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Il Castagno
le combustibile, Siamo in autunlegname da cono e i nostri monti è protagonista dell’autunno. struzione per attrezzi hanno paesaggi agricoli, slitte, carri, era sovrastati dai toni La castagna, da simbolo di miseria, ottimo per la palificacaldi dei colori che la ritrova il suo posto zione delle vigne, era letvegetazione mutevole to per bestiame, albero del presenta e il castagno ne tannino per la concia. Finché è protagonista. Cadono, ai non arrivò la patata, la castagna suoi piedi, ricci che stanno prenè stata la prima delle risorse alimentadendo il marrone dell’autunno e lari, tanto che dal suo raccolto dipendeva la sciano intravedere stupendi frutti, brillanti, sopravvivenza. turgidi, che, fra non molto, salteranno in una padella Le castagne si raccoglievano fra due Santi (San Miforata, profumando l’ambiente, compagni di un buon chele il 29 settembre e San Martino l’11 di novembre) bicchiere di vino. e si conservavano per essiccazione con fuoco distante. Pulite fino a divenire bianche erano poi custodite in Partiamo subito con una leggenda, quella che vuole appositi cassoni o sacchi di tela. che la castagna abbia il riccio appuntito perché il DiaAltro metodo era quello detto della novena, perché volo così lo modificò, invidioso della fortuna dei monper nove giorni venivano messe in acqua buttando tanari per questo dono del Padreterno, che sopperiva via quelle che galleggiavano (perché avevano un alla mancanza d’altri raccolti e permetteva di vivere ospite) e rinnovando l’acqua ogni mattina. Ben sigilagevolmente. Per tutta risposta il Padreterno provvide late poi in un recipiente di coccio venivano sotterraa fare un taglio a forma di croce nel riccio che permette nell’orto di casa. Era praticamente un congelatore teva di prendere il frutto senza farsi del male. ante litteram! Sono quelle che ancora da noi si chiaSe andiamo nel mondo della mitologia, Zeus, donnamano “straccaganasse” per la loro durezza. Si poteva iolo impenitente, voleva sedurre Diana. Questa, per salcosì fare farina da unire a quella del grano per ottenevarsi, si trasformò in albero, proprio in un castagno, che re pasta o, in Toscana i necci, una specie di piadina fu così chiamato perché le aveva permesso di restare o i manfregoli, una polenta di castagne, tipica della casta! Alpi Apuane. Ma la castagna, abbastanza calorica Il castagno è una pianta che ha aiutato le popola(200 calorie da fresca e 350 da secca) serviva per zioni montanare a sfamarsi, tanto da essere chiamato fare minestre (riso, latte e castagne), zuppe di pane l’albero del Pane, per alcuni addirittura albero della e castagne insaporite con pancetta e rosmarino (la Vita. Un detto popolare affermava che un montanaro brodolese toscana), diverse puree. viveva con pan del legno e vin di nuvole (cioè castaDal dopoguerra, con l’avvento dell’urbanizzazione gne e acqua). delle popolazioni montane, l’uso della castagna calò Originario dell’Asia Minore il castagno è noto all’uomo e si raffinò in piatti di matrice lontana. Penso al tacchida millenni. Katanis è una città del Ponto Eusino, Mar no del Ringraziamento o la presenza della castagna nero, e Kastania è un villaggio greco e in persiano Kacon fagiani al forno, con le faraone, con alcuni tipi di shtah significa frutto secco. In più Maronea è una città arrosto. della Tracia. Ora ne siamo divenuti esportatori: le vendiamo in USA, Ne parlano molto i Romani: Plinio, Virgilio, Galeno e in Libia, anche in Svizzera. Anche la nostra ristorazione non con molto amore. Plinio dichiara che non capisce l’ha riscoperta e la utilizza con pienezza. come la natura abbia così occultato un prodotto di La castagna, immagine di atavica miseria torna, ora, scarso valore. ad avere una propria dignità gastronomica, di grande Che il castagno, però, fosse amico dell’uomo si capiforza evocatrice. sce anche da alcuni ritrovamenti di palafitte, fatte con E’ una cucina della memoria, piena di sensazioni lonlegno di castagno che è duro e tetragono all’acqua. tane, da non dimenticare. Molteplici erano gli usi di questa pianta. Serviva qua-
Polenta e Baccalà 104
thiene: profumi e sapori d’autunno con La sagra deLLa “poenta e BacaLà Dal 26 al 29 ottobre il centro storico di Thiene si anima e si profuma di una specialità tipica nostrana: polenta e baccalà! La festa gastronomica, organizzata dalla Pro Loco Thiene con il Presidente Manuel Benetti ed il patrocinio del Comune di Thiene, è diventata un appuntamento fisso nella tensostruttura in piazza Chilesotti e si prepara ad accogliere i numerosissimi visitatori. La 54esima edizione della “Sagra Poenta e Bacalà” è un’occasione unica per tutti coloro che non resistono ai piccoli piaceri della gola e un avvenimento che rivaluta un prodotto simbolo della cultura e della gastronomia veneta, in particolar modo vicentina. La manifestazione si aprirà venerdì 26 ottobre alle ore 20.30 con l’elegante Gran Galà del Baccalà, proposto in collaborazione con la Compagnia del Baccalà di Thiene. La degustazione e l’asporto saranno sempre possibili dalle 10.00 alle 21.00 dei giorni di sabato e domenica; al lunedì dalle 10.00 alle 13.00 sarà attivo solo il servizio di asporto. La novità di quest’edizione è la possibilità offerta al pubblico di degustare anche il piatto, anch’esso tradizionale, dei Bigoli co’ l’Arna, un’altra ricetta “must” presente sulle nostre tavole, soprattutto in questo periodo dell’anno. «E’ una delle manifestazioni sulle quali la Pro Thiene – dichiara l’assessore all’Animazione del Centro Storico, Alberto Samperi – sta investendo molto e quindi possiamo ben attenderci che ogni edizione sia più bella della precedente. Anche l’Amministrazione Comunale, del resto, crede in questa manifestazione e la sostiene». «Sarà un week end – è il commento del Vice Sindaco e Assessore alla Cultura e ai rapporti con la Pro Thiene, Maria Gabriella Strinati - in cui il senso del gusto, con la prelibatezza del baccalà, sarà il vero protagonista.
Anche la gastronomia è cultura e questa è un’iniziativa importante per salvaguardare la tradizione del territorio». La storia del baccalà, a Thiene, non ha un inizio ma solo una piacevole continuazione che dal 1432, anno in cui il veneziano Pietro Querini importò gli stoccafissi dall’isola norvegese di Røst, ha conquistato la popolazione vicentina. A Thiene, l’idea di una sagra dedicata al baccalà venne a Francesco Zaltron, noto alpinista e presidente del CAI di Thiene, che era anche titolare della Salumeria Centrale in corso Garibaldi. Zaltron, riscontrato il successo della “Sagra dello spiedo” che aveva preso avvio a Isola Vicentina, propose all’allora presidenza di Giuseppe Munari della Pro Loco Thiene di organizzare a Thiene una “Sagra della poenta e bacalà”, piatto tipicamente vicentino. Proposta che venne accolta con interesse particolare soprattutto dal vice presidente della Pro Loco, Gianni Busin: la prima edizione si svolse, così, in piazza Chilesotti nel 1963. La manifestazione crebbe si anno in anno, riscuotendo sempre maggiore interesse da parte del pubblico che arrivava a Thiene anche da altre località. La sagra venne quindi potenziata anche dal nuovo presidente della Pro Thiene, Giorgio Tonini e, successivamente, organizzata al Bosco con la preparazione e vendita di baccalà a cura della Cooperativa di Consumo di via Trieste. La sagra fu anche affiancata da altre manifestazioni come la corsa dei mussi, corse di go kart per i più piccini, in particolar modo grazie all’organizzazione della fiera da parte dei giovani delle associazioni cattoliche del Patronato san Gaetano. In seguito, la sagra si spostò al Padiglione Fieristico. ritornata nella sua originaria location di piazza chilesotti, la manifestazione attende anche quest’anno il nutrito pubblico di degustatori ed estimatori del piatto tipico. prenotazioni e info presso pro Loco thiene tel. 0445 369544. email: prothieneinfo@libero.it
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Come i Cavoli a merenda
vizi e virtù di uno degLi aLimenti più preziosi che La natura ci offre. per fare iL pieno di vitamine Dire semplicemente “cavolo” non significa niente poiché la famiglia delle Crucifere, a cui appartengono anche la senape ed il ravanello, ne conta innumerevoli varietà: Cavolfiore, Broccolo, Cavoletti di Bruxelles, Cavolo cappuccio, Verza, Cavolo rosso, Cavolo rapa. Tutte queste varietà derivano da un unico capostipite selvatico: la Brassica oleracea, selezionato già ai tempi dei Romani. I Greci utilizzavano ad esempio il cavolo nero cresputo e i Romani ne conoscevano diverse varietà, basti pensare che Teofrasto cita tre tipi di cavolo coltivato. Nel Medioevo si svilupparono poi i cavoli cappucci rossi e bianchi, nel 1600 in Italia fu creata la verza, nel 1700 i cavoletti di Bruxelles in Belgio, mentre i broccoli derivano da un’ibridazione con un’altra “bisnonna”. Così, nel corso dei secoli, le varietà sono diventate oltre 400 e, grazie alla loro grande capacità di adattamento ed la loro disponibilità nei periodi invernali, sono diffuse il tutto il globo. A tutta questa ricchezza del passato, oggi corrisponde, in realtà, un impoverimento dei prodotti dato che il mercato ci offre ortaggi sempre più standardizzati e, certamente, meno saporiti. Un prezioso ortaggio apprezzato da secoli I Romani usavano mangiare cavoli crudi prima dei banchetti per aiutare l’organismo ad assorbire meglio l’alcool: una credenza mantenuta nei secoli, tant’è vero che nelle illustrazioni coniate durante l’Impero Romano l’immagine del cavolo era accompagnata dalla scritta “ne gravet ebrietas”, ovvero “affinché non sia troppo fastidiosa l’ebbrezza”. Inoltre, per molti secoli i cavoli
hanno ra p p re sentato, insieme alla cipolla, uno degli alimenti principali degli equipaggi delle navi, per rinforzare il magro regime alimentare durante i lunghi viaggi in mare. Questa pianta così potente era in realtà consumata in Grecia principalmente durante mense frugali: ecco perché ancor oggi la si usa per indicare qualcosa privo di valore in molte comuni espressioni come “non vale un cavolo”. Con un curriculum così, è facile capire perché due figure storiche del calibro di Pitagora e Platone lo scelsero per chiarire il mistero della germinazione e della nascita: è da allora che si cominciò a far credere ai bambini di essere nati sotto un cavolo. saporito, saLutare, e a ridotto contenuto o Il cavolo arriva alle soglie del 2009 carico di gloria e di onori: presso gli antichi Greci; da Pitagora a Ippocrate, l’odoroso ortaggio era considerato una panacea per curare tutti i mali. Nonostante le sue povere origini il cavolo è un alimento ricco di sostanze benefiche e delle sue note proprietà utilizzate da secoli nella medicina tradizionale troviamo conferma negli studi recenti, ove si rivela una delle più verdure più benefiche. E’ infatti ricco di vitamina C (i cavoletti di Bruxelles e il cavolo rosso ne contengono il doppio delle arance), A, K, del gruppo B e di minerali come fosforo, calcio, magnesio, zinco, ferro, potassio. Rafforza le difese immunitarie e, secondo le ultime ricerche, abbassa il colesterolo prevenendo i tumori a stomaco ed esofago, rappresentando anche un naturale rimedio contro l’ulcera. Una cottura prolungata distrugge gran parte dei suoi preziosi componenti che si decompongono formando diversi composti maleodoranti. La soluzione? Cuocere di meno la verdura così da ottener meno odori sgradevoli e minor perdita di sostanze nutrienti.
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Cibi ricchi di proprietà
vitamine e saLi mineraLi per affrontare L’autunno con iL Buonumore L’autunno è la stagione dei cambiamenti: si accorciano le giornate, diminuisce la luce, calano le temperature e tutti questi elementi contribuiscono a ridurre le energie, a provocare sonnolenza e spossatezza, con ripercussioni sul nostro umore. Un valido aiuto viene dalla tavola, grazie a una serie di alimenti che contengono o stimolano la produzione di sostanze che aiutano il buonumore.
contro Le infezioni, La vitamina c Nel menù autunnale non possono mancare gli alimenti ricchi di vitamina C, preziosa perché aumenta la resistenza alle infezioni. Facilita l’assorbimento del ferro, favorisce la formazione del collagene ed ha un’azione antiossidante, depurativa e antinvecchiamento. Gli alimenti che ne sono più ricchi sono tutti i tipi di cavoli, i broccoli, i peperoni, gli spinaci e gli agrumi.
vitamine deL gruppo B per aiutare L’umore Per migliorare l’umore, i cibi giusti sono quelli ricchi di specifici micronutrienti come le vitamine del gruppo B, soprattutto la B12, che hanno un’azione energizzante sia per il corpo che per la mente. Tra gli alimenti più ricchi di vitamine del gruppo B ci sono le uova, i formaggi stagionati come parmigiano, provolone e groviera, lo yogurt, il latte e la mozzarella.
contro L’invecchiamento, La vitamina e La vitamina E viene accumulata nel fegato e non è dunque necessario assumerla con regolarità attraverso i cibi. Il corpo, infatti, la rilascia a piccole dosi appena il suo utilizzo diventa necessario. È utile nel cambio di stagione perché è un prezioso antiossidante cellulare quindi aiuta a rallentare i radicali liberi e l’invecchiamento. Le fonti naturali di vitamina E sono in primo luogo i semi oleosi: nocciole, mandorle, noci e pinoli, che contengono anche minerali come magnesio e potassio e oligoelementi in traccia.
triptofano per migLiorare memoria e concentrazione Sono d’aiuto anche i cibi ricchi di triptofano, un precursore della serotonina, l’ormone che regola il nostro umore. Il triptofano ha un effetto positivo sullo stress, perché, in presenza di vitamine del gruppo B, di carboidrati e di ferro, aumenta la produzione della serotonina. La pasta, per esempio, è una buona fonte di energia e in particolare di carboidrati e proprio di triptofano.
saLi mineraLi per comBattere La stanchezza Uno sprint in più può arrivare anche dai Sali minerali. Il ferro, per esempio, aiuta a contrastare la stanchezza, mentre il potassio è utile per il benessere del cervello e per l’equilibrio della pressione sanguigna. Il magnesio aiuta ad affrontare i periodi di tensione. La frutta secca è ricca di magnesio, le patate dolci hanno tanto potassio, ma anche tracce di calcio e di sodio, zinco e magnesio.
lo Sapevi che
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L’agLio aiuta a rimanere giovani?
il rosmarino aiuta a ricordare? Questa pianta, oggi così ampiamente utilizzata in cucina, era assolutamente ignorata dai Romani che l’usavano per aromatizzare il vino, date le difficoltà che avevano per conservarlo, ed anche per fare corone da portare ai defunti. C’è una leggenda che legittima questa usanza: la figlia del re di Persia, Leucotoe, fu sedotta da Apollo ed il padre la uccise per la sua debolezza. Ma i raggi del sole penetrarono attraverso la tomba della principessa fino a raggiungere la fanciulla e lentamente la trasformarono in una pianta dalla fragranza intensa, dalle esili foglie e dal fiore viola-azzurro. Da qui i Greci presero l’usanza di coltivare il rosmarino come simbolo dell’immortalità dell’anima. E da qui nacque l’usanza di mettere fra le mani dei defunti un rametto di rosmarino e di farne corone. Usavano l’infuso di rosmarino gli studenti romani per ricordare meglio e superare gli esami (ne parla anche Giovanni Prevozio nel Remedia Simpliciorum del 1620) ed anche Shakespeare nel dialogo fra Ofelia ed Amleto scrive: “C’è il rosmarino per la rimembranza. Ti prego, amore, ricorda”. Veniva usato anche con la ruta, la lavanda e l’iperico per fare “l’acqua di San Giovanni”: si metteva l’acqua in un secchio, la si esponeva nella notte con foglie e fiori e la si utilizzava poi come acqua fatata per aumentare la fecondità, la buona salute e per difendersi dalle fatture. Noi la usiamo negli arrosti, va benone con le carni bianche e dona un profumo invitante: ha compiuto in cucina, anche per noi, una magica “fattura”!
L’aglio è molto spesso utilizzato in cucina grazie al suo aroma intenso e inconfondibile, ma non tutti sanno che, anche dal punto di vista medico, le sue caratteristiche lo rendono un elemento utilissimo per la nostra salute. L’aglio è un ottimo vasodilatatore, il che lo rende molto efficace per chi soffre di ipertensione ed è un alleato del sistema cardiocircolatorio in quanto contiene allicina, una sostanza in grado di contrastare la coagulazione di piastrine presenti nel sangue. L’aglio, grazie alle sue caratteristiche di potente antiossidante, rientra nel novero dei cibi che aiutano l’organismo a restare giovane. I suoi principi evitano infatti alle cellule dei tessuti un invecchiamento precoce, permettendo quindi alla cute una vita più lunga e più sana. Un’altra delle tante virtù dell’aglio è la sua caratteristica di antinfiammatorio e antisettico. Grazie ai suoi componenti, questa pianta diventa particolarmente efficace nel contrastare i tradizionali malanni di stagione. Tosse, raffreddori e mal di gola avranno vita più dura se l’assunzione di una corretta quantità di aglio diventa un’abitudine. Inoltre, è anche un ottimo antibiotico naturale. Le sue proprietà lo rendono infatti molto efficace nella lotta a batteri, funghi e parassiti. Oltre a questo, l’aglio aiuta le difese immunitarie dell’organismo a rinforzarsi e a rigenerarsi. Il consiglio, che vale sempre, è però quello di assumerlo senza eccessi poiché, a dosi elevate, può portare gastriti, nausea e diarrea. Evitate l’aglio soprattutto se state allattando: il suo aroma intenso potrebbe modificare il sapore del latte e non essere molto gradito al neonato.
Cachi: il pane degli Dei
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Un frutto rustico, forse poco considerato, che nasconde un passato illustre. E ottime qualità nutrizionali Il simbolo dell’autunno, stagione particolarmente generosa di doni che arricchiscono la nostra tavola, è il caco: insieme alla frutta e alla verdura, dal vino ai funghi, fa in modo che la gola non rimpianga la bella stagione. Conservando le caratteristiche dei frutti più estivi - zuccherinità, succosità e colore - grazie alla sua morbida polpa, si è meritato il nome scientifico di diospiros, e cioè “pane degli dei”. Il caco è originario delle regioni calde della Cina, dove è considerato l’albero dalle sette virtù, ma i primi a coltivarlo in modo intensivo furono i giapponesi. In Europa, invece, è arrivato solo alla fine del ‘700, anche se inizialmente era utilizzato solamente come albero ornamentale. L’interesse per i suoi frutti risale solo a dopo la metà dell’800, prima in Francia e successivamente in Italia; qui il primo esemplare di caco fu coltivato nel 1871 nel giardino fiorentino di Boboli, che si diceva possedesse tutti gli esemplari di piante ad eccezione de “l’erba voglio”. Questo albero da frutto, d’altronde, era rustico e facile da coltivare già per i mezzadri di fine ottocento: si diffondeva rapidamente perché comunque lo si potasse sopravviveva e, per quanto lo si trascurasse, dava sempre molti frutti. In ogni casa c’era una cantina pronta ad accogliere la frutta per farla maturare, e quindi, il luogo adatto per permettere ai cachi di diminuire il loro elevato contenuto di tannino. Nella simbologia legata ai fiori e al regno vegetale questi frutti rappresentano “il non credere alle apparenze”, di cui sono il perfetto esempio. Raccolti ancora acerbi vanno lasciati maturare a lungo -il cosiddetto ammezzimento meglio se accanto a qualche mela o pera, poiché l’etilene prodotto da questi frutti accelera la maturazione dei cachi e riduce l’effetto allampante dovuto al tannino: una sostanza tanto preziosa per la salute (è digestivo e astringente), quanto fastidiosa per i denti e la bocca. Infatti, con la progressiva perdita delle proprietà che lo rendono allampante, la sua agre polpa diviene dolcissima, simile ad una morbida crema, tanto da meritare il nome scientifico di diospiros, ossia “pane degli dei”. All’inizio dell’avventura europea dei cachi, è stato proprio il suo sapore astringente la causa di una certa diffidenza: non era facile valutarne l’esatto grado di maturazione. Tuttavia, ben presto, diventò un frutto molto popolare e gradito. Il Cardarelli parago-
nava i frutti del caco a dei rossi soli vegetali; mentre Giuseppe Verdi, ammaliato dalla loro dolcezza, n’era uno degli ammiratori più ghiotti e li consumava cosparsi di zucchero e irrorati di champagne fresco!
Le ProPrietà I cachi hanno una notevole quantità di zuccheri (18%) - al pari di fico e uva - e la loro morbida e cremosa polpa ne esalta ulteriormente la dolcezza in bocca. Questa caratteristica, purtroppo, diminuisce l’indice di sazietà e quindi occorre valutarne con attenzione la quantità assunta; un caco infatti può pesare ben 250-300 grammi e giungere fino a 200-250 kilocalorie! Queste deliziose bacche ricche di fibre sono un’eccellente fonte di beta-carotene e criptoxantina (a cui si deve il caratteristico colore arancione), una buona fonte di vitamina A di vitamina C e di potassio. Notevoli le proprietà terapeutiche sul sistema nervoso e sull’apparato intestinale, hanno un forte potere astringente e sono ottime per il trattamento della tosse e del singhiozzo. La terra dei cachi: tante varietà In Italia ne esistono diverse varietà, coltivate da nord a sud, ma il primato di “terra dei cachi” (ricordate la canzone di Elio e le Storie Tese con Raoul Casadei?) se lo aggiudica la Romagna, in particolare la zona di Faenza, con lo squisito “loto di Romagna”. Esiste poi una varietà speciale, leggermente meno dolce, chiamata caco vaniglia o caco mela: a differenza del caco comune ha una polpa soda e croccante simile a quella delle mele e si può consumare subito dopo la raccolta perché la sua polpa, delicata e aromatica, non è per nulla allampante. L’albero non offre solo i suoi frutti, ma anche il suo legno, molto duro: questo viene usato per la fabbricazione di oggetti, appartenendo alla famiglia delle ebenacee. BoX Curiosa è la definizione di “albero dalle sette virtù” data alla pianta di caco in Giappone ed in Cina; la prima virtù è la lunga vita, la seconda la grande ombra che l’albero offre, la terza è l’assenza di nidi fra i suoi rami, la quarta è la mancanza di tarli, la quinta è la possibilità di giocare con le sue foglie indurite dal gelo, la sesta è che il suo frutto è ottimo e la settima sottolinea che dalle sue foglie si può ricavare un buon fuoco ed un ottimo concime. Il caco è davvero una pianta generosa ed inoltre non necessita di cure particolari per mantenersi sana; anche i suoi frutti non hanno bisogno di molti trattamenti contro malattie o insetti.