30 anni forti e magri

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I.P.


SI RINGRAZIA

In una vicenda che prende le mosse nel 1954 e che annota numerosi protagonisti, a tutti noti, è utile ricordare coloro che, lontani dai riflettori, hanno condiviso l’avventura di un farmacista sognatore, Paolo Sorbini, e della sua famiglia. Una famiglia parecchio allargata, quella di Enervit, dato che contempla non meno di tre generazioni di dipendenti e collaboratori, nonché di consulenti e, a pieno titolo, di farmacisti italiani, partecipi anch’essi di molte avventure, quasi sempre coronate da successo. Grazie alle loro testimonianze e al loro apporto, diretto e indiretto, questo volume ha potuto vedere la luce.

Realizzazione: Punto Effe Srl Testi a cura di Sergio Meda Immagini: Girella Fotocronache, Pentaphoto e Archivio Enervit © 2012 by Punto Effe Srl Via Boscovich, 61 20124 Milano Tel. 02.2022941 info@puntoeffe.it www.puntoeffe.it Tutti i diritti sono riservati, nessuna parte del presente volume può essere riprodotta o diffusa con un mezzo qualsiasi senza l’autorizzazione dell’Editore Finito di stampare nel mese di gennaio 2012 da Modulimpianti S.n.c. - Capriate S.G. (Bg)


La passione è entusiasmo a passione è un piacere contagioso, si trasmette come un virus, ma non fa danni. La passione è entusiasmo, soprattutto quando si lega a una o più sfide, che decidi liberamente. Le sfide le scegli, non ti cascano addosso, e fatichi a governarle perché nessuno sa leggere il futuro. Al massimo può intuirlo. La passione si lega alla speranza, una fiammella che va custodita. Per non demordere, visto che i momenti di difficoltà abbondano e possono farti vacillare.

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La passione non conosce pause, costringe ogni giorno a mettersi in discussione, a non fermarsi. Guai a riposare sugli allori, vuol dire giocare male la partita contro il tempo, che non accompagna le nostre mosse, le scandisce. Per andare anche oltre i successi, quando capitano. Le mosse da compiere richiedono decisioni rapide, mai affrettate, ma le spinte verso il nuovo non possono venir meno, anche se ha senso pieno consolidare i risultati, quando si determinano. La passione è molto sportiva, si associa alla voglia di competere, una delle leve che muovono gli uomini. La passione è agonismo, ma occorre viverlo lealmente e incondizionatamente, cercando di dare sempre il massimo. In questo senso lo sport allena, non solo i muscoli, alla fatica e al sacrificio. Paolo Sorbini, per noi semplicemente “il babbo”, è sempre stato il nostro punto di riferimento.

Non chiedeva di essere un esempio, non ci ha mai catechizzato - questo si fa così, non in altro modo, ora vi insegno come si fa -, ne abbiamo molto semplicemente seguito le mosse. Lo abbiamo studiato nei comportamenti, spesso non venendo a capo di alcune sue decisioni. Accettava il confronto, ma era difficile fargli cambiare idea. Non si innamorava delle sue intuizioni, le sottoponeva a verifiche, poi procedeva spedito, convincendo anche gli scettici, noi tra quelli. In azienda siamo entrati tutti giovani o giovanissimi, trent’anni fa. Enervit Protein ha rappresentato una sorta di “tsunami” buono. Un’onda anomala per cui noi tutti in famiglia ci siamo adoperati per tamponare un successo che rischiava di travolgerci. Ci siamo rimboccati le maniche, abbiamo fatto di tutto un po’, dai magazzinieri ai fattorini, perché le farmacie reclamavano il prodotto che andava quasi a ruba. Le sfide sono continuate, in fondo EnerZona è la prosecuzione di un percorso iniziato vent’anni fa. Identici i presupposti, diverse le soluzioni, che hanno determinato altrettante svolte. A fine 2006 il babbo ci ha lasciato. Ma la sua passione e lo spirito sportivo sono vivi in noi.

Maurizia, Pino e Alberto Sorbini

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L’ ANTEFATTO

Farmacisti avventurosi In rapida successione, due generazioni di speziali - Giuseppe e Paolo Sorbini - compiono scelte imprenditoriali alternative alla farmacia di famiglia, ma non se ne discostano avendo a cuore la salute degli italiani

n piazza delle Erbe, in pieno centro di Montepulciano, nel Senese, campeggia ancora la farmacia che reca, sull’insegna settecentesca, il nome dei Sorbini, famiglia che esprime di generazione in generazione valenti speziali. Sono tutti legati saldamente al territorio, autoctoni, i Sorbini, con alcuni sconfinamenti, dovuti a irrequietezza di alcuni esponenti della famiglia, cui Montepulciano andava decisamente stretta.

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Il primo a uscire dal Senese è Giuseppe Sorbini, nella seconda decade del Novecento. Approda a Milano per la prima volta nel 1913, per il servizio militare. Lo onora presso l’Ospedale Militare, allora nei pressi dell’Università Cattolica, ma la ferma si allunga a cinque anni, causa la guerra, terminata la quale Giuseppe Sorbini torna a Montepulciano, dove si sposa nel 1920. Rientrerà a Milano alcuni anni dopo per occuparsi d’altro. Prima una fabbrica di cioccolato e progetti di strade con De Agostini, il fondatore dell’omonimo Istituto Geografico, e poi comprare una farmacia in via Vitruvio, nei pressi della Stazione Centrale. A Milano Giuseppe Sorbini porta moglie e cinque figli ancora piccoli. Tre di loro si laureeranno, scegliendo strade diverse: Ernesto sarà medico, Paolo farmacista, Mario commercialista. Paolo Sorbini, classe 1926, aiuta in farmacia sin da piccino, a cinque anni è già sulla canna della bici con cui il fattorino provvede alle consegne. Studia Farmacia a Pavia ma si laurea a Parma, perché in quell’ateneo chiudevano un occhio sulle

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presenze. Dal 1950 è protagonista nella farmacia di famiglia, aiutato dalla moglie, Franca, farmacista lei pure, compagna di studi a Pavia. La prima svolta è proprio in quegli anni quando si appassiona ai prodotti fitoterapici tedeschi, che importa con successo finché il cambio con il marco, vent’anni più tardi, non risulterà proibitivo. L’azienda cui dà vita nel 1954 si chiama Also Lab. Also glielo suggeriscono le lettere iniziali del nome di un suo carissimo amico romano, Alberto, e quelle del proprio cognome. Non a caso battezzerà Alberto il terzo figlio, il più piccolo. Gli altri due sono Maurizia e Giuseppe, legatissimi all’azienda di famiglia, nella quale operano ancor oggi, ma nessuno orientato a laurearsi in farmacia. Capita, nelle migliori famiglie di speziali. Paolo Sorbini è intraprendente, come suo padre. Avvia osservazioni e ricerche nel mondo della nutrizione, in particolare quella per lo sport e trasforma la sua attività, in origine complementare alla farmacia, da commerciale in industriale. Nel 1965 cede la farmacia di Milano, non ha più tempo per occuparsene. Nel 1972, a Zelbio, sopra il lago di Como, dove la famiglia si reca in villeggiatura dai primi anni Trenta, fa sorgere l’unità produttiva. L’amicizia con Vincenzo Torriani, patron del Giro d’Italia, lo porta nel ciclismo, dove Also per 15 anni significa Giroclinica e assistenza medicodietetica. La seconda svolta data 1982, il 26 gennaio, quando nascono i presupposti di Enervit Protein in un convegno alla Cariplo. Il tema è scottante, si parla di “Oltre il doping”, piaga che


Paolo Sorbini, farmacista con lunghe tradizioni di speziali in famiglia, originario di Montepulciano, sposa Francesca Garavaglia, lei pure farmacista, dalla quale nasceranno tre figli: Alberto, Maurizia e Pino (foto a destra). Sorbini nel 1954 fonda la Also, trasformando la sua attività da commerciale in industriale. La Also si occupa di farmaci con principi attivi ottenuti da estratti vegetali naturali. La svolta negli anni Settanta, quando iniziano, grazie all’amicizia di Sorbini con Vincenzo Torriani, patron del Giro d’Italia, le ricerche sugli sportivi, dapprima sui ciclisti, poi anche su molti atleti di discipline sportive diverse.

ha già mietuto vittime, argomento sul quale lo sport continua a interrogarsi, anche ai giorni nostri, non trovando soluzioni convincenti. Paolo Sorbini ha un credo molto semplice e lo esplicita: una corretta alimentazione e adeguati allenamenti bastano a generare la prestazione sportiva di altissimo livello, non c’è necessità di additivi farmacologici. Nessuno. L’integrazione va a sanare quanto si perde, lo sport troverà dei supplementi dietetici, che potranno essere diversamente assunti. Il principio generale della nutriceutica che sta vivendo, negli ultimi anni, un straordinario sviluppo. Il cibo è una medicina, conoscendone i principi attivi e le interazioni con altri alimenti. Alla fine degli anni Settanta i tecnici di Also scoprono che si può dar vita a un prodotto che non solo agevola chi fa sport ma consente loro di diminuire di peso facendo muscoli, senza perdere massa magra. Nasce e trionfa Enervit Protein, un “beverone” (poi barrette, snack e altre formulazioni) che rivoluziona le abitudini degli italiani. Sulla bocca di tutti è lo slogan Forti e Magri, che sintetizza efficacemente il prodotto e il suo ideatore. Vengono gli anni dei record. Con un colpo di genio Sorbini rimette in sella Francesco Moser, ben deciso a smettere, proponendogli di conquistare il primato dell’ora in altura, a Città del Messico. Quel successo cambia la storia dello sport e della nutrizione. Chi era scettico si convince e il balzo di vendite di Enervit Protein e dei suoi “cugini” non ha uguali. La storia dei successi targati

Enervit prosegue con Reinhold Messner e le sue riuscite ascensioni ai 14 Ottomila himalayani. Grazie ai prodotti liofilizzati specifici per l’alta quota, Messner è il primo uomo a scalare tutte le vette senza bombole di ossigeno. Un altro esploratore, Ambrogio Fogar, si avventura sul pack del Polo Nord con una slitta che deve trascinare. Il vantaggio, non indifferente, è il carico, con alimenti che pesano un terzo di quelli non liofilizzati e ben dosati, che gli servono per sopravvivere. L’azienda diventa Also Enervit per la felice pressione della linea per lo sport, variegatissima, fatta di integratori idrosalini ed energetici “puliti” tra cui brillano gli aminoacidi a catena ramificata. L’azienda diventa poi soltanto Enervit, nella sua versione attuale, dal 2008 quotata in borsa. Una realtà che vive una seconda svolta nel 2000 quando Paolo Sorbini incrocia un biochimico americano, Barry Sears, che si è proposto all’attenzione della scienza con la sua Dieta Zona. Dalla felice collaborazione con il professor Sears nasce una linea di prodotti pensati 40-30-30 (ovvero con il 40% di calorie derivate dai carboidrati, il 30% da proteine e il 30% da grassi) che tiene conto della calma dell’insulina, uno dei cavalli di battaglia di Sorbini sin dagli anni Settata, e dell’apporto dei grassi buoni, gli omega-3, indispensabile corollario di uno stile di vita - questa è la dieta, nella sua vera accezione - che coniuga il movimento e un’accurata nutrizione. Non a caso Enervit oggi recita, come integrazione stavolta culturale, Science in Nutrition.

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IL

FATTO

Una... amica per le donne La storia (e i risvolti) di un lancio mediatico involontario che fece scalpore. E le italiane scoprirono Enervit Protein

interesse mediatico, oggi si direbbe così, per Enervit Protein lo generò Amica, la rivista del Gruppo Rizzoli Corriere della Sera affidata nel 1981 a Paolo Pietroni, direttore di molteplici interessi, uomo di teatro oltre che giornalista, perché la rilanciasse. Pietroni trasformò una polverosa testata femminile per casalinghe in un settimanale aggressivo, spregiudicato, molto moderno, che dedicava grande attenzione al femminismo e alle necessità delle donne italiane in termini di lavoro e, perché no, di carriera. Dopo un primo articolo che raccontava la novità, Amica volle approfondire il tema conversando a lungo con Paolo Sorbini.

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Il titolo dell’articolo, a firma Silvia Benna Rolandi, era GRAZIE A LUI TUTTI MAGRI! Ne riportiamo alcuni stralci, i più significativi. Colpa (o merito) di Amica, per le notizie particolareggiate sul trattamento a base di Enervit Protein che consente ad atleti come Sara Simeoni di eliminare il grasso superfluo migliorando contemporaneamente il tono muscolare. A questo punto centinaia di donne e uomini combattuti tra la necessità di diventare molli e depressi, si sono detti: “Se l’Enervit Protein funziona con la Simeoni, perché non con me?”. Ma ascoltiamo Paolo Sorbini, che del prodotto è stato il grande fautore.. Mi hanno bruciato in due mesi le scorte di prodotto per un anno. Mi hanno chiamato perfino il Vaticano e la segreteria della Presidenza della Repubblica. Sono arrivate telefonate dall’Ame-

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rica, gente che voleva assolutamente l’Enervit. Eravamo impreparati a questo boom e non possiamo accelerare più di tanto la preparazione dei componenti nobili del prodotto. Non riusciamo a mandarlo nemmeno in Svizzera. Funziona anche in caso di stanchezza cerebrale, ad esempio per gli studenti alle prese con scrutini ed esami? L’Enervit sotto esame va bene perché fornisce la necessaria energia permettendo di alimentarsi meno (una busta, che sostituisce un pasto, fornisce 300 calorie). Evita quindi quel senso di pesantezza e sonnolenza che impedisce, dopo un pasto abbondante, di avere la necessaria freschezza di mente. Non c’è pericolo che uno studente già mingherlino lo diventi ancor di più? Qui sta il trucco: Enervit fa dimagrire solo chi ne ha bisogno. Le spiego il perché. Gli adipociti, o cellule di grasso, si formano nella prima infanzia, fino ai tre anni, e poi nel momento che precede la pubertà. Dopo, non si possono né aumentare né diminuire. Gli adipociti tendono a gonfiarsi e spesso fanno suonare il campanello dell’appetito fuori posto: ecco perché si ingrassa. Per dimagrire bisogna sgonfiare, spremere i singoli adipociti (visto che il loro numero è fisso). Perciò l’Enervit Protein avrà un vistoso effetto dimagrante sulle persone molto grasse, i cui adipociti sono voluminosi come spugne gonfie d’acqua. Ma non ne avrà, o ne avrà poco, su chi, essendo magro, ha già adipociti in numero ridotto. A questi individui darà solo una sferzata di energia.


UN FARMACISTA, 30 ANNI FA

La copertina del settimanale Amica che riportava, per tempo, i consigli dietetici per l’estate. È il numero del 26 gennaio 1982.

Energia che una volta si cercava nelle classiche zollette di zucchero. Proprio così, lo facevo anch’io. Quando andavo a sciare avevo le tasche della giacca a vento gonfie di zollette e le distribuivo ai figli come le briciole di pane agli uccellini. È stato seguendo il Giro d’Italia che ci siamo accorti che lo zucchero era controproducente. L’Also aveva cominciato a seguire i corridori con la Giroclinica semplicemente come un gesto pubblicitario. Non potevamo immaginare che i nostri specialisti, osservando gli atleti, avrebbero scoperto che lo zucchero usato come carburante, causava paradossalmente le famose e famigerate “cotte” aumentando la produzione di insulina. Questa carognina allontana il glucosio nel sangue ed ecco la crisi ipoglicemica: sudorazione, debolezza, senso di vuoto allo stomaco. Gli stessi fenomeni che spingono anche chi non fa sport alla famigerata voglia di torta È proprio così. In ogni caso è meglio buttarsi

Ecco il parere del dottor Gazzola, della farmacia Sant’Anna di Bergamo, alcuni mesi dopo il lancio di Enervit Protein: “Enervit ha un leggero aroma di vaniglia ma può diventare ancora più gradevole con l’aggiunta di cacao magro amaro o caffè liofilizzato. L’importante, è ovvio, è non aggiungere zucchero o sciroppi che lo contengano. Ho notato comunque che le mie clienti hanno una certa fantasia nel ‘correggere’ il loro bicchierone di Enervit. Gli uomini, spesso, aggiungono un uovo per aumentarne la carica energetica. Io lo prendo al naturale, freddo di frigorifero. Chi non ha necessità di dimagrire lo trova comodo per sostituire un pasto senza problemi: basta avere a disposizione un rubinetto e il pasto-bibita è già pronto. Ormai le impiegate viaggiano con lo shaker in borsetta. È anche un fatto di risparmio, Enervit Protein costa quanto una pizza, che dà solo carboidrati e non proteine nobili. C’è chi fa scorta di Enervit, dovendo partire per una vacanza all’estero, timorosa di non trovarlo nelle farmacie del Paese in cui si recherà”.

sulla frutta, non sulla roba dolce. Lo zucchero fa ingrassare anche più dei grassi. La frutta si può consumare a piacere? Non dopo i pasti, come purtroppo si usa, perché fermentando nell’intestino la frutta fa aumentare la superficie di assorbimento e così si rischia di utilizzare il cento per cento di un pasto. Meglio prendere la frutta come spuntino o merenda. Purché gli spuntini non siano troppo frequenti. Certo, la casalinga che sbocconcella qualcosa in continuazione, pur senza fare grandi mangiate, ingrassa di più di chi fa tre pasti normali. Questo per il fenomeno della termogenesi: durante un buon pasto, parte delle calorie ingerite si di-

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CHI HA INVENTATO “FORTI E MAGRI”

Immagine d’antan, Paolo Sorbini e il figlio Pino davanti alla Giroclinica Also Enervit degli anni Settanta. A lato il patron di Enervit durante un convegno sull’alimentazione svoltosi nel 2001 al Giro d’Italia.

sperde in calore. Uno spuntino non è sufficiente per produrre calore e tutte le calorie vengono assorbite. Ciò significa che una volta sostituito uno dei pasti con l’Enervit, gli altri due possono essere robusti? Per la gioia dei golosi, devo rispondere sì. La colazione, intanto, è basilare per stare bene. Gli italiani dovrebbero alzarsi un po’ prima per dedicare mezz’ora a una tranquilla e completa colazione, possibilmente con cereali integrali, col prezioso germe di grano che dà vitalità. Bene anche un pomodoro, un uovo alla coque purché non tutti i giorni, anche una fettina di carne. Come gli inglesi, insomma. Anche come gli italiani di cento anni fa, quando i muratori bergamaschi si preparavano a una giornata di fatiche con un robusto minestrone e i contadini toscani facevano colazione con la forchetta. L’importante è non copiare i tedeschi, che sono grassi perché fanno colazioni troppo dolci, ed evitare la brioche, il cappuccino con tre cucchiaini di

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Come capita, la genesi di un riuscito slogan - Forti e Magri - legato a un prodotto di grande successo quale Enervit Protein, è stata del tutto casuale. Chi si immagina una grande agenzia di pubblicità, con un nutrito parco di creativi, è decisamente fuori strada, deve arrendersi a quanto in realtà è accaduto. Ce lo raccontano Enrico Arcelli e Alberto Sorbini, testimoni del lieto evento. “L’espressione Forti e Magri è nata per un articolo che avevo scritto per spiegare il meccanismo d'azione di Enervit Protein. Mi ero soffermato sul fatto che il prodotto toglieva l’appetito e per spiegarlo avevo inventato un titolo chilometrico, peraltro utile a esprimere il concetto. Il titolo era “Il segreto per diventare forti e magri”. Ne parlai con Alberto Sorbini che lo sottopose al padre. Il dottore non ebbe esitazioni, disse che con quel titolo non saremmo andati da nessuna parte. A quel punto, però, Alberto quasi sfinito dalla discussione gridò: “Allora chiamiamolo Forti e Magri”. Da una litigata nacque dunque una grande intuizione. Un successo.

zucchero, i biscotti che si possono utilmente e piacevolmente sostituire con fette di pane vecchio tostato, l’acqua tonica, la gomma da masticare. Non è solo un problema di prima colazione: dopo aver pranzato con l’Enervit, che dà solo 300 calorie, è comprensibile che ci si butti sul cibo… Questo non dovrebbe accadere perché uno degli ingredienti del prodotto è il guar, un pisello indiano, che è addensante e dà un senso di sazietà. Un altro ingrediente, il fruttosio, una volta assorbito si trasforma in glucosio e quindi blocca il fenomeno dell’ipoglicemia e di conseguenza l’appetito… Questo per l’effetto dimagrante. E per quello ricostituente? Per quello ci sono, nell’Enervit, le proteine più nobili del latte, ottenute per filtrazione. Sino a ieri


Francesco Moser impegnatissimo durante il suo secondo record in Messico. È il 23 gennaio 1984: nell’ora copre la distanza di Km 51,151.

sembrava impossibile che un ricostituente potesse anche essere dimagrante, e invece ora c’è e la gente può fidarsi, visto che l’hanno provato per primi quelli che io chiamo “gli uomni e le donne da corsa”, che non possono permettersi di sbagliare. È lo stesso motivo per cui si testano i nuovi pneumatici sulle Ferrari da competizione. A proposito, non le sembra che la dieta a base di Enervit Protein sia cara, quattro buste la settimana, per sei settimane, fanno un totale di 90 mila lire. L’Enervit non si prende “in più” come un ricostituente vecchia maniera, si prende “al posto” di un pasto. Non c’è bisogno d’altro perché l’Enervit si beve, come l’ormai sorpassato cocktail. E se si pensa quanto costano ormai un panino e una bibita, che oltretutto non fanno bene… Anche le diete dimagranti non sempre fanno bene, anzi… Le ho già detto come funziona, è impossibile che faccia male. Anzi, so di medici che lo consigliano a pazienti che devono alimentarsi bene senza appesantirsi, come quelli che hanno subito un infarto. Altri lo trovano utile per i malati di gastrite perché poco acido, oppure per gli organismi debilitati, come quelli che di chi ha subito un’operazione, o dei vecchi, che con l’avanzare dell’età perdono tono muscolare. Il dramma di certe diete è che distruggono i muscoli più facilmente del grasso…

Quindi la sua dieta è ideale per ballerine, acrobati, fantasisti, attori Per la gente dello spettacolo è fondamentale conservare, pur dimagrendo, il tono muscolare e la vivacità. Cosa che le tradizionali diete non garantiscono.

GUAI INQUIETARE FRANCESCO Del doppio primato in Messico di Francesco Moser, in quanto responsabile dell’ufficio stampa Equipe Enervit, ho un mare di ricordi, legati soprattutto ai preliminari italiani. Quasi nessuno ci credeva, dicevano ‘tempo e soldi buttati’ . Quando Francesco volò in Messico per acclimatarsi e rifinire la preparazione ci sentivamo al telefono una volta al giorno. Riferivo anche i suoi umori, assai variabili. Curioso fu il dietrofront di quasi tutti i giornalisti e fotografi (un centinaio, non quattro gatti) , passati dallo scetticismo della vigilia ai ‘peana’ dopo il primo riuscito tentativo. Alcuni vissero il secondo come ‘una bazzecola’, qualcuno scrisse che avrebbe potuto fare ben di più. Non lo riferii a Francesco, ancora oggi è meglio non inquietarlo. Sergio Meda


IL

FATTO

I grandi sportivi

testimonial sul campo

MAURIZIO DAMILANO, marcia Tra i primi a usare, all’inizio del 1980, Enervit Protein, pochi mesi dopo l’inizio della dieta ha vinto la medaglia d’oro nella 20 km di marcia ai Giochi di Mosca, a ventitre anni. Mantiene un rapporto peso-altezza perfetto (70 kg per 1.83).

IVAN LENDL, tennis I rivali lo consideravano un “pazzo che si allena troppo, sino a 8 ore al giorno”. Il giovane cecoslovacco era in grado di reggere il ritmo perché aveva rinforzato i muscoli dell’avambraccio assumendo Enervit Protein. Era gracile, allampanato, nessuno avrebbe mai scommesso su di lui. Dopo 44 vittorie consecutive, Lendl è stato il numero uno al mondo nel tennis.

GABRIELLA DORIO, corsa Pur allenandosi intensamente, la graziosa mezzofondista (25 anni) ha la tendenza ad acquisire qualche chilo di grasso, soprattutto sui fianchi. Per eliminarlo, assume Enervit Protein, con netto miglioramento del suo rendimento e della sua linea. AMBROGIO FOGAR, esploratore Per lui l’Equipe Enervit mette a punto un’alimentazione particolare, adatta a sostenerlo durante le sue faticose spedizioni tra i ghiacci polari. L’equilibratissima dieta, di provata efficacia durante la stressante marcia di 280 km sulla banchisa, trainando una slitta, prevedeva anche una busta di Enervit Protein al giorno. 8


SARA SIMEONI, salto in alto Dopo due anni insoddisfacenti a causa di incidenti e di disturbi vari, fra cui una forma allergica che l’ha costretta a ridurre gli allenamenti, inizia una delle sue ultime stagioni agonistiche (forse l’ultima) con l’intenzione di esprimersi al massimo, possibilmente andando oltre il 2 metri e 1 centimetro che è il primato del mondo in suo possesso. Ha deciso di usare regolarmente Enervit Protein sia per potenziare i muscoli sia per non aumentare di peso: per volare oltre i due metri la leggerezza è indispensabile.

ALBERTO TOMBA, sci È stato lo straordinario protagonista dello sci degli anni ’80 e ’90. Un fenomeno nello slalom speciale e nel gigante. Soprannominato “Tomba la bomba”, aveva accanto l’équipe di Enrico Arcelli quando ha conquistato 50 vittorie in Coppa del Mondo, terzo sciatore di sempre per numero di successi dopo Stenmark e Maier. A Calgary ha vinto l’oro olimpico sia in gigante che in slalom. Si è ripetuto in gigante ad Albertville nel’92. Un eccezionale testimone vincente. REINHOLD MESSNER, alpinista ed esploratore Per lui Enervit Protein e non solo, per poter raggiungere la vetta dei 14 ottomila del pianeta.

MILAN, calcio Enervit accompagna i successi del Milan nei primi anni Duemila modificando le abitudini alimentari dei calciatori rossoneri.

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LA

STAGIONE DEI RECORD

Moser contro un mito Le vicende e i retroscena che hanno portato il campione trentino a sfidare il primato dell’ora di Merckx, frantumato in due occasioni: il 19 gennaio 1984 lo porta a 50 km e 808 metri e, quattro giorni più tardi, lo fissa in 51 km e 151 metri

Questa immagine della Giroclinica è del 1978; è in funzione da sei anni e propone ai ciclisti una serie di indagini fruttuose.

LA SCINTILLA DAL CICLISMO I RISCONTRI CON LO SCI I primi riscontri nel ciclismo, decisivi per il seguito delle investigazioni nello sport, si legano a un episodio singolare accaduto al corridore professionista Marcello Osler, al Giro d’Italia in crisi sul Passo Sella, una salita di relativa difficoltà. Un controllo immediato - ricorda Paolo Sorbini -

accertò che Osler aveva la glicemia bassa. Ripartì mangiando qualche zolletta di zucchero ma lo ritrovammo poco dopo in crisi completa. Il nuovo prelievo riscontrò la condizione di ipoglicemia. Era vuoto di energie. Solo in seguito accertammo che lo zucchero (inteso come saccarosio) era il responsabile delle crisi. Le famose “cotte da fame” erano la conseguenza di una crisi ipoglicemica in atto. Studi successivi ci confermarono che per rifornire i “serbatoi” di glicogeno non bisognava usare il saccarosio, come si era soliti fare, ma occorreva ricorrere al fruttosio, che può essere dato anche ai diabetici. Il fruttosio entra lentamente in circolo e non provoca ipoglicemia. Nacque così l’Enervit, in tavolette di fruttosio con aggiunta di vitamina C e B oltre a potassio. In seguito l’azienda mise a punto un “bibitone” a base di cloruro di sodio, ragionando del reintegro dei sali che la sudorazione disperde. La bevanda aprì la strada a Enervit G, integratore di carboidrati, sali minerali, vitamine e aspartati di sodio, potassio e magnesio, una polvere per prevenire i crampi, da sciogliere nell’acqua della borraccia. Le prove effettuate sui ciclisti trovarono ulteriori riscontri negli sciatori impegnati a Cervinia nel chilometro lanciato. Sotto osservazione per un intero mese, alcuni atleti di alto livello, vennero sottoposti a test elettrocardiografici ed elettromiografici con apparecchiature sofisticate, non impiegabili sui ciclisti in corsa, con ulteriori passi avanti sulla strada della ricerca.

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OLTRE IL DOPING, UN TEMA RICORRENTE La prima occasione si concretizza nel gennaio del 1982, a Milano, nel salone di rappresentanza della Fondazione Cariplo, dove va in scena “Oltre il doping”, un convegno al quale partecipano Sara Simeoni e Maurizio Damilano, entrambi campioni olimpici (a Mosca 1980), che avevano avuto beneficio dall’uso di Enervit Protein. Avevano aumentato la potenza dei loro muscoli ed erano, nel contempo, dimagriti. Anche le ragazze dell’Isef erano dimagrite. Pure alcuni sollevatori di peso lombardi si servivano di quel prodotto che, oltre a “muscolarli”, dava loro un senso di sazietà e consentiva di perdere il peso superfluo. I giornali scrivono allora di un piccolo industriale farmaceutico che ha scoperto un buon prodotto per “muscolare” gli sportivi, con una variante interessante: quel prodotto riduce la massa grassa, la trasforma utilmente in massa muscolare, massa magra. Di lì a poco scoppierà il boom delle vendite che metterà in crisi le strutture aziendali, impreparate. Era infatti prevista una domanda non superiore a qualche migliaio di confezioni da parte degli sportivi praticanti, mentre i quantitativi di prodotto pensati per un mese furono bruciati in due giorni. Prima del boom Also fatturava 10 miliardi di lire. In pochi mesi divennero oltre 40. Le sperimentazioni erano in corso da tempo, sin dai primi anni Settanta, grazie all’amicizia tra Paolo Sorbini e Vincenzo Torriani, patron del Giro d’Italia. Proprio nel 1972 venne offerta alla Also la possibilità di inviare al seguito dei ciclisti un furgone attrezzato a laboratorio e dotato di medici, biologi, dietologi e traumatologi, che andava ben oltre le proposte in assistenza sino ad allora offerte dalla francese Aspro. Nasce allora la Giroclinica che per quindici anni accompagnerà i ciclisti professionisti con misurazioni e rilievi tutti fruttuosi, in particolare sul glucosio di cui si scopre il ruolo attivo nelle crisi di fame (le famose “cotte”). Non a caso nascono come primo prodotto targato Enervit le tavolette di fruttosio con sali minerali. A seguire Enervit G, poi GT, la bibita che reintegra i sali, frutto diretto delle rilevazioni al Giro. Solo in seguito si è passati al rinforzo dei muscoli, tramite le proteine. Come? A differenza di sostanze come i grassi e i carboidrati, il corpo non ha riserve di proteine, il cui apporto è esterno. Ad evitare che non potessero essere impiegate, e quindi eliminate senza costrutto, era importante che le proteine venissero assorbite, smontate e quindi rimontate sotto forma di muscolo. Scatta qui l’effetto dimagrante: pur con apporto di poche calorie, c’è un notevole senso di sazietà e contemporaneamente le sostanze che forniscono energia, aiutano a costruire, se è il caso, nuovi muscoli. Obbligandole a prendere calorie dai grassi, si ottiene l’effetto dimagrante. “Oltre il doping” diventa un cavallo di battaglia per Also Enervit, è un tema ricorrente, tanto che con lo stesso titolo vengono proposti altri due incontri al Giro d’Italia, in aggiornamento del convegno del 1982. Capita nel 1984 a suggello del record dell’ora di Francesco Moser e nel 1986, per parlare di integrazione salutare nella sport, non nel solo ciclismo.

l nome dell’uomo da battere, Eddy Merckx, incuteva timore, ma chi si mise all’opera perché l’impresa si compisse, la considerava non proibitiva. Difficile ma non impossibile. Per primo il professor Enrico Arcelli, responsabile dell’équipe che aveva messo a punto le soluzioni più opportune per consentire a Francesco Moser di abbattere il primato, anche di un solo metro, rispetto alla distanza, - 49 km e 432 metri - percorsa dall’asso belga nel 1972. Quel primato era stato realizzato sulla pista in legno del velodromo olimpico di Città del Messico, non più agibile undici anni dopo. Fu giocoforza cercare un altro impianto, rintracciato nel Centro Deportivo Olimpico, sempre a Mexico City. Un velodromo in cemento che fu trattato, nella zona nevralgica, alla “corda”, con speciali resine che consentivano una grande scorrevolezza e soprattutto preservavano il corridore da uno dei pericoli in agguato in qualsiasi tentativo: la foratura, che ti costringe ad arrestare l’azione, in qualsiasi momento ma soprattutto non deve intervenire a pochi minuti dalla conclusione di un tentativo vincente. Data la presenza di venti trasversali e discontinui, a raffica, che avrebbero potuto infastidire Moser, fu persino allestita una copertura parziale del velodromo lungo le tribune molto basse, pannellandole con teloni pubblicitari.

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Nel suo compassato ottimismo Arcelli poneva l’accento su alcuni aspetti fondamentali: a Merckx era mancata, undici anni prima, la preparazione specifica, aveva sì pedalato in Belgio sui rulli inspirando aria con ossigeno a bassa pressione, ma veniva da un vittorioso appuntamento con il Giro di Lombardia e quindi da un impegno ravvicinato su strada. Studi successivi accertarono che il campione belga aveva prodotto il suo sforzo nella giornata che meno si adattava alle sue condizioni, vale a dire una settimana dopo l’arrivo in Messico e aveva altresì distribuito male lo sforzo, partendo molto forte e calando nel finale. Non a caso aveva detto “mai più uno sforzo del genere”. E ancora, le cognizioni in fatto di alimentazione e di metodiche di preparazione avevano avuto, nel periodo intercorso, un grande impulso. In più, la bicicletta studiata per il record aveva un assetto aerodinamico migliore e le ruote lenticolari che, opponendo

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UNA FAMIGLIA IN BICI Francesco Moser, classe 1951, figlio di Ignazio e Cecilia Simoni (mamma Cila) è l’ottavo di dieci fratelli, tre dei quali sono stati corridori professionisti negli anni Cinquanta e Sessanta. In primo luogo Aldo, il primogenito, ben distintosi ai tempi di Coppi. A seguire, Enzo e Diego, discreti gregari. Francesco irrompe nel ciclismo che conta nel 1972. È un po’ guascone e fatica ad affermarsi, larga parte dei “senatori” gli corre contro. Miete successi a ripetizione nelle classiche (tre volte la Parigi-Roubaix, due volte il Giro di Lombardia) e nelle tappe del Giro d’Italia, si laurea campione del mondo su strada a San Cristobal, in Venezuela, 1977, ma dopo 11 stagioni sembra ormai logoro. Nel luglio 1983, quando il dottor Sorbini gli propone di tentare il primato dell’ora, è reduce da un brutto Giro d’Italia dal quale si è ritirato e sta maturando il proposito di lasciare la bici. Il doppio primato ottenuto in Messico qualche mese più tardi, nel gennaio 1984, gli riapre la carriera. Nel giro di pochi mesi si aggiudica quanto prima gli è sempre sfuggito, la Milano-Sanremo e il Giro d’Italia 1984.

Una bellissima ricorrenza: il primato dell’ora compie, nel 2004, vent’anni ed è occasione per una grande festa all’Hotel Palace di Milano. Nell’immagine, il protagonista Francesco Moser, taglia la torta celebrativa insieme all’artefice del primato Paolo Sorbini.

minor resistenza all’aria, garantivano da sole un vantaggio di centinaia di metri. Pure il casco era filante, particolarmente aerodinamico, per poter guadagnare quanto più possibile. Era ben chiaro che poi toccava a Moser la parte più delicata, pedalare ad altissimo ritmo per un’ora, ma l’azienda che lo spalleggiava, la Also Enervit, gli aveva messo a disposizione quanto di meglio ci fosse in Italia, come tecnologia e persone di esperienza, ciascuna nel proprio ambito, senza sovrapposizioni. Nulla, insomma, era stato lasciato al caso, con una grande novità: le ripetute in salita, proposte dal preparatore Aldo Sassi, garantivano il potenziamento ben più delle partenze da fermo, peraltro poco gradite da un ciclista professionista. Per la prima volta nella storia dello sport, non del solo ciclismo, un uomo era stato posto in una galleria del vento - quella di Pinifarina, nei pressi di Torino, a La Mandria - per testare i materiali già sperimentati al Palasport di Milano, durante gli allenamenti in vista del tentativo di primato. Per Francesco Moser un’esperienza abbastanza traumatizzante, considerate le temperature della galleria, 10 gradi sotto zero, che nessuno aveva messo nel conto. Qualsiasi gal-

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leria del vento normalmente ospita sagome aerodinamiche, in ferro o in altri materiali, non certo un uomo in bici con due maglie di lana sovrapposte. Il test includeva il profilo aerodinamico della bicicletta, con in sella il suo collaudatore, in considerazione della posizione più filante, con la ruota anteriore più piccola e il manubrio ben più basso del normale. Un Cx, un coefficiente di penetrazione all’aria comunque elevato, in ogni caso da valutare, proprio per ricavarne un vantaggio. Francesco Moser per acclimatarsi al meglio si era portato in Messico per tempo, a fine dicembre 1983, con la moglie Carla e la piccola Francesca, 14 mesi ancora da compiere. Con loro anche il fedele Giorgio Gamberini, il massaggiatore e sua moglie Anna, nel ruolo di cuoca e donna di casa. Per la famiglia allargata era stato scelto un appartamento non grande a Mexico City. L’unica controindicazione rispetto all’anno di Merckx era l’aumentato livello d’inquinamento atmosferico. Quanto a Merckx, in un confronto televisivo qualche settimana prima della partenza di Francesco per il Messico, si era dichiarato scettico


I componenti dell’Équipe Enervit schierati al Centro Deportivo Olimpico di Città del Messico esultano dopo la conquista del doppio primato dell’ora.

sulle possibilità che il suo record venisse battuto: “Farà un buco nell’acqua - aveva detto con scarso fair play - perché ha 33 anni ed è in fase discendente. Io nel 1972 ero all’apice della carriera. Il mio record è difficilmente battibile, soprattutto da parte di Francesco”.

Francesco sta quasi sempre sotto quel dato cronometrico, soprattutto non accusa alcun cedimento. La sua media oraria, dopo 100 giri di pista, fa prevedere un risultato finale fra i 50 km e 700 metri e i 50 km e 800. L’esito reale sono 50 km e 808 metri coperti in un’ora.

Il 19 gennaio 1984 è un giovedì. Tra il pubblico del velodromo del Centro Deportivo c’è anche il commissario tecnico della Nazionale italiana di calcio, Enzo Bearzot, in Messico per preparare l’avventura azzurra al “Mundial” messicano in programma nel 1986. Al velodromo c’è tensione, Moser vorrebbe aspettare i suoi tifosi che arriveranno in massa la domenica successiva, ma lo staff sa che è in grado di far meglio di Merckx. Il velodromo è stipato di pubblico, Francesco scende in pista per il riscaldamento alle 7 del mattino, gira per quasi 90 minuti. Tutto è pronto ma si attende che la temperatura salga a 17 gradi e mezzo, con umidità pari al 53 per cento. Vale a dire le condizioni ottimali. Anche il vento fa giudizio.

Trascorrono solo quattro giorni, il previsto appuntamento del 23 gennaio 1984 vede l’ipotesi di un ritocco del primato, quasi un’esibizione a favore dei molti tifosi trentini che hanno raggiunto il Messico per osannare il proprio beniamino. Tre le tabelle di marcia previste dallo staff, la più ambiziosa vede il superamento del primato del 19 gennaio oltre quota 51 km nell’ora. Francesco, neanche a dirlo, prende in considerazione solo quella.

L’ipotesi è che Moser tiri dritto solo se sarà, ai 20 km, in ottimo vantaggio sul primato precedente. In effetti Moser parte a bomba, vola i 5 km con quattro secondi di margine sul danese, sta molto sotto anche sui 10 e arriva ai 20 km con quasi 36 secondi vantaggio su Merckx. Le ipotesi della vigilia raccontavano di un ritmo di 103 pedalate al minuto, pari a 24 secondi a tornata.

Alle 10 e 54 di lunedì 23 Moser è pronto per il via. Temperatura di 20 gradi, umidità solo del 50 per cento. Moser monta un rapporto che alcuni dicono fantascientifico, che gli farà guadagnare 14 centimetri a pedalata. Moser parte a tutta, nei primi cinque km la sua media sfiora i 54 orari, nuovi record intermedi, solo il vento che si alza impetuoso fa vacillare qualche tifoso, non Moser che sembra non curarsene. La tabella più alta prevedeva un risultato vicino ai 51 km e 200 metri. Sta sotto di pochissimo, chiude coprendo 51 km e 151 metri. Non contano i centimetri ma le cronache annotano qualche quelli: 35.

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REINHOLD MESSNER ALPINISTA ESPLORATORE Alpinista, esploratore, scrittore e conferenziere, Reinhold Messner nasce a Bressanone il 17 settembre 1944, secondogenito di nove. Di matrice e cultura sud-tirolese, Reinhold impara l’italiano a scuola. Un segnale chiaro della sua passione per la montagna e per i suoi protagonisti viene dal suo primo tema in italiano, in cui scrive del noto alpinista Walter Bonatti. L’esordio in montagna è davvero prematuro, avviene a soli 5 anni quando accompagna il padre sulle "Odle", massiccio montuoso nei pressi di Bressanone. Seguono, da adolescente, le esperienze con il fratello Günther, poi le ascese di montagne lontane, in altri continenti, in primis le cime andine, che contrassegnano le prime esperienze a quota 6.000 metri di altitudine. Geometra, frequenta senza laurearsi l'Università a Padova, distratto dai suoi impegni in montagna. Già negli anni Sessanta si segnala per alcune rischiose ascensioni in solitaria. Delle 3500 scalate portate a termine, un centinaio sono prime assolute. Apre vie nuove, d'inverno e da solo, senza ricorrere, se non marginalmente, ai mezzi artificiali che non ama. Per lui un sistema che “viola” la montagna. È il 1970 quando, insieme a Günther, viene invitato ad aggregarsi alla spedizione del Nanga Parbat, il suo primo Ottomila. L’esordio è drammatico, la discesa dopo aver raggiunto la vetta è tragica, per le disastrose condizioni meteo. Le conseguenze sono tremende. Günther non ce la fa e muore, Reinhold si vede amputate alcune dita dei piedi, a seguito di un grave congelamento. Alla tragedia è dedicata la pellicola "Nanga Parbat", uscita nel 2011, alla quale Messner ha concorso. Dopo alcune titubanze decide di continuare il suo dialogo con la montagna. L’impresa più rischiosa è la scalata dell'Everest in stile alpino, senza ausilio dell'ossigeno. Il successo del tentativo lo induce a osare ulteriormente: tenta la scalata dell'Everest in solitaria. Per Messner è la prima grande avventura volta a un disegno che per alcuni è recordismo, per lui semplice soddisfazione. Non conquista le vette, si limita a salire in cima a tutti e 14 gli Ottomila presenti sul pianeta, con l’ausilio delle più raffinate tecnologie alimentari e di bravissimi compagni di cordata, fra i quali Hans Kammerlander, amico e compagno di molte avventure. Sul fronte dei materiali ne limita sempre l’utilizzo all’essenziale. Reinhold Messner si rifà in tutte le sue esperienze ai grandi alpinisti del passato, non a caso il museo della montagna che ha concorso a erigere a Solda conserva gli oggetti che celebrano la vita e le esperienze dei più affermati di ogni tempo. Un doveroso omaggio a chi lo ha preceduto. Alle imprese alpinistiche fanno seguito quelle dell’esploratore. La prima è la traversata del continente antartico passando per il polo Sud (insieme a Arved Fuchs), compiuta senza motori o cani, ma solo con la forza muscolare o con la spinta del vento; analogamente, nel 1993, con il secondo fratello Hubert, attraversa la Groenlandia. Nel 2004, sessantenne, attraversa a piedi il deserto asiatico del Gobi. Un impegno di otto mesi in solitario, per coprire i 2000 km portando con sé uno zaino di oltre 40 kg con una riserva d'acqua di 25 litri. Notissimo a livello internazionale, Messner ha scritto 25 libri, tutti in lingua tedesca, la gran parte dei quali sono stati tradotti in italiano. Ha tenuto centinaia di conferenze in ogni continente. Eletto come indipendente nella lista dei Verdi italiani, è stato membro del Parlamento Europeo dal 1999 al 2004.


AMBROGIO FOGAR UN INDOMABILE AVVENTUROSO Navigatore, esploratore, scrittore e conduttore televisivo. Tutto questo è stato Ambrogio Fogar, sino ai giorni terribili seguiti all’incidente automobilistico occorsogli nel 1992 nel deserto del Turkmenistan, durante il raid Parigi-Mosca-Pechino. Da quel giorno un uomo che aveva spaziato dal mare ai deserti al Polo, convinto che il suo impegno fosse “procedere oltre, come se nulla desse limiti”, si è visto costretto in un letto, paralizzato, incapace di respirare autonomamente, sino alla crisi cardiaca che lo ha portato via nel 2006. Aveva debuttato presto, a 18 anni, nel ruolo di moderno esploratore, quando pareva che nulla del pianeta riservasse dei segreti: dapprima la traversata delle Alpi con gli sci, compiuta due volte, poi la passionaccia per il paracadutismo, prima di un grave incidente che poteva costargli la vita. A seguire, il brevetto di pilota per piccoli aerei acrobatici, per levarsi comunque da terra. Poi la scoperta del mare, che diventa passione irrefrenabile: nel 1972 attraversa l'Atlantico in solitaria, l'anno dopo partecipa alla regata Città del Capo-Rio de Janeiro. Nel 1974 compie il giro del mondo in barca a vela, in solitaria, da Est verso Ovest, contro le correnti e il senso dei venti. Nel 1978 la drammatica avventura del "Surprise", la sua barca, viene affondata da un'orca al largo delle Falkland mentre l'esploratore sta tentando la circumnavigazione dell'Antartide: Fogar va alla deriva su una zattera per 74 giorni insieme al giornalista Mauro Mancini. Quest'ultimo perde la vita, lui viene tratto in salvo per puro caso. Prepara subito un nuovo impegno che onorerà dopo due anni: sosterrà due mesi intensi e impegnativi in Alaska per imparare a guidare i cani da slitta, poi il trasferimento nella zona dell'Himalaya e in seguito in Groenlandia: il suo obiettivo è quello di preparare un viaggio in solitaria, a piedi, al Polo Nord in compagnia del suo fedele cane Armaduk, un Husky siberiano. Negli anni Ottanta approda in televisione, conduce "Jonathan, dimensione avventura". Per sette anni gira il mondo con la sua troupe, realizzando immagini di rara bellezza e spesso in condizioni di estremo pericolo. Dopo tre partecipazioni alla Parigi-Dakar e altrettanti Rally dei Faraoni, lo schianto durante il raid Parigi-Mosca-Pechino. Il camion su cui viaggia si capovolge. Il verdetto è impietoso: seconda vertebra cervicale spezzata e midollo spinale tranciato. L'incidente gli provoca l'immobilità assoluta e permanente, con l'impossibilità di respirare autonomamente. L’infermità non lo blocca. Nell'estate del 1997 è protagonista di un giro d'Italia in barca a vela su una sedia a rotelle basculante. Il tour, denominato “Operazione Speranza", promuove in tutti i porti che tocca la campagna di sensibilizzazione nei confronti delle persone disabili, destinate a vivere su una carrozzella.


ENERVIT E NON SOLO

Dalla scienza le conferme Lo sport e le sue ricadute in ambito nutrizionale contraddistinguono gli ultimi trent’anni di un’azienda al servizio del benessere alimentare di noi tutti

a prima svolta di Enervit nello sport data i primi anni Settanta quando i suoi sperimentatori misurarono la glicemia ai corridori durante il Giro d’Italia, nel momento di massimo sforzo fisico, per capire il loro fabbisogno energetico. “Era un progetto pionieristico, siamo stati la prima azienda in Europa a promuovere un lavoro fianco a fianco con gli atleti”, racconta Alberto Sorbini, presidente e amministratore delegato di Enervit S.p.A. Da questa prima intuizione, all’inizio degli anni Ottanta, nasce la linea Sport&Fitness con i prodotti energetici e gli integratori di sali minerali, a cui nel corso degli anni e grazie alle ricerche nutrizionali e sul metabolismo degli atleti si sono aggiunte molte soluzioni, sino all’ultimo nato, Pre Sport, una gelatina da mangiare prima di prestazioni oltre l’ora (come una gara di fondo, tipo la maratona, ma anche una partita di calcio), per sfruttare al massimo le proprie riserve di energie. “Questione fondamentale - prosegue Alberto Sorbini - è sapere cosa è meglio mangiare prima della gara. Per anni si è pensato che la soluzione ottimale fosse assumere carboidrati ad alto indice glicemico. Una nostra ricerca del 2009, pubblicata a livello internazionale, ha dimostrato invece che assumere alimenti a basso indice glicemico, che mantengono i livelli di insulina bassi, consente di attingere energia dal più grande serbatoio che abbiamo, i grassi. E quindi rendere di più”. Per studiare l’organismo degli sportivi, fin dall’inizio, Enervit si fa affiancare da Enrico Arcelli, considerato il primo preparatore atletico italiano. Un medico dello sport che ha seguito molti campioni, sia a livello di squadra sia individuale. La sua passione per lo sport unita a quella del patron di Ener-

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“Lo spirito sportivo è un’energia positiva che ci rende migliori” vit fa nascere il secondo campo di interesse dell’azienda: il cosiddetto weight management. “Fu Arcelli per primo a osservare che il fruttosio è uno zucchero a basso indice glicemico, utile quindi nell’alimentazione di chi fa sport”, spiega ancora Sorbini. La linea di prodotti che scaturisce da questi studi ha avuto una grande testimonial, Sara Simeoni. Quando incontra Enervit, la saltatrice di Rivoli Veronese è già famosa e molto magra, ma non al meglio della forma fisica. “Arcelli la misurò e le disse che doveva dimagrire, doveva perdere un chilo di massa grassa, senza toccare i muscoli”, racconta l’amministratore delegato. “Era la prima volta che si parlava di differenza fra massa grassa e magra; un concetto che oggi è entrato nel novero delle conoscenze scientifiche di base per chi si occupa di nutrizione e benessere. Grazie al prodotto “brucia grassi” di Enervit, il Protein, la Simeoni perse quel chilo di troppo e vinse il famoso oro olimpico del 1980. Nel corso degli anni Enervit è stata al fianco di numerosi atleti, da Valentina Vezzali e Alberto Tomba al team di Mascalzone Latino, tanto per citarne alcuni. “Oggi - specifica Sorbini - seguiamo Clemente Russo, argento olimpico della boxe, Jerry Ahlrin, campione mondiale di sci di fondo, Alessandro Fabian, campione italiano di triathlon, Fabrizio Macchi, campione di paraciclismo su


La squadra Enervit in posa prima del via della Maratona dles Dolomites. Alberto Sorbini, presidente e amministratore delegato Enervit S.p.A., nasce a Milano nel 1957. Dal 1992 è amministratore delegato di Enervit S.p.A. e dal 2007 ricopre anche la carica di presidente del consiglio di amministrazione. Ha corso 9 edizioni della maratona di New York e due edizioni della Maratona dles Dolomites di ciclismo.

strada. E ancora la Di Francisca, la schermitrice che sta mietendo successi. È lei la nouvelle vague del fioretto italiano”. Veniamo ora alla terza passione che caratterizza l’azienda di Zelbio, quella per gli alimenti dietetici a favore dell’intera popolazione, non dei soli sportivi. Alla fine degli anni Novanta entrano in gioco gli alimenti proposti da Enervit ispirati alla Zona, regole di vita proposte da Barry Sears, ricercatore alla Boston University School of Medicine e al Massachusetts Institute of Technology. “Dai presupposti del professor Sears - racconta Sorbini è nato un sodalizio di ricerca con le università di Siena e di Milano e si sono sviluppati alimenti la cui composizione rispetta la regola del 40-30-30, la percentuale calorica di carboidrati, proteine e grassi per mantenere sotto controllo i livelli di infiammazione. Per dimostrare l’efficacia della teoria di Sears, Enervit ha promosso diversi studi clinici anche con esperti internazionali, come il professor Martinez della spagnola Università di Navarra”. Le sperimentazioni che iniziarono negli anni Settanta hanno trovato con il terzo millennio un deciso sviluppo in termini di ricerche applicate. “Con la nascita di Équipe Enervit, l’azienda che produce ricerca e divulgazione sulla nutrizione, abbiamo incrementato i contributi dei consulenti scientifici di respiro internazionale, in una logica

che, sia chiaro, è avulsa dal contesto aziendale, anche se le ricadute non mancano, in termini di prodotti sviluppati in base alle comprove, alle validazioni scientifice. L’esempio della Formula Uno per il mercato dell’auto, per le ricadute che ne derivano, è calzante”.

QUATTRO LINEE DI PRODOTTO Le principali linee di prodotto sono identificate dai marchi Enervit, EnerZona®, Enervit Protein® e Gymline®. La prima (Enervit) è una linea completa di integratori per lo sport, per l’efficienza ed il recupero muscolare prima, durante e dopo l'attività sportiva; la seconda, (EnerZona) destinata al wellness, è un marchio che in Europa identifica in maniera esclusiva la Zone Diet ideata da Barry Sears e rappresenta una linea di prodotti studiati appositamente per raggiungere il benessere fisico e mentale; la terza (Enervit Protein) caratterizza i prodotti dedicati all’Health & Diet. Con il marchio Gymline®, invece, la società mira al mantenimento del tono e allo sviluppo muscolare.

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INDICE GLICEMICO

Un’intuizione divenuta realtà

La calma dell’insulina e l’indice glicemico, i cavalli di battaglia di Paolo Sorbini, incontrano le razionalizzazioni di Barry Sears in merito ai rapporti fra proteine, carboidrati e grassi. EnerZona non è altro che lo sviluppo logico di Enervit Protein, come racconta il dottor Arcelli

aureato in Medicina e Chirurgia, tre specializzazioni - Medicina dello Sport, Scienza dell’alimentazione, Medicina del Lavoro - Enrico Arcelli, classe 1940, medico dello sport, dell’alimentazione e del lavoro, apprezzato allenatore e preparatore atletico, negli anni Settanta fu avvicinato dal dottor Paolo Sorbini in seguito all’esordio letterario di Arcelli, il suo celebre Correre è bello. Allora di sport si scriveva distrattamente, quasi mancasse l’interesse a scrutarne i fenomeni. I due iniziarono un dialogo serrato, l’uno da farmacista illuminato e curiosissimo, l’altro da medico che cercava sul campo le risposte agli interrogativi, spesso irrisolti, di un grande fisiologo quale il professor Rodolfo Margaria di cui Arcelli è stato a lungo uno scrupoloso discepolo. Con Sorbini fu subito sintonia piena tanto che ad Arcelli non a caso si ascrissero dapprima le indagini sperimentali sugli atleti, poi quelle razionali e scientifiche, quelle che hanno dettato le scelte e le svolte legate al pianeta Enervit e derivati.

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Professore associato presso la Facoltà di Scienze Motorie dell’Università degli Studi di Milano e presidente dell’Équipe Enervit, la libera associazione che si occupa di ricerche applicate allo sport, Arcelli entrò in gioco nel 1979 in Australia durante un ritiro preolimpico dei marciatori azzurri in vista dei Giochi di Mosca in programma l’anno successivo. “Nell’occasione mi capitò di leggere su una rivista specializzata un articolo di un biochimico americano che riferiva dei buoni risultati ottenuti con le proteine, al posto degli anabolizzanti, per muscolare gli atleti. Primo cenno alla teoria della Zona perché troppi carboidrati già allora non convincevano. Paolo Sorbini accennava già alla calma dell’insulina, noi ragionavamo di frut-

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tosio unito a proteine. La farina di guar subentra in Messico, nel marzo 1980, quando ancora i beveroni del futuro Enervit Protein venivano insaporiti con uova frullate, una a testa. Il dosaggio dipendeva da Paolo Sorbini, geniale in queste sue formulazioni. Le proteine venivano assorbite più lentamente, il tentativo con la crusca fu terribile, si scelse allora la farina di guar. Il prodotto lo pensavamo utile per migliorare la muscolatura, l'idea che avesse effetti dimagranti sarebbe venuta in seguito. Ce ne riferì Angelo Lavarda, responsabile del ciclismo su pista per la Federazione, che aveva necessità di “fabbricare” rapidamente dei pistard, sostenendo che i ragazzi affidati a lui, oltre a muscolare, tendevano a non mangiare, si sentivano sazi”. E ancora, racconta Arcelli, “le conferme vennero dai sollevatori di pesi di una palestra di Como, gente che intendeva mettere su muscoli senza ricorrere agli anabolizzanti. Finito di lavorare in palestra non mangiavano, si sentivano sazi. Diavolo, dissi io, non va bene che dimagriscano. Invece no, ribatté l’allenatore, si sentono bene, più forti e se calano di peso entrano nella categoria inferiore, sono più competitivi”. La perdita dell'appetito inquietò non pochi in Enervit, sino a quando non si scoprì il motivo: “Il guar aveva il vantaggio di modulare l’assorbimento delle molecole del fruttosio (che di suo si assorbe molto lentamente) e degli aminoacidi che derivano dalla digestione delle proteine; in un certo senso, la farina di guar abbassa ulteriormente l’indice glicemico degli alimenti e fa sì che l’insulina si alzi ancor meno. La calma insulinemica e l’energia necessaria per lo sport, spesso le prendi dalle riserve di grasso. Si devono scindere le due cose: la calma insulinemica deriva dal fatto che le proteine e ancor più il fruttosio fanno


Medico sportivo e dietologo, anche preparatore atletico, presiede il Comitato Scientifico dell’Équipe Enervit Fa parte del Comitato Scientifico della Fondazione Paolo Sorbini. Scrive su diverse testate sportive da Correre a Scienza & Sport a Sport Week, dove cura una rubrica settimanale sulla nutrizione. È autore di diversi libri sulla Corsa: quelli sull’allenamento della maratona sono tradotti perfino in russo e in cinese. Il suo Correre è Bello è il libro più venduto di sport in Italia. Nell’ambiente del running è un “mito” ed è conosciuto anche con il soprannome di “Professor Corsa”.

alzare poco l’insulina e ancor meno la fanno alzare se combinati alla farina di guar. Quanto all’origine dell’energia, succede che se la glicemia si alza e, di conseguenza, c’è un alto livello di insulina, i muscoli non utilizzano i grassi; se la concentrazione nel sangue dell’insulina è bassa, invece, se ne consuma una certa quantità”. Prima di allora, dei primi anni Ottanta, si ragionava soltanto di calorie, valeva il principio del quantitativo introitato: quando è maggiore di quel che consumi è certo che ingrassi. “Una banalità che imperava”, insiste Arcelli, “Barry Sears entra in gioco più tardi, negli anni Novanta, quando giunge notizia che questo biochimico statunitense si era espresso in un libro in cui raccontava una dieta particolare, decisamente rivoluzionaria. Il volume sulla dieta Zona me lo procurò il pilota di formula 1 Max Papis, genero di Mario Andretti, dopo aver letto come lo sprinter Maurice Green ne avesse recato importanti vantaggi. Non a caso poi vinse i 100 metri all’Olimpiade di Sydney. Ma temevo che la Zona fosse un’americanata come altre che avevo conosciute. Stando a Sears il suo regime nutrizionale avrebbe eliminato ogni problema: infarto, tumori, quasi tutto. Sembrava una Vanna Marchi d’oltre oceano. Onestamente, non conoscendolo, temevo che fosse un po’ facilone”. Anche i nutrizionisti italiani insorsero, salvo poi ricredersi. Come mai, Arcelli? “Perché gli scienziati osteggiano la novità, spesso per pigrizia o per refrattarietà al cambiamento”. Un passo indietro: Enervit Protein firmò il suo boom nel 1982, spinto dall’immagine di Sara Simeoni. “Una donna”, racconta Arcelli, “che piaceva a tutti: agli uomini ma anche alle donne. Rassicurante, amica, credibile. E accrebbe il suo impatto dopo il primato dell’ora di Moser in Messico, nel 1984. Ma la svolta verso il futuro è riconducibile a Messner nella sua attività di esploratore al Polo Sud. Ricordo che un fisiologo francese molto apprezzato, Lacour, ne aveva seguito le vicende e si interessò molto del fatto che il grande alpinista altoatesino si fosse nutrito in una

percentuale importante di carboidrati. Fondamentale, scrisse, che ci fossero le proteine dovute e i carboidrati a basso indice glicemico”. Entra e non esce mai dal gioco la calma dell’insulina, fattore chiave. E bisogna guardare anche Oltreoceno: “La Piramide alimentare Usa, in apparenza espressione del Ministero dell’Agricoltura statunitense, in realtà prendeva in considerazione i derivati del frumento, non quelli utili. Walter Willet, epidemiologo e dietologo ad Harvard, ha scritto che non sarebbe possibile calcolare quanti morti ci sarebbero stati in più negli Usa per colpa della Piramide alimentare. Il professor David Jenkins ha cominciato a riferire dell’indice glicemico che differenzia i carboidrati complessi da quelli semplici”. Arriviamo al 1999, quando Eddy Ottoz, il grande exostacolista, telefonò a Enrico Arcelli dopo un corso tenuto da Barry Sears, chiedendogli di tradurre il volume Enter the Zone. “Da allora lo avvicinammo, per primo il dottor Sorbini che ne trasse un’ottima impressione. Si trovavano a parlare la medesima lingua. Anch’io mi convinsi, gran parte delle perplessità vennero meno: la Zona racchiude le regole della sana alimentazione, tanta verdura, tanta frutta, grassi saturi praticamente eliminati a favore delle carni magre, quindi pollame e pesce. I carboidrati ridimensionati rispetto a quanto va sotto il nome di dieta mediterranea ma anche qui bisogna capirsi. La dieta mediterranea è stata codificata da un americano, negli anni Cinquanta, si chiamava Ancel Keys, è morto a 101 anni. Keys faceva riferimento in particolare agli abitanti di Creta e agli italiani del Cilento che mangiavano da sempre pesce, verdura, frutta fresca e condivano esclusivamente con olio l’oliva. Usano il pane integrale, fatto con grano appena macinato, quindi con la crusca. Ai dettami della dieta mediterranea, in corrette proporzioni dei nutrienti, abbiamo aggiunto gli acidi grassi “omega-3 Rx” prodotto base della dieta Zona che si ottiene attraverso un lungo e complesso processo di concentrazione e purificazione, cioè la distillazione molecolare. Questo processo è particolarmente importante in quanto permette di proporre al consumatore un prodotto molto concentrato, efficace, stabile nel tempo e privo di sgradevoli sapori”. “Di nostro, rispetto alle teorie di Sears, abbiamo aggiunto gli omega-3 con il razionale più opportuno, quelli raffinati che danno le migliori garanzie”.

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A NNI D UEMILA

La logicità della Zona

I cibi proteici da privilegiare sono tutti magri (pesce, pollame, bresaola), l’olio extra vergine d’oliva è il condimento d’elezione. In ogni pasto abbondano verdura e frutta fresca. Dovendo ridurre il consumo di saccarosio vanno esclusi i cibi e le bevande che ne contengono in abbondanza. Tra gli alimenti ricchi di carboidrati privilegiare quelli a basso indice glicemico

n passato c’era stato chi aveva criticato la strategia alimentare Zona affermando che era iperproteica. Da qualche tempo sembra che tutti abbiano finalmente capito che sono le regole stesse della Zona a impedire che si possano raggiungere quantitativi in eccesso di proteine. La Zona, del resto, ha la caratteristica di racchiudere i sé tutti gli aspetti dell’alimentazione che, secondo i massimi studiosi dell’argomento, sono utili per favorire la salute, il benessere e la longevità. Non ne manca proprio nessuno. I cibi proteici da consumare, per esempio, sono quelli magri, a partire dal pesce, dal pollame, dagli affettati magri (bresaola, prosciutto sgrassato…); fra i latticini viene data la preferenza a quelli a basso contenuto in grassi; gli alcolici sono bevuti in quantità ridotta; l’olio extra vergine d’oliva è il condimento di prima scelta, mentre vanno eliminanti il più possibile gli oli idrogenati. La verdura, poi, è presente in abbondanza in tutti i pasti principali e la frutta fresca non manca mai. Si consiglia altresì di consumare poco saccarosio e pochi cibi e bevande che ne contengono in abbondanza, mentre fra gli altri alimenti ricchi di carboidrati, vengono raccomandati quelli a basso indice glicemico.

I La copertina del volume di Barry Sears edito da Sperling & Kupfer, che ha riscosso un grande successo in Italia.

LA ZONA È IPOCALORICA. In più la Zona è ipocalorica. Gli studiosi di longevità non si trovano mai d’accordo su nulla: ognuno di loro ha una sua spiegazione su come si possa fare per arrivare a vivere per 110 anni o più. Su una cosa sola concordano: per aumentare la probabilità di vivere molto a lungo, mantenendosi al contempo efficienti e indenni da varie malattie, si deve mangiare poco. E la Zona consente di assumere una quantità ridotta di calorie senza assolutamente soffrire la fame. Essa, infatti, da

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un lato raccomanda di evitare i cibi che fanno insorgere precocemente l’appetito (in particolare quelli ricchi di carboidrati concentrati e raffinati, quelli ad alto indice glicemico, come il pane, le patate, il riso, le bevande dolci, i cereali del mattino e così via) e dall’altro lato consiglia di preferire quelli che favoriscono la sazietà, sia quella a breve termine che quella a lungo termine. Chi fa la Zona, poi, si sente molto bene e non ha carenze alimentari di alcun tipo, dato che, grazie ad essa, tutti i nutrienti (a partire da quelli essenziali) vengono assunti nelle quantità corrette. I POLIFENOLI. La Zona, inoltre, si aggiorna continuamente. Essa, per esempio, è fondamentalmente un tipo di alimentazione che, per sua natura, combatte le infiammazioni e le ossidazioni. Negli ultimi anni, ad ogni modo, via via che sono aumentate le conoscenze su alcune molecole utilissime da tali punto di vista, quali sono i polifenoli (si pensi alla curcumina del curry, all’idrossitirosolo dell’olio extra vergine d’oliva o alle antocianine del maqui, il mirtillo del Cile), nei libri dedicati alla Zona è stato suggerito di aumentare l’utilizzo quotidiano di queste sostanze straordinarie, capaci di combattere i radicali liberi, l’infiammazione e i tumori. LA ZONA E LO SPORT. Anche fra i campioni olimpici e mondiali di vari sport sono moltissimi i seguaci della Zona. In quasi tutte le discipline il tipo di alimentazione messo a punto da Barry Sears dà molti vantaggi, in particolare nei giochi di squadra (calcio, basket, rugby…) o individuali (tennis). È anche molto utile impiegarla negli sport nei quali è importante avere una massa muscolare ben sviluppata e/o molta forza: con la Zona si può raggiungere facilmen-


IL DECALOGO

Piramide Strategia Alimentare Zona. La zona rossa segnala gli alimenti sconsigliati. Con moderazione vanno assunti quelli della zona gialla. Via libera agli alimenti della zona verde che premiano la logica 40-30-30. Omega 3 RX da assumere tutti i giorni e attività fisica 30-40 minuti almeno 3 volte la settimana.

te la quantità corretta di proteine (raramente sopra 1,5 grammi per chilogrammo di peso corporeo e per giorno) e si ha la distribuzione di esse nei vari pasti della giornata, la qual cosa è l’ideale per avere il massimo incremento dei muscoli. Ancora più vantaggioso è seguire la Zona quando si praticano sport nei quali si deve ridurre la massa grassa, ma non quella muscolare (che semmai è bene aumentare), per esempio in quelli nei quali ci sono categorie divise l’una dall’altra da limiti ponderali, come il sollevamento pesi, il canotaggio (pesi leggeri), il pugilato, il judo e gli altri sport di combattimento. GLI ADATTAMENTI ALLA ZONA DEL MARATONETA E DEL CICLISTA. Anche quasi tutti gli atleti degli sport di fondo (ciclismo, maratona, triathlon, marcia, sci di fondo..) possono seguire la Zona per la maggior parte dei giorni dell’anno, a meno che siano agonisti che ogni giorno si allenano per oltre un’ora e mezza ad alta intensità e, dunque, tendono a consumare ogni volta molto del glicogeno dei muscoli. Siccome senza questa sostanza non ci si può allenare (e tanto meno gareggiare) e per ricostruirla si devono assumere molti carboidrati, se si mantenesse il rapporto più tipico fra carboidrati e proteine (9 grammi dei primi per ogni 7 grammi delle seconde) si rischierebbe di eccedere con le proteine. Per il fondista agonista che si allena molto è indispensabile, dunque, apportare alcuni adattamenti; egli, in particolare può non tenere conto né dei carboidrati assunti durante l’allenamento (quando, fra l’altro, l’insulina rimane bassa), né di quelli presi appena terminato lo sforzo. Il rapporto fra carboidrati e proteine, inoltre può diventare di 2 a 1 nei giorni di allenamento (14 grammi di carboidrati per ogni 7 grammi di proteine).

1. IPOCALORICA: è una strategia alimentare saziante e ipocalorica; 2. CINQUE PASTI: ogni giorno suddividere gli alimenti in tre pasti principali e in due o tre spuntini; 3. MENO DI CINQUE ORE: non lasciar trascorrere più di cinque ore tra un pasto e l’altro; 4. EQUILIBRIO: in ogni pasto circa il 40% delle calorie deve provenire dai carboidrati, circa il 30% dalle proteine e circa il 30% dai grassi; 5. CARBOIDRATI SÌ E CARBOIDRATI NO: mangiare molta verdura (tranne patate, barbabietole e carote cotte) e una buona quantità di frutta (tranne banane, fichi e cachi); vanno, invece, limitati i carboidrati assimilati velocemente (“ad alto indice glicemico”), come zucchero (saccarosio), bibite dolci e cereali raffinati (pane, riso, pasta…); 6. PROTEINE MAGRE SÌ: come fonti proteiche preferire carni magre (pesce, pollo, tacchino), albume d’uovo, latte parzialmente scremato, latticini magri; 7. PROTEINE GRASSE NO: meglio evitare carni grasse, insaccati, tuorlo d’uovo, frattaglie, ma anche panna, mascarpone, fritti e cibi con grassi idrogenati; 8. OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA: condire con olio extravergine d’oliva; 9. OMEGA 3 RX: assumere 2 - 2,5 grammi al giorno di olio di pesce Omega 3 RX; 10. ATTIVITÀ FISICA : svolgere attività fisica blanda regolarmente almeno 3 volte la settimana, meglio ogni giorno, per circa 30-40 minuti.

Gli altri fondisti, quelli che fanno meno di 10 ore settimanali di allenamento, in ogni caso, in occasione delle competizioni (maratona, triathlon, gran fondo di ciclismo…), possono anche seguire fedelmente la Zona fino a due giorni prima della gara, per abbandonarla dal giorno che precede la gara stessa fino alla sera (o al giorno successivo) della competizione, quando assumeranno una quantità più elevata di carboidrati l’antivigilia e la vigilia, di una o più gelatine Pre Sport alcune decine di minuti prima del via, di Enervit GT o Enervitene durante la competizione e di R2 subito dopo. Se per gli altri giorni dell’anno questi fondisti seguono i criteri della Zona, avranno comunque la gran parte dei benefici che derivano da essa.

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Z ONA

I risvolti

made in Italy Il livello di accettazione è ottimo, soprattutto perché al regime 40-30-30 gli italiani hanno capito di dover accostare l’impiego degli acidi grassi Omega 3 purificati, a doppia filtrazione, più noti come RX

uriosa, e per alcuni versi casuale, la vicenda che porta in Italia la Dieta Zona, di cui ha una primo sentore il dottor Enrico Arcelli nel 1979, a Sydney, dove si trovava per la preparazione olimpica dei marciatori azzurri in vista di Mosca. Lesse allora un articolo di uno scienziato statunitense che riferiva dei buoni risultati ottenuti con le proteine, utili a muscolare gli atleti avendo cura di moderare i carboidrati. Un primo accenno alla teoria della Zona, in virtù dei carboidrati in eccesso indiziati di incidere sull’insulina e i suoi inopportuni rimbalzi. Alla fine degli anni Novanta un secondo impulso viene da Eddy Ottoz, il grande ostacolista, che aveva letto il volume Enter the Zone di un certo Barry Sears, biochimico statunitense, e chiese a Enrico Arcelli di adoprarsi per tradurlo in italiano, viste le sintonie con il pensiero del dottor Paolo Sorbini. Il tutto sull’onda di un articolo della Gazzetta dello Sport, dedicato ai nuotatori di Stanford che avevano vinto ad Atlanta ben sei medaglie d’oro, grazie anche a una dieta speciale, segretissima, denominata 40-30-30. Non ancora Zona, il nome che le ha dato successivamente il suo ideatore, Barry Sears.

C

Come mai Zona, che cosa giustifica il nome? Si chiama Zona in ossequio a una definizione farmaceutica: la Zona terapeutica del farmaco è il livello di concentrazione in cui un determinato principio attivo deve permanere nel sangue per essere efficace. Non a caso esiste la posologia, il dosaggio opportuno nell’arco di ore, per garantire la giusta concentrazione. Se ne assumi troppo la dose è tossica, se troppo poco è inutile. L’intuizione rivoluzionaria di Sears è stata di considerare il cibo alla stregua di un farmaco: come i principi attivi anche il cibo ha la

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sua zona terapeutica. Ogni singolo macronutriente, carboidrati proteine e grassi, deve essere presente nell’ organismo in quantità non troppo elevata e non troppo ridotta, deve permanere in Zona. Come sostengono oggi in tanti, right dose, right time: giusta quantità al momento giusto, come l’Aspirina. E Barry Sears come ci è arrivato? Sears non nasce come esperto di nutrizione, da ricercatore si occupa negli anni Ottanta di studiare l’assorbimento dei farmaci attraverso i grassi. Ci lavora per una decina d’anni, poi mette a frutto le sue conoscenze di biochimico per fronteggiare un problema che lo riguarda da vicino. Avendo scoperto che tutti i maschi della sua famiglia sono morti a 50 anni d’infarto, persino il nonno, nazionale di basket, consacrato nella Hall of Fame dei cestisti americani, un grande sportivo, decide di pensare a come evitare di fare la stessa fine. Approfondendo il tema del rischio cui va incontro valuta che questo possa dipendere dal cibo. Comincia a studiare una dieta per sé. Poi, in un secondo momento, una società di assicurazione privata statunitense gli chiede di proporre una dieta ideale per i diabetici. La chiave di volta è lì, ci lavora a fondo ed emerge la Zone Diet, ottima per i diabetici ma anche per tutti. Lo sport come entra nella vicenda? È il terzo passaggio: i dettagli della Zona nello sport li sviluppa seguendo i nuotatori dell’università di Stanford, di cui conosce l’allenatore. Da loro vengono le conferme sotto forma di medaglie olimpiche, ben 6, colte ad Atlanta. Siamo nel 1996. Un editore gli chiede di fare un libro sulla sua dieta, non molto convinto ma glielo chiede. Poi gli contesta il titolo, troppo


lungo La zona terapeutica del cibo. Il verdetto è impietoso: “già ne venderemo pochi, perché non vedo a chi possa interessare, ma con un titolo così poco attraente, chilometrico, è garantito che non lo comprerà nessuno”. Convince Sears ad andare in presa diretta e nasce Enter the Zone. Riccardo Pina, è dal 2010 direttore generale divisione internazionale di Enervit Spa. Responsabile del progetto “EnerZona di Barry Sears” per l’Europa, è amministratore delegato dell’Équipe Enervit Srl.

Da noi, com’è andata, la Dieta Zona ha convinto subito tutti? Con molta ritrosia all’inizio, poi ha avuto successo perché la Zona funziona. All’inizio c’è stato l’equivoco sul termine, chi faceva confusione e diceva “si chiama Zona perché si mangia bene da queste parti, in zona”, abbastanza divertente, oppure “fa dimagrire solo in certe zone”, il che può essere vero riferito a cuscinetti interni collocati in zona addominale, ma il discorso ci porterebbe fuori strada. Il problema è soltanto culturale, come crediamo? Assolutamente sì. Lo stesso Sears sostiene che tre cose nella vita sono ardue da modificare: il credo politico, quello religioso e la dieta. E questo vale per la gente comune ma ancor di più per i professional, i medici, i dietologi, i farmacisti. È raro, ma capita, che qualcuno si ricreda, dica “ho sbagliato, sin qui, pensando in un certo modo, è bene che io cambi”. Anche perché i cambiamenti, è noto, spaventano. Un’obiezione di molti. Difficile che una dieta standardizzata possa essere utile, bisognerebbe personalizzala, individualizzarla. Nessuno lo vieta, la Zona presenta adattamenti di ogni tipo. Entrando nel campo della fisiologia e della biochimica applicata, ci sono range opportuni, suggeriti, non dei dogmi. Anche il famoso 40-30-30 trova applicazioni diverse, in presenza degli sportivi. Chiarisca, per favore. Se ragioniamo ad esempio di sportivi di buon livello, le logiche si rifanno sempre all’equilibrio che può essere in parte compromesso. Un maratoneta si trova a vivere situazioni di stress che ne riducono le difese immunitarie. Visto che l’alimentazione interviene come un farmaco, nei casi in cui si porti il motore al limite, può innescarsi la sindrome del sovra-esercizio. Quando le difese immunitarie vanno in sofferenza, non ci sono abbastanza risorse energetiche e proteiche che le ripristinino. I maratoneti, nel caso, sbilanciano la quota di carboidrati, prima durante e dopo lo sforzo, per poter ricreare le energie

Cosa risulta cruciale? L’abbinamento della dieta Zona con gli omega-3, vale a dire la capacità di ridurre gli eicosanoidi cattivi, rafforzando le difese immunitarie. Gli omega-3 sono davvero cruciali per ridurre le infiammazioni cui vanno incontro tutti gli atleti, a qualsiasi livello. Mi riferisco a soggetti che non sono malati, gli atleti, ma patiscono infiammazioni in serie. E la Zona all’italiana? L’abbiamo proposta per attenuare l’idea che fosse una dieta a stelle e strisce, ma anche per porre l’accento sui molti alimenti buoni di cui usufruiamo naturalmente, come Paese climaticamente fortunato. Vale in ogni caso il principio che si devono sempre impiegare cibi sani, a tutte le latitudini. Non è complicato seguire il regime della Zona? Direi di no, ma occorre tempo e voglia. I nostri prodotti EnerZona aiutano in questo senso, perché sono già calibrati. Invogliano le persone a entrare in Zona e a rimanerci. Chi fa da sé deve comunque ricorrere agli omega-3 in perle perché le quantità richieste non sarebbero rintracciabili negli alimenti di cui disponiamo, e soprattutto in sicurezza. Per il ben noto rischio del pesce contaminato dai metalli pesanti? Gli omega-3 sono contenuti anche nell’olio di fegato di merluzzo, quello che le generazioni precedenti davano ai bambini. Disgustoso perché non è purificato, contiene solo il 15% di omega-3 a lunga catena e annota molti metalli pesanti. Poi ci sono gli omega-3 di grado Food, ma neppure questa tipologia è accettabile, la concentrazione arriva al 40% ma ancora con impurità. Non sono distillati, non sono purificati, contengono sia pure in minor misura i metalli pesanti di cui sopra. Noi abbiamo inventato il grado RX, un prodotto che ha una concentrazione di almeno il 60% di omega3 a lunga catena e il 75% di omega-3 totali. Questa percentuale si raggiunge solo se il prodotto subisce una doppia distillazione molecolare, che permette di eliminare tutti gli inquinanti, i metalli pesanti e le sostanze che danno cattivo sapore e cattivo odore. Però gli Omega 3 RX costano di più? In realtà non è vero, visto che bisogna parametrare i grammi di EPA e DHA, le ottime componenti che altrove sono presenti in misura esigua.

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N UTRACEUTICA

La nuova frontiera È la scienza che studia i principi attivi contenuti nei cibi o nelle piante, in grado di migliorare la nostra salute. Abbina la nutrizione alla clinica medica. Ce ne parla il professor Giovanni Scapagnini

a scienza che studia i principi attivi contenuti nei cibi o nelle piante, utilizzabili per migliorare la nostra salute, ha un nome: nutraceutica. Incarna la moderna farmacologia e abbina la scienza della nutrizione alla clinica medica. Molte sostanze derivate dai cibi si sono infatti rivelate efficaci nel promuovere la longevità cellulare e quindi quella dell’organismo. Di nutraceutica, un’autentica nuova frontiera, in rapido sviluppo soprattutto nei paesi occidentali, si ragiona oggi in termini di medicina preventiva e soprattutto anti-invecchiamento. Sul tema ci confrontiamo con il professor Giovanni Scapagnini, docente di Biochimica Clinica all’Università degli Studi del Molise, un esperto del settore. Attualizziamo, per cominciare, il termine invecchiamento: “Per invecchiamento oggi intendiamo la riduzione delle capacità di organizzazione del sistema vivente, come a dire una perdita graduale di funzione. Ad esempio una ridotta capacità di reazione agli stress ambientali. Il processo conduce inesorabilmente l’organismo a una condizione di maggiore suscettibilità e vulnerabilità nei confronti degli stress e delle malattie, con conseguente aumento della mortalità”. Però, ci dicono, di invecchiamento si sa ancora ben poco. “È vero, l’invecchiamento resta un processo ampiamente inspiegato, ma alcuni eventi sono noti, e sono le variabili di ordine genetico e ambientale che intervengono nel fenomeno”. Negli ultimi anni si è parlato molto di stress ossidativo, di radicali liberi come fattori d’invecchiamento. “Lo stress ossidativo è la teoria più rilevante delle molte che sono state sviluppate. Lo originano i radicali liberi, molecole altamente re-

L Medico neuroscienziato, esperto di meccanismi biologici dell’invecchiamento, soprattutto cerebrale. Professore associato dell’Istituto di Scienze Neurologiche (CNR di Catania) e dell’Università del Molise. Professore associato del Blanchette Rockefeller Neurosciences Institute, Università del West Virginia a Rockville (MD). Professore a contratto dell’Institute of Human Virology dell’Università del Maryland a Baltimora (MD).

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attive dell’ossigeno o dell’azoto, che pure sono due gas indispensabili alla vita umana. I radicali liberi più noti, legati all’ossigeno, vengono prodotti durante la respirazione cellulare. Per capirci, noi utilizziamo l’ossigeno per produrre energia e questo meccanismo comporta la produzione di radicali liberi, cioè di scorie. In condizioni normali queste non sono dannose, perché l’organismo le contrasta, ma se questa capacità si riduce, in ragione dello stress ambientale, i radicali liberi, divenuti aggressivi, creano danni irreversibili. E arriviamo allo stress ossidativo, cioè la mancanza di equilibrio tra la produzione di radicali liberi e la capacità dell’organismo di tenerli a bada grazie alle sostanze antiossidanti”. Tutto chiaro, l’invecchiamento è in stretta correlazione con i radicali liberi? “Si spiega in parte ma non è sufficiente a spiegare l’invecchiamento, e gli antiossidanti non sono gli l’elisir di giovinezza, anche se alcune sostanze antiossidanti presenti nei cibi sono in grado di contrastare l’invecchiamento”. Interessante, vada oltre. “Nel ragionamento interviene la biologia molecolare, capace di misurare alcuni parametri in funzione di quello che si mangia. Di alcuni cibi è ormai comprovata l’efficacia. La dieta mediterranea è molto utile nel prevenire alcune patologie croniche legate alla terza età. Mi riferisco alle malattie cardiovascolari, a quelle oncologiche, alle stesse forme neurodegenerative. Per questo l’invecchiamento in salute, la medicina preventiva, è il grande tema del futuro”. Abbiamo detto che gli antiossidanti non sono risolutivi. Che cosa allora può esserlo? “Dal punto di vista nutraceutico, sia le sostanze reperibili nei cibi sia quelle ottenibili come integratori,


RIDOTTI EFFETTI COLLATERALI

estratti di quanto si trova nei cibi, stimolano le naturali difese dell’organismo, quelle antiossidanti. La dieta mediterranea, considerata nel modello detto di Creta - a base di olio di oliva, pesce e verdure annovera molte sostanze di grande interesse: l'oleocantale estratto dall’olio d’oliva, antinfiammatorio ben più potente dell'ibuprofene; lo stesso resveratrolo, il polifenolo contenuto nell'uva, in grado di attivare le ‘sirtuine’, proteine che difendono il Dna cellulare dallo stress ossidativo, aumentando la longevità. Non dimentichiamo i polifenoli. Essi sono centinaia di migliaia, la natura ne propone non meno di 400 mila: alcuni possono difendere il cervello dall’Alzheimer, è il caso della curcumina, cioè il pigmento giallo del curry. Siamo di fronte a un mondo con immense potenzialità, che andrebbe sviluppato. E lo sarà, se ci saranno finanziamenti per la ricerca”. Quanto lei afferma mette in difficoltà la chimica farmaceutica?”In parte, in molte situazioni non c’è necessità di sviluppare nuovi farmaci: basta utilizzare i cibi con una dieta mirata, o estrarre in parte i composti e trasformarli in integratori, con livelli di efficacia e sicurezza estremi. Faccio il caso della berberina, alcaloide presente in molte piante, dotato di una azione anti-colesterolo paragonabile a quella delle statine. Non dimentichiamo mai gli omega-3, acidi grassi polinsaturi estratti al pesce, che regolarizzano i trigliceridi e proteggono il cuore”. Quindi ha senso parlare di ‘healthy ageing’, di invecchiamento in salute, coniato dagli statunitensi negli Anni ‘90. “Parliamo di sano invecchiamento che è ben diverso da anti-invecchiamento. I termini della questione sono la medicina predittiva,

Nel campo della terapia dell’ipertensione i nutraceutici hanno avuto larghissimo spazio, basti pensare al sodio, a cui sono succeduti il potassio, il magnesio e lo zinco, e poi le sostanze di origine naturale come l’aglio, ma anche le fibre e la soia”, ha sottolineato Bruno Trimarco, del dipartimento di Medicina clinica e Scienze cardiovascolari e immunologiche presso l’Università Federico II di Napoli. “Il problema in questo ambito clinico è che quando cominciamo il trattamento esiste già un danno d’organo, per cui la prognosi di un paziente iperteso non potrà mai ritornare uguale a quella del paziente normoteso. Il nutraceutico ha una minore probabilità di indurre effetti collaterali e può rappresentare una soluzione del problema, ovviamente se associato a cambiamenti dello stile di vita, anche in una fase molto precoce e prevenire così il danno d’organo; per poter inserire queste indicazioni nelle Linee Guida occorre però la dimostrazione che il trattamento con nutraceutici per ridurre la pressione è in grado di modificare la prognosi”. Anche per combattere gli effetti nocivi dell’inquinamento vi sono indicazioni interessanti. “In ambienti inquinati e molto umidi come può essere quello urbano, è facilitato lo sviluppo di micotossine, una delle quali, denominata fumonisina, è particolarmente tossica perché cancerogena”, riferisce Cesare Sirtori, professore di Farmacologia clinica presso l’Università degli studi di Milano e presidente della Società italiana di nutraceutica.

che consente di monitorare l’andamento del proprio invecchiamento stabilendo in anticipo a quali problemi di salute si andrà incontro, e quella preventiva, che nel suo bagaglio terapeutico dovrebbe contemplare un gran numero di prodotti nutraceutici. Esiste l’opportunità di prevenire l'insorgenza di una malattia in un individuo sano, guidando il suo invecchiamento verso la salute”.

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Di nutraceutica applicata allo sport (e non solo) si è occupato tra i primi il non dimenticato professor Gianni Benzi, docente di Farmacologia a Pavia, che ha affiancato le esperienze di Also Enervit, allora così si chiamava, a partire dagli anni Ottanta. In piena continuità le investigazioni sono proseguite con il professor Fulvio Marzatico, docente dello stesso ateneo, e con il professor Bruno Berra (nella foto), di recente scomparso.

IN MALA FEDE CHI ACCENNA AL DOPING Nuove ricerche si succedono, in riferimento all’alimentazione di chi fa sport, vuoi di alto livello, vuoi gli “intermedi” cui è data la possibilità di migliorare, sotto il profilo nutrizionale, anche la prestazione (performance) fisica. Alcune sostanze sono già impiegate dalla popolazione comune, come spiega il professor Fulvio Marzatico, direttore del Laboratorio di Farmacobiochimica dell’Università di Pavia: “Un buon esempio sono gli omega-3, in opportuna concentrazione possono dare vantaggi anche nello sport perché se non ci sono limitazioni agli alimenti proteici - formaggi, bresaola, grana o pollo è sempre meglio non esagerare. Entra in gioco il gusto, la palatabilità, non di rado i cibi proteici vengono a noia. Vanno insomma calibrati. La bresaola contiene leucina ma occorre mangiarne non meno di 100 grammi, associati magari a 80 grammi di grana padano. Al contrario, se estraiamo e concentriamo la leucina in un composto otteniamo lo stesso risultato senza influenzare più di tanto la digestione. È il gioco biomolecolare degli aminoacidi ramificati: fanno in modo di formare un po’ più di muscolo e impediscono che il muscolo stesso si assottigli. La nutraceutica accende delle lampadine nella trascrizione genica delle proteine del muscolo. L’intento è quello di trovare un mix di sostanze per migliorare la performance. Negli atleti che ricercano performance massimali”, continua Marzatico, “la nutraceutica entra in gioco per migliorare vuoi la muscolatura, vuoi la capacità aerobica, vuoi il recupero dopo l’attività fisica, così come sono possibili variazioni di trattamento per mantenere sotto controllo il peso durante una fase d’inattività, a seguito di un infortunio”. Negli anni Novanta si sosteneva che bastasse un’alimentazione 26

equilibrata, al massimo potevano rendersi necessari dei correttivi, intesi come integratori o elementi di supplementazione, senza alcun riferimento al miglioramento della performance. “Sia chiaro”, insiste Marzatico, “il tema integratori alimentari solleva da anni più di una obiezione, in ragione dell’impianto regolatorio, che andrebbe aggiornato. L’ESFA, l’agenzia europea che deve provvedere alle classificazioni, dal 2004 è ferma a delibere che riguardano ben pochi elementi. Si dovrebbe andare oltre le vitamine, i sali minerali, tutto quanto è oggi classificato come supplementazione. Anche gli estratti vegetali (spesso fitofarmaci) lamentano un’assenza di regole e sono stati spesso confinati nell’area degli integratori, una sorta di terra di nessuno. Non pochi estratti vegetali hanno efficacia terapeutica tanto che alcuni medici li prescrivono. Mi riferisco non tanto ai medici dello sport quanto agli specialisti di altre aree, in particolare la dermatologia, l’antiaging e il benessere”. Il passo ulteriore, a questo punto determinante, lo produce la nutraceutica che consente di modulare i nutrienti, di sostituire attraverso le biotecnologie alcuni estratti dalle piante o da matrici alimentari, il tutto per modulare i principi biomedici. Per lo sport è fondamentale sapere se devi incrementare la capacità muscolare, oppure la capacità aerobica, oppure fare un lavoro misto. I detrattori, sempre in agguato, ventilano sospetti di doping, visto che lo stesso approfondimento scientifico induce il dubbio che si giochi al limite. “L’applicazione severa delle conoscenze scientifiche”, replica Marzatico, “non solleva dalle ‘aree di colore grigio’ anche se il CONI dieci anni fa ha stabilito che la nutrizione è un motore ufficiale della performance. Il distinguo è semplice: uno spartiacque, un muro è ben evidente: al di qua sosta la nutraceutica, cioè la piena legalità; oltre, c’è la chimica di sintesi, i farmaci, il doping”.


“Se si vuole progredire, bisogna fare ricerca. Soprattutto nell'alimentazione, la ricerca scientifica è indispensabile. La ricerca deve continuare, deve sempre continuare” Paolo Sorbini

NEL 2013 IL TERZO CONVEGNO INTERNAZIONALE Maurizia Sorbini, presidente Fondazione Paolo Sorbini

a “Fondazione Paolo Sorbini per la scienza nell’alimentazione”, voluta nel 2007 dai suoi figli, racchiude già nella denominazione i presupposti che la ispirano: il ricordo di un uomo tenace e volitivo, ben convinto che la ricerca scientifica fosse una leva fondamentale di progresso. In quale ambito, è presto detto: “Era giocoforza limitare le scelte al campo nutrizionale”, racconta Maurizia Sorbini, presidente della Fondazione, “dove papà si è speso per oltre cinquant’anni. Abbiamo razionalizzato gli interventi, dando già vita a due importanti convegni internazionali, il primo nel 2008, il secondo nel 2010, che hanno avuto grande risalto. Non a caso molti lavori scientifici sono stati pubblicati su primarie riviste internazionali. La Fondazione lavora in sintonia con enti pubblici e privati, nonché atenei italiani e stranieri. Già in cantiere è il prossimo convegno, in programma a Roma l’8-9 marzo 2013, che si occuperà, sempre sotto l’egida di Science in Nutrition, di “Infiammazione, obesità e sport”. Tutto muove da una corretta educazione alimentare. Logica e opportuna, visto il ruolo sociale decisivo nel miglioramento della qualità della vita, dalla nascita alla vecchiaia. Per questo ci occupiamo di promuovere non solo la ricerca scientifica ma soprattutto la corretta divulgazione delle conoscenze, attraverso il miglioramento dell’efficienza fisica e mentale, sia nell’attività sportiva, sia nella vita di tutti i giorni. E ancora, la prevenzione delle patologie correlate alla vita sedentaria, agli errori dietologici e all’invecchiamento.

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Com’è disciplinata l’attività della Fondazione? Vi provvede il Comitato Scientifico, che raduna accademici di chiara fama, esperti in ricerca, medicina e nutrizione nonché affermati professionisti. Il Comitato traccia le linee guida, valuta e approfondisce i temi a cui dedicare le risorse disponibili. Vi contribuiscono aziende, organizzazioni, enti, professionisti e privati cittadini. Le aree d’intervento? Sono tre, quella dedicata alla ricerca, poi c’è l’area salute, infine l’area educazione. Vediamole in dettaglio. La Fondazione sostiene e diffonde il sapere clinico nutrizionale in tutti i suoi aspetti, preventivi, specialistici, diagnostici e terapeutici, attraverso la promozione di attività di ricerca, di aggiornamento professionale, di formazione permanente. Diffonde la cultura della corretta alimentazione attraverso l’organizzazione di congressi, seminari, convegni, corsi pratici, stage di formazione, soggiorni studio e partecipazioni a studi clinici. Sul fronte Salute la Fondazione divulga la corretta alimentazione come base fondamentale per lo sviluppo armonico ed equilibrato dell’organismo umano, per il suo benessere psicofisico. In particolare la Fondazione si rivolge ai giovani. L’area educazione integra quanto spesso manca in ambito nutrizionale, terreno dove prosperano le facilonerie, le improvvisazioni. Per questo la Fondazione s’impegna a favorire e sostenere pubblicazioni e progetti editoriali destinati a a una corretta divulgazione delle tematiche scientifiche.

Per sostenere la Fondazione Paolo Sorbini è possibile devolvere il 5 x 1000 alla ricerca scientifica indicando il seguente cod. fiscale: 95094390135


ZELBIO, UNITÀ PRODUTTIVA

Macchinari ad hoc

Una veduta aerea dell’impianto produttivo al Pian del Tivano nel comune di Zelbio.

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Pino Sorbini, amm. delegato e responsabile della produzione di Enervit, racconta le logiche antiche e moderne dello stabilimento. “A parte le bevande, prodotte altrove, la quasi totalità dei prodotti si realizza in stabilimento. Fanno eccezione i prodotti da forno, semilavorati a Zelbio, che si avvalgono di terzisti in alcune fasi particolari, ma i segreti sono mantenuti tali”.

18 anni esordisce come informatore medico a livello ospedaliero per conto dell’azienda di famiglia, allora Also Lab, ma la propaganda medica non fa al caso suo. Più semplice, nell’esperienza diretta di Pino Sorbini, oggi responsabile produzione di Enervit nonché amministratore delegato della società, riproporsi come giovanissimo magazziniere, a meno di vent’anni si fa di tutto. Poi il servizio militare e il rientro in stabilimento a Zelbio, mille metri di quota sopra il lago di Como, a partire dal 1980. Attenzione, all’inizio come aiutante del padre nel settore acquisti, poi via via con crescenti responsabilità a livello produttivo. Come mai Zelbio, con l’azienda nata a Milano, accanto alla farmacia, e al massimo trasferita in più occasioni in periferia? “Zelbio è una storia

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di famiglia, Giuseppe Sorbini, il nonno, l’ha scelta negli anni Trenta come località di villeggiatura per la famiglia. A fine anni Sessanta c’era la possibilità di rilevare l’insediamento della Montedison, in pratica dei silos per le granaglie, e il suggerimento a Paolo Sorbini, il babbo, venne dal parroco di Zelbio con una domanda che aveva già inserita la risposta: “Perché non mette lo stabilimento qui da noi? C’è l’aria buona...”. C’è del vero, l’aria è salubre? “In effetti”, prosegue Pino Sorbini, “allora come ora ci occupavamo dei granulati che hanno necessità di aria in quantità. E di aria di buona qualità. In quota non c’è pericolo di inquinamento, anche se molti ci hanno chiesto come mai avessimo scelto un luogo impervio, a 956 metri, anche solo difficile da raggiungere per gli autoarticolati, i camion con rimorchio. La nostra scelta poteva sembrare una stranezza, in realtà era strategica, proprio per essere più vicini alla Brianza (meno di un’ora) che è la zona industriale più importante d’Europa. A Zelbio ci siamo trovati sempre bene e siamo rimasti volentieri. Il personale è quasi tutto del posto, ci accompagna da anni, da noi entrano e quando ci lasciano è per andare in pensione”. Cosa producete a Zelbio? “Di tutto, compresse, granulati, bevande istantanee, snacks, e milioni di barrette. Crackers e biscotti vengono prodotti presso terzisti di fiducia, che da anni lavorano per noi. Noi diamo loro il preparato base, un pre-mix di polveri proteiche, loro provvedono a ultimarli, senza possibilità di copiare. Di recente abbiamo creato dei rivoluzionari snacks salati, tipo ‘chips’, e la cosiddetta ‘estrusione’ avviene altrove. Il confezionamento dipende quasi sempre da noi.


IL FUTURO A FAVORE DEI BAMBINI

Pino Sorbini, amm.delegato e responsabile della produzione di Enervit. Sotto, un’immagine dell’impianto di confezionamento dei Minirock.

Per i Minirock EnerZona, ad esempio, ci siamo inventati un formato speciale e, credendoci molto, abbiamo progettato e messo a punto una completa linea di produzione qui a Zelbio”. Problemi di conservazione, per quanto riguarda qualche linea di prodotto? “I nostri prodotti sono intrinsecamente stabili, vanno mantenuti a temperatura ambiente. La scadenza minima è di 9 mesi, la più comune sono dodici mesi, ma si arriva a 2-3 anni nel caso di sciroppi di carboidrati concentrati, presenti nella linea sport. In tutti i prodotti la carica batterica non è soggetta a evoluzione nel corso del tempo, grazie a materie prime di purezza elevata, a percentuali di acqua nei prodotti sempre molto basse. La qualità microbiologica è garantita”. “Insomma, nel nostro stabilimento ci lavorano circa 100 persone e vi assicuro che la qualità della vita a mille metri di altezza è decisamente migliore rispetto alla pianura”.

Le logiche nutrizionali, i concetti di fondo propugnati dal dottor Paolo Sorbini sono trasversali a tutti i i prodotti della linea Enervit, sino alla svolta dei primi anni Duemila, quando prende piede la Zona. Non deve perciò stupire se negli ultimi tre anni si sia andati oltre, cercando di risolvere anche i problemi dei giovanissimi, nel loro rapporto con l’alimento più gradito, la merenda, cercando soprattutto di porre un freno al consumo di calorie, un terzo del quale proviene dagli snack o merendine. “In questa logica”, chiarisce Pino Sorbini, “abbiamo partecipato a un progetto finanziato dall’Unione europea per lo sviluppo di prodotti per bambini che potessero contribuire alla salute pubblica. Alcune aziende e diverse università europee hanno lavorato al tema, con Enervit partner industriale per realizzare questi alimenti. Dal progetto è nata la linea EnerKid, per bambini, con caratteristiche nutrizionali evolute”. Snack dolci e salati, quale riscuote il maggior gradimento? “Siamo partiti con entrambi i gusti, poi ci siamo rivolti in particolare al salato perché è l’area più squilibrata, sulla quale possiamo fare molto. Senza demonizzare i grassi, tra gli snack salati l’eccesso è frequente, basti pensare ai fritti, alle patatine tanto gradite dai piccoli ma che dovrebbero essere messe sotto i riflettori. Noi abbiamo ragionato di patatine particolari, non fritte e con un ridotto tenore di grassi, che mantenessero, presso i bambini, il sapore più gradito. Non a caso ne produciamo di tre gusti, quelli più apprezzati dai piccoli. Un altro problema di cui ci siamo occupati è il sale, del sodio occorre farsi carico già da piccoli perché i danni indotti si riflettono su ipertensione e malattie metaboliche da adulti. Bambini e adulti ne consumano un quantitativo esorbitante, considerato quello già presente negli alimenti. Abbiamo preso a prestito gli standard britannici, dove la partita su gioca su consumi di sodio riducibili nel tempo, secondo target di volontari, e abbiamo lavorato sui nostri prodotti salati, linea EnerKid. L’attuale soglia suggerita è di 0,8 grammi per 100 grammi di prodotto, tra 7-8 anni è pensabile portarsi sotto lo 0,50. Noi con EnerKid siamo già a 0,56”.


ZELBIO, UNITÀ PRODUTTIVA

La qualità come priorità Non un’ossessione ma una consapevolezza che viene da lontano induce Paolo Petroni e i suoi collaboratori a una vigilanza severa, fatta di attenti controlli, poi confermati dalle autorità competenti, che “lavorano al meglio”

Paolo Petroni, direttore R&D e Qualità

on felici trascorsi da marciatore di discreto livello, Paolo Petroni è il responsabile del settore ricerca e sviluppo di Enervit. Classe 1974, laureato in Chimica organica, carriera per intero percorsa in azienda, Petroni risponde, con un nucleo di altre sei persone, anche del controllo di qualità dell’impianto, adagiato su un altopiano, un modello di vivibilità. Una responsabilità quotidiana, la qualità, che reclama rigore certosino: “Non poche”, spiega Petroni, “sono le insidie che vengono dalla globalizzazione, a partire dalle materie prime che ci raggiungono da ogni parte del mondo, da Brasile, India, Stati Uniti. Dato che ci occupiamo di prodotti alimentari, pur in presenza di controlli doganali, di importatori seri e motivati, siamo ben consci dei rischi. Non sono infrequenti gli scandali che hanno colpito il settore nel recente passato: mi riferisco alla diossina in Belgio, alla listeria negli Stati Uniti, all’escherichia coli in Germania. Garantire la sicurezza alimentare è un impegno importante, non a caso la gran parte delle

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analisi di qualità, alcune migliaia ogni anno, è interna allo stabilimento, in un laboratorio ben attrezzato”. Gestire ogni giorno la qualità è un fatto prioritario, un precetto coltivato da sempre in Enervit. “Produciamo alimenti per lo sport e per il benessere”, chiarisce Petroni, “e questo induce la massima attenzione, condizionati come siamo dal tipo di errore che si potrebbe produrre. A parte la nostra precisa responsabilità e coscienza, i vincoli regolatori sono comunque rassicuranti. Nei casi in cui sia possibile l’abuso o situazioni potenzialmente pericolose, il Ministero impone un’etichetta molto chiara e le violazioni vengono sanzionate con forza”. Sotto la voce integratori alimentari e parafarmaci gira di tutto, nel mondo delle palestre, e non solo per muscolare gli atleti sprovveduti. “In tema di doping”, racconta Petroni, “abbiamo le carte in regola. Ogni nostra azione è lontana dai rischi, a tutela piena del consumatore. Un buon esempio è la caffeina, sostanza validata, sicura per la salute, in grado di produrre benefici in chi fa sport, per la quale esiste comunque la possibilità dell’abuso, del sovradosaggio, da parte di soggetti non informati e disinvolti, che potrebbero averne danno. Meglio allora proporre un dosaggio di cautela. Il suggerimento della proprietà è garantire la sicurezza intrinseca del prodotto”. I controlli anche in questo senso non mancano, da parte delle autorità sanitarie? “Sia i Nas dei carabinieri sia le Asl sul territorio effettuano prelievi ogni anno, per verificare la sicurezza dei prodotti e la loro conformità a quanto in etichetta. Potrebbero essere presenti sostanze estranee alla natura del prodotto, o in dosaggi diversi da quanto proposto. I controlli pubblici, è bene dirlo, sono puntuali e rigorosissimi”.


PANORAMICA SUGLI ATLETI ZONISTI

DEAN KARNAZES, la sua autobiografia, Ultramarathon Man, confessioni di un corridore estremo, è un best seller assoluto. Americano di Los Angeles è stato capace di correre 50 maratone di fila, l’ultima a New York (in tre ore!). Nel 2011 ha corso 3.000 miglia coast to coast dalla California a New York City. (con una media di 40/50 miglia al giorno).

VALENTINA VEZZALI, marchigiana di Jesi, ha vinto tre ori olimpici consecutivi (e un argento ai Giochi di Atlanta) nel fioretto. Seguita dall’équipe Enervit con il dottor Cesare Boria ha adottato la dieta Zona per conquistare il suo storico quarto oro mondiale, nel 2005, a Lipsia, quattro mesi dopo aver dato alla luce il primogenito Pietro.

FABRIZIO MACCHI, varesino, classe 1970, a 16 anni subisce l’amputazione della gamba sinistra per un tumore osseo, ma non si arrende. Si cimenta in vari sport, dalla maratona al canottaggio al ciclismo, dove si afferma su strada e su pista. Al suo attivo 10 medaglie mondiali (oro nel 2009 e nel 2010 a cronometro), 4 medaglie europee, 26 titoli italiani e ben tre partecipazioni ai Giochi paralimpici.

LORENZO VISMARA, nuotatore azzurro delle Fiamme Gialle, è stato primatista dei 50 e dei 100 stile libero. È stato il “veterano” della nazionale di Pechino 2008, sua ultima Olimpiade, partecipazione “recuperata” grazie a importanti sacrifici conditi da allenamenti e strategie anti-infiammatorie di omega-3 e da una rigorosa applicazione della dieta Zona. I blocchi per lui non sono mai stati un problema...

ROSSANO GALTAROSSA, padovano, classe 1972, si avvia giovanissimo al canottaggio, nel Cus Padova. È il canottiere italiano che ha vinto più medaglie - quattro alle Olimpiadi: un oro, un argento e due bronzi. Il suo palmares include 166 medaglie d’oro, 59 medaglie d’argento e 26 di bronzo. Ha deciso con l’aiuto del dottor Aronne Romano di seguire la strategia alimentare Zona per preparare quella che sarà la sua sesta partecipazione olimpica: Londra 2012.

LINUS, all’anagrafe Pasquale Di Molfetta, classe 1957, dal 1984 DJ di grande successo a Radio Deejay di cui è il direttore artistico. Coinvolto dalla passione per le maratone, più volte partecipe della Maratona di New York, passione che oggi tradisce solo per la bicicletta. È uno zonista “convinto” e convincente, autore di una rubrica settimanale intitolata “Radiocorsa”, che sulla Gazzetta dello Sport dispensa consigli su “lo sport per chi lo fa”.


IL MANAGEMENT DI ENERVIT

Paolo Calabresi, direttore marketing

Marco Canziani, direttore amministrazione e finanza

Marco Cason, direttore vendite Italia canale dettaglio

Luigi Laffranchi, direttore vendite Italia canale GDO

Vittorio Mazzola, direttore vendite internazionale

Claudio Menegatti, direttore generale divisione Italia

Marina Petrone, direttore divisione comunicazione

Paolo Petroni, direttore R&D e QualitĂ

Riccardo Pina, direttore generale divisione internazionale


I GRANDI EVENTI ENERVIT DEL 2012 Enervit appoggia da anni la Marcialonga, giunta quest’anno alla 39 a edizione e in programma il 29 gennaio. La prova di sci di fondo più prestigiosa in Italia andrà in scena, come sempre, in val di Fiemme e in val di Fassa, con la partecipazione annunciata tra i ‘big’ di Northug, gli Aukland brothers, Ahrlin, Svärd, Svartedal, Zorzi e Debertolis. Al via tra le donne anche Boner, chiamata al bis, Genuin, Confortola e Hansson. Settemila gli iscritti

alla gara. Marcialonga è inserita nel grande circuito WorldLoppet 2011-2012 di cui Enervit è sponsor. Dopo la tappa italiana sono in progranna FinlandiaHiihto (25 febbraio 2012), Vasaloppet (Svezia, 4 marzo 2012), Engadine Ski Marathon (Svizzera, 11 marzo 2012) e Birkenbeiner (Norvegia, 17 marzo 2012). Il 1° luglio 2012 andrà in scena la 26 a edizione della Maratona dles Dolomiti, il grande appuntamento dei ciclisti amatori in Val Badia.

Ai compagni di viaggio ENERVIT OGGI E DOMANI Quattro le grandi architravi su cui si regge l’impianto nutrizionale, dove ricerche e sperimentazioni sono all’ordine del giorno. Tutto è in progress. SPORT&FITNESS Da oltre 30 anni la ricerca Enervit è accanto agli atleti per aiutarli a migliorare le proprie performance attraverso una corretta integrazione sportiva. Questo consente agli atleti, ai vari livelli, di praticare al meglio lo sport. WELLNESS Per ottenere l’equilibrio psico-fisico occorre mantenersi fisicamente attivi e scegliere un’alimentazione appropriata: Enervit sostiene e promuove in esclusiva per l’Europa la strategia alimentare Zona, per il benessere del corpo e della mente. HEALTH&DIET La ricerca Enervit aiuta a mantenersi in forma, attraverso il controllo del peso corporeo e l’apporto di quelle sostanze nutritive che l’alimentazione quotidiana non sempre garantisce ENERKID Gli snack EnerKid, studiati da Enervit per bambini in età scolare, sono basati su una formulazione nutrizionale innovativa. Nati da un progetto europeo e dalla ricerca Enervit, sono ideali in tutte le occasioni di spuntini o merende. Da portare sempre nello zaino.

ai primordi della linea Enervit e nella costante evoluzione del sistema dietetico-nutrizionale che ha portato a elaborare EnerZona, i farmacisti sono stati l’interlocutore unico, nella loro qualità di apprezzati consiglieri/referenti degli italiani. Un ruolo destinato a perpetuarsi. 1982: nasce Enervit Protein, a compimento di un percorso che aveva preso le mosse dieci anni prima. Come per tutti i prodotti che lo hanno preceduto, il lancio di Enervit Protein avviene in farmacia, ambito più che familiare a Paolo Sorbini, intrinsecamente farmacista, ben consapevole delle opportunità particolari che il canale garantisce. Soprattutto nella validazione dei prodotti di libera vendita, dove il consiglio del farmacista ha un peso rilevante. Non si comprano scatolette più o meno colorate, più o meno costose; si comprano fatti, non parole, a meno di non considerare tali le rassicurazioni di chi opera dietro il banco, in camice e caduceo. Ogni sviluppo successivo della linea Enervit vede i farmacisti in prima linea, e prosegue sino alla seconda grande svolta nutrizionale, quella della nascita dei prodotti EnerZona. Un successo crescente, anche se non tumultuoso com’è stato Enervit Protein negli anni Ottanta, un successo che rafforza un rapporto unico, confidenziale, prioritario. Destinato a non venire mai meno. I farmacisti italiani sono stati, sono e saranno, gli ideali compagni di viaggio di tutto quanto fa capo a Enervit. E a loro, e a noi con loro, auguriamo buon viaggio per le prossime sfide che ci attendono, quelle cui Enervit non mancherà di dare vita.

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*Gli acidi grassi omega-3 sono definiti essenziali perchĂŠ il nostro corpo non è in grado di “fabbricarliâ€? da sĂŠ. La qualitĂ e la purezza di EnerZona Omega 3 RX sono attestate dalle 5 stelle IFOS, un programma di certificazione indipendente riconosciuto a livello internazionale. EnerZona Omega 3 RX lo trovi in farmacia nei formati liquido e in capsule.

Science in Nutrition

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