a salire, sul versante opposto della strada, verso destra in debole ascesa raggiungendo una sella e scendiamo ancora verso destra fino a ritrovare l'asse viario, lo percorriamo ora per meno di un chilometro e, all'altezza di un pilone in cemento, giriamo a destra e saliamo per tagliare una serie di tornanti. Ad uno di questi che curva a sinistra usciamo su un sentiero che con svolte strette supera il dislivello piuttosto rapidamente puntando verso le balze rocciose dalla caratteristica forma trapezoidale del Monte Guadagnolo, falesia piuttosto frequentata da chi pratica l'arrampicata sportiva. Siamo giunti sotto le pareti, ci inerpichiamo anche con l'aiuto delle mani, ma senza alcun pericolo oggettivo, per un breve canalino fino al pavimento dell'ampio gradone roccioso e adesso, leggendo i creativi nomi degli attacchi delle diverse vie attrezzate di arrampicata arriviamo in pochi minuti al piccolo, sospeso e isolato borgo di Guadagnolo, frazione di Capranica Prenestina, luogo perfetto per la 66
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Guadagnolo
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riflessione ed il raccoglimento, tanto che poco sotto il versante orientale, riparato dai venti di vetta, vive la comunità religiosa del Santuario della Mentorella.
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Guadagnolo è una frazione di Capranica Prenestina ed è il borgo più elevato del Lazio (1218 m s.l.m.): le sue pareti rocciose sono molto apprezzate per le scalate. Nelle “casette”, piccole costruzioni sparse nei castagneti secolari, vengono essiccate e affumicate le castagne, note già ai Romani per la loro qualità eccezionale. Sono molte le specialità locali, tra le quali le “lane pelose”, fettuccine con crusca al sugo di castrato, e le pietanze con i funghi, crudi e cotti. Eccellenti tutte le preparazioni con le “mosciarelle” di Capranica Prenestina PAT, castagne essiccate, dolcissime e leggermente aromatiche, delle quali la zona è grande produttrice. Non mancano le iniziative tra cui la Festa di San Rocco, la Sagra della ricotta nel mese di agosto, la Sagra del Moscato nel mese di settembre ed infine la Sagra della “mosciarella” a novembre.
B&B Casa del Girasole Via Luigi Petroselli 34 (interno 2), Genazzano Tel. 069578303 – 3339485935 www.casadelgirasole.com B&B PalestrinaValmontone Via Prenestina Nuova 57, Palestrina Tel. 069535364 - 3397719224 www.valmontonepalestrinabb.it Il giardino delle camelie b&b Viale Fussen 4, Palestrina Tel. 3348435528 ilgiardinodellecameliebb@gmail.com 67
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La porta delle montagne Il paese di Guadagnolo è la porta d'ingresso ad un altro mondo. Dà il benvenuto a chi arriva dall'immensa piana del Tevere e lo prepara per il dominio delle montagne. Il Monte Guadagnolo, una delle cime di rilievo della catena dei Monti Prenestini, è la prima corrugazione di questo tratto dell'Appennino da cui il mare si intravede ancora benissimo, verso ovest, e che permette di assaporare in piani-sequenza, verso est, le future catene da esplorare.
DATI TECNICI
Lunghezza: Grado di difficoltà CAI: Dislivello in salita: Dislivello in discesa: Quota Max: Quota Min: Aree protette: Sezione CAI: Periodo consigliato:
23,9 Km E 638 m 1472 m 1218 m 355 m Tivoli Tutto l'anno
PROFILO ALTIMETRICO 1200 1000 800 600 400
Santuario della Mentorella Cerreto Laziale
Rocca Canterano Canterano Fiume Aniene
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Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini Il Parco Regionale dei Monti Simbruini si estende per circa 30.000 ettari sull'Appennino laziale, dal fondovalle del Fiume Aniene alle cime che ospitano le sue sorgenti, e per la sua vastità rappresenta la più grande area protetta del Lazio. Montagne vere, quelle alle spalle di Cervara di Roma, Subiaco e Filettino, con le vette maggiori come il Viglio, il Cotento, il Tarino, che sfiorano o superano i 2000 metri. Il territorio montano è caratterizzato da paesaggi integri, da vasti orizzonti, da una ricca fauna e flora, da importanti testimonianze storiche e artistiche. I boschi che ammantano i suoi versanti, tra cui le estese faggete, per la vetustà degli alberi e le associazioni vegetali presenti, sono di grande fascino ed elevato valore naturalistico. L'acqua è sicuramente uno degli elementi caratterizzanti di questo territorio. Non a caso il nome stesso dei monti deriva dal latino “sub imbribus”, ossia "sotto le piogge": ne cadono più di 2000 mm annui contro gli 800 di Roma. Gli abbondanti rovesci e le nevi, insieme all'ambiente carsico reso manifesto da inghiottitoi, doline e profonde grotte, hanno creato infatti le condizioni per un sistema di sorgenti pedemontane da cui ancora oggi viene prelevata acqua potabile. Arricchiscono e completano questo considerevole patrimonio idrico il fiume Aniene e il suo affluente torrente Simbrivio.
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Prendendo a scendere verso il primo fondovalle, la prima grande mèta è il Santuario della Mentorella, luogo tanto caro a Papa Karol Wojtyla e uno dei siti di passaggio di San Benedetto. Dal Santuario il percorso si fa sentiero vero e proprio, perdendo decisamente dislivello con una serie di svolte, tagliando il versante orientale. Sotto una serie di balze torniamo su strada sterrata, svoltiamo a destra fino ad uno spiazzo, Ara di Palazzo, con un pannello. Tralasciando la strada di destra che scende verso Pisoniano, proseguiamo per quella che si sviluppa inizialmente in piano, a sinistra. La passeggiata è dolce e attraversa un bosco rado di querce, finché alla fine si perde un po' quota fino alla strada provinciale. La attraversiamo e continuiamo su un'altra strada bianca. La percorriamo tutta, senza svolte e, superando dei canali d'acqua costeggiamo delle attività produttive in prossimità di un'altra strada asfaltata. Proseguiamo, a sinistra, fino al bivio in salita che va verso Cerreto Laziale. Percorrendo via Costa Sole per circa 300 m giriamo a destra per Via della Circonvallazione percorrendola per circa 1 Km per poi andare a destra e prendere un sentiero in lieve discesa che conduce ad una piccola aratura in piano. A questo punto saliamo in un castagneto fino a raggiungere la provinciale SP47 e prendere poi una strada sterrata che conduce al sentiero che porta a Rocca Canterano. Arrivati al paese, percorriamo Via Romana che lasceremo a destra dopo circa 200 metri per prendere una strada secondaria che conduce al successivo borgo di Canterano e ancora, fino ad intercettare di nuovo la provinciale SP47. Manca poco alla fine di questa quinta tappa, prendiamo una strada secondaria che porta alle rive del fiume Aniene e da qui proseguiamo in direzione di Subiaco. Arrivati!
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Se nel territorio reatino avvenne il famoso Ratto delle Sabine, pochi sanno che a Rocca Canterano nel 1084 ci fu il ratto delle ragazze locali. I rapitori delle fanciulle proposero in seguito una riconciliazione istituendo un banchetto a favore delle famiglie danneggiate dalla perdita delle fanciulle. Da allora è ancora oggi tradizione, a Rocca Canterano, che venga offerto agli ospiti il “Pranzo della riconciliazione”, un momento folcloristico dove assaggiare tipicità locali come i “cecapreti”, ovvero sagne condite con sugo di pecora, e gli gnocchetti realizzati con acqua e farina.
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Rocca Canterano
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Il Fiume Aniene
Il fiume Aniene è l'affluente più importante del Tevere e sorge sul Monte Tarino, a 1200 metri d'altezza. Dopo una corsa di 99 chilometri, si congiunge al Tevere. Famosa la cascata di Tivoli in cui si getta in un salto di
Subiaco
Immerso nel Parco Naturale dei Monti Simbruini, Subiaco non solo è la culla del monachesimo benedettino, ma anche il centro più importante dell'alta Valle dell'Aniene. Il suo nome deriva dal latino Sublaqueum che vuol dire “sotto i laghi”, definizione attribuita da Tacito alla Villa di Nerone, che l'imperatore, secondo la tradizione, si fece costruire in questa zona creando tre laghetti artificiali dopo aver fatto sbarrare l'Aniene. La Rocca Abbaziale, meglio conosciuta come Rocca dei Borgia, la Chiesa di San Francesco del 1327, con altari lignei e pregevoli pitture dei secoli XV e XVI, le Chiese di Sant'Andrea e di Santa Maria della Valle sono solo alcune bellezze 76
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120 metri ed è una delle più alte d'Italia. Attraversando strette valli calcaree crea, soprattutto nel primo tratto del suo corso, gole strette e profonde, sedi di numerosi microhabitat, sormontate da piccoli borghi fino ad arrivare nella campagna romana dove continua a scorrere con ampi meandri fino al “biondo Tevere”. Le acque navigabili in alcuni tratti rendono l'Aniene meta degli amanti della canoa e del kajak, con percorsi che partono dal ponte medievale di San Francesco a Subiaco.
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B&B Tricolore Via della libertà 17/A, Cerreto Laziale Cell. 3483135982 - 3391680294 imperitricolore@gmail.com Oasi Subiaco (Gli Angeli) Viale della Repubblica 75, Subiaco Tel. 3664593191 www.oasisubiaco.it
che potrete ammirare a Subiaco, uno dei Borghi più belli d'Italia. Nel lontano 1465, nel Monastero di Santa Scolastica, due allievi di Gutenberg installarono qui la prima tipografia italiana e, grazie alla nuova arte della stampa a caratteri mobili, stamparono il primo libro in Italia. Le tradizioni gastronomiche sublacensi sono molto legate alla terra: ju pappaciúccu, un'energetica pietanza con cavoli neri lessati e impastati con pizza di granturco e pane raffermo; ju fallò (pane con farina di mais); la pulènna colle spuntature de porcio; ju salame degliu re (rotolo di pan di spagna con la cioccolata); la tròtta n' guazzetto; i bróccuji ncancaríti e i subbjàchini (biscotti tipici). Andando a Subiaco è d'obbligo una visita al Monastero di Santa Scolastica e al Monastero del Sacro Speco di San Benedetto, due luoghi di culto dal fascino unico! 77
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Casa vacanze Casa Lieta Contrada Marciano 3, Monte Livata Tel. 077483671 - 3393948962 www.casavacanzesubiacolivata.com Casa al Colle Via Papa Braschi 20, Subiaco Tel. 3491946936 alcollecasavacanze@gmail.com La Casetta di Anna Rita Via Papa Braschi 102, Subiaco Tel. 3395354598 - 3333326420 lacasettadiannarita@gmail.com La Chiocciola Contrada Castagnola 4, Subiaco Tel. 3339107859 www.lachiocciolasubiaco.com La Coccinella Contrada Risano 3 / Via Papa Braschi 108, Subiaco Tel. 3281090068 - 3496754959 lacoccinellasubiaco@gmail.com
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Monasteri e Faggete Il percorso conduce dalla Valle dell'Aniene nell'altopiano carsico dei Monti Simbruini, con una tappa non lunga ma impegnativa per il suo dislivello, per entrare nel mondo del faggio! Imperdibile la visita, durante la salita, ai Monasteri Benedettini di Santa Scolastica e del Sacro Speco, che il sentiero lambisce. Luoghi ricchi di spiritualità e affascinanti per il loro rilievo paesaggistico, sicuramente una pausa opportuna per ritemprare le forze ed affrontare la salita. Durante il percorso, prendendo quota, si apre un fantastico panorama sulla valle sottostante e le falesie, nonché sui rilievi già attraversati dal cammino. Il passo ci conduce dai luoghi della meditazione a quelli del silenzio della natura degli orizzonti dei Monti Simbruini.
DATI TECNICI
Lunghezza: Grado di difficoltà CAI: Dislivello in salita: Dislivello in discesa: Quota Max: Quota Min: Aree protette: Sezione CAI: Periodo consigliato:
11 Km E 1067 m 77 m 1410 m 380 m Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini Tivoli Tutto l’anno
PROFILO ALTIMETRICO 1600
Monastero di Santa Scolastica
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Lasciato il borgo di Subiaco, da Piazza del Campo si prende Via Papa Braschi (strada Sublacense SR411) e poi Via dei Monasteri risalendo l'Aniene per circa 1,5 km fino ad arrivare nei pressi di una tabella del Parco Naturale dei Monti Simbruini. A questo punto svoltiamo a sinistra per la Strada Provinciale 45A passando a fianco ad una cappella, Rotonda di San Mauro, superando una fontanella e saliamo prima dei ruderi della Villa di Nerone per delle scalette (se-
Monasteri Benedettini
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Il monachesimo benedettino si può dire che sia nato a Subiaco: qui San Benedetto da Norcia trascorse trent'anni della sua esistenza vivendo prima da eremita e dedicandosi poi alla fondazione dei monasteri. Il monastero di Santa Scolastica, intitolato alla sorella del fondatore dell'ordine benedettino, è l'unico dei dodici monasteri fatti edificare da San Benedetto nella valle sublacense che si è conservato fino ai giorni nostri. Se sull'ingresso campeggia la regola benedettina “ora et labora”, la particolarità architettonica e artistica del monastero è data dai suoi tre chiostri: uno in stile rinascimentale, uno gotico, a sei lati, edificato tra la fine del 1200 e gli inizi del 1300, dove si trova un pozzo esagonale con elementi che un tempo appartenevano alla villa che Nerone fece costruire nella valle dell'Aniene, e infine il chiostro dei Cosmati iniziato probabilmente nei primi anni del XIII secolo. Il Monastero di San Benedetto, che appare al visitatore appeso sulla parete rocciosa, risulta composto da due chiese sovrapposte e da cappelle e grotte, interamente affrescate in epoche diverse. Il Sacro Speco costituisce un monumento religioso unico, per bellezza e spiritualità, della storia dell'arte del nostro Paese. 81
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gnavia 653) che conducono al tornante superiore della strada asfaltata passando sotto una splendida quercia secolare. Attraversata la provinciale proseguiamo per una rampa di scale vicine al muro perimetrale del complesso di Santa Scolastica, imponente monastero che domina la valle sublacense fondato da San Benedetto, e passiamo sotto un arco per raggiungere uno slargo dove a destra c'è l'ingresso al monastero.
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Giriamo a destra proseguendo per un breve tratto a fianco della struttura e giunti a un parcheggio saliamo a destra per delle scale per arrivare al tornante della provinciale. Proseguiamo attraversando la strada e salendo per un'altra rampa di scalette che prosegue poi per un sentiero che permette di tagliare i tornanti della strada asfaltata e che conduce al Monastero di San Benedetto. Arrivati al piazzale, una visita al Sacro Speco, incassato nella roccia a strapiombo sulla valle sottostante, è quasi d'obbligo. Qui chiese e cappelle interamente affrescate, ospitano il più antico ritratto attribuito a San Francesco. Ripreso il sentiero segnato, a lato di alcune statue dedicate ai santi, si sale per un tratto alberato fino all'Eremo di San Biagio, oggi luogo di preghiera e accoglienza custodito dalle Suore Figlie di Maria Ausiliatrice. Proseguiamo salendo per una stradina
Il falco pellegrino Il falco pellegrino (Falco peregrinus) prende il nome dal piumaggio sul capo, che ricorda un copricapo scuro molto simile ai cappucci che, nel Medioevo, indossavano i pellegrini mentre compivano lunghissimi e impervi viaggi lungo le vie della devozione in tutta Europa. Il falco pellegrino è un uccello rapace che cattura le prede in volo, come colombacci e piccioni, e può raggiungere in picchiata oltre i 300 chilometri orari, superando in velocità una macchina sportiva e staccando persino il ghepardo africano. Ha oltre 1 metro di apertura alare e uno spiccato dimorfismo sessuale tanto che i falchi femmina sono di dimensioni molto più grandi rispetto ai maschi; depongono dalle 2 alle 4 uova. In natura il rapace predilige spazi aperti con rocce scoscese e alte rupi per fare il nido, più raramente nidi abbandonati di altri rapaci. Non disdegna neanche l'ambiente urbano, se ricco di prede, nidificando su alti palazzi come grattacieli e campanili delle chiese. 82
SUBIACO ---- LIVATA
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cementata fino ad uscire dal giardino e giriamo a sinistra, prima dei ripetitori. Salendo per un pratopascolo arriviamo alla strada sterrata che conduce al Monte Taleo. Continuiamo a salire a sinistra fino ad arrivare nei pressi di una struttura religiosa di accoglienza, oltrepassiamo un cancello e proseguiamo per la strada bianca che con ampie svolte risale il pendio montano fino a terminare con uno slargo nel bosco. Da qui troviamo sulla sinistra un sentiero, segnavia 653, lasciando un altro tracciato il 681b che conduce a Jenne, che immerso nella faggeta di Colle Forno risale il fosso, tralascia a destra una svolta per Frassigno, e tocca quasi i 1300 metri di quota alla biforcazione di due vallecole dove il bosco si apre in un cespuglieto. Giriamo a sinistra entrando nella Valle delle Mele e salendo tra cespugli di rosa canina
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e meli selvatici incrociamo una strada sterrata che scende da Colle Rotoli, nei pressi dei ruderi del vecchio “Tiro a piattello”. Ma non è finita qui, continuiamo a scendere a destra per la strada fino ad arrivare nei pressi della Chiesa della Santissima Trinità a Monte Livata dove, svoltando a sinistra e percorrendo la strada asfaltata per qualche centinaio di metri
Monte Livata
Monte Livata, nel cuore del Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini, è una località turistica montana rinomata che si estende su un altopiano carsico che va dai 1400 m s.l.m. del centro abitato ai 1750 degli impianti di sci alpino di Monna dell'Orso, per arrivare fino ai quasi 2000 metri del Monte Autore, la cima più alta e panoramica del comprensorio. L'altopiano è ricoperto da un fitta foresta di faggi, una delle faggete più estese d'Europa, che addolciscono il paesaggio con scorci magnifici in continuo mutamento con il susseguirsi delle stagioni. Livata è l'unico comprensorio sciistico nel territorio della città metropolitana di Roma Capitale: proprio per questo è stata dichiarata ufficialmente “Montagna della Capitale”! La località è inoltre meta ideale, al di fuori dell'inverno, per passeggiate a cavallo, per itinerari escursionistici e trekking, per il cicloturismo, per svago e relax a contatto della natura.
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SUBIACO ---- LIVATA
Casavacanze Casa Lieta Contrada Marciano 3, Monte Livata Tel. 077483671 - 3393948962 www.casavacanzesubiacolivata.com 85
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arriviamo nei pressi di un Centro Visita nell'area dell'Anello di Livata, nota localitĂ turistica montana del Parco dei Monti Simbruini a quota 1350 m s.l.m. Alla fine di questa tappa sarĂ piacevole apprezzare l'aria pulita e l'ampia offerta di punti di ristoro per rifocillarsi dopo la lunga salita.
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2 LIVATA CORVARO
CAMMINO NATURALE DEI PARCHI 87
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7 LIVATA CAMERATA NUOVA Nel Parco dei Monti Simbruini, tra faggete e immensi pianori S E T T I M A N A N°
La seconda settimana inizia con una tappa decisamente lunga (20,6 km) e altrettanto bella, durante la quale si fa il pieno di estese faggete e più o meno grandi pianori carsici. Con la dolce ascesa al Monte Autore potremo godere di ampie vedute e immergerci nella varietà degli ambienti naturali del Parco.
2 DATI TECNICI
Lunghezza: Grado di difficoltà CAI: Dislivello in salita: Dislivello in discesa: Quota Max: Quota Min: Aree protette: Sezione CAI: Periodo consigliato:
20,6 Km E 590 m 1157 m 1853 m 804 m Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini Tivoli Tutto l'anno
PROFILO ALTIMETRICO 1800 1500 1200
Camerata Vecchia Monte Autore Rifugio di Camposecco
800 400 Km.0
LIVATA
CAMERATA NUOVA
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20,6
Lasciamo la conca di Livata e risaliamo la valle in direzione della pineta verso Fonte Acquaviva (segnavia 672a) e andiamo oltre fino ad incontrare la sterrata di Campo dell'Osso. Proseguiamo dritti per il sentiero 673c aggirando dei residence e raggiungendo la strada bianca di Valle Maiura. Qui svoltiamo a destra per circa 300 metri e giunti alla strada asfaltata attraversiamo per riprendere a sinistra il tracciato 673c fino agli impianti da sci de La Monna. Andiamo avanti nel fondovalle e risalendo un'ampia faggeta incontriamo una strada bianca che svoltando a destra ci condurrĂ
Il Cervo
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LIVATA ---- CAMERATA NUOVA
Il cervo nobile (Cervus elaphus) è un ungulato erbivoro che vanta dimensioni non indifferenti: i maschi possono arrivare a misurare fino a 120 cm al garrese (punto più alto del dorso tra collo e scapole), e pesare oltre 200 kg. Le femmine sono più piccole e si possono distinguere facilmente, soprattutto in estate ed autunno, perché a differenza dei maschi sono prive dei caratteristici palchi, ossia di quelle che vengono spesso definite impropriamente corna. Il mantello del cervo cambia a seconda del periodo dell'anno. In estate è infatti di un colore che va dal bruno al rossastro mentre in inverno diventa grigio. La loro vita è scandita da comportamenti abitudinari e regolati dal ciclo biologico annuale. Vive nelle zone boschive con presenza di radure, spesso su versanti acclivi, accompagnati da distese di prateria, dalle quote più basse fino ai crinali appenninici. Questi grandi erbivori vivono in branchi separati: il maschio si avvicina alle femmine solamente durante la stagione degli amori che va da settembre ad ottobre, quando ogni esemplare adulto emette un richiamo detto bramito per attirare e radunare un gruppo di femmine e nel contempo tenere lontani gli altri maschi. In questo periodo il Parco organizza delle escursioni notturne per ascoltare questo richiamo d'amore. Sono animali selvatici, non amano molto il contatto umano, e anche se a volte è facile avvicinarli per fotografare la loro eleganza occorre sempre mantenersi a debita distanza per evitare atteggiamenti aggressivi. 91
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alle Vedute di Monte Autore, dove lo sguardo si perde sulla Valle del Simbrivio. Da qui si può raggiungere la vetta del Monte Autore con una breve salita. Dalle Vedute proseguiamo il cammino scendendo nel vallone sottostante fino a giungere a una strada sterrata in località Campitellone. La valle sbocca sull'immenso pianoro carsico di Camposecco, teatro di numerosi film western all'italiana, passando dall'ombra dei boschi alla luce delle praterie di quota. Puntiamo verso la casetta-ricovero, conosciuta come Rifugio di Camposecco, attraversando il prato-pascolo
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e seguendo i segnavia del 653 che ci portano da qui verso l'abitato di Camerata Vecchia. Terminati i pascoli di una valle, dimora di antichi coltivi di cereali, all'altezza di un grande faggio e trivio indicato da frecce segnavia, giriamo a destra per il sentiero che ci guida sino alle rovine dell'antico abitato di Camerata Vecchia distrutto nel 1859 da un incendio. Una breve deviazione verso sinistra, lungo un sentiero curato, permette di visitare la piccola e deliziosa chiesetta di Madonna delle Grazie, ben tenuta e con una vista che spazia sul borgo di Camerata Nuova e sulle propaggini meridionali dell'estesa Piana del Cavaliere. Lasciamo, seguendo il 664b, i ruderi addossati quasi a mimetizzarsi al crinale e dopo un traverso passiamo
Il Sentiero Coleman Enrico Coleman fu caposcuola della corrente naturalistica della pittura romana della seconda metà dell'Ottocento. Seguendo il padre nelle sue frequenti escursioni nei dintorni di Roma, Coleman sviluppò una profonda sensibilità verso la natura, che diventò ben presto la sua passione privilegiata tanto che si dedicò soprattutto al paesaggio traendo ispirazione dalla campagna romana, dipingendone ad olio o all'acquarello gli aspetti più tipici, essendo anche un apprezzato ritrattista di animali. In omaggio alla sensibilità manifestata per questi luoghi, gli è stato dedicato un Cammino. Il Sentiero Coleman è un trekking di più giorni nato proprio per ricordare il cammino di quattro giorni attraverso i monti Simbruini che il pittore e l'allora segretario del CAI di Roma, Ing. Martinori, fecero nel lontano 1881.
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sul versante sinistro della Valle del Fosso Fioio, confine tra le regioni Lazio e Abruzzo che separa nettamente la catena dei Monti Simbruini e dove ricade anche il confine dell'Area Protetta Regionale. Da qui, con una discesa più pronunciata il sentiero raggiunge, in vicinanza del fondovalle del Fosso Luisa, le propaggini alte del paese. Un fontanile perenne segna la conclusione ideale per questa lunga e affascinante tappa.
Camerata Nuova S E T T I M A N A N°
2 Camerata Nuova è un grazioso paesino all'estremo lembo del Parco Regionale dei Monti Simbruini ai confini con l'Abruzzo. Nel 1859 il paese venne distrutto da un forte incendio e ricostruito nella posizione odierna a valle. La maggior parte del territorio è montuoso con cime che si innalzano dai 1200 metri di Camerata Vecchia, l'antica città distrutta, fino a raggiungere i 1885 metri di Monte Autore. Tra i luoghi di interesse a Camerata Nuova oltre ovviamente alle rovine di Camerata, c'è il Santuario di Santa Maria delle Grazie, meta di un pellegrinaggio nel giorno di Pasquetta. La cucina tradizionale cameratana è molto ricca come le sagne m'pezze, che sono un primo piatto a base di piccoli pezzi di sfoglia di pasta all'uovo strappati e accompagnati con sugo di carne di maiale, o come il Raviolo cameratano, piatto della tradizione a cui è dedicata una sagra in giugno, che coniuga egregiamente il salato del sugo di pecora con il dolce del ripieno a base di B&B La Stella danzante ricotta e zucchero. Altra eccellenza della Loc. Colle Santo Stefano, 5, zona è il Caciofiore, un formaggio ovino a Camerata Nuova Tel. 3289779124 pasta morbida dal sapore intenso. lastelladanzante@tiscali.it
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8 CAMERATA NUOVA CINETO ROMANO Sullo spartiacque di due Regioni
DATI TECNICI
Lunghezza: Grado di difficoltà CAI: Dislivello in salita: Dislivello in discesa: Quota Max: Quota Min: Aree protette:
Sezione CAI: Periodo consigliato:
18,1 Km E 676 m 988 m 958 m 472 m Parco Naturale Regionale dei Monti Lucretili Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini Monumento Naturale Torrente Rioscuro Tivoli Tutto l'anno
PROFILO ALTIMETRICO Torrente Rioscuro Riofreddo
Oricola
1000 800 600
Rocca di Botte
400 CAMERATA NUOVA
Km.0
CINETO ROMANO
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Con questa tappa, per una buona parte ospitata da un crinale, si cammina sul confine tra Lazio e Abruzzo. Ad ovest la Valle del Fiume Aniene, affluente tra i più importanti del Tevere, ad est l'estesa conca intramontana della Piana del Cavaliere che ospita la cittadina di Carsoli sul settore settentrionale. Tante le cime interessanti che si osservano, come i Monti Navegna e Cervia, il Monte Fontecellese e la Cima di Vallevona. Chiude l'orizzonte di levante la splendida piramide del Monte Velino, con i suoi 2487 m, una delle cime più alte dell'intera catena Appenninica.
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Parco Naturale Regionale dei Monti Lucretili Il Parco Regionale dei Monti Lucretili, che ha un'estensione di circa 18.000 ettari, comprende la parte più avanzata dell'Appennino verso la pianura tirrenica. Le montagne più alte sono Monte Gennaro (1275 m s.l.m.), baluardo calcareo che domina sulla campagna romana e che risulta ben visibile dai colli capitolini, e Monte Pellecchia (1368 m s.l.m.), che si affaccia sui resti dell'antica villa di Orazio e custodisce sotto il suo "Pizzo" il sito riproduttivo della coppia di aquile reali più vicino a Roma. Monti e colli si susseguono incastonando piccoli gioielli acquatici, come i "lagustelli" di Percile, i fontanili, ricchi di tritoni, salamandrine dagli occhiali e soprattutto ululoni, ed il Torrente Licenza che, con i suoi affluenti, serpeggia attraverso l'omonima valle. Tutto ciò, nonostante le quote modeste e la vicinanza alla metropoli, rende il Parco sorprendentemente munifico, come per la varietà incredibile di orchidee selvatiche che accende di colori le praterie ed i campi in primavera, ed ospitale per la fauna selvatica, come i caprioli, i lupi, ed i numerosi rapaci che ne solcano i cieli. I paesaggi del Parco comprendono boschi mediterranei e montani, frutteti ed oliveti a basse quote, ampi pianori carsici con praterie, laghetti, valli ombrose e una corona di piccoli paesi con le case strette ai piedi di massicci calcarei. 96
CAMERATA NUOVA ---- CINETO ROMANO
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Iniziamo il cammino dal borgo di Camerata Nuova passando al fianco del cimitero comunale per arrivare ad un abbeveratoio con un crocicchio di strade bianche e prendiamo quella che scende a destra. Poco più avanti imbocchiamo lo stradello che si ramifica a sinistra con
L'acquedotto dell'Acqua Marcia Quest'acquedotto raccoglieva l'acqua dell'alto Aniene, attingendo direttamente dalle limpide sorgenti. Lungo circa 91 km, seguiva un percorso in gran parte sotterraneo, in altre sopraelevato e scoperto su grandi arcate monumentali. I Romani la ritenevano la migliore tra le acque che servivano Roma. Plino il Vecchio infatti la definì nel suo Naturalis Historia “clarissima aquarum omnium”, la più pura di tutte le acque, sostenendo che era un “dono fatto all'Urbe dagli dei”. La portata dell'acquedotto era pari a circa 194 mila metri cubi al secondo, e una così gran quantità di acqua venne poi utilizzata per rinforzare la portata di altri acquedotti di capacità più modesta, così mentre una parte veniva utilizzata per diramazioni secondarie, altra acqua andava ad arricchire il successivo acquedotto dell'Aqua Tepula e ad accrescere la portata dell'Anio Vetus. In tempi più attuali l'ottima qualità di queste acque spinse papa Pio IX a ripristinare l'acquedotto, che venne nuovamente inaugurato l'11 settembre del 1870.
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un sottofondo più sassoso, lasciando quella più ampia che è il proseguimento ovvio da cui veniamo. Avvicinandoci a Rocca di Botte incontreremo anche un maneggio. Attraversiamo il paese, da tornante a tornante e dopo delle piccole aie prendiamo un sentiero che risale disegnando i fianchi della valle in direzione del crinale, raggiungendolo in prossimità di un'ampia sella erbosa vicini al Monte San Fabrizio, sulla destra. Continuiamo, in traverso, camminando lungo il suo versante occidentale fino ad arrivare ad Oricola. Superata Oricola, affronteremo la montagna che sovrasta Arsoli e che ospita due cave, camminando per il primo tratto proprio sui fianchi boscati che guardano questo paese. In questo tratto è importante orientarsi e trovare i segnavia biancorossi tra i pascoli per i quali si snoda il percorso. Oltre, attraversiamo i tre assi viari (la Tiburtina-Valeria SR5, la Ferrovia Roma-Pescara e l'Autostrada A24) e affronteremo l'ultima salita per Riofreddo. Passato il borgo, che si attraversa per vicoli fino ad apparire sulla provinciale per Vallinfreda all'altezza del bel palazzo che ospita il Municipio, al primo tornante della stessa strada prendiamo una carrabile, e un pò più su proseguiamo per il primo stradello a sinistra. In fondo a dei prati, limitati da cespugli di rosa canina e biancospino, giriamo a destra per camminare lungo un'antica carrareccia recuperata da pochi anni dal Parco dei Monti Lucretili e che ci permetterà di giungere a Cineto Romano con un lento e ancora piuttosto lungo digradare. Così, dopo essere arrivati e aver superato il Torrente Rioscuro, gli ultimi 2 chilometri li percorriamo su una strada bianca carrabile. Ormai vicini al borgo, vi suggeriamo una deviazione di una mezz'ora, tempo e stanchezza permettendo, per risalire il corso d'acqua Rioscuro e ammirare le sue cascate, tutelate dal Monumento Naturale. Con questa tappa lasciamo il Parco dei Monti Simbruini ed entriamo nel Parco dei Monti Lucretili.
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Riofreddo Riofreddo nasce intorno ad una fortezza romana posta a guardia dell'antica via Valeria della quale sono rimasti solo alcuni tratti con il tipico lastricato romano ed un ponte. Il nome di Riofreddo è legato alla particolarità del clima locale che è tendenzialmente rigido soprattutto quando soffiano il grecale o la tramontana. La tradizione gastronomica ha origini antiche; le carni di pecora e di maiale sono i cardini della cucina di Riofreddo, cotte arrosto o a scottadito. A Natale si fa ancora la nociata, un dolce a base di noci e miele, e a Pasqua viene preparata nelle case la pizza, un dolce tipico di pasta lievitata. Tra i prodotti caseari, vale la pena segnalarne almeno due: il pecorino, nelle varietà fresca e stagionata, e la ricotta. Ottime le castagne locali, celebrate nell'omonima sagra a novembre. Due estese aree naturali protette che, anche se separate da pochi chilometri, tutelano due ambienti naturali distinti. Lasciamo infatti un ecosistema in gran parte montano, con quote che lambiscono e superano anche i 2000 m e caratterizzato da estese faggete, ed entriamo in un territorio con caratteristiche legate agli ambienti climatici più caldi e mediterranei. Le quote sono decisamente più basse, non si raggiungono i 1400 m, e i boschi sono in prevalenza costituiti da querce e carpini. Stiamo passando dalla catena appenninica a quella preappenninica. Il passaggio tra ambienti così 100
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diversi per altitudine ed esposizione dove tutto è condensato e racchiuso in brevi distanze lineari, cartograficamente parlando, crea transizioni non sempre graduali ma certamente armoniche come solo la Natura sa fare! È questo il grande fascino dell'Appennino, dove ogni catena montuosa e valle diventa unicità e svela peculiarità; questa diversità di ambienti rappresenta una enorme ricchezza, che si può scoprire, rimanendone affascinati e incantati, anche nell'arco di una sola giornata di cammino!
Cineto Romano è un piccolo paese posto a dominio della valle del torrente Ferrata con circa 600 abitanti che d'estate quintuplicano. Chiamato Scarpa fino alla fine del XIX secolo, Cineto Romano è stato per lungo tempo un dominio feudale. “Ostium non Hostium”, ovvero “Non è la porta dei nemici”: è la scritta che compare su un'antica lapide del 1556 all'ingresso del Castello Orsini che domina il paese. Il Castello Baronale, eretto nell’ XI secolo, imponente e superbo, conserva ancora intatto il fascino medievale, guarnito di feritoie sormontate da merli ghibellini, e sovrasta tutta la vallata. Tra le particolarità gastronomiche sono degne di nota: le fettuccine alla papalina, i cuori di carciofo con la maggiorana e la mozzarella fritta.
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S E T T I M A N A N°
Cineto Romano
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Monumento Naturale Torrente Rioscuro Il Monumento Naturale del Torrente Rioscuro, è sito nel Comune di Cineto Romano nel territorio della Città Metropolitana di Roma Capitale. L'area protetta si trova in una profonda valle fluviale inserita lungo il “Sentiero Coleman”, un percorso di collegamento tra i Monti Lucretili e i Monti Simbruini. La valle del Torrente Rioscuro riveste notevole importanza ecologica per la presenza dell'omonimo corso d'acqua, perfettamente conservato, della ricca vegetazione ripariale, delle formazioni di travertino e per la presenza del gambero di fiume (Austropotamobius pallipes italicus), specie indicatrice della salubrità e integrità dell'ambiente.
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CAMERATA NUOVA ---- CINETO ROMANO
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S E T T I M A N A N°
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Albergo Villa Celeste Via Valeria 147, Riofreddo Tel. 0774929146 www.villaceleste.it Locanda della casella Via della casella 10, Cineto Romano Tel. 3358757454 - 3274073484 proietti_carmine@libero.it 103
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9 CINETO ROMANO ORVINIO Traversata dei Monti Lucretili, tra boschi di querce e laghi carsici
DATI TECNICI
Lunghezza: Grado di difficoltà CAI: Dislivello in salita: Dislivello in discesa: Quota Max: Quota Min: Aree protette: Sezione CAI: Periodo consigliato:
18,1 Km E 1018 m 711 m 936 m 504 m Parco Naturale Regionale dei Monti Lucretili Tivoli Tutto l'anno
PROFILO ALTIMETRICO 1000 800
Laghetti di Percile
Pozzo dei Casali
600 400
Percile CINETO ROMANO
Km.0
ORVINIO
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S E T T I M A N A N°
Durante questa tappa si attraversa l'intera parte orientale dei Monti Lucretili, nel territorio dei paesi di Percile e Orvinio incontrando una delle suggestive emergenze naturalistiche del Parco stesso: i Laghetti di Percile. Più avanti si lambiscono le pareti di un'altra spettacolare dolina carsica: il Pozzo dei Casali. Lungo il cammino si attraversano complessivamente tre deliziosi paesi, quasi equidistanti tra loro, tre borghi pressoché integri che dall'autunno alla primavera vivono più del silenzio della natura che li circonda che di parole. Raggiungerli a piedi, scoprire le splendide vedute che offrono, è uno dei magici ingredienti per ritrovare l'equilibrio interiore.
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Lasciamo l'assolato borgo di Cineto Romano, con il suo meraviglioso castello e la Torre dell'Orologio, riprodotta dal pittore paesaggista Enrico Coleman alla fine del secolo '800, e procediamo in direzione dei Villini. Superiamo la casa di cura procedendo in leggera salita. Continuiamo poi su strada sterrata fino ad arrivare su un bel sentiero, segnavia 320a. Il cammino prosegue in un'alternanza di boschi di querce e radure con suggestivi scorci panoramici che permettono di spaziare verso il crinale montuoso più alto del Parco Regionale dei Monti Lucretili che culmina con la cima del Monte Pellecchia (1372 m s.l.m.). In questo tratto molto dolce incontriamo tre ruscelli, particolarmente attraenti nei periodi di maggior abbondanza di acqua. Il luogo ha un fascino del tutto particolare ed offre al visitatore il piacere di un paesaggio dolce e tranquillo. In prossimità dei laghetti si trova il sito medievale di Rovine Morella, con i resti di Castel del Lago, uno dei castra fortificati del territorio dei Monti Lucretili.
Percile Arroccato su uno sperone montano a 575 m s.l.m., Percile conserva il caratteristico aspetto di borgo medievale con le case in pietra. Ricco di ambienti naturali eterogenei, dalle faggete delle zone alte alla macchia, fino alle distese pianeggianti, è un gioiello naturalistico che ospita i cosiddetti Lagustelli di Percile, alle falde del Colle Faieta, in una zona calcarea dove il fenomeno carsico è rappresentato, oltre che da queste tipiche depressioni imbutiformi, colme in buona parte di acqua, anche da altre manifestazioni geomorfologiche, come grotte e campi carreggiati. I due laghetti sono situati a poca distanza l'uno dall'altro, in due conche. Il più piccolo, denominato Marraone, si trova ad un livello di circa 20 m inferiore rispetto al laghetto più grande, noto come Fraturno, ed il volume di acqua in esso contenuto è ormai ridotto ad una quantità minima, tanto da sparire del tutto nelle stagioni estive particolarmente aride. Il volume di acqua del laghetto maggiore, invece, non è particolarmente soggetto a variazioni stagionali di livello. 106
CINETO ROMANO ---- ORVINIO
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Dopo il terzo guado, il Fosso del Moro, la salita per raggiungere il crinale si fa impegnativa. Proseguiamo in direzione nord, poco dopo aver superato il bivio per le Rovine Morella, un'ultima discesa e lo sguardo si posa sul bel Lago Fraturno, il più grande dei due Laghetti di Percile. Le sue calme acque e la vegetazione circostante invitano a fermarsi per una sosta sulle sue rive. Il palo segnavia a ridosso della staccionata ci indica la direzione per proseguire fino al paese di Percile lungo un'ampia sterrata carrabile che rende comoda la passeggiata. Siamo a metà del percorso! Da qui in sequenza incontriamo: un fontanile, all'altezza di un piccolo casale poco dopo aver superato un impluvio, un cancello in prossimità di una casa mal tenuta, in località La Porcareccia, un bivio segnavia con il 307a che parte verso sinistra e un palo che ci fa deviare a destra, lasciando la strada bianca e permettendo di arrivare al borgo per una via, a tratti gradonata, più diretta. Dalla piazza scendiamo a sinistra per lo stradello sottostante, attraversiamo la provinciale continuando a scendere, superiamo un ponte sul Torrente Licenza e giria-
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mo a destra salendo ancora per un po' prima di prendere un sentiero a destra lasciando la strada all'altezza di un'ultima casa. Il sentiero sale fino a riattraversare la strada regionale. Dopo un po' il tracciato assume le sembianze di una vecchia mulattiera di servizio ai coltivi quasi tutti abbandonati, memoria di una comunità che lavorava e viveva soprattutto dei prodotti della terra. Continuiamo a salire e dove la querceta si dirada un po', si intravedono verso destra, poco al di sotto del sentiero, delle balze e pareti di roccia ai bordi dell'ampia circonferenza della dolina del Pozzo dei Casali. Il percorso
Il lupo appenninico Il lupo (Canis lupus italicus) è un magnifico predatore, intelligente e molto adattabile ai vari ambienti presenti nelle aree protette appenniniche; veloce e resistente, è al vertice della catena alimentare. Il suo peso va dai 25 ai 40 kg, l'altezza al garrese raggiunge i 60-70 cm. È un animale sociale capace di comunicare con il linguaggio del corpo, territoriale e vive in piccoli branchi. Può compiere anche lunghi spostamenti, specie nei giovani solitari in dispersione. Ha sensi altamente sviluppati, molto più di un cane anche se appartengono alla stessa famiglia. Il branco, oltre ad utilizzare l'ululato, delimita il proprio territorio con marcature odorose (feci e urina). La dieta del lupo è varia, si nutre principalmente di cinghiali, caprioli, cervi, roditori e, occasionalmente, bestiame domestico. In mancanza di prede non disdegna anche le carcasse, bacche e frutta selvatica. Il lupo è un animale selvatico affascinante e magnetico, tutelato in Italia dagli anni 70 poiché era a rischio di estinzione, è stato d'ispirazione per un lungo Cammino di circa 200 km, che parte da Tivoli e arriva a Civitella Alfedena, dove è possibile esplorare a piedi il territorio in cui vive e magari incontrare le tracce lasciate dal suo passaggio: la Via dei Lupi (www.viadeilupi.eu). I Cammini sono l'occasione per viaggiare stando a contatto con la natura e di goderne lentamente. Quando camminiamo siamo presi dagli incredibili panorami che ci troviamo davanti ma, passo dopo passo, non dimentichiamoci di osservare anche il terreno su cui lo facciamo e di leggere i segni della natura che ci vive a fianco.
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prosegue con ampie curve, lunghi traversi e pendenze dolci fino a ricollegarsi con il percorso di cresta, segnavia 320. Da Cineto Romano a qui, un attento osservatore potrebbe individuare alcune “fatte� (escrementi odorosi) del predatore d'eccellenza dell'Appennino, il lupo. Dopo questo bivio, sempre andando verso nord, il sentiero diventa strada bianca e pochi minuti prima di giungere all'ameno borgo di Orvinio, si immette sulla strada regionale Licinese per poche decine di metri, prima di proseguire a destra per un tratto su un'altra sterrata. Si entra ad Orvinio, pittoresco borgo e fine tappa, tramite l'altra strada provinciale che viene da Vallinfreda.
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Orvinio Con circa 400 abitanti, Orvinio fa parte dei Borghi piÚ belli d'Italia e si erge su un colle attorno all'imponente castello appartenente al casato dei marchesi Malvezzi Campeggi. Le sue origini sono rintracciabili al periodo in cui i siculi conquistarono la Sabina. Sino al 1860 il paese si chiamava "Cane Morto", e successivamente gli venne attribuito il nome attuale. Il borgo medievale, a cui si accede attraverso il grande arco, conserva ancora il suo antico fascino. Qui è possibile assaggiare l'Aglione, la tipica salsa di pomodoro di Orvinio che condisce tutti i piatti tradizionali di questo incantevole borgo, preparata con un soffritto in abbondante olio d'oliva, due spicchi d'aglio e un peperoncino.
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CINETO ROMANO ---- ORVINIO
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Il Sorriso Dei Monti Via Nuova 26, Orvinio Tel: 3479206626 www.ilsorrisodeimonti.it 111
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10 ORVINIO CASTEL DI TORA Un paesaggio inaspettato
DATI TECNICI
Lunghezza: Grado di difficoltà CAI: Dislivello in salita: Dislivello in discesa: Quota Max: Quota Min: Aree protette: Sezione CAI: Periodo consigliato:
13 Km E 561 m 854 m 1185 m 548 m Parco Naturale Regionale dei Monti Lucretili Riserva Naturale Regionale Monti Navegna e Cervia Tivoli Tutto l'anno
PROFILO ALTIMETRICO 1200
Pozzaglia Sabina
Lago di Turano
800 Abbazia Santa Maria del Piano
400 ORVINIO
Km.0
CASTEL DI TORA
5
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S E T T I M A N A N°
Questa tappa presenta almeno due qualità: è la più corta della settimana e accompagna a scoprire, con una vista molto suggestiva dall'alto, il Lago del Turano, il primo dei due pittoreschi laghi artificiali che delimitano ad ovest ed est la Riserva dei Monti Navegna e C ervia. E' una camminata in un territorio non tutelato da aree protette ma con caratteristiche ambientali tali da svolgere un importante ruolo di “corridoio ecologico” per consentire gli spostamenti della fauna selvatica tra le aree naturali protette adiacenti.
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Riserva Naturale Regionale Monti Navegna e Cervia La Riserva Naturale si caratterizza per la presenza di paesaggi eterogenei, frutto delle peculiarità climatiche, geomorfologiche e vegetazionali ma anche della presenza dell'uomo. Ci sono i boschi montani e submontani (le faggete ed i querceti misti), i pascoli cespugliati che si stanno trasformando in giovani boschi, le praterie secondarie sulle sommità dei monti, i castagneti da frutto (con individui plurisecolari), le pareti calcaree che fanno da cornice ad alcuni torrenti. La caratteristica saliente di questa Riserva è però il basso livello di antropizzazione del territorio e la presenza di due laghi artificiali, Turano e Salto, unito all'estensione dei boschi che ricoprono il 70 % del territorio protetto. L'area protetta comprende a nord i rilievi del Monte Navegna (1508 m s.l.m.) e del Monte Filone e a sud, separato dal Fosso dell'Obito, si staglia il Monte Cervia (1438 m s.l.m.) un'estesa dorsale montuosa che viene interrotta dalle profonde gole del Fosso di Riancoli, e che degrada nei rilievi che circondano il paese di Nespolo, confine regionale con l'Abruzzo.
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Lasciamo il bel borgo di Orvinio nel modo migliore, attraversando il suo centro storico, percorrendo Via Manenti in tutta la sua lunghezza. Dopo aver superato l'arco, scendiamo per uno stradello che lambisce resti di antiche mura e ricoveri. Poco piÚ giÚ prendiamo una sterrata che ci conduce fino ad un bivio di fronte all'Abbazia di Santa Maria del Piano, in parte diroccata ma con il suo bel campanile a lasciarne intuire la magnificenza. Proseguiamo sulla strada di destra, attraversiamo un ruscello e in fondo al rettilineo superiamo la sbarra per restare sul lato sinistro dei campi, fiancheggiando i fitti cespugli di biancospino, proseguendo per la sterrata che alle volte si perde come traccia proprio quando si traversano gli ampi pianori a pel di falda (zona dei pantani). Con gli scarponi un po' infangati risaliamo dolcemente la strada sterrata principale, che prosegue nella stessa direzione verso nord, fiancheggiando diversi coltivi e attraversando due incroci. Al terzo, la strada curva in direzione nord-est e dopo poco ci inoltriamo in un bosco fino a giungere ad una strada cementata proprio sotto Pozzaglia Sabina. Superata la salita, ancora qualche metro e arriviamo nella piazza principale del borgo. Continuiamo a salire tra le case lungo la strada asfaltata Via Tito Nicolini, che parte di fianco al monumento dei caduti e che conduce alle antenne fin quando diventa sterrata. Raggiungiamo la croce ben evidente e che protegge il paese dall'alto. In prossimità del cocuzzolo che ospita la croce prendiamo il sentiero che percorre l'intero crinale ampio, erboso e molto ripido. Proseguiamo su una sterrata che arriva dal paese e arrivati al bivio continuiamo per quella che sale a destra fiancheggiando i versanti occidentali del Monte Faito. Questo tratto è molto suggestivo con un panorama che spazia sulla piana e sulle lontane creste dei Monti Lucretili. Superiamo un'altra radura e raggiungiamo il culmine della salita. Adesso il sentiero, 116
ORVINIO ---- CASTEL DI TORA
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Pozzaglia Sabina
S E T T I M A N A N°
In questo borgo, immerso nella magnifica pineta, particolarmente interessante è la Grotta Pila, una cavità naturale lunga circa 40 m, caratterizzata dalla presenza di stalattiti e stalagmiti formatisi in seguito al fenomeno del carsismo. Qui sono stati rinvenuti anche interessanti reperti archeologici, tra cui sepolture e vasi databili fra il Neolitico e l'Età del Rame. Ogni anno, la seconda domenica del mese di Novembre, si celebra una festa commemorativa in onore di Santa Agostina Pietrantoni, Patrona degli infermieri, che ebbe i natali a Pozzaglia Sabina.
un'evidente mulattiera, si sposta sul versante settentrionale del monte interamente rivestito da un bosco di faggi. Dalla faggeta, diradata per effetto dell'avviamento forestale ad alto fusto, cominciamo a intravedere in lontananza l'azzurro del Lago del Turano. Sullo sfondo, verso nord-est, la gobba del Monte Navegna e poi, verso est, quella del Monte Cervia. Usciamo dal bosco e ci troviamo lungo la mulattiera che segue per buona parte il principale ed ampio crinale. Lungo la discesa possiamo ammirare i colori e i riflessi che caratterizzano questo piccolo e caratteristico lago artificiale. E lì davanti si staglia il pittoresco ed arroccato borgo di Castel di Tora che aspetta il nostro arrivo! Occorre prestare particolare attenzione, la discesa è 117
Il Cammino di San Benedetto
Poco più di 300 km da percorrere a piedi, in bicicletta o a cavallo, nel cuore verde dell'Italia centrale attraversando i luoghi più significativi della vita di San Benedetto da Norcia: un percorso che muove da Norcia in Umbria, entra nel Lazio, e lo percorre tutto fino al suo estremo confine meridionale, Cassino. Simbolo del Cammino è una “b” di colore giallo con una barra trasversale, quasi a suggerire una croce: è un segno che indica la via da seguire lungo tutto il Cammino. Il percorso è interamente segnato, ognuno sarà libero di seguire il suo ritmo ed i suoi tempi. Per avere maggiori dettagli, scaricare le tracce GPS, richiedere la Credenziale del pellegrino, si rimanda al sito www.camminodibenedetto.it ancora nella parte alta del rilievo, dopo essere usciti dalla faggeta, quindi scendiamo sulla sinistra per il fianco erboso del versante fino ad intercettare la sterrata un po' più in basso. Oltre non avremo più particolari dubbi, anche quando ad un fontanile dovremo proseguire per la strada che scende e che poco dopo fiancheggia un allevamento. Più giù, proseguiamo dritti con la discesa che si fa più impegnativa fino ad arrivare al livello del lago in prossimità di una deliziosa chiesetta. Passato il ponte siamo 118
ORVINIO ---- CASTEL DI TORA
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arrivati alla fine della tappa, il bel borgo arroccato di Castel di Tora è sopra di noi!
Castel di Tora
S E T T I M A N A N°
Allungato sulle rive del lago artificiale del Turano, Castel di Tora gode di uno dei panorami più belli del Lazio, circondato da fitti boschi sui quali domina il Monte Navegna. Fino al 1864 il suo nome era Castel Vecchio (Castrum Vetus) e gli abitanti ancora oggi si chiamano “castelvecchiesi”. Nel borgo regna un'atmosfera fiabesca: antichi portali, caratteristiche viuzze con archi, scalinate, passaggi, grotte e cantine scavate nella roccia. Questa è una terra di grandi prodotti per la tavola, a partire dai formaggi ai tartufi, ai funghi porcini per finire con la specialità del pesce di lago.
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Casa Matilda Via Umberto I 8, Castel di Tora Tel. 3497185007 emsilvetti@gmail.com Casa Vista Lago - Lake View House Via Turano 19, Castel di Tora Tel. 3473360719 www.lakeholiday.it Village on the lake Via Roma 97, Castel di Tora Tel. 3497185007 emsilvetti@gmail.com Casa Pellegrina Lago Castel di Tora 6, Tel. 3289745678, madamedelacarpe1@yahoo.it 119
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11 CASTEL DI TORA MARCETELLI Sulla dorsale del Navegna
DATI TECNICI
Lunghezza: Grado di difficoltà CAI: Dislivello in salita: Dislivello in discesa: Quota Max: Quota Min: Aree protette: Sezione CAI: Periodo consigliato:
16,9 Km E 992 m 679 m 1139 m 555 m Riserva Naturale Regionale Monte Navegna e Monte Cervia Rieti Tutto l'anno
PROFILO ALTIMETRICO 1200
Vallecupola
800 400 CASTEL DI TORA
Km.0
MARCETELLI
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10 121
16,9
S E T T I M A N A N°
Con questa tappa si traversa tutta la Riserva da ovest verso est, aggirando uno dei due monti prominenti, il Navegna, immergendosi nei suoi vasti castagneti. Finché non si “svalica” la salita è importante. Buona parte del percorso è formata da un'alternanza di salite e discese meno impegnative. Bellissimo è lo sguardo “da dietro”, dei versanti ripidi di Monte Cervia e Navegna dal trivio di strade bianche, di cui una sale da Varco Sabino, paese che ospita la sede della Riserva, su un'ampia sella a circa metà del cammino odierno.
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Lasciamo il bel Borgo di Castel di Tora e scendiamo per una strada con direzione Vallecupola, quindi prendiamo Via delle Crete per circa 80 metri. Giriamo a sinistra in una stradina secondaria e nei pressi di una curva prendiamo la strada in salita per circa un chilometro dove sul lato destro si può ammirare il Monte Navegna (1508 m s.l.m.). Finita la strada ne incrociamo un'altra che conduce a Vallecupola e la facciamo in salita per circa 1 Km per poi prendere una sterrata a destra per circa 400 m. Arrivati al fosso Valcupi, il sentiero lo costeggia fino ad arrivare alla Forca di Vallecupola a circa 1000 m di quota e da lì prendiamo il Sentiero Italia per circa 1 Km scendendo verso il Borgo di
Vallecupola Vallecupola è una frazione di Rocca Sinibalda quasi disabitata, sita a circa 1000 metri di altitudine, immersa nel verde dei sovrastanti boschi che le fanno da corona. Lungo la valle che circonda il paese scorre il Turano, l'antico fiume Telonio, che nasce a monte di Carsoli in Abruzzo, dà origine al lago omonimo e continua il suo cammino fino a raggiungere la riva sinistra del Fiume Velino, nel quale confluisce alle porte di Rieti; le loro acque poi precipitano nella splendida cascata delle Marmore per gettarsi nel Fiume Nera, affluente del Tevere. Da visitare la Rocca fortificata, nata intorno all'anno Mille, che nella prima metà del Cinquecento venne trasformata da Baldassarre Peruzzi in un'eccezionale sintesi di fortezza e di palazzo rinascimentale, a forma di aquila o di scorpione. Nei secoli successivi, malgrado due assedi, l'esplosione della Santabarbara e le complicate vicende proprietarie, il castello conservò intatta la sua potenza architettonica e la sua originalità visiva. Nel 1928 diventa monumento nazionale. A Vallecupola troviamo anche la Biblioteca Casa Museo Angelo Di Mario. Nato in questo piccolo borgo medievale nel 1925, e qui sepolto nel 2013, Di Mario è stato una singolare figura di studioso, artista e poeta. Al centro della sua attività scientifica gli studi sulla lingua etrusca, che gli sono valsi riconoscimenti significativi. Pregevole anche la produzione poetica, grazie 122
CASTEL DI TORA ---- MARCETELLI
alla quale Di Mario è stato riconosciuto tra i maggiori poeti del Novecento. La Biblioteca raccoglie oltre 9.000 tra volumi e riviste ed è inserita nel Sistema Bibliotecario Nazionale e riconosciuta dalla Regione Lazio come Casa Museo.
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S E T T I M A N A N°
Vallecupola, camminando su strada sterrata. Non lontano dalla frazione di Vallecupola, ad un bivio con un palo della luce, proseguiamo per la strada bianca che girando a destra costeggia ampi terreni prativi, con a sinistra l’impluvio sottostante. Dopo un po' passiamo un'altra carrareccia con segnavia CAI bianco/rosso e da qui il sentiero, che segue un'antica mulattiera, si addentra in un esteso, secolare e suggestivo bosco di castagni. Incontreremo diversi patriarchi arborei dalle incredibili dimensioni del tronco, ricchi di cavità e parzialmente schiantati; spesso dalla ceppaia di alberi apparentemente morti rinascono, come polloni, altri castagni. Questo spettacolo ci accompagnerà per diversi chilometri fino a quando
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L'aquila reale
L'aquila reale (Aquila chrysaetos) è un rapace maestoso al vertice della catena alimentare che predilige le aree montane con pascoli d'alta quota e con pareti rocciose a strapiombo per stabilire il proprio territorio di caccia e di riproduzione. Ha un piumaggio fulvo dorato in testa e bruno scuro nel resto del corpo, che varia a seconda dell'età, con i giovani che presentano zone chiare evidenti che scompaiono raggiunta la maturità sessuale a 4-5 anni d'età. Il becco robusto e adunco, i grandi artigli uncinati, la vista acuta eccellente caratterizzano questo grande predatore che presenta un'apertura alare che può raggiungere anche i 230 cm. Caccia soprattutto mammiferi di medie dimensioni (lepri, faine, scoiattoli), uccelli (coturnici, corvidi, altri rapaci) e altri animali di piccola e media taglia. Può predare anche animali delle dimensioni di una volpe o di un giovane erbivoro (camoscio, capriolo). Nel periodo invernale, nel quale diminuisce la disponibilità di prede vive, non è raro vederla nutrirsi su carcasse di pecore, vitelli, camosci e persino cervi. Le aquile sono monogame e la coppia rinsalda i legami in inverno dando inizio alle parate nuziali con il caratteristico “volo a festoni”. Depongono in primavera in genere un paio di uova in grossi nidi su cenge o anfratti rocciosi, ma spesso soltanto un piccolo arriva all'involo nel mese di luglio. Il territorio compreso nella Riserva Naturale Regionale dei Monti Navegna e Cervia ha ospitato una coppia nidificante di aquila reale fino agli anni '70, dopo di che l'area è stata frequentata regolarmente per la caccia e l'alimentazione, da parte di alcuni individui. Dal 2013, però, una coppia è tornata a nidificare con successo nell'area protetta. Lungo il Cammino non mancherà l'occasione di cogliere un passaggio furtivo della regina dei cieli…basterà fare un po' di attenzione e rivolgere lo sguardo in su quando ci si trova in alta quota! 124
CASTEL DI TORA ---- MARCETELLI
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S E T T I M A N A N°
non usciremo su un breve tratto cespugliato e poi a giungere su un'ampia strada sterrata carrabile che sale da Varco Sabino, paese che ospita la sede della Riserva Regionale. Da qui e fino a fine tappa camminiamo su strade bianche. Proseguiamo in salita fino ad arrivare ad una bella ed ampia sella prativa e continuiamo sulla strada che gira a sinistra. Passiamo un bosco che bordeggia un'intera vallata salendo senza tanti dislivelli, e poi ad un tornante stretto saliamo ancora fino ad un altro valico nel bosco. Costeggiamo un altro colle e man mano che il fondo stradale migliora, iniziamo ad avvicinarci a Marcetelli. Poco prima di immetterci sull'asfaltata, lasciamo la sterrata principale per una meno evidente sulla sinistra e che porta a tagliare una serie di curve. Siamo a monte del paese! Passiamo la strada asfaltata e facciamo lo stradello sulla gobba fino a raggiungere le prime case ed entrare nel borgo.
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Marcetelli Marcetelli è un borgo antico strategicamente situato, quasi a precipizio, su uno sperone roccioso denominato Le Ravi che domina l'incantevole Valle del Salto. Nel borgo le case sono attraversate da stradine tortuose che si snodano intorno alla Chiesa di San Venanzio Martire.
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CASTEL DI TORA ---- MARCETELLI
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I funghi porcini, particolarmente abbondanti nella zona, accompagnano piatti squisiti; da segnalare inoltre la castagna rossa, una delle varietĂ di pregio che nel passato ha caratterizzato l'economia della zona.
S E T T I M A N A N°
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Agriturismo La Ferrera Via Giovanni XXIII snc, Varco Sabino Tel. 0765790110 Cell. 3355632635 www.laferrera.net Casa Vacanze Vallecupola Via del Colle 26, Fr. Vallecupola Tel: 3493698885 - 0765715009 info.serpietri@libero.it Ostello Il Ghiro S.P. 29, Marcetelli Tel. 3335079058 127
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12 MARCETELLI PESCOROCCHIANO Intorno al Lago del Salto
S E T T I M A N A N°
Lasciata alle spalle la Riserva dei Monti Navegna e Cervia, l'itinerario si addentra in un paesaggio movimentato dalle montagne che circondano il Lago del Salto, affacciandosi a fine giornata sull'ampia Valle del Cicolano che sarà attraversata successivamente.
2 DATI TECNICI
Lunghezza: Grado di difficoltà CAI: Dislivello in salita: Dislivello in discesa: Quota Max: Quota Min: Aree protette: Sezione CAI: Periodo consigliato:
17,2 Km EE 924 m 974 m 864 m 536 m Riserva Naturale Regionale Monti Navegna e Cervia Rieti Tutto l'anno
PROFILO ALTIMETRICO 1000
Girgenti
Lago del Salto
Baccarecce
800 600
Ospanesco
400 MARCETELLI
Km.0
PESCOROCCHIANO
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10 129
15
17,2
Siamo in una terra che ha conosciuto le scorrerie dei briganti, al confine tra lo Stato Pontificio e il Regno di Napoli. Il percorso che ci accingiamo a fare offre lo spunto per toccare luoghi e paesi ricchi di storia e natura. Lasciamo quindi Marcetelli camminando in discesa per Via Teglieto e dopo circa 300 metri, superato l'Ostello “il Ghiro”, all'altezza di alcune piccole case e ricoveri di animali, prendiamo una stretta curva a destra per proseguire sulla strada cementata che scende ripida. Dopo questo breve tratto la strada diventa
Lago del Salto Il Lago del Salto è il più grande bacino artificiale del Lazio, creato dallo sbarramento dell'omonimo fiume nel 1940. Questo è un luogo dalla storia travagliata: per costruirlo, interi centri abitati furono distrutti e poi ricreati sulle sue sponde, e diverse persone persero la vita durante la realizzazione di quella diga, la Diga del Salto, che coi suoi 90 metri era all'epoca la più alta d'Italia. Le sue acque sono condivise con quelle del vicino lago del Turano, altro bacino idroelettrico, mediante un canale artificiale lungo circa 9 km sotto il Monte Navegna (1508 m s.l.m.). I due bacini artificiali, del Salto e del Turano, alimentano la centrale idroelettrica di Cotilia, costruita nel 1942 a servizio delle acciaierie di Terni. A rendere unico il Lago del Salto sono soprattutto i suoi rami, che si aprono lungo le sue rive e che si succedono in quantità. A seguito della creazione del bacino, queste insenature profonde sono andate a sostituirsi ai profondi e scoscesi dirupi. Visitare il Lago del Salto, significa percorrere una strada che procede lungo boschi di querce e di castagni e che attraversa i rami grazie alla costruzione di stretti ponticelli. L'effetto è quello della totale immersione in una natura che può essere selvaggia e che in alcuni momenti, soprattutto al tramonto, regala incredibili scorci sull'acqua e sulle montagne intorno. 130
MARCETELLI ---- PESCOROCCHIANO
S E T T I M A N A N°
sterrata e, con dolci saliscendi segue le pieghe di questa alta valle ombrosa. Superiamo l'incisione di fondovalle e passiamo sul versante opposto circondati da castagneti che ci accompagneranno lungo tutto il percorso della giornata. Stiamo attraversando un ampio bacino tettonico creatosi durante il sollevamento di questo tratto appenninico diversi milioni di anni fa con sedimenti tipici di queste “avanfosse” chiamati dai geologi “flysch”, costituiti in prevalenza da sabbie e argille che poi, trasformandosi in rocce, sono diventati rispettivamente arenarie e marne.
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Continuiamo sulla strada che termina con una mulattiera. Saliamo passando alcune radure fino a giungere ad una sella da dove scendiamo sul versante opposto, trascurando lo stradello che continuerebbe diritto in piano. Arriviamo a una strada pianeggiante che ci porta alle prime case del borgo di Girgenti. Ad un bivio proseguiamo tenendo la sinistra che scende evitando la Chiesa di Santa Maria sul colle. La strada si affaccia su una piazzetta che attraverseremo fino al fianco sinistro del grande palazzo che la delimita. Attenzione a non prendere la strada che sale verso un'altra parte del paese! Scendiamo e superiamo due abitazioni, lasciamo questa strada e continuiamo su uno stradello a destra. Superiamo una stalla in lamiera e arriviamo su un sentiero stretto che in discesa, porta velocemente alla strada asfaltata che costeggia il Lago del Salto, all'altezza del ponte che permette di raggiungere la sponda opposta. Raggiunta, il sentiero prosegue a destra sull'ampia strada bianca che sale e che ci permette di recuperare, con un lungo tratto, tutto il dislivello perso scendendo da Girgenti al lago. Fare attenzione, lungo la salita, a mantenersi sempre sul tracciato piĂš evidente fino a un delizioso querceto che ci accompagnerĂ fino alla frazione Ospanesco di Pescorocchiano. Dalla piazzetta proseguiamo per l'ampio viale di Via Fiumata, passiamo sotto le case e al cartello di ingresso del paese giriamo a sinistra fino al successivo slargo girando a destra per Via Colli, stradina che porta alla piccola e pittoresca chiesetta ristrutturata di Madonna dell'Orto. Andiamo ora verso sinistra per una sterrata di campagna e ci addentriamo in un grande castagneto con esemplari secolari. Dopo la salita prendiamo la strada asfaltata principale e proseguiamo per la discesa a sinistra, la vista sul Monte Velino in lontananza ripaga della stanchezza fin qui accumulata. Riprendiamo il cammino, al primo tornante lascia132
MARCETELLI ---- PESCOROCCHIANO
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Il brigantaggio
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S E T T I M A N A N°
La Valle del Salto, in quanto terra di confine, fu teatro di quel fenomeno del brigantaggio sviluppatosi oltre che nel Cicolano, anche nella vicina Marsica e nell'Aquilano soprattutto dopo il 1860, quando il Regno delle Due Sicilie fu definitivamente annesso al nuovo Regno d'Italia. La ribellione delle masse vedeva coinvolti ex soldati dell'esercito borbonico e disertori dell'arruolamento al nuovo esercito, spesso anche fuori legge e malavitosi, ma anche rivoltosi impegnati a difendere i propri diritti di fedeltà al Re di Napoli. Ma già nel periodo borbonico i luoghi di frontiera del Cicolano erano caratterizzati da un clima di instabilità sociale, politica e culturale. Uno dei capi banda più famosi fu Berardino Viola, nato a pochi chilometri da Girgenti nel piccolo borgo di Vallececa, la sua vita e le sue “imprese” furono riprese da Ignazio Silone per dar vita ad uno dei protagonisti dei suoi romanzi più famosi quello, appunto, di Berardino Viola in Fontamara. Questi nel romanzo era il nipote del nostro Viola, come la madre del personaggio conferma: “Dio lo vuole brigante. È il destino dei Viola”.
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mo la strada che porta al paese di Pace per proseguire diritti per una strada secondaria che ci porta al piccolo borgo di Baccarecce, frazione di Pescorocchiano. Raggiunta la prima piazza con parcheggio si tralascia la strada in salita e si prende a destra lo stradello tra le case e tralasciando altri bivi si continua sempre avanti in direzione sud. Superata l'ultima casa il sentiero diventa largo e prende a scendere con maggiore decisione. Dopo alcune risorgive proseguiamo lungo il tornante a destra, tralasciando la mulattiera che procede dritta. Costeggiamo il lato corto del
Pescorocchiano Pescorocchiano sorge su un caratteristico costone roccioso a circa 800 m s.l.m. in posizione dominante sulla valle del fiume Salto. Il paesaggio appenninico per il quale si caratterizza, sorprende per i suoi aspri contrasti, i panorami inattesi e la varietĂ di aspetti naturalistici, tra fitte boscaglie di querce e castagni nei Monti Carseolani, ampi pascoli naturali e ordinate terrazze nella catena montuosa del Velino.
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MARCETELLI ---- PESCOROCCHIANO
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Nel territorio sono evidenti numerosi fenomeni carsici, il più importante dei quali è rappresentato dalle Grotte di Val de' Varri, un complesso di cavità sia fossili che attive, sul versante meridionale del Monte Sant'Angelo, importante anche dal punto di vista storico, in quanto costituisce il primo insediamento riconosciuto della media Età del bronzo. I reperti qui rinvenuti sono conservati nel Museo Archeologico Pigorini di Roma.
B&B Leofreni Natura Via degli Archi 7, Leofreni, Pescorocchiano Tel. 3482205260 www.leofreninatura.it Casa Vacanze Antico Poggio Via della Fonte 3, Poggio S. Giovanni, Pescorocchiano Tel. 3472926591 www.anticopoggio.it 135
S E T T I M A N A N°
prato dentro il boschetto e poi il lato lungo dal lato dell'impluvio calpestandolo. Passiamo il torrente alla fine di questo secondo lato. Ora dobbiamo affrontare una salita molto ripida che si immette su un'altra strada che bisogna seguire svoltando a sinistra. Attraversiamo ampi pascoli e quando siamo in prossimità di stazzi e aziende agricole torniamo sulla strada asfaltata che delimita da questo lato lo scoglio roccioso su cui è stato costruito arditamente l'antico nucleo abitato di Pescorocchiano. Proseguiamo in salita per il lungo vialone fino ad arrivare finalmente nel paese nuovo.La camminata oggi è stata lunga… il riposo è meritato prima della prossima tappa!
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13 PESCOROCCHIANO CORVARO L'antica terra degli Equi
DATI TECNICI
Lunghezza: Grado di difficoltà CAI: Dislivello in salita: Dislivello in discesa: Quota Max: Quota Min: Aree protette: Sezione CAI: Periodo consigliato:
22,1 Km E 995 m 936 m 948 m 582 m Riserva Naturale Regionale Montagne della Duchessa Rieti Tutto l'anno
PROFILO ALTIMETRICO 1000 800
Castelmenardo
Poggio San Giovanni
600
Colle Maggiore
Granara
400
Sant’Elpidio
Santo Stefano Pagliara
PESCOROCCHIANO
Km.0
CORVARO
5
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15 137
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22,1
S E T T I M A N A N°
La valle del fiume Salto coincide con il cuore del territorio un tempo occupato da un fiero popolo italico, gli Equi, che diedero origine al nome attuale di questo territorio, il Cicolano. Il percorso attraversa diversi piccoli centri abitati caratteristici, come lo splendido borgo medioevale di Castelmenardo e Santo Stefano, il paese dei mulini, con la mola Martorelli. Suggestivo anche l'attraversamento del Torrente Apa, affluente del Fiume Salto, con l'incantevole geosito delle “Fosse Larghe”, piccole cascate nelle gole del torrente. Molte le testimonianze archeologiche “minori” sparse lungo l'itinerario, dalle mura ciclopiche al cunicolo di Monte Frontino, imponente opera idraulica di epoca romana che deviava le acque del torrente Apa verso i numerosi mulini siti a valle.
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Di nuovo in marcia! Dalla piazzetta del paese di Pescorocchiano prendiamo la strada interna che porta al cimitero. Lasciamo il cimitero sulla destra, al bivio successivo su tornante si prosegue dritti. Proseguiamo verso la valle del fiume Salto su una strada che diviene sterrata con tratti asfaltati nei punti più ripidi, attraversando il bosco accompagnato da castagni secolari. Dobbiamo seguire il tracciato principale, tralasciando i bivi a destra e sinistra, fino ad arrivare nel fondovalle, coltivato, e proseguire attraversando il fiume Salto su un ponte. Risaliamo sul versante opposto attraverso una rada boscaglia, fino a passare vicino a fabbricati agricoli ed artigianali, dove la strada torna ad essere asfaltata. Arriviamo quindi alla zona della “Arencuncula” (in corrispondenza del bivio per “Torre di Taglio”), dove è stato rinvenuto un recinto in mura poligonali risalente all'epoca romana.
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PESCOROCCHIANO ---- CORVARO
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Il Cunicolo di Monte Frontino
S E T T I M A N A N°
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L'utilizzo dell'acqua come forza motrice è stato oggetto di opere ingegnose da parte dei Romani. Il Monte Frontino ne ospita un esempio mirabile e pressoché sconosciuto. Si tratta di un cunicolo scavato nella montagna per oltre 700 metri, largo circa 100 cm ed alto circa 150, che serviva a deviare le acque del torrente Apa dalla valle di Malito verso gli abitati di Santo Stefano e Corvaro, ove serviva probabilmente ad approvvigionare un insediamento urbano, e che ha continuato ad alimentare prima una o più gualchiere (apparecchio ad energia idraulica utilizzato nel procedimento di produzione del feltro di lana) e successivamente fino a 12 mulini, rimasti in attività fino agli anni '30 del '900. Uno di questi mulini, la Mola Martorelli, è stata completamente ristrutturata e resa funzionante dall'ultimo proprietario e inserita nell'itinerario EuroMills a scopo di promozione turistica. 139
Castelmenardo E' una frazione del comune di Borgorose in provincia di Rieti ed è un piccolo paese medievale con tanto di castello. L'ingresso principale al castello era a Porta di Sotto, costituita da una fuga di quattro agilissimi archi. Al centro del borgo si ammira un'altra fuga d'archi, piÚ bassi dei precedenti. Ad est del paese, a circa 20 metri dalla chiesa di S. Maria del Colle, si trova il fortino costruito nel X secolo, chiamato "Aia dei Saraceni": è un rialzo di circa 100 metri con sopra una costruzione diruta, a forma circolare, di otto metri di diametro, in posizione ideale per l'avvistamento. Si sostiene che qui ci fosse addirittura un tempio dedicato alla Dea Atena, che con il passare degli anni si è trasformato nell'attuale santuario dedicato oggi al Santo patrono di Castelmenardo, San Mauro. Il santuario si trova in cima alla montagna alle cui pendici sorge proprio il piccolo borgo!
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PESCOROCCHIANO ---- CORVARO
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Arrivati alla strada asfaltata andiamo a sinistra verso il paese, e poi appena in paese giriamo a sinistra in un viottolo in salita, Via S. Mauro. All'uscita dal paese la strada diviene in cemento e in corrispondenza della croce prendiamo il sentiero che costeggia il versante sulla destra. Attraversiamo una boscaglia rada su versante ripido facendo attenzione al fondo scosceso, il sentiero scende molto gradualmente verso la valle del torrente Apa. Il sentiero attraversa il torrente con un guado non attrezzato (che potrebbe essere difficoltoso se il torrente è in piena). Poco a monte del guado, a circa 300 m, troviamo il geosito “Fosse Larghe”, caratterizzato da piccoli canyon e cascatelle, che può costituire una deviazione interessante per gli appassionati. Superato il torrente, il sentiero risale attraverso prati e campi fino a ritornare tracciato carrabile. Proseguiamo lungo la strada principale tralasciando i bivi a destra e continuando in saliscendi fino ad iniziare la discesa verso S. Stefano, di cui si incontra per primo il cimitero fiancheggiato da una grossa quercia. Attraversiamo l'abitato fino alla piazzetta della chiesa, proseguendo incontriamo un fontanile sulla destra e poco dopo la strada principale su tornante. Saliamo verso monte, al tornante successivo proseguiamo dritto sempre su asfalto. Attenzione al bivio, segnalato da freccia, che imbocca sulla destra un viottolo in discesa che presto diviene sentiero. Passiamo accanto ai serbatoi dell'acquedotto e proseguiamo fino alle prime case quattrocentesche dell'abitato di Corvaro, superiamo Fonte Vecchia per arrivare infine all'Ecomuseo e Foresteria della Riserva Naturale Montagne della Duchessa.
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Corvaro Circondato dalle montagne del Cicolano, alle pendici delle Montagne della Duchessa, troviamo il borgo medievale di Corvaro che ha conservato l'armonia e l'impronta medievale. La parte vecchia del paese, arroccata sulle prime pendici del monte, porta i segni del sisma del 1915. Ma il fascino del centro storico si può godere passeggiando nei vicoli solitari, tra mura
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antiche e piazzette che riecheggiano ancora dei suoni delle botteghe e degli ambulanti di una volta. Del castello, eretto tra X e XI secolo, si possono ammirare le mura di cinta ellissoidali, le quattro torri a pianta circolare e l'ingresso principale denominato Porta Calata. Bellissime da visitare anche le chiese e la quattrocentesca torre campanaria.
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CAMMINO NATURALE DEI PARCHI 145
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14 CORVARO CASTIGLIONE Al confine fra Lazio e Abruzzo La tappa, corta ma impegnativa per dislivello, ci porta dal Cicolano in territorio aquilano, oltre il confine regionale, nel Comune di Tornimparte. Il percorso si snoda lungo una vallata particolarmente cara agli abitanti di Corvaro, la Valle di Malito, rinomata per i suoi castagni e le sue gustose patate rosse di montagna. Castiglione rappresenta un esempio tipico di insediamento abitativo agricolo in quota, caratterizzato da una struttura aperta e non fortificata, una tipologia ricorrente sia nel massiccio del Sirente-Velino che nei Monti del Cicolano.
DATI TECNICI
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Lunghezza: Grado di difficoltà CAI: Dislivello in salita: Dislivello in discesa: Quota Max: Quota Min: Aree protette attraversate:
12,8 Km E 633 m 331 m 1303 m 865 m Riserva Naturale Regionale Montagne della Duchessa Rieti Tutto l'anno
Sezione CAI: Periodo consigliato:
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PROFILO ALTIMETRICO Fonte Cottorino
1400 1200 800 400 Km.0
CORVARO
CASTIGLIONE
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Riserva Naturale Regionale Montagne della Duchessa Un'area protetta che tutela un settore importante dell'Appennino laziale ai confini con l'Abruzzo. In un paesaggio tipicamente appenninico, comprende rilievi calcarei incisi da valli profonde, estese praterie d'alta quota e fitti boschi di faggio, sormontati in quota da bastioni rocciosi dall'aspetto tipicamente alpino quali quelli del Murolungo, del Costone e del Morrone. Gioiello paesistico dell'area è il piccolo lago della Duchessa, a 1788 metri di quota. Da agosto 2018 presso il paese di Corvaro, frazione di Borgorose nel reatino, è presente il Museo della Riserva Naturale Montagne della Duchessa. La struttura è dedicata alle emergenze naturalistiche della Riserva e del Cicolano, e al contesto antropico dei piccoli paesi della zona, la cui attuale struttura risente ancora delle conseguenze del tremendo sisma del 1915, che ebbe come epicentro la vicina Marsica.
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La tappa inizia dal Museo della Duchessa. Procediamo in direzione Fonte Vecchia, dove una breve salita per Via Aquilana, tra le case dirute, ci porta fino al bivio successivo. Da qui giriamo a destra, seguendo le indicazioni per Castiglione. Il tratto appena percorso è comune a quello della tappa precedente, che in direzione opposta scende verso Corvaro. Dopo il bivio, il sentiero svolta quasi subito a sinistra (indicazioni per Castiglione) e si inerpica verso la località “La Croce”. Questa prima parte, dove si affronta lo sforzo altitudinale maggiore, è caratterizzata dalla presenza di coltivi nelle fasce altimetriche più basse e in quelle superiori dal querceto misto, con la comparsa alle quote più alte dei primi castagni e dei primi faggi. Non ci sono difficoltà legate alla direzione da seguire, infatti incontriamo solo due bivi: il primo posto sulla sinistra, a 963 m di quota, con una piccola diramazione che permette di raggiungere la vicina strada asfaltata che sale verso la Valle di Malito e lo stesso Castiglione mentre il secondo, a 1050 m, sulla destra, che scende verso la Rocca del paese. Arrivati in località “La Croce”, un quadrivio, seguiamo le indicazioni del CNP per Castiglione, giriamo a destra e proseguiamo sulla strada carrabile bianca, conosciuta localmente come “a via e sopre”, e circondata da maestosi alberi di castagno secolari. Il percorso segue la strada principale, tralasciando i rami secondari, posti a valle e a monte. Per il successivo chilometro e mezzo, proseguiamo immersi nella natura del bosco, alternata da qualche appezzamento di terreno coltivato. La strada, dall'inizio della carrabile, dopo una breve salita scende leggermente, tralascia una strada secondaria sulla destra, risale leggermente per affrontare una “cunetta” alla cui sommità opposta usciamo dal bosco per raggiungere, ancora in leggera salita, prima di reimmergersi nel bosco, un tratto aperto caratterizzato nella prima 150
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L'Ecomuseo della Duchessa
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Inaugurato ad agosto 2018, il museo si pone come punto di riferimento per la conoscenza e consapevolezza del territorio e della sua storia. Infatti il piano museale ospita alcuni animali imbalsamati, rappresentativi della fauna appenninica, come l'orso bruno marsicano, il lupo e il gatto selvatico. Altri animali arricchiscono il museo come lo scoiattolo, la volpe, la poiana e l'allocco. Si tratta sempre di animali morti per cause accidentali, recuperati e conservati; interessante la storia dell'orso, ritrovato nel 2008 in fin di vita, per malattia, in Valle Amara e deceduto sotto gli occhi dei Guardiaparco accorsi. L'offerta museale è impreziosita anche dalla presenza di numerosi pannelli descrittivi della fauna, della flora e del paesaggio della Riserva Naturale. Una parte è dedicata al terremoto del 1915, conosciuto come il “Terremoto della Marsica” o “Terremoto di Avezzano”, che colpì anche il Cicolano, con numerosi danni e vittime. Il sovrastante borgo antico di Corvaro ne rappresenta una testimonianza tutt'ora attuale. Il piano superiore della struttura è adibito a foresteria ed è un punto di riferimento per i camminatori che attraverso il Cammino Naturale dei Parchi arrivano a Corvaro. L'offerta culturale del Museo della Duchessa si lega a quella del Museo Archeologico del Cicolano, aperto sempre a Corvaro nel corso del 2016, che raccoglie numerosi reperti italici e romani della zona e soprattutto del grande tumulo equo di Corvaro.
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parte da un paesaggio brullo, quasi lunare, generato dalla presenza di flysch, ossia una roccia sedimentaria composta da strati fittamente alternati di arenaria e argilla, spesso facilmente erodibile. Tralasciate le due diramazioni, la prima che, sulla sinistra si inoltra nel flysch e la seconda che si addentra nei campi coltivati sulla destra, e oltrepassato un grosso ovile, rientriamo nel bosco denominato localmente “a soa e Mattèâ€? (probabile interpretazione: un terreno incolto, non dissodato, appartenente a un certo Matteo), un castagneto che negli ultimi decenni sta andando incontro ad una evoluzione in cerreta (Quercus cerris).
Rocca di Corvaro
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Lungo il cammino, che ora si sviluppa alle pendici del Monte Cava, non sarà sfuggita al camminatore attento la presenza di numerosi casali usati, ieri come oggi, per le attività agro-silvo-pastorali. Molti di questi casali furono teatro durante la seconda guerra mondiale, di gesti eroici della popolazione di Corvaro, che qui diede rifugio e sostegno ai soldati alleati in fuga dai campi di prigionia tedeschi del sud Italia. Dopo questo breve tratto di bosco la strada, tranne brevi falsopiani, continua a salire per raggiungere il suo massimo altitudinale, 1300m, poco prima di metà tappa. Da qui arriviamo a Fonte Cottorino, punto intermedio del percorso, dove è possibile rifornirsi d'acqua. Il percorso prosegue prima in fal-
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La Rocca di Corvaro risale al XII secolo dove la troviamo elencata fra le proprietà dell'abbazia di Farfa. Sono visibili, ancora in buono stato, le porte di accesso e alcune imponenti strutture murarie, fra cui un torrione, purtroppo non attrezzate per la fruizione. Nella parte più alta i resti sono ascrivibili all'abitazione signorile, mentre nella cerchia inferiore i resti sono riferibili a depositi di derrate o munizioni, e ad un'area di abitazioni della servitù. Nella rocca viveva la famiglia Rinalducci, cui apparteneva Pietro (1258-1333), che divenne l'antipapa Nicolò V. Il castello divenne contado autonomo all'inizio del 1400, finendo alla famiglia Colonna.
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Castiglione di Tornimparte
Per la prima volta il Cammino esce qui brevemente dai confini regionali per entrare nel comune abruzzese di Tornimparte, il cui nome deriva, probabilmente, dal latino “turres in partibus”, ossia fortezze poste in vari luoghi: si tratta difatti di un Comune sparso, di cui Castiglione costituisce la frazione a quota più elevata. Qui si ergeva un tempo il Castello di S. Angelo, distrutto nel 1200 per rappresaglia contro una sollevazione popolare. Ne rimangono alcuni ruderi, da cui si può godere una buona visuale sia sul territorio sabino, che sulla piana aquilana; nelle belle giornate, lo sguardo può spingersi fino alle vette dei Sibillini. Dopo la caduta dell'Impero Romano e i ripetuti passaggi di popolazioni barsopiano, poi affronta una piccola salita per di seguito scendere fino a lambire una pineta, dove il sentiero prosegue in piano superando un ultimo casale e quindi scende fino a ricongiungersi con la strada asfaltata in località Colle dei Confini, che sale dal fondovalle di Malito. Qui giriamo a destra, seguendo le indicazioni per Castiglione, sempre sulla strada asfaltata che, prima in discesa e poi in leggera salita, termina al superamento del confine regionale. Proseguiamo sulla strada bianca affrontando, dopo un 154
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breve falsopiano, l'ultima salita che porta a Castiglione. Entrati nel paese, continuiamo dritti sulla strada principale, tralasciando le diramazioni sulla destra e sulla sinistra che si inoltrano tra le case. Superati i fontanili, iniziamo a scendere verso la chiesa di Santa Maria di Lourdes, dove termina questa suggestiva tappa!
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bariche prima, e di incursioni saracene dopo, in tutto l'Appennino le città e gli insediamenti rurali di pianura vengono abbandonati e la popolazione si rifugia nei luoghi più impervi: è il fenomeno dell'incastellamento, ben visibile anche nel Cicolano. Le rocche vengono costruite spesso su preesistenti siti italici o nelle loro immediate vicinanze. Le vicende dei centri posti a quote più alte, come Castiglione o Rascino, furono poi condizionati, oltre che dalle vicende militari, anche dall'andamento del clima, che vide l'alternanza di periodo più caldi, in cui gli altopiani potevano essere coltivati, a periodi più freddi, in cui vennero abbandonati, a volte definitivamente.
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15 CASTIGLIONE RASCINO Gli altopiani carsici fra coltivazioni e laghi La tappa si snoda attraverso gli ambienti caratteristici delle coltivazioni di alta montagna, alternati a boschi e pascoli. Spettacolare l'arrivo sulla piana di Rascino, soprattutto nella stagione primaverile con il lago al suo massimo di espansione. La presenza di tale zona umida in ambito montuoso e povero di acque superficiali richiama una grande varietà di specie animali, tanto da meritare lo status di sito Natura 2000. Anche nelle ampie praterie, utilizzate per la fienagione, il pascolo e la coltivazione estensiva, i valori di biodiversità sono elevati e sono altrettanto meritevoli di protezione che quelli forestali, più vicini ad una condizione di naturalità.
Lunghezza: Grado di difficoltà CAI: Dislivello in salita: Dislivello in discesa: Quota Max: Quota Min: Aree protette: Sezione CAI: Periodo consigliato:
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DATI TECNICI
12,8 Km E 600 m 612 m 1479 m 1139 m Rieti Aprile -Novembre
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PROFILO ALTIMETRICO 1600
Fonte dell’Ospedale
1200 800 400 Km.0
CASTIGLIONE
ALTOPIANO DEL RASCINO
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Iniziamo questa tappa dalla piccola chiesa di Santa Maria di Lourdes seguendo le indicazioni verso sinistra per Rascino. Dopo qualche centinaio di metri lasciamo la strada bianca per seguire un piccolo sentiero sotto la strada provinciale Amiternina, fino a raggiungere la carrabile che porta a Casale Calabrese. Da qui giriamo a destra e risaliamo verso la Provinciale. In questo punto incrociamo “La via di Francesco e dell'Arcangelo
La Lenticchia di Rascino Le popolazioni di montagna hanno selezionato, nei secoli, varietà coltivate o cultivar particolarmente adattate alle condizioni locali, varietà che sarebbero inadatte ad una coltivazione intensiva in pianura, poiché meno produttive. E' solo grazie alla loro proverbiale tenacia che alcuni contadini hanno continuato a coltivare queste antiche varietà per tradizione familiare, divenendo così custodi di un patrimonio genetico di enorme valore. Fra questi prodotti si annovera la lenticchia di Rascino, dal seme piccolo e di colore marrone, con sfumature tendenti al rosso. La coltivazione di questo legume inizia nel mese di aprile, quando i terreni non sono più innevati e l'Altopiano di Rascino torna ad essere accessibile. La raccolta si svolge invece in agosto. Le piante vengono tagliate e ammucchiate in file chiamate "andàne", dove si lasciano asciugare e poi si trebbiano, quindi la granella viene messa ad asciugare per la seconda volta al sole, tradizionalmente sulle terrazze o nelle aie delle case. La Lenticchia di Rascino è oggi tutelata dal Presidio Slow Food. In rotazione con la lenticchia viene sempre più coltivato il farro, un cereale antico oggi tornato ad essere diffusamente apprezzato. 158
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Michele”, un Cammino che da Assisi (PG) arriva, dopo 900 km, a Monte Sant'Angelo del Gargano in Puglia. Superiamo la strada e, tenendo la Casa Cantoniera in disuso sulla sinistra, affrontiamo la ripida salita che porta ad un primo valico, a circa 1280 m s.l.m., al quale segue una breve discesa che piega a destra per ricongiungersi con una carrabile, che sale sempre da Castiglione. Su questa procediamo verso monte, prima in falsopiano e poi su salita più marcata. La strada è ben evidente, e la si segue fino a un bivio sulla sinistra, evidenziato da indicazioni del CNP per Rascino. Qui seguiamo una traccia di una pista di esbosco fino ad arrivare in una radura più ampia, dove la pista sembra perdersi, che ci permette di valicare girando verso destra, oltrepassando i resti di muro a secco. Dopo il valico, a circa 1480 metri s.l.m., iniziamo la discesa: il cammino prima costeggia il bosco e poi, piegando a sinistra e immettendosi in una carrareccia, vi si inoltra. Alla fine del bosco, il sentiero piega a destra e affronta una breve salita, per poi ridiscendere in mezzo alla boscaglia, fino ad una zona di prateria, una volta coltivata ed ora dedita al pascolo. Arriviamo davanti ad un'altura, seguendo le indicazioni con segnaletica verticale del CNP, giriamo leggermente a destra, lasciandoci sulla sinistra degli stazzi e un ovile seminascosto dalla vegetazione, verso la prima fonte che si incontra durante la tappa. All'incrocio che la precede, puntiamo sulla valletta di sinistra, la attraversiamo fino ad incrociare le pendici di un rilievo dove giriamo di nuovo in una valletta sulla sinistra per costeggiare e aggirare il rilievo. Più avanti, dopo un breve sali e scendi, affrontiamo una lieve salita che porta a Fonte dell'Ospedale. Superata quest'ultima, ignorata una stradina sulla sinistra, al bivio prendiamo la carrabile sulla destra per salire lungo i margini dei coltivi e del bosco. Dopo la salita scendiamo per arrivare a una fonte,
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La Rete Natura 2000
da lì giriamo a sinistra per andare a riprendere la strada asfaltata che sale a Rascino, il quale dista da qui 6 chilometri. La strada, se si eccettua una breve discesa dopo il secondo fontanile che si incontra in questo tratto, sale fin quasi a toccare i 1280 m di quota. Da qui iniziamo il tratto in discesa che ci porterà ai 1150 m della Piana di Rascino. Gli ultimi due chilometri li percorriamo su strada bianca, all'interno della Zona Speciale di Conservazione “Piana di Rascino”. La strada asfaltata termina proprio all'ingresso dell'altopiano. Il fine tappa è presso il “Rifugio Uscertu”. 160
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S E T T I M A N A N°
La Rete Natura 2000 è uno strumento di politica ambientale dell'Unione Europea, creato in base alla Direttiva Habitat (92/43/CEE), il cui scopo è quello di garantire la conservazione di alcune specifiche tipologie ambientali (gli habitat) tenendo anche conto “delle esigenze economiche, sociali e culturali, nonché delle particolarità regionali e locali” delle aree. E' costituito da una rete di Aree, denominate Zone Speciali di Conservazione (ZSC) o Zone di Protezione Speciale (ZPS), a seconda della tipologia. Le ZSC vengono a volte ancora identificate con il nome di SIC (Sito di Importanza Comunitaria). Alcune di queste aree sono già comprese all'interno di Parchi e Riserve, altre invece no; la tutela si attua attraverso specifiche “misure di conservazione” che prevedono sia divieti che incentivi. La Direttiva riconosce anche l'importanza degli habitat seminaturali, come i pascoli, pertanto alcune attività umane, come la pastorizia, possono essere necessarie ad una buona gestione e incentivate.
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L'altopiano di Rascino L'altopiano di Rascino, di origine carsica, è caratterizzato da un lago con ampie sponde paludose, che disegnano un contorno sinuoso in mezzo ai pascoli verde smeraldo, ed offrono un importante punto di passaggio per molte specie di avifauna migratoria. Questa area è compresa nella Zona Speciale di Conservazione “Piana di Rascino”, appartenente alla Rete Natura 2000. Le acque raccolte nell'altopiano, infiltrandosi nel sottosuolo, alimentano le sorgenti e l'acquedotto del Peschiera che riforniscono la città di Roma. Su uno dei colli che sovrastano la piana sono ancora visibili i
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resti di un antico castello. Gli altopiani, come Rascino e la stessa Castiglione, sono sempre stati frequentati dalle popolazioni umane come pascoli estivi, e nei periodi climatici più caldi hanno anche ospitato insediamenti permanenti, con funzioni soprattutto militari ma anche agricole e pastorali. Ancora oggi molto sviluppata è la pastorizia: l'ultima domenica di Luglio si svolge una importante Mostra degli Ovini. Nella piana è anche praticata la coltivazione biologica della lenticchia e del farro. Nel lago è possibile pescare lucci, tinche e carpe con un permesso giornaliero rilasciato in loco.
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3 Agriturismo Pian di Rascino Piana di Rascino snc, Fiamignano Tel. 3482259926 www.leanticheterre.it Il Bucaneve Località Rascino, Fiamignano Tel. 07461766224 www.ilbucaneverascino.com 163
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16 ALTOPIANO DEL RASCINO ANTRODOCO Dall'Altopiano carsico alla Valle del Velino Una delle tappe più spettacolari del Cammino che conduce l'escursionista dall'Altopiano di Rascino nella suggestiva Valle del Velino fino al borgo di Antrodoco, un importante centro storico lungo la Via Salaria. Dal Lago di Rascino nel pianoro carsico si sale sul Monte Nuria attraverso faggete e prati-pascolo sommitali. Da qui il panorama è notevole, e si inizia a scendere per il lungo pendio che condurrà al fondovalle. Lasciata la faggeta e i piani carsici, da Rocca di Fondi prendono il posto i castagneti, il bosco termofilo e i seminativi via via che si scende di quota attraversando i vari piani della vegetazione.
Lunghezza: Grado di difficoltà CAI: Dislivello in salita: Dislivello in discesa: Quota Max: Quota Min: Aree protette: Sezione CAI: Periodo consigliato:
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DATI TECNICI
18,3 km EE 767 m 1436 m 1836 m 484 m Antrodoco Aprile - Novembre
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PROFILO ALTIMETRICO 2000
Rocca di Fondi
1600 1200 800 400 Km.0
Monte Nuria
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Dalla Piana di Rascino percorriamo dalla Fonte Uscerto la strada bianca tenendo la destra e poi, arrivati ad un tornante, proseguiamo a sinistra lasciandoci alla destra la sterrata che conduce con circa 1 km al Lago di Rascino, un laghetto poco profondo di origine carsica, con un perimetro piuttosto frastagliato e circondato da un canneto, che raccoglie le acque piovane e delle nevi. Sempre a destra su un colle poco distante sono ancora visibili i ruderi del Castello medioevale di Rascino, che sorvegliava una via strategica che portava dal Regno di Napoli allo Stato Pontificio. Proseguiamo per qualche centinaio di metri svoltando a destra e poi, mantenendo la sinistra ad un bivio, iniziamo a salire dolcemente per la carrareccia evidente nella Valle Zappa, ad un imposto per la legna si continua dritti entrando nella faggeta fino ad una selletta a quota 1500 metri s.l.m.. Passiamo un impluvio che drena le acque verso il pianoro carsico di Cornino, che presenta un altro piccolo laghetto, saliamo in una valletta dove il percorso attraversa delle radure del bosco aprendosi poi nei prati-pascolo sommitali del Monte Nuria, protetto con le sue pendici e le alture circostanti da una ZSC. Arrivati sul crinale a quota 1800 m, lo risaliamo verso nord e poi aggirando un impluvio a sinistra guadagniamo la dorsale e di lÏ a poco la vetta del Monte Nuria (1888 m). Da qui la vista è spettacolare, lo sguardo abbraccia l'orizzonte a 360° dal Monte Nurietta al Torrecane, dai pianori carsici alla Valle del Velino. Dalla cima il Cammino riprende seguendo i segnavia bianco/rossi sulle rocce del Sentiero Italia che si trovano, tenendo le spalle da dove siamo venuti, sul lato destro. Scendiamo lungo i prati seguendo un impluvio fino ad incontrare di nuovo la faggeta: prima la si costeggia a sinistra perdendo quota, e poi ci si addentra per un evidente sentiero che a svolte scende fino al Rifugio De Angelis a quota 1500 m. Qui incontriamo una strada sterrata che deve essere attraversata per riprendere il sentiero (segnavia bianco166
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Le faggete I magnifici boschi che ammantano le pendici del Monte Nuria (così come di altri massicci montuosi appenninici) sono faggete. Il faggio (Fagus sylvatica) predilige il clima fresco e umido, e cresce tipicamente al di sopra dei 900 metri in Appennino. Tende a formare boschi “puri”, senza un fitto sottobosco o altre specie associate, poiché la maggior parte degli arbusti e degli alberi non riesce a vivere sotto la fitta ombra della sua chioma. Un tempo utilizzate in modo intensivo per la produzione di carbone, oggi le faggete sono governate per lo più ad alto fusto. Le faggete con tasso e agrifoglio costituiscono una formazione vegetazionale tutelata dalla Direttiva 92/43/CEE “Habitat”. Il frutto del faggio, la faggiola, viene prodotto con andamento irregolare negli anni; è utilizzato come alimento da molti animali selvatici, inclusi gli ungulati e l'orso bruno marsicano, e nei tempi di carestia rappresentava l'ultima risorsa della gente di montagna per affrontare la fame.
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rosso) dolcemente nella faggeta. Il sentiero a questo punto comincia a scendere con decisione perdendo quota nel bosco, attraversando un prato-pascolo, fino ad avvistare il borgo di Rocca di Fondi (circa 1000 m s.l.m.) che raggiungiamo dopo circa 10 minuti di cammino. Arrivati alla piazzetta del paese, dove troviamo dei punti d'acqua per dissetarci, prima di salire alla sommità giriamo a destra e poi seguiamo la strada asfaltata in direzione della Stazione di Rocca di Fondi, costeggiando una piccola frazione del 167
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paese. All'ultimo bivio prima della stazione proseguiamo dritti verso Antrodoco, arrivando ad un bell'affaccio sulle gole di Antrodoco che vengono percorse sul versante opposto a quello della Strada Statale 17. Sul versante di Monte Giano è ancora visibile la scritta celebrativa “DUX”, disegnata piantando alberi secondo la sagoma delle lettere in occasione del rimboschimento a pino nero realizzato dalla Scuola del Corpo Forestale di Cittaducale nel 1939. Si prosegue così fino al fondovalle, e attraversando il Fiume Velino si arriva in centro.
I rimboschimenti a pino nero All'inizio del secolo scorso la montagna appenninica si presentava molto più brulla e spoglia di quanto sia al giorno d'oggi: i boschi erano soggetti ad uno sfruttamento molto intensivo per alimentare con legna e carbone le case di tutti i paesi che all'epoca erano ancora abitati; il pascolo, condotto da un numero di capi molto superiore a quello attuale, precludeva la ricrescita del bosco e favoriva l'erosione del suolo, impoverendo sempre più la qualità del pascolo stesso. In quel periodo si prese coscienza di quanto questo sovrasfruttamento fosse dannoso e controproducente e vennero intrapresi grandi progetti di riforestazione ad opera del Corpo Forestale dello Stato. Intere montagne vennero lavorate spesso solo a mano, creando sistemi di terrazzamenti su cui impiantare piantine che dovevano essere capaci di crescere su suoli scarsissimi se non inesistenti. La scelta cadde quasi sempre sul pino nero di provenienza alpina. Lo scopo principale era quello della difesa idrogeologica, ma si pensava anche alla produzione legnosa e di sottoprodotti quali la resina. Dopo gli sforzi di impianto iniziali, però, questi boschi vennero lasciati spesso crescere senza ulteriori interventi, finendo in alcuni casi per divenire troppo fitti, improduttivi, poveri di sottobosco e soggetti a un enorme rischio di incendio. Oggi queste formazioni forestali sono oggetto di progetti di rinaturalizzazione, che diradando il pino favoriscono la ricrescita delle specie tipiche dell'Appennino. Il pino nero, dopo aver salvato le montagne dal sovrasfruttamento, e consolidato il suolo, può gradualmente considerare esaurito il suo ruolo e restituire il loro posto ai boschi misti di caducifoglie. 168
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Antrodoco Su un'ansa del fiume Velino, appena a valle delle omonime Gole del Velino e lungo il tracciato dell'importante via di comunicazione romana della Salaria, troviamo Antrodoco, un borgo che fino al 1927 faceva parte dell'Abruzzo. È stato teatro nel 1821 della prima battaglia del Risorgimento Italiano, che vide sconfitte le truppe napoletane dal generale austriaco Frimont. Nel centro storico, un reticolo di vie lastricate porta alla piazza del Popolo che dal 1875 è impreziosita da Palazzo Pallini, in puro liberty, dimora, distilleria e bottega della omonima famiglia, produttrice di un noto liquore all'anice. Il capostipite Nicola Pallini, intraprendente commerciante marchigiano, scelse proprio Antrodoco in quanto, grazie alla ferrovia, era divenuto un importante snodo commerciale. Da segnalare tra le prelibatezze del posto gli Stracci antrodocani, delle crespelle arrotolate ripiene di sugo di carne, salsa di pomodoro e formaggi cotte al forno. Ad agosto la Sagra degli stracci è un evento da non perdere!
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Ostello Il Castagno Via dei fossi 15, Antrodoco Tel. 3345943635 - 3275723521 ilcastagnoostello@gmail.com 169
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17 ANTRODOCO POSTA Lungo la Via Salaria antica costeggiando il fiume Velino Questo tratto del Cammino Naturale dei Parchi percorre l'estremità settentrionale delle Gole del Velino. Si risale dolcemente la valle incassata fra ripidi versanti seguendo il tracciato della Via Salaria antica. Questa zona era compresa fino agli anni '30 del XX secolo in territorio abruzzese, in provincia dell'Aquila; con la creazione della Provincia di Rieti venne invece accorpata alla Regione Lazio.
Lunghezza: Grado di difficoltà CAI: Dislivello in salita: Dislivello in discesa: Quota Max: Quota Min: Aree protette: Sezione CAI: Periodo consigliato:
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DATI TECNICI
14,8 km E 332 m 89 m 762 m 503 m Antrodoco Tutto l'anno
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PROFILO ALTIMETRICO 800
Sigillo
600 400 ANTRODOCO
Km.0
POSTA
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Da Antrodoco prendiamo il sentiero Salaria 150 individuato dal CAI, che si sviluppa nel fondovalle lungo il torrente Velino. Attraversiamo il centro storico del paese per poi prendere una strada sterrata sul lato destro. Il sentiero prosegue parallelo alla sponda destra del Torrente Velino per circa 2.9 km dove incontriamo la bellissima Abbazia dei Santi Quirico e Giulitta.
L'Abbazia dei Santi Quirico e Giulitta L'incantevole Abbazia dei Santi Quirico e Giulitta, a Micigliano, si affaccia tra la via Salaria e il fiume Velino. Questo monastero fu realizzato nella prima metà del X secolo dai Benedettini. In età Medievale, l'Abbazia possedeva un ruolo di rilevante importanza nell'organizzazione territoriale dell'Alta Valle del Velino e la sua potenza è attestata dalla documentazione storica sui suoi numerosi possedimenti, acquisiti in varie epoche, che includevano numerose chiese dipendenti, capillarmente diffuse lungo l'Alta Valle del Velino. Inoltre l'Abbazia non dipendeva dalle due principali abbazie benedettine della zona, Farfa e Montecassino. L'edificio, oggi ristrutturato, è in stile romanico e l'antico assetto fortificato è ancora ben visibile. Tutto il complesso è circondato da una cinta muraria quadrangolare; al centro si solleva l'imponente campanile, utilizzato allora anche come torre di avvistamento. Sul lato sud-orientale, quello della porta di accesso, sono ancora visibili le feritoie che ne testimoniano l'uso difensivo.
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ANTRODOCO ---- POSTA
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Proseguiamo lungo una sterrata che costeggia sul lato sinistro la strada statale SS4 e sul lato destro il Torrente Velino per 1 Km e mezzo per arrivare poi dove incrocia il torrente. Attraversato, lo costeggiamo sul lato sinistro per circa 700 m, per poi riattraversarlo nuovamente e proseguire per altri 300 m fino ad arrivare dove interseca la strada asfaltata SS4. Arrivati a questo punto, camminiamo lungo la statale per circa 1 Km in direzione Posta, qui dobbiamo fare attenzione per il traffico pesante e veloce. Giunti davanti ad una galleria, abbandoniamo la SS4 girando a destra dove riprendiamo la vecchia strada statale Salaria.
L'antica Via Salaria
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S E T T I M A N A N°
La Via Salaria, la più antica strada consolare romana, collega Roma al Mare Adriatico attraversando le impervie Gole del Velino nel territorio del Comune di Posta. Per superare questo passaggio, i Romani adottarono soluzioni ingegnose con cui oltrepassarono alti strapiombi a picco sul fiume e strettissimi passaggi su roccia. La maggior parte dei resti archeologici di tali strutture si trovano sulla costa della montagna, altri sono facilmente visibili dalla strada o percorrendo tratti della vecchia Salaria moderna che ricalcava più fedelmente il tracciato originario. Si rinvengono nicchie scavate nella roccia, forse per contenere immagini di divinità, ampi tratti di muraglioni di sostegno in opera poligonale, e l'imponente “Miglio” che indicava il 69° miglio, corrispondente alla metà del percorso totale fra Roma e l'Adriatico. Il cosiddetto “Ponte Romano” è invece in realtà un rifacimento di fine '800.
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Dopo circa 1 Km, affianchiamo una galleria per 50 m per poi riprendere per un brevissimo tratto la strada SS4. Da qui percorriamo per circa 300 m delle rampe d'ingresso che ci portano sulla vecchia Salaria in direzione Sigillo. Passate le rampe, arriviamo sotto il cavalcavia della SS4, per poi continuare sul vecchio tracciato sempre in direzione Sigillo. Dopo meno di 2 Km di strada asfaltata, giungiamo al borgo di Sigillo, una frazione del comune di Posta, dove possiamo trovare fonti d'acqua per dissetarci. Procediamo per la vecchia strada in asfalto in direzione Posta per circa 2 Km e mezzo, il cammino ora comincia leggermente a salire in quota fino ad incrociare di nuovo la SS4. Manca davvero poco! Proseguiamo per un altro chilometro e mezzo, alla nostra sinistra troviamo il borgo di Posta dove rilassarci.
Posta La struttura antica del borgo si formò intorno al preesistente Convento Francescano, su un'altura di fronte al Monte Machilone, dove si trovano ancora i resti dell'antico castello. Il nome del paese fa riferimento alle stazioni di sosta e cambio dei cavalli che si trovavano ad intervalli regolari lungo le grandi vie di comunicazione. Bellissime da visitare la Chiesa di San Felice, la Chiesa di Sant'Antonio e il Convento di San Francesco, forse fondato dallo stesso Santo, e divenuto a fine 1200 uno dei centri francescani più ricchi e fiorenti dell'epoca. Questo borgo, come tutta l'alta valle del Velino, tiene ancora vive interessanti tradizioni musicali popolari: da queste parti è possibile assistere a competizioni di “poesia a braccio” (ossia improvvisata), a esibizioni di organetto, una forma semplificata di fisarmonica, con cui si accompagnano da secoli i saltarelli, tipici balli popolari, e perfino sentir suonare la ciaramella, antico strumento a fiato in legno, simile ad un flauto. A tavola funghi e tartufi sono l'accompagnamento tipico delle pappardelle; gustosi anche i ravioli ricotta e bieta, la zuppa di fagioli e cicoria di campo e le tagliatelle con pesto di ortiche e guanciale croccante. Semplici ma gustosi i dolci, come i tozzetti alle noci. 174
ANTRODOCO ---- POSTA
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S E T T I M A N A N°
3 Azienda Agrituristica Casale Valenzano Sigillo di Posta, LocalitĂ Casale Valenzano Tel. 0746959114 - 3393871331 www.casalevalenzano.it Agriturismo Il Casale di Pica Mariapia Via Villa Camponeschi 1, Posta Tel. 3497896258 www.ilcasalepica.it 175
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18 POSTA CITTAREALE Dalla Salaria alle sorgenti del fiume Velino In questo percorso che prende il via dal borgo di Posta risaliremo per un lungo tratto il Fiume Velino, che qui nell'alto corso presenta una valle più ampia e pianeggiante, costeggiando per un tratto la Via Salaria fino poi ad abbandonarla per svoltare verso l'Appennino e le sorgenti del Velino. Si percorre al contrario per gran parte del tracciato la tappa del “Cammina Salaria 150” ideato dal CAI in occasione del suo 150° anniversario.
Lunghezza: Grado di difficoltà CAI: Dislivello in salita: Dislivello in discesa: Quota Max: Quota Min: Aree protette: Sezione CAI: Periodo consigliato:
S E T T I M A N A N°
DATI TECNICI
15,9 Km T/E 435 m 242 m 1098 m 724 m Antrodoco Tutto l'anno
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PROFILO ALTIMETRICO 1200 800 400 Km.0
Conca
Santa Croce Bacugno
POSTA
CITTAREALE
5
10 177
15,9
Dal centro del paese di Posta percorriamo Via Roma in direzione nord fino a raggiungere la Via Salaria (SS4) che si segue a sinistra per circa 400 m. All'altezza di un distributore di benzina, attraversiamo la strada facendo attenzione al traffico veicolare e procediamo ancora per un tratto prima di svoltare a destra per una stradina bianca, prima del bivio stradale per Bacugno. Seguiamo la sterrata che costeggia la Salaria a destra, segnavia bianco/rossi n. 437, passati oltre a un colle con un casale, la stradina sottopassa la statale. Al bivio giriamo a destra e dopo circa 150 m ancora a destra passando sotto la Salaria e subito svoltando a sinistra per una stradina che costeggia la statale di nuovo a destra.
Il Fiume Velino La conca di Rieti deve la sua fertilitĂ alla grande disponibilitĂ di acqua derivante dal Fiume Velino, che nasce ai piedi del Monte Pozzoni (1903 m s.l.m.) in comune di Cittareale e si arricchisce via via di altre importanti sorgenti, fra cui quelle del Peschiera. Anticamente, la piana di Rieti era occupata da vasti acquitrini; i Romani iniziarono a prosciugarla nel 271 a.C. con lo scavo del Cavo Curiano, che faceva defluire le acque nella sottostante vallata del Nera, in prossimitĂ dell'odierno sito della cascata delle Marmore. L'opera di prosciugamento procedette attraverso i secoli fra alterne vicende fino a vedere il completamento nel XVIII secolo. Successivamente, ulteriori lavori di sistemazione sono serviti a sfruttare l'enorme massa d'acqua ed il salto imponente per la produzione di energia idroelettrica. 178
POSTA ---- CITTAREALE
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Arrivati all'altezza di un sottopasso, giriamo a sinistra e proseguiamo fino ad un incrocio in località Bacugno. Da qui proseguiamo a destra per la strada asfaltata, l'antico tracciato della Via Salaria, per circa 3 km fino a raggiungere la località Santa Croce di Cittareale. Attraversiamo l'abitato sempre sulla strada principale e continuiamo fino alla frazione di Coletta nel Comune di Cittareale. Subito dopo le
La Rocca di Cittareale
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S E T T I M A N A N°
Un capolavoro di architettura militare è la Rocca di Cittareale, adibita a funzioni meramente militari di difesa del territorio grazie alla sua posizione strategica al confine tra il Regno delle Due Sicilie e lo Stato Pontificio. La Rocca, oggi restaurata e in parte visitabile, con la particolare forma e l'ampia estensione, è frutto della ricostruzione ad opera degli aragonesi nel 1479. La Rocca è da sempre nota come "Rocca di Re Manfredi" poiché la leggenda vuole che al suo interno sia sepolto Re Manfredi, figlio dell'Imperatore Federico II di Svevia. Questo appellativo, come anche l'attuale stemma comunale del paese di Cittareale raffigurante l'aquila sveva, sono conferma del fatto che fu proprio questo il periodo in cui la struttura prese forma.
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case, giriamo a sinistra per la frazione Soricone e dopo circa 100 m giriamo a destra per un sentiero alberato, segnavia b/r n.437, che sale tra i campi coltivati fino ad incontrare di nuovo la strada nei pressi di un cimitero. Da qui giriamo a destra e ci incamminiamo in piano per una strada di collina tra campi coltivati, superiamo un incrocio e al successivo, nei pressi di un casale, saliamo a sinistra per una mulattiera che si inoltra nel bosco fino ad un poggio dove a sinistra, costeggiando dei coltivi, arriviamo alla frazione di Conca. Qui, davanti ad un bel fontanile, ci possiamo rinfrescare prima di intraprendere la salita. Passiamo un incrocio e saliamo per la strada asfaltata che poi diventa bianca all'altezza dell'ultimo nucleo abitativo. Proseguiamo per circa 150 m, tagliamo sulla destra un tornante e all'altezza del successivo, iniziamo a salire a destra per una carrareccia che si inerpica nel bosco. Arrivati sul crinale spartiacque, con vegetazione rada, si apre la vista sulla valle di Cittareale e l'antistante Monte Rota. Poco piÚ avanti, a circa 1095 m s.l.m., si stacca a destra verso nord un sentierino, segnavia b/r, man mano piÚ evidente che svalica il crinale e inizia a scendere sulla sinistra di una vallecola fino ad incrociare una sterrata. La attraversiamo procedendo dritti per una mulattiera, aggiriamo il costone a mezza costa fino a raggiungere un altro tracciato che sale dal fondovalle. Qui giriamo a destra percorrendo il sentiero (segnavia b/r n. 472) a scendere nel bosco della Valle Acqua Santa fino a raggiungere località Vezzano e la via provinciale. Procediamo a sinistra e giriamo ancora a sinistra per Via Bucci e la Valle Falacrina. Siamo ai piedi del borgo di Cittareale che può essere raggiunto svoltando a destra al termine della strada asfaltata per Via del Santuario fino ad incontrare la provinciale che si attraversa e girando a sinistra per una stradina che conduce al centro del paese. 180
POSTA ---- CITTAREALE
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Cittareale A 1000 metri d'altezza, non lontano da Amatrice e dalle sue montagne, Cittareale è un piccolo borgo che la Rocca Aragonese, a pianta triangolare con torrioni angolari, rende davvero caratteristico. Il ritrovamento della Villa dei Flavi, famiglia romana tra le più note del I secolo d. C., in seguito a importanti campagne di scavo archeologico, avvalora l'ipotesi, ormai consolidata, che qui sia nato Tito Flavio Vespasiano, l'imperatore del Colosseo, che dotò Roma di bagni pubblici, i celebri “vespasiani”. Al Medioevo risale la tradizione del pellegrinaggio al Santuario di Capodacqua, che ancora oggi richiama fedeli e turisti, in memoria del ritrovamento nella vicina sorgente del fiume Velino di una statuetta della Madonna col Bambino, miracolosa. Cittareale incanta sia d'inverno che in estate con la magnifica birra artigianale, prodotta grazie all'alta quota e all'acqua della purissima sorgente. Tartufo, miele, funghi, insieme a ottimi formaggi di pecora e capra sono prodotti da non perdere, oltre alla panonta, un pane fritto che a gennaio viene festeggiato con una sagra dedicata.
S E T T I M A N A N°
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Agriturismo Lu Ceppe Via Gentili, Cittareale Tel. 0746947085 www.agriturismoluceppe.it 181
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19 CITTAREALE ACCUMOLI Sul confine tra Lazio e Umbria Ammirando il monolite roccioso incastonato nella parte alta della bella Valle S. Rufo, che con il suo profilo ad U rivela la sua antica origine glaciale e fa da sfondo al paese di Cittareale, zaino in spalla si affronta la tappa più lunga dell'intero Cammino, alle pendici del Monte Pozzoni (1903 m s.l.m.) che ospita le sorgenti del Fiume Velino, e ci si dirige verso la Rocca di Re Manfredi, sita nella parte alta del paese. In questa tappa ci si inebrierà di panorami a tutto tondo percorrendo per intero questa isolata catena settentrionale dei Monti Reatini e immergendoci completamente tra dolci spartiacque ricoperti di vasti pascoli. L'incontro con gli armenti è garantito.
Lunghezza: Grado di difficoltà CAI: Dislivello in salita: Dislivello in discesa: Quota Max: Quota Min: Aree protette: Sezione CAI: Periodo consigliato:
S E T T I M A N A N°
DATI TECNICI
26,5 Km T/E 435 m 242 m 1098 m 724 m Amatrice Aprile - Novembre
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PROFILO ALTIMETRICO 1800 1400 1000 600 Km.0
Rifugio Tosti Pian Periti Sella dei Pantani di Accumoli
CITTAREALE
5
10
15 183
ACCUMOLI
20
26,5
Iniziamo il Cammino andando verso la parte alta del borgo di Cittareale, costeggiamo la rocca lungo il lato opposto a Via Roma e prendiamo una strada asfaltata secondaria che costeggia e che si inserisce nel bosco fino ad uscirne all'altezza di ampi prati-coltivi. Qui prendiamo la sterrata che continua a salire a destra verso il tornante superiore della strada principale provinciale, Via Roma, e che porta in Umbria verso Norcia. Lambendolo proseguiamo a destra per la strada bianca che punta verso la montagna e le pendici occidentali del Monte Prato, riconoscibile per la sua corona di pareti rocciose in prossimità della cima. Poco piÚ avanti la strada diventa sentiero, superiamo un'incisione valliva e con una diagonale affrontiamo la salita. Dopo un primo tratto ripido e boscato, traversando verso destra, superiamo un grande prato e cambiamo versante nel bosco fino a raggiungere l'impluvio principale passando un pendio erboso. Ancora un tratto boscato piÚ lungo e superiamo un altro crinale fino ad arrivare ad un'altra valle che prosegue in salita fino alla parte bassa di ampi pascoli che si seguono al limitar del bosco fino a giungere a un pianoro dove si trova il riparo incustodito di Pian Periti. Qui attraversiamo alcune strade sterrate utilizzate dai contadini della zona, il sentiero continua a salire prendendo un vialetto che sale verso M. Prato a 1765 m s.l.m. per entrare quindi in una magnifica gola dove sul lato destro si vede il M. Laghetto. Il paesaggio che incontriamo è costituito unicamente da prati. Il sentiero sale fino a una piccola sella e dall'altro lato inizia a scendere in traverso. Il panorama cambia aspetto in questo piccolo tratto trasmettendo un senso di pace e solitudine. Ad un'altra sella, con una vecchia fontana sulla sinistra, proseguiamo lungo una mulattiera che dopo poco si insinua in un boschetto di faggi, prima in discesa e poi al limite di un pascolo in pendenza. Perdiamo quota con la strada sterrata incastonata tra due pendii ravvicinati. Un altro bosco e poi ancora sui prati del crinale fino a giungere ad una fontana con acqua e una pietra di confine. 184
CITTAREALE ---- ACCUMOLI
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Per un buon tratto si cammina su dolci praterie di quota, sempre sull'ampio spartiacque. Scendiamo verso una conca erbosa e seguiamo la strada a sinistra che viene giù in una valle boscata dove la strada torna evidente. Quindi proseguiamo in falsopiano passando un'altra radura con vista, poi un tratto di bosco di fag-
I Pantani di Accumoli
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S E T T I M A N A N°
I Pantani di Accumoli sono dei laghetti di origine glaciale posizionati al confine tra i Monti Sibillini ed i Monti della Laga, adagiati in una piccola vallata circondata da pascoli e paesaggi panoramici da togliere il fiato. Durante il periodo che va da fine aprile a fine ottobre, i Pantani rappresentano un vero paradiso della natura. I Pantani sono inclusi nella Rete Natura 2000 per la presenza di ben tre habitat di importanza comunitaria, oltre alla presenza di una specie di anfibio in forte rarefazione, l'Ululone dal ventre giallo (Bombina pachypus). Questa specie è particolarmente vulnerabile in quanto depone le uova e compie lo sviluppo larvale esclusivamente in acque stagnanti basse scaldate dal sole. Nel sito è presente anche un'altra specie di anfibio protetto, benché più diffuso, il Tritone crestato (Triturus carnifex), nonché la falena dell'edera (Euplagia quadripunctaria), una grossa falena dalla colorazione mimetica: le ali superiori, visibili a riposo, sono screziate di bianco su fondo scuro, in modo da confondersi con la vegetazione circostante, mentre quelle inferiori, normalmente nascoste, sono rosso-arancione acceso con macchie nere, una colorazione che imita quella di insetti velenosi o indigesti. In volo, la colorazione rossa è quella più evidente, ma appena la falena si posa, diviene pressoché invisibile. Se viene disturbata però, scopre all'improvviso le ali inferiori, disorientando il potenziale predatore.
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gio fino a un importante sella dove una strada sterrata scende, ad oriente verso Terracino, una frazione di Accumoli, e ad occidente prosegue lungo il versante ripido della parte alta di questa valle laterale. Lasciando la strada che va verso Terracino quasi subito, proseguiamo a sinistra per un'altra sterrata che sale e che con alcuni lunghi zig-zag consente di superare un discreto dislivello, continuando sempre sui vari rilievi della lunga e aperta cresta. Quando la salita si riduce, l'incanto sui nuovi pascoli è notevole, con alberi isolati e cime arrotondate che rendono armonioso il paesaggio circostante. È un posto da fiaba! La strada segue la morfologia dei versanti e per un buon tratto andiamo in piano, poi si scende verso una sella al limitare del bosco. Proseguiamo per la sterrata che scende rapida e che in pochi minuti raggiunge il Rifugio Tosti, non custodito ma ben tenuto, un piccolo e delizioso laghetto e una fontana limitrofe, il tutto con vista sulla sottostante frazione di Terracino. Lasciandosi alle spalle il ricovero, riprendiamo a salire per un breve tratto e quando la strada si poggia, si nasconde in una faggeta più ampia che continua in un'alternanza di chiarie e zone d'ombra. Andiamo avanti così quasi fino alla parte culminante di una valle laterale, dove i pascoli tornano predominanti. Poco prima dell'ampia sella, Forca dei Copelli (1625 m s.l.m.), c'è un'area di sosta riparata dove potersi riposare e rifocillare comodamente. Oltre la sella, un ampio altopiano punteggiato di laghetti conosciuto come i Pantani di Accumoli fa da magnifica cornice all'imponente profilo montuoso costituito dalla coppia della Cime del Redentore e del Monte Vettore, tra le vette meridionali più frequentate della Catena dei Monti Sibillini, area protetta nazionale di notevole pregio e con infiniti angoli suggestivi ed incantevoli. Questi vasti orizzonti ripagano della lunga camminata sostenuta fino a qui!
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CITTAREALE ---- ACCUMOLI
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Madonna delle Coste
S E T T I M A N A N°
Il piccolo santuario montano, che si incontra verso la fine della tappa, è meta di pellegrinaggio abituale sia da parte degli abitanti di Accumoli, che vi si recano a Pentecoste, che di quelli di Capodacqua di Arquata del Tronto, il 19 settembre. La cappella, risalente al XII-XIII secolo, e costruita in pietra arenaria, ospitava una pregevole pala lignea raffigurante una « Madonna del Latte », in cui la parte con il volto della Madonna risale al XIII secolo, integrata nel resto della pala che è risalente al XVI secolo. La chiesa non è attualmente visitabile a seguito dei danni riportati dopo il sisma del 2016. 187
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Da ora in poi, e fino ad Accumoli, i tratti in salita saranno esigui. Proseguiamo sul versante opposto della valle, ancora su sterrato e terreno pianeggiante, quindi superiamo un punto culminante, si cammina lungo i fianchi della montagna e scendiamo attraverso i pascoli fino a un rifugio che si affaccia sul lago di Monte Cornetto. Da qui la discesa diventa più monotona perché ancora lunga e tutta su strada sterrata che perde quota con un numero ragguardevole di tornanti. Siamo arrivati ad Accumoli, dopo quasi 27 km a piedi!
Accumoli Accumoli, come traspare dal significato del suo nome ovvero al colmo (ad cumulum), è posta in cima e venne fondata in vetta al colle che domina la valle del Fiume Tronto e della Via Salaria. Dai 900 metri sul livello del mare si gode l'aria frizzante delle montagne circostanti e la vista sul gruppo dei monti tra i più alti dell'Appennino. Accumoli infatti, gode di una posizione unica nel centro Italia, ossia confinante tra due Parchi Nazionali, quello del Gran Sasso e Monti della Laga e quello dei Monti Sibillini. È il più estremo dei Comuni del Lazio reatino, al confine con Umbria e Marche. La preziosa risorsa del suo territorio è la sua gente che ha sviluppato un forte senso di appartenenza alle sue radici e tradizioni. A breve distanza da Accumoli si può ammirare il Lago Secco, un suggestivo specchio d'acqua, dove sopravvivono specie animali e vegetali risalenti all'epoca delle glaciazioni quaternarie. L'area, di quindici ettari, è un'Oasi del WWF, oggi inclusa in una Zona Speciale di Conservazione e protetta anche dal Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Accumoli ha anche una forte tradizione di materie prime di assoluta genuinità: piatto forte della zona è la “Pasta alla Gricia”, il cui nome sembra provenire da Grisciano, una frazione di montagna, con una ricetta di semplice guanciale e pecorino, prodotti usati dai pastori durante la transumanza, e usati per condire gli spaghetti. La ricetta sembra appartenere alla prima versione del più famoso sugo all'amatriciana, niente di più facile vista la vicinanza dei due territori. 188
CITTAREALE ---- ACCUMOLI
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S E T T I M A N A N°
3 Agricampeggio Alta Montagna Bio Località Madonna delle Coste 2, Accumoli Tel. 3475133299 www.altamontagnabio.it Lago Secco B&B - Country House Località Illica, Accumoli Tel. 074680975 Cell. 3492616678 189
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S E T T I M A N A N°
4 ACCUMOLI L’AQUILA
CAMMINO NATURALE DEI PARCHI 191
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20 ACCUMOLI AMATRICE Ai piedi delle alte montagne Tappa decisamente di transizione e di avvicinamento, prepara ad una settimana dedicata interamente al Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Dopo aver superato una prima parte piuttosto impegnativa il percorso per lunghi tratti erra in spazi aperti che, a seconda dell'orientamento del cammino, si rivolge verso il lungo e bel crinale seguito nella tappa precedente con il Monte Pozzoni, verso i ripidi e spogli versanti laziali delle più note cime dei Monti della Laga (Pizzo di Sevo e Monte Gorzano tra le altre), verso il maestoso massiccio del Monte Vettore e della Cima del Redentore che da questo lato mostrano la parte convessa del loro ferro di cavallo.
DATI TECNICI
Lunghezza: Grado di difficoltà CAI: Dislivello in salita: Dislivello in discesa: Quota Max: Quota Min: Aree protette: Sezione CAI: Periodo consigliato:
16,8 km E 760 m 640 m 1087 m 725 m Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga Amatrice Tutto l’anno
PROFILO ALTIMETRICO
Km.0
San Tommaso
Rocchetta
Libertino Collalto Cossito Santuario Madonna San Lorenzo a Flaviano della Filetta
Fonte del Campo ACCUMOLI
5
10 193
AMATRICE
16,8
S E T T I M A N A N°
1200 1000 800 600 400
4
Parco Nazionale Gran Sasso e Monti della Laga È il Parco più grande del Centro Italia. In quest'angolo straordinario d'Appennino i paesaggi, la flora, gli animali sono al centro di una nuova attenzione. Inoltre il Parco è un ricchissimo scrigno di beni geologici, ambientali, antropologici e culturali. Si va dal primato del Gran Sasso d'Italia, che con i suoi 2912 m s.l.m. è il tetto dell'Appennino, alla valenza geologica e paesaggistica dei Monti della Laga, che con il Monte Gorzano raggiungono 2458 metri di quota e rappresentano la cima più alta del Lazio. La natura non si mostra da meno, annoverando un ricco popolamento vegetazionale di ben 2364 specie censite, con i boschi che ammantano le montagne, sovente vetusti, autentici serbatoi di biodiversità e tesori di servizi ecosistemici. In ogni epoca storica, l'ingegno e la creatività dell'uomo hanno lasciato tracce mirabili nel paesaggio, consegnandoci borghi bellissimi e ben conservati, chiese, abbazie e castelli, vie, grotte, necropoli, città e templi che dalla preistoria e dall'epoca romana giungono a noi carichi di mistero, di fascino, di tradizioni e tipicità locali.
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ACCUMOLI ---- AMATRICE
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S E T T I M A N A N°
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4
Iniziamo l'ultima settimana di Cammino tra piccole frazioni e antiche mulattiere. A causa dei sismi del 2016, che hanno duramente colpito queste zone, alcuni tratti potrebbero presentare delle difficoltĂ . Per eventuali disagi, prendiamo come riferimento il sito del CAI, sezione di Amatrice (www.caiamatrice.it). Dalla nuova area di edificazione di Accumoli iniziamo a scendere per il sentiero segnavia CAI 300 lungo la strada asfaltata Via Pasqualoni in direzione di Terracino per lasciarla dopo pochi metri per Via delle Rimembranze, direzione Accumoli borgo antico. Al primo tornante, continuiamo per lo stradello asfaltato che porta ai campi sportivi e alla prima curva a sinistra ci mettiamo sul sentiero che prosegue lungo il
I terremoti e le montagne Nel 2016 un violento terremoto ha colpito la cittadina di Amatrice, radendola al suolo e seminando il lutto in ogni frazione e paese limitrofo. Nel corso della storia, tutto il territorio di Amatrice, e di questa porzione dell'Appennino Centrale, è stato funestato piÚ volte dai terremoti, terribile manifestazione dell'enorme energia presente sotto la superficie terrestre. La litosfera terrestre, insieme di crosta e parte del mantello superiore, è costituita da differenti, ampie porzioni, chiamate placche. Queste, mosse dal calore proveniente dall'interno della Terra, sono soggette ad un lento ma inesorabile movimento, che le porta ad allontanarsi (formando le depressioni oceaniche) o a scon196
ACCUMOLI ---- AMATRICE
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crinale parzialmente boscato, seguendo la segnaletica orizzontale bianco-rossa. La discesa piuttosto ripida si conclude sulla strada asfaltata. Proseguiamo in discesa sulla stessa fino ad arrivare alla frazione Fonte del Campo. Pochi metri verso la strada di destra e poi giriamo a sinistra passando il fiume Tronto e continuiamo in leggera salita fino allo svincolo per prendere la Salaria. Manteniamo il lato destro della strada e, poco prima del ponte su cui passa la statale, giriamo a destra su una stradina in salita. Tralasciato il ponte che passa sopra alla Salaria, e costeggiando un nucleo di nuove case, prendiamo il sottopasso che permette di andare sul fianco opposto della SS4. Proseguiamo avanti ancora per qualche centinaio di metri e a uno slargo pren-
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S E T T I M A N A N°
trarsi, determinando il sollevamento delle catene montuose. Il fenomeno, noto come “tettonica delle placche”, avviene su scale temporali di decine o centinaia di milioni di anni. Il movimento avviene in realtà in modo discontinuo, alternando periodi più o meno lunghi in cui, a causa della rigidità delle rocce e dell'attrito, si accumula tensione, e momenti in cui tale tensione viene liberata, in punti e lungo direzioni specifiche: le faglie, i punti di rottura delle rocce lungo cui avvengono gli scorrimenti che sono all'origine dei terremoti. Le due porzioni di roccia che scorrono una sull'altra generano potenti vibrazioni che si trasmettono nella roccia per decine e centinaia di chilometri. La formazione di una catena montuosa implica, attraverso milioni di anni, la formazione e il movimento di numerose faglie, di cui in un dato momento solo alcune sono attive. Camminando in montagna non è raro imbattersi nei segni esteriori di tali strutture geologiche, che restano per lo più sconosciute ai profani. I geologi studiano tali strutture per stimare il livello di rischio che si verifichino, in una data area, terremoti più o meno intensi. Tutta l'Italia peninsulare è un'area attiva ad alta intensità sismogenetica, con una catena appenninica che si costruisce nel fronte (verso oriente) e si assesta nei domini retrostanti, e dove la continua cinematica che muove le diverse micro-placche (ionica) e placche (africana ed euroasiatica) presenti si manifesta periodicamente con i terremoti.
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diamo a salire dolcemente, a sinistra, su una strada sterrata con fondo erboso che poco dopo, all'altezza di un campo coltivato, verso destra continua a salire a svolte brevi e sostenute per superare il buon dislivello. Torniamo sulla strada asfaltata, ad un tornante, per poche decine di metri e proseguiamo salendo verso sinistra su una mulattiera a servizio degli antichi appezzamenti di terreno. All'altezza di alcune case della frazione di Poggio Casoli il sentiero torna ad essere una strada sterrata fino a quando non entra nel bel bosco di querce. La lunga e faticosa salita finalmente termina! Lo stradello si appoggia, continua tra le querce, si trasforma in un'ampia strada bianca che poco prima di raggiungere la piccola frazione di San Tommaso diventa asfaltata. Bellissimo il panorama che spazia tra la Valle del Fiume Velino che scende verso
L'Amatriciana La nascita della famosa ricetta sembra essere legata ad un flusso di migrazione da Amatrice a Roma, evento probabilmente ripetutosi più volte nei secoli. Certo è che tra la fine del '700 e gli inizi dell'800 gli amatriciani avevano già conquistato un posto di riguardo nella ristorazione popolare romana. Nell'800, nel rione Ponte a Roma, vicino a Piazza Navona, esisteva un vicolo chiamato de' Matriciani (dopo il 1870 vicolo degli Amatriciani) e una piazza, oggi Piazza Lancellotti, dove i Grici (Sabini) tenevano mercato vendendo pane, salumi e formaggi dei monti Sibillini e sostavano nei pressi di una locanda chiamata L'Amatriciano. Fu proprio a Roma che avvenne l'incontro fra la “gricia”, pasta in bianco a base di guanciale e pecorino, e il sugo di pomodoro, che proprio in quegli anni si andava affermando, come accompagnamento alla pietanza dapprima, e come condimento per la pasta poi. La prima testimonianza scritta dell'uso del sugo all'amatriciana per condire la pasta si trova nel manuale di cucina del cuoco romano Francesco Leonardi, che la servì alla corte del Papa. Di certo rese merito all'amatriciana, trasformando un piatto popolano come la gricia in un piatto alla moda. 198
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Antrodoco e Rieti nel Lazio, e la Valle del Fiume Tronto che scende verso Ascoli Piceno, nelle Marche. Proseguiamo superando delle abitazioni, un tornante e prima di raggiungere il successivo, prendiamo il sentiero scorciatoia sulla sinistra. Torniamo sulla strada e continuiamo a sinistra per intercettare poco piĂš avanti la Strada Provinciale 20, all'altezza del borgo di Cossito. Da questo punto, per un lungo tratto asfaltato, continuiamo lambendo e superando la frazione di San Lorenzo a Flaviano, per poi deviare a destra in direzione di Rocchetta, camminando per un lungo viale rettilineo. Appena superato il nuovo nucleo di case, svoltiamo a sinistra per una sterrata, al primo bivio giriamo a destra attraversando ampi campi coltivati. Terminato il rettilineo in piano, dopo due curve, scendiamo per arrivare alla solitaria chiesa di Madonna di Filetta, compo-
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sta da due edifici separati, in un ambiente boscato che induce alla meditazione. Continuiamo a scendere e superiamo un torrente nel bosco, senza andare nell'ampio prato sottostante, ma rimanendo nello stradello che lo costeggia fino ad una costruzione diruta. Più avanti passiamo un ponticello e proseguiamo sul tracciato carrabile. Tralasciamo la strada che in diagonale salirebbe verso l'abitato di Cornillo Vecchio, percorso ufficiale del sentiero CAI 300, e proseguiamo in piano a ridosso della riva destra del Torrente Tronto. All’intersezione di un’altra strada, che scende dallo stesso borgo, guadiamo, con cautela, il corso d’acqua. Ancora una breve salita e siamo su una strada asfaltata secondaria, all’altezza di una casa ed un tornante. Proseguiamo dritti e dopo un’altra abitazione, facendo pochi metri sulla SR260, continuiamo sulla strada di sinistra che fiancheggia il versante settentrionale del paese per lasciarla ad un'ampia curva dove troviamo dei capannoni. Un'ultima salita piuttosto ripida ed entriamo ad Amatrice!
Amatrice Terra da gustare, osservare, camminare. Terra di ospitalità genuina, semplice, ricca della tradizione di un territorio che ha imparato a resistere. Terra di montagne incontaminate e spettacolari sempre: con la neve, gli alberi in fiore, i prati verdissimi, i colori dorati dell'autunno. La conca amatriciana è una culla di boschi con alberi secolari, di ruscelli e cascate di acque limpide che in inverno diventano sculture magiche e scintillanti, di animali liberi al pascolo. È un territorio da assaporare a passo lento. Amatrice si trova nel cuore del Parco Nazionale Gran Sasso e Monti della Laga ma è anche al top delle tradizioni gastronomiche legate alle materie prime che questa terra offre. È impossibile infatti parlare della cucina di Amatrice senza nominare il suo piatto più celebre! Numerosi sono i ristoranti nell'Area del gusto e della tradizione dove poter assaporare l'autentica amatriciana. 200
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Centro vacanze "Lo scoiattolo" Via Ponte tre Occhi, Amatrice Tel. 3395740047 www.villaggioloscoiattolo.it 201
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B&B L.D.L. Agriturismo Cornelle, Frazione Cornelle di sopra Amatrice Tel. 0746818037 - 3314410344
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21 AMATRICE CAMPOTOSTO Dalla valle del Tronto alle rive del Lago di Campotosto Siamo nel settore laziale dei Monti della Laga, caratterizzato da morbidi pendii prativi che divengono via via più ripidi man mano che la dorsale montuosa si innalza. Dopo aver raggiunto il Monte Cardito, lo spettacolare panorama del vasto Lago di Campotosto si presenterà ai nostri occhi, circondato dalle cime della catena del Gran Sasso. Con questa tappa non troppo faticosa entreremo definitivamente in territorio abruzzese.
DATI TECNICI
Lunghezza: Grado di difficoltà CAI: Dislivello in salita: Dislivello in discesa: Quota Max: Quota Min: Aree protette: Sezione CAI: Periodo consigliato:
13,1 km E 820 m 380 m 1584 m 953 m Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga Amatrice Aprile - Novembre
PROFILO ALTIMETRICO Rifugio Cardito
1200 Monte Cardito
800 400 Km.0
AMATRICE
CAMPOTOSTO
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Da Amatrice ripartiamo dalla Chiesa di Sant'Agostino in direzione est per la strada SR577 per Campotosto. All'altezza dell'Hotel “da Giovannino”, giriamo a sinistra per uno stradello che passa davanti ad una chiesa danneggiata dal sisma e proseguiamo verso l'Area del Gusto, uno spazio polifunzionale che ospita diversi ristoranti, costruito per far rinascere l'economia dei territori colpiti dal sisma e per continuare a tramandare le tradizioni gastronomiche della zona. Al bivio proseguiamo sulla sinistra fino a ritornare per un breve tratto sulla strada regionale che lasceremo nuovamente poco dopo il km 38 dove incontriamo il segnavia “Villa San Cipriano” con indicazioni per il “Rifugio Cardito”, inizio del sentiero boschivo n. 363. In località Serreripa prendiamo il sentiero CAI 362. Usciti dal bosco percorriamo un piccolo tratto di strada asfaltata e risaliamo sull'altro lato della strada costeggiando la maestosa distesa di pino nero, che ci accompagnerà lungo tutto il lato sinistro del percorso. Arrivati a quota 1364 m, in località Fontusci, proseguiamo per il sentiero 362A fino ad attraversare un bel pianoro con vista sulle cime dei Monti della Laga e poi una discesa su versanti aperti fino al Rifugio Cardito, a ridosso della strada regionale SR577 del Lago di Campotosto, dove troviamo anche un fontanile. Risalendo il Fosso Cerruglia con il segnavia CAI 359, percorriamo poco più di un chilometro lungo la sterrata. Quando la strada fa una curva a sinistra, ad un impluvio, proseguiamo diritti su per il versante. Prendiamo come riferimento i piccoli boschi che vediamo in direzione sudest. Continuiamo a salire seguendo un boschetto di pioppi e lasciandolo alle nostre spalle, prendendo come punto di riferimento il grande salicone (Salix caprea) che raggiungiamo con un ampio zig-zag, andiamo poi in direzione sud-sud-ovest, verso il Monte Cardito. Raggiunta la sommità a 1590 m di quota, la vista spazia a 360 gradi sull'Appennino e sull'increspato lago di Campotosto. Da qui proseguiamo in direzione sud per un'evidente 204
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L'orso marsicano
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L'orso bruno marsicano (Ursus arctos marsicanus) è una sottospecie distinta dell'orso europeo, ed è quindi geneticamente differente dalla popolazione di orso presente sulle Alpi e nel resto del continente. L'attuale areale di diffusione dell'orso bruno marsicano comprende buona parte dell'Appennino Centrale, estendendosi fino ai Monti Sibillini a nord ed al Matese a sud, e dal massiccio della Majella a est alla catena dei SimbruiniErnici a ovest. Questo vasto territorio viene utilizzato dalla popolazione ursina in modo disomogeneo: vi è un'area di presenza stabile, che include i territori del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise e relativa Zona di Protezione Esterna, il massiccio del Monte Genzana e parte della Majella; in quest'area si concentra la maggior parte della popolazione e la totalità delle femmine riproduttive; nel resto dell'areale, definito area di presenza occasionale, la specie è presente a basse densità, con frequentazione episodica e discontinua, e nessun evento riproduttivo documentato. Benché per la sistematica l'orso appartenga all'ordine dei Carnivori, è in realtà un onnivoro che si nutre prevalentemente di alimenti di origine vegetale, integrati con insetti, e occasionalmente predazioni o consumo di animali già morti. Le sue impronte si riconoscono per il fatto che l'orso appoggia a terra la totalità della mano e del piede (è chiamato infatti anche plantigrado), pertanto sono riconoscibili sia il cuscinetto palmare (soprattutto sulle impronte posteriori) che le cinque dita, accompagnate dai segni delle unghie. Per i fruitori del Cammino che abbiano la fortuna di imbattersi nei segni di presenza della specie si raccomanda di comunicare tempestivamente l'informazione ai referenti della Rete di Monitoraggio Regionale, contattabili presso la Riserva Naturale Montagne della Duchessa e il Parco Naturale dei Monti Simbruini.
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sterrata e procediamo ricalcando i fianchi del monte e poi, dopo il Colle di Valle Bove, un ampio crinale seguendo il segnavia CAI 361 con indicazioni per il paese di Campotosto. Fra scorci di montagna e profondi silenzi ci godiamo la discesa verso il centro storico del borgo tra cespugli di ginestra e di ginepro.
L'antica arte della tessitura a telaio In tutto l'Appennino, fino a pochi decenni fa, in ogni famiglia c'era il necessario per la produzione domestica dei tessuti, sia di origine vegetale (lino e canapa) che animale (lana): il fuso e l'arcolaio per filare, e i telai per tessere, tutti strumenti che oggi troviamo facilmente esposti come cimeli di “civiltà contadina”, appesi in un ristorante o in altri posti fuori contesto. Se la maggior parte delle persone sa riconoscere l'oggetto e citarne la funzione, la stessa cosa non può dirsi del suo utilizzo. Saper filare e saper tessere sono abilità complesse e soprattutto che non si imparano “sui libri”, ma solo attraverso la pratica, sotto la guida di una persona esperta. Si tratta di arti che venivano tramandate quasi esclusivamente nel mondo femminile, di madre in figlia, di nonna in nipote, e che rischiano di scomparire completamente, così come sono pressoché scomparse le colture vegetali da fibra e le pecore a lana fine, più adatte alla produzione di filato. A Campotosto, grazie all'iniziativa tenace e lungimirante di una donna del posto, archeologa per formazione e tessitrice per passione, l'arte della tessitura resta viva e si arricchisce sempre più. Un lungo apprendistato con le donne anziane del posto e un'accurata ricerca storica, hanno consentito di recuperare le tecniche necessarie a riprodurre con precisione i vari elementi dei costumi tradizionali dei paesi del Parco Nazionale e al tempo stesso, con grande creatività vengono prodotti anche capi di abbigliamento e accessori moderni ed eleganti. Assunta Perilli, nominata “Ambasciatrice del Parco nel mondo”, è riuscita a mantenere viva la sua bottega, “La Fonte della Tessitura”, e a rilanciarla come caposaldo per la ripresa della vita di una comunità e del suo territorio. La sua esperienza è raccontata in un blog. 206
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Campotosto Il borgo di Campotosto è citato già nel Trecento come borgo del contado di Amatrice. Oggetto nei secoli di alcune dispute di confine, venne infine annesso al territorio dell'Abruzzo Ulteriore, facente capo a L'Aquila. “Su sta collina verde ed ubertosa, mio Campotosto ti trovo ubicato / e da una prominenza montagnosa, tutto d'intorno resti circondato / dal lago artificiale opra grandiosa, ai tuoi piedi ti vedo bagnato / poco discosto per farti più adorno, s'alza il Gran Sasso col suo Monte Corno”. È l'ottava rima, una particolare forma metrica di poesia, con cui il pastore/poeta improvvisatore Berardino Perilli ha dedicato un componimento al suo paese. La costruzione delle dighe e la formazione del lago ha rappresentato per Campotosto un cambiamento radicale, aprendo per questa comunità delle opportunità nel settore turistico e della pesca, ancora in parte da cogliere. Ma un altro e più drammatico cambiamento è stato quello subito a causa degli eventi sismici: dapprima interessato dal terremoto dell'Aquila nel 2009, è stato poi pesantemente coinvolto dalla sequenza sismica di Amatrice e soprattutto dalla scossa del gennaio 2017, che rappresenta l'ultima della sequenza sismica recente, e che ha praticamente raso al suolo il centro storico. Gli eventi sismici hanno sconvolto non solo le vite delle persone, ma anche il funzionamento di un territorio, le sue dinamiche socio-ecologiche, e le prospettive future di sopravvivenza. C'è però un movimento di difesa e rinascita intorno a quel che resta di queste comunità, che unisce sia chi non è mai andato via, sia chi ha scelto di tornare proprio per contribuire alla valorizzazione di un territorio di cui improvvisamente è emersa tutta la fragilità. Da questo movimento è emersa anche l'idea di un itinerario di solidarietà, denominato proprio “Cammino delle Terre Mutate”, che attraversa l'Appennino terremotato da Fabriano a L'Aquila, intrecciando proprio fra Amatrice e Campotosto il nostro CNP.
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Proloco Campotosto Loc. Acquasanta – Campotosto, Tel. 333 4297224
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22 PAESE DI CAMPOTOSTO LAGO DI CAMPOTOSTO L'ampia vallata montana spartiacque tra Lazio e Abruzzo Il Cammino ci porterà alla scoperta dello splendido territorio montano di Campotosto (1420 m s.l.m.), uno dei centri abitati più elevati dell'Appennino sito nel territorio del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Si cammina costeggiando il lago tra campi e boschi con un panorama mozzafiato che abbraccia i Monti della Laga con lo svettante Monte di Mezzo (2155 m s.l.m.), il Gran Sasso d'Italia all'orizzonte e l'ampio bacino lacustre, oggi importante località turistica, in un ambiente montano di grande impatto scenico.
DATI TECNICI
Lunghezza: Grado di difficoltà CAI: Dislivello in salita: Dislivello in discesa: Quota Max: Quota Min: Aree protette attraversate: Sezione CAI: Periodo consigliato:
10,6 km E 468 m 516 m 1600 m 1271 m Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga L’Aquila Aprile - Novembre
PROFILO ALTIMETRICO Rio Fucino
1200 800 400 Km.0
CAMPOTOSTO PAESE
LAGO CAMPOTOSTO
10,6
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S E T T I M A N A N°
1600
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Splendido territorio montano quello di Campotosto, uno dei centri abitati più elevati dell'Appennino nel territorio del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Dal centro del paese di Campotosto procediamo per Via Roma in direzione del lago oltrepassando la piazzetta e alcune case, scendendo per una via sterrata (sentiero n.300L/SI in parte segnato con segnavia bianco/rosso) fino ad uno slargo dove giriamo a sinistra verso un bosco, guadiamo un piccolo torrente e proseguiamo costeggiando dei campi coltivati lungo la siepe di confine. Finito il campo prendiamo un'evidente pista che conduce ad una stradina asfaltata, giriamo prima a destra e poi a sinistra fino a raggiungere la strada regionale SR577. Da qui seguiamo la strada a destra per circa un chilometro e subito dopo un incrocio giriamo a sinistra per una strada bianca. All'altezza della seconda abitazione il tracciato prosegue su una
La Mortadella di Campotosto La mortadella di Campotosto è un salume e non un insaccato, dalle origini antiche. Pare, infatti, che nel Medioevo i produttori si tramandassero oralmente il segreto della sua lavorazione e realizzazione. Chiamata in maniera vernacolare “coglioni di mulo”, la mortadella si produceva anche in paesi limitrofi a Campotosto e una volta arrivate sul mercato romano, per la forma ovoidale, e per la particolarità di essere vendute a coppia, furono etichettate scherzosamente così. Sono prodotte con le stesse regole del passato: si preparano macinando finemente tagli magri e scelti del suino, come spalla e prosciutto, e con l'aggiunta di pancetta sempre macinata per dare una piccola parte di grasso all'impasto. Nell'impasto è inserito il tipico lardello, dolce e croccante. 210
PAESE DI CAMPOTOSTO ---- LAGO DI CAMPOTOSTO
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carrareccia che inizia a salire con ampie svolte tra i prati-pascolo fino a raggiungere la faggeta. Il percorso lascia il posto ad una mulattiera che si restringe in sentiero, giunge al Colle Arsiccio, aggira il versante e prosegue in leggera salita attraversando dapprima un'area piĂš aperta per poi continuare nel bosco fitto. Il percorso aggira il crinale spartiacque del Colle Torto a quota 1590 m s.l.m., ora camminiamo a mezza costa nella faggeta fino a raggiungere un'ampia radura in localitĂ Il Coppo. Quindi il cammino prosegue girando a destra per scendere nella vallecola (seguire i segnavia sugli alberi) fino ad incontrare una mulattiera, quindi ancora avanti a destra scendendo fino ad incontrare un bivio. Qui lasciamo la carrareccia che conduce alla statale e giriamo a sinistra per scendere sull'alveo del Rio Fucino e lo attraversiamo facendo attenzione al guado. Continuiamo per il sentiero che risale sul versante
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La stazione ornitologica di Campotosto
Il personale del Reparto Biodiversità dei Carabinieri Forestali dell'Aquila organizza da anni attività di ricerca scientifica ed educazione ambientale, fra cui anche l'attività di riproduzione e ripopolamento del Coregone, una specie ittica introdotta in zona ai tempi della creazione del lago e di notevole interesse commerciale. Nel 2006, con la collaborazione dell'Ente Parco e dell'Associazione ornitologica Snowfinch, nasce la Stazione Ornitologica, che oltre ad effettuare regolari sessioni di monitoraggio visivo per il rilievo delle specie stanziali, svernanti e di passo, è stata inclusa come stazione di inanellamento nel progetto ISPRA MonITRing, finalizzato al monitoraggio dei movimenti migratori degli uccelli attraverso un programma sistematico di inanellamento e ricattura. Gli operatori specializzati procedono a catturare gli uccelli attraverso apposite reti, ne rilevano varie misurazioni, indicative ad esempio dell'età e dello stato di salute, appongono alle zampe appositi anelli numerati e li rilasciano immediatamente. Se viene catturato un uccello già dotato di anello, i suoi dati vengono registrati, e una volta aggregati a quelli di tutte le stazioni di inanellamento, forniscono indicazioni in merito alle rotte migratorie o la longevità delle varie specie. Il lago di Campotosto è un punto di sosta chiave per parecchie specie; la check list aggiornata al 2018 ne elenca ben 214. Fra queste, numerose quelle di interesse conservazionistico internazionale, che rendono questa area estremamente preziosa, e fragile, dal punto di vista della conservazione della biodiversità. Le attività della Stazione Ornitologica sono periodicamente aperte alla partecipazione del pubblico, attraverso giornate dedicate alla divulgazione, anche ai bambini ed alle scuole. 212
PAESE DI CAMPOTOSTO ---- LAGO DI CAMPOTOSTO
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opposto a sinistra per poi svoltare a destra, qui iniziamo a seguire i segnavia CAI 306, e usciamo su una radura sotto l'elettrodotto seguendo una pista sterrata fino a una strada bianca che aggira il crinale con la vista che si apre sul lago di Campotosto e la sottostante Diga del Rio Fucino. Ancora qualche passo e con un ampio tornante la carrareccia passa accanto una casa e si immette sulla strada statale che costeggia il perimetro lacuale. Proseguendo a sinistra per un breve tratto raggiungiamo un bivio e accanto una pensione-ristorante, termine della tappa e una buona location per godere della bellezza del lago.
ll lago di Campotosto Il lago di Campotosto, a 1300 m s.l.m., è il secondo bacino artificiale più grande d'Europa ed è stato costruito negli anni '30 e '40 per l'approvvigionamento idroelettrico grazie alla realizzazione di tre dighe. Prima della costruzione del lago, la vallata del Rio Fucino era occupata da vaste torbiere, un ambiente umido più unico che raro in Appennino, di cui restano ormai solo pochi lembi lungo le sponde settentrionali, e da cui un tempo si estraeva la torba, una tipologia di combustibile fossile simile al carbone. Le sponde del lago sono percorse in modo quasi continuativo da una strada asfaltata che ne consente il panoramico periplo. Oltre che da appassionati di motociclismo e ciclismo, e da camperisti, il lago è una meta particolarmente ambita per i pescatori sportivi. La navigazione è soggetta a regolamentazione per ragioni di sicurezza idraulica o di protezione ambientale, il sito del Parco Nazionale Gran Sasso e Monti della Laga offre informazioni dettagliate in merito.
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Proloco Campotosto Loc. Acquasanta – Campotosto, Tel. 333 4297224
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23 LAGO DI CAMPOTOSTO RIFUGIO FIORETTI Verso il Gran Sasso Con questa tappa del Cammino si passerà dai Monti della Laga al massiccio del Gran Sasso nel settore più occidentale della catena, attraversando l'importante valle incisa dal Fiume Vomano, via di comunicazione strategica fin dall'antichità, come mostra il tracciato romano della Via Caecilia (una diramazione della Via Salaria), attualmente percorso dalla strada statale SS80 che collega L'Aquila alla costa adriatica mediante il Passo delle Capannelle. Percorreremo un tratto di questa importante arteria fino al lago di Provvidenza tenendo presente il faro dell'intera giornata, il bellissimo contrafforte del Monte Corvo (2623 m s.l.m.) che domina la Val Chiarino, meta del nostro cammino.
DATI TECNICI
Lunghezza: Grado di difficoltà CAI: Dislivello in salita: Dislivello in discesa: Quota Max: Quota Min: Aree protette: Sezione CAI: Periodo consigliato:
11,5 km E 498 m 339 m 1503 m 1028 m Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga L'Aquila Aprile - Novembre
PROFILO ALTIMETRICO Ortolano
Molino Cappelli
1200 800 400 Km.0
Lago di Provvidenza LAGO CAMPOTOSTO
RIFUGIO FIORETTI
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Stiamo per andare alla scoperta del massiccio “dolomitico” del Gran Sasso e della splendida Val Chiarino, lasciandoci alle spalle la dorsale arenacea dei
Il Gambero di ume
Il gambero di fiume italiano (Austropotamobius pallipes italicus) è una sottospecie autoctona, ossia presente solo nella penisola italiana. Il corpo ha una colorazione bruna con le zampe ed il ventre chiaro; è praticamente onnivoro e può raggiungere i 12 cm di lunghezza. Un tempo molto diffuso, è ora una specie ufficialmente riconosciuta a rischio di estinzione, ed è particolarmente protetta dall'Unione Europea. Il gambero ha infatti bisogno di corsi d'acqua integri, con fondo ghiaioso-sabbioso, e folta vegetazione riparia in cui trovare rifugio lungo le sponde e fra le radici; l'acqua deve essere fresca e ben ossigenata. Oltre alla scarsa qualità dell'habitat, un'altra minaccia per questa specie è la competizione con il gambero rosso della Louisiana, specie di provenienza americana, introdotta per scopi alimentari, molto aggressiva e portatrice di una malattia letale per il nostro gambero; altri fattori di degrado che ne minacciano la sopravvivenza sono l'inquinamento organico, che riduce l'ossigeno disciolto nelle acque, e la presenza di metalli pesanti e pesticidi nelle acque, inclusi i residui di farmaci veterinari nelle deiezioni provenienti dalle stalle. 216
LAGO DI CAMPOTOSTO ---- RIFUGIO FIORETTI
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Monti della Laga. Iniziamo scendendo in direzione Ortolano e procediamo superando una piccola chiesa e arrivati al primo tornante continuiamo dritti in discesa seguendo il crinale per l'evidente sentiero. Proseguiamo girando a sinistra e subito dopo il tornante scendiamo nel prato per poi riprendere la strada asfaltata per circa due chilometri fino a raggiungere la strada statale SS80 nei pressi di un grande tornante all'altezza di un parcheggio a monte dell'abitato di Ortolano, frazione di Campotosto. Continuiamo per circa un chilometro e mezzo lungo la SS80 risalendo la Val Vomano, facendo attenzione alle macchine e ai motociclisti, fino alla diga che ha creato il lago di Provvidenza. In questo invaso artificiale si immette il Torrente Chiarino che dà il nome all'omonima valle. Attraversata la diga, continuiamo a camminare lungo la strada bianca che prima costeggia il lago e poi prosegue all'interno di una bellissima ed estesa faggeta con il torrente che ci fa compagnia. Giunti ad un bivio continuiamo per la sterrata principale che si inoltra nel boscoso fondovalle fino ai caratteristici ruderi del Molino Cappelli, 4 km circa dalla statale. Accanto al Molino, restaurato dal Parco, c'è un'area attrezzata per il picnic e la chiesetta di San Martino. Proseguiamo per la strada sterrata che costeggia l'acquedotto del Chiarino, superiamo una sbarra, attraversiamo una piccola radura e, dopo un tratto in faggeta, raggiungiamo un ampio prato-pascolo. Da qui camminiamo costeggiando un'area di sosta e un'edicola votiva, lasciando a destra una carrareccia che si stacca nel Piano del Castrato e di lÏ a poco arriviamo alla meta del percorso, il grazioso Rifugio Domenico Fioretti sulla destra del quale sono evidenti i ruderi della Masseria Vaccareccia e un grande fontanile. Siamo nell'alta Val Chiarino sovrastata dall'imponente Monte Corvo con la sua spettacolare ed enorme piega di rocce deformate e stratificate che formano la catena montuosa. Se avete ancora
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La Valle del Chiarino e gli usi civici
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LAGO DI CAMPOTOSTO ---- RIFUGIO FIORETTI
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Il territorio della Valle del Chiarino, con i suoi verdi pascoli e le vaste faggete, appartiene all'Amministrazione Separata dei Beni di Uso Civico di Arischia, una frazione dell'Aquila, a cui è legata da una lunga storia di diritti contesi con la nobile famiglia aquilana Cappelli, ed infine riconosciuti nel 1922 come terre di proprietà collettiva. Gli “usi civici” sono un particolare istituto del diritto, molto diffuso negli Appennini, che riconosceva ai residenti o nativi di un certo paese di utilizzare le risorse naturali di un dato territorio (principalmente di far legna e di pascolare il bestiame), anche quando questo era di proprietà di altri soggetti. Oggi le proprietà collettive, formalmente riconosciute e riorganizzate da una recente legge, sono soggette a vincolo paesaggistico, e per esse vale un diritto di proprietà “intergenerazionale”: l'amministrazione delle risorse da parte delle generazioni presenti non deve intaccarne la disponibilità per quelle future. Si tratta di un caso più unico che raro di conferma giuridica del moderno principio di “sviluppo sostenibile”, che affonda le sue radici nella storia secolare delle comunità delle nostre montagne.
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energie, possiamo proseguire lungo la carrareccia e raggiungere in circa 40 minuti lo Stazzo di Solagne, un vasto pianoro erboso con un rifugio utilizzato dai pastori, e i resti di vecchi muri a secco, ricoveri delle greggi, e di capanni di pietra. Da qui la vista che ci circonda appaga della fatica e lo sguardo abbraccia le cime imponenti che sovrastano il lago di Campotosto.
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L'ambiente alpino e le forme glaciali
Abbiamo 23 tappe sulle gambe e ne son rimaste 2 per arrivare a L'Aquila. Tanta la stanchezza e fatica accumulata come i ricordi, e un pizzico di nostalgia che sta nascendo. Il bagaglio nello zaino ci ha accompagnato immutato, ma passo dopo passo il nostro bagaglio di conoscenze e competenze si è arricchito, e i nostri occhi guardano il paesaggio naturale con una consapevolezza nuova, quella di fare parte di qualcosa di grande e meraviglioso, che vive con noi e intorno a noi, che respira e che funziona, e che ha accompagnato i passi e le vite dei nostri antenati prima di noi. Non possiamo evitare quindi di descrivere cosa troveremo negli ambienti di tipo alpino, in cui il Rifugio Fioretti è immerso. Queste valli presentano chiari segni di modellamento da parte dei ghiacciai: riconosciamo la forma a “U” delle valli, che ospitavano lingue glaciali; i “circhi glaciali”, forme semicircolari che caratterizzano le vette montuose in testa alle valli, le morene, cumuli di detriti ghiaiosi lasciati al ritiro dei ghiacci.
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LAGO DI CAMPOTOSTO ---- RIFUGIO FIORETTI
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I ghiaioni che scendono sui versanti più ripidi sono un ambiente delicatissimo in cui si svolge una continua lotta fra lo scivolamento inesorabile del detrito e le piante pioniere, che cercano di colonizzarlo con radici sottili ma tenaci, stabilizzandolo. Molte di queste specie sono endemismi locali ad alto rischio di estinzione per il riscaldamento globale. In questi ambienti così aspri, dove fiorisce la rara stella alpina appenninica (Leontopodium nivale), il signore incontrastato è il camoscio appenninico (Rupicapra pyrenaica ornata).
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Rifugio Domenico Fioretti 67100 Vaccareccia, Arischia (AQ) Tel. 3386756890 (obbligatoria la prenotazione) rifugiofioretti@gmail.com www.rifugiofioretti.blogspot.it
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24 RIFUGIO FIORETTI SAN PIETRO DELLA JENCA A cavallo della catena occidentale del Gran Sasso d'Italia Dalla Valle del Chiarino ai piedi del Monte Corvo, uno degli angoli meno frequentati del massiccio del Gran Sasso d'Italia, ci si inoltra per vaste faggete fino a risalire sulla catena occidentale allo spettacolare Passo del Belvedere (1789 m s.l.m.). Una lunga e graduale discesa sulle pendici del Monte Jenca conduce il camminatore ai prati-pascolo adiacenti alla strada provinciale che da Assergi porta al Passo delle Capannelle. Poco più a valle proseguendo il cammino si raggiunge il Santuario di San Pietro della Jenca, meta di pellegrinaggio privato di Papa Giovanni Paolo II.
DATI TECNICI
Lunghezza: Grado di difficoltà CAI: Dislivello in salita: Dislivello in discesa: Quota Max: Quota Min: Aree protette: Sezione CAI: Periodo consigliato:
16,4 Km EE 832 m 1161m 1788m 1160 m Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga L'Aquila Aprile - Novembre
PROFILO ALTIMETRICO
Rifugio Panepucci
800 400 Km.0
Passo del Belvedere RIFUGIO FIORETTI
SAN PIETRO DELLA JENCA
5
10 223
16,4
S E T T I M A N A N°
1800 1500 1200
4
Dal Rifugio Domenico Fioretti il Cammino procede riprendendo la strada di fondovalle per scendere verso la Statale del Vomano. Dopo circa 300 metri giriamo a sinistra per una pista che attraversa il prato-pascolo e segue una strada bianca (segni b/r n.113) fino ai Prati della Corte, una grande radura nel bosco. Da qui il tracciato passa a mezza costa il versante boscoso e raggiunge un prato-pascolo per proseguire poi in una faggeta. Il tracciato segue una vecchia mulattiera fino a raggiungere in leggera
La Grotta a Male A poca distanza da S. Pietro della Jenca, nella Valle del Vasto, si apre una cavità carsica di grande importanza storica ed archeologica. Attrezzata per la visita ma solo per gruppi accompagnati da guide speleologiche, si estende in orizzontale per poco meno di 500 metri e in verticale per quasi 90, e comprende alcune sale con concrezioni e laghi sotterranei. La grotta è stata oggetto di diverse campagne di scavo che hanno portato alla luce vari reperti, dal Neolitico all'età del bronzo. In epoca preistorica venne utilizzata come luogo di culto e sepoltura, e più tardi come fornace per la lavorazione dei metalli. Fu esplorata nel 1573 dal Comandante Francesco De Marchi, un ingegnere militare al servizio della Duchessa Margherita d'Austria, governatrice dell'Aquila; tale impresa, minuziosamente descritta in un trattato di argomento militare, viene considerata convenzionalmente come l'inizio della speleologia ed è stata immortalata in un annullo filatelico nel 1973.
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discesa la strada sterrata che dalla statale porta al Rifugio Panepucci Alessandri. Giriamo a sinistra per la strada carrareccia che a tornanti risale il pendio (segnavia n.112) e traversa l'ampia radura di Fossa Ranni. Proseguiamo per un tratto in faggeta e salendo ripidamente con un sentiero raggiungiamo la conca erbosa che ospita sul crinale il Rifugio del CAI, ottima meta per una sosta rigenerante! Ripartiamo traversando una valletta erbosa e salendo lungo il crinale opposto arriviamo al Passo del Belvedere. Attraversato il valico e la carrareccia che scende nella valle opposta, proseguiamo per una pista nel prato che svolta leggermente a sinistra e iniziamo a scendere (segnavia b/r 119) sul pendio erboso toccando un fontanile e poi aggirando gli sbalzi rocciosi della Torretta. Passiamo la testata di un impluvio e scendiamo nella vallecola per un sentiero a sinistra che poi gira tra la vegetazione rada. Raggiungiamo un prato-pascolo piĂš ricco e lo attraversiamo a mezza costa fino ad incrociare una strada sterrata. La percorriamo in discesa per circa un chilometro e all'altezza di un tornante prendiamo una carrareccia che prosegue sulla sinistra in un impluvio, perdendo quota, e raggiunto un colletto, camminiamo lungo un sentiero per poi svoltare a sinistra a mezza costa attraversando un affioramento roccioso al di lĂ del quale troviamo un casale isolato. Scendiamo per la strada sterrata che costeggia un rimboschimento e con ampie svolte seguiamo la carrareccia che conduce, attraverso prati-pascolo, alla Strada Provinciale SP86 per Assergi. L'attraversiamo nei pressi di un tornante e scendiamo per una stradina asfaltata, sempre tenendo la sinistra, verso il borgo restaurato di San Pietro della Jenca, dove si staglia la statua dedicata a Papa Giovanni Paolo II.
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La transumanza
Quella della transumanza è una tradizione antica, che nei secoli ha segnato la storia delle persone e delle terre abruzzesi. Si distingue una transumanza verticale o alpeggio, che indica il trasferimento del bestiame verso pascoli in quota a primavera e la discesa in pianura in autunno, e la transumanza vera e propria, che prevedeva il trasferimento anche per lunghe distanze verso pascoli situati in una differente regione. Vasti territori montani abruzzesi sono stati interessati per secoli dalla transumanza verso i pascoli pugliesi, attraverso un viaggio condotto lungo percorsi dedicati, i “tratturi”, lasciati liberi da coltivazioni per evitare il danneggiamento al passaggio degli armenti. Il “Tratturo Magno” è il sentiero più grande per la transumanza delle greggi, lungo 244 chilometri, scende dalle montagne dell'Abruzzo attraversando vallate, borghi e piccoli centri, fino ad arrivare nelle pianure di Foggia, nel Tavoliere delle Puglie. I Tratturi non erano “strade”, ma lunghe vie d'erba che consentivano alle pecore di mangiare durante lo spostamento. I pastori transumanti percorrevano queste antiche vie a piedi, ognuno col suo gregge, e la sera mangiavano pan cotto e ricotta con tanto vino che scaldava la strada e il cuore lontano da casa. I canti popolari ci narrano ancora oggi dello struggimento nel lasciare il paese, la famiglia, gli amori, per un lavoro duro e spesso mal pagato. La pratica millenaria della pastorizia transumante ha condizionato l'aspetto del paesaggio e la struttura degli ecosistemi montani. I pascoli magri, ricchi di orchidee, sono oggi un habitat tutelato dall'Unione Europea la cui conservazione dipende in larga misura dalla prosecuzione di una pastorizia sostenibile. Numerose specie vegetali ed animali sono legate indissolubilmente agli ambienti aperti creati dalla millenaria 226
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pratica di agricoltura e pastorizia, per questo le attività agricole e pastorali in questi ambienti sono preziose per la conservazione e il Parco Nazionale ha avviato diverse iniziative a sostegno degli agricoltori e allevatori locali, per il recupero di antiche varietà coltivate e della lavorazione della lana.
San Pietro della Jenca San Pietro della Jenca è un piccolo borgo abbandonato, posto sulla sommità di un colle a 1100 m s.l.m. ai piedi del crinale del Gran Sasso. Il paese è composto da poche abitazioni in pietra, un tempo abitate dai pastori, che circondano una umile chiesetta pastorale, oggi assurta a Santuario di San Giovanni Paolo II. Papa Wojtyla amava infatti recarsi in questi luoghi a passeggiare e pregare, e questo ha spinto le associazioni locali a promuovere e sostenere il restauro e la valorizzazione del borgo come luogo di spiritualità. È diventata quindi "Chiesa sub umbra Petri", cioè chiesa legata particolarmente alla basilica vaticana romana. Presso la chiesa si trovano di ornamento una stele, una fontana in pietra, e la statua bronzea di San Giovanni Paolo II con una palma, mentre è nell'atto di benedire.
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25 SAN PIETRO DELLA JENCA L’AQUILA Ultima tappa, in cammino tra natura e spiritualità Da San Pietro della Jenca il percorso scende veloce verso la valle sottostante attraversata dal fiume Raiale, che più a valle fornirà una splendida cornice al Santuario della Madonna d'Appari di Paganica (AQ). Si risale il torrente per un breve tratto e immediatamente dopo aver superato la Masseria Cappelli si lascia la valle per salire su un ampio e panoramico altopiano. Da questo pianoro dedito al pascolo e a residuali coltivazioni si scende nel piccolo paese di Collebrincioni, si scende verso la pineta e il convento di San Giuliano. Scendendo si incontra la piccola chiesa della “Madonna Fore” (o Madonna di Cascio). Al termine del sentiero si entra in città e attraverso il centro storico, colpito duramente dal terremoto nel 2009 ma che sta fieramente risorgendo, si giunge alla Basilica di Collemaggio meta ultima del Cammino Naturale dei Parchi. DATI TECNICI
Lunghezza: Grado di difficoltà CAI: Dislivello in salita: Dislivello in discesa: Quota Max: Quota Min: Aree protette: Sezione CAI: Periodo consigliato:
18,7 km E 558 m 958 m 1425 m 732 m Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga L'Aquila Aprile - Novembre
PROFILO ALTIMETRICO Collebrincioni
1200 800 400 Km.0
Fontana Luminosa Masseria Cappelli Convento di San Giuliano SAN PIETRO DELLA JENCA
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L’AQUILA - BASILICA DI COLLEMAGGIO
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15
18,7
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1600
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Siamo all'ultima tappa del Cammino e la faremo in un binomio inscindibile tra natura e spiritualità! Da San Pietro della Jenca passiamo a fianco del Santuario dedicato a Papa Giovanni Paolo II, scendiamo seguendo i segnavia bianco rossi n. 117 lungo una carrareccia che costeggia il torrente Raiale, seguendo i segnavia n.100G, fino a raggiungere la Masseria e Molino
La Fontana delle 99 Cannelle
La Fontana delle 99 Cannelle si contende, insieme alla Basilica di Collemaggio, il ruolo di monumento simbolo della città de L'Aquila. Molte sono le storie attribuite a questa fontana e al misterioso numero 99. Tra queste, una leggenda narra che durante il XIII secolo si decise di dare vita ad una città madre riunendo le popolazioni di 99 castelli. I signori dei 99 castelli avrebbero avuto il compito di ricollocare gli abitanti del borgo fortificato di origine in una specifica area della nuova città assegnata loro nella fase di progettazione urbanistica e avrebbero anche dovuto costruire, nell'area di loro competenza, una piazza con una fontana al centro e una chiesa. Attorno a questi luoghi che hanno dato origine ad ogni quartiere sarebbero state edificate le nuove abitazioni. Ecco quindi spiegato il motivo delle 99 piazze, 99 fontane e 99 chiese che vengono attribuite a L'Aquila. Alla fine del Duecento si decise di costruire una fontana monumentale, simbolo della potenza della città appena fondata e dell'unità civica sulla quale il centro abitato appena 230
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Cappelli, dove la valle si fa più ampia. Giriamo a sinistra attraversando il fondovalle per poi risalire verso sud sul crinale erboso del fosso della Mandorla. Dall'altopiano la vista ab b raccia il magnifico contorno montuoso che sovrasta la conca aquilana con il massiccio del Gran Sasso alle spalle e la catena del Monte Ocre - Monte Cagno – Monte Sirente che si staglia all'orizzonte.
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nato fondava il suo prestigio e il suo potere. Nella fontana ogni mascherone simboleggia uno dei 99 castelli interessati nella fondazione della città, anche se i mascheroni e le bocchette in realtà sono 93. Andando a scavare nel dettaglio risalgono all'epoca di costruzione della fontana i 40 mascheroni del lato frontale e i 23 mascheroni del lato sinistro, mentre i restanti 30 del lato destro sarebbero stati aggiunti in epoca successiva, probabilmente nel Cinquecento, cosi come altre 6 cannelle senza mascherone. La tradizione vuole quindi che i mascheroni rappresentino i signori dei novantanove castelli che diedero vita alla città nel 1200. Tra tutti merita soffermarsi su quello dalla testa di pesce, posta sul lato destro, che richiama la leggenda di Colapesce e, quindi, Federico II che contribuì alla fondazione dell'Aquila. Il 99 è stato eletto numero simbolico della città al punto che 99 sono i rintocchi serali della campana del palazzo del Municipio.
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L'Aquila
Splendida cittadina, termine di questo lungo cammino, adagiata su un colle nella Valle del fiume Aterno e circondata da maestosi massicci calcarei come il Gran Sasso d'Italia e il gruppo del Sirente-Velino. Capoluogo della Regione Abruzzo, è sede universitaria con una vita culturale piuttosto florida. La città fu fondata verso la metà del XIII secolo per volere di Federico II di Attraversiamo una carrareccia e proseguiamo su una pista nel prato-pascolo fino a riprendere la carrareccia per circa un chilometro. Tagliamo un tornante all'altezza di un impluvio seguendo un sentiero e attraversiamo di nuovo la sterrata per procedere lungo il fondovalle tra i seminativi e le siepi del Piano del Monte. Da qui risaliamo fino ad una selletta dove intercettiamo una strada bianca che percorriamo fino al Cimitero di Collebrincioni. Qui usciamo dal “confine” del Parco Nazionale del Gran Sasso e prendiamo la strada asfaltata via Fontevecchia che porta al piccolo borgo. Dalla piazza Giudea, a fianco alla Chiesa di San 232
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Svevia, con il contributo di numerosi castelli del circondario, con una vocazione prettamente commerciale, borghese ed anti-feudale, e con statuti autonomi. La sua natura indipendente le costò cara: già nel 1259 fu distrutta una prima volta per opera di Manfredi di Svevia, e nel 1527 fu distrutta per rappresaglia dal viceré di Spagna, che fece costruire il “forte spagnolo” che non ha il ruolo di difendere la città dagli invasori, bensì, come recita la scritta sul suo portone di ingresso, “Ad reprimendam aquilanorum audaciam” ovvero “per reprimere l’audacia degli aquilani”. Alle distruzioni operate dai suoi nemici si alternarono quelle causate dalla natura: il territorio montuoso è infatti caratterizzato da elevata sismicità, e la città fu più volte devastata da terremoti, di cui i peggiori furono quello del 1461 e del 1703. Ricordiamo anche il recente sisma del 2009, che ha causato 309 vittime e reso inagibili buona parte delle costruzioni del centro storico. I lavori di ricostruzione, non facili, stanno lentamente riportando alla vita il magnifico intreccio di palazzi medioevali, chiese e piazze, che ne fanno uno dei più bei centri storici d'Italia. Pantagruelica gastronomia locale! Fra i primi segnaliamo la zuppa di ceci e castagne e la minestra di lenticchie e patate; fra le paste, condite con ragù di bosco, si segnalano le taccozzelle e i rinomati spaghetti alla chitarra, preparati utilizzando un apposito utensile con fili tesi, chiamato “chitarra”. Fra i secondi regnano le carni, di castrato e di agnello, la pecora alla cottora e le salsicce di fegato. Pregiati i formaggi, pecorini e caciotte. All'Aquila si produce un torrone morbido imperdibile.
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Silvestro, procediamo per via del Falso costeggiando le case, prendendo subito dopo a destra per una sterrata che costeggia Prato Murano. Il Cammino prosegue lungo una carrareccia nella vallecola fino a raggiungere la Chiesa della Madonna Fore immersa in una pineta e con una rinfrescante fontana. Da questo luogo spirituale, proseguiamo per l'evidente strada bianca che scende nella splendida e boscosa Valle di San Giuliano che termina in uno slargo dove a destra si dirama la strada che conduce al Convento di San Giuliano. Il cammino è giunto a L'Aquila e l'ultima parte del tracciato si svolge con un percorso urbano
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attraversando il centro storico della cittadina. Percorriamo via Madonna Fore che passa sotto il viadotto dell'autostrada A24, giriamo a destra per via Ugo Piccinini camminando lungo lo splendido palazzo del Castello Rivera–San Sisto e subito dopo a sinistra per via Angelo Pellegrini. Superiamo un bel parco urbano e arriviamo ad una rotonda nei pressi di un campo sportivo. Procediamo a sinistra per Viale della Croce Rossa iniziando a salire, giriamo a destra per via Monte Orsello e prendiamo viale Ovidio. Attraversiamo un parchetto e saliamo alla piazza della Fontana Luminosa. Si entra da qui nel centro storico della città per Corso Vittorio Emanuele che conduce alla splendida Piazza del Duomo. Per arrivare alla fine del nostro lungo cammino intrapreso dal centro della città eterna, occorre svoltare poco prima all'angolo del Palazzo Fibbioni, sede del Comune, per via San Bernardino percorrendo per un tratto i portici, fino a raggiungere la meravigliosa Basilica di San Bernardino che merita senz'altro una visita. Proseguiamo scendendo per la splendida scalinata antistante e poi per via Fortebraccio fino a giungere alla Porta Bazzano. Da qui si cammina per il viale Giacomo Caldora, giunti al piazzale si costeggia il parcheggio Lorenzo Natali e da qui saliamo fino a giungere all'ampio piazzale ovale, ricoperto da uno splendido prato, antistante la meravigliosa Basilica di Santa Maria di Collemaggio, emblema della rinascita e termine di questo lungo viaggio a piedi tra storia, natura e paesaggio.
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La Basilica di S. Maria di Collemaggio Il Cammino Naturale dei Parchi termina alla Basilica di S. Maria di Collemaggio, luogo che rappresenta la compenetrazione tra natura, paesaggio e spiritualità evidente lungo tutto il Cammino. La Basilica, che è una delle chiese romaniche più belle del centro Italia, è profondamente legata alla figura di S. Pietro da Morrone, eletto papa con il nome di Celestino V. Nato a inizio del XIII secolo da una famiglia contadina di Isernia, si ritirò in eremitaggio sul Monte Morrone, vicino Sulmona. Nel giro di alcuni anni raggiunse una notevole fama, al punto che, essendoci lunghi dissidi per l'elezione del successore di papa Niccolò IV, nel 1294 il conclave all'unanimità propose il santo eremita come nuovo papa. Incredulo della notizia, a oltre ottant'anni accettò, e il 29 agosto venne incoronato papa, alla presenza del re Carlo II d'Angiò e di suo figlio Carlo Martello, proprio nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio, che lui stesso aveva fatto edificare qualche anno prima. Il papato di Celestino V durò ben poco: disgustato dai giochi di potere che gravavano intorno alla figura papale, e resosi conto della complessità di tale ufficio, si
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dimise nel dicembre dello stesso anno, consentendo l'elezione di papa Bonifacio VIII. Tale episodio è ricordato nella Divina Commedia, dove Celestino V è relegato tra gli ignavi e definito “colui che fece il gran rifiuto”. Uno dei primi atti del nuovo Papa fu la Bolla del Perdono, che prevede la remissione dei peccati a coloro che, confessati e pentiti, si recano nella Basilica di Collemaggio fra la sera del 28 e la sera del 29 agosto di ogni anno. Tale rito, che anticipò di ben sei anni il primo Giubileo della Chiesa Cattolica, è denominato Perdonanza, e nonostante ci fosse stato un tentativo di revoca da parte del successore, grazie alla gelosa conservazione della Bolla da parte della Città dell'Aquila, si è mantenuto fino a oggi. Da non perdere il solenne corteo storico che porta la Bolla dal Municipio, dove è custodita, fino alla Basilica per la cerimonia di apertura della Porta Santa. In occasione della Perdonanza la città dell'Aquila organizza un gran numero di eventi culturali per accogliere ogni anno nel migliore dei modi pellegrini e visitatori.
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Una scuola a due passi dal cielo "Rarahil Memorial School" è una scuola che ospita MEMORIAL SCHOOL circa mille bambini e ragazzi dai 4 ai 18 KIRTIPUR - KATHMANDU - NEPAL anni, nella cittadina di Kirtipur, non lontana da Kathmandu, la capitale del Nepal. E' stata ideata e sviluppata grazie all'iniziativa dell'alpinista e naturalista Fausto De Stefani, salitore dei 14 Ottomila himalaiani, con la "Fondazione Senza Frontiere Onlus". Montura Editing sostiene la scuola devolvendo alla Fondazione il ricavato di alcuni libri, per adulti e per ragazzi. Questi libri possono essere richiesti nei negozi Montura o a editing@montura.it.
128 pagine a colori di immagini inedite di Fausto De Stefani Testi in italiano ed inglese. Con introduzione di Erri De Luca
Per visitare un luogo magico e per viaggiare con la fantasia. 32 pagine a colori, con disegni originali di Michele Avigo e con una carta per la visita alla collina. La storia di una Testi in italiano. magia vissuta e sognata da Fausto De Stefani. 72 pagine, con introduzione di Marco Paolini. Testi in italiano ed inglese.
Il progetto: 6 edifici per circa 1000 bambini e ragazzi dai 4 ai 18 anni
Banca Bonifico presso il Credito Padano Banca di Credito Cooperativa S.C. - filiale di Castel Goffredo (MN): C/C bancario n. 8029 Codice IBAN: IT 89 F 08454 57550 000000008029 Oppure presso Unicredit Banca Filiale di Castel Goffredo C/C n. 101096404 (Codice IBAN: IT 79 Y 02008 57550 000101096404)
www.montura.it
Posta Versamento sul c/c postale n. 14866461 (Codice IBAN: IT 74 S 07601 11500 000014866461) Il versamento va intestato a: Fondazione Senza Frontiere - Onlus Via S. Apollonio n. 6 - 46042 Castel Goffredo (MN) Codice Fiscale n. 90008460207
www.nepalsenzafrontiere.com
Progetto di solidarietà “Rarahil Memorial School” con: Fausto De Stefani e Fondazione Senza Frontiere Onlus
Testi di: Umberto Antonelli, Barbara Barillà, Gianfranco Franchi, Alessandro Giordani, Leonardo Pucci, Domenico Rossetti, Silvia Scozzafava, Silvia Zaccaria. Mappe realizzate da: MONTURA - Ufficio Comunicazione / Montura Editing - Maps Pierpaolo Castrofilippo, Giacomo Turini Le foto sono state realizzate da: Umberto Antonelli, Barbara Barillà, Marco Branchi, Federico Checchi, Paolo Cilia, Marco Ciucci, Gianpiero Di Clemente, Alberto Dominici, Gianfranco Franchi, Alessandro Giordani, Giulio Lariccia, Massimo Lelli, Vincenzo Lattanzi, Stefano Mancinelli, Francesca Mazzà, Debora Pelosi, Sebastiano Petrini, Leonardo Pucci, Antonio Renzetti, Domenico Rossetti, Silvia Scozzafava, Cesare Silvi, Angela Tomei, Francesca Valenti, Silvia Zaccaria, Aniene Wilderness. Sono inoltre presenti foto di archivio delle aree protette: Parco Regionale dell'Appia Antica, Parco Regionale dei Castelli Romani, Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini, Parco Naturale Regionale dei Monti Lucretili, Riserva Naturale Regionale Monti Navegna e Cervia, Riserva Naturale Regionale Montagne della Duchessa, Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti Della Laga.
Coordinamento editoriale: MONTURA - Ufficio Comunicazione / Montura Editing Grafica e impaginazione: Studio Bi Quattro – Trento Editori: Montura Editing - Tasci srl Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini Stampa: Litografica Editrice Saturnia Snc – Trento
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Stampato nel mese di dicembre 2019