Anno XVII | N° 7 14 aprile 2016 | www.puntoeffe.it
Entusiasmo, solidarietĂ e spirito di iniziativa. Il nuovo corso di Federfarma Roma nelle parole del suo segretario
Un anno dopo
ANDREA CICCONETTI
Anno XVII | N° 7 14 aprile 2016 | www.puntoeffe.it
Entusiasmo, solidarietĂ e spirito di iniziativa. Il nuovo corso di Federfarma Roma nelle parole del suo segretario
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ANDREA CICCONETTI
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5 | Editoriale
29
Collaboratori Rachele Aspesi, Claudio Buono, Attilia Burke, Francesco Capri, Carla Carnovale, Stefania Cifani, Francesco Manfredi, Luigi Marafante, Mauro Miserendino, Bruno Riccardo Nicoloso, Roberto Romagnoli
PARLIAMONE Tra noi
6 | 2015, il sorpasso delle cronicità
Pubblicità Giancarlo Confalonieri Direzione commerciale dircom@lswr.it - Tel. 02.88184.368
PRIMO PIANO Incontri
Andrea Cicconetti
14
Marketing
Il ruolo di informazione 20
Attualità
La sanità in Toscana
Professione
Cattive abitudini
Medicina
In tema di arteriopatia
29 32
Farmacologia
Antibiotici in pediatria 36
Nutrizione
Una serena menopausa
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Traffico Donatella Tardini (Responsabile) d.tardini@lswr.it - Tel. 02.88184.292 Ilaria Tandoi - i.tandoi@lswr.it Tel. 02.88184.294 Abbonamenti Tel. 02.88184.317 Fax: 02.56561.173 abbonamentiedra@lswr.it Grafica e Immagine Emanuela Contieri - e.contieri@lswr.it
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Produzione Walter Castiglione w.castiglione@lswr.it Tel. 02.88184.222 Immagini Fotolia, Thinkstock. I diritti di riproduzione delle immagini sono stati assolti in via preventiva. In caso di illustrazioni i cui autori non siano reperibili, l’Editore onorerà l’impegno a posteriori Stampa Tiber S.p.A., Via della Volta 179 25124 Brescia
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Prezzo di una copia euro 0,70. A norma dell’art. 74 lett. C del DPR 26/10/72 n° 633 e del DPR 28/12/72. Il pagamento dell’IVA è compreso nel prezzo di vendita. Ai sensi dell’art. 13 del D.lgs. 196/03, i dati di tutti i lettori saranno trattati sia manualmente, sia con strumenti informatici e saranno utilizzati per l’invio di questa e di altre pubblicazioni e di materiale informativo e promozionale. Le modalità di trattamento saranno conformi a quanto previsto dall’art. 11 D.lgs 196/03. I dati potranno essere comunicati a soggetti con i quali Edra S.p.A. intrattiene rapporti contrattuali necessari per l’invio delle copie della rivista. Il titolare del trattamento dei dati è Edra S.p.A., Via G. Spadolini 7 - 20141 Milano, al quale il lettore si potrà rivolgere per chiedere l’aggiornamento, l’integrazione, la cancellazione e ogni altra operazione di cui all’art. 7 D.lgs 196/03.
RUBRICHE 46 | Legale 52 | Fiscale 55 | Spigolature 56 | Intervista a... 59 | Consigli 64 | Il libro
Testata volontariamente sottoposta a certificazione di tiratura e diffusione in conformità al Regolamento CSST Certificazione Editoria Specializzata e Tecnica
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Per il periodo 1/1/2015 - 31/12/2015 Periodicità: Quindicinale Tiratura media: 11.042 Diffusione media: 10.727 Certificato CSST n. 2015-2564 del 25/2/2016 Società di Revisione: Metodo
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EDITORIALE
di LAURA BENFENATI
L’errore di fondo
S
conforta leggere tante inesattezze sul principale quotidiano italiano, Il Corriere della Sera, a proposito di liberalizzazione delle farmacie. L’ex ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi e l’economista Francesco Giavazzi sull’argomento fanno un errore sostanziale. Guidi nell’intervista a Enrico Marro di mercoledì 20 marzo ha dichiarato, a proposito di fascia C: «Non capisco perché un farmacista laureato non possa vendere questi farmaci in parafarmacia», mettendo sullo stesso piano un esercizio commerciale e una struttura con funzione pubblica e sociale, quale è la farmacia. Un errore non di poco conto. Non possiamo, in modo banale e strumentale, paragonare i due laureati in farmacia e non le due, diversissime, strutture. Per aprire una parafarmacia serve un’autorizzazione commerciale; la farmacia è invece una concessione sanitaria che la colloca nell’ambito del Servizio sanitario nazionale: il farmacista in farmacia svolge una vera e propria funzione statale, tanto che è un incaricato di pubblico servizio. Un ex ministro non può non saperlo. Si è disposti ad affossare tale servizio - efficiente, capillare e ad alto livello di gradimento da parte della popolazione - per far dispensare i farmaci di fascia C in esercizi commerciali in nome di una liberalizzazione i cui vantaggi economici, per i cittadini, sono tutt’altro che dimostrati? Non ci
Non si può
vengano a raccontare paragonare che le farmacie non un esercizio subirebbero danni dall’uscita della facommerciale, scia C dal canale. la parafarmacia, I sostenitori delle a una struttura liberalizzazioni con funzione pubblica leggano i dati del e sociale quale bell’articolo di Mauè la farmacia ro Miserendino su questo numero della nostra rivista e scopriranno quanto la distribuzione diretta delle Asl abbia tolto risorse alle farmacie in questi ultimi anni. I farmaci di fascia A si dispensano ormai a guadagno quasi zero per le farmacie, strutture che necessitano di ingenti risorse per rimanere aperte, soprattutto nelle zone meno popolate. La fascia C è oggi ossigeno per le farmacie. Quanto costa un turno? Almeno 200 euro a notte e in alcune zone ci sono turni frequentissimi. Chi li garantirà di notte se smantelliamo il sistema farmacia? Chi assicurerà la capillarità nelle zone rurali? Le parafarmacie? Non scherziamo. Si informino, questi signori che parlano senza conoscere l’argomento, ci sono diverse sentenze della Corte costituzionale che spiegano che cosa è la farmacia. La penosa vicenda dell’ex ministro Guidi (che non rimpiangeremo) ci racconta inoltre, ancora una volta, che le lobby nel nostro Paese sono altre, non certo i farmacisti. 5 | aprile 2016 |
PARLIAMONE TRA NOI
di MAURO MISERENDINO
2015, il sorpasso delle cronicità
A
nni 2014 e 2015, anni di svolta: con il sorpasso degli antitumorali sugli antibiotici il mercato del farmaco in Italia si adatta al dato dell’invecchiamento della popolazione. Le malattie croniche e tra queste i tumori sorpassano le infettive, e le cure in ospedale diventano più dispendiose di quelle sul territorio. Sono i dati emersi da una lettura dei rapporti Osmed 2014 consuntivo e Osmed 2015 sui primi nove mesi. In una lettura magistrale all’Istituto Mario Negri il farmacologo Silvio Garattini li ha affiancati e ha tratteggiato in modo nuovo le svolte di un mercato - quello italiano del farmaco - che tra servizio pubblico e spesa privata vale 26,6 miliardi cui vanno aggiunti 350 milioni di omeopatia e integratori vari: «In tutto, non siamo lontanissimi dai 30 miliardi».
Antitumorali
Nei primi nove mesi del 2015, per la prima volta gli antitumorali hanno superato tutte le altre categorie farmacologiche con una
spesa da 3,2 miliardi in valore contro 2,9 degli antibiotici (48 euro procapite) e 2,7 miliardi dei farmaci per l’apparato cardiovascolare (44,8 euro pro capite). In realtà (tabella 1) già nel 2014 la spesa ospedaliera per antineoplastici e immunomodulanti sommata, da 3,6 miliardi, superava i 3,2 miliardi spesi per i farmaci cardiovascolari. «La diminuzione degli esborsi per certe categorie come i farmaci per l’apparato cardiovascolare si deve all’uscita dalla tutela brevettuale di alcuni principi attivi», conferma Garattini. «Ma già nel 2015 le proiezioni attestano un nuovo aumento della spesa farmaceutica pubblica più privata, pari al 7,8 per cento». Uno scenario “fuori controllo” nel quale poco possono i ribassi di prezzo dovuti all’ingresso sul mercato di principi unbranded. Garattini osserva tra l’altro che «sul territorio si osserva la tendenza a compensare la diminuzione del valore dei prodotti prescritti (-20 per cento) con un aumento del numero delle prescrizioni che in otto anni, dal 2006, sono cresciute del 60 per cento». Inoltre, in 6 | aprile 2016 |
fascia A si è indirizzata anche parte della richiesta in precedenza orientata su farmaci analoghi di fascia C.
Compra di più l’Asl della farmacia
Una riflessione ulteriore, ancora più “epocale”, s’impone nelle tabelle illustrate da Garattini: nel 2015, la spesa farmaceutica territoriale è stata uguagliata dalla spesa che si ottiene addizionando l’assistenza farmaceutica ospedaliera e la distribuzione diretta (tabella 2). Nel 2014 su 26,6 miliardi di spesa complessiva, la farmaceutica convenzionata era il 41,2 per cento pari a poco meno di 11 miliardi. La cifra scendeva a 8,8 miliardi togliendo 1,5 miliardi di compartecipazioni dei cittadini e 927 milioni di sconti delle farmacie. Invece, la spesa 2014 per assistenza farmaceutica ospedaliera e distribuzione diretta era il 33,8 per cento, pari a 9 miliardi. Il nuovo rapporto Osmed per i primi 9 mesi del 2015 fotografa una spesa convenzionata lorda da 8,18 miliardi, che proiettata su 12 mesi fa 10,8
PARLIAMONE TRA NOI
Per curarsi ogni italiano nel 2014 ha speso 438 euro: 328 erogati dal Ssn, di cui 148 di spesa ospedaliera e 180 di spesa territoriale, e 110 di tasca del paziente
Garattini: spesa boom per medicine dopo il sorpasso degli antitumorali. E l’Asl spende più della farmacia
miliardi, contro una spesa ospedaliera più distribuzione diretta “parziale” da 8,09 miliardi, praticamente uguale: entrambe le voci di spesa ormai rappresentano il 38 per cento della spesa farmaceutica totale (tabella 3).
Al passo con i nuovi farmaci
Proseguendo con la disamina di Garattini incontriamo una terza novità: l’Italia regge il passo nella registrazione di nuovi principi attivi rispetto al resto d’Europa. Nel 2014 le autorizzazioni sono scese da 777 a 621; pur essendoci stata una riduzione complessiva, Garattini sottolinea la piena attività del servizio nel nostro Paese. Dei principi attivi commercializzati in Italia, se ne sono registrati 70 nuovi a Londra con European Medicines Agency, canale di solito utilizzato per i farmaci più innovativi e sempre per i biotech, 432 con mutuo riconoscimento e 119 per approvazioni in Italia (pratica che comunque è diminuita più marcatamente, di oltre un terzo). È vero che dopo la registrazione in Ema c’è in media un ritardo di
un anno. Ma dal 2015, poiché il nostro Paese è stato richiamato dall’Unione Europea in quanto prendeva tempo prima di immetterli sul mercato, i nuovi farmaci sono autorizzati in commercio ugualmente, anche se in fascia C. «Se i farmaci non sono in commercio, non vengono negoziati con il Servizio sanitario nazionale», spiega Garattini. «In realtà, solo pochi farmaci approvati da Ema non entrano nel Prontuario Ssn. Questo avviene anche se il Ssn do-
vrebbe essere autonomo e selezionare solo i principi attivi che servono. Le nuove specialità hanno impattato in un mercato in cui ci sono 16.547 confezioni in vendita per 2.225 principi attivi di cui 784 in fascia A (7.900 confezioni), 384 in fascia H (1.179 confezioni) e 1.057 in C (7.103 confezioni): la riflessione successiva è che si potrebbe tagliare di un 50 per cento le confezioni in commercio senza registrare particolari inconvenienti per i pazienti».
Spesa per antitumorali, già nel 2014 primi segnali di sorpasso Categoria terapeutica
Classe A farmacie
tabella
Strutture pubbliche
Spesa in mln euro
% su totale di categoria
3.423
83,8%
L-Antineoplastici + Immunomod
252
6,4%
3.647
92,7%
J-Antibiotici
887
32,9%
1.573
92,7%
C-Cardiovascolare
Spesa in mln euro 208
% su totale di categoria 5,1%
La tabella in questione non dà conto del sorpasso degli antitumorali su antibiotici e farmaci per l’apparato cardiovascolare, definitivamente delineatosi con i dati dei primi mesi del 2015, ma fa capire come i valori fossero già molto vicini nel 2014. Peraltro, riportiamo qui solo per ciascuna tipologia il confronto tra le due componenti di spesa più importanti: il valore dispensato in farmacia e il valore erogato in ospedale. Fonte: Rapporto Osmed 2014
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PARLIAMONE TRA NOI
Regioni spendaccione
Quarto aspetto sottolineato da Garattini: si evidenziano ancora differenze inspiegabili nella prescrizione da Nord a Sud; alcune Regioni spendono di più di altre e il trend si dimostra nei farmaci di fascia A soggetti a prescrizione con nota limitativa che danno conto di quella parte di mercato che più è guidata dalle scelte del medico di famiglia. Nel complesso nel 2014 malgrado si sia venduto un 1,3 per cento in più di confezioni, la spesa pro capite sul territorio per medicinali di fascia A - inclusa la distribuzione diretta - era diminuita del 2,4 per cento. Ma, a seconda delle Regioni, variano tanto i quantitativi prescritti quanto gli esborsi del Servizio sanitario, così come la quota dei farmaci distribuiti direttamente o per conto (tabella 4). Garattini si sofferma sulla spesa territoriale pro capite, ottenuta pesando le popolazioni regionali per fasce d’età in modo da confrontarle per quanto realmente incidono le patologie croniche, ma anche sulla Defined daily dose giornaliera per 1.000 abitanti. E viene fuori che se per ogni italiano l’esborso per i “farmaci con nota” è 62 euro, a Bolzano e in Emilia Romagna i governatori spendono 48 euro a testa, in Lombardia 54. Invece in Lazio e Campania si spendono dieci euro di più, che in Puglia salgono a 78 e in Sardegna a 87. Quanto alla Ddd/1.000 abitanti/die, «se valutiamo la correlazione tra dose quotidiana prescritta per 1.000 abitanti e spesa pro capite per farmaci con nota, troviamo che le Ddd/1.000 abitanti/die sono 29 per 54,6 euro spesi in Lombardia e appena 7 per 87 euro di spesa in Sardegna», afferma Garattini. Che non trova ragioni «per giustificare differenze come quelle rilevate nelle Regioni dove si spende di più». Le Regioni del Sud han-
Gli acquisti delle aziende sanitarie hanno raggiunto il fatturato di fascia A delle farmacie Spesa convenzionata lorda classe A Valore in euro
Quota su spesa tot
Lorda
10.988
41,2%
Netta
8.863
32%
2015 (gen-sett) Lorda
8.189
38,5%
2014 (gen-dic)
Spesa in distribuzione diretta o in assistenza ospedaliera Valore in euro
Quota su spesa tot
9.004
33,8%
8.092
38%
Composizione e variazioni della spesa farmaceutica nel 2014 e nel 2015 Categorie di spesa farmaceutica
spesa 2014 in milioni €
%
Variazione Primi 9 2014 su mesi 2015 2013 in milioni €
%
Variazione 2015 su 2014
1-Convenzionata lorda classe A
10.988
41,2%
-2,1%
8.189
38,5%
-0,7%
2-Distrib diretta/ conto classe A
3.249
12,2%
+8,2%
3.328
15,6%
+37,4%
3-Classe A da strutture private
1.441
5,4%
-1,9%
932
4,4%
+3,3%
4-Classe C con ricetta medica
2.937
11,0%
-1,6%
2.242
10,5%
+0,8%
5-Automedicazione pubbl+priv
2.283
8,6%
+0,2%
1.812
8,5%
+4,2%
6-Distrib. da Asl ed ospedali
5.745
21,6%
+6,2%
4.764
22,4%
+12,8%
Totale
26.643
21.267
Dalle tabelle qui sopra si nota il balzo in avanti della distribuzione diretta nel 2015 rispetto al 2014 così come nel 2014 si era avuto un balzo avanti nella distribuzione di farmaci in assistenza ospedaliera (tab 1). Per entrambe le tipologie l’azienda sanitaria paga il farmaco al 50 per cento del prezzo, ottenendo dei risparmi, ma nel 2015 (tab 2) il costo dei farmaci dispensati per queste modalità ha comunque raggiunto il costo di tutti i farmaci di fascia A distribuiti dalle farmacie convenzionate, quelli che sono prescritti dai medici di famiglia Fonte: Rapporti Osmed 2014 e 2015
no introdotto ai tavoli di contrattazione sul riparto il fattore-deprivazione. Per esempio, è l’argomento, nel Casertano e a Taranto, aree dove le condizioni di vita sono più precarie per l’inquinamento, si riscontra una crescente incidenza di tumori, curabili con terapie costose. Garattini, pur non nascondendo che l’argomento va approfondito, invita a osservare come «proprio nelle Regioni in piano di rientro l’aumento della spesa 8 | aprile 2016 |
farmaceutica va di pari passo con quello delle ospedalizzazioni».
I fattori età e sesso
Gli ultimi dati della relazione riguardano i fattori della spesa, età e sesso. Per ogni residente il Servizio sanitario italiano spende più di Portogallo e Grecia soltanto: indice 100 (figura 1) contro i 103 punti di Francia e Gran Bretagna e i 105 della Spagna. Se si sommano spe-
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PARLIAMONE TRA NOI
Regioni, da spesa pro capite indicazioni anche su efficienza delle farmacie territoriali Regioni
tabella
Spesa territoriale pro capite in euro
Quota della spesa in distrib. diretta e per conto
Daily defined dose ogni 1000 abitanti
Lombardia
54,6
18,1%
29,6
Veneto
54,4
23,2%
15,3
Toscana
52,0
35,2%
11,2
Italia
62,1
--
--
Sicilia
68,3
18,7%
8,4
Campania
73,5
20,9%
21,7
Sardegna
87,6
26,6%
7,4
4
Per i farmaci con nota indichiamo la spesa per residente in sei Regioni a confronto con la media italiana. La spesa minore si ha in Toscana e in Lombardia ma a fronte di 11 dosi ogni 1.000 abitanti somministrate in Toscana per questi farmaci, in Lombardia a valore quasi pari se ne somministrano 29 dosi. In Italia la media pro capite è 62 euro, soglia che viene superata nelle regioni del Sud, in modo “mite” come in Sicilia, o più marcato, come in Campania, dove però le dosi somministrate sono triple che in Sicilia. In Sardegna invece il valore più alto di spesa, 87,6 euro procapite, e più basso di DDD che indica una minore efficienza del servizio. In mezzo riportiamo la quota di distribuzione diretta e per conto, con spesa diretta delle aziende sanitarie (che risparmiano il 50 per cento) rispetto alla spesa farmaceutica totale; dove massima è la DD/DPC come in Toscana, la spesa è inferiore, ma a quote medio alte di distribuzione diretta non sempre corrisponde bassa spesa, anzi in Lombardia è evidente come vi sia un ruolo delle farmacie territoriali nel garantire un’efficiente distribuzione dei farmaci di fascia A. Fonte: Rapporto Osmed 2014 – Pagina 37
figura
1
104,0
103,7
103,3
100,0
92,0
87,0
Francia
Uk
Italia
Portogallo
Grecia*
114,8
Austria
117,8
Irlanda
119,3
Finlandia
125,5
Belgio
148,1
Germania
160 140 120 100 80 60 40 20 -
Spagna
Spesa farmaceutica: la parsimoniosa Italia crea risparmi, la “liberale” Germania crea ricchezza
Indice Laspeyres (Italia=100)
sa pubblica e privata, per curarsi ogni italiano nel 2014 ha speso 438 euro: 328 erogati dal Ssn, di cui 148 di spesa ospedaliera e 180 di spesa territoriale, e 110 di tasca del paziente. Di questi ultimi, 25 sono di compartecipazione (due terzi dati dalla somma versata come differenza tra generico ed originator) 48 di fascia C e 37 di Otc-automedicazione. Nel complesso, spendono di più le donne poiché vivono fino a 85 anni in media contro gli 80 degli uomini, ma oltre i 75 anni - età in cui si spende per la propria salute 11 volte in più che tra 35 e 44 anni - “costano” di più i maschi. Sono 17 i milioni spesi per i farmaci orfani. E ben 52 euro a testa, dei 438, è la spesa che abbiamo speso tutti noi in antitumorali mentre ne abbiamo spesi 48 per gli antibiotici e 45 per il “cuore”. «Tra un Paese e l’altro ci sono differenze enormi di prezzo», considera Garattini. «Un trattamento con la molecola sofosbuvir contro l’epatite C negli Usa costa 84 mila dollari mentre in India, grazie ad accordi con produttori locali, sarà possibile trovare in commercio versioni generiche a 400 euro a trattamento. Si potrebbe in ogni caso spendere meno responsabilizzando i medici che prescrivono. E in prospettiva il nostro Paese non deve mancare la scommessa sui biosimilari: un similare del trastuzumab prodotto in Norvegia (per non dire in India dove ci sono speciali accordi con i produttori di originator per “genericare” i nuovi farmaci, ndr) costa 31 euro al grammo mentre in vendita la stessa molecola al pubblico costa 3 mila euro al grammo. Ci sono margini veramente molto ampi per risparmiare».
* non include il dato ospedaliero
Fatto 100 il valore che spende il Servizio sanitario nazionale per comprare le medicine a ciascun italiano, il nostro Paese si classifica al terzultimo posto fra i grandi Paesi europei: più parsimoniosi dell’Italia sono solo Portogallo (indice Laspeyres=92) e Grecia (indice 87). A ben vedere, l’Italia è allineata con Regno Unito e Spagna e anche con la Francia, che ha un sistema di mutue e non una sanità nazionale. Considerevolmente di più spendono i paesi del Nordeuropa e la Germania, che però vanta la presenza dell’industria la quale a sua volta finanzia con le tasse la sanità o – più correttamente, visto che ad acquistare le prestazioni sono le mutue dei lavoratori il flusso che sostiene l’offerta ospedaliera pubblica. Fonte: Rapporto Osmed 2014
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dopo
È
cambiato lo spirito d’iniziativa, che ha fatto da volàno al profondo rinnovamento che c’è stato da aprile 2015 a oggi. In un anno abbiamo fatto cose che forse non erano state fatte nei sei anni precedenti. Ne abbiamo in cantiere altrettante. Il ricambio mette al vertice persone che hanno voglia di fare mentre occupare sempre le stesse posizioni per tanti anni porta a essere un po’ più attendisti. Siamo un gruppo giovane, affiatato, il confronto è aperto, lavorano tutti, non c’è nessuno che non partecipi o si tiri indietro, c’è solidarietà». Questo il nocciolo della svolta che ha fatto seguito al rinnovo del Consiglio direttivo di Federfarma Roma, un anno fa. A sintetizzarlo è Andrea Cicconetti, che ne è il segretario, oltre che rappresentante dell’Ordine presso la Commissione di vigilanza sulle farmacie della Asl Roma 1. Ddl concorrenza ed entrata dei capitali in farmacia, come si prepara ad accogliere la nuova normativa Federfarma Roma? Crisi o opportunità? Una legge così dirompente potrebbe mettere in crisi il sistema farmacia latino, ma potrebbe anche essere un’opportunità per avere nuovi stimoli, per l’aggregazione, per creare finalmente quella farmacia di rete di cui parliamo da anni ma che di fatto non esiste. In più, il 14 | aprile 2016 |
INTERVISTA
Entusiasmo, solidarietà e spirito di iniziativa. Il nuovo corso di Federfarma Roma nelle parole del segretario Andrea Cicconetti
comparto della farmacia vive una realtà molto negativa da un punto di vista economico, ormai per il farmacista il Servizio sanitario nazionale porta solo oneri burocratici, con marginalità bassissime. Il comparto commerciale, invece, ha tutta un’altra serie di competitor: la Grande distribuzione organizzata, le profumerie, le catene specializzate, per esempio, nella detersione e così via. Tutto questo porta concorrenza elevata nel comparto parafarmaceutico, con conseguente sofferenza e diminuzione dei margini. Fare rete può essere l’occasione per uscire dalla crisi. Una rete che dia stimoli e obiettivi e fornisca un’identità, una road map di quella che deve essere veramente la farmacia, sia sotto l’aspetto professionale sia dei servizi, ma anche nel comparto più commerciale. Cosa vede all’orizzonte? Vedo delineate due vie. La prima è quella delle farmacie in forte crisi, per le quali non c’è possibilità al di fuori dell’acquisizione, anche solo di una quota, da parte di un gruppo o comunque di un acquirente che poi vada a risanare l’azienda. A Roma circa il 25 per cento delle farmacie è in crisi finanziaria, e una buona parte di queste in pre fallimento. Dall’altra parte ci sono le farmacie sane che si vedranno proiettate in una nuova realtà con nuovi e forti competitor or-
ganizzati in reti. Mi auguro che l’entrata del capitale dia a queste farmacie lo stimolo e la forza di aggregarsi in un unico grande gruppo di proprietà dei farmacisti. Vedrei bene una società che opera nel campo della distribuzione intermedia, sempre di proprietà dei farmacisti, che aggreghi a sua volta le altre società di farmacisti della distribuzione intermedia. Questa grande realtà distributiva dovrebbe, a sua volta, trovare le forze per aggregare insieme le singole farmacie, proponendo una rete, una catena di farmacie indipendenti. Si sta discutendo sulle modalità di ingresso del capitale. Non vedo una grande differenza tra un limite del 49 per cento o meno, purtroppo sappiamo bene che questi sono paletti che si possono aggirare facilmente. Come Federfarma Lazio abbiamo, in sede di assemblea di Federfarma nazionale, definito una percentuale massima del capitale del 49 per cento perché, secondo la Corte di Giustizia Europea - sentenza del 19 maggio 2009 - la proprietà della farmacia ai non farmacisti comporterebbe una riduzione dell’indipendenza professionale, portandoli verso una de15 | aprile 2016 |
riva in direzione di logiche commerciali. È importante, invece, che ci siano regole chiare quali l’incompatibilità soprattutto con altri tipi di società, come le società finanziarie, le banche, le industrie farmaceutiche, i medici. Ci devono essere regole chiare anche per ciò che riguarda il management interno e la sua responsabilità.
INTERVISTA
con i droni, realtà in fase di progettualità avanzata per altre categorie merceologiche? Non dimentichiamoci che negli ultimi quindici anni la Gdo ha fatto sparire completamente la distribuzione al dettaglio. La paura è quella.
Il capitale estero non rappresenta una minaccia che potrebbe cambiare le carte in tavola? I grandi gruppi esteri sicuramente arriveranno in Italia, è un dato di fatto al quale, con l’entrata del capitale, non ci possiamo opporre. È necessario però prepararsi a questo evento giocando d’anticipo. Dall’oggi al domani potremmo trovarci in Italia catene di farmacie organizzate a livello di immagine, di servizi e infrastrutture. Per questo quelle ancora indipendenti dovrebbero avere un grande gruppo dietro, sempre di proprietà delle stesse farmacie, che permetta loro di essere competitive e giocarsi la partita alla pari con le catene di capitali. È evidente che le molte farmacie in difficoltà economica - che oggi giorno hanno delle dilazioni di pagamento molto lunghe con i grossisti - sono già di fatto di proprietà di questi e con l’entra-
ta dei capitali la loro acquisizione definitiva sarà un semplice pro forma. La strategia vincente di questi fornitori è stata, in un primo momento, quella di aiutare le farmacie attanagliate dalla crisi, aspettare la legge per l’entrata dei capitali per poi acquisire il pacchetto di maggioranza se non la totalità - di queste farmacie. Nel momento in cui il Disegno di legge sarà approvato ci sarà già sulla carta una buona percentuale di farmacie tecnicamente di proprietà di alcuni grandi gruppi di capitali. Parliamo del mercato on line. Lì sì che fa paura l’entrata dei grandi gruppi, ma in questo caso si parla di colossi che già fanno vendita on line come Amazon. Il rischio è che venga azzerata ogni forma di possibilità per le farmacie. Se Amazon cominciasse a vendere una parte dell’Otc attraverso una serie di venditori, che di fatto possono essere anche le farmacie aderenti a una catena, non so cosa potrebbe accadere. E se proprio Amazon decidesse di entrare nel mercato delle farmacie acquisendo numerosi esercizi e iniziasse la distribuzione di farmaci 16 | aprile 2016 |
Farmaci di fascia C alle parafarmacie, cosa ne pensa Federfarma Roma? Allora tanto varrebbe liberalizzare tutto. Dare la fascia C alle parafarmacie non è corretto per una serie di motivi. Tanto per cominciare, estremizzando, la parafarmacia si apre inviando 4 o 5 pec, mentre l’apertura di una farmacia prevede un’ispezione da parte della Asl, dell’Ufficio di Igiene, dell’Ufficio farmaceutico, e altri mille adempimenti burocratici. Credo che non ci sia azienda più burocratizzata e più controllata della farmacia. Non si può volere tutto. I farmacisti in parafarmacia giustamente reclamano il loro diritto a vendere farmaci in quanto professionisti qualificati; con questo principio se oggi avessero la fascia C domani chiederebbero anche il Ssn. Ma allora ecco una provocazione: perché io farmacista in farmacia non posso dispensare gli “innovativi” come le Asl? Non ho le competenze? Costo troppo? O almeno questo è quello che ci vorrebbero far credere. In Emilia Romagna recentemente sono insorte polemiche per ciò che riguarda la Distribuzione diretta e per conto: l’ago della bilancia penderebbe verso la diretta. Qual è la situazione del Lazio da questo punto di vista? Il problema è la Legge 405, da cui origina il conflitto venutosi a creare tra Distribuzione diretta, per conto e convenzionata. I presupposti sui quali si
INTERVISTA | Paolo Nucci
In caso di punture d’insetto, eritemi e scottature
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INTERVISTA | Paolo Nucci INTERVISTA
fa leva sono due: il farmacista territoriale non ha le competenze per distribuire i farmaci innovativi e, in ogni caso, genera dei costi maggiori. Sappiamo bene tutti che la maggior parte delle volte non è così, resta il fatto che anche nella Distribuzione per conto si fa sempre fatica ad avere farmaci innovativi. Nel Lazio abbiamo lavorato molto negli anni scorsi per avere prodotti importanti nell’ambito Dpc, ci siamo messi in gioco anche con progetti ambiziosi. Per esempio? Siamo stati la prima Regione italiana a informatizzare i piani terapeutici on line sull’ormone somatotropo, sulle eritropoietine e sui nuovi anticoagulanti orali. Un’iniziativa che ha funzionato e ha dato i suoi frutti. Abbiamo iniziato a dispensare a fronte di una ricetta Ssn con il supporto di un sistema informatico che aiutava a fare un controllo sul rispetto delle confezioni, sul fabbisogno e sulla cadenza temporale del ritiro dei farmaci. Così abbiamo verificato che è scomparsa ogni forma di abuso, a favore di una maggiore appropriatezza prescrittiva. Successivamente abbiamo allargato ai dispositivi autodiagnostici per diabetici e a tante altre molecole. Con l’ultimo accordo siamo stati una delle prime Regioni ad avere la distribuzione degli ex-Osp2, oltre ai nuovi anticoagulanti orali; pur sempre una piccola fetta di medicinali rispetto a tutti gli “innovativi” che si potrebbero distribuire. I vantaggi della distribuzione nel canale farmacia? In un sistema come è oggi la farmacia, dove tutto è tracciato, noi possiamo
garantire trasparenza e immediatezza del dato. Con la nostra Dpc la Regione non solo sa quanto ha speso nei mesi precedenti ma con il meccanismo del piano terapeutico on line già conosce la spesa dei dodici mesi successivi. Questa non si dovrebbe nemmeno chiamare tracciatura, ma programmazione. Eppure dopo numerosi studi di autorevoli professionisti che hanno evidenziato come la Distribuzione diretta equivale, nei costi, a quella per conto, ogni revisione di accordo è una battaglia con il coltello tra i denti. Tra richieste regionali di abbassamento del fee (in una nazione dove il costo del lavoro, le imposte e i servizi aumentano ogni anno), molecole che non vengono date per conto e oggetto di Distribuzione diretta… il barile è vuoto. Tendenzialmente le Regioni quando ci sono i farmaci innovativi li mettono in Distribuzione diretta, non c’è niente da fare, raramente cedono a compromessi per permettere la distribuzione in farmacia. Novità alle porte? Attualmente il nostro contratto per la Distribuzione per conto è scaduto, abbiamo avuto alcuni incontri di ricognizione con la Regione. Secondo me si può lavorare su qualche innovativo, però la strada è lunga: dobbiamo far valere la professionalità delle farmacie e degli strumenti che abbiamo messo a disposizione in questi anni, la funzione del piano terapeutico on line e l’appropriatezza prescrittiva. Cosa ne pensa dell’attuale situazione dei laboratorio galenico in farmacia? I laboratori di galenica dovrebbero essere il fiore all’occhiello delle farmacie per rilanciare la professionalità del 18 | aprile 2016 |
Tendenzialmente le Regioni, quando ci sono i farmaci innovativi, li mettono in Distribuzione diretta, non c’è niente da fare, raramente permettono la distribuzione in farmacia
farmacista territoriale. Mi ricollego al discorso dei negozi di vicinato, che oramai non esistono più. Oggi gli unici ancora in vita sono quelli che hanno valorizzato il loro aspetto professionale e artigianale: i fornai specializzati, i gelatai ultra specializzati, tutti hanno il laboratorio in vetrina e mostrano la loro arte e professionalità, valorizzando l’immagine. E le farmacie? Il nostro laboratorio è quasi criminalizzato. Purtroppo, con dispiacere, faccio presente che Federfarma nazionale ha trascurato totalmente il laboratorio. Dopo le Norme di buona preparazione non è stato più rinnovato nulla. È necessario aggiornare le norme e migliorare l’autoregolamentazione interna, ma soprattutto ridare un’identità alla nostra attività di laboratorio. L’ideale sarebbe avere la possibilità di preparare farmaci orfani innovativi, arrivare allo sporzionamento - con regole certe per tutti - di alcuni farmaci perché in alcuni dosaggi sono orfani pur esistendo in altri dosaggi. Bisognerebbe valorizzare società come la Sifap, che oltre a redigere linee guida, fare pubblicazioni di valore scientifico e fornire pareri legali, effettua anche test di controllo - dei round robin – sull’operatività dei suoi associati.
INTERVISTA | Paolo Nucci
19 | aprile 2016 |
MARKETING
Il ruolo
di informazione
G
li esempi Rana e Solero Ice, brand aziendali che ovviamente hanno budget importanti da investire nello sviluppo del packaging e della comunicazione, contribuiscono a rendere evidente il ruolo del pa c k a g i n g nell’innovazione della supply-chain e dei modi di creare valore. Tra le funzioni logistiche/operative che il packaging sviluppa c’è anche l’identificazione del prodotto affidata all’etichettatura e ai codici a barre, che consentono di gestire il prodotto con maggiore facilità nella filiera distributiva. La funzione logistica e operativa non si esaurisce però alla cassa del punto vendita: trasportare il prodotto dal carrello all’automobile, immagazzinarlo nel
frigorifero di casa o nell’armadio, aprirlo e chiuderlo, erogare il prodotto, utilizzare il packaging per preparare il prodotto o per assumerlo direttamente sono funzioni di produzione e logistica in cui operazioni come la cottura o il mescolamento o la pulitura possono essere più o meno facilitate o trasferite a monte o a valle della supply-chain. La macchina packaging è in grado dunque di assolvere funzioni elementari del processo produttivo (contenimento, dosaggio, trasporto, estrusione, mescolamento, trattamento termico ecc.). I farmaci da iniettare già contenuti nella siringa modificano il processo di produzione che prevedeva due passaggi e quindi due catene del valore, quello del preparato e quello delle siringhe. 20 | aprile 2016 |
L’operazione dell’iniezione del farmaco, che fornisce il beneficio della cura, viene ridefinito completamente dallo strumento packaging monodose. Un cibo precotto, una verdura di IV gamma (vale a dire selezionata, lavata, asciugata, tagliata e confezionata), un cocktail pre-miscelato, grazie ad appositi packaging, non fanno che spostare a monte, lungo la supply-chain, operazioni creatrici di valore. Per quanto riguarda il trasferimento di operazioni a valle della supply-chain, l’esempio Ikea è di un packaging piatto dei mobili smontati, che facilita la sistemazione sul portabagagli rendendo conveniente il trasporto, a casa del cliente, oltre alle operazioni di montaggio. Le funzioni logistiche non si esaurisco-
MARKETING
di ROBERTO ROMAGNOLI, professore a contratto area Comunicazione e marketing, Università di Bologna - Facoltà di farmacia
Il packaging assolve funzioni elementari nel processo produttivo ma è anche uno strumento fondamentale per sostenere il consiglio no al ciclo produzione-consumo ma si estendono allo smaltimento e alla riciclabilità nelle diverse fasi della supplychain. In questo caso la logica del marketing deve individuare, realizzare e rendere evidenti benefici in termini di smaltimento dei contenitori. Beneficiari di un migliore progetto di packaging saranno: gli operatori della distribuzione, per il packaging secondario (per esempio il cartone che contiene più confezioni) e per il packaging terziario (il pallet che contiene più cartoni); il cliente finale alle prese con il contenitore che ha esaurito la sua funzione.
La comunicazione nel libero servizio
Se il comportamento del consumatore nel punto di vendita, indipendentemente dal settore merceologico, è finalizzato alla ricerca di informazioni, emozioni e sensazioni, particolare importanza deve essere attribuita, in fase di studio di posizionamento del prodotto sul mercato, all’efficacia con cui il packaging comunica tutto questo al consumatore finale. Il valore percepito in fase di processo decisionale di acquisto si costruisce prima di tutto come immagine mentale (percezione), sostanzialmente attraverso l’esperienza di consumo e il materiale della comunicazione.
Proviamo ora ad analizzare il modo in cui il packaging integra la sua funzione comunicativa con gli altri strumenti che contribuiscono a informare e a creare conoscenza e identità del prodotto (e della marca). Questo è ovviamente un caso particolare di analisi in quanto molte marche e prodotti non hanno un consistente budget pubblicitario e quindi non hanno altra visibilità che quella legata al packaging. Un’altra semplificazione che merita di essere fatta è legata alla tipologia di acquisto: infatti un aspetto importante da considerare è se l’acquisto è (prevalentemente) programmato (o ricorrente), come il latte, la “fettina” di carne, il burro, la birra, i biscotti per la prima colazione, il detersivo, oppure è “d’impulso” come la frutta secca, le caramelle, una crema mani, un accessorio “divertente” per la casa. È evidente come queste due tipologie di approccio all’acquisto, possano essere influenzate in maniera differente dal packaging. Un’indagine, tra le tante, sulla capacità del packaging di promuovere il prodotto mostra che esperti e consumatori concordano sul fatto che è la fonte principale di informazioni sui beni di largo consumo (alimentari e bevande confezionati, pulizia della casa, igiene e bellezza), quindi rappresenta il primo stimolo nelle scelte di acquisto: il packaging quindi è spesso più efficace della pubblicità sulla stampa e molto 21 | aprile 2016 |
più efficace dei passaggi televisivi che risultano al terzo posto. La confezione sembra dunque assumere il ruolo decisivo nell’aggancio visivo” (Bucchetti, 1999), nel sostenere l’immagine costruita, per esempio, dalla televisione, cercando di non deludere o confondere le aspettative generate e le promesse della marca. In questo caso i fattori critici di successo sono il riconoscimento del prodotto e la coerenza tra l’immagine della marca e del prodotto determinata dagli altri strumenti di comunicazione e l’immagine reale colta nel punto di vendita.
Il consiglio del medico
Date le premesse sopra descritte, considerando lo specifico del settore “salute e benessere”, vale la pena di considerare il ruolo e l’importanza del packaging per il medico, in fase di consiglio, sia relativamente ai prodotti classificati come integratori alimentari, nei diversi ambiti di utilizzo, sia relativamente ai dermocosmetici, per i quali la legge in
MARKETING
materia di c o mu n i c a zione e confezionamento, stabilisce regole rigide. Per potere consigliare ai pazienti un prodotto piuttosto che un altro, in funzione ovviamente del supporto coadiuvante o complementare nel trattamento di alcuni disturbi o patologie, il medico ha bisogno di avere una serie di informazioni quali/quantitative per valutare l’efficacia del prodotto e dei suoi principi attivi. L’attività di informazione medica, prevalentemente orientata a valutare le “indicazioni” e le aree di utilizzo dei prodotti, deve quindi essere sostenuta da strumenti come il packaging e il materiale tecnico/promozionale, che entrano nel merito delle caratteristiche tecniche e delle modalità di utilizzo del prodotto. Per il medico un packaging ben costruito, oltre a sostenere le caratteristiche “commerciali” del prodotto sopra indicate (la riconoscibilità, l’esclusività, il benessere, il brand, la modalità di erogazione, la qualità, la quantità, ecc.), diventa uno strumento scientifico che aiuta il paziente a capire di più, quindi a sostenere il consiglio. In questo ambito, anche la normativa europea sta adeguando le leggi in materia in maniera da sostenere il cliente/ paziente nelle scelte di acquisto
(claims). Oggi infatti, rispetto alle diciture generiche che caratterizzavano i prodotti di qualche anno fa, la legge indica la necessità del cliente/paziente di “capire” cosa sta acquistando, di comprendere e valutare l’utilizzo dei singoli prodotti. Oltre a questi aspetti, il packaging diventa anche uno strumento importante per aiutare il paziente a reperire i prodotti sui canali dedicati.
L’importanza del packaging per il farmacista
L’approccio con la farmacia, come già descritto, avviene sostanzialmente attraverso due percorsi ben definiti, normalmente separati, ma che in qualche caso interagiscono. Parliamo della prescrizione o “suggerimento” del medico, e della pubblicità o comunicazione tradizionale. In questo contesto, come precedentemente indicato, il packaging assume un ruolo importantissimo, sia dal punto di vista tecnico/scientifico, sia dal punto di vista commerciale. In base a quali elementi un cliente decide un acquisto dei prodotti sopra indicati all’interno di un punto vendita specializzato come la farmacia? E visto che parliamo di un sistema distributivo indifferenziato come quello delle farmacie, quali sono gli stimoli e gli strumenti che possono sostenere le scelte d’acquisto dei consumatori? A queste domande le aziende rispondono mettendo a disposizione della farmacia packaging sempre più curati nelle grafiche e nei contenuti, espositori da banco per semplificare l’acquisto sia visivamente sia praticamente, materiali informativi costruiti per informare il cliente, corner espositivi per “attirare” 22 | aprile 2016 |
l’attenzione e quindi stimolare l’acquisto di impulso. Non dimentichiamo che nella maggior parte dei casi stiamo parlando di un paziente fisiologico, ovvero alla ricerca del “benessere a certe condizioni”; entra in farmacia e cerca un determinato prodotto perché sollecitato principalmente dalla pubblicità o dal consiglio del medico, ma può essere stimolato nell’acquisto da strumenti di supporto che soddisfino la sua esigenza di capire come migliorare il suo stato generale. Alla luce di tutto questo il ruolo del packaging, sia per i prodotti a marchio sia per quelli sconosciuti, assume un’importanza rilevante per sostenere le scelte d’acquisto; il packaging ci parla del prodotto, ci trasmette sensazioni, ci informa sulle caratteristiche, sulle modalità di utilizzo e sul prezzo. In questi processi entra anche ovviamente la componente dell’acquisto di impulso, processo che viene fortemente condizionato dal packaging e dai modelli espositivi. Il packaging in farmacia è quindi sempre di più uno strumento per la consulenza e la vendita di qualità; le forme farmaceutiche in primis (packaging secondario) sono diventate uno strumento di marketing per diversificare i target di utenti e per allungare il ciclo di vita dei prodotti. Orosolubili, monodose, sublinguali, gel sono solo alcune delle novità che hanno caratterizzato l’evoluzione di questo settore. Il packaging dunque supporta il farmacista nel consiglio e nella vendita, supporta le azioni di cross selling (vendita abbinata), sostiene il prodotto e il marchio nel processo di posizionamento, assumendo un ruolo fondamentale nel processo decisionale d’acquisto del consumatore.
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MARKETING
ATTUALITÀ
Premesse di GIUSEPPE TANDOI
incoraggianti
I
l suo intervento sfora di parecchio il tempo assegnato ai relatori ma è denso di contenuti. Stefania Saccardi, assessore alle Politiche sociali, sport e sanità della Regione Toscana - dopo una lunga esperienza di assessore al Comune di Firenze quando a guidarlo era Renzi - partecipa al convegno della domenica mattina, che chiude la tre giorni fiorentina di FarmacistaPiù. Al centro del dibattito il difficile equilibrio tra universalità del Ssn e federalismo sanitario, con particolare attenzione al caso toscano.
La riforma regionale
Per la verità la riforma del Servizio sanitario regionale è stata avviata dalla precedente amministrazione ma ora la giunta presieduta da Enrico Rossi ci ha rimesso mano. «La decisione», spiega Saccardi, «di accorpare tutte le Asl presenti sul territorio in tre uniche aziende sanitarie è stata un po’ radicale. Bisogna dare più importanza al territorio. Anziani, cronicità, dipendenze, continuità assistenziale… sono molti i fattori da considerare e in questo contesto il ruolo della farmacia è strategico». La qualità dell’assisten-
Da sinistra: Federico Gelli, responsabile Sanità del Pd, Stefania Saccardi, assessore regionale della Toscana e Marco Nocentini Mungai, presidente di Urtofar 24 | aprile 2016 |
z a sanitaria, sottolinea l’assessore, è anche una questione di percezione da parte dei cittadini, occorre lavorarci sopra. Altro capitolo, il Cup: «Così com’è non funziona, va riorganizzato, coinvolgendo le farmacie, le quali devono essere in prima linea quando si parla di prevenzione, comunicazione, educazione sanitaria». In effetti la Regione è in trattative con Federfarma per la questione Cup e ritiro referti in farmacia: ci saranno risorse finanziarie ad hoc - parola di assessore - oltre a quelle già previste per le sedi disagiate. Quanto al “concorsone” voluto dal decreto Monti alcune nuove farmacie stanno già aprendo. Ma il discorso, sottolinea Saccardi, è molto più ampio e coinvolge tutto l’ambito dei servizi sociosanitari della Regione, che vedono i Comuni in prima linea, e lo stesso rapporto tra le istituzioni e il Terzo settore («volontariato non significa fare ciò che si vuole»). Più che
ATTUALITÀ
Il modello toscano al centro del convegno domenicale di FarmacistaPiù. L’assessore Saccardi tende la mano ai farmacisti
una mano tesa, dunque, alle farmacie territoriali, il cui ruolo, poco prima, era stato rivendicato con orgoglio dal presidente di Urtofar Marco Nocentini Mungai: «Le farmacie e i farmacisti sono coraggiosi. Oggi, che è domenica, sono 200 i presìdi aperti in tutta la Regione. Nonostante negli ultimi sei anni la spesa farmaceutica convenzionata sia calata del 35 per cento, le farmacie nello stesso periodo hanno ampliato la gamma dei servizi ai cittadini e il contributo di informazioni destinato alla Pubblica amministrazione». Quanto alla riforma sanitaria regionale, il vero nodo da sciogliere è quello della difformità dell’assistenza, a seconda delle Asl, delle Province, delle modalità di distribuzione: «La “diretta” deve essere regolamentata e, allo stesso tempo, occorre un modello
unico regionale per la Distribuzione per conto. Quanto alla pharmaceutical care non è una novità per la Toscana, si faceva già da prima, anche se in modo più estemporaneo». A tal proposito Andrea Giacomelli, presidente dell’Ordine di Pistoia e della Consulta degli Ordini della Toscana, ricorda che il modello di pharmaceutical care sperimentato a Pistoia sui pazienti affetti da asma ha dato ottimi risultati e prodotto risparmi. Ben venga la riforma sanitaria regionale, dunque, purché nella direzione di una maggiore integrazione delle farmacie di comunità nel sistema delle cure territoriali. Al momento non sono tutte rose e fiori, anzi. C’è il nodo occupazione («Sono numerosi i farmacisti disoccupati in Toscana») e il vizio d’origine della Distribuzione diretta, «che allontana i farmacisti dall’innovazione e gli stessi pazienti dalla farmacia».
Un nuovo assetto
«Il nostro sistema sanitario è saturo di prestazioni inappropriate, è necessario puntare sull’educazione sanitaria ai cittadini, lavorare sulla prevenzione primaria e secondaria e sull’aderenza alla terapia». Non è proprio un messaggio di ottimismo 25 | aprile 2016 |
quello di Giuseppe Turchetti, coordinatore area “Innovazione, finanziamento e valutazione economica delle tecnologie in ambito sanitario” della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Semmai un monito a integrare davvero la farmacia in un sistema di cure primarie che necessita di maggiore organicità. Come per il responsabile Sanità del Pd, Federico Gelli (vedi intervista a pag. 26) anche per Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzaattiva, bisogna mettere mano a una riforma complessiva del Servizio sanitario nazionale, dopo un ventennio di stasi: «L’obiettivo deve essere quello di far sì che la buona amministrazione sia lo standard di tutte le Regioni in materia di sanità». Più qualità nelle prestazioni del “pubblico”, meno spesa out of pocket e stop alle “aberrazioni”. Quali? Per esempio i 300 giorni di attesa per una Tac a Lecce. Sull’urgenza di una riforma dell’assetto legislativo concorda Luigi D’Ambrosio Lettieri, per il quale bisogna rimettere mano all’articolo 117 della Costituzione. Per Andrea Mandelli è prioritario invece abolire la norma che consente il commercio parallelo dei farmaci («Un grande danno al sistema»). Si chiude, appuntamento a Milano, il marzo prossimo.
ATTUALITÀ
Gelli (Pd): necessaria una riforma sanitaria complessiva Dalle colonne dei giornali il ministro Boschi ribadisce che la riforma costituzionale del 2001 - che, con la modifica del titolo V, ampliava notevolmente i poteri delle Regioni in materia legislativa va a sua volta riformata. Cosa che il governo sta facendo. Ma questo cosa significa? Che, per esempio, in materia di sanità si ritorna al centralismo? Ne parliamo, a FarmacistaPiù, con Federico Gelli, responsabile Sanità del Partito democratico e membro della Camera dei deputati. Onorevole, si torna indietro? Assolutamente no, non c’è alcuna intenzione di abbandonare il modello federalista. Le competenze su programmazione, gestione e controllo delle politiche sanitarie sul territorio rimangono in capo alle Regioni ma intendiamo dare più forza allo Stato centrale per riunificare il Paese sotto il profilo dell’assistenza sanitaria. Oggi abbiamo ventuno sistemi sanitari diversi, e questo non va bene. Quali le carenze? Nelle Regioni nelle quali la sanità funziona i cittadini sono contenti, ma in molti casi questo non avviene. È quindi nostro compito eliminare queste differenze e far sì che il sistema sanitario sia davvero equo e solidaristico e che il diritto alla salute non sia solo un articolo della Costituzione ma qualcosa di concreto. Come intende procedere il governo? Una prima mossa - compresa nella riforma costituzionale in atto - è l’eliminazione della materia concorrente in materia di sanità tra Stato e Regioni: al primo le linee generali, alle seconde i compiti di gestione e programmazione delle politiche sanitarie.
Recentissima, poi, la creazione di un albo dei direttori generali, finalizzato a una maggiore trasparenza nelle nomine dei manager, con la possibilità per lo Stato di intervenire direttamente laddove le Regioni non siano in grado di procedere con le dovute garanzie. Sulla stessa linea il provvedimento secondo cui i commissari al riordino sanitario delle Regioni in deficit non siano più, come accadeva in passato, gli stessi governatori regionali. Tutte norme volte a coniugare l’impianto federalista con una maggiore capacità di indirizzo dello Stato centrale. Si arriverà, allargando un attimo lo sguardo, alle macroregioni? Di certo è nei programmi del Partito Democratico semplificare l’assetto regionale, non ha molto senso che ne esistano di piccole in concorrenza tra loro, ma di questo si parlerà più avanti. Quello che mi preme sottolineare è che il modello di sanità fortemente federalista sviluppatosi in questi anni ha portato alle disuguaglianze appena menzionate. Non vogliamo mettere in discussione il sistema fondato sulle aziende sanitarie, semmai dare più possibilità al governo di intervenire nei casi in cui le amministrazioni regionali non siano in grado di farlo autonomamente. Se tutte le Regioni fossero come Lombardia, Toscana ed Emilia Romagna questa esigenza non ci sarebbe. La verità è che oggi ci sono otto Regioni sottoposte a piano di rientro su ventuno. Tutti concordi nel Pd su queste linee guida in materia di sanità, o anche qui qualche dissapore? Direi che c’è accordo, contrariamente a quanto avvenuto dieci anni fa con le “lenzuolate” di Bersani, che diedero il via alle parafarmacie e che erano ispirate più a una visione economicistica che a una assistenziale. Credo che la necessità di riformare il sistema sia condivisa da tutti ma quello che intendo negare con forza è che questa maggioranza di governo voglia, come sostengono alcuni, privatizzare la sanità.
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NUTRIZIONE
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COMUNICAZIONE
28 | aprile 2016 |
PROFESSIONE
Cattive abitudini Un’indagine Doxa su pazienti con malattia cronica conferma che sull’aderenza alla terapia c’è ancora molto da fare, anche in ambito generici di STEFANIA CIFANI
L
a mancata aderenza alla terapia è una delle principali cause dell’inefficacia delle cure, associata a un peggioramento dello stato di salute, con aumento di complicanze e ricoveri, e non ultimo della spesa sanitaria. Secondo dati Aifa un malato cronico su due non segue correttamente le prescrizioni mediche: per esempio nel diabete l’adesione al trattamento non arriva al 60 per cento, e nella depressione il 50 per cento dei pazienti sospende le cure entro i primi tre mesi.
La ricerca
Il complicato rapporto tra pazienti e aderenza terapeutica è stato oggetto di una recente indagine condotta da Doxa Marketing Advice su un campione di 600 pazienti con malattia cronica, che ha considerato anche il punto di vista di medici di base, specialisti e farmacisti. Emerge prima di tutto la mancanza, tra i pazienti, di un’informazione adeguata e della consapevolezza circa l’imp ortanza della questione. Il 43 per cento degli intervistati non sa dare una definizione di aderenza alla terapia, concetto confuso con “accettazione” delle cure o “reattività” dell’organismo a un dato trattamento. Nella pratica, il 64 per cento dei pazienti ha dichiarato di aver cambiato la prescrizione di propria iniziativa, interrompendo l’assunzione dei farmaci o variando le indicazioni rice-
vute dallo specialista. Un comportamento più evidente in alcune aree terapeutiche: se le terapie per le malattie cardiovascolari sono percepite come salvavita e quindi seguite più scrupolosamente, quelle per le malattie respiratorie o i disturbi gastrici vengono spesso interrotte alla scomparsa dei sintomi e trasformate in una terapia al bisogno. Il timore della medicalizzazione, in cui la cura è vista come una sor29 | aprile 2016 |
ta di schiavitù, e la paura degli effetti collaterali sono poi tra le ragioni che determinano l’abbandono dei trattamenti nell’area del sistema nervoso centrale, dove la persona teme di assuefarsi ai farmaci, non potendone più fare a meno. Più in generale i clinici attribuiscono il fenomeno all’età avanzata, specie se in presenza di più malattie e quindi della necessità di trattamenti sovrapposti e di
PROFESSIONE
lunga durata. Molto importante risulta anche la scarsa comunicazione tra medico e paziente. Un rapporto di fiducia con il proprio medico è ritenuto un fattore facilitante anche dai pazienti, secondo i quali a ostacolare l’adesione al trattamento è invece soprattutto il costo elevato di alcune terapie. Come la pensano i professionisti della salute? Sia i medici di medicina generale sia gli specialisti ritengono di avere un ruolo cruciale nel determinare l’adesione alla terapia da parte dei pazienti; i farmacisti sembrano attribuirsi un’importanza maggiore di quella che le altre figure sanitarie riservano loro. Tutti tendono poi ad attribuirsi reciprocamente la responsabilità degli abbandoni terapeutici: spesso i medici di medicina generale considerano il responso degli specialisti e le relative cure “imposte dall’alto”; a loro volta gli specialisti auspicherebbero da parte dei Mmg un maggior monitoraggio nel controllo del malato cronico. Entrambi poi criticano i farmacisti per il loro frequente intervento nel cambiamento della prescrizione. E i farmacisti, infine, lamentano la scarsa chiarezza delle prescrizioni dei medici, specialmente rispetto alla posologia. «Non si può parlare di aderenza senza parlare di appropriatezza», afferma Silvio Garattini, che sottolinea come troppo spesso si verifichi un eccesso di trattamenti non necessari, e una iperprescrizione, specie negli anziani, che oggi utilizzano il 70 per cento di tutti i farmaci. E come l’uso dei farmaci equivalenti possa rappresentare un aiuto verso la sostenibilità delle cure, sia per il paziente sia per il sistema sanitario. «Mancano tuttavia», conclude, «un buon contatto medico-paziente e informazioni sufficienti da parte del medico su come eseguire le terapie».
Il ruolo degli equivalenti
La maggior parte del campione ritiene che la diffusione dei farmaci equivalenti potrebbe migliorare l’aderenza terapeutica ma tra i pazienti restano perplessità circa la tollerabilità dei medicinali non di marca: il 44 per cento degli intervistati si dichiara infatti d’accordo con l’affermazione secondo cui «i generici sono meno tollerabili per via degli eccipienti». Nonostante il prezzo inferiore, in Italia si verifica un paradosso: il tasso medio di utilizzo dei generici è pari al 26 per cento, lontano dai valori di altri Paesi europei. Ma, secondo gli stessi clinici, è anche il medico a non favorirla, spesso non prendendo una posizione chiara. Secondo quanto riferito dai pazienti, infatti, in un caso su due il medico non esprime una posizione in merito o non ne ha mai parlato con il paziente. Più virtuoso sembra invece il farmacista che, secondo quanto riferito dagli intervistati, nel 60 per cento dei casi al momento dell’acquisto propone l’alternativa al farmaco di marca «regolarmente o con una certa frequenza» spiegando le ragioni della scelta. Se il maggior ricorso ai farmaci equivalenti aumenterebbe l’aderenza terapeutica, sembra altrettanto vero che passare da un generico a un altro produce l’effetto opposto. A suggerirlo è uno studio, retrospettivo e basato su archivi amministrativi, condotto dalle Asl di Pavia e Bergamo su 14.500 ma-
lati cronici. Sei le aree considerate: diabete, cardiologia, dislipidemia, reumatologia, psichiatria, ipertensione. Lo studio ha esaminato gli effetti della sostituzione da parte del farmacista di un medicinale equivalente con un altro in pazienti ai quali ne fosse stato dispensato almeno uno. In tutte le aree considerate emerge come aderenza terapeutica e sostituzione orizzontale di farmaci equivalenti siano inversamente proporzionali: più aumentano le sostituzioni minore è l’aderenza alle terapie prescritte. Questo effetto appare più marcato per la dislipidemia e il diabete, meno sensibile l’area dell’ipertensione, dove i pazienti non accettano di buon grado la sostituzione, nemmeno da farmaco di marca a generico. Anche il farmaco gioca un ruolo nel determinare il rispetto delle prescrizioni: persino l’aspetto accattivante, oltre che una posologia comoda e la riconoscibilità della confezione sono ritenuti importanti da pazienti e medici. Giocano, viceversa, a sfavore un device scomodo, la somministrazione dolorosa, il gusto sgradevole e la dimensione delle pillole, fino agli effetti collaterali letti sul bugiardino. Al farmacista spetta quindi il compito di sostenere la continuità terapeutica nella gestione delle malattie croniche, fondamentale per garantire terapie efficaci e sicure. box
Per saperne di più
L’Agenzia italiana del farmaco ha realizzato la guida Medicinali Equivalenti - Qualità, sicurezza ed efficacia, accessibile dal sito, per fornire a medici, farmacisti e pazienti uno strumento di rapida consultazione sui medicinali equivalenti: www.agenziafarmaco.gov.it/sites/default/files/ medicinali_equivalenti-qualita_sicurezza_efficacia.pdf.
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di STEFANIA CIFANI
Pause sospette
U
n forte dolore muscolare al polpaccio obbliga a fermarsi dopo aver percorso poche decine di metri. Potrebbe trattarsi di arteriopatia periferica degli arti inferiori, una malattia del sistema circolatorio conosciuta anche come “sindrome delle vetrine” per indicare le frequenti pause che chi ne soffre deve fare per riposare affinché il dolore passi. Spia di un processo arteriosclerotico in corso, il sintomo si manifesta quando depositi di materiale lipidico, proteico e fibroso formano placche sulle pareti arteriose causandone il restringimento.
I casi
Il dolore localizzato al polpaccio è il più caratteristico e indica l’ostruzione dell’arteria femorale superficiale, ma può interessare anche altre parti del corpo come piede, coscia o gluteo. Durante il movimento, infatti, agli arti in-
feriori dovrebbe affluire un maggior quantitativo di sangue rispetto alla condizione di riposo. Quando però il lume delle arterie è ristretto a causa della malattia, l’apporto di ossigeno è insufficiente e subentra il dolore, simile a quello di un crampo. Se in fase iniziale il dolore scompare con il riposo, nei casi più gravi è costante e sull’arto, che può apparire più pallido e freddo, compaiono piccole ulcere o gangrene. «L’arteriopatia periferica è molto diffusa, quasi a livello epidemico: si stima che interessi circa il 5 per cento dei soggetti tra i 40 e 50 anni e il 20 per cento degli ultrasessantenni» precisa Adriana Visonà, primario di Angiologia all’ospedale San Giacomo di Castelfranco Veneto e presidente della Società italiana di angiologia e patologia vascolare (Siapav). Seppur legata all’età, l’Arteriopatia periferica (Ap) è associata alla presenza 32 | aprile 2016 |
di altre condizioni come diabete, insufficienza renale e malattie infiammatorie del tessuto connettivo che hanno un ruolo importante nel favorirne l’insorgenza. «L’arteriopatia periferica è poco diagnosticata e poco trattata» prosegue Visonà «e anche scarsamente percepita da parte dei medici. Molto spesso inoltre la malattia non dà segno di sé, ed è questo il vero problema perché, al pari di infarto e ictus, è una manifestazione dell’aterosclerosi e rappresenta un importante fattore prognostico per il successivo sviluppo di malattie cardiovascolari. Quando viene riscontrata precocemente è possibile mettere in atto specifiche misure di prevenzione, mentre trascurarla significa perdere un importante marker della mortalità cardiovascolare globale. I pazienti con arteriopatia presentano infatti una elevata mortalità per infarto. Recenti studi condotti da ricercatori dell’Università di Padova hanno inoltre evidenziato l’e-
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Troppo spesso sottovalutata, l’arteriopatia periferica è un campanello di allarme per prevenire la mortalità cardiovascolare obiettiva della malattia e un indicatore del rischio cardiovascolare», sottolinea Visonà. «Si ottiene dal rapporto tra il valore della pressione arteriosa comunemente rilevato e quello alla caviglia, misurato su entrambi i lati con uno strumento dotato di una sonda eco-Doppler, che rileva anche l’intensità di flusso sanguigno all’interno dell’arteria. Il valore ottenuto deve essere compreso tra 0,9 e 1,3 mentre valori inferiori evidenziano la presenza della malattia». Il trattamento dell’arteriopatia periferica deve prima di tutto intervenire sui fattori di rischio: ipertensione, fumo, diabete e livelli di colesterolo e trigliceridi superiori alla norma favoriscono lo sviluppo di Ap anche in età più giovane, intorno ai 40-50 anni. L’abolizione del fumo è sempre il primo provvedimento da adottare. Per ridurre la progressione dell’aterosclerosi occorre poi mantenere un buon profilo lipidico, pressione arteriosa nella norma ed evitare o ridurre il sovrappeso. «Insieme all’esercizio fisico, che è fondamentale», spiega Visonà, «queste misure hanno un valore preventivo e anche “curativo” in quanto aiutano a diminuire i sintomi e migliorare la capacità funzionale del paziente, permettendogli di guadagnare in termini di tempo marcia. La terapia riabilitativa controllata è alla base del trattamento, ma è diffi-
La malattia è più frequente negli uomini, ma dati recenti ne stanno evidenziando un aumento delle donne, a maggior rischio di sottodiagnosi
sistenza di un suo legame con il Tromboembolismo venoso (Tev) per cui i soggetti colpiti da arteriopatia periferica sono a rischio di sviluppare Tev, e viceversa. La malattia è più frequente negli uomini, ma dati recenti ne stanno evidenziando un aumento nelle donne, a maggior rischio di sottodiagnosi anche per minor possibilità di manifestare il sintomo». A volte infatti l’Ap non emerge perché la persona, più spesso di sesso femminile, per ragioni dovute ad altre condizioni patologiche (come l’artrosi all’anca e al ginocchio) si muove o cammina poco, cosa che contribuisce al sottotrattamento.
Diagnosi e cura
Un metodo semplice e poco costoso per individuare precocemente la presenza di arteriopatia periferica consiste nella misurazione dell’indice caviglia-braccio. «Questo indice fornisce una conferma
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cile da realizzare a causa dei costi per personale e strutture dove i pazienti possano essere seguiti durante la loro attività fisica. La terapia medica serve soprattutto per ridurre la mortalità cardiovascolare e si basa sempre su antiaggreganti, ipolipemizzanti (che esercitano un’azione antinfiammatoria sulle placche arteriosclerotiche) e Ace-inibitori. Da studi recenti risulta che questi ultimi, insieme alle statine, producono un effetto positivo anche migliorando il tempo di marcia. Purtroppo l’aderenza al trattamento non è ottimale e molti pazienti abbandonano le cure dopo un primo periodo, pensando che non siano più necessarie. Si tratta invece di una terapia cronica, da attuare sempre, anche in caso di procedura di rivascolarizzazione. La gestione del paziente, per la cronicità che lo caratterizza e che richiede una sorveglianza continua, dovrebbe essere sempre affidata a un angiologo in stretta collaborazione con il chirurgo vascolare». I pazienti la cui qualità di vita è compromessa dalla malattia, con dolore anche a riposo e lesioni ischemiche critiche, possono essere trattati chirurgicamente, con l’impianto di bypass o angioplastica. L’intervento di rivascolarizzazione può prevenire l’amputazione dell’arto, esito che riguarda una percentuale dei casi più gravi mentre è raramente indicato nei pazienti che hanno dolore solo durante il movimento.
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FARMACOLOGIA
di CARLA CARNOVALE, Servizio di Farmacovigilanza, UO Farmacologia Clinica, Ospedale Sacco-polo universitario, ASST Fatebenefratelli-Sacco, Milano
Antibiotici in pediatria
L
a popolazione pediatrica rappresenta sicuramente quella maggiormente colpita dalle infezioni batteriche, fattore che espone di conseguenza i bambini a un largo impiego di antibiotici durante la loro crescita. L’ampio spettro di patologie infettive, sostenute e aggravate dalla frequentazione di asili nido e comunità scolastiche, incombe pesantemente su questo delicato setting, contribuendo a rendere ancor più complessi i molteplici aspetti legati alla prescrizione antibiotica in questa delicata fascia della popolazione. Se da un lato gli antibiotici rappresentano, infatti, un presidio di fondamentale importanza per tenere a bada le diverse malattie infettive, il rischio di un loro utilizzo elevato, e spesso ingiustificato, è ancora oggi un problema tristemente attuale in quanto in crescita costante e non facilmente arginabile. Sono numerosi gli studi che documentano un loro ricorso inappropriato in età pediatrica, fenomeno tra l’altro implicato nel progressivo incremento delle pericolose resistenze batteriche. Il problema delle patologie difficilmente trattabili che ne consegue è stato di recente affrontato con l’immissione sul mercato di nuovi antibiotici che sono stati approvati o sono in fase di approvazione. Le diverse autorità sanitarie e scientifiche hanno infatti tentato di
stimolare l’industria a una più consistente ricerca per la produzione di nuovi farmaci antinfettivi proprio con l’intento di rendere disponibili nuove molecole efficaci.
L’utilizzo off label
Parallelamente, però, alla disponibilità di nuovi agenti antinfettivi, sussiste un problema legato al loro profilo di sicurezza, non sufficientemente e razionalmente caratterizzato per la popolazione pediatrica. Per motivi di ordine etico, pratico ed economico, gli studi clinici controllati e di farmacoepidemiologia coinvolgono solo raramente questa specifica fascia della popolazione; pertanto il loro profilo di sicurezza ed efficacia nei bambini è poco documentato. Il loro impiego in pediatria, anche per gli antibiotici già registrati, non è di fatto basato su prove che attestano uno specifico rapporto rischio/beneficio favorevole, poiché la registrazione è abitualmente effettuata solo per l’impiego nel soggetto adulto (per il quale si stabilisce con precisione la posologia più corretta, con lo scopo di ottenere un favorevole effetto clinico con il più basso rischio di eventi avversi). La difficoltà di utilizzo di molti antibiotici in pediatria, proprio per la mancata loro ufficiale registrazione, pone di conseguenza il problema del largo impiego off label, ovvero al di 36 | aprile 2016 |
fuori delle regole prescrittive imposte dalle autorità regolatorie. La prescrizione e l’assunzione di un certo antibiotico, utilizzato in modo off label, espone il bambino all’inevitabile rischio di incorrere in errori posologici, possibile mancato effetto terapeutico e aumento della probabilità di manifestare gravi reazioni avverse (anche ritardate, quindi difficilmente riconducibili al trattamento farmacologico). Un’intensa e razionale attività di sorveglianza post-marketing e un continuo e profondo aggiornamento sulle nuove evidenze scientifiche in merito a questa specifica tematica rappresentano due importanti strumenti per la corretta gestione farmacologica del bambino sottoposto al trattamento con agenti antinfettivi. Le peculiarità che caratterizzano la delicata popolazione esposta e l’uso di un farmaco il cui profilo di sicurezza è in continua
FARMACOLOGIA
Le criticità connesse al loro utilizzo evoluzione prevedono un’intensa condivisione delle informazioni tra gli operatori sanitari coinvolti a più livelli nella tutela del paziente.
La correlazione antibiotici-obesità
Proprio le ultime evidenze scientifiche - che hanno di recente messo in luce una inattesa correlazione tra l’utilizzo frequente di antibiotici a largo spettro nei primi due anni di vita e il rischio di sviluppo precoce di sovrappeso e obesità - sono emblematiche del continuo processo di revisione del profilo di sicurezza a cui sono sottoposti gli agenti antinfettivi. Secondo l’American heart association, la prevalenza di obesità nei bambini è più che triplicata dal 1971 a oggi. Di conseguenza, i bambini si trovano ad affrontare una vasta gamma di problematiche connesse a questa elevata inci-
denza che, non sono state riscontrate nelle generazioni più anziane (box a pag. 38). Tra questi sicuramente la pressione alta, il diabete di tipo 2 ed elevati livelli di colesterolo. Inoltre, lo sviluppo dell’obesità infantile causa nei bambini serie difficoltà di relazione, bassa autostima e il rischio di incorrere in stati depressivi importanti. Già in passato, diversi studi scientifici avevano scoperto che i sottoprodotti della p enicillina p ossono causare aumento di peso negli animali; fenomeno ampiamente poi utilizzato nelle mo derne pratiche agricole industriali, che prevedono l’aggiunta di antibiotici all’alimentazione degli animali, proprio con lo scopo di ingrassarli in tempi brevi. Ma la svolta decisiva che ha fatto luce su tale associazione giunge da alcuni studi clinici che ne attestano la plausibile correlazione. 37 | aprile 2016 |
L’evidenza scientifica
Un recente studio pubblicato su Jama Pediatrics ha valutato l’impatto della prescrizione di antibiotici tra 0 e 23 mesi di vita sullo sviluppo di obesità tra i 2 e 5 anni di età. Già numerosi studi precedenti avevano suggerito che l’alterazione del microbiota, ovvero della flora batterica intestinale, è associata con l’obesità e che l’esposizione agli antibiotici influenza la diversità microbica e la sua composizione. Lo studio è stato effettuato analizzando le cartelle cliniche elettroniche di una rete di ambulatori di cure primarie (in un periodo compreso tra il 2001 e il 2013); i ricercatori hanno raccolto i dati riguardanti quasi 65.000 bambini che avevano avuto visite annuali nei primi due anni di vita e una o più visite fra i 2 e i 5 anni. Le analisi dei dati hanno rilevato che il 69 per cento dei bambini aveva assunto antibiotici prima dei 24
FARMACOLOGIA
mesi di età, con una media di 2,3 esposizioni per bambino. Secondo quanto riportato dai ricercatori del Children’s Hospital of Philadelphia in Pennsylvania, per la popolazione pediatrica generale, il tasso di obesità si aggirerebbe intorno al 10 per cento a due anni, del 14 a tre anni e del 15 a quattro anni; i bambini a cui sono stati somministrati antibiotici a largo spettro nei primi due anni di vita avrebbero mostrato circa l’11 per cento in più di probabilità di essere obesi tra i 2 e 5 anni, rispetto a quelli che non ne hanno assunti. Il rischio di obesità aumentato è associato con un utilizzo maggiore di antibiotici in generale, ma l’effetto è maggiore per quelli ad ampio spettro, quali amoxicillina, tetraciclina, streptomicina, moxifloxacina e ciprofloxacina che, oltre a uccidere i batteri resistenti agli antibiotici standard, eliminano anche batteri benefici per il nostro corpo; non sono state trovate associazioni con gli antibiotici a spettro limitato. In sintesi, dopo la loro assunzione, alcuni dei batteri presenti nel nostro apparato gastrointestinale fisiologicamente impegnati nel corretto funzionamento del nostro metabolismo, vengono uccisi; si attivano invece i batteri che alterano pericolosamente i normali processi metabolici. Un altro studio pubblicato dal Journal of Obesity conferma la correlazione tra l’utilizzo ripetuto di antibiotici durante l’infanzia e un aumento dell’Indice di Massa Corporea nell’adolescenza. Gli autori hanno valutato le cartelle cliniche elettroniche di 163.820 bambini di età compresa tra 3 e18 anni, dal 2001 al 2012. I risultati hanno mostrato che all’età di 15 anni i bambini che avevano assunto antibiotici sette o più volte du-
rante l’infanzia (circa il 21 per cento), pesavano intorno a 3 Kg in più rispetto a quelli che non avevano ricevuto antibiotici. Questo studio mette in luce inoltre la possibilità che l’aumento di peso (modesto entro la fine dell’infanzia) correlato a una maggiore esposizione agli antibiotici continui e si aggravi in età adulta, aprendo la strada a nuovi e interessanti studi in merito. I risultati di questi studi non vanno intesi come un invito a non trattare i bambini con gli antibiotici quando questi si rendono indispensabili. Forniscono invece un supporto aggiuntivo valido per l’adozione di linee guida razionali volte a limitarne l’uso solo nei casi strettamente necessari, preferendo gli antibiotici a spettro limitato in assenza di specifiche indicazioni per una copertura più ampia.
Conseguenze dell’obesità infantile
Uno studio recentemente pubblicato sul Journal of Comparative Neurology ha rilevato che l’obesità, nei primi anni di vita, può provocare conseguenze cerebrali che contribuiscono a disfunzioni cognitive durante l’invecchiamento. Questo è stato dimostrato su ratti sottoposti nelle prime settimane di vita a un regime alimentare costituito da un elevato contenuto di grassi. Dopo solo quindici settimane di dieta ricca di grassi, i ratti hanno manifestato i primi deficit dell’apprendimento; quando gli stessi animali erano ormai fuori dal periodo della dieta ricca di grassi, a 61 settimane di vita, e avevano ripreso le normali caratteristiche metaboliche, si sono confermati i gravi deficit di apprendimento e del consolidamento della memoria a lungo termine. Gli autori dello studio ritengono che già a quindici settimane dall’insorgenza di obesità e insulino-resistenza, si possano osservare modificazioni epigenetiche (nel Dna espresso nei tessuti cerebrali) irreversibili nonostante il ripristino della normale omeostasi metabolica, con conseguenti disfunzioni cerebrali durante l’invecchiamento. Se questa affascinante ipotesi, per ora dimostrata negli animali da esperimento, verrà confermata anche nell’uomo, l’obesità infantile potrebbe essere uno dei fattori di rischio sui quali intervenire per la prevenzione del deterioramento cognitivo dell’anziano.
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NUTRIZIONE
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NUTRIZIONE
Da uno studio del 2011 si evince che l’aumento di peso riguarda il 98 per cento delle donne analizzate, con un incremento del 25 per cento della massa grassa
di RACHELE ASPESI, farmacista e dietista
sentire dal suo farmacista è che tutto ciò sia assolutamente naturale per la fase di vita che sta vivendo e che esistono consigli utili per affrontarla al meglio, nella vita di ogni giorno, nella quotidianità, anche sotto l’aspetto nutrizionale, il che le faciliterà di molto i mesi futuri.
La menopausa
P
aola, 52 anni, prima di rientrare a casa dal lavoro si ferma nella sua farmacia. Si avvicina al banco con aria insofferente e scontenta: da qualche tempo il suo ordinario ciclo mestruale è diventato molto più irregolare e abbondante, dorme poco, ha sbalzi di umore e vampate di caldo
improvvise, al lavoro o durante la notte. Per non farsi mancare nulla, avverte una costante sensazione di gonfiore addominale con un evidente aumento di peso, localizzato nel girovita, che la rende ancora più insofferente e scontenta di quanto il suo viso, dal colorito spento, ha manifestato. L’opinione che Paola vuole 40 | aprile 2016 |
Dopo aver analizzato, nei precedenti articoli, il ruolo fondamentale dell’alimentazione durante l’età fertile femminile e nel periodo di gravidanza, comprendiamo quanto il consiglio nutrizionale del farmacista faccia la differenza in una fase delicata come la menopausa. Il termine menopausa deriva dal greco “ ”, mese, e “ ”, cessazione: è l’evento fisiologico che nella donna, nei casi di menopausa spontanea, si verifica tra i 46 e i 55 anni, coincidendo con il termine del ciclo mestruale e dell’età fertile. Con la menopausa si conclude l’attività delle ovaie che non producono più follicoli ed estrogeni: clinicamente la menopausa vera e propria fa parte di un periodo ben più lungo, chiamato climaterio, che inizia alcuni anni prima della fine del ciclo mestruale, caratterizzato da cambiamenti dell’attività delle ovaie con le prime irregolarità mestruali e si conclude alcuni anni dopo. Compito del farmacista è quello, dunque, di preparare la donna al fatto che la scomparsa delle mestrua-
NUTRIZIONE
Una serena menopausa zioni sia soltanto uno dei segni più evidenti della menopausa, ma non certo il mutamento più importante che avviene nel suo corpo: i livelli plasmatici dell’inibina, ormone glicoproteico che partecipa alla regolazione del ciclo mestruale, diminuiscono mentre l’ormone follicolostimolante Fsh si innalza progressivamente, e, contemporaneamente, i cicli diventano sempre di più anovulatori, negli ultimi 30 mesi prima della menopausa. Il progressivo esaurirsi della produzione di ormoni femminili altera un equilibrio che ha accompagnato la donna per tutta l’età fertile: provoca disturbi e malesseri e attenua, fino ad annullarlo, quel privilegio biologico - nei confronti del sesso maschile - che l’aveva protetta da alcune patologie, come quelle cardiovascolari. Gli estrogeni e il progesterone influiscono infatti su tutto l’organismo e su numerosi processi vitali: il cuore, la pelle, il sistema nervoso, le ossa, gli organi genitali, il metabolismo dei grassi. L’impatto della menopausa sulla salute e i disturbi acuti o cronici che comporta variano moltissimo da donna a donna e sono influenzati dalla realtà in cui vive, dalle caratteristiche individuali e dalle abitudini di vita. I sintomi acuti comprendono tutti i caratteristici disturbi della sindrome menopausale, tra cui disturbi neurodegenerativi (sudorazione, tachicardia, nausea, vertigini) e psicologici
(irritabilità, sbalzi d’umore, insonnia, disturbi della sessualità). Tra i sintomi cronici trovano ampio spazio alterazioni del sistema immunitario, con frequente esposizione a infezioni del tratto urogenitale e delle mucose del tratto digerente. Le donne che si affacciano alla menopausa, inoltre, sono statisticamente più esposte (circa il 67 per cento) a patologie che si manifestano a lungo termine a carico del sistema cardiovascolare (infarto del miocardio, ipertensione, dislipidemie), del sistema osteoarticolare (osteoporosi, artrosi) e dell’apparato neurovegetativo (demenza senile e Alzheimer).
Menopausa e aumento di peso
La tempesta ormonale che invade una donna durante il climaterio porta con sé, inoltre, un aumento inevitabile di peso. Dai dati finali di uno studio del 2011, promosso dalla Andid (Associazione nazionale dietisti) su un gruppo di 135 donne in pre-menopausa con cicli irregolari o assenti da almeno 5 mesi, si evince che l’aumento di peso riguarda il 98 per cento delle donne analizzate, con incremento del 25 per cento della massa grassa e del 33 per cento della ritenzione idrica, localizzati nella zona di addome e fianchi, il che si lega anche a un aumento del rischio della patologia cardiovascolare. La tendenza a ingrassare sopraggiunge 41 | aprile 2016 |
Il ruolo del cibo in questa fase delicata della vita della donna per vari fattori che si instaurano contemporaneamente: da un lato i livelli di insulina aumentano fisiologicamente per calo estrogenico, incrementando la possibilità di accumulare massa grassa sul girovita, dall’altro l’aumento di età comporta biologicamente la diminuzione del metabolismo e, di conseguenza, della massa magra. Questo ultimo dato significa che, senza cambiamenti alle abitudini alimentari e relative all’attività fisica, la tendenza sarà inevitabilmente quella di ingrassare, senza un apparente motivo. L’aumento di peso, inoltre, viene favorito dal disequilibrio degli ormoni surrenalici regolatori di molte funzioni biochimiche organiche, cortisolo e dhea, il quale si instaura fisiologicamente con l’età e con gli stili di vita poco attenti: con l’invecchiamento si osserva un brusco calo dei livelli plasmatici di dhea, dei suoi metaboliti nelle urine delle 24 ore e di altri ormoni anabolici come testosterone, melatonina e Gh, mentre i valori del cortisolo totale e libero nel plasma, del cortisolo libero e dei suoi metaboliti nelle urine delle 24 ore aumentano in maniera evidente. Questo disequilibrio, che si manifesta con tipici picchi serali di cortisolo, può facilitare l’insorgenza di molte patologie connesse al processo di invecchiamento, tra cui anche l’obesità addominale.
NUTRIZIONE
Attenzione a tavola
Ogni pasto in menopausa deve accompagnare l’andamento ormonale e occorre insegnare come utilizzare gli alimenti e come accostarli per ripristinare l’equilibrio. A tavola, occorre controllare i livelli di insulina e di cortisolo, affinché l’introito calorico si possa adattare al modificato metabolismo femminile che, in questa fase, diminuisce progressivamente nell’arco della giornata. La prima regola da trasferire alla nostra paziente è quella di bandire gli zuccheri bianchi, specialmente se usati lontani dai pasti principali: togliere dalle proprie abitudini il consumo di saccarosio, fruttosio e derivati aggiunti nei prodotti dolciari comuni, ma anche di tutti i carboidrati semplici raffinati che danno vita a chicchi raffinati, farine e derivati bianchi (pane, pasta, riso, fette biscottate). L’abitudine da consigliare è quella di ridurre l’utilizzo di zuccheri, ma di introdurre l’uso di cereali integrali in ogni forma: la fibra contenuta in essi garantisce un rilascio glicemico più controllato con conseguente controllo nella produzione di insulina e un senso di sazietà prolungato, il che riduce il rischio di attacchi di fame. La fibra, inoltre, ha una potente azione di scavenger, in grado di catturare, come una maglia nel tratto intestinale, le tossine di scarto e di eliminarle attraverso un adeguato meccanismo di scarico che garantisce eubiosi intestinale costante. Un’imponente ricerca pubblicata sul JAMA Internal Medicine nel marzo del 2015, elaborata da un gruppo di ricercatori della Harvard School of Medicine, della Albert Einstein University di New York e del Nutrition Department della Singapore University, ha consentito di affermare che l’uso di farine integrali e di cereali integrali ha ridotto in
modo significativo e rilevante la mortalità da malattia cardiovascolare post menopausale in un vasto campione di circa 75mila donne seguite per 26 anni (1984-2010). Ogni 28 grammi di cereali integrali assunti in un giorno (in confronto a 28 grammi di cereali o farine raffinati) produce circa il 9 per cento in meno di mortalità cardiovascolare. L’obiettivo di abbassare i livelli di cortisolo, specialmente serali, avviene evitando il consumo eccessivo di proteine serali, abitudine che spesso viene messa in atto, pensando erroneamente che un dieta iperproteica contrasti l’aumento di peso della donna in menopausa.
proteine carboidrati verdure
Esempio di schema organizzativo di un monopiatto per pranzo
Le proteine animali, invece, tendono ad aumentare i livelli di cortisolo e, quindi, è buona abitudine consigliare di consumare proteine vegetali (legumi e derivati della soia) o animali (carne, pesce, uova e derivati del latte) a pranzo - accompagnati da abbondante verdura e una piccola porzione di carboidrati integrali (pane o piccoli chicchi privi di glutine come quinoa, miglio, grano saraceno) - mentre di portare in tavola per cena un piatto non particolarmente abbondante di carboidrati integrali con verdura senza affiancare altri cibi zuccherini, come pane o surrogati (cracker, grissini…) e frutta. 42 | aprile 2016 |
carboidrati integrali verdure
Esempio di schema organizzativo di un monopiatto per cena
La frutta, consigliata per il suo potere antiossidante e saziante negli spuntini, andrebbe consumata entro la metà del pomeriggio in due momenti fondamentali della giornata: come spuntino spezzafame mattutino e pomeridiano entro le 17 e come primo alimento della giornata a colazione. Alla mattina, infatti, è buona abitudine iniziare la giornata con la sferzata vitaminica di un buon frutto o di una spremuta fresca senza zucchero, prima di incominciare la colazione vera e propria, in modo da stimolare la secrezione dei succhi gastrici e attivare con rapidità la massima efficienza del sistema digerente. La colazione, proprio per il momento in cui viene svolta di prima mattina, dovrà essere il pasto che garantisce il miglior apporto calorico e nutritivo della giornata di una donna in menopausa, sia perché si tratta del momento in cui il metabolismo è in grado di consumare al meglio le calorie, sia perché un innalzamento dell’attività metabolica giornaliera è l’immediata conseguenza di un’abbondante introduzione di cibo mattutina. Uno studio francese del 2009 pubblicato sull’European Journal Clinical Nutrition ha valutato il livello di energia necessario per affrontare la mattinata: nei soggetti che nella prima colazione
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mangiavano meno del 20 per cento della introduzione calorica della giornata, i dati hanno rilevato fame intensa e senso di debolezza già dopo soli 90 minuti dalla prima colazione; al contrario, stare al di sopra del 30 per cento delle calorie totali nella colazione conferiva una stabilità di resa durante la mattinata fino alle ore 13 circa, evitando sfavorevoli attacchi di fame. L’alimentazione in menopausa dovrà contenere proteine, vitamine (specialmente la D e la K2) e minerali per prevenire l’osteoporosi. Sfatiamo, in qualità di professionisti della salute, il mito che il calcio sia contenuto soltanto nel latte e nei derivati: ne sono ricchi i vegetali ricchi di ossalati, come spinaci, barbabietola e pomodori, i cereali integrali in chicco e i legumi dalla buccia spessa, come ceci, fave e fagioli con l’occhietto. Il calcio che risulta essenziale per ogni cellula del corpo, comprese quelle delle ossa, è stato, tuttavia, oggetto di studi approfonditi, pubblicati sul British Medical Journal nel 2010, che hanno dimostrato come l’eccessiva calcificazione delle pareti delle arterie sia un fattore di rischio cardiovascolare, poiché oltre ad aumentare la loro rigidità e fragilità, ostacola il normale flusso sanguigno da e verso il cuore. L’assunzione di vitamina D, indispensabile per l’assorbimento del calcio a livello intestinale, e di vitamina K2, utile per la calcificazione in quanto cofattore di cartilagini e proteine ossee, è garantita dal consumo regolare di pesce, uova, legumi, verdure a foglia verde, lievito madre, the verde. È opportuno, infine, consigliare il consumo di cibi ricchi in antiossidanti e fitoestrogeni, molecole che mimano strutturalmente gli ormoni sessuali femminili carenti in menopausa. Tra questi
si consigliano gli isoflavoni, presenti in soia, legumi, finocchi, grano saraceno, cavolini di Bruxelles, i lignani, contenuti in olio di oliva e di girasole spremuti a freddo e consumati crudi, mele, pere, aglio, cipolla, i clumestani e i lattoni, presenti in germogli e funghi. A interessare le ricerche, sono stati soprattutto i fitoestrogeni contenuti nella soia. Gli studi hanno segnalato il loro effetto di modulazione selettiva sui recettori, mimando l’azione degli estrogeni, stimolando i tessuti che tendono a invecchiare per carenza ormonale - ossa, cervello, pelle, vagina, sistema cardiovascolare - e proteggendo i tessuti di organi a più elevato rischio oncologico, come utero e mammella. Escluse le donne con pregressa diagnosi di carcinoma mammario personale o familiare, in cui l’assunzione di soia, anche in forma di alimento, ha dimostrato una correlazione con l’aumento plasmatico di Igf-1 fattore di crescita associato all’incremento di rischio di recidiva.
L’importanza di consigliare movimento
Un consiglio assolutamente apprezzato dalle pazienti che lamentano l’aumento di peso menopausale è quello riguardo l’attività fisica, senza tralasciare le altre svariate motivazioni e i numerosi benefici che le devono indurre a muoversi. In particolare un’attività che può essere consigliata, perché supportata da risultati scientifici è la camminata veloce quotidiana, meglio ancora se nella pratica del Nordic walking (Nw) una camminata naturale abbastanza spedita con i bastoncini, che impegna circa il 90 per cento della muscolatura grazie al coinvolgimento delle braccia in fase di spinta, che, da arti portati passano ad arti portanti, il che comporta un ampio 44 | aprile 2016 |
lavoro aerobico. Il Nw riduce le contrazioni a livello cervicale e mobilizza tutta la colonna vertebrale, riduce il carico sugli arti inferiori fino al 30 per cento, allenando mobilità, resistenza, coordinazione, forza e garantendo la produzione di endorfine che stimolano il benessere umorale. Interessanti sono due studi del 2014, pubblicati su Journal of Human Kinetics, entrambi realizzati su donne in menopausa. Poiché l’ipertensione arteriosa e la perdita della forza sono tra le conseguenze rilevanti che accompagnano questa fase, nel primo studio si è voluta valutare l’utilità di un programma di Nw in donne in menopausa, ipertese non trattate con terapia. Dopo otto settimane di attività con Nw si è riscontrata una diminuzione significativa della pressione arteriosa sistolica e un aumento della forza sia della parte inferiore che di quella superiore del corpo, oltre che una diminuzione di colesterolo totale, Ldl e trigliceridi. L’altro studio ha misurato l’influenza di un programma di training misto aerobico e di forza di 10 settimane, con il Nw, sui livelli di prestazione fisica, fitness funzionale, valori antropometrici e livelli serici in donne in grave sovrappeso e obese in menopausa. I dati raccolti hanno confermato che il Nw facilita il calo ponderale, migliora il profilo lipidico e i valori della pressione arteriosa, aumenta la resistenza allo sforzo, migliora l’umore e riduce lo stress. Benessere e prevenzione sono obiettivi raggiungibili con scelte intelligenti e supportate da evidenze scientifiche che noi farmacisti possiamo fornire alle nostre pazienti in qualsiasi fase delle propria vita ormonale – e non solo - si trovino e per la quale si rivolgono a noi, in qualità di consiglieri di salute.
NUTRIZIONE
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LEGALE
a cura dello studio dell’avvocato BRUNO RICCARDO NICOLOSO Firenze-Roma (b.r.nicoloso@tin.it)
Il dono
dell’ubiquità
U
na delle novità emergenti dai non contemporanei interpelli dei graduati in associazione nel concorso straordinario per l’assegnazione delle sedi farmaceutiche di cui alla Legge n. 27/2012 e della loro attribuzione alle società tra loro costituite nelle Regioni che hanno abbandonato il non senso della contitolarità del relativo diritto d’esercizio, riservata ai graduati in associazione, separata dalla gestione delle farmacie, riservata alla società tra loro costituita a tale scopo (Punto Effe n. 4/2016: “La persona plurima”), per assegnarle in forma biunivoca, è dato dalla ventilata possibilità loro offerta di assumerle in entrambe le Regioni in cui hanno potuto partecipare al concorso ed essere graduati i loro soci (articolo 11 comma 5, Legge n. 27/2012): il che varrebbe anche per ciascun socio se mai partecipe nella stessa o in due diverse compagini sociali assegnatarie delle farmacie nelle due Regioni. Una tale facoltà d’essere presenti nello stesso momento, se non in due luoghi diversi - come Sant’Antonio da Padova, che non era un farmacista graduato in un concorso a trama rigida, ma un santo - quanto meno di esserlo in due situazioni giuridiche parallele, ma contrastanti tra loro (vedremo il perché). Questo sarebbe possibile in relazione al diverso momento dei due interpelli, che consentirebbe ai graduati di rispondere a entrambi ad avvenuta
pubblicazione delle relative graduatorie. Detta pubblicazione farebbe venir meno ogni situazione d’incompatibilità precedentemente vigente ex lege (articolo 11, comma 3, Legge n. 27/2012) e sulla scorta del bando di concorso: lex specialis per i concorrenti, e consentirebbe loro di costituire liberamente due società assegnatarie di una farmacia in ciascuna delle due Regioni.
La ratio legis
Per verificare la coerenza di un tale assunto - che è improntato alle logiche imprenditoriali volte a un’estensione privilegiata di una tale possibilità ai graduati più titolati in associazione tra loro nel concorso straordinario per soli titoli e non per esami, che già di suo favorisce i titoli di anzianità di servizio e della ruralità delle farmacie in cui si è svolto, che non sempre rispondono alle logiche della meritocrazia che dovrebbe invece caratterizzare la selezione concorsuale dei candidati (Corte Costituzionale, 28 dicembre 2006, n. 448), tenuto in sommo conto che questi dovranno poi svolgere in regime concessorio una funzione pubblica (Consiglio di Stato Sezione quarta, 1 ottobre 2004, n. 6409) affidata alla loro professione, posta a tutela della salute ed esercitata attraverso una struttura deputata a garantire un servizio pubblico e sociale in cui le ragioni imprenditoriali sono “marginali” rispetto all’interesse gene46 | aprile 2016 |
rale cui sono finalizzate (Corte Costituzionale, 10 marzo 2006, n. 87) - appare dirimente il riferimento testuale alla normativa che disciplina il concorso straordinario per l’assegnazione delle sedi farmaceutiche di cui all’articolo 11 Legge n. 27/2012, emanata per il «potenziamento al servizio di distribuzione farmaceutica e l’accesso alla titolarità delle farmacie» che già dall’epigrafe sembra mettere in discussione una tale
LEGALE
Il destino dei graduati a concorso in associazione assegnatari di due farmacie
prospettiva. Ne vengono riportati gli estratti salienti che sono decisivi al riguardo. Articolo 11, Legge n. 27/2012 Comma 1. «Al fine di favorire l’accesso alla titolarità delle farmacie da parte di un più ampio numero di aspiranti, aventi i requisiti di legge, nonché di favorire le procedure per l’apertura di nuove sedi farmaceutiche garantendo al contempo una più capil-
lare presenza sul territorio del servizio farmaceutico…». Comma 3. «Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano provvedono ad assicurare entro dodici mesi dalla data della entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, la conclusione del concorso straordinario e l’assegnazione delle sedi farmaceutiche disponibili… al concorso straordinario possono 47 | aprile 2016 |
partecipare i farmacisti, cittadini di uno Stato membro dell’Unione europea, iscritti all’albo professionale: a) non titolari di farmacia, in qualunque condizione professionale si trovino; b) titolari di farmacia rurale sussidiata; c) titolari di farmacia soprannumeraria; d) titolari di esercizio di cui all’articolo 5, comma 1, del Decreto-legge 4 luglio 2006, n.223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006,
LEGALE
n. 248. Non possono partecipare al concorso straordinario i farmacisti titolari, compresi i soci di società titolari, di farmacia diversa da quelle di cui alle lettera b) e c)...». Comma 4. «Al concorso straordinario si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni vigenti sui concorsi per la copertura delle sedi farmaceutiche di nuova istituzione o vacanti, nonché le disposizioni del presente articolo». Comma 5. «Ciascun candidato può partecipare al concorso per l’assegnazione di farmacia in non più di due Regioni o Province autonome, e non deve aver compiuto i 65 anni di età alla data di scadenza del termini per la partecipazione al concorso prevista dal bando….». Comma 6. «In ciascuna Regione e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano, fatta salva la commissione esaminatrice, sulla base della valutazione dei titoli in possesso dei candidatati, determina una graduatoria unica. A parità di punteggio, prevale il candidato più giovane…». Comma 7. «Ai concorsi per il conferimento di sedi farmaceutiche gli interessati in possesso dei requisiti di legge possono concorrere per la gestione associata, sommando i titoli posseduti. In tale caso, ai soli fini della preferenza a parità di pun-
teggio, si considera la media dell’età dei candidati che concorrono per la gestione associata…». La normativa de qua non dice nulla di più sulla conclusione del procedimento concorsuale, di tal che vale un rinvio recettizio alle «disposizioni vigenti sui concorsi per la copertura delle sedi farmaceutiche” (articolo 11, comma 4, Legge n. 27/2012), che sul punto sono però carenti a seguito delle parziali abrogazioni di tali disposizioni contenute nell’articolo 15 della Legge n. 362/1991, fatta salva la normativa di cui al Dpr n. 1275/1971 in quanto applicabile. Vale allora la giurisprudenza nomofilattica secondo cui «il provvedimento di autorizzazione all’apertura delle farmacie (assegnazione) interviene una volta esaurita la fase concorsuale, dalla quale resta nettamente distinto, che si completa con la formazione e approvazione della graduatoria e la nomina dei vincitori» (Tar del Veneto, 9 ottobre 2004, n. 5196), facendo intendere che a tale momento vengono in considerazione le incompatibilità vigenti al momento della partecipazione dei graduati alla procedura concorsuale che si siano verificate nelle more del procedimento che si è concluso con l’approvazione della graduatoria e non successivamente con un ulteriore provvedimento di assegnazione della sede. Ma «(tale) tesi non può essere condivisa (in quanto) il concorso si conclude con l’approvazione della graduatoria e l’assegnazione della sede (mentre) il procedimento si conclude con l’emanazione del decreto di autorizzazione che consente, ai sensi dell’articolo 1 della Legge (n. 475/1968), l’apertura e l’esercizio della farmacia» (Consiglio di Stato, Sezione quarta, 15 novembre 2004, n. 6468, recante la riforma sul 48 | aprile 2016 |
punto della decisione del Tar del Veneto n. 5196/2003, peraltro confermata con diversa motivazione). Il che appalesa «una fase necessariamente unitaria» (sentenza citata) costituita dall’approvazione della graduatoria, l’interpello dei graduati, l’individuazione e l’assegnazione delle sedi farmaceutiche ai vincitori (articolo 9, Dpr n. 1275/1971) e il decreto di autorizzazione (recte, concessione) all’esercizio della farmacia nell’ambito della sede assegnata a ciascuno di loro (articolo 11, Dpr n. 1275/1971) che si pone in una «fase sicuramente distinta da quella concernente l’assegnazione» (sentenza citata), il cui compimento, nella fattispecie del concorso straordinario in questione, viene fissato «entro dodici mesi» dall’entrata in vigore della novella normativa (articolo 11, comma 3, Legge n. 27/2010).
Le incompatibilità
Se questa è l’interpretazione che conta viene necessariamente meno la possibilità che i graduati in associazione al concorso straordinario de quo in due Regioni (articolo 11, comma 5, Legge n. 27/2012) e, quali assegnatari di una farmacia in una Regione, abbiano costituito una società che sia divenuta titolare del relativo diritto d’esercizio in epoca successiva all’approvazione della graduatoria, all’interpello e all’accettazione di un’altra farmacia, da parte degli stessi graduati a concorso in un’altra Regione, possano divenire assegnatari di una farmacia e possano costituire una società che divenga titolare del relativo diritto d’esercizio, in quanto si configura a tale momento, che si pone nel contesto della fase unitaria di cui s’è detto, l’incompatibilità prevista ex lege per la partecipazione al relativo
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LEGALE
concorso che, esaurito nell’una Regione, non si è ancora esaurito nell’altra Regione: ciò, nella misura in cui i graduati in associazione siano divenuti nel frattempo «soci di un’altra società titolare di una farmacia diversa di cui alle lettera a) e b)» (articolo 11, comma 3, legge n. 27/2012): farmacia rurale sussidiata e farmacia soprannumeraria, se mai la farmacia di cui sia divenuta titolare la società costituita tra gli stessi non rientri eccezionalmente in tali categorie, quale farmacia vacante cui sia stato esteso il concorso straordinario. La deroga, di per sé singolare, ribadisce infatti la previsione generale dell’incompatibilità verificatasi nell’una Regione prima della assegnazione della farmacia nell’altra Regione, e risponde alle logiche sul possesso dei requisiti richiesti per la partecipazione ai procedimenti selettivi a evidenza pubblica per tutta la loro durata fino all’assegnazione definitiva e senza soluzione di continuità (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 20 luglio 2015, n. 8) nel cui contesto si pone il concorso per l’assegnazione di un servizio pubblico e sociale, quale è quello garantito dalle farmacie sul territorio. Tutto questo a tacere della non sopita questione relativa alla incompatibilità del socio direttore nell’una farmacia a essere socio nell’altra farmacia, che viene posta ex littera della normativa di settore secondo cui «la partecipazione alle società di cui all’articolo 7… è incompatibile con la posizione di… direttore o collaboratore di altra farmacia» (articolo 8, comma 1, lettera b, Legge n. 362/1991): il che risolverebbe in nuce la relativa problematica. (*) Queste articolate considerazioni fanno ragionevolmente ritenere che, nel caso di partecipazione al concorso straordi-
nario in forma associata per l’assegnazione di una farmacia bandito in due diverse Regioni, il regime dell’incompatibilità di cui s’è detto avvalori la mens legis della novella normativa volta a «favorire l’accesso alla titolarità delle farmacie da parte di un più ampio numero di aspiranti» (articolo 11, comma 1, Legge n. 27/2012), che non privilegia certo l’oligopolio di pochi in danno alle legittime aspettative di molti e si pone a monte dello stesso mantenimento dei requisiti di partecipazione al concorso fino alla assegnazione della sede farmaceutica nel termine fissato ex lege (articolo 11, comma 3, Legge n. 362/1991). Tale termine ordinatorio non può dirsi restrittivo, se pur protrattosi sine die, con quel che ne può essere conseguire ai graduati a concorso in termini di perdita di chance, che gli interessati possono far valere in termini risarcitori, ma non già in termini pretensivi volti a negare l’incompatibilità in questione, tanto meno attraverso un’enfasi del principio costituzionale di libertà economica, che nella fattispecie è finalizzata (recte, funzionalizzata) all’utilità sociale (articolo 41, secondo comma, Costituzione) in cui si muove la concessione di un servizio pubblico e il procedimento d’evidenza pubblica per il relativo accesso mediante una selezione concorsuale i cui requisiti di partecipazione devono sussistere fino al momento dell’assegnazione della farmacia che deve garantire detto servizio. Ad andare di contrario avviso si finirebbe con il ricondurre la società costituita dai graduati a concorso in associazione in entrambe le Regioni nel Pesce volante di Hieronymus Bosch (tratto proprio dal Trittico delle Tentazioni di Sant’Antonio). 50 | aprile 2016 |
Tutto questo a tacere della non sopita questione relativa all’incompatibilità del socio direttore nell’una farmacia a essere socio nell’altra farmacia
(*) Aggiungesi che, sotto il profilo squisitamente privatistico, i due contratti di società conclusi tra gli stessi soggetti, graduati in associazione nei concorsi banditi nelle due Regioni, perché l’una società possa rendersi titolare di una farmacia in una Regione e l’altra società possa fare altrettanto nell’altra Regione, in quanto una sola società tra di loro costituita non avrebbe potuto essere titolare delle due farmacie perché ubicate al di fuori della stessa Provincia (articolo 7, comma 4 bis, Legge n. 362/1991 introdotto dall’articolo 5, comma 6 ter, Legge n. 248/2006), sembrano porsi in contrasto con l’articolo 1344 del Codice Civile secondo cui «si reputa illecita la causa quando il contratto costituisce il mezzo per eludere l’applicazione di una norma imperativa». Di tal che si potrebbe ragionevolmente dubitare che i due contratti, se mai collegati dal comune intento delle parti di volere non solo il loro effetto tipico, ma la realizzazione di un fine ulteriore vietato dalla legge, siano invalidi per illiceità della causa e perciò improduttivi di qualsiasi effetto, atteso che, pur rispondendo a schemi tipici ammessi dall’ordinamento ed essere di per sé non direttamente illeciti, si pongono in un assetto negoziale idoneo, se provato anche per presunzioni, a ovviare (recte aggirare) nella fattispecie un tassativo limite territoriale fissato ex lege. In una parola, se pure il mezzo impiegato sia lecito, sarebbe in tal caso illecito il risultato che è stato raggiunto (Cassazione Civile, 20 gennaio 2010, n. 1523).
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Supereroi e superammortamenti
R
icordate l’intervista sul n.13/2015 di Punto Effe nel quale i farmacisti erano definiti “eroi fiscali”? Bene, la Legge di Stabilità 2016 ci spinge a non lesinare in complimenti perché, come tanti nostri più seri colleghi, sentendo parlare di superammortamenti, abbiamo subito pensato ai supereroi dei fumetti, ciascuno può scegliere il suo preferito, non badiamo a s…. pardon non ci poniamo limiti, quindi rilanciamo e questa volta li definiamo addirittura supereroi fiscali. Chiosando sul vizio del legislatore di utilizzare prefissi accrescitivi o diminutivi in quantità, forse per tentare la via del marketing fiscale, possiamo dedurre che i supereroi fiscali non hanno normali ammortamenti ma certamente superammortamenti, peccato solo non sia esattamente così ma si tratti di una misura che interessa una platea assai ampia di contribuenti, sia supereroi che eroi… che vili. Dopo questa breve digressione, tentiamo di spiegare di cosa si tratta, perché, al di là delle denominazioni, l’agevolazione in questione può essere di grande interesse per le farmacie. La norma da cui origina, contenuta nell’art.1, co. 91-94 della L. 28 dicembre 2015, n. 208, prevede che il costo degli acquisti di beni strumentali materiali (quindi escludendo, per esem-
pio, l’app per il cellulare “Ottimizza la Tua farmacia” oppure spese pluriennali ma che non si concretizzano fisicamente in un oggetto) effettuati nel periodo tra il 15 ottobre 2015 ed il 31 dicembre 2016 sia maggiorato ai fini fiscali del 40 per cento consentendo una deduzione maggiore ai fini Irpef degli ammortamenti a parità di spesa (l’agevolazione non vale ai fini Irap), alle seguenti condizioni: il bene sia nuovo; il periodo di ammortamento sia inferiore a 15 anni (leggasi il coefficiente ministeriale deve essere superiore al 6,5 per cento), e comunque non si tratti di fabbricati o dei beni elencati nell’alle-
gato n. 3 alla legge di stabilità (per esempio, condutture utilizzate dalle industrie di imbottigliamento o dagli stabilimenti balneari e termali, materiale rotabile ferroviario, aerei), che difficilmente interesseranno la farmacia. Non sono previsti limiti di spesa, né modalità particolari per l’acquisizione, che può avvenire anche con un leasing (purché il bene sia consegnato ed entri in funzione entro il 31 dicembre 2016, quindi non basta stipulare il contratto oggi, e pagare una fattura di acconto, se poi la consegna avviene nel 2017). Per essere più chiari abbiamo predisposto un esempio:
Rinnovo arredi farmacia per 50.000 euro netto IVA
(incremento ammortamento 7.500 Euro * 40% = 3.000 Euro) Caso A
Caso B
Caso C
Reddito imponibile
€ 85.000,00
€ 120.000,00
€ 200.000,00
IRPEF
€ 29.720,00
€ 44.770,00
€ 79.170,00
TOTALE IRPEF
€ 29.720,00
€ 44.770,00
€ 79.170,00
ALIQUOTA %
35,0%
37,3%
39,6%
Caso A
Caso B
Caso C
€ 85.000,00
€ 120.000,00
€ 200.000,00
Maggiore deduzione
€ 3.000,00
€ 3.000,00
€ 3.000,00
Reddito imponibile
€ 82.000,00
€ 117.000,00
€ 197.000,00
IRPEF
€ 28.430,00
€ 43.480,00
€ 77.880,00
€ 1.290,00
€ 1.290,00
€ 1.290,00
Reddito lordo agevolazione
RISPARMIO IRPEF
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FISCALE
Non si avranno “super-risparmi” grazie a questo bonus ma, se da qualche anno state rinviando un investimento, potrebbe essere giunto il momento di farlo
Oltre l’ultimo scaglione
È evidente che, oltre la soglia dell’ultimo scaglione Irpef (75.000 Euro) il vantaggio (possiamo dire contenuto), è identico a prescindere dal reddito, ed è tanto più alto, quanto l’ammortamento è veloce (ma questo dipende da apposite tabelle ministeriali, e non dalla volontà del farmacista). In controtendenza con il passato, nel quale la deduzione dei costi per l’automezzo ha rappresentato il principale strumento per recuperare gettito, l’agevolazione si estende anche a questi beni, prevedendo una maggiorazione sui limiti di spesa, che salgono a 25.306 euro per le autovetture, 5.784 euro per i motocicli e 2.892 euro per i ciclomotori sui quali calcolare le quote
di ammortamento e i canoni di locazione finanziaria. Rimane il dubbio (con l’augurio che l’Agenzia delle Entrate faccia chiarezza) per i veicoli che hanno un costo superiore al vecchio limite, ma entro il nuovo… ai posteri l’ardua sentenza. Venendo agli aspetti tecnici, non sono previsti particolari formalismi per beneficiarne, se l’acquisto rientra nel periodo e nell’oggetto della misura, verrà operata una variazione in diminuzione in un apposito campo della dichiarazione dei redditi. Sappiamo che non si avranno “super-risparmi” grazie a questo bonus ma, se da qualche anno state rinviando un investimento potrebbe essere giunto il momento, e soprattutto se si tratta di beni di valore 53 | aprile 2016 |
Non sono previsti limiti di spesa, né modalità particolari per l’acquisizione, che può avvenire anche con un leasing
ingente, potrete valutarne con i vostri consulenti il reale impatto fiscale. Perché, come soleva dire qualcuno, nella vita ci sono solo due certezze: la morte… e le tasse.
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54 | aprile 2016 |
SPIGOLATURE
Babygella su Facebook Il marchio Babygella, dopo aver rinnovato il suo sito nella veste grafica e nei contenuti, sbarca sui social con la sua pagina Facebook (www.facebook.com/babygella). Uno spazio all’insegna della condivisione, pensato per accogliere tutte le mamme, ricco di consigli utili, informazioni sui prodotti e contenuti indispensabili per vivere serenamente l’avventura di essere mamma. Nella community Facebook di Babygella, infatti, si possono trovare tante informazioni sui prodotti specifici per l’igiene e la protezione del bambino, aggiornamenti sulle promozioni in farmacia firmate Babygella e link per scaricare le schede dello specialista Carlo Maria Gelmetti. La pagina è inoltre pensata per offrire uno spazio di confronto tra le mamme, un invito a condividere esperienze, suggerimenti e consapevolezza nella scelta dei prodotti per bambini, oggi sempre più guidata dal passaparola, anche virtuale, e dalle esperienze di altre mamme.
Forum Nazionale Pharma a Stresa Si terrà a Stresa, dal 25 al 27 maggio, presso il Grand Hotel Bristol, il Nono Forum Nazionale Pharma - Ricerca Innovazione in Farmacologia, organizzato da Società italiana di farmacologia (Sif), Società italiana di scienze farmaceutiche (Sisf) e Società di scienze farmacologiche applicate (Ssfa). Anche nell’edizione 2016 verranno affrontati temi di attualità del panorama farmaceutico, che verranno
presentati da speaker di eccellenza provenienti dall’università, dall’industria farmaceutica, dall’Aifa e dall’Istituto superiore di sanità. Accanto alle letture magistrali verranno organizzate sessioni nelle quali ai relatori non verrà richiesta una presentazione formale ma una discussione congiunta coordinata dai moderatori e stimolata dal pubblico presente all’evento. Tutti i dettagli su www.forumricercaclinica.it.
Solgar promuove gli stili di vita Sono due i progetti, strettamente connessi, che Solgar ha avviato con l’obiettivo di promuovere stili di vita salutari. Lo “Spettacolo del cuore” è un evento teatrale multimediale a carattere scientifico e divulgativo, adatto a tutti, che propone la conoscenza del cuore in un’ottica di prevenzione delle malattie cardiovascolari. Si utilizzano le tecniche
del teatro per far comprendere cos’è e come funziona il nostro cuore e come farlo stare bene. L’ideatore del progetto è Davide Terranova, cardiologo, fondatore e past president dell’Associazione regionale cardiologi ambulatoriali del Veneto, nonché membro della Società italiana di nutrizione umana e della Società italiana per lo studio dell’aterosclerosi. Cardiochef è invece una
cena-evento itinerante con al centro il tema “Cuore e alimentazione”. Nasce con l’intento di divulgare il principio che l’alimentazione è essenziale per lo stato di salute del cuore ed è strettamente correlata
55 | aprile 2016 |
alle malattie cardiovascolari. A coordinare l’iniziativa lo chef Franco Ruggero. Tutti i dettagli su www.lospettacolodelcuore.it e www.cardiochef.it.
INTERVISTA A...
Un farmaco poliglotta
L
e statistiche parlano chiaro: sono circa 27 milioni gli italiani che soffrono di mal di testa in modo più o meno frequente e intenso. A questa cifra si aggiunge poi un gran numero di stranieri, residenti sul territorio (oltre 5 milioni) o solo di passaggio per turismo o lavoro (circa 50 milioni ogni anno), che spesso si rivolgono alle farmacie italiane per episodi cefalalgici. Ma come ogni addetto ai lavori può confermare, quando ci si confronta con un potenziale cliente “estero”, è facile imbattersi in problemi di comunicazione che talvolta rendono proprio impossibile capirsi. E questo non riguarda solo il turista “mordi e fuggi” ma, ancor più sorprendentemente, gli stranieri residenti che, secondo le ulti-
me stime, nel 60 per cento circa dei casi non possiedono una sufficiente (per non dire buona o addirittura perfetta) conoscenza della nostra lingua. Dunque, se dietro al bancone è già un’impresa intendersi a voce, figuriamoci cosa succede quando il nostro paziente si trova nella necessità di comprendere, in totale autonomia, le informazioni riportate sui foglietti illustrativi, che possono risultare ancora piuttosto ermetici e complicati per conto loro. Il rischio, come si può facilmente intuire, è di incorrere in un utilizzo improprio del farmaco, con le conseguenze che questo comporta.
Una novità per l’Italia
Proprio per favorire l’uso corretto di alcuni suoi prodotti - particolarmente consigliati per alleviare il mal di testa - e minimizzare il rischio di una loro errata assunzione, Angelini, azienda leader nel settore della salute e del be56 | aprile 2016 |
nessere, ha lanciato di recente, prima e unica in Italia, un nuovo strumento che certamente incontrerà l’apprezzamento da parte dei milioni di stranieri presenti sul territorio nazionale. Scopriamo di che cosa si tratta direttamente dalla voce di Maurizio Chirieleison, general manager Consumer Healthcare Angelini. Dottor Chirieleison, perché Angelini ha deciso di puntare su questa innovazione, del tutto inedita nel nostro Paese? Per essere sempre più vicini ai bisogni dei cittadini, perché sono loro il fulcro dell’attività che il nostro Gruppo svolge quotidianamente. Quale peculiarità si cela dietro a questo nuovo strumento che Angelini ha da poco lanciato sul mercato? Si tratta del foglietto illustrativo multilingue, una novità assoluta per il nostro Paese, tenuto conto che stiamo parlando del primo servizio disponibile e accessibile velocemente sulla confezione di un Otc. A quanto pare non ci troviamo davanti al classico foglietto illustrativo. Infatti, direi anzi che questo nuovo servizio coniuga allo stesso tempo informazione e innovazione tecnologica
INTERVISTA A...
di CLAUDIO BUONO
Angelini lancia, a oggi prima in Italia, il foglietto illustrativo multilingue, facilmente accessibile sulla confezione dell’Otc tramite QR Code e ha l’obiettivo di mettere a disposizione delle persone informazioni facili da reperire, immediate e chiare, in linea con l’impegno del nostro Gruppo per un uso corretto e informato dei farmaci. Possiamo entrare più nel dettaglio? Dallo scorso gennaio, su tutte le confezioni di prodotti a base di ibuprofene e naprossene - tra le soluzioni di automedicazione più utilizzate da Angelini per la gestione del mal di testa - abbiamo iniziato a riportare un codice QR (praticamente un simbolo quadrato in bianco e nero) che permette di visualizzare, tramite smartphone o tablet abilitati (per esempio Android, Samsung, Htc, Windows Phone, Nokia, Ios Apple, Blackberry), il foglietto illustrativo nella lingua desiderata. Un approccio “tecnologico” alle modalità d’impiego del farmaco, sembra di capire. Ma tutto questo non rischia di complicare la vita all’utilizzatore finale? Al contrario: la procedura è molto semplice. Unica condizione richiesta, se proprio vogliamo puntualizzare, è avere a portata di mano un cellulare di ultima generazione o un computer portatile, cosa però che oggi non sembra costituire un problema, vista la costante diffusione dei device mobili in tutto il mondo.
Dato per scontato che smartphone e tablet sono ormai alla portata di tutti, come si procede alla lettura del foglietto multilingue? È presto detto: sul proprio apparecchio occorre innanzitutto aprire l’apposita applicazione che consente la lettura dei codici QR, oltretutto già installata su alcuni cellulari di ultima generazione. Dopodiché, tramite la fotocamera, basta inquadrare il codice stesso per far sì che si apra automaticamente. Sarà poi sufficiente puntare una delle icone corrispondenti alle dieci lingue più parlate nel mondo e in Italia (inglese, spagnolo, tedesco, francese, portoghese, arabo, russo, hindi-urdu, cinese mandarino e, ovviamente, italiano) per accedere al foglietto illustrativo, leggerne il contenuto ed eventualmente procedere alla sua stampa. Quali sono le vostre aspettative nei confronti di uno strumento che, ci sembra di poter affermare, rivoluzionerà l’uso dei farmaci, a partire da quelli di vostra produzione? Quello che ci auguriamo è che il foglietto illustrativo multilingue possa contribuire a favorire un utilizzo corretto del farmaco anche tra tutti coloro che non possiedono una perfetta padronanza dell’italiano e si rivolgono alle farmacie del nostro Paese per 57 | aprile 2016 |
Maurizio Chirieleison, general manager Consumer Healthcare Angelini
trattare un disturbo molto diffuso come il mal di testa. Il mal di testa è, in effetti, un fenomeno molto frequente e coinvolge le donne in misura maggiore rispetto agli uomini. Questo è un dato ormai consolidato, supportato anche dall’esperienza clinica. Ma non è l’unica ragione per cui spesso e volentieri si dice che il mal di testa è donna: l’altro motivo riguarda la frequente comparsa del dolore in corrispondenza del ciclo mestruale, con attacchi che possono diventare particolarmente acuti e disabilitanti, al punto da incidere significativamente sulla routine quotidiana e lo stile di vita.
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FARMACI BIOTECNOLOGICI E BIOSIMILARI nnn Per il 2020 otto dei 10 farmaci più venduti (come fatturato) nel mondo saranno biotecnologici. Inoltre, l’utilizzo dei farmaci biotecnologici crescerà anche in patologie legate alle cure primarie. L’approfondimento di una categoria di farmaci che è emersa sul mercato nell’ultimo ventennio e che sta crescendo costantemente.
13,5 Crediti ECM x 9 ore formative APPROPRIATEZZA PRESCRITTIVA, ADERENZA ALLA TERAPIA E GESTIONE DEI FARMACI nnn L’appropriatezza prescrittiva e aderenza alle terapie di condizioni patologiche croniche. Le terapie attuali diventano sempre più complesse e necessitano di un attento monitoraggio per il rischio di interazioni e per la possibile comparsa di eventi avversi, ma anche per assicurare l’aderenza del paziente alla terapia prescritta.
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Crediti ECM x 8 ore formative
LA BRONCOPNEUMOPATIA CRONICA OSTRUTTIVA (BPCO): UN IMPORTANTE PROBLEMA DI SANITÀ PUBBLICA nnn Informazioni indipendenti e scientificamente rigorose sulla BPCO, sugli stili di vita per prevenirla e curarla, sui vantaggi ed effetti collaterali dei farmaci utilizzati per la sua terapia. I partecipanti acquisiranno la competenza di operare quali consulenti accreditati e formati per il pubblico delle persone con diabete e degli individui a rischio.
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Crediti ECM x 8 ore formative
LA MALATTIA DI PARKINSON nnn Aggiornamento e nozioni di una patologia complessa ed invalidante. La conoscenza dei sintomi con danno “motorio” e “non motorio” che interessano il Sistema Nervoso Autonomo come ad esempio ipotensione, scialorrea, disturbi urinari oltre a depressione dell’umore. Le competenze per diventare un operatore sanitario più attivo.
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CONSIGLI | occhiello OCCHIELLO
Benessere
dell’apparato urinario
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vitamina C (acido L-ascorbico).
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alla normale funzione del
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sistema immunitario.
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delle vie urinarie, favorisce
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del naso e della gola, sia alla prevenzione e alla cura dei disturbi da raffreddamento quali riniti, sinusiti, faringiti, laringiti, sordità rinogene. www.termedisirmione.com
Leocrema Solare con Bacche di Goji è la linea solare del canale farmacia studiata appositamente per chi ricerca uno schermo solare protettivo efficace e allo stesso tempo formulazioni delicate. Il nuovo Stick Solare protezione molto alta 50+ è l’ideale per vivere l’energia del sole in tutta sicurezza. Appositamente studiato per proteggere le zone più delicate e vulnerabili del viso e del corpo: applicato su naso, labbra, contorno occhi, orecchie, garantisce una completa protezione dai raggi Uva, Uvb e Ir. È inoltre consigliato per proteggere nei, cicatrici, macchie e tatuaggi. www.leocrema.net
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CONSIGLI OCCHIELLO | occhiello
CONTRO L’ONICOMICOSI Exoderil Nailner Smalto 2in1 è il nuovo prodotto di Sandoz per il trattamento delle micosi delle unghie di mani e piedi. L’onicomicosi è un’infezione fungina che interessa le unghie delle mani e/o dei piedi, che possono presentarsi più spesse del normale, fragili, con deformazioni, opache o con macchie bianche o gialle. Exoderil Nailner Smalto 2in1 agisce in 12 settimane, è facile da usare e i risultati sono visibili dopo sette giorni. Il meccanismo di trasporto di Exoderil Nailner permette agli ingredienti di saturare l’unghia e di combattere il fungo modificando l’habitat
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circostante fino a renderlo inadatto allo sviluppo del fungo stesso. www.sandoz.it
PER LE DONNE IN GRAVIDANZA Durante il periodo della gravidanza e dell’allattamento molte funzioni dell’organismo della donna vengono alterate o modificate per l’adattamento a questa nuova condizione. Uno degli apparati interessati da queste alterazioni funzionali è l’apparato gastrointestinale. Frutta&Fibre Delicato di Ortis, l’integratore 100 per cento di origine naturale ricco di fibre, a base di Ispaghul, un ingrediente che favorisce un transito intestinale regolare, è adatto per le donne in gravidanza e durante l’allattamento.
La linea Fotoprotector di ISDIN è stata recentemente riconosciuta come protezione solare preferita dai viaggiatori di TripAdvisor®. ISDIN attribuisce molta importanza all’esperienza organolettica offerta dai propri prodotti, in qualità di fattore capace di favorire il regolare utilizzo dei fotoprotettori. L’azienda sviluppa texture innovative, che vanno dal versatile Gel Crema, che idrata come una crema e si assorbe come un gel, al pratico Transparent Spray, fresco e dal rapido assorbimento, passando per Fusion Fluid e Fusion Gel, fluidi ultraleggeri capaci di fondersi con la pelle, che offrono una protezione invisibile persino nelle zone pilifere. www.isdin.com
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TricoAge si completa con un siero concentrato ad azione anticaduta e con shampoo, balsamo e maschera dopo shampoo rinforzanti antietà. www.bioscalin.it
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DIBASE 1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE
DIBASE 10.000 U.I./ml gocce orali, soluzione DIBASE 25.000 U.I./2,5 ml soluzione orale DIBASE 50.000 U.I./2,5 ml soluzione orale DIBASE 100.000 U.I./ml soluzione iniettabile DIBASE 300.000 U.I./ml soluzione iniettabile
2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA
DIBASE 10.000 U.I./ml gocce orali, soluzione 10 ml contengono: colecalciferolo (vitamina D3) 2,5 mg pari a 100.000 U.I. 1 goccia contiene: 250 U.I. di vitamina D3. DIBASE 25.000 U.I./2,5 ml soluzione orale Un contenitore monodose contiene: colecalciferolo (vitamina D3) 0,625 mg pari a 25.000 U.I. DIBASE 50.000 U.I./2,5 ml soluzione orale Un contenitore monodose contiene: colecalciferolo (vitamina D3) 1,25 mg pari a 50.000 U.I. DIBASE 100.000 U.I./ml soluzione iniettabile Una fiala contiene: colecalciferolo (vitamina D3) 2,5 mg pari a 100.000 U.I. DIBASE 300.000 U.I./ml soluzione iniettabile Una fiala contiene: colecalciferolo (vitamina D3) 7,5 mg pari a 300.000 U.I. Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
3. FORMA FARMACEUTICA
soluzione iniettabile; soluzione orale; gocce orali, soluzione.
4. INFORMAZIONI CLINICHE 4.1 Indicazioni terapeutiche
Prevenzione e trattamento della carenza di vitamina D.
4.2 Posologia e modo di somministrazione
DIBASE può essere somministrato a cadenza giornaliera, settimanale, mensile o annuale (vedere paragrafo 5.2). In caso di terapia per via orale, si raccomanda di somministrare DIBASE durante i pasti (vedere paragrafo 5.2). La terapia per via intramuscolare è indicata solo in caso di sindromi da malassorbimento. Prevenzione della carenza di vitamina D: la somministrazione preventiva di DIBASE è consigliata in tutte le condizioni caratterizzate da maggior rischio di carenza o da aumentato fabbisogno. È generalmente riconosciuto che la prevenzione della carenza di vitamina D deve essere effettuata: - in maniera sistematica nel neonato (in particolare nel prematuro), nel lattante, nella donna in gravidanza (ultimo trimestre) e nella donna che allatta alla fine dell’inverno e in primavera, nel soggetto anziano, eventualmente nel bambino e nell’adolescente se l’esposizione solare è insufficiente; - nelle seguenti condizioni: • scarsa esposizione solare o intensa pigmentazione cutanea, regime alimentare squilibrato (povero di calcio, vegetariano, ecc.), patologie dermatologiche estese o malattie granulomatose (tubercolosi, lebbra, ecc.); • soggetti in trattamento con anticonvulsivanti (barbiturici, fenitoina, primidone); • soggetti in trattamento con terapie corticosteroidee a lungo termine; • patologie digestive (malassorbimento intestinale, mucoviscidosi o fibrosi cistica); • insufficienza epatica. Trattamento della carenza di vitamina D: la carenza di vitamina D deve essere accertata clinicamente e/o con indagini di laboratorio. Il trattamento è teso a ripristinare i depositi di vitamina D e sarà seguito da una terapia di mantenimento se persiste il rischio di carenza, ad un dosaggio di vitamina D idoneo alla prevenzione (vedi sopra “Prevenzione della carenza di vitamina D”). Nella maggior parte dei casi è consigliabile non superare, in fase di trattamento, una dose cumulativa di 600.000 U.I. all’anno, salvo diverso parere del medico. A titolo indicativo si fornisce il seguente schema posologico, da adattare a giudizio del medico sulla base della natura e gravità dello stato carenziale (vedere anche paragrafo 4.4).
DIBASE 10.000 U.I./ml gocce orali, soluzione
Le posologie giornaliere sotto indicate possono essere assunte anche una volta alla settimana moltiplicando per sette la dose giornaliera indicata. Neonati, Bambini e Adolescenti (<18 anni) Prevenzione: 2-4 gocce al giorno (pari a 500-1.000 U.I. di vitamina D3). Trattamento: 8-16 gocce al giorno (pari a 2.000-4.000 U.I. di vitamina D3) per 4-5 mesi. Donne in gravidanza 3-4 gocce al giorno (pari a 7501.000 U.I. di vitamina D3) nell’ultimo trimestre. Adulti e Anziani Prevenzione: 3-4 gocce al giorno (pari a 750-1.000 U.I. di vitamina D3). In soggetti ad alto rischio di carenza può essere necessario aumentare il dosaggio fino a 8 gocce al giorno (pari a 2.000 U.I. di vitamina D3). Trattamento: 20-40 gocce al giorno (pari a 5.000-10.000 U.I. di vitamina D3) per 1-2 mesi. Istruzioni per l’uso La confezione contiene 1 flacone ed un contagocce. Il flacone è dotato di una capsula a prova di bambino. Il contagocce è dotato di una custodia. Per l’impiego seguire le istruzioni sotto riportate: a. aprire il flacone rimuovendo la capsula nel modo seguente: premere e contemporaneamente svitare (vedi Figura 1); b. svitare la custodia in plastica che avvolge la punta del contagocce (vedi Figura 2); c. inserire il contagocce nel flacone per prelevare il contenuto. Dosare le gocce in un cucchiaio e somministrare (vedasi “Posologia e modo di somministrazione”); d. chiudere il flacone (vedi Figura 3). Riavvitare la custodia sulla punta del contagocce; e. riporre il flacone ed il contagocce nella confezione.
Figura 1
Figura 2
Figura 3
Per aprire il flacone, premere e contemporaneamente svitare la capsula.
Prima di utilizzare il contagocce, svitare la custodia che avvolge la punta.
Per chiudere il flacone, avvitare la capsula (non è necessario premere).
DIBASE 25.000 U.I./2,5 ml soluzione orale
Neonati, Bambini e Adolescenti (<18 anni) Prevenzione: 1 contenitore monodose (pari a 25.000 U.I. di vitamina D3) ogni 1-2 mesi. Trattamento: 1 contenitore monodose (pari a 25.000 U.I. di vitamina D3) una volta a settimana per 16-24 settimane. Donne in gravidanza 1 contenitore monodose (pari a 25.000 U.I. di vitamina D3) una volta al mese nell’ultimo trimestre. Adulti e Anziani Prevenzione: 1 contenitore monodose (pari a 25.000 U.I. di vitamina D3) una volta al mese. In soggetti ad alto rischio di carenza può essere necessario aumentare il dosaggio a 2 contenitori monodose (pari a 50.000 U.I. di vitamina D3) una volta al mese. Trattamento: 2 contenitori monodose (pari a 50.000 U.I. di vitamina D3) una volta alla settimana per 8-12 settimane.
DIBASE 50.000 U.I./2,5 ml soluzione orale
Neonati, Bambini e Adolescenti (<18 anni) Prevenzione: 1 contenitore monodose (pari a 50.000 U.I. di vitamina D3) ogni 2-4 mesi. Trattamento: 1 contenitore monodose (pari a 50.000 U.I. di vitamina D3) una volta a settimana per 8-12 settimane. Donne in gravidanza 2 contenitori monodose (pari a 100.000 U.I. di vitamina D3) all’inizio dell’ultimo trimestre. Adulti e Anziani Prevenzione: 1 contenitore monodose (pari a 50.000 U.I. di vitamina D3) ogni 2 mesi. In soggetti ad alto rischio di carenza può essere necessario aumentare il dosaggio a 1 contenitore monodose (pari a 50.000 U.I. di vitamina D3) una volta al mese. Trattamento: 1 contenitore monodose (pari a 50.000 U.I. di vitamina D3) una volta alla settimana per 8-12 settimane.
DIBASE 100.000 U.I./ml soluzione iniettabile
Neonati fino a 24 mesi Prevenzione: Si consiglia di somministrare le dosi con DIBASE 10.000 U.I./ml gocce orali, soluzione oppure con DIBASE 25.000 U.I./2,5 ml soluzione orale o con DIBASE 50.000 U.I./2,5 ml soluzione orale. Trattamento: 1 fiala (pari a 100.000 U.I. di vitamina D3) una volta al mese per 4-6 mesi. Bambini e Adolescenti (2-18 anni) Prevenzione: 1 fiala (pari a 100.000 U.I. di vitamina D3) ogni 4-8 mesi. Trattamento: 1 fiala (pari a 100.000 U.I. di vitamina D3) una volta al mese per 4-6 mesi. Donne in gravidanza 1 fiala (pari a 100.000 U.I. di vitamina D3) all’inizio dell’ultimo trimestre. Adulti e Anziani Prevenzione: 1 fiala (pari a 100.000 U.I. di vitamina D3) ogni 4 mesi. In soggetti ad alto rischio di carenza può essere necessario aumentare il dosaggio a 1 fiala (pari a 100.000 U.I. di vitamina D3) ogni 2 mesi. Trattamento: 2 fiale (pari a 200.000 U.I. di vitamina D3) una volta al mese per 3 mesi. Istruzioni per l’uso Le dosi possono essere somministrate per via orale o intramuscolare. Le fiale sono dotate di anello di prerottura e devono essere aperte nel modo seguente: tenere con una mano la parte inferiore della fiala; porre l’altra mano sulla parte superiore posizionando il pollice al di sopra dell’anello bianco ed esercitare una pressione.
DIBASE 300.000 U.I./ml soluzione iniettabile
Neonati fino a 24 mesi Si consiglia di somministrare le dosi con DIBASE 10.000 U.I./ ml gocce orali, soluzione oppure o con DIBASE 25.000 U.I./2,5 ml soluzione orale o con DIBASE 50.000 U.I./2,5 ml soluzione orale. Bambini e Adolescenti (2-18 anni) Prevenzione: 1 fiala (pari a 300.000 U.I. di vitamina D3) una volta all’anno. Trattamento: 1 fiala (pari a 300.000 U.I. di vitamina D3) da ripetere dopo 3 mesi. Adulti e Anziani Prevenzione: 1 fiala (pari a 300.000 U.I. di vitamina D3) una volta all’anno. In soggetti ad alto rischio di carenza può essere necessario aumentare il dosaggio a 1 fiala (pari a 300.000 U.I. di vitamina D3) ogni 6 mesi. Trattamento: 1 fiala (pari a 300.000 U.I. di vitamina D3) da ripetere dopo 6 settimane. Istruzioni per l’uso Le dosi possono essere somministrate per via orale o intramuscolare. Le fiale sono dotate di anello di prerottura e devono essere aperte nel modo seguente: tenere con una mano la parte inferiore della fiala; porre l’altra mano sulla parte superiore posizionando il pollice al di sopra dell’anello bianco ed esercitare una pressione.
4.3 Controindicazioni
Ipersensibilità al colecalciferolo o a uno qualsiasi degli eccipienti. Ipercalcemia, ipercalciuria. Calcolosi renale (nefrolitiasi, nefrocalcinosi). Insufficienza renale (vedere paragrafo 4.4).
4.4 Avvertenze speciali e precauzioni d’impiego
In caso di somministrazioni prolungate con alti dosaggi, si consiglia di monitorare il livello sierico di 25-idrossi-colecalciferolo. Interrompere l’assunzione di DIBASE quando il livello sierico di 25-idrossi-colecalciferolo supera i 100 ng/ml (pari a 250 nmol/l). Nei pazienti anziani già in trattamento con glicosidi cardiaci o diuretici è importante monitorare la calcemia e la calciuria. In caso di ipercalcemia o di insufficienza renale, ridurre la dose o interrompere il trattamento. Per evitare un sovradosaggio, tenere conto della dose totale di vitamina D in caso di associazione con trattamenti contenenti già vitamina D, cibi addizionati con vitamina D o in caso di utilizzo di latte arricchito con vitamina D. Nei seguenti casi può essere necessario un aumento dei dosaggi rispetto a quelli indicati: • soggetti in trattamento con anticonvulsivanti o barbiturici (vedere paragrafo 4.5); • soggetti in trattamento con terapie corticosteroidee (vedere paragrafo 4.5);
• soggetti in trattamento con ipolipidemizzanti quali colestipolo, colestirami-
na e orlistat (vedere paragrafo 4.5); • soggetti in trattamento con antiacidi contenenti alluminio (vedere paragrafo 4.5); • soggetti obesi (vedere paragrafo 5.2); • patologie digestive (malassorbimento intestinale, mucoviscidosi o fibrosi cistica); • insufficienza epatica. Il prodotto deve essere prescritto con cautela a pazienti affetti da sarcoidosi, a causa del possibile incremento del metabolismo della vitamina D nella sua forma attiva. In questi pazienti occorre monitorare il livello del calcio nel siero e nelle urine. Pazienti affetti da insufficienza renale presentano un alterato metabolismo della vitamina D; perciò, se devono essere trattati con colecalciferolo, è necessario monitorare gli effetti sull’omeostasi di calcio e fosfato.
4.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme d’interazione
L’uso concomitante di anticonvulsivanti o barbiturici può ridurre l’effetto della vitamina D3 per inattivazione metabolica. In caso di trattamento con diuretici tiazidici, che riducono l’eliminazione urinaria del calcio, è raccomandato il controllo delle concentrazioni sieriche di calcio. L’uso concomitante di glucocorticosteroidi può ridurre l’effetto della vitamina D3. In caso di trattamento con farmaci contenenti la digitale, la somministrazione orale di calcio combinato con la vitamina D aumenta il rischio di tossicità della digitale (aritmia). È pertanto richiesto lo stretto controllo del medico e, se necessario, il monitoraggio elettrocardiografico e delle concentrazioni sieriche di calcio. Un concomitante uso di antiacidi contenenti alluminio può interferire con l’efficacia del farmaco, diminuendo l’assorbimento della vitamina D, mentre preparati contenenti magnesio possono esporre al rischio di ipermagnesiemia. Studi sugli animali hanno suggerito un possibile potenziamento dell’azione del warfarin quando somministrato con calciferolo. Sebbene non vi siano simili evidenze con l’impiego di colecalciferolo è opportuno usare cautela quando i due farmaci vengono usati contemporaneamente. La colestiramina, il colestipolo e l’orlistat riducono l’assorbimento della vitamina D, mentre l’alcolismo cronico diminuisce le riserve di vitamina D nel fegato.
4.6 Gravidanza ed allattamento
Gravidanza Nei primi 6 mesi di gravidanza la vitamina D deve essere assunta con cautela per il rischio di effetti teratogeni (vedi paragrafo 4.9). Allattamento Quando necessario, la vitamina D può essere prescritta durante l’allattamento. Tale supplementazione non sostituisce la somministrazione di vitamina D nel neonato.
4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari
Non sono disponibili dati sugli effetti del prodotto sulla capacità di guidare. Tuttavia, un effetto su tale capacità è improbabile.
4.8 Effetti indesiderati
Se la posologia è conforme alle effettive esigenze individuali, DIBASE è ben tollerato, grazie anche alla capacità dell’organismo di accumulare il colecalciferolo nei tessuti adiposi e muscolari (vedere paragrafo 5.2). Gli effetti indesiderati segnalati con l’uso della vitamina D sono i seguenti: Disturbi del sistema immunitario: reazioni di ipersensibilità. Disturbi del metabolismo e della nutrizione: debolezza, anoressia, sete. Disturbi psichiatrici: sonnolenza, stato confusionale. Patologie del sistema nervoso: cefalea. Patologie gastrointestinali: costipazione, flatulenza, dolore addominale, nausea, vomito, diarrea, gusto metallico, secchezza delle fauci. Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo: rash, prurito. Patologie renali e urinarie: nefrocalcinosi, poliuria, polidipsia, insufficienza renale. Esami diagnostici: ipercalciuria, ipercalcemia. Segnalazione delle reazioni avverse sospette La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/ rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione all’indirizzo http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/responsabili.
4.9 Sovradosaggio
Interrompere l’assunzione di DIBASE quando la calcemia supera i 10,6 mg/dl (2,65 mmol/l) o se la calciuria supera 300 mg/24 h negli adulti o 4-6 mg/kg/die nei bambini. Il sovradosaggio si manifesta come ipercalciuria e ipercalcemia, i cui sintomi sono i seguenti: nausea, vomito, sete, polidipsia, poliuria, costipazione e disidratazione. Sovradosaggi cronici possono portare a calcificazione vascolare e degli organi, come risultato dell’ipercalcemia. Il sovradosaggio durante i primi 6 mesi di gravidanza può avere effetti tossici nel feto: esiste una correlazione tra eccesso di assunzione o estrema sensibilità materna alla vitamina D durante la gravidanza e ritardo dello sviluppo fisico e mentale del bambino, stenosi aortica sopravalvolare e retinopatia. L’ipercalcemia materna può anche portare alla soppressione della funzione paratiroidea nei neonati con conseguente ipocalcemia, tetania e convulsioni. Trattamento in caso di sovradosaggio Interrompere la somministrazione di DIBASE e procedere alla reidratazione.
5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE 5.1 Proprietà farmacodinamiche
Categoria farmacoterapeutica: Vitamina D e analoghi, colecalciferolo. Codice ATC: A11CC05 La vitamina D corregge una situazione carenziale della stessa e aumenta l’assorbimento intestinale di calcio.
5.2 Proprietà farmacocinetiche
Come per le altre vitamine liposolubili, l’assorbimento del colecalciferolo a livello intestinale è favorito dalla concomitante assunzione di alimenti contenenti grassi. Il colecalciferolo è presente nel circolo ematico in associazione a specifiche α-globuline che lo trasportano al fegato, dove viene idrossilato a 25-idrossi-colecalciferolo. Una seconda idrossilazione avviene nei reni, dove il 25-idrossi-co-
lecalciferolo viene trasformato in 1,25-diidrossi-colecalciferolo, che rappresenta il metabolita attivo della vitamina D responsabile degli effetti sul metabolismo fosfocalcico. Il colecalciferolo non metabolizzato viene accumulato nei tessuti adiposi e muscolari per essere reso disponibile in funzione del fabbisogno dell’organismo: per questo motivo DIBASE può essere somministrato anche a cadenza settimanale, mensile o annuale. Nei soggetti obesi si riduce la biodisponibilità della vitamina D a causa dell’eccesso di tessuto adiposo. La vitamina D viene eliminata attraverso le feci e le urine.
5.3 Dati preclinici di sicurezza
Gli studi preclinici condotti in varie specie animali dimostrano che gli effetti tossici si verificano nell’animale a dosi nettamente superiori a quelle previste per l’uso terapeutico nell’uomo. Negli studi di tossicità a dosi ripetute, gli effetti più comunemente riscontrati sono stati: aumento della calciuria, diminuzione della fosfaturia e della proteinuria. A dosi elevate, è stata osservata ipercalcemia. In una condizione prolungata di ipercalcemia le alterazioni istologiche (calcificazione) più frequenti sono state a carico dei reni, cuore, aorta, testicoli, timo e mucosa intestinale. Gli studi di tossicità riproduttiva hanno dimostrato che il colecalciferolo non ha effetti nocivi sulla fertilità e riproduzione. A dosi che sono equivalenti a quelle terapeutiche, il colecalciferolo non ha attività teratogena. Il colecalciferolo non ha potenziale attività mutagena e carcinogena.
6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE 6.1 Elenco degli eccipienti
DIBASE 10.000 U.I./ml gocce orali, soluzione: olio di oliva raffinato. DIBASE 25.000 U.I./2,5 ml soluzione orale: olio di oliva raffinato. DIBASE 50.000 U.I./2,5 ml soluzione orale: olio di oliva raffinato. DIBASE 100.000 U.I./ml soluzione iniettabile: olio di oliva raffinato per uso iniettabile. DIBASE 300.000 U.I./ml soluzione iniettabile: olio di oliva raffinato per uso iniettabile.
6.2 Incompatibilità
Non sono note eventuali incompatibilità con altri farmaci.
6.3 Periodo di validità
DIBASE 10.000 U.I./ml gocce orali, soluzione: 3 anni a confezionamento integro. Dopo prima apertura del flacone: 5 mesi. DIBASE 25.000 U.I./2,5 ml soluzione orale: 2 anni. DIBASE 50.000 U.I./2,5 ml soluzione orale: 2 anni. DIBASE 100.000 U.I./ml soluzione iniettabile: 3 anni. DIBASE 300.000 U.I./ml soluzione iniettabile: 3 anni.
6.4 Precauzioni particolari per la conservazione
Conservare a temperatura non superiore ai 30° C e nella confezione originale per tenere il medicinale al riparo dalla luce. Non congelare.
6.5 Natura e contenuto del contenitore
DIBASE 10.000 U.I./ml gocce orali, soluzione Flacone in vetro ambrato contenente 10 ml, chiuso con una capsula a prova di bambino in polipropilene. La confezione contiene 1 flacone ed 1 contagocce. DIBASE 25.000 U.I./2,5 ml soluzione orale Contenitore in vetro ambrato contenente 2,5 ml, chiuso con una capsula in polipropilene. Confezioni da 1, da 2 o da 4 contenitori monodose. DIBASE 50.000 U.I./2,5 ml soluzione orale Contenitore in vetro ambrato contenente 2,5 ml, chiuso con una capsula in polipropilene. Confezioni da 1, da 2 o da 4 contenitori monodose. DIBASE 100.000 U.I./ml soluzione iniettabile Fiala in vetro ambrato. La confezione contiene 6 fiale. DIBASE 300.000 U.I./ml soluzione iniettabile Fiala in vetro ambrato. La confezione contiene 2 fiale.
6.6 Precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione Nessuna istruzione particolare.
7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO ABIOGEN PHARMA S.p.A. via Meucci 36 Ospedaletto - PISA
8. NUMERI DELLE AUTORIZZAZIONI ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO
DIBASE 10.000 U.I./ml gocce orali, soluzione – flacone 10 ml 036635011. DIBASE 25.000 U.I./2,5 ml soluzione orale – 1 contenitore monodose 2,5 ml 036635047. DIBASE 25.000 U.I./2,5 ml soluzione orale – 2 contenitori monodose 2,5 ml 036635098. DIBASE 25.000 U.I./2,5 ml soluzione orale – 4 contenitori monodose 2,5 ml 036635050. DIBASE 50.000 U.I./2,5 ml soluzione orale – 1 contenitore monodose 2,5 ml 036635062. DIBASE 50.000 U.I./2,5 ml soluzione orale – 2 contenitori monodose 2,5 ml 036635086. DIBASE 50.000 U.I./2,5 ml soluzione orale – 4 contenitori monodose 2,5 ml 036635074. DIBASE 100.000 U.I./ml soluzione iniettabile – 6 fiale 1 ml 036635023. DIBASE 300.000 U.I./ml soluzione iniettabile – 2 fiale 1 ml 036635035.
9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/ RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE Ottobre 2010
10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO
Determinazione AIFA del Marzo 2014
25.000 U.I./2,5 ml 1 flaconcino monodose 50.000 U.I./2,5 ml 1 flaconcino monodose 50.000 U.I./2,5 ml 2 flaconcini monodose 10.000 U.I./ml gocce orali 100.000 U.I. 6 fiale 300.000 U.I. 2 fiale Classe A - RR
5,42 € 8,50 € 15,34 € 5,42 € 4,00 € 3,50 €
25.000 U.I./2,5 ml 4 flaconcini monodose Classe C - RR
20,50 €
IL LIBRO
Saggi di storia della farmacia
Cronache sulla professione, dal Medioevo alla contemporaneità
G
di GIUSEPPE TANDOI
li studi sulla storia della farmacia forse non sono giunti alla dimensione che meriterebbero - in quanto studi sull’evoluzione sociale e culturale della Penisola, prima e dopo l’Unità - ma di certo un apporto notevole, in questi ultimi decenni, lo ha fornito Antonio Corvi. Storico titolare di Piacenza, già presid e nt e d e l l ’ Ac c a d e m i a
italiana di storia della farmacia e fondatore dell’Officina Farmaceutica, Corvi partecipa anche a questo progetto. Di cosa si tratta? Del quarto volume di una collana di pubblicazioni promossa della Scuola di medicina umanistica del Centro di cultura medica Giuseppe Roi, sorta nel 2012 nell’ambito dell’International renal research institute di Vicenza (Irriv).
ANTONIO CORVI E CLAUDIO RONCO (A CURA DI) Saggi di storia della farmacia, dalle origini al XX secolo Quaderni della Scuola di medicina umanistica, Centro di cultura medica Giuseppe Roi
Lir, 2016, pp. 237
Lo speziale in cammino
Questo quarto Quaderno comprende ben 26 interventi di studiosi sulla storia della farmacia dal XIII secolo fino alla metà del secolo scorso. Curata da Corvi, l’antologia si rivolge a un pubblico ampio, anche di non addetti ai lavori, benché non manchino inevitabili riferimenti ai progressi farmacologici. «Ho fatto il possibile», scrive Corvi presentando il volume, «per dimostrare come il modello mediterraneo, con la collocazione mirata sul territorio della farmacia e del farmacista concessionario dello Stato, sia risultato in ogni epoca vincente contro i tentativi di commercializzazione e di speculazione sul farmaco». Il cammino degli speziali comincia a metà del Duecento con le Costitutiones di Federico II, prima fonte di diritto farmaceutico, seguite dal Capitolare dei medici e degli speziali (1258) promulgato a Venezia. Si pongono le basi
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della professione di farmacista, si cominciano a porre paletti che la distinguano da quella medica. Ovvio che l’evolversi della farmacia sia variegato quanto lo è stato, nei secoli, il territorio italiano, nel suo alternarsi di forme politiche autoctone e di dominazioni straniere. Una materia vastissima e difficile da governare. Gli autori del volume ci provano, occupandosi di un’ampia gamma di argomenti: statuti, farmacie ospedaliere e conventuali, scuole e ricettari, fino a giungere al Novecento, quando l’esercizio della professione muta, inevitabilmente, con l’affermarsi della produzione industriale dei farmaci e delle prime grandi aziende del settore. A chiudere il libro il ricordo di Giovanni Battista Capello, speziale veneziano che, pubblicando nel 1727 il suo Lessico farmaceutico apre il capitolo ancora in gran parte da esplorare della storia della farmacia entro i confini italiani.
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