Real Academia de España en Roma. 2018-2019. ARCO Open Studios

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2018 – 2019

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Real Academia de España en Roma RESIDENTI 2018 – 2019



Ministerio de Asuntos Exteriores, Unión Europea y Cooperación de España Ministro de Asuntos Exteriores, Unión Europea y Cooperación Josep Borrell Secretario de Estado de Cooperación Internacional y para Iberoamérica Juan Pablo de Laiglesia Director de la Agencia Española de Cooperación Internacional para el Desarrollo Aina Calvo Director de Relaciones Culturales y Científicas Miguel Albero Real Academia de España en Roma Embajador de España en Italia Alfonso Dastis Consejero Cultural Ion de la Riva Directora M.ª Ángeles Albert de León Secretaria Ana María Marín Patronato Presidente, Secretario de Estado y de Cooperación Juan Pablo de Laiglesia Vicepresidente, Director de Relaciones Culturales y Científicas Miguel Albero Secretario, Jefe del Departamento de Cooperación Universitaria y Científica Pablo Cid Vocales natos Alfonso Dastis, María del Carmen de la Peña Corcuera, Fernando de Terán, Román Fernández Baca, Rosa Menéndez, Adriana Moscoso, Ángeles Albert y Fernando Villalonga. Vocales no natos Juan Bordes, Estrella de Diego, José Ramón Encinar, Santiago Eraso, Jorge Fernández de León, Concha Jerez, Rosario Otegui, Jordi Teixidor, Remedios Zafra. Equipo de la Academia de España en Roma Margarita Alonso, Federica Andreoni, Javier Andrés, Miguel Cabezas, Pino Censi, Mino Dominijanni, Alberto Fernández, Alessandro Manca, Fabio Polverini, Cristina Redondo Sangil, Roberto Santos, Silvia Serra, Paola di Stefano y Brenda Zúñiga. Colaboradores de la Academia [periodo de promoción 2018-19] Ana Alarcón, Stefano Blasi, Lorenzo Biniciappi, Marco Caponera, Marco Colucci, Attilio di Michele, Maria Spacchiotti, Simona Spacchiotti y Adriano Valentini.



Parlare di 966 pensionados, borsisti o residenti dell’Academia de España en Roma potrebbe essere un semplice dato dell’istituzione che aiuta a dimensionare i suoi 146 anni di esistenza. Tuttavia, è molto di più. Sono 966 le donne e gli uomini che fino a oggi hanno vissuto a Roma e hanno avuto il privilegio di affacciarsi ogni giorno, dal Gianicolo, su una delle città più belle e affascinanti del mondo. Di avere l’opportunità di creare, di fare ricerca, di gestire progetti che forse sarebbero potuti nascere anche in altri contesti, ma che, tuttavia, non sarebbero mai cresciuti contagiati e arricchiti dal contatto con altri artisti, scrittori, architetti, cineasti… Ed è questa forse l’essenza e la potenza dell’Accademia. La convivenza che alimenta il dibattito, mette in discussione le posizioni, apporta nuovi riferimenti, fa crescere e conoscere. Pertanto, i 23 residenti dell’anno 2018-2019 che si trovano in pieno processo di sviluppo dei loro progetti vedono come questi cambiano quotidianamente, come le strade, gli angoli, i musei, gli archivi, i teatri o le orme di un passato che non è sempre stato migliore, si infiltrano nelle tele, nei video o nelle sceneggiature, nelle sculture, nei romanzi o nelle poesie, nelle piantine o nei disegni. Creano una trama di alleanze che continueranno a tessere una sorta di ordito che sicuramente ci emozionerà e non ci lascerà impassibili. Il privilegio di poter godere delle spiegazioni dei 23 protagonisti della nostra storia, scoprendo nei loro studi il loro modo di lavorare e il processo in cui si trovano, è paragonabile soltanto all’attesa di vedere tra qualche mese fino a dove li avrà portati la loro tenacia, la loro genialità. Sebbene probabilmente sarà dopo Roma, forse molto tempo dopo, il momento in cui distilleranno l’essenza del periodo in Accademia. Per ora, un brillante gruppo di appassionati ci offre generosamente, nelle pagine che seguono e tra le mura di San Pietro in Montorio, un aperitivo della loro vita: il loro lavoro. E ci ricordano così l’importanza di continuare a sostenere chi fa cultura, perché, indubbiamente, ciò aiuta tutti noi a vivere un po' meglio. Ángeles Albert Direttrice



Real Academia de España en Roma RESIDENTI 2018 – 2019

José Ramón Amondarain

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Taxio Ardanaz

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Itziar Barrio Diez

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Igor Bragado Fernández

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Andrea Canepa Olaechea

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Nicolás Combarro García

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Isolina Díaz Ramos

23

Lara Dopazo Ruibal

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Silvia Fernández Palomar

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Ángeles Ferrer Forés

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Pablo Fidalgo Lareo

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Pedro González Romero

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Begoña Huertas

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Julia Huete Iglesias

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María Moraleda Gamero

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Jorge Galán

41

Marta Ramos-Yzquierdo

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Estíbaliz Sádaba Murguia

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Fernando Sánchez-Cabezudo

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Borja Santomé Rodríguez

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Anna Talens Pardo

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Maria Del Mar Villafranca

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Tono Vizcaíno

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JOSÉ RAMÓN AMONDARAIN Donostia (Guipuzcoa), 1964 Laurea in Belle Arti all’Università dei Paesi Baschi. Lavora ad Arteleku, Donostia. Usufruisce di una residenza nel programma di studi alla Künstlerhaus Bethanien di Berlino. Realizza diverse mostre individuali e collettive dal 1988. Tra le sue ultime mostre individuali in rilievo : Espazioaren Irribarrea (galería Gabriel Rolt, Ámsterdam); Amar gana (Museo Patio Herreriano, Valladolid); Tiempo y Urgencia (Artium, Centro-Museo Vasco de Arte Contemporáneo, Vitoria-Gasteiz). E tra le colletive: ON PAINTING , CAAM, Las Palmas de Gran Canaria); El Ángel exterminador. A Room for a Spanish Contemporary Art (Palais de Beaux-Arts, Bruselas); Camuflajes (La Casa Encendida, Madrid); Incógnitas. Cartografías del arte contemporáneo en Euskadi (Museo Guggenheim Bilbao). Pentimenti Paul Virilio inizia –la macchina della visione- ricordandoci ciò che diceva Marmontel: Le arti necessitano di testimoni. Dall'ossessione per ragionarlo tutto, la moderna ricerca pittorica, attraverso i raggi X e la riflettografia introduce metodi moderni di ispezione visuale. I pentimenti ci rivelano le modifiche che l’autore poté fare sui diversi strati che l’opera nasconde sotto la sua superficie. Le radiografie attraversando il corpo, ci mostrano i suoi segreti, è essere fuori dall'intendimento, offrendoci paradossalmente come prove, delle immagini bruciate di bassa qualità, vicine ad una fotocopia rovinata. Come se l’opera si rifiutasse ed insistesse sul fatto che non esiste niente di visibile che non occulti l’invisibile. Le operazioni anagrammatiche si ripercuotono anche in questi processi e seppur impercettibili, i suoi risultati sono qualcosa di proprio, una sorta di montagna russa tra la superficie e il più profondo. Il mio lavoro a Roma si occupa di svelare i mormorii temporali interiori che simulano scoprire ciò che nasconde la superficie, utilizzando la pittura sia come materiale per rappresentare sia come modo di presentarsi senza nessun tipo di supporto.

jramondarain@yahoo.es

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TAXIO ARDANAZ Pamplona, 1978 Laureato in Belle Arti all’Universidad del País Vasco, ha ampliato la sua formazione con seminari e laboratori tenuti da artisti e curatori come Itziar Okariz, Esther Ferrer, Julie Mehretu, Miroslaw Balka o Peio Aguirre. Negli ultimi anni ha usufruito di residenze nel Kurdistan iracheno, Cuba, Austria, Messico e Cina. Ha realizzato mostre personali a Madrid: Tabacalera Promoción del Arte (2017), Galería Raquel Ponce (2013), RMS El espacio (2011), Bilbao: Galería Carreras Múgica (2017), Gio Bat (2015), Sala Rekalde (2014), l’Avana: Artista x Artista (2016), Città del Messico: Ateneo Español de México (2012), AN Studio (2011), e Pamplona: polvorín de la Ciudadela (2008). Tra le numerose esposizioni collettive, spicca la sua partecipazione in “Entornos Próximos 2008”, Artium, Vitoria-Gasteiz. Ha ricevuto numerose borse di studio di creazione artistica e diversi riconoscimenti, come il Primo Premio al XV Concurso Pamplona Jóvenes Artistas (1999) e il Secondo Premio al XXIV Certamen Encuentros di Navarra (2007); è stato selezionato per la mostra itinerante Ertibil 2008, en el Certamen Internacional de Artes Plásticas di Pollença (2010) e il Premio Ciutat de Palma (2014), tra gli altri. Roma interrotta Nell’anno 1978, dodici degli architetti internazionali più rinomati vennero invitati a ripensare Roma prendendo come spunto il progetto disegnato da Giambattista Nolli nel 1748. Era urgente ritornare a immaginare una città paralizzata due secoli prima, vittima del suo passato eterno. Aldo Rossi rispose a questa chiamata con un progetto che sviluppava il suo particolare concetto della “città analoga”, una metodologia processuale caratterizzata dal pensare l’architettura e la città a partire dalla storia. Si propone un avvicinamento esperienziale alla Roma attuale utilizzando le strategie del pensiero analogo di Rossi, per sviluppare un lavoro pittorico basato sull’immagine multiforme di una città costruita dall’aggiunta di frammenti dissonanti e conflittuali del suo passato. Attraverso questo pensiero che, secondo Jung, non è un discorso, ma una meditazione su materiali del passato, un atto rivolto verso l’interno, affronterò un caso concreto di stratificazione urbana di natura politica e storica: i resti grafici e monumentali del ventennio fascista che convivono con altri resti materiali del dopoguerra, monumenti alla Resistenza e luoghi del ricordo.

http://www.taxioardanaz.com

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ITZIAR BARRIO Bilbao (Vizcaya), 1976 vive e lavora a New York. La sua opera è stata presentata in spazi internazionali come PARTICIPANT INC (NYC), MACBA (Barcellona), Museo di Arte Contemporanea di Belgrado, Museo del Banco de la República (Bogotá), Abrons Arts Center (NYC), Anthology Films Archives (NYC), Salzburger Kunstverein (Austria), Espacio ODEÓN, (Bogotá), Academy of Fine Arts in Gdansk (Polonia), tranzit (Romania), European Network for Public Art Producers (ENPAP), ARTIUM (VitoriaGasteiz), e alla Biennale dell’Avana, tra gli altri. Ha ricevuto premi e borse di studio, tra le quali spiccano il NYC Department of Cultural Affairs, Foundation for Contemporary Arts, New York Foundation for the Arts, Brooklyn Art Council, Ministerio de Cultura de España, Primo Premio Ertibil e la Fundación BBVA. È stata artista residente, tra le altre istituzioni, della Skowhegan School of Painting and Sculpture, l’International Studio & Curatorial Program (ISCP), La Escuelita Nicaragua e Hudson Valley Center for Contemporary Art. È professoressa associata alla School of Visual Arts a New York e ha tenuto diverse conferenze alla NYU, Hunter College, Montclair University e Parsons, The New School for Design. La sua recente mostra monografica BY ALL MEANS è stata curata da Johanna Burton del New Museum di New York (Keith Haring Director and Curator of Education and Public Engagement) all’Azkuna Zentroa (Bilbao, 2018). The perils of obedience The perils of obedience è un avvicinamento transdisciplinare alla seduzione del potere e all’atto di girare un film in diretta. Mentre sono filmati, quattro performers sono diretti nella creazione di una scena. Collocandoli in personaggi, tra scene iconiche e selezionate con cura, eventi storici del passato, frammenti di manifesti e l’interpretazione di narrative delle loro stesse vite, il progetto diluisce la linea sottile tra persona e personaggio, tra finzione e realtà. A ogni tappa si sono utilizzati riferimenti locali e relazionati con la cultura del contesto. A New York (2013-2016) abbiamo riattivato testi relazionati con le rivolte avvenute nella città nel 1863 conosciute come The New York City Draft Riots, A Cyborg Manifesto (1983) di Donna Haraway e scene di film come Un tranvía llamado deseo (1951) e Basic Instinct (1992). A Bogotà (2015-2017) abbiamo riscritto scene de La estrategia del caracol (1993). In questa nuova fase, per la costruzione della scena si sono scelti, tra altri, l’opera cinematografica di Pier Paolo Pasolini, le rivolte operaie del secolo scorso e la mitologia romana. The perils of obedience è un progetto multimediale di lunga durata, che si manifesta in forma di scultura, video, grafica e tecniche espanse di installazione, e che sfida le nozioni stabilite delle regole sociali, con l’obiettivo di partecipare a un dibattito più ampio a proposito delle condizioni lavorative e della soggettività. http://www.itziarbarrio.com/

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IGOR BRAGADO Guernika (Vizcaya), 1994 architetto e direttore dello studio di progettazione Common Accounts insieme a Miles Gertler, che segue attualmente progetti in costruzione a Shanghai, Seul e Toronto. Attualmente Common Accounts è finalista del bando per la direzione del padiglione del Canada nella Biennale di Architettura di Venezia del 2020. Professore della Scuola d’Architettura dell’Università di Cornell e la Cooper Union a New York, Bragado ha tenuto conferenze in università come la Columbia e Harvard, tra le altre. La sua opera è stata esposta nelle Biennali di Istanbul, Seul e in Spagna, e in musei e gallerie d’arte a Los Angeles e Toronto. Più recentemente il Museo d’Arte Moderna di Seul ha acquisito la sua opera per la collezione permanente. Come scrittore, Bragado ha contribuito periodicamente alla sezione Babelia di El País ed è stato insignito del Premio di Scrittura 2017 del Design History Society a Londra. Bragado è stato premiato con il Suzanne Kolarik Underwood Prize dell’università di Princeton, dove a conseguito un master in architettura. La sua opera è incentrata sull’impatto urbano di fenomeni sociali come l’industria della bellezza e il culto del corpo, la morte, il blogging e la vigilanza. Il lutto e la materia. Musculo ed eternità L’era geologica dell’essere umano e la presenza, nell’immaginario collettivo, dell’eventualità della scomparsa della nostra specie, a causa dell’attuale crisi ambientale su scala globale, coincide con una particolare attenzione alla costruzione del corpo umano: sulle reti sociali vengono di use immagini di corpi irrigiditi, seguendo una tendenza senza precedenti; l’athleisure è uno dei maggiori mercati di moda a livello globale; e oggi i paesi sviluppati possono godere del maggior numero di iscrizioni in palestra. In questo contesto, il fenomeno del culturismo si presenta come un doppio progetto dell’Antropocene. Da un lato, considera il corpo come una frontiera “coltivabile” e “culturizzabile”, ovvero, come un’estensione di un progetto di comodificazione in termini di estrazione di risorse territoriali. Dall’altro lato, agisce come una sorta di rito funerario autocelebrativo. All’interno di questo quadro, lo stato biologico “morto o vivo” diventa rilevante per quanto riguarda la capacità corporea di estrazione di valore. Canalizzata da un’architettura e dei corpi, che circolavano globalmente attraverso delle immagini su diversi mezzi di massa, l’Apparato di Felipe IV , il “Re Pianeta”, eretto a Napoli nel 1665, appare allo stesso tempo come risultato di un’opera funeraria e di colonizzazione territoriale, nella quale il corpo viene rappresentato in maniera ridotta, come costruzione cosmica, e come un progetto di eternalizzazione. http://www.commonaccounts.online/

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ANDREA CANEPA Lima (Perú), 1980 Inizia il corso di studi in Belle Arti presso la Pontificia Universidad Católica del Perù e l’ha concluso presso l’Universidad Politécnica di Valencia, nella quale ha conseguito anche un Master in Arti Visive e Multimedia. Nel 2014 ha ricevuto il Premio ARCO Comunidad de Madrid per Giovani Artisti e nel 2013 il Premio Generaciones, conferito dalla Fundación Montemadrid e la Borsa di studio Endesa per le Arti Plastiche, promossa dalla Diputación di Teruel e la Fundación Endesa in Spagna. È stata artista residente a Gasworks- Londra, MATADERO – Madrid, Cité des Arts – Parigi, Tokyo Wonder Site –Tokyo, Beta Local- Portorico e Bauhaus – Germania. Le sue opere fanno parte di collezioni quali CA2M: Centro 2 de Mayo, IVAM, Fundación Montemadrid, Museo Provincial de Teruel, Fundación Endesa, DKV Arte y Salud e Inelcom in Spagna, Bauhaus Dessau Foundation in Germania e MASM, Museo de Arte de la Universidad Mayor de San Marcos in Perù. Attualmente è artista residente nella Jan Van Eyck Academie a Maastricht – Olanda. Oro alla Patria Il progetto che presento esplora l’uso dell’architettura razionalista da parte del governo fascista italiano nella costruzione di un immaginario a favore dei suoi piani colonialistici in Africa, dando pari attenzione alla studio della ripercussione che tale immaginario ha avuto sulla popolazione civile e l’atteggiamento assunto nei riguardi dell’espansone coloniale. Questa esplorazione prende forma per mezzo di una installazione.

http://andreacanepa.com/

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NICOLÁS COMBARRO A Coruña, 1979 Utilizza diverse forme artistiche come la fotografia, l’installazione o il cinema, ed è inoltre docente e curatore indipendente di mostre. Come artista ha realizzato mostre individuali in musei come la Maison Européenne de la Photographie (Parigi), il CGAC (Santiago de Compostela), MARCO (Vigo), Palexco (A Coruña), Institut Français (Madrid), OCEMX (Città del Messico) e in gallerie come la Solo Galerie (Parigi), Galería Moriarty (Madrid), Kwanhoon Gallery (Seul), Galería Taché (Barcellona) o la PABLO Gallery (Manila). Ha realizzato opere site specific nella I Manila Biennale (Filippine), Tabacalera (Madrid), Kreativquartier (Munich), 42 Salón Nacional de artistas (Cartagena de Indias) e ha partecipato al Padiglione della Spagna della XV Biennale di Venezia di Architettura, tra gli altri. Ha usufruito di borse di studio e ricevuto premi come la borsa della Real Academia de España a Roma, 20º borsa di studio Fotopress de La Caixa, Laureat de la Cité Internationale des Arts di Parigi, il Premio Saab alla miglior mostra del Festival Off di Photoespaña, Primo Premio de Fotografía INJUVE. Ha diretto il lungometraggio del documentario Alberto García-Alix. La línea de sombra, proiettato per la prima volta al Festival Internacional de Cine di San Sebastián e premiato a diversi festival di cinema come Guadalajara o Toulouse. Sotterranee Roma ha un livello sotterraneo di costruzioni storiche molto ricco. Ciò che non vediamo, che rimane occulto, risveglia sempre un grande fascino e la potenzialità di essere svelato, di “uscire alla luce”. Il progetto cerca di svelare questi spazi attraverso interventi sulla illuminazione, partendo da astrazioni architettoniche. Si tratta di composizioni di luci che, progettate direttamente negli spazi, ci permettono di attivare un dialogo tra l’azione artistica e la carica architettonica e storica. Costruzioni di periodi storici diversi che, attraverso l’intervento, sono state attivate, permettendoci di costruire un ponte temporale tra il passato e il presente. Una parte importante del lavoro sarà la posizione e ricerca su spazi che possono essere potenzialmente oggetto di intervento. La documentazione fotografica di questi luoghi in gran parte sconosciuti al visitatore comune della città (e addirittura ai suoi stessi abitanti) verrà raccolta in un archivio che servirà come base per generare diverse tendenze di lavoro, come il collage o il libro d'artista.

http://nicolascombarro.com/

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ISOLINA DÍAZ Guía de Gran Canaria, 1973 Dottorato in architettura all’università de Las Palmas di Gran Canaria – ULPGC (2016) e laurea in Belle Arti, specialista in Conservazione e Restauro di Patrimonio all’Universidad Politécnica di Valencia – UPV – (1998). Attualmente incentra la sua ricerca nella documentazione e conservazione del colore nel patrimonio vernacolo costruito. Ha usufruito di diverse borse di ricerca e svolto residenze di ricerca presso la Universidad Nacional del Nordeste, Argentina (AECID) e nelle università Moulay Ismaïl di Mequinez, Marocco e nella facoltà di Belle Arti di Alessandria, Egitto (ULPGC). Ha vinto diversi premi come ad esempio la recente residenza nella Fondazione Bogliasco, Genova. Ha partecipato a lavori di restauro di beni mobili – pittura murale – nella Basilica di Nuestra Señora de la Merced a Buenos Aires e nella Fundación El Fogón de los Arrieros, Chaco argentino, nonché nella conservazione del patrimonio vernacolo edificato, come la Ruina Jesuítico Guaraní di San Ignacio Miní, a Misiones, Argentina (Patrimonio dell’umanità dell’UNESCO); la Fortezza di Kufstein in Austria, e il Castello di Ora, in Italia, tra gli altri. La città invisibile. I pigmenti del paesaggio urbano e la sua conservazione. Il progetto ci porta alla città di Las Palmas di Gran Canaria alla fine del XIX secolo e all’inizio del XX, momento in cui viene demolita la muraglia che racchiudeva il quartiere di Triana e si opera l’ampliamento della città verso l’attuale porto con la recente costruzione del Muelle de la Luz e di Las Palmas. Come sarà stato passeggiare in quei quartieri in costruzione? Quali erano i colori delle nuove architetture? La città invisibile mira a riportare alla luce i pigmenti originali con cui vennero dipinte le facciate situate nei pressi di calle Perojo. A tale scopo, la documentazione sugli studi di colore e la caratterizzazione dei campioni estratti dalle abitazioni selezionate saranno realizzate in diverse istituzioni romane come il Centro internazionale di studi per la conservazione e il restauro dei beni culturali (ICCROM), tra le altre. Le analisi di laboratorio sono state realizzate da professionisti italiani e spagnoli. Come risultato, una cartina di pigmenti e materiali originali verrà presentata su un sito web che renderà visibile la città occulta sotto diversi strati di colore. Si contribuirà, inoltre, alla valorizzazione della pigmentazione originale di edifici come un elemento storico di cui tenere conto in futuri progetti di conservazione.

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LARA DOPAZO RUIBAL Marín (Pontevedra), 1985 Scrittrice, laureata in Giornalismo, con un master in Cooperazione Internazionale e un master in Filosofia Pratica, e partecipante al Programma sperimentale di Studi su Mancomún: Feminismos, Rurais e Comúns, dal quale deriva l’opera A través das marxes. Entrelazando feminismos, ruralidades e comúns (Barteblooth, 2018), della quale è coeditrice e co-autrice. Ha pubblicato le opere dende illa peixe, ovella, Clementina, Os lobos na casa de Esaú e claus e o alacrán e ha vinto, tra gli altri, i concorsi Nortear per la narrativa e GZCrea, Francisco Añón e Fiz Vergara Vilariño per la poesia. Roma: un’antiguida Roma: un’antiguida è una proposta di itinerario per i vertici della città, una riflessione letteraria sugli spazi e i suoi abitanti, come si incontrano e si rapportano tra loro, al di là della cartolina turistica. Il proposito di questo saggio letterario è ritrarre la città riportando le questioni minori, ciò che è anonimo, ciò che passa inosservato, la vita quotidiana; scriverlo in un formato di (anti)guida turistica, cercando non soltanto di descriverla ma di pensarla, trovare la bellezza della marginalità, riflettere su come respira la città e come si respira in essa.

dopazo.ruibal@gmail.com

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SILVIA FERNÁNDEZ PALOMAR Madrid, 1990 Prima di entrare a far parte dell’Accademia, viveva a New York, dove combinava il suo lavoro come designer con l’illustrazione. Silvia ricerca costantemente nuovi campi nei quali applicare il design. Questa esplorazione l’ha portata a lavorare con alcune delle principali agenzie di design (OgilvyOne, Designit); ad essere rappresentata dalla Pencil, un’agenzia spagnola di illustratori internazionalmente conosciuta alla quale dedica il suo tempo libero; a partecipare a diverse esposizioni collettive (Museo Nacional de las Artes Decorativas, Matadero, Museo ABC, Sala Amadis, etc); ad essere professoressa di design per il master in mezzi a stampa e digitali dello IED; o a creare Ferpal Sans, la tipografia ispirata alla sua città natale che le era stata utile per creare i cartelli pubblicitari di San Isidro 2018, che risultarono di grande successo. Ha studiato Belle Arte nell’Università Complutense (Madrid) e laurea in Design Grafico presso ESD (Madrid). MN6 MN6 si basa sui “Libri illeggibili” di Bruno Munari. Illeggibili perché non c’è testo, nulla da leggere. Il nome fa riferimento alla continuazione immaginaria di questa collezione italiana. È stato a partire da Munari e dalla sua corrente post-futurista che la storia del design italiano vanta dell’esclusività di aver fabbricato diversi oggetti illeggibili utilizzati, oggigiorno, in scuole e case editrici alternative. Questi artefatti che non hanno alcun manuale di istruzioni, né un modo esplicito che spieghi come debbano essere usati, sono apparentemente inutili. Tuttavia, hanno un obiettivo molto chiaro: la stessa interazione, esplorazione e scoperta manuale. L’obiettivo del progetto è di recupere l’esplorazione fisica con l’oggetto, rompere con i manuali di uso e l’ovvietà nella maniera di usare e capir le cose. Come risultato del progetto, si disegnerà una collezione di oggetti relazionati con la loro spendibilità e formalmente il progetto si baserà su materiali e strumenti che non vengono più fabbricati o sono in disuso. Utili contrari a quello che Manuri ha interpetato come illegibile che limitavano il loro uso a evitare errori: bozze, fogli decorati, etc.

https://www.silviaferpal.com/ www.instagram.com/silviaferpal @silviaferpal

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M.ª ÁNGELES FERRER FORÉS Palma de Mallorca, 1973 Dottoressa in Musicologa (2005) è Premio “Acción Magistral” della FAD-UNESCO-BBVA (2010). Nata a Palma di Maiorca è Laureata in Musicologia e laureata in Storia dell’Arte all’Universidad de Salamanca. Ha svolto corsi di dottorato all’University of London. Ha la laurea di pianoforte, canto, composizione e solfeggio e teoria della musica, per i conservatori delle Baleari, Salamanca e Siviglia, rispettivamente. Docente di ruolo del corpo docenti di musica della scuola secondaria, ed è stata docente di didattica della musica in diverse università. È autrice di Guías de Plástica para Educación Secundaria (4 libri, Editorial Aralia XXI, 2018), Guía de Historia del Arte para Bachillerato (Editorial Aralia XXI, 2016), Dando la nota (35 libri, 18 CD, 2010, best-seller educativo in Spagna, Pearson), Tosca de Giacomo Puccini (Ediciones Universidad de Salamanca, 2007), Música Proyecto Exedra (9 libri, 2004, Oxford University Press) e più di un centinaio di articoli su riviste specializzate, atti di congressi nazionali e internazionali e libretti di sala di concerti. È specialista mondiale nel canto de l’opera medievale El Canto de la Sibila (Patrimonio immateriale dell’umanità, UNESCO). L’opera spagnola esiste? Il Premio di Roma e le basi dell'identità musicale spagnola La creazione della Sezione di Musica della Real Academia de Bellas Artes de San Fernando, nel 1873, nobilitò e profilò il rigenerazionismo musicale spagnolo ed ebbe come base la creazione del Premio Roma. Tra le prime decisioni prese figurava il concorso di due residenze che permetteva ai musicisti spagnoli di risiedere per un triennio presso la RAER. L’Accademia si impegnava a rappresentare un’opera con libretto in castigliano nel Teatro Real di Madrid e pagare la creazione di un’opera sinfonica e un’altra religiosa, nonché la trascrizione e l’edizione critica di opere storiche dei grandi polifonisti spagnoli del Rinascimento e del Barocco. Queste esigenze avevano un intento rigenerazionista che mirava a superare i limiti del género chico e della zarzuela, optando per un repertorio operistico e sinfonico proprio, in accordo con l’atmosfera nazionalista del resto dell’Europa. Il proposito finale è la pubblicazione di un’antologia inedita dei compositori spagnoli residenti nella RAER (1873-1888: Ruperto Chapí, Valentín Zubiaurre, Tomás Bretón, Felipe Espino e Emilio Serrano), il catalogo analizzato della loro produzione durante la residenza e il loro apporto alla fondazione del rigenerazionismo musicale spagnolo. Inoltre, verrà pubblicato un libro con arie selezionate delle sue opere.

http://www.maferrerfores.com/

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PABLO FIDALGO Vigo (Pontevedra), 1984 È creatore scenico, scrittore e curatore di arti dal vivo. Ha realizzato le opere sceniche O estado salvaxe. Espanha 1939 (2013), Habrás de ir a la guerra que empieza hoy (2015), eletta dal giornale Público (Portogallo) come miglior spettacolo teatrale dell’anno. Queste opere fanno parte, insieme al libro Mis padres: Romeo y Julieta (Pre-textos, 2013), di un progetto di ricerca sulla memoria della storia attraverso la biografia personale e familiare. Nel 2017 porta in scena Daniel Faria e nel 2018, Anarquismos. Ha pubblicato i suoi libri di poesie La educación física (Pre-Textos, 2010), La retirada (Premio Injuve, 2012, Artesequienpueda ediciones, 2014), Tres poemas dramáticos (Ediciones Liliputienses, 2015), Esto temía, esto deseaba (Pre-textos, 2017) e Crónica de las aves de paso (Rialp Ediciones, 2018, accessit del Premio Adonais). Dal 2015 è direttore artistico del Festival Escenas do cambio, in Cidade da cultura (Santiago de Compostela). Un corno di capra, un coltello affilato e un grappolo d’uva. Alla ricerca di un uomo, un volto, un continente, una frontiera e un mare pieno di sangue. Ancora una volta, il passare del tempo, la lotta quotidiana contro le ore, il corpo che cerca di stare al passo. Ancora una volta, gli amici, gli amori, le voci che rispondono e quelle che non rispondono. Ancora una volta, la luce esterna che si fa strada all’interno della sala. L’uomo giovane aspetta l’uomo adulto. L’uomo adulto che chiede, che hai fatto bello mentre mi aspettavi? Perché scegli me? Perché credi che io possa capire le tue necessità? Perché credi che io possa trasformare il tuo lavoro in vita? L’uomo giovane risponde, il mio corpo ha accumulato molto e non ha risolto niente L’uomo giovane compra i libri, i giornali, ritaglia. Sa che questa epoca può essere colta solo da chi si dà a essa con anima e corpo, da chi è disposto a rinunciare a tutto il resto. Tra i libri, Padroni e Servitori di Pierre Michon. (...)

https://pablofidalgo.com/

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PEDRO G. ROMERO Aracena (Huelva), 1964 Opera come artista dal 1985. Tra il 1999 e il 2019 ha sviluppato due grandi apparati per due progetti, l’Archivio F. X. e la Macchina P.H.. Partecipa a unia arteypensamiento e alla PRPC (Plataforma de Reflexión de Políticas Culturales) a Siviglia. È artista partecipante a Documenta14 Atenas/Kassel. È artista residente alla Real Academia de España en Roma 2018-19. SACCO. ll Sacco di Roma, la crisi della rappresentazione e i flamencos. Scavando a fondo, mostreremo un’attenta lettura del Sacco di Roma, avvenuto nel maggio 1527, ma ci soffermeremo anche su altri saccheggi: dai Galli, Alarico o i Vandali, fino all’attacco francese del 1849, per finire con la Repubblica Romana, la violenza del fascismo futurista o la depredazione che, in questa fase del capitalismo finanziario, impongono alla città fenomeni diversi quali il turismo, la burocrazia, o la “mafia capitale”. Privilegiare il punto di vista subalterno rispetta un rigore logico. Persino in epoche definite di benessere economico, la gente dei bassifondi, dei più bassifondi, vive in crisi permanente. Disponiamo di documenti fondamentali per comprendere questo puto di vista rispetto al Sacco del 1527, da La lozana andaluza di Francisco Delicado agli Hecatommithi di Giraldi Cinto; punto di vista presente anche nelle analogie tra La vida del Lazarillo de Tormes e il Diálogo de las cosas ocurridas en Roma di Alfonso de Valdés, oltre che nelle raccolte documentarie di Benedetto Fassanelli in Vite al bando o di Claudio Ferri in L’archivio dei notari di Luca. Il flamenco (subalterno, lumpen, itineranti, zingari, rom, etc.) è per Pedro G. Romero un mezzo, un modo di fare, un campo di produzione.

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BEGOÑA HUERTAS Gijón, 1965 Addottorata in Filologia Ispanica presso l’Universidad Autónoma di Madrid, ha lavorato come ricercatrice presso la Unidad de Estudios Biográficos di Barcellona e ha conseguito il Premio di Saggio Casa de Las Américas. Autrice del libro di racconti A tragos e dei romanzi Déjenme dormir en paz (borsa di studio Ayuda a la Creación del Ministerio de Cultura), Por eso envejecemos tan deprisa, En el fondo e Una noche en Amalfi. Quest’ultima, tradotta in italiano da Edizioni e/o, è stata presentata in diversi festival di romanzi gialli come thriller psicologico ed è stata finalista nel concorso letterario Pata Negra. Il suo ultimo libro è El desconcierto. Editorialista del quotidiano Público e del eldiario.es, collabora con diverse riviste e mezzi di comunicazione spagnoli. Insegna nel laboratorio di Scrittura Creativa nel Master di Humanidades dell’UAM. La manía de entender (De rerum natura) Questo romanzo vuole essere un richiamo al poema filosofico di Lucrezio De rerum natura (I secolo a.C.), e costituisce l’ultimo volume di ciò si potrebbe definire “Trilogia della cecità”. Questa trilogia è cominciata con Una noche en Amalfi, thriller psicologico che ruota attorno all’autoinganno, a cui è seguito El desconcierto, una sorta di memoir che narra lo choc che apre gli occhi. La manía de entender prosegue l’esplorazione di questi temi: come opera la coscienza, come si forma l’identità e come convive questa ingannevole dualità corpo/mente, proponendo in quest’occasione un approccio non soltanto analitico ma anche sensoriale, alla maniera di Lucrezio, con una narratrice intenta, come il poeta filosofo, a vedere e affrontare senza paura il ciclo della vita e della morte. Il racconto è ambientato in una sorta di clinica/hotel in cui la protagonista – una giovane malata di cancro dal pronostico incerto – arriva, non tanto alla ricerca di una cura quanto di sicurezza. Con lo scorrere dei giorni, quel luogo in cui si aspettava di “morire piacevolmente” si rivelerà un ambiente opprimente, sterile e tormentoso. Al di là della costruzione di una trama, mi interessa esplorare la commistione di generi (romanzosaggio), il dialogo con altri testi letterari e la scrittura frammentaria.

begonahuertas@hotmail.com @begonahuertas

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JULIA HUETE Ourense, 1990 Ha studiato Belle Arti nella facoltà di Pontevedra, con scambi con l’Università di Porto (Portogallo) e Guadalajara, Jalisco (Messico) e Master in Direzione d’Arte. Il suo lavoro è stato selezionato in concorsi di arte come il Premio Auditorio di Galizia a Santiago o la Mostra Gas Natural Fenosa, Novos Valores. È stata premiata nel Concorso di Arti Plastiche Isaac Díaz Pardo, nel Consiglio distrettuale di Oriense e nel Concorso di pittura dell’università di Vigo. Ha esposto contemporaneamente dal 2013 in diverse mostre in Galizia, a Kvit Gallery di Copenhagen o il Centro Centro a Madrid. Attualmente realizza studi di dottorato per l’Università di Vigo. Nescis, ploras, agis, cav(e)bis (Non sai, piangi, ti muovi, farai attenzione) Lavoro l’astrazione a partire dal campo della pittura e del disegno utilizzando tecniche e mezzi come il cucito, il collage o il fumetto. Da questa prospettiva rifletto sulla naturalezza, sul nucleo dell’essenza pittorica e sul carattere razionale, lirico e ludico del processo creativo. Il titolo di questo progetto - estratto dalla Tabula Lusoria, un gioco all’interno delle Terme di Caracalla- riassume il mio campo di problemi, basato su tre questioni principali: come agisce il movimento nella sequenza narrativa, come si costituisce la allegoria nel piano plastico oltre la figurazione e il simbolismo, e se la pittura agisce come oggetto o come rappresentazione.

@julia_huete

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MARÍA MORALEDA Toledo, 1988 Restauratrice di Pittura formatasi presso la Scuola Superiore di Conservazione e Restauro di Madrid. È laureata in Storia dell’Arte all’Università Complutense. Ha lavorato in restauri importanti della collezione del Museo del Prado. Tra il 2011 e il 2013 ottiene la borsa del Museo del Prado e nel 2014 la FormArte del Ministero della Cultura. Ha lavorato in restauri importanti della collezione del Museo del Prado. È opportuno segnalare la collaborazione nel restauro del Calvario di Van der Weyden. Ha lavorato in altre istituzioni importanti come Patrimonio Nacional, la Fundación Casa de Alba o la Dirección de Patrimonio Histórico della Comunidad di Madrid. Ha collaborato a mostre come El griego de Toledo (Santa Cruz, Toledo), El Hermitage en el Prado (Prado), De Caravaggio a Bernini (Patrimonio Nacional) e Treasures from the House of Alba (Meadows Museum), tra le altre. Il restauro dei dipinti su tela in Spagna e Italia nel Diciannovesimo Secolo: la nascita di una nuova disciplina. Criteri e applicazioni pratiche. Il progetto si basa su uno studio delle relazioni tra Spagna e Italia nell’ambito della restaurazione pittorica. Verso la metà del XIX secolo e in modo quasi simultaneo si pubblicano in Italia e in Spagna i primi trattati di restauro pittorico. Come conseguenza di una graduale specializzazione, ha luogo la nascita del restauro come disciplina autonoma, separata dalla pratica pittorica con fini artistici. Il presente progetto consiste in uno studio comparativo della trattatistica conservata, al fine di segnalare similitudini, differenze e possibili debiti tra i modelli italiano e spagnolo nella configurazione di metodi e criteri moderni. Si indagherà anche sul contatto tra artisti e restauratori ottocenteschi spagnoli e italiani. Lo scambio di idee e pratiche artistiche fu costante e diretto, sia con spagnoli in residenza a Roma, che con italiani che risedettero a Madrid, il che ebbe indubbiamente conseguenze nell’ambito del restauro.

mmoraledagamero@gmail.com

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JORGE GALÁN San Salvador (El Salvador), 1973 Romanziere e poeta di origini salvadoregne. Premio della Real Academia Española nel 2016 per il romanzo Noviembre. Premio Casa de América de Poesía Americana per Medianoche del mundo. “Premio Iberoamericano para obra publicada Jaime Sabines” in Messico, 2012, per El estanque colmado. Premio Adonais, Madrid 2006, per Breve historia del alba. I suoi libri di poesia e i suoi romanzi sono stati pubblicati da prestigiose case editrici come Tusquets, Visor, Pre-textos, Penguin Random House, Mondadori o Alfaguara Infantil. È stato tradotto in molteplici lingue come il tedesco, l’italiano, l’olandese o il greco. Nel febbraio del 2019 la casa editrice Little Brown pubblicherà una traduzione in inglese di Noviembre, il suo ultimo romanzo. L’emigrazione mesoamericana in Italia. Un disperato tentativo di fuggire dalla violenza Questo progetto consiste nella redazione di un romanzo il cui tema centrale è l’emigrazione e la cui azione si sviluppa in due ambiti geografici, El Salvador e l’Italia. Il libro, che si basa su fatti reali, mira a mostrare la terribile quotidianità del paese centramericano e la desolante esperienza che gli emigranti vivono lontani dalle loro famiglie, sopportando, come meglio possono, un processo di integrazione in una cultura completamente diversa dalla loro. Chi emigra dal Mesoamerica lo fa, in un primo momento, per fuggire dalla violenza, sempre con l’illusione di creare un ponte che possano attraversare più tardi i loro familiari, cosa che non sempre accade. Il romanzo punta a raccontare questo doppio dramma, quello di chi arriva e quello di chi rimane, in una specie di corsa contro l’oblio e la morte. D’altro canto, analizzerà anche un problema sempre più grande: l’attività delinquenziale delle gang centramericane in paesi come la Spagna e l’Italia, dove hanno una nicchia in costante crescita.

jorgegalan.g@gmail.com

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MARTA RAMOS-YZQUIERDO Saint Mandé (Francia), Curatrice indipendente, dal 2013 svolge la ricerca O Artista como trabalhador, sul concetto di lavoro artistico, le condizioni lavorative e la percezione sociale. Ha fatto parte di Historias em display (WT), progetto collaborativo su inserimenti critici nelle narrative storiche dei musei brasiliani. Tra le sue mostre si distinguono: Partir do erro, TRABALHE – FAÇA +, Ícaro Lira: Campo Geral, a San Paolo; La Historia la escriben los vencedores, Felipe Ehrenberg 67//15, After, Despois, Según, a Madrid; Munárriz, Sulla curva chiusa a Cagliari; The way you read a book is different to how I tell you a story, a Monaco di Baviera; e il programma Aplicación de las diferentes teorías de flujos, con Carlos Amorales e Los Torreznos a Buenos Aires. Laureata in Storia dell’Arte presso la UCM, Madrid, Master in Gestione Culturale, Instituto Ortega y Gasset, e curatrice dell’ICI New York (Bogotá, 2013). Dopo aver vissuto in Cile, nel 2009 si è trasferita in Brasile dove è stata direttrice della Galeria Baró. Tra il 2012 e il 2013 è stata direttrice di Pivô Arte e Pesquisa, San Paolo. Una volta ritornata in Spagna, è stata direttrice di LOOP Barcellona 2017. Dall’anno accademico 2018–2019 è docente di Practicas Curatoriales del Master della Escuela SUR (Univ. Carlos III, Circulo Bellas Artes). Ha scritto testi per artisti come Marlon de Azambuja, Analivia Cordeiro, Julius Heinemann, Almudena Lobera, Bruno Moreschi, Sara Ramo o Tercerunquinto, e collabora con EL CULTURAL e a-desk. LAVORARE – / FARE + L’operaismo italiano propose una lettura autonoma del marxismo, invocando l’abolizione del lavoro. Nel 1977 si coltiva questo immaginario e il concetto di precarietà lavorativa, applicato anche ai giovani. Prendendo come riferimento questo anno e i movimenti autonomi Indiani Metropolitani, Radio Alice e Rivolta Femminile, il progetto di curatela propone un dibattito sulla pratica artistica e il suo ruolo sociale, dall’intersezione di teorie filosofiche pensiero postcoloniale e postlavoro. Alla ricerca storica, si aggiunge un’agenda di incontri professionali con artisti e agenti locali e internazionali, una giornata pubblica e una pubblicazione che condividano la discussione sul paradigma dell’artista come lavoratore, i concetti di produzione, operato e lavoro.

https://martaramosyzquierdo.com/

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ESTIBALIZ SÁDABA Bilbao (Vizcaya), 1963 Artista e dottoressa in Arte e Investigación (EHU/UPV). Ha ricevuto numerose borse di studio, tra le quali le più recenti sono quelle della Fundación BBVA, Beca Art i Natura di Farrera, l’Academia de España a Roma, La Cité International des Arts de Paris, Fundación Bilbaoarte , Museo Artium e Fundación Arte y Derecho. Recentemente ha realizzato mostre presso il MUSAC (León) o il Matadero-Madrid, e ha inoltre presentato i suoi lavori nel Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, MACBA, Fundació Antoni Tàpies, CDAN (Huesca), tra gli altri. Ha inoltre diretto diversi seminari e laboratori su pratiche artistiche, attivismo e femminismo, in centri come Arteleku, Sala Rekalde, o Tabakalera. È stata editrice di diverse pubblicazioni come Erreakzioa, Joyas y Caprichos e Series Múltiples. Ha tenuto conferenze in molti musei, centri artistici e università in tutta la Spagna. Sovversioni domestiche In questo progetto parto da una riflessione sul modo in cui la donna è stata relegata allo “spazio domestico”: quello spazio di rifugio familiare in cui gli uomini riposavano dopo la loro “esposizione” allo spazio pubblico, e nel quale le donne nel frattempo avevano gestito la cura dei figli, i beni familiari, il “calore” del focolare. Per questo progetto lavorerò con i testi di due importanti pensatrici e militanti femministe italiane degli anni ’70, Silvia Federici e Mariarosa Dalla Costa: loro mi aiuteranno a mostrare, dalla mia pratica basata sul video e la performance, come il lavoro di cura e gestione svolto nello spazio domestico sia considerato nella nostra società come un qualcosa di periferico e marginale, a differenza di quelli che vengono considerati gli elementi centrali della “lotta sociale” o “politica”. Reinterpretare lo spazio domestico, cercando così uno spazio ugualitario che permetta alle donne di generare un nuovo modo di interazione e socializzazione. Rendere visibile un lavoro invisibile: e rendere visibile in termini sociali è portarlo alla luce pubblica, all’agorà. Un lavoro che consiste in molto di più che pulire, cucinare o tenere la casa in ordine: è anche svolgere un compito di gestione psicologica, emotiva e sessuale di coloro che invece guadagnano un salario con il loro lavoro quotidiano. Cercare come sovvertire questo spazio di reclusione, portando la lotta fuori dalla cucina e dalla stanza da letto fino alle strade. estibaliz.sadaba@gmail.com https://vimeo.com/estibalizsadabamurguia

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FERNANDO SÁNCHEZ-CABEZUDO Madrid, 1979 Gestore culturale, direttore, attore e scenografo. Coinvolge la sua carriera nelle arti dello spettacolo con un discorso che scommette su un legame tra la cultura e l’empatia cittadina. Il suo lavoro nella regia, Historias de Usera, ha fatto da chiusura del progetto di gestione nel quartiere di Usera, riscuotendo un grande successo di pubblico e ricevendo il premio Max per la miglior produzione privata 2017. Inoltre, ha lavorato come direttore artistico del Capodanno Cinese di Usera. Tutto ciò, unito alla sua intensa attività nella sala Kubik Fabrik, rende il suo lavoro una delle principali entità culturali che operano nel distretto. Nel 2017 è anche coordinatore artistico del Corral de comedias (sito teatrale permanente) di Alcalá de Henares. Storywalker Storywalker è un’esperienza culturale basata su un’applicazione del cellulare i cui contenuti sono finzioni sonore geolocalizzate. Un nuovo formato in cui i limiti creativi tra le discipline artistiche sfumano e si dilatano tenendo come punto di origine le arti sceniche e concretamente l’eredità del radiodramma e il teatro comunitario e partecipativo. Partendo dalle storie raccontate dagli abitanti del quartiere popolare di Garbatella si avvia un processo creativo sulla linea di ciò che si definisce “storytelling”. Un cammino durante il quale ascolteremo le storie del quartiere, nei luoghi dove realmente ebbero luogo, attraverso delle “messe in scena” sonore realizzate da drammaturghi spagnoli e italiani, e con la collaborazione di attori locali. Più che una storia u ciale del quartiere, il proposito di Storywalker è quello di realizzare una intrastoria creata dagli abitanti, ra orzando in questo modo il loro legame a ettivo e il loro sentimento d’identità, mettendo a disposizione di tutta la cittadinanza una serie di storie di vita tutte da scoprire. Nella quotidianità, nella vicinanza, nelle storie della gente che incontriamo ogni giorno per strada, si trovano le grandi storie. Gli spazi pubblici, le piazze, i bar e i luoghi di incontro sono gli scenari di questa nuova esperienza culturale innovatrice. Inoltre Storywalker si configurerà come un contenitore virtuale della memoria del quartiere, e sarà in continuo aggiornamento: le persone potranno caricare le proprie storie sulla piattaforma sotto forma di registrazioni o ricordi fotografici. In parallelo a quello del quartiere Garbatella, si realizzeranno altri due progetti. Uno nel quartiere Llanares, nel comune di Avilés (Asturias) e un altro nella città di Madrid, tra il quartiere Usera e l’area cinese di Qingtian, da dove vengono la maggior parte delle persone. kubikdireccion@gmail.com

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BORJA SANTOMÉ Vigo (Pontevedra), 1992 Comincia la sua formazione nell’Università di Belle Arti di Pontevedra (Spagna) per poi realizzare il suo progetto finale all’Università di Kingston (Regno Unito). Il suo lavoro è stato presentato in mostre e festival del cinema in Spagna, Europa, Stati Uniti e America Latina. Nel 2015 il suo cortometraggio Historia Cerebro vince il secondo premio Novos Valores di arti plastiche e viene selezionato in eventi come il S8 Festival Internacional de Cine della Coruña. Nel 2016 il suo secondo cortometraggio “Rueda Cabeza” vince il premio Planeta GZ nel Curtocircuito Festival Internacional de Cine e viene presentato al BAFICI (Buenos Aires Festival de Cine Independiente). Nel 2018 Il suo ultimo cortometraggio “El Reloj” vince il premio per il miglior cortometraggio d’animazione nel Festival de Cans ed è invitato a partecipare al Festival de Cine Europeo di Siviglia, tra gli altri. Giovane e Carmen Negli ultimi anni ho dedicato la mia carriera artistica alla pittura e al cinema, focalizzando il mio lavoro su progetti di animazione in stop motion. Mi interessa sperimentare con la rappresentazione dell’atmosfera e la narrazione, parlando sempre delle mie esperienze in storie prossime all’autobiografico. L’idea tematica di questa proposta è una storia di fiction, in cui un pittore appena arrivato a Roma vive un’esperienza trascendentale. Questo artista mi servirà come veicolo per plasmare lo spirito della città nonché per articolare un racconto sulla costruzione stessa di un quadro (questo sarà uno dei motivi centrali). Una storia di rapporto speciale con la pittura e il paesaggio o panorama, avvalendomi del suono e dell’immagine per lo studio e la rappresentazione dell’atmosfera di Roma.

http://www.borjasantome.com/

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ANNA TALENS Carcaixent (Valencia), 1978 Artista visiva con dottorato in Belle Arti all’Universidad Politécnica di Valencia. Dopo aver usufruito di una borsa di studio FPI ottiene il premio straordinario di tesi di dottorato e la menzione europea. Vanta inoltre una formazione accademica internazionale. È stata studentessa invitata presso la Bauhaus Universität-Weimar, Universität der KünsteBerlino, The Australian National University-Canberra e ricercatrice a The Central Saint Martin School of Art-Londra. Tra le mostre collettive a cui ha partecipato si distinguono El Siglo de Oro: La era de Velázquez nella Gemäldegalerie-Berlino, Poéticas en torno a la ruina alla Fundación Chirivella Soriano-Valencia, Art-Situacions al Matadero-Madrid, Museo Macro-Roma e Museo Villa Croce- Genova, Diálogos a Patio Herreriano e Primers Moments nel Centre del CarmeValència. In questi anni si è specializzata in progetti site-specific per spazi architettonici particolari, come una delle sette chiese illustrate da Lyonel Feininger-Kromsdorf, l’edificio sperimentale Platten PalastBerlino, il camion mobile Art Track! per la fiera ABC-Berlino, il progetto “Between you and me” nell’edificio di Wallstraße 85-Berlino o la terrazza della Neue Nationalgalerie-Berlino, all’interno del progetto indipendente “Sundowner”. La sua opera fa parte delle collezioni della Bauhaus Universität-Weimar, DKV, IVAM, Olor Visual, Art Situacions, Generalitat Valenciana e del Banco Sabadell, tra le altre. Numen Si tratta di un progetto di carattere scultoreo-oggettuale, che prende come punto di partenza la mitologia romana, il rituale e la simbologia attribuita alle diverse divinità. Questa pratica si ricollega alla parola “Numen”, che definisce non soltanto la divinità della mitologia classica, ma esprime anche l’idea del potere magico che c’è in un oggetto, nonché il potere ispiratore che muove il poeta. L’artista percepisce, trova e genera azioni che sembrano dialogare con l’altro mondo. Visualizza fatti effimeri, trasformando spazi ed oggetti, che parlano delle presenze e delle assenze con le quali conviviamo nel mondo. L’intento è quello di lavorare con la sacralizzazione, prendendo a riferimento il lararium, i piccoli altari sacri che si trovavano nell’antica abitazione romana, e il cui fine era quello di venerare gli antenati, facendo offerte agli dei, per proteggere le famiglie.

https://www.annatalens.com/

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M.ª DEL MAR VILLAFRANCA JIMÉNEZ Granada, 1961 Laurea e Dottorato in Storia dell’Arte presso l’Università di Granada. Ha conseguito il Premio Extraordinario de Doctorado nel 1995. È docente di Arti Plastiche e Design nella Facoltà di Storia dell’Arte dal 1986. Dal 2004 al 2015 è stata Direttrice Generale del Patronato de la Alhambra y Generalife redigendo, insieme a una nutrita squadra di professionisti, il suo “Piano Direttore” (2007-2020) che ha ottenuto il Premio Europa Nostra 2010. Curatrice della mostra dedicata a Torres Balbás e il Restauro Scientifico (2013) y coeditrice del libro Ensayos. Leopoldo Torres Balbás. Autrice di oltre un centinaio di pubblicazioni scientifiche tra libri, articoli e relazioni. Appartiene al Grupo de Investigación HUM-222 dell’università di Granada. Ha partecipato in diversi progetti di ricerca nazionali e internazionali. Quaderno di viaggio: Leopoldo Torres Balbás in Italia, 1926 Leopoldo Torres Balbás (1888-1960), architetto conservatore dell’Alhambra tra il 1923 e il 1936, richiese e ottenne una borsa di studio dalla Junta de Ampliación de Estudios nel 1926 per analizzare i metodi e i procedimenti utilizzati all’epoca nella conservazione dei monumenti in Italia. Si mira a svolgere una ricerca sul campo che permetta di ricostruire quel viaggio, il contesto storico-culturale in cui si produce, ed elaborare una cartografia completa di quell’esperienza feconda e fondamentale nella sua traiettoria professionale, finora molto poco conosciuta e apprezzata. Il punto di partenza è l’individuazione degli appunti presi durante quel viaggio che conservò nel suo archivio personale e che gli servirono per elaborare un breve resoconto che giustificava la borsa di studio ottenuta. Con essi pensava di scrivere un libro che alla fine non redasse. Il progetto ha come obiettivo l’elaborazione di un Quaderno di viaggio, a mo’ di Taccuino, simile ad una mappa di registro di contenuti, relazioni ed esperienze, trovando ispirazione nella chirezza e nella sintesi di brevi note calligrafiche conservate di questi viaggio, localizzate nel suo archivio personal, nelle immagini storiche dei luoghi che visitò ed analizzò, nelle cartoline che ottene, nelle pubblicazioni che consultò e nell’ambiente intellettuale e sociopolitico nel quale questa esperienza ebbe luogo. Contemporaneamente si analizzeranno e stabiliranno analogie, corrispondenze e divergenze sulle idee e realizzazioni pratiche sviluppate da Torres Balbás nei suoi interventi e quelle dei colleghi italiani del primo terzo del XX secolo come parte di una tradizione comune all’interno della Moderna Cultura del Restauro del Patrimonio in Europa. mvillafrancaj@gmail.com @VillafrancaM

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TONO VÍZCAINO Valencia, 1985 Laurea in Storia e dottorato in Archeologia. Il suo interesse per le culture del Mediterraneo l’ha portato a partecipare a progetti archeologici in Grecia, Italia, Marocco e Spagna. Ha collaborato e lavorato presso istituzioni come l’Universitat de València, l’European Research Council, la Scuola Britannica di Atene e il Museu de Prehistòria di Valencia. Sviluppa la sua attività professionale nell’ambito della gestione del patrimonio e nello studio delle relazioni tra archeologia e società. È responsabile del progetto “Piedra - Arqueología y cultura de masas” e ha pubblicato diversi libri riguardanti il concetto di costruzione della memoria collettiva, come ad esempio Receptari Extraviat (2016), El barri que vam imaginar (2017) e A la recerca dels orígens (2018). SPQR Now! Che significa la sigla SPQR sui tombini della città? E la lupa capitolina sullo stemma di una squadra di calcio? Cosa spinge le persone a continuare ad offrire fiori a Giulio Cesare? Forse un vino con il nome di un’antica divinità ha un gusto migliore? Perché ci sono dei legionari romani che si fanno dei selfies con i turisti davanti al Colosseo? La presenza dell’Antichità nella Roma del ventunesimo secolo è incontestabile. Le sue vie, le piazze, sono lastricate da antichi resti archeologici, che sono stati riutilizzati poi in epoche successive o recuperati nel secolo scorso per lo consumo culturale. Intorno a questa eredità materiale, la società romana ha costruito, e continua a costruire, le proprie credenze sul passato, alimentate da mezzi come il cinema, la letteratura o il turismo stesso. Si modellano, così, dei linguaggi ibridi in cui confluiscono archeologia e culture di massa. Linguaggi che finiscono con l’esprimersi nello scenario urbano. Attraverso lo studio della vita di strada, la pubblicità, l’arte urbana, i nomi dei negozi, i souvenir, l’architettura e perfino dei prodotti da supermercato, il progetto SPQR now! propone di esplorare gli immaginari contemporanei che si proiettano a Roma sul mondo romano antico.

http://tonovizcaino.com/

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Real Academia de España en Roma Piazza San Pietro in Montorio, 3 00153 Roma (Gianicolo) +39 06 581 28 06 info@accademiaspagna.org www.accademiaspagna.org

Le immagini che illustrano questa pubblicazione fanno parte del processo creativo degli artisti in residenza oppure sono elementi che hanno servito come ispirazione per la realizzazione dei loro progetti. p 6, Tempietto, Richard Davies, Nov 2018 Coordinamento editoriale AECID Carlos Pérez Sanabria Héctor J. Cuesta Romero Prensa y comunicación Flaminia Casucci Allegra Seganti Traduzioni Elisa Tramontín Universitá degli studi Roma Tre Dipartimento di Lingue Letterature e Lingue straniere Design Mercedes Jaén Ruiz NIPO: 109-19-024-3 NIPO in-linea: 109-19-025-9 Stampato in Italia da Ograro srl

© 2019 Real Academia de España en Roma Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa senza il permesso scritto della RAER.


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