SCHIOMESE n 965

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SchioMese

Periodico di informazione dell’Alto Vicentino anno XIV n. 132 - aprile 2025

Le aree ex Lanerossi avanzano a piccoli passi - p.6 ◆ Concordia, una comunità a canestro - p.14

Laura Dalla Vecchia
“Per essere attrattivi servono collegamenti veloci”

Laura Dalla Vecchia si avvia a concludere il suo mandato alla presidenza degli Industriali vicentini. È stata la prima donna a ricoprire l’incarico, e la prima dell’area di Schio. “Un primato che è stato una soddisfazione – dice -. Credo che sia stato importante portare una visione generale della zona alto vicentina e pedemontana in generale, dove sono nate le aziende storiche della nostra provincia”.

a dov’è finita la “bona creansa”? Quand’è che il rispetto delle regole e della convivenza civile è diventato un optional? Si può isolare un momento, un evento di rottura a partire dal quale sempre più gente ha deciso che ognuno può fare quel che gli pare, che le regole sono una sovrastruttura inutile della società? No, una “porta del tempo” di questo genere non esiste, però la sensazione è che la pandemia qualcosa di simile lo abbia rappresentato. Sembra quasi che lo straniamento imposto da quei mesi sospesi abbia prodotto un prima e un dopo in termini di individualismo portato all’eccesso e di progressiva perdita, appunto, del concetto di “bona creansa”.

Qualche esempio di questa tendenza si trova facilmente, guardandosi in giro. A cominciare dal grande capitolo dello smaltimento dei rifiuti, alimentato dai frequenti episodi di abbandono di materiali di tutti tipi. C’è chi lascia in strada materassi, poltrone e sedie, mobiletti, giocattoli rotti, passeggini. Andare in ecostazione non è contemplato, più facile lasciar tutto dietro l’angolo. Di recente il caso più eclatante lo ha segnalato Alex Cioni con alcune foto serali della mini “isola ecologica” di via Baracca trasformata tutt’intorno in una mezza discarica. Ma situazioni inconcepibili si registrano non di rado in zona Santa Croce dietro le scuole Fusinato, così come in altri punti della città.

In questi casi nella scala dell’inciviltà siamo prossimi al valore più alto, mentre possiamo concedere qualche “gradino” in meno a tutti quelli che mettono fuori di casa i sacchi gialli della carta e quelli blu della plastica quando gli pare, anche una setti-

È andata in crisi la “bona creansa”

mana prima del ritiro. O quelli che sbagliano “colore” ed espongono il sacco della carta invece di quello della plastica o viceversa e non ci pensano proprio a riprenderselo dopo che gli operatori Ava sono passati, cosicché il sacco resta esposto per tutta la settimana successiva.

Rifiuti a parte, altri esempi di “cattiva creansa” sono le indelebili incrostazioni da pipì di cani che deturpano tutti gli angoli di case e negozi di via Carducci, così come in via Mazzini e di altre vie del centro. Si possono ricordare poi gli sgaparatori seriali che lanciano agglomerati di bava per strada o sui marciapiedi. O anche la biancheria stesa ad asciugare alla finestra in piena piazzetta Garibaldi, il “salottino buono” della città, e certe coperte esposte da qualche condominio in piazza Almerico. Si potrebbe andare avanti, ma motivi di spazio obbligano a fermarsi.

Quelli citati sono tutti comportamenti elencati tra i divieti nel “Regolamento di polizia urbana e codice civico” adottato negli anni Ottanta e aggiornato per l’ultima volta solo alcuni anni fa. Alcuni di questi divieti sembrano fatti per rimanere inapplicati (come si fa a multare uno che sputa in terra, a meno che un vigile non lo intercetti nell’esatto momento in cui produce la “sgaparata”?), ma non sarebbe male far rispettare almeno quelli più facilmente identificabili e contestabili.

Per dire, l’articolo 28 recita: “La biancheria, i panni, gli indumenti, i tappeti e simili non potranno essere lavati, esposti, distesi o appesi fuori dei luoghi privati o dei luoghi stabiliti dal Comune. È vietato, altresì, distendere o appendere gli oggetti suddetti alle finestre, ai terrazzi e balconi prospicienti la pubblica via, salvo quanto diversamente stabilito con ordinanza del Comune”. Oppure prendiamo l’articolo 39, “Altri atti vietati”, dove in elenco si trova anche il divieto di “arrampicarsi sui monumenti”: in certe occasioni, vedi il recente Carnevale, sono più i bambini arrampicati sul monumento ai fratelli Pasini che

gli escursionisti sulla Strada delle Gallerie alla domenica.

Né sembra particolarmente applicato l’articolo 40 che vieterebbe “l’accattonaggio all’interno delle aree pedonali, dei mercati”, visto che al sabato mattina in centro, tra vie pedonali e mercato, il fenomeno si ripete con una certa regolarità.

In tema di decoro urbano, l’articolo 47 dice che “i proprietari di immobili utilizzati dai colombi sono tenuti alla pulizia del guano depositato nelle pertinenze dell’edificio”; e però ci sono zone dove il guano lorda la pubblica via in modo indecente, e non tutte le case da cui cadono gli escrementi sembrano disabitate.

Insomma, visto che in tema di regole già viviamo in tempi in cui ognuno si fa le sue, non sarebbe male che chi ha la responsabilità dei controlli si mettesse più d’impegno ad applicare quelle norme che a suo tempo si è deciso di mettere nero su bianco in un apposito Regolamento. Per il rispetto del prossimo e del decoro cittadino. Per provare a riportare un po’ di “bona creansa”. ◆

Supplemento mensile di Lira&Lira

Direttore

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SchioMese
Periodico di informazione dell’Alto Vicentino
Rifiuti per strada in via Baracca (foto Cioni)

Copertina

“L’Alto Vicentino ha bisogno di infrastrutture, scontiamo una grave carenza da questo punto di vista, a partire dal servizio pubblico. Per essere davvero attrattivi bisogna risolvere questo aspetto cruciale”.

e prime volte sono sempre quelle che restano e che si ricordano. Può essere il primo giorno di scuola, il primo bacio, la prima cotta. Ma può essere anche qualcosa di più istituzionale, come un incarico, pubblico o privato. Quella di Laura Dalla Vecchia è stata una doppia prima volta. La prima donna a essere eletta alla presidenza degli Industriali vicentini. E anche la prima a essere espressa da Schio. A dire il vero lei abita a Santorso, ma la si può considerare scledense, avendo l’azienda in zona industriale a Schio (la Polidoro, produzione di componenti per caldaie, 350 dipendenti, tre filiali estere, una tipica “multinazionale tascabile” cresciuta grazie all’export) e avendo presieduto una quindicina di anni fa il raggruppamento scledense della Confindustria vicentina.

Dalla Vecchia si appresta a passare il testimone della presidenza, a chiusura del suo mandato quadriennale. È l’occasione giusta per fare un bilancio dell’esperienza e per guardare alle prospettive del momento – più complicato e difficile che mai, tanto per cambiare - per il territorio e per le imprese.

Lei, dicevamo, è stata la prima presidente donna degli Industriali vicentini. Può sembrare stucchevole stare ancora qui a rimarcarlo, nel 2025, però in effetti è così, fa ancora notizia… “Sì, sono la prima donna ad aver ricoperto questo incarico, e a succedermi sarà un’altra donna, a dimostrazione del livello di maturazione che il nostro territorio ha raggiunto. Con la mia elezione questa provincia ha dimostrato di essere all’avanguardia dal punto di vista del riconoscimento del ruolo della donna nella società”. Che esperienza è stata?

“Certamente impegnativa, mi ha occupato tutti gli spazi di tempo fuori dall’azienda a scapito della famiglia, ma sono contenta di averla fatta. Una delle soddisfazioni

Laura Dalla Vecchia

La presidente delle prime volte

Laura Dalla Vecchia si avvia a concludere il suo mandato alla presidenza degli Industriali vicentini. È stata la prima donna a ricoprire l’incarico, e la prima dell’area di Schio. “Un primato che è stato una soddisfazione – dice -. Credo che sia stato importante portare una visione generale della zona alto vicentina e pedemontana in generale, dove sono nate le aziende storiche della nostra provincia”.

più belle è essermi sentita dire, da più di un collega, che si sono sentiti capiti. Mi ha fatto molto piacere. Del resto ho un’impresa metalmeccanica dell’Alto Vicentino, dunque se capisco i problemi che ha l’imprenditore medio è perché lo sono anch’io. È stata anche la prima volta di un presidente degli Industriali scledense. Non entrerà nel Guinness dei primati per questo, ma è pur sempre un’altra piccola soddisfazione. O no? “Il mio impegno in associazione è cominciato qui, sono partita da Schio facendo la presidente del raggruppamento locale. Era il 2010, avevo cominciato a partecipare perché c’era crisi economica nera e pensavo che sarebbe stato utile avere un luogo dove confrontarsi con altri imprenditori per caprie come stavano affrontando loro le difficoltà. Da lì non mi sono più fermata. Sì, è una soddisfazione essere stata la prima presidente di area scledense, ma soprattutto credo che sia stato importante portare una visione generale della zona pedemontana, intesa come territorio che va da Arzignano all’Alto Vicentino fino a Bassano.

Una zona dove sono nate le aziende storiche della nostra provincia. E non dimentichiamo che l’Associazione Industriali è nata proprio a Schio, il 4 maggio del 1945, con un mese di anticipo sulla costituzione dell’organizzazione a livello provinciale”. A voler continuare con le “prime volte”, quattro anni fa il suo mandato era iniziato in una situazione decisamente difficile, all’uscita da una prima volta da incubo come quella della pandemia e del lockdown…

“Era aprile del ’21 ma sembra una vita fa, anche la mia elezione era avvenuta con votazioni da remoto, perché c’erano ancora le limitazioni del dopo Covid per gli incontri in pubblico. Era un momento in cui c’era una diffusa voglia di reagire, di ripartire. Durante la pandemia come imprenditori abbiamo avuto molto bisogno dell’associazione, come punto di riferimento in quella fase in cui eravamo isolati e non ci si poteva incontrare. È stato anche per questo che ho sentito la voglia di mettermi in gioco, perché per me l’associazione è sempre stata importante in tutti i momenti difficili”.

In questi quattro anni siamo passati dal Covid alla guerra in Ucraina e poi in Medio Oriente, per finire con il marasma geopolitico provocato dal ritorno di Trump e dalle sue politiche protezionistiche rischiose per tutti. Come vede il futuro, con questi chiari di luna?

“I dazi effettivamente cambieranno le cose, e mi aspetto che Trump proseguirà in questa sua strategia per tutto il mandato: ci aspettano quattro anni così, con una guerra commerciale che si giocherà sulle tariffe più che sul prodotto. Bisognerà capire come si muoverà l’Europa e come risponderà a sua volta l’America. Bisogna evitare che diventi un’escalation di dazi. Quello che noi nel nostro piccolo dobbiamo fare, quantomeno, è difendere il nostro mercato, quello europeo, e i mercati più prossimi dal punto di vista geografico. Siamo all’interno di uno dei mercati più importanti del mondo, l’Europa e il bacino mediterraneo, e sotto il profilo logistico siamo vicini ai paesi dell’Est e del Medio Oriente: dobbiamo fare in modo che questi mercati non ci vengano portati via”.

Da chi? Dalla Cina?

“Dalla Cina e in generale dal Far East. Perché se non possiamo più vendere in America, dobbiamo pensare a difendere il nostro mercato principale, quello appunto europeo, ed evitare che sia oggetto di conquista da parte del Far east. L’obiettivo dei dazi di Trump è prima di tutto tener distante la Cina, ma non è che i cinesi stanno fermi a guardare: se fanno più fatica a entrare sul mercato americano si rivolgeranno all’Europa per vendere i loro prodotti. Dobbiamo definire delle strategie di sviluppo che siano in grado di competere con mercati che, dal punto di vista tecnologico e di costi, sono più avanti di noi. Certo, anche noi per contro possiamo rivolgerci di più ai mercati asiatici, ma per farlo dobbiamo essere competitivi sui costi e sul prodotto. È quella la sfida”.

In Europa i dazi americani colpiscono soprattutto la Germania, paese e mercato al quale le imprese italiane, e soprattutto quelle venete e vicentine, sono legate per export diretto o per rapporti di fornitura. Un bel problema… “Sì, noi siamo legati a filo doppio con il mercato tedesco, dunque se la Germania esporta meno auto, ma anche meno macchinari, tecnologia, pharma, Ict e quant’altro, noi andiamo a ruota. Motivo in più per non essere distratti dal nostro mercato: l’Europa deve tornare a mettere al centro la competitività nei prodotti. Lo si fa agendo sui costi, anche dell’energia, pensando a semplificare un sistema di regole e di procedure che ormai in azienda ha creato una sovrastruttura burocratica che ha un costo e che assorbe energie che potrebbero essere dirottate su funzioni più utili”.

Di cosa ha bisogno oggi l’Alto Vicentino per non perdere occasioni di crescita?

“Abbiamo bisogno di infrastrutture, scontiamo una grave carenza da questo punto di vista, a partire dal servizio pubblico. Per essere davvero attrattivi occorre risolvere questo aspetto cruciale. Abbiamo aziende internazionalizzate e innovative che possono piacere ai giovani, ai laureati, ai professionisti anche al di fuori dei nostri confini, ma il problema sono i collegamenti: se uno vive a Padova dovrebbe poter arrivare in una zona industriale come la nostra nel giro di 40 minuti per poi tornare a casa sua a fine giornata in altrettanto tempo. È difficile rendere attrattiva una zona come la nostra se non ci sono collegamenti rapidi. Uno dei problemi del nostro territorio è che per lavorarci devi dormire qui. Dobbiamo stimolare il pendolarismo, perché per avere la forza lavoro che serve non dobbiamo necessariamente puntare su persone disposte a trasferirsi. Il pendolarismo deve essere un obiettivo”.

Quindi più servizio pubblico per favorire gli spostamenti tra province?

“Ma certo. Invece il servizio pubblico nel tempo si è impoverito. Io in questi anni ho cercato di imporre il tema del potenziamento della ferrovia Vicenza-Schio, ma alla fine ho trovato resistenze di varia natura. Si parla tanto di sostenibilità, ma più che portarmi a comprare l’auto elettrica, comincia col darmi un buon servizio pubblico. Gli esempi sono le città dell’Emilia Romagna, che hanno investito in una ramificazione di infrastrutture di servizio pubblico progettati proprio per portare le persone dove c’è il lavoro, per poi tornare a casa”.

Parlare di attrattività vuol dire parlare di giovani, il futuro del territorio è legato a loro: se mancano, siamo fritti. Lei che messaggio può dare in questo momento a un giovane scledense o altovicentino indeciso se restare qui o andare via? “Andare all’estero può essere affascinante, ma è sempre meno semplice. Per come

si sta mettendo la situazione geopolitica mondiale forse è meglio pensare a stare in un posto tranquillo e che ti dà lavoro sotto casa. Qui abbiamo la fortuna di vivere in un posto che dà la possibilità di lavorare a poca distanza da casa, le aziende danno stabilità, al netto di futuri choc. In questa fase non vedo tanti posti dove potersi trasferire con facilità e con sufficiente sicurezza di star bene. Altro conto è andare all’estero per fare un’esperienza formativa di vita, quella è una cosa sicuramente molto utile per tutti. Però dev’essere preparata bene, legata al percorso professionale e di vita che si ha in mente. Altrimenti andare all’estero ‘a caso’ - della serie: vado in Australia e vedo cosa succede - non è una buona idea, perché finisce che sei soltanto uno straniero che deve partire da zero”. Che idea s’è fatta dell’attuale amministrazione comunale di Schio, a un anno dall’insediamento della sindaca Marigo?

“Marigo viene in continuità con il decennio di Valter Orsi, sono state delle buone amministrazioni, caratterizzate peraltro dal fatto che ogni anno sono diminuite le risorse finanziarie ritornate dallo Stato agli enti locali. I Comuni sono sempre più limitati nel fare investimenti importanti. Trovo che anche fare il sindaco sia difficile, perché ci sono difficoltà a ottenere finanziamenti, e ci sono sempre meno persone che credono nella politica e si mettono a disposizione. Io, con il mandato di presidente di Confindustria Vicenza, mi sono messa a disposizione del territorio, serve gente che lo fa con questo spirito anche in politica”. Lei si metterebbe a disposizione per fare politica a livello locale?

“Credo che il mio mestiere sia un altro. Non ho mai studiato per fare politica, so fare impresa, ho esperienza in questo, non in politica. C’è bisogno di gente che abbia esperienza. Io sono a disposizione del territorio per quello che può servire, ma cerco di fare le cose che so fare”. ◆

LAttualità

e aree ex Lanerossi, quella storica in centro e quella in zona industriale, sono ormai da anni due punti interrogativi per lo sviluppo urbano scledense. Due aree con grandi potenzialità, ma anche inevitabili difficoltà realizzative. Nell’amministrazione della sindaca Marigo il tema è diventato di competenza di Giorgio Marchioro, assessore all’urbanistica.

Assessore, qual è il suo punto di vista su queste due aree legate alla storia della Lanerossi, ma decisive per il futuro di Schio?

“La rigenerazione dell’area ex Lanerossi in centro costituirà uno straordinario valore aggiunto per la città e quella in zona industriale offrirà  risposte alle richieste di aree produttive legate al rallentamento della delocalizzazione”.

Focalizzandoci, innanzitutto, sull’area ex Lanerossi in centro: ci ricordi le tappe principali del percorso intrapreso fin qui.

“Il primo passaggio è stato l’acquisizione da parte del Comune della Fabbrica Alta e di altri fabbricati di interesse pubblico tra cui quello che ospita l’archivio storico della Lanerossi. Successivamente, a seguito del fallimento della società Aree Urbane, l’area è stata messa all’asta e acquistata dalla società M2 dei fratelli Cestaro”.

E a che punto siamo con il progetto di riqualificazione?

“Più che di riqualificazione, si tratta di una vera e propria rigenerazione: quel terreno infatti è contaminato dalle lavorazioni industriali. A questo proposito la società proprietaria ha già iniziato l’iter per ottenere l’approvazione di un onerosissimo e complesso progetto di bonifica.

Nell’ultimo periodo, inoltre, gli uffici dell’urbanistica e i professionisti che rappresentano la proprietà hanno proceduto a tappe serrate per arrivare alla definizione dell’accordo di convenzione che stabilisce le regole fondamentali dell’intervento”. Che caratteristiche avrà l’intervento?

“L’area di proprietà privata, di circa 113 mila metri quadrati, a sud ovest della Fabbrica Alta, sarà sviluppata con un Piano urbanistico attuativo. L’area di proprietà comunale, che comprende la Fabbrica Alta e le sue pertinenze, è invece collocata a nord e sarà gestita e sviluppata autonomamente dalla parte pubblica.

Tra gli interventi previsti c’è la creazione di una viabilità interna, una notevole quota di parcheggi e la creazione di un parco

L’assessore all’urbanistica Giorgio Marchioro

Aree ex Lanerossi, avanti a piccoli passi

Con l’assessore all’urbanistica Giorgio Marchioro facciamo il punto sullo “stato dell’arte” dei progetti e sul futuro delle due aree legate al nome della Lanerossi, quella storica in centro e quella in zona industriale, dalle quali dipende una buona fetta dell’attrattività della città.

di circa 20 mila metri quadrati: un esteso polmone verde al centro della città fruibile da tutti i cittadini. In definitiva si tratta di operazioni dove parte pubblica e parte privata arrivano a contemperare i reciproci interessi con un vantaggio per tutta la collettività”.

C’è il rischio di cambiare gli equilibri del centro di Schio a detrimento della parte storica?

“Ritengo che gli effetti indiretti dello sviluppo della nuova area saranno decisamente positivi: comodamente raggiungibile anche a piedi,  contribuirà certamente, con servizi, infrastrutture, parco, piazza ed edifici pubblici riqualificati, a valorizzare anche il centro storico”.

Veniamo all’area ex Lanerossi in zona industriale: a che punto siamo con la riqualificazione?

“L’amministrazione comunale ha qui già approvato il Piano urbanistico attuativo per la realizzazione delle opere: ora spetta alla società proprietaria dell’area procedere o meno con la realizzazione dell’intervento. Il percorso è stato molto complesso e a tratti conflittuale. Ricordo solamente che il piano approvato è arrivato dopo che l’amministrazione aveva rigettato i precedenti

perché snaturavano la vocazione produttiva della nostra zona industriale. Non ci interessava certo la creazione di un grande centro commerciale come, ad un certo momento, era stato richiesto”.

Quali sono, in sintesi, i numeri e le caratteristiche del progetto di riqualificazione?

La superficie totale dell’area soggetta a PUA è di 318 mila metri quadrati, di questi 68 mila circa saranno a verde, con un grande prato a nord e a sud dell’area e un boschetto a nord est.

Il PUA verrà sviluppato per ‘Unità minime di intervento’, che saranno realizzate in successione: ne sono previste sei e si articoleranno attorno a un grande viale centrale servito da rotatorie. È prevista una destinazione prevalentemente produttiva, con possibilità di integrazione, complementare, di attività direzionali e commerciali compatibili e di servizio alla zona industriale.

La caratteristica fondamentale del progetto è la sua flessibilità, che prevede la possibilità di compattare o separare i volumi degli edifici in rapporto alle esigenze e alle richieste di mercato”.◆

IAttualità

l 29 aprile si festeggiano gli ottant’anni della liberazione di Schio. In quel giorno è in programma, tra l’altro, un consiglio comunale speciale per commemorare l’evento. In mattinata, invece, nell’aula magna dell’Itis “De Pretto” si terrà una conferenza a ricordo di quel momento fondante del nostro vivere civile. Interverrà tra gli altri Giorgio Dalle Molle, presidente provinciale ANED, l’Associazione nazionale Ex Deportati nei campi nazisti). Lo abbiamo contattato per una testimonianza sul valore della memoria trasmessa alle giovani generazioni.

Qual è il valore del ricordo di questa ricorrenza nel contesto attuale?

“Il 29 aprile di ottant’anni fa le sirene annunciarono la liberazione di Schio. Un suono quotidiano e familiare divenne simbolo della fine di vent’anni di dittatura. Ho avuto il privilegio di ascoltare dalla viva voce di uno dei protagonisti, Domenico Baron, ‘Menegheto’, leader dei comunisti scledensi, il racconto degli avvenimenti di quel giorno. Era stato convocato la mattina per trattare con il comando tedesco. Salì le scale del Municipio, pieno di tedeschi armati, con il cuore in tumulto. Venne riconosciuto come rappresentante del CLN, salutato militarmente: un gesto che segnava la fine dell’idea del partigiano come ‘bandito’ e il riconoscimento della Resistenza come forza legittima. L’accordo firmato quel giorno portò al ritiro pacifico dei tedeschi, evitando lutti e distruzioni. Nel pomeriggio, anche Remo Grendene, cattolico, raggiunse Baron: nel Municipio ritornato cuore democratico della città si incontrarono anime diverse, ma unite dall’antifascismo. È significativo che entrambi diventeranno sindaci.

La Liberazione è una resurrezione laica di un intero popolo oppresso per vent’anni da un regime dittatoriale criminale, un’azione collettiva che superò divisioni politiche: oggi ci ricorda il valore della politica come servizio alla comunità”.

La maggior parte dei resistenti erano giovani: come trasmettere il senso del loro sacrificio alle nuove generazioni?

“Dobbiamo lasciare che questi giovani speciali di ottant’anni fa entrino nelle nostre vite, facendoli rivivere nelle nostre scelte quotidiane. Solo così la memoria può dialogare col presente. In un tempo in cui l’onestà sembra inutile e si esalta la furbizia e il profitto a ogni costo, anche a discapito della dignità umana, l’esempio di quei ra-

Schio liberata, ottant’anni dopo

In occasione degli ottant’anni dalla Liberazione, che a Schio si ricorda il 29 aprile, abbiamo intervistato Giorgio Dalle Molle, scledense, presidente provinciale dell’Associazione nazionale Ex Deportati nei campi nazisti. “Dobbiamo lasciare che quei giovani speciali di ottant’anni fa entrino nelle nostre vite, facendoli rivivere nelle nostre scelte quotidiane – dice -. Solo così la memoria può dialogare col presente”.

gazzi che si arruolarono volontariamente nella lotta contro il nazifascismo è ancora più prezioso.

Mi piace contrapporre agli odierni ‘cattivi maestri’ i Piccoli Maestri di Luigi Meneghello: giovani che, ispirati da Toni Giuriolo, scelsero la montagna e la Resistenza. Prima dovettero liberarsi della retorica del regime, poi vissero - e si sacrificarono - con entusiasmo per la libertà. La loro storia parla ancora, se sappiamo ascoltare”. Molti di loro hanno vissuto la deportazione: quanti non hanno fatto ritorno? E chi è tornato, come ha vissuto il reinserimento?

“Furono deportati 33 mila antifascisti (e solo la metà tornò) e 8 mila ebrei (e solo uno su dieci fece ritorno) a cui vanno aggiunti 650 mila internati militari. Dietro i numeri, volti e vite. Chi è sopravvissuto a quei luoghi dove l’umanità ha mostrato il peggio di sé ha affrontato un’altra sfida: tornare a vivere tra chi non voleva più sentire parlare di morte e dolore. Molti hanno taciuto per anni, chi per pudore di testimoniare l’inferno vissuto, chi per senso di colpa nei riguardi dei compagni morti. Alcuni, come Primo Levi, non uscirono mai davvero dal lager; altri, come Luigi Massignan, “Gino”, di Montecchio Maggiore, antifascita, par-

tigiano, deportato politico sopravvissuto a Mauthausen, diventato poi primario di psichiatria, trovarono la forza di trasformare la sofferenza in impegno civile e umano. Le ferite sono rimaste, ma in alcuni casi si sono fatte testimonianza viva che il bene può ancora prevalere”.

Con l’avanzare degli anni i testimoni sono sempre meno: come conservare la memoria degli eventi?

“Quasi nessuno di quella generazione è ancora con noi. Viviamo in un tempo in cui si torna a emarginare, odiare, costruire muri. Il revisionismo insidia la verità della storia, qualcuno rimpiange l’uomo solo al comando. La Costituzione, come diceva Calamandrei, è nata sulle montagne dove morirono i partigiani, nelle carceri, nei campi. È figlia dell’incontro tra anime politiche diverse, unite dall’antifascismo. Oggi si sente insofferenza verso quella Carta, perché vincola a principi non negoziabili: libertà, democrazia, solidarietà. Certo, si può migliorare, ma non stravolgere. Serve applicarla di più nella vita quotidiana. L’art. 32, che tutela la salute come diritto fondamentale, è divenuto concreto solo nel 1978 con la nasci→ segue a pag. 10

Nella foto il partigiano Nestore Battaggia e alcuni tedeschi con la bandiera bianca

Attualità

ta del Servizio sanitario nazionale, grazie a Tina Anselmi, partigiana e prima donna ministro. Quel modello di sanità, oggi in pericolo, è un’eredità della Resistenza che dobbiamo difendere”.

Cosa possiamo fare come società civile per valorizzare il ricordo oltre le celebrazioni?

“Commemorare è importante, ma non basta, soprattutto se si scivola nella retorica: serve agire per costruire quel mondo nuovo indicato da giovani che, ottant’anni fa, hanno lottato per libertà, pace e democrazia. Oggi la pace è minacciata da guerre e conflitti, anche in Europa, divisa da sovranismi e diffidenze. La pace non può essere costruita e imposta con le armi, non passa per il riarmo e l’erezione di muri, passa invece per il disarmo delle coscienze e attraversa i confini che hanno segnato e continuano a segnare la storia dei popoli e delle singole persone. Credo sia importante frequentare questi confini, testimoni di incomprensioni, contese e separazioni, per impedire che si trasformino in barriere e

cicatrici dolorose della memoria collettiva e possano diventare invece il limite in comune di realtà e vite che si incontrano. Camminare sul confine significa aprirsi all’altro, superare paure e chiusure. Il mot-

Schio, 29 aprile 1945.

È mezzogiorno del 29 aprile 1945. Dopo inutili tentativi di concordare una pacifica transizione di poteri, i partigiani della Brigata “Martiri della Val Leogra”, guidati da Valerio Caroti “Giulio”, attaccano i tedeschi presenti in città e alla periferia nord-ovest. Il segnale è dato dalla sirena del Lanificio Rossi, “el burlo” che da oltre mezzo secolo scandisce la vita della popolazione scledense.

L’attacco finale ha il duplice obiettivo di preservare gli stabilimenti da distruzioni e di concludere il sanguinoso confronto ingaggiato venti mesi prima con un atto che avrebbe valso alla Resistenza il riconoscimento finale da parte degli Alleati e il diritto di partecipare alla ricostruzione del Paese. Poco più di 400 partigiani, per la maggior parte ventenni e male armati, attaccano alcune migliaia di tedeschi del 1° Corpo “Fallschirmjäger”, un’unità d’élite in pie-

VISTO

DAL CASTELLO /22

Tra le vecchie vie di Schio

Mi piacerebbe che il centro di Schio assomigliasse un po’ a Vicenza, anche senza la Basilica e piazza dei Signori: una Vicenza in piccolo, però con qualche bel palazzo antico, che attirasse anche turisti, i quali guardandola restassero con la bocca aperta e il libretto del Touring in mano. Mi sembrerebbe di sentirmi meglio, più importante. E invece, se giro per il centro, vedo anche qualche bella casa del settecento, ma più che altro casette, di gente che non aveva tanti soldi da buttar via o che se anche li aveva, li metteva in banca, luogo questo che una volta era considerato sicurissimo. Non è che non abbiamo palazzi anche grandi e un po’ pretenziosi, ma sono quasi tutti di fine ottocento, magari a imitazione a quelli del rinascimento, ma con qualche cosa in più di pesantone e di polveroso, per cui, quando li vedi, ti vien da dire: “Quei lì no i xe mia boni”. Ho preso l’abitudine, camminando, di cercare tra le case piuttosto modeste del centro, i segni di una grandezza che probabilmente qui da noi non è mai esistita

e che esiste solo nella mia testa. D’altra parte noi qui siamo sempre stati tessari, anche geniali, che in qualche caso siamo riusciti, da tacacai che eravamo, a diventare paroni con fabbrichetta annessa alla casa.

Però cercando bene tra le vecchie strade di Schio, con lo spirito dell’antiquario, qualcosa di bello e di grande si può ancora trovare, solo che bisognerebbe metter mano al restauro, ma piuttosto che rovinar tutto, come fatto spesso in passato, le mani è meglio tenerle in tasca e aspettare che magari venga avanti una generazione più sensibile e non mossa solo dalla trumpiana libidine di far soldi e tanti e in fretta. Io, per fare un esempio, ho intravisto le linee di un nobile palazzo (o almeno così mi è sembrato) all’inizio di via Fusinato (ex Codalonga). Probabilmente ha subìto nel tempo il frazionamento in proprietà diverse, data la straordinaria estensione sul fronte strada e alla fine ci si è dimenticati che tutti questi pezzetti facevano parte di un unico edificio. Penso che sarebbe possibile riutilizzarlo dopo un restauro accurato, che richiederebbe naturalmente un investimento importante. Ma non sono i

to dei fasciti era “me ne frego”: oggi essere sovversivi vuol dire stare dalla parte degli ultimi, prendersi cura di un mondo ferito, e osare, come fecero gli antifascisti, scelte coraggiose per la pace”. ◆

La Liberazione

no assetto di guerra, che per lunghi mesi aveva tenuto inchiodati gli angloamericani a Monte Cassino. Mettendo a frutto la tecnica e l’aggressività accumulate nei mesi precedenti, i partigiani attaccano su un ampio fronte, da Cà Trenta a Santorso, tutti i nuclei tedeschi, che alzano bandiera bianca e, disarmati, vengono concentrati al Lanificio Rossi.

Dopo cinque ore di combattimenti, che costano alla città 16 morti, nel Palazzo municipale viene firmato un accordo che consente ai tedeschi la partenza indisturbata in cambio della rinuncia a compiere distruzioni degli stabilimenti e rappresaglie sulla popolazione.

La guerra era finita.

Ugo De Grandis, Schio, 29 aprile 1945. La Liberazione, Quaderni del Centro Studi Igino Piva “Romero”, n. 12, aprile 2025

soldi che mancano in questa terra, ricca di ex tessari e di fabbrichette e comunque di capannoni. Se invece di continuare a costruire condomini (brutti e che invecchiano male), ci mettessimo d’accordo in più persone per ricuperare un palazzo antico, ecco che Schio non diventerebbe Vicenza e neanche Bassano, ma si metterebbe sulla strada almeno per dar valore a quello che ha. Senza consumare altro territorio e risanando un po’ alla volta il poco che resta. ◆

Mariano Castello

DAttualità

a oltre sessant’anni il Concordia Basket Schio offre a bambini e ragazzi l’opportunità di crescere e stare insieme giocando a pallacanestro. L’associazione è animata da numerosissimi volontari, ma le spese per la sua gestione – in particolar modo quelle per l’utilizzo delle palestre e il tesseramento dei giovani atleti – sono sempre più onerose. Per farvi fronte, la dirigenza ha lanciato una campagna di crowfunding dal titolo “Una comunità a canestro”, invitando l’intera città di Schio a contribuire per la sopravvivenza di questa realtà sportiva.

“Concordia Basket Schio Asd conta oltre 150 iscritti nel settore giovanile e più di 100 tesserati EISI (Ente Italiano Sport Inclusivi) - spiega la presidente Michela Maule -. Gestiamo dieci squadre giovanili – dai piccoli “Scoiattoli” ai ragazzi che giocano nel campionato regionale Under 19 – e una squadra senior che milita in serie C e che si è qualificata ai playoff per l’accesso alla serie B interregionale. Inoltre alleniamo quattro squadre di Baskin, il basket inclusivo in cui giocano atleti normodotati e diversamente abili insieme: uno sport dinamico, imprevedibile e divertente cresciuto negli ultimi anni”.

Il vivaio giovanile del Concordia Basket è uno dei più vivaci del territorio. Attraverso il gioco di squadra, l’associazione aiuta i ragazzi a vivere la loro passione guidandoli nel diventare persone capaci di giocare e sfruttare al massimo le loro potenzialità nel rispetto dei valori dello sport e della vita, coltivando lo spirito di gruppo, la disciplina, la resilienza, la capacità di socializzare, di costruire amicizie e di sviluppare un senso di appartenenza.

Concordia, una comunità a canestro

Il Concordia Basket Schio lancia una campagna di crowfunding per finanziare le sue attività. L’associazione è animata da numerosissimi volontari, ma le spese per la sua gestione sono sempre più onerose.

“Siamo davvero soddisfatti della presenza e del sostegno delle persone alle nostre attività – prosegue Maule -. Quando giochiamo, nella palestra del Campus o in quella del palazzetto don Bosco, è sempre presente un pubblico che produce un tifo da fare invidia alle squadre ospiti”.

Ora il Concordia Basket fa appello a questo calore e a questa partecipazione per poter continuare a sostenere i costi di gestione delle sue squadre.

“Le spese da affrontare sono considerevoli - conferma Maule -. Ogni anno le nostre squadre utilizzano le palestre dove si allenano per oltre 1800 ore, per un costo totale che si aggira attorno ai 35 mila euro. Altri 30 mila euro sono spesi in tasse di gara e tesseramenti alla Federazione: i nostri atleti sono numerosi, militano in tanti e diversi campionati e, in particolare per la squadra di serie C, l’onere è importante. Dobbiamo poi considerare le spese per gli allenatori, i preparatori, le attrezzature e le divise. Fortunatamente possiamo contare sull’aiuto di tanti volontari che dedicano il

Red Canzian in cento parole

Il cantante dei Pooh sarà a Schio il 7 maggio per presentare il suo libro “Cento parole”.

Red Canzian dei Pooh sarà a Schio mercoledì 7 maggio alle 20.30, al Faber box (Campus dei licei) per presentare il libro “Cento parole”. Le parole hanno il potere di emozionare, aiutarci a crescere, farci soffrire o placare i dolori dell’anima. In ognuna di esse si nasconde

un mondo affascinante e complesso, che cambia e si trasforma a seconda del momento e del sentimento che viviamo. Red Canzian ha scelto cento parole, quelle che sente più sue, dando a ognuna un’interpretazione del tutto personale e raccontando quali ricordi rievocano, quanto hanno in-

loro tempo all’associazione, ma purtroppo non è sufficiente per riuscire a far quadrare i conti”.

Da qui l’idea di lanciare una raccolta fondi sulla piattaforma “retedeldono.it”. Si tratta di un vero e proprio crowfunding – inteso come processo collettivo e collaborativo che, partendo dal basso, con il coinvolgimento di tante persone, consente di finanziare progetti e associazioni – attraverso il quale chiunque, andando all’indirizzo www. retedeldono.it/progetto/una-comunita-canestro, può contribuire a finanziare la società e le sue squadre, donando qualsiasi importo ritenga opportuno. L’obiettivo è quello di arrivare a 20 mila euro di finanziamento. Nel momento in cui scriviamo la somma raccolta è di circa 1800 euro.

“Purtroppo tante piccole associazioni sportive sono in difficoltà - conclude Maule -. Noi ci auguriamo che Schio risponda alla chiamata diventando main sponsor delle nostre attività. Diamo molto a questa città e al suo tessuto sociale. Speriamo venga riconosciuto”. ◆

fluito sulla sua crescita, sul suo modo di essere e di intendere la vita stessa. Un’occasione per fare un bilancio personale e professionale, in cui lo storico bassista dei Pooh allarga lo sguardo agli eventi che ha vissuto sul palco e fuori, ai valori che lo ispirano, agli affetti nei quali trova rifugio e riparo e ai progetti che coltiva incessantemente con instancabile entusiasmo.  Red sarà intervistato dalla giornalista Marialuisa Duso. La serata, a ingresso libero, è promossa dall’associazione culturale ArtE864 in collaborazione con la libreria Bortoloso e il patrocinio del Comune. ◆

arco Paolini e Patrizia Laquidara sono stati i protagonisti di “Boomers”, spettacolo organizzato all’Astra in doppia serata dalla Fondazione Teatro Civico. Nel lavoro Paolini fa rivivere cinquant’anni di storia italiana, mettendo a confronto le esperienze reali di ieri con quelle virtuali di oggi. Lo fa aiutato da Patrizia Laquidara, che interpreta Jole, essenziale per dare leggerezza a una narrazione pressante e con intrecci complessi, di impatto ma non sempre di immediata comprensione.

Com’è lavorare con Paolini, signora Laquidara?

“Stimolante, c’è una sorta di alleanza fra noi due. Di norma mi scrivo i testi, sono un’autrice, ma in questo caso mi sono affidata a lui che, devo dire, mi ha semplicemente detto di essere me stessa quando canto e interpreto la Jole. Insieme lavoriamo sui più piccoli particolari, lo spettacolo cambia un po’ ogni sera, è un work in progress costante”.

Tipico di Marco Paolini, del resto. Vi conoscete da molto?

“Direi proprio di sì. Entrambi veneti, abbiamo avuto il nostro primo incontro a casa di Mario Rigoni Stern, a un pranzo: eravamo ammaliati da ciò che diceva quel grande vecchio saggio. Ci siamo poi persi di vista per un po’, ma tre anni fa ci siamo incontrati nuovamente a Milano, dove Marco è venuto a teatro per ‘Ti ho vista ieri’, il mio spettacolo autobiografico dove canto, racconto, recito il mio vissuto. Gli sono piaciuta, tant’è che si è fatto vivo subito per propormi il progetto di ‘Boomers’. Ho accettato con entusiasmo, anche perché boomer lo sono anch’io”. Sono con voi… ma cos’hanno di positivo i “boomers”, secondo lei?

“Siamo donne del ‘900, vero? Penso che capiremo più avanti l’intelligenza artificiale, i giovani che faticano a prendere in mano la storia, questo tempo difficile da giudicare... Noi pensavamo positivo, anche se abbiamo attraversato gli anni di piombo, e non solo; c’era l’essere umano, non l’avatar, al centro. Erano gli uomini e le donne che potevano trasformare il mondo. Il senso di disagio, di desolazione, di paura che permea questo periodo storico ci può far pensare di non essere più in grado di manovrare la realtà, può portare quelle e quelli come noi a una sorta di ritiro. Invece bisogna guardare avanti e secondo me la strada possibile da seguire c’è: è quella del contatto con la vita reale, con la natura. Queste ci possono guidare, sono i nostri fari”.

Laquidara: “La musica mi segna la strada maestra”

Patrizia Laquidara è stata all’Astra con Marco Paolini per due serate da pienone con lo spettacolo “Boomers”. Siciliana di nascita e vicentina di adozione, l’artista è ormai da tempo immersa nella realtà veneta: “Non è stato facile inserirmi in una regione che prima sentivo poco vicina, ma che ora amo”.

Lei è un’artista poliedrica, ma le chiediamo di mettere in ordine di preferenza i campi in cui lavora. “Le preferenze vanno a momenti, però la musica mi segna sempre la strada maestra, trasmettendomi un grande senso di libertà. Poi viene la scrittura, che mi dà pace, è terapeutica, mi fa star bene con me stessa. Al terzo posto metterei il teatro, che adesso mi sta dando grandi soddisfazioni; mi è stato detto più volte che nei miei concerti recito, dunque il legame con il teatro l’ho tracciato già tempo fa e ora lo approfondisco. Mi piace anche insegnare: al conservatorio di Brescia tengo un corso sulla scrittura dei testi che mi sta entusiasmando. Con i giovani, poi, il legame è alquanto stimolante, ci si arricchisce reciprocamente”. È siciliana di nascita e veneta di adozione. Cosa si porta dentro di queste due terre?

“Della Sicilia i profumi, i colori, il vento, la lingua, la vitalità: ho vissuto in quell’isola

solo per pochi anni della mia prima infanzia, ma mi sono rimasti dentro. Con il Veneto, all’inizio, ho avuto un rapporto conflittuale: con un padre siciliano ancorato alle sue origini non è stato facile inserirmi in una regione che prima sentivo poco vicina, ma che ora amo, tanto che risiedo stabilmente in provincia di Vicenza. Direi che il Veneto mi ha formata come donna e come artista e con il mio primo disco, ‘Il canto dell’anguana’, mi sono pacificata anche con il dialetto, che non parlo ma che sento in me”. Programmi?

“Sono usciti due singoli nel settembre scorso che prendono spunto da ‘Ti ho vista ieri’. Scriverò altre canzoni ispirandomi al libro e, in estate, girerò con i miei concerti: ci saranno tappe anche qui vicino, per chi avrà voglia di seguirmi e fare un tuffo nella memoria, con fantasia e un pizzico di nostalgia”. ◆

È iniziata la stagione dei cori

Repton School Choir ha inaugurato la stagione di Coralità Scledense, organizzata sotto la direzione artistica di Giovanni Bonato; il gruppo d’oltremanica ha offerto un apprezzato repertorio che ha spaziato nel tempo. Dopo il primo appuntamento, si proseguirà nella Chiesa di Sant’Antonio il 28 giugno con l’Accademia Vocale di Genova, che proporrà un viaggio musicale dal rinascimento all’età contemporanea. Si riprenderà poi in autunno, il 6 ottobre, sempre nella stessa chiesa, con una novi-

tà assoluta: la Kenton College Preparatory School di Nairobi sarà impegnata in un programma intriso di sonorità africane, di raro ascolto in Europa. Domenica 26 ottobre il Teatro Civico ospiterà il Coro Enjoy di Cesano Maderno, ensemble femminile che vanta premi nazionali con le sue proposte pop-jazz. La chiusura di stagione avverrà sabato 8 novembre a Sant’Antonio, con un concerto vocale-strumentale barocco che vedrà insieme il Coro Polifonico di Giavenale, il Coro di Santomio e Paralleli Ensemble. [M.D.Z.]

Foto Moretto

Spettacoli

“Non è la storia di un eroe”, spettacolo di e con Mauro Pescio, è contemporaneamente un tuffo nell’abiezione e un esempio di riscatto sociale. Al Civico questo toccante esempio di teatro civile ha coinvolto e scosso nel profondo gli spettatori. Sul palco, un solo attore si avvale unicamente della parola e di alcuni disegni che si materializzano via via sullo schermo per raccontare l’incredibile storia vera di Lorenzo S., rapinatore seriale che oggi, a capo di una cooperativa, aiuta altri come lui a diventare esseri umani consapevoli dei loro errori e disposti a cambiare vita.

“Non è la storia di un eroe”, va precisato, non nasce come spettacolo teatrale: all’inizio era un podcast di successo, “Io ero il Milanese”, prodotto da RaiPlay Sound e premiato nel ‘23 con il primo premio nel-

Quando il carcere redime davvero

Mauro Pescio ha portato al Civico uno spettacolo di teatro civile che racconta una storia forte di riscatto sociale.

la categoria “Documentario”; in seguito è diventato un libro e ora, nella versione teatrale riassunta ad arte, gira per l’Italia e sensibilizza sulle problematiche legate alla delinquenza e alla necessità di offrire una seconda possibilità a chi ha fatto il male, se dimostra una reale volontà di redimersi.

Lorenzo S., che ha iniziato a risalire la china nel carcere “Due Palazzi” di Padova, dove faceva parte della redazione di “Ristretti Orizzonti”, ha raccontato a Mauro Pescio la sua storia nei minimi dettagli, per far ca-

pire come uno come lui possa diventare una risorsa per la società. Nello spettacolo teatrale, e questa è stata indubbiamente una scelta vincente, l’attore interagisce con la voce registrata del protagonista e sa raccontare l’intera vicenda da un lato con esattezza e rigore, dall’altro con grande empatia, dimostrando come, dopo serate come questa, si possa uscire da teatro arricchiti da un attore che ha saputo raccontare una storia facendola diventare prima sua, dopo nostra. ◆ [M.D.Z.]

Teatro Scuola, un pieno di studenti Ale e Franz, si può far meglio

Ogni anno la Fondazione porta a teatro oltre settemila studenti delle scuole di ogni ordine e grado di Schio, S. Vito, Torrebelvicino e Valli del Pasubio.

C’eravamo anche noi, infilati tra un pubblico di bambini vocianti, ad assistere a uno spettacolo di Teatro Scuola, percorso formativo della Fondazione Teatro Civico, realizzato in collaborazione con il Comune di Schio. Spettatori colorati, attenti e soprattutto in silenzio alla magica apertura di sipario. Ogni anno la Fondazione porta a teatro, a prezzo agevolato e accessibile a tutti, oltre settemila studenti delle scuole di ogni ordine e grado di Schio, S. Vito, Torrebelvicino e Valli del Pasubio. La rassegna proposta integra efficacemente i percorsi didattici attraverso i linguaggi delle arti performative e il programma è costruito in co-progettazione con gli insegnanti della Commissione Teatro Scuola, che partecipano al tavolo di lavoro annuale.

La rassegna 2025 comprende ben 26 appuntamenti rivolti a classi di studenti dai 3 ai 19 anni ed è interamente realizzata al Teatro Civico. Per le scuole dell’infanzia c’è stata un’unica proposta, per le primarie cinque, per le secondarie di primo grado tre e per quelle di secondo grado sei. Quest’anno gli istituti coinvolti sono stati: Liceo “Tron-Zanella-Martini”, ITET “Pa-

sini”, ITIS “De Pretto”, IPSIA “Garbin”, SFP Salesiani Don Bosco (nuovo ingresso), CPIA Centro Provinciale Istruzione Adulti (nuovo ingresso), I.C. “Fusinato” (nuovo ingresso per la scuola dell’infanzia “A. Rossi”), I.C. “Battistella” (nuovo ingresso per la secondaria di primo grado di S. Vito), I.C. “Il Tessitore” (nuovo ingresso per la secondaria di primo grado), Il Mondo nella Città (nuovo ingresso), scuola paritaria “Maddalena di Canossa”, scuole dell’infanzia “S. Giorgio”, “S. Domenico Savio”, “Sacro Cuore”. Le sei new entry di quest’anno, che vanno a unirsi alle scuole consolidate, testimoniano l’interesse sempre maggiore per il teatro, espressione completa di cultura, da parte sia degli insegnanti che degli alunni. ◆ [M.D.Z.]

Abbiamo assistito a “La Commedia”, di e con Ale e Franz, organizzata all’Astra da Scoppiospettacoli. Pensavamo meglio. Francesco Villa e Alessandro Besentini, che firmano il testo con altri due autori, sono dei beniamini del pubblico televisivo e teatrale ma stavolta, con il probabile intento di superarsi, non sono riusciti a tenere le fila di un testo che vorrebbe essere una pochade di qualità, ma riesce solo a cucire degli sketch che alla fin fine stancano. I due uomini di mezza età che se la fanno con altrettante ragazzine e innescano tutta una serie di equivoci basati su gravidanze accidentali, francamente sono un déjà vu che fatica a reggere fino in fondo. Ale e Franz mostrano comunque la loro bravura, Ale nello spettacolo è anche un ottimo mimo, e hanno voluto con loro, in scena, due attrici (Rossana Carretto e Raffaella Spina) che hanno saputo reggere il ritmo delle trovate portate all’eccesso, ma a tratti si son lasciate andare a un’isteria interpretativa che è parsa fine a se stessa. Originali i vari ambienti scenici, suggeriti solo da luci e scritte, che simboleggiano i luoghi d’azione. Tantissimo pubblico, posti praticamente esauriti e tante risate leggere a cui il duo ha abituato fin dagli esordi. Però ci aspettavamo di più. ◆ [M.D.Z.]

Foto Luigi De Frenza

DIAGNOSTICA A SCHIO

TUTTI I GIORNI

REFERTO IMMEDIATO

TECNOLOGIA DIGITALE AVANZATA ECOGRAFIE

RMN APERTA ECOCOLORDOPPLER

SENZA IMPEGNATIVA*

ZERO TEMPI DI ATTESA

RAPIDO E NON INVASIVO

ARTERIOSO E VENOSO

Via Paraiso 60, Schio (di fronte Tana del Luppolo)

Detto tra noi

Per inviare lettere e contributi a SchioMese, scrivere a: schiothienemese@gmail.com

Si prega di inviare i testi soltanto via posta elettronica e di contenere la lunghezza: testi troppo lunghi non potranno essere pubblicati a prescindere dai contenuti.

Un metodo amministrativo basato sulla mancanza di responsabilità

L’ultimo Consiglio Comunale ha messo in scena un episodio preoccupante, che non può passare sotto silenzio. Tutto ha avuto origine da un post pubblicato sui social dal Presidente del Consiglio Comunale Valter Orsi, in cui, a margine di un articolo del Giornale di Vicenza sul caso AVA, ha usato espressioni offensive e minacciose. Oggetto degli attacchi eravamo io e il consigliere Cristiano Eberle, colpevoli di aver espresso critiche politiche legittime e rispettose nei confronti dell’operato di Orsi da ex sindaco, chiamato in causa dal sindaco di Marano Vicentino.

La discussione della mozione presentata da tutte le minoranze unite, centrosinistra e Fratelli d’Italia – il che è già un fatto tutt’altro che irrilevante – ha confermato ciò che era evidente fin dall’inizio:

Non potevamo

la maggioranza si è trincerata dietro un silenzio pusillanime, evitando qualsiasi presa di posizione degna di nota. Il sindaco, Cristina Marigo, ha accuratamente evitato di affrontare le critiche rivolte al presidente del consiglio, cercando addirittura di scaricare la responsabilità sulle minoranze.  E poi c’è Orsi. Dopo essersi nascosto per l’intera durata del consiglio dietro il muro di silenzio della maggioranza e la strenua difesa del suo ex portavoce, anch’egli senza mai entrare nel merito delle questioni sollevate dalla mozione di censura, ha scelto di parlare solo dopo la dichiarazione di voto, praticamente a dibattito concluso. Un comportamento sleale, perfettamente in linea con il suo stile. Affermare, a quel punto, che il suo post non era rivolto ad alcun

partecipare anche noi al bando per la città veneta della Cultura 2025?

Apprendo dalla stampa locale che Bassano del Grappa sarà la città veneta della Cultura 2025. È stata nominata dalla Giunta regionale in base ai progetti presentati dalla locale amministrazione; la città si è aggiudicata la quinta edizione del bando regionale superando altri 15 comuni di cui molti capofila fra i quali Spinea (capofila con Martellago, Mirano, Noale e S. Maria di Sala), Montagnana, Monselice, Montorso, Susegana, Thiene, Castelfranco, i Comuni del Camposanpierese, Santorso, Piove di Sacco, Rovigo, Castelnuovo, Este, Oderzo, S. Pietro in Cariano (capofila con Negrar e S. Ambrogio di Valpolicella). Bassano, quindi, si è aggiudicato il bando ricevendo un contributo di 100 mila euro per realizzare i progetti presentati che spazieranno in vari settori dall’arte, musica, letteratura, spettacolo e cinema. Saranno coinvolte circa una trentina fra associazioni e realtà private per realizzare progetti che sicuramente attireranno turisti e visitatori nella città del Grappa. Dispiace notare che la nostra città non abbia presentato nessun progetto per entrare nel lotto delle città candidate per la Cultura 2025. E quindi mi sono posto la domanda del perché la nostra amministrazione non abbia partecipato al bando: non è stato visto il bando? Non c’era-

no idee, progetti? A Schio non servono 100 mila euro per far conoscere la nostra realtà? Se l’assessorato non ha idee certamente qualche associazione o qualche privato poteva fornirle, bastava poco. Nel 2025 sono 120 anni che sui cieli di Schio volò il primo dirigibile, poteva essere un bel progetto, abbiamo un’archeologia industriale da raccontare, abbiamo eccellenze scledensi nel mondo della

consigliere comunale è stata l’ennesima presa in giro, un insulto all’intelligenza di chiunque abbia seguito questa vicenda. Se davvero le sue parole non erano indirizzate ai consiglieri di minoranza, perché ha atteso la fine del dibattito per chiarirlo? Perché non lo ha fatto subito, in modo chiaro e inequivocabile, specificando a chi si stava rivolgendo? La verità è sotto gli occhi di tutti: si è trincerato dietro un gioco di parole per evitare di assumersi le proprie responsabilità, rivelando alla città il suo vero volto di “leone da tastiera”. Una sceneggiata imbarazzante, degna di un’amministrazione allo sbando. Questa vicenda è l’ennesima prova di un metodo amministrativo basato sull’opacità, sulla mancanza di responsabilità e su un’arroganza malcelata. Schio merita di più di questi squallidi teatrini.

Alex Cioni Capogruppo di Fratelli d’Italia

tecnologia, nella sanità, abbiamo degli archivi storici inscatolati e conservati in soffitte o scantinati (leggi archivio Dalla Via, Cibin-Gori, Lanerossi, per esempio) insomma di idee ce ne sono tante da poter sviluppare progetti e far valorizzare il nostro patrimonio storico e sicuramente anche quello attuale.

Il mio augurio è che per il futuro anche Schio esca dal guscio e che smetta di coltivare il proprio orticello.

Paolo Terragin Presidente Asges – Associazione scledense giornalisti e scrittori

Lo Schiocco

Quattro cartelli e un convento

Nel segnale di indicazione stradale vicino al Villino Panciera sta scritto “convento capuccini”, minuscolo e con una sola “p”. Duecento metri più avanti, girando a sinistra: ecco “convento cappuccini”, qui tutto minuscolo. Ai piedi del convento, miracolosamente, compare “convento Cappuccini”, tutte le doppie al posto giusto ma la maiuscola solo sui Cappuccini. In via Rovereto, infine, nei pressi dello stadio di via Riboli, ecco un altro cartellone stradale uguale al primo, dove i poveri “capuccini” si sono persi per strada un’altra “p”. Gli errori di stampa e le imprecisioni nei cartelli stradali non sono rari. Quando però se ne trovano quattro tutti con protagonisti il nostro buon convento dei Cappuccini, la cosa si fa esagerata. Verrebbe da dire: troppa grazia, San Nicolò! [M.D.Z.]

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