Punto Effe n. 9/2019

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ISSN 2612-3983 Anno XX | N° 9 22 maggio 2019 | www.puntoeffe.it

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SOMMARIO

Editoriale | Formazione a tutto campo

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Interventi |Tanto tuonò che piovve

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Ateneo | Tempo di agire

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Un farmacista a scuola | Caduti nella rete

PARLIAMONe

PSICOLOGO IN FARMACIA | Istruzioni per l’uso

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primo piano

ECHI DAL WEB | Una pericolosa confusione 16

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INCONTRI | Giovanni Zorgno

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LA BUONA GESTIONE | Quanto siamo digitali?

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MEDICINA | In tema di talassemie

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VETERINARIA | Le dermatofitosi 30

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R UBRICHE Legale | Piove sul bagnato Dalle aziende | A misura di bambino Dalle aziende | Occhio ai raggi solari Farmanews | In caso di resistenza Consigli

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Collaboratori Alessio Arbuatti, Paola Brusa, Claudio Buono, Sergio Cattani, Stefania Cifani, Francesca Giani, Luigi Marafante, B. R. Nicoloso, Luca Pani, Chiara Romeo Responsabile pubblicità Stefano Busconi dircom@lswr.it - Tel. 02.88184.404 Traffico Donatella Tardini (Responsabile) d.tardini@lswr.it - Tel. 02.88184.292 Ilaria Tandoi - i.tandoi@lswr.it Tel. 02.88184.294

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Coordinamento redazionale Giuseppe Tandoi - g.tandoi@lswr.it

Grafica e Immagine Emanuela Contieri - e.contieri@lswr.it

maggio 2019 |

The Blind Spot | Primo, conoscere il paziente

Produzione Walter Castiglione w.castiglione@lswr.it - Tel. 02.88184.222 Immagini Shutterstock, Thinkstock.

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Per il periodo 1/1/2018 - 31/12/2018 Periodicità: Quindicinale Tiratura media: 8.720 Diffusione media: 8.482 Società di Revisione: RE.FI.MI. S.r.l.



editoriale

F Nella bella intervista di copertina che Francesca Giani ha fatto, su questo numero di Punto Effe, a Giovanni Zorgno, delegato Fofi nella Commissione nazionale Ecm, ci colpisce la parte relativa alla possibilità, per i farmacisti, di ricorrere all’“autoformazione”. La possibilità cioè di andare oltre le modalità di aggiornamento canoniche per integrarle con letture di giornali e libri che possano arricchire il bagaglio della professione. Oppure con la partecipazione a incontri e convegni organizzati da enti qualificati e quindi credibili quando si parla di formazione del professionista che opera dietro il banco. Ancora di più ci ha colpito la volontà di fare rientrare nell’iter formativo del triennio a venire, 2020-2022, le attività di volontariato e, più in generale, quelle che valorizzano il farmacista dedito, anche nel tempo libero, a operare a favore della collettività. Ci sembra un bel passo avanti. A volte la necessità di acquisire crediti formativi viene vissuta dalle professioni - giornalisti compresi - come un po’ coercitiva, benché necessaria. Di qui ritardi nel raggiungimento dei target previsti dagli Ordini, inadempienze dovute a pigrizia o dimenticanza. Stimolante, invece, la possibilità di ampliare lo spettro delle esperienze che concorrono alla formazione continua di un professionista, specie se quest’ultimo si distingue per varietà di interessi e di pas-

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maggio 2019 |

di Giuseppe Tandoi

ormazione

a tutto campo sioni. Attività che testimoniano il suo percorso di crescita quotidiano in farmacia. Farmacia dei servizi, parola, o meglio espressione, magica che dal 2009 - anno della legge e del decreto legislativo che la istituiscono - ricorre nei dibattiti pubblici e sulle testate di settore. Quello dello psicologo in farmacia è un servizio che negli anni è stato offerto ai cittadini in modo estemporaneo sul territorio nazionale. Due esponenti di primo piano dell’Associazione nazionale psicologi in farmacia raccontano su questo numero come l’Anpif si sia attivata da tempo per organizzare corsi di formazione per gli psicologi che intendano prestare la loro opera in questo particolare contesto. Un approccio al paziente che presuppone la conoscenza di linee guida, elementi di etica professionale, fattori inerenti quello che ormai si definisce empowerment del paziente. Perché la seduta psicologica non sia fine a se stessa ma si integri con i servizi che quotidianamente la farmacia offre. E il farmacista? La presidente di Anpif Palombo Ferretti ritiene che anch’egli debba essere formato «sulle nuove strategie di comunicazione, di counseling per l’ascolto attivo del paziente/cliente in farmacia e per lo sviluppo e la consapevolezza della propria intelligenza emotiva: empatia, capacità di prendere decisioni, di gestire le emozioni».

Crediti Ecm e psicologo in farmacia, facce della stessa medaglia



interventi

T

di Davide Petrosillo, presidente Fenagifar

anto tuonò

che piovve In tema di carenza di farmaci e della necessità di arginare il parallel trade, a tutela della salute pubblica

Finalmente, ecco una determina Aifa che interviene, con efficacia e coeren z a , a prop o s i t o dell’indisponibilità del farmaco Sinemet, nel più ampio tema della scomparsa di medicinali dalle farmacie italiane. Immagino di essere di fronte a un folto gruppo di farmacisti e di fornire a tutti una biglia blu e una rossa. A questo punto prendo una grossa boccia trasparente e chiedo ai colleghi di inserire una biglia rossa nella boccia, se si sono trovati a gestire un problema legato alla irreperibilità di un farmaco nel ciclo di distribuzione, o blu se la cosa non è mai capitata loro. Ho la ragionevole certezza di vedere una boccia pressoché piena di biglie rosse, con qualche rara biglia blu. Sì, perché ricordo che qualche dirigente sindacale, in passato, ha sostenuto che questo problema fosse inesistente, forse nella convinzione che negando la presenza di un problema lo si possa esorcizzare o forse come tentativo di ipnosi collettiva. Invece il problema c’è sempre stato e continua a peggiorare. Lavoro in farmacia da più di dieci anni e la lista di mancanti restituita dal grossista dopo l’invio dell’ordine aumenta giorno dopo giorno e riguarda farmaci di qualsiasi prezzo. Sono anni che invio le schede di “segna-

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ca l’esportazione. È una situazione che gelazione mancanti”, ma il problema persiste nera comprensibile irrequietezza nei e riguarda quasi sempre i medesimi farmapazienti e frustrazione nei farmacisti, visti ci. Per inciso, ho sempre avuto grossi dubbi come interlocutori “esperti”, dai quali ci si sull’efficacia della segnalazione continuatiaspetta spiegazioni che, in questo caso, sova dei mancanti, mi pare più un intervento no invece sconosciute, se non imbarazzanti. a valle di un processo inarrestabile perché Dell’indisponibilità dei farmaci si è trattato inamovibile dal punto di vista normativo: anche in un servizio di Striscia la Notizia. Bicome fermare la lava di un vulcano con pasogna prenderne atto, ormai c’è la perceziola e carriola. Vale qui la pena di ricordare la ne che per avere giustizia in Italia ci si differenza tra il fenomeno della carenza, dodebba rivolgere alla televisione. Con la convuta a questioni tecniche legate alla produseguenza che, a farmaco tornato disponibizione, come quello del Valsartan dell’estate le, la risposta della maggior parte degli 2018, e quello della indisponibilità, riconduassistiti sarà: «Eh, per forcibile essenzialmente al paza, è intervenuta Striscia». rallel trade (altro regalo prioritario Oggi possiamo invece audelle liberalizzazioni in caml i m i t a r e gurarci che l’emendamenpo sanitario). Tuttavia, per il to contenuto nel “Decreto cittadino e per la farmacia gli effetti quel che conta è che il far- negativi delle Calabria”, fortemente sostenuto anche dal minimaco non c’è e, quando il e s p o r t a z i o n i stro Grillo e coincidente prodotto mancante è sostiparallele con la nuova posizione di tuibile con un equivalente, Aifa, consenta di limitare come nel caso del Dibase gli effetti negativi dell’esportazione paral100.000 (altro mancante cronico), può esselela, prevedendo interventi strutturati di re che, con paziente dialogo, il cittadino deblocco delle esportazioni di ogni farmaco cida di optare per l’equivalente, piuttosto che si renda indisponibile nel ciclo distriche continuare a aspettare Godot. Ma non è butivo. È la concreta speranza che, finalsempre così. La questione diventa più commente, si anteponga il valore del farmaco, plessa quando a mancare sono farmaci per come bene legato alla salute del cittadino, patologie importanti, per i quali non è dispoalle mere regole di mercato e che identinibile un’alternativa. Ricordo il Questran e, che riflessioni si estendano alla reale funpiù di recente, il Sinemet, per il quale sia zione della farmacia nell’ambito del benvenuta l’annunciata pubblicazione in sistema sanitario nazionale. Gazzetta della determina Aifa che ne bloc-



ateneo

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di Paola Brusa, dipartimento di Scienza e tecnologia del farmaco, Università degli studi di Torino

empo

di agire Formazione e informazione, risposte contro l’antibiotico-resistenza. Un progetto dell’Università di Torino

L’antibiotico resistenza è una tematica importante che, soprattutto in questo momento storico, sta allarmando la comunità scientifica e non solo. Se infatti circa ottant’anni fa qualcuno dei nostri nonni moriva di polmonite, oggi in un Paese del nord del mondo come l’Italia la possibilità di morire per questa causa è drasticamente diminuita. Tutto ciò grazie, da un lato, alla prevenzione tramite immunizzazione, e, dall’altro, agli antibiotici come l’amoxicillina, che fino a oggi hanno salvato milioni di vite. Ma tra vent’anni un nostro nipote potrebbe rischiare la vita nuovamente per una polmonite. Perché? Perché l’uso, spesso sconsiderato e scorretto, degli antibiotici li ha resi inefficaci nei confronti di molti patogeni. Quali possono essere le soluzioni? A mio avviso è indispensabile che sia formato innanzitutto il personale sanitario. I farmacisti non devono nella maniera più assoluta dispensare antibiotici in assenza di prescrizione medica (non dovrei neanche scriverlo ma purtroppo capita ancora troppo spesso). I medici e i veterinari devono essere maggiormente consapevoli di quello che prescrivono e dei rischi che corre l’intera

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né io né molti abbiamo purtroppo una ripopolazione a causa della diffusione dei sposta certa e univoca. Formazione e inmicrorganismi resistenti. for mazione dovrebbe sicuramente In ultimo, ma non per importanza, il papassare attraverso il personale sanitario ziente, i familiari e i caregiver dovrebbeche prescrive o dispensa l’antibiotico o ro essere informati di quanto venga che è frequentemente a contatto con i messa a repentaglio la salute della cittapazienti. Inoltre sarebbe importante che dinanza se non viene correttamente tergli insegnanti di ogni ordine e grado fosminata la terapia antibiotica. Se viene sero a conoscenza di tale problematica, utilizzato un antibiotico avanzato dalla in modo da contribuire a diffonderne la terapia precedente o che si teneva a caconsapevolezza tra le generazioni future. sa senza consulto medico. Se, ahimè, si Alla luce di questi migra di farmacia in dubbi e queste realfarmacia per farsi Studenti, tà, in linea con quandare un antibiotico insegnanti to descritto dall’Oms senza ricetta per farmacisti, nell’Antibiotic resiquel fastidioso raffreddore che sì, semedici,pazienti stance: multi-country pu blic awareness condo il paziente, e caregiver, survey e con quanto deve essere curato l’educazione già indagato da Prigicon l’antibiotico. sanit aria tano et al nell’articolo Ma come informare la società civile ri- deve riguardare “Antibiotic resistance: Italian awareness guardo a q uesto tutti survey 2016”, abbiaproblema di cui non mo attivato a Torino un progetto per valusembra essere più di tanto consapevole? tare la conoscenza sugli antibiotici e Come spiegare che esistono dei batteri sull’antibiotico-resistenza tra quelli che a che diventano resistenti ad alcuni antibreve saranno i professionisti (sanitari e biotici? Come mostrare che si diffondono non) della nostra società, vale a dire gli a nostra insaputa? Come dimostrare che studenti del IV o V anno di diversi corsi di tale problema non riguarda i singoli ma studio universitari. Dai risultati valutereintere popolazioni? Come far capire che mo la necessità o meno di proporre l’appuò essere influenzato anche da antibioprofondimento di queste tematiche tici utilizzati su coltivazioni o per animaall’interno degli stessi corsi di studio. li? Queste sono domande difficili a cui,



un farmacista a scuola

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aduti

nella rete Discordi i ricercatori sulla natura della dipendenza da internet: patologia o semplice segno dei tempi?

Le attività online sono diventate par te integrante della nostra vita quotidiana. È impossibile evitarle, il nostro alter ego virtuale è parte della nostra vita reale e dell’identità personale. Considerata la velocità con cui la tecnologia moderna si sviluppa, è necessaria un’analisi del fenomeno che, secondo alcuni, è definibile come dipendenza da internet. Ma possiamo realmente parlare di dipendenza da internet, oppure si tratta di un problema vecchio con sembianze “nuove”? La questione è aperta. Partiamo chiarendo che non c’è accordo internazionale tra gli studiosi riguardo alla internet addiction. Aneddoticamente, uno dei primi casi segnalati è quelli di una donna di 43 anni, che nel 1996 era dipendente dalle email, arrivando ad aggiornare compulsivamente il proprio client di posta per un tempo complessivo di sessanta ore a settimana (Young, 1996). Poco più tardi è apparso uno studio che raccoglieva seicento casi di persone che soffrivano di problemi durante la loro “vita off line” (Young, 1999). Da allora fino ai nostri giorni l’attenzione nel migliorare definizione, individuazione e trattamento dei casi di dipendenza da

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di Sergio Cattani, farmacista ed educatore

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internet si è spostata da attività come email, chat e messaggistica fino a interazioni su social network, giochi di ruolo o d’azzardo, siti pornografici. Per semplificare le cose, possiamo dire che la internet addiction si configura come uno stato patologico legato all’indugiare eccessivamente in attività legate alla rete. Non c’è alcuna precisazione ulteriore in termini di quantità di tempo né sul tipo di interazione. Per comprendere la natura clinica dell’abuso e la sua diagnosi, è necessario focalizzarsi sulle questioni psicologiche di fondo. L’uso compulsivo di internet consente la fuga dai problemi (reali o percepiti). L’interazione anonima allevia il senso di inadeguatezza, che è caratteristico delle personalità sensibili alle dipendenze (Hall & Parsons 2001). Se gli adolescenti di vent’anni fa potevano trovare in poesia, musica, sport lo sfogo per esprimere bisogni ed emozioni, ora spesso ci si sposta su attività on line che compensano le mancanze del senso d’identità. La lettura psicopatologica assegna alla internet addiction aspetti propri dei modelli di riferimento classici: dal disturbo osses-

sivo-compulsivo al disturbo legato al controllo degli impulsi, dalla dipendenza comportamentale fino al disturbo da abuso di sostanze. Tuttavia, secondo altri è solo un aspetto inevitabile della modernità attuale. Non tanto un comportamento di dipendenza quanto una strategia compensatoria. Secondo Kardfelt-Winther (2014), rifugiarsi on line permette di alleviare le sensazioni negative suscitate dalla propria vita “reale”.Questa lettura possiamo dichiararla quella prevalente tra gli studiosi e anche la più recente edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5, 2013) ha escluso dalle sue pagine il cosiddetto Internet addiction disorder. La rete è diventata ubiquitaria nella nostra vita quotidiana, i sintomi e i comportamenti associati alla dipendenza da internet possono essere interpretati come un cambiamento del modo in cui i giovani si divertono o comunicano tra loro. E se, come suggeriscono Smahel e colleghi (2008), ciò che i ricercatori interpretano solo come un comportamento patologico, non fosse altro che un nuovo modo di vivere?

FONTI Mihajlov M1, Vejmelka L, “Internet Addiction: A Review of the First Twenty Years”, Psychiatr Danub. 2017 Sep



parliamone

I

di Stefania Cifani

struzioni

per l’uso

Fiorella Palombo Ferretti, presidente dell’Anpif

Psicologo in farmacia, linee guida e criticità. A colloquio con Fiorella Palombo Ferretti, presidente dell’Anpif, e Rosanna Canero Medici, docente all’Università dell’Aquila Formazione specifica, etica e rigore. Queste le caratteristiche che dovrebbe possedere l’istituzione di un servizio di consulenza psicologica in farmacia secondo Anpif, l’Associazione nazionale psicologi in farmacia, cha ha siglato un protocollo di intesa, contenente le linee guida del servizio, con Federfarma Veneto.

UNA STORIA INIZIATA DA TEMPO

Rosanna Canero Medici, docente di Psicologia giuridica all’Università dell’Aquila

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Il progetto di portare lo psicologo in farmacia fa parte dei servizi contemplati dal Dlgs 153/2009, secondo il quale «le farmacie partecipano alla realizzazione dei programmi di educazione sanitaria e di campagne di prevenzione delle principali patologie a forte impatto sociale». Non solo farmaci, dunque, ma anche promozione della salute per ridurre, attraver-

so la realizzazione di programmi di educazione sanitaria e campagne di prevenzione, la spesa sanitaria. All’interno di questi servizi può essere incluso anche quello di psicologia. «Il progetto prende l’avvio da una mia collaborazione personale, nel 2011, con la Farmacia del dottor Paolo Zambon a Mira, in provincia di Venezia», ricorda Fiorella Palombo Ferretti, presidente Anpif. «Lavorando all’interno di questo contesto ho potuto capire le criticità che il servizio comporta, sia nella gestione del colloquio in sé, sia rispetto all’organizzazione generale. Gli aspetti più critici riguardano l’etica, gli aspetti giuridici e il conflitto di interessi. È importante stabilire esattamente i ruoli e i confini, al fine di evitare che le figure del farmacista e dello psicologo possano porsi in competizione. Lo psicologo presenta


parliamone punti di contatto e di contrasto con la figura del farmacista, quindi è importante che vi sia un dialogo tra le due deontologie professionali. E poi è molto importante come proporre il servizio, compito che dovrebbe essere svolto dal farmacista, forte della relazione con l’utente. Non bastano locandine e materiali cartacei. Occorre inoltre molta attenzione e cura per lavorare in sinergia con tutto il front office della farmacia, che deve essere il primo promotore del servizio presso gli utenti». Una alleanza che si deve creare tra i due professionisti: «La farmacia è sempre stata un punto di riferimento per la salute; purtroppo il ruolo del farmacista come educatore sanitario si è un po’ perso rispetto al passato, è ora necessario se ne riappropri e lo ridefinisca. In questo senso lo psicologo è un alleato, non un competitor».

IL PROTOCOLLO DI INTESA Per tutelare gli utenti e favorire la collaborazione tra farmacisti e psicologi, Anpif nel corso degli anni ha lavorato per creare un modello attraverso il confronto con i farmacisti, le istituzioni e gli ordini professionali che «potesse diffondere l’idea dello psicologo in farmacia sia per l’approccio al cliente, sia per la struttura in grado di garantire la sicurezza della farmacia e anche da un punto di vista strettamente relazionale». È stato così siglato, il 10 ottobre 2018, il Protocollo d’intesa Anpif- Federfarma Veneto per le linee guida del servizio di psicologia in farmacia. Secondo il protocollo il servizio di “Psicologia della salute in farmacia” si propone di «offrire alla cittadinanza che fruisce delle farmacie del territorio regionale interventi di prevenzione, analisi della domanda, pri-

ma consulenza e orientamento alla persona in relazione ai possibili percorsi esperibili in caso di sofferenza e disagio psicologico». Molta attenzione viene data ai contenuti dell’intervento: «Le parti concordano sull’opportunità che l’attività dello psicologo all’interno della farmacia si limiti all’analisi della domanda espressa dal paziente e all’iniziale consulto psicologico dello stesso. Le parti inoltre stabiliscono che l’intervento dello psicologo all’interno della farmacia nei confronti del medesimo paziente non si potrà tramutare nell’espletamento di attività professionale continuativa e duratura. In caso di necessità, lo psicologo consiglierà il paziente in merito ai possibili ulteriori percorsi esperibili». E alle modalità di erogazione: «Le farmacie aderenti all’iniziativa si impegnano a mettere a disposizione locali idonei all’espletamento

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parliamone

della consulenza psicologica, in modo tale da garantire all’utenza e al professionista la necessaria riservatezza». Tra farmacista e psicologo viene stipulato un accordo messo a punto insieme a Federfarma. Anpif si fa carico di inviare gli psicologi in base alle richieste pervenute delle farmacie, e di verificare che i professionisti siano in linea con la formazione richiesta. L’intervento consiste in uno o due colloqui della durata massima di 40 minuti, durante i quali lo psicologo mette in atto ascolto attivo e analisi della domanda per poi inviare l’utente, se necessario, ad altre strutture. «In alcuni casi questi colloqui sono risolutivi», sottolinea Palombo Ferretti, «nel senso che riescono a mobilitare le risorse per reagire a una situazione iniziale, prima che il disagio diventi strutturato. Per questo è necessario fare prevenzione, anche psicologica. Il problema è che spesso si arriva a consultare lo psicologo dopo aver provato tutte le altre strade».

LA FORMAZIONE Per garantire la qualità del servizio, Anpif organizza periodicamente corsi di formazione per psicologi, in tutta Italia, con l’obiettivo di fornire gli strumenti per lavorare in farmacia secondo le linee guida dell’associazione, con particolare attenzione all’etica professionale e al conflitto di interessi. Oltre alle buone pratiche del servizio sono trattate le conoscenze del contesto rispetto ai nuovi ambiti di intervento psicologico in farmacia, le pratiche di base del colloquio di counseling integrato e il processo di restituzione. Il secondo livello del corso è finalizzato alla progettazione di incontri e giornate su temi specifici, anche di gruppo, per esempio menopausa, ansia e stress, invecchiamento, mirati a migliorare l’empowerment e l’aderenza alla terapia.

LA RICERCA A sostegno del progetto, nel 2018 è stata realizzata la ricerca “La farmacia dei servizi. Analisi di una ricerca condotta tramite un sondaggio sulle abitudini e opinioni di un campione di soggetti”, nata dalla collaborazione tra Anpif e Rosanna Canero Medici, docente di Psicologia giuridica presso l’Università dell’Aquila e socia

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le un atteggiamento favorevole rispetto Anpif. «Per realizzare dei programmi di alla sua istituzione», precisa Canero Meeducazione e di prevenzione efficaci ocdici. Tra i temi sui quali gli utenti si sono corre conoscere quali siano le abitudini e dimostrati più sensibili vi sono incontri i bisogni dell’utenza che si reca in farmainsieme ad altri professionisti e gruppi di cia», afferma Canero Medici. informazione e prevenzione, per esempio Con quale frequenza e per quali ragioni gli su disturbi del sonno, menopausa, educautenti si recano in farmacia? Quanto sono zione alla salute in generale ed educazioconsapevoli della possibilità di usufruire di ne alimentare. Ma altrettanti sono quelli servizi, tra i quali quello della consulenza che lo farebbero per essere indirizzati sul psicologica? E quanto sarebbero disposti a percorso più adatto, per sapere cosa fare utilizzarlo? e a chi rivolgersi. Queste alcune delle domande alle quali si è «Scopo dell’intervento è l’ascolto e l’analicercato di rispondere attraverso un questiosi della domanda, insito comunque nel nario di 18 domande, auto-compilato dall’uconcetto di farmacia, che come mero ditente. «L’obiettivo era quello di ottenere un spensatore di farmaci è stato del tutto sucampione di 600 rispondenti, finora sono perato. Se pur con un taglio diverso, stati diffusi i risultati ottenuti sui primi 180 farmacista e psicologo hanno la stessa individui», spiega Canero Medici. missione di porsi coDalla ricerca emerge me primo ascolto ai che il 66 per cento la conoscenza bisogni dell’utente. del campione si reca del servizio Anpif si impegna a in farmacia una voldi consulenza garantire che le preta al mese; sono in stazioni siano erogamaggioranza le donpsicologica è ne a recarvisi due ancora limitata te da professionisti iscritti all’Albo, sevolte al mese (34 vertra i cittadini, condo requisiti di so 13 per cento). I che tutt a via legge e fornisce a motivi della visita in Federfarma i nomifarmacia sono nella dimostrano nativi degli psicolomaggior parte dei interesse per gi che aderiranno casi l’acquisto di fart ale possibilit à all’iniziativa. La firmaci (58 per cento) ma dell’accordo è ma esiste una quota una tutela; naturalmente resta un margidel 37 per cento, che fa riferimento invene di incertezza dovuto alla possibilità ce ai servizi, anche in questo caso prevache alcuni colleghi operino al di fuori di lentemente donne. Tra i servizi più citati queste modalità; l’auto-invio è assolutaci sono la prenotazione degli esami diamente vietato dal protocollo di intesa». gnostici, l’autoanalisi del sangue, l’eletInoltre il territorio deve essere molto ben t ro c a rd io g ra m m a , le c on s u len z e conosciuto da parte del professionista. nutrizionali ed estetiche. Circa il 60 per «Va detto che la situazione tra nord e sud cento del campione si reca in una stessa è molto diversa», conclude Canero Medici. farmacia; solo il 20 per cento - in maggio«Nel Centro Italia questo servizio è molto ranza uomini - dichiara invece di non fremeno presente e meno conosciuto rispetquentare una farmacia abituale. to a quanto accade nel nord. Si tratta di Il tasto dolente riguarda la conoscenza una attività che deve ancora essere avviadelle modifiche legislative riguardanti la ta. Devo dire però che, a quanto risulta da farmacia dei servizi e le possibilità offerricerche svolte da alcuni dei miei studenti te: solo il 13 per cento dichiara di esserne nella zona dell’Aquila, il servizio risulta a conoscenza, il 63 dichiara di non essernoto nel 30 per cento dei casi, percentuale lo e il 24 di esserlo solo in parte. non trascurabile. Ma non di rado si tratta «Malgrado la bassa conoscenza del servidi messa in opera di servizi al di fuori delzio di consulenza psicologica, emerge le garanzie Anpif». una disponibilità a utilizzarlo e in genera-


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farma&friends

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echi dal web

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da Farmacista33

na pericolosa

confusione

Cannabis terapeutica e light, Federdolore mette in guardia dai rischi insiti nell’automedicazione. Un documento fa chiarezza

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La confusione mediatica e la poca conoquindici milioni di italiani», spiega Giuscenza della sostanziale differenza tra liano De Carolis, presidente di Federdocannabis medica e light crea il rischio di lore-Sicd. «Tra questi potenzialmente ricorso all’automedicazione da parte di ritroviamo anche chi potrebbe decidere di pazienti che autonomamente decidono risolvere il problema della sofferenza assudi affidarsi a certi prodotti. Quelli a base mendo cannabis light. Il pasticcio deriva di cannabis light non appartengono asdallo stesso nome della pianta che, in amsolutamente al mondo della cannabis a bito medico, viene trattata, lavorata ed uso terapeutico, per la quale serve la riestratta in modo completamente diverso, chiesta di un medico specialista e che secondo criteri molto severi di assoluta siviene dispensata sempre e soltanto in curezza e sterilità. Il derivato medico della farmacia. pianta di canapa non è un farmaco ma un Questo l’allarme espresso da Federdoloantichissimo fitoterapico con diverse conre-Sicd nei confronti di quanti soffrono di centrazioni di ditetraidrocannabinolo dolore cronico e de(Thc) e cannabidiolo cidono di affidarsi (Cbd), che devono esil prodotto autonomamente ai sere valutate e prevenduto prodotti a base di scritte solo da un canna bis light. Il medico specialista». liberamente trattamento medico Ed è con questo obietnegli esiste e funziona tivo di chiarezza che esercizi sottolinea una nota u n a C om m i s s ione commerciali dal Congresso naziomultidisciplinare nale tenutosi a Rocomposta da specialinon ha ma - con dosaggi e sti di diverse branche nulla di prescrizioni fatti solo (neurologia, psichiaterapeutico da medici specialisti tria, psicologia, medie acquistabile solo cina legale, farmacia, in farmacia, bisogna fare chiarezza e oftossicologia, anestesia, farmacologia, frire indicazioni precise in merito. «La tossicologia) è stata nominata da Federconfusione mediatica si sta rivelando dolore, a seguito di un lavoro durato sei controproducente soprattutto per coloro mesi che ha prodotto un documento di che soffrono (o non sanno ancora di sofraccomandazioni indirizzato ai medici frire) di dolore cronico, che sono circa prescrittori.


echi dal web «Il documento analizza l’uso terapeutico della cannabis medica distribuita unicamente dalle farmacie ospedaliere e territoriali autorizzate. E non prende in considerazione l’uso della cosiddetta cannabis light», continua De Carolis, «che invece notoriamente si può acquistare negli esercizi commerciali privati senza nessuna prescrizione medica. Tutto ciò che viene venduto in questi negozi non appartiene assolutamente al mondo della can-

nabis medica a uso terapeutico, per la quale invece serve sempre la richiesta di un medico specialista e che viene presa sempre e solo in farmacia». Esistono indicazioni ben precise per l’utilizzo della cannabis medica, per esempio dopo il fallimento del trattamento farmacologico tradizionale o a seguito di effetti collaterali importanti. La scelta della prescrizione deve anche tenere conto di fattori legati all’età, sofferenze cardio-respiratore,

problemi al fegato. «Si tratta di un trattamento che noi definiamo di “secondo livello”, che attiva meccanismi cerebrali in grado di influire in maniera positiva sul controllo del dolore. Al paziente viene spiegato e fatto firmare un consenso informato, in cui sono indicate le limitazioni dovute al dosaggio della cannabis medica, come la guida dell’auto, la sospensione di attività lavorative ad alto rischio o alto livello di concentrazione».

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incontri

A

di Francesca Giani

Quasi al termine il triennio formativo 2017-2019, in rampa di lancio quello 2020-2022, denso di novità. A colloquio con Giovanni Zorgno, referente per la Fofi nella Commissione nazionale formazione continua

tutto Ecm Mancano circa sette mesi alla conclusione del triennio formativo 2017/2019 e tante sono state le novità che lo hanno caratterizzato, soprattutto per i farmacisti. Tra queste, particolarmente rilevante è stata l’implementazione del Dossier formativo di gruppo, che ha visto la Fofi attivarsi, prima tra le professioni sanitarie, per renderlo disponibile a tutti gli iscritti all’Albo. Il triennio in chiusura è stato, così, una sorta di fase pilota, ma tra le evoluzioni per il 2020-2022 c’è l’idea di creare e potenziare, attraverso nuovi percorsi formativi, l’integrazione con le altre professioni sanitarie. Intanto, dato anche l’intensificarsi della riflessione su come rendere più stringente l’obbligo, c’è da capire quale sia il quadro tra i farmacisti e quali esigenze e risposte emergano dalla professione. A fare il punto è Giovanni Zorgno, presidente dell’Ordine di Savona, recentemente riconfermato come referente per la Fofi nella Commissione nazionale formazione continua, rinnovata ad aprile.

Partiamo dal Dossier formativo di gruppo, su cui la Fofi ha investito molto. Che importanza ha per la categoria e che riscontro tra i farmacisti? Il Dossier è un passaggio evolutivo da quella che è una formazione di carattere individuale a un tipo di formazione collet-

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tiva, che sia uniforme e interessi l’intera categoria. Il valore e l’importanza di questo strumento è quella di mettere a disposizione di tutti i farmacisti un percorso formativo pensato e sviluppato attorno al proprio profilo professionale, nella logica di aumentare l’integrazione all’interno della categoria e di generare una ricaduta positiva del Gruppo a beneficio della salute della collettività. La possibilità di programmare e armonizzazione la formazione, sulla base delle esigenze e dei bisogni di salute, va, infatti, a tutela dei cittadini. Si tratta di un progetto, quindi, fortemente voluto dalla Federazione, che ha richiesto, da parte di tutti, grande lavoro e impegno. Tra le diverse professioni sanitarie, siamo stati i primi a crederci e ad attivarci fin da subito.

In che modo? A fine 2017 il Dossier di gruppo è passato alla fase operativa e già a inizio 2018 è stata resa disponibile una prima tranche di corsi gratuiti in modalità Fad. Oggi, sulla nuova piattaforma (www.fadfofi. com/ita/corsifad.asp) sono presenti otto proposte; in tutto siamo riusciti a offrire quindici corsi, pari a 107 crediti. Questa, d’altra parte, era la soglia minima che ci siamo prefissati di realizzare per mettere tutti nelle condizioni di rispondere al requisito di coerenza del 70 per cento del proprio percorso formativo,


incontri

l’auspicio per il futuro è quello di avviare percorsi formativi che siano, in maggior misura, a carattere interprofessionale

come previsto dalla programmazione del Dossier stesso.

Che impronta gli avete dato? L’impostazione che abbiamo voluto realizzare è stata quella di predisporlo per tutti gli iscritti all’Albo e, infatti, i farmacisti sono stati registrati in maniera automatica. Per la sola partecipazione al Dossier è stato riconosciuto a tutti un bonus di 10 crediti già nel triennio in corso. In tutto, comunque, il Dossier consente di ottenere una riduzione dell’obbligo formativo di 30 crediti complessivi: oltre a questi primi 10, ce ne saranno altri 20 a valere sul triennio successivo - qualora il farmacista completi l’obbligo formativo entro fine 2019 e il suo percorso, come dicevo, sia coerente al 70 per cento (98 crediti su un obbligo formativo triennale di 140 crediti) al Dossier - mentre il restante 30 per cento può riguardare corsi scelti senza più alcun vincolo di rispetto delle aree.

Quali sono le tematiche sviluppate e quali i prossimi step? Le tematiche affrontate dall’avvio dell’esperienza a oggi sono tante: si va dalla fitoterapia alla gestione delle patologie più frequenti del bambino, a celiachia, allergie e intolleranze alimentari, fino alle interazioni tra farmaci in farmacia, nonché alle strategie vaccinali (quest’ultimo consente l’otteni-

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mento di un ulteriore bonus di 10 crediti per il prossimo triennio formativo 2020-2022) e alla recente introduzione della ricetta elettronica veterinaria, per citarne alcune. Ora, stiamo pianificando i corsi per l’anno prossimo, che avranno durata di un intero anno.

Qualche anticipazione? Le idee sono molte e alla base c’è una valutazione di quelle che sono le esigenze degli iscritti. Va detto che il triennio in corso è stato un po’ un banco di prova del Dossier, tanto rispetto al suo funzionamento, quanto in relazione all’obiettivo di creare una integrazione professionale, all’interno del gruppo. La nostra idea per il futuro, una volta acquisita una buona base di preparazione collettiva, è quella di puntare a una tipologia di percorsi formativi interprofessionali. Ci piacerebbe, infatti, interfacciarci maggiormente con le altre professioni e realizzare progetti comuni. Si può dire che un primo passo in questa direzione sia stato proprio il corso sulla ricetta veterinaria elettronica, aperto a farmacisti e veterinari, che abbiamo lanciato il 15 aprile e che è stato realizzato con rappresentanti della Fnovi (Federazione degli ordini dei veterinari) e del ministero della salute.

Come riuscite a intercettare le esigenze dei farmacisti e a formulare percorsi che siano adatti al “Gruppo”? Alla base c’è l’idea di farmacista e di farmacia delineata dalla Federazione nel documento del 2006 e condivisa all’interno della categoria. Tra i punti principali, sicuramente, la farmacia servizi e la pharmaceutical care. Il nostro obiettivo, quindi, è preparare un farmacista che sia attento alle nuove esigenze del cittadino e potenziarne le conoscenze nel campo dei servizi. Il metodo che seguiamo, comunque, è piuttosto aperto e parte dalla base: abbiamo rapporti e contatti quasi quotidiani con i singoli Ordini provinciali, che a loro volta raccolgono spunti dalla base, da cui ci vengono molti suggerimenti. È poi il Comitato scientifico della Fofi che valuta e fa una sintesi delle proposte pervenute, per poi stendere il programma. Devo dire che

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gli Ordini sono sensibilizzati sul tema e c’è grande attenzione verso l’aggiornamento professionale.

Dopo la sanzione al dentista di Aosta, non in regola con gli obblighi formativi, si è acceso il dibattito e da parte della Fnomceo, la Federazione degli ordini dei medici, è stata riconfermata la stretta, dal 2020, su controlli e sanzioni. Pur con tutte le differenze tra le professioni, come è la situazione tra i farmacisti? È difficile, al momento, capire il grado di aderenza agli obblighi da parte dei farmacisti. In particolare, con la possibilità di spostare i crediti dal triennio in corso (2017-2019) al triennio concluso (2014-2016) - che sarà attiva fino a fine anno - non potremo avere un quadro preciso di nessuno dei due trienni fino, più o meno, ai primi mesi dell’anno prossimo, quando saranno stati caricati tutti i crediti di fine anno. Per quanto ci riguarda, elaborare una strategia su come aumentare l’adesione agli obblighi, senza avere un quadro chiaro delle percentuali di farmacisti che sono alla pari, ci sembra prematuro.

Come vi muovete? L’approccio che stiamo perseguendo è quello di fornire ai farmacisti strumenti che rendano il più possibile flessibile e adattabile alle esigenze di tutti la formazione Ecm, insistendo molto anche sul concetto che se si vuole essere all’altezza del paziente e dell’evoluzione del sistema salute, oggi è imprescindibile formarsi. Gli Ordini provinciali sono molto attivi, anche con incontri sul territorio. Insomma, cerchiamo davvero di sottolineare l’importanza della formazione, come obbligo previsto dalla normativa, ma anche etico e morale, perché il cittadino abbia il miglior servizio. Va ricordato che, da ultimo, la decisione di comminare sanzioni è del singolo Ordine, che ha degli obblighi normativi da rispettare. Notiamo, però, al momento, una tendenza in aumento a prendere in considerazione,

da parte dei farmacisti, la piattaforma Fad che abbiamo messo a disposizione.

Chi non si aggiorna, rischia di più in termini di responsabilità verso il paziente? Se vogliamo un farmacista attento e interprete delle esigenze del cittadino, non si può passare che dalla formazione post lauream. Se mai lo è stato, oggi meno che mai è possibile fermarsi alle nozioni ricevute dall’Università. Il contesto di riferimento, ma anche le esigenze e le aspettative dei pazienti e del Servizio sanitario, cambiano a velocità impressionanti. Quello che occorre comprendere è che se si vuole rendere il farmacista protagonista della gestione del paziente, per quanto di sua competenza, occorre far evolvere la preparazione e le competenze. Vorrei, a tal proposito, citare l’incipit del nuovo Manuale sulla formazione continua del professionista sanitario, in vigore da inizio anno: «Il professionista sanitario ha l’obbligo di curare la propria formazione e competenza professionale nell’interesse della salute individuale e collettiva».

In precedenza ha fatto riferimento a strumenti di flessibilità messi a disposizione dei farmacisti


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per aiutarli a ottemperare agli obblighi. Ce li può specificare? Un istituto che può essere di aiuto, ma ancora poco conosciuto e utilizzato tra i farmacisti, è l’autoformazione, che a fine anno ha ricevuto una nuova lettura da parte della Commissione nazionale formazione continua e, da parte nostra, proprio per la sua flessibilità, è oggetto di rilancio tra gli Ordini e tra gli iscritti. Il presupposto è che se un farmacista svolge un’attività formativa che non rientra tra le tradizionali Ecm, lo fa perché c’è un reale interesse per il tema. La formazione deve essere prima di tutto una possibilità di crescita per l’iscritto, sulla base anche del le s p e c i f iche e s igen ze e preferenze e l’autoformazione, in questo senso, risulta essere preziosa. Siamo convinti che questo strumento, oltre a essere più flessibile, vada incontro alle specificità di percorso che il singolo prevede per se stesso.

Possiamo ricapitolare le regole dell’autoformazione? Innanzitutto va detto che, nelle delibere di

fine anno della Commissione nazionale Ecm, ne è stato aumentato il peso, facendola passare dal 10 al 20 per cento del fabbisogno formativo. Le regole generali su cosa si intenda per autoformazione sono quelle fissate dalla stessa Commissione in varie delibere e riassunte nel già citato Manuale. In particolare, vi rientra «l’attività di lettura di riviste scientifiche, di capitoli di libri e di monografie non accreditati Ecm e privi di test di valutazione». Agli Ordini poi è stata data la facoltà di ampliare le tipologie e le casistiche rientranti in questo istituto, in base alle specifiche esigenze delle varie professioni. Da parte della Federazione, proprio il mese scorso, sono state deliberate alcune declinazioni e specifiche aggiuntive, anche se va detto che abbiamo cercato di dare una formulazione che fosse più generica possibile, per non porre limiti.

Entriamo nel dettaglio. Al primo punto c’è «la partecipazione a corsi/incontri/eventi/attività di aggiornamento professionale di vario tipo organizzati o promossi dalla Federazione, dagli Ordini territoriali, da associazioni profes-

Più crediti per Fad di interesse generale e formazione all’estero Una recente modifica, contenuta in una delibera della Commissione Ecm di fine anno, è andata a ridefinire i “Criteri per l’assegnazione dei crediti alle attività Ecm”, prevedendo un aumento a 0,3 crediti/ora per chi segue corsi Fad su specifiche tematiche considerate di interesse generale, che possono essere definite dalle Regioni (con l’ok poi della Commissione nazionale Ecm) oppure a livello nazionale dalla Commissione stessa. Nato su spinta del ministero della Salute, per esempio, è l’evento formativo dal titolo “Farmacisti, vaccini e strategie vaccinali”, che, secondo le indicazioni della Commissione, consente l’ottenimento di un bonus di 10 crediti per il prossimo triennio formativo 2020-2022. Il corso sarà disponibile sulla nuova piattaforma Fofi (www.fadfofi.com/ita/corsifad.asp) fino al 29 luglio. Novità più recente è la delibera - che fa seguito a quanto deciso dalla Commissione nella riunione del 22 gennaio - in riferimento «agli eventi esteri non organizzati da provider accreditati in Italia che si svolgono in lingua straniera e negli Stati esteri limitrofi a Regioni e Province Autonome nelle quali lo Statuto prevede il bilinguismo». Secondo quanto si legge, è stata «autorizzata temporaneamente la possibilità per tali Regioni o Province Autonome di accreditare tali eventi formativi come eventi regionali o provinciali». Una autorizzazione che «resterà in vigore fino alla data di adozione di una delibera definitiva in materia».

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sionali, da società scientifiche o altri soggetti con esperienza in campo sanitario». Come si vede, il punto essenziale è che si tratti di eventi di tipo professionale ed erogati da soggetti che abbiano esperienza in campo sanitario. Ma, all’interno di questo istituto, non ci sono solo i corsi: abbiamo per esempio anche voluto valorizzare il volontariato, in quanto attività che richiede preparazione e determina formazione sul campo. Così come abbiamo voluto includere la partecipazione agli organismi locali di vigilanza sulle farmacie: anche in questo caso il presupposto è che il farmacista sia specializzato e formato. Si tratta, in entrambi i casi, di un riconoscimento per quei farmacisti che dedicano il loro tempo libero a crearsi competenze aggiuntive per eseguire tali attività a beneficio della collettività. Abbiamo poi voluto incentivare «la partecipazione alle riunioni del Consiglio nazionale o delle assemblee degli iscritti nelle quali si trattano temi di aggiornamento professionale».

Ci sono anche altre attività? Quelle che ho indicato sono solo le attività principali, l’elenco è in realtà lungo e la Fofi sta predisponendo una Guida per raccogliere tutte le regole legate alla formazione Ecm, compresa quindi anche l’autoformazione. Va detto, a ogni modo, che Fofi e Ordini sono a disposizione per qualsiasi chiarimento e per qualsiasi proposta, che potrà essere valutata e portata eventualmente all’attenzione del comitato scientifico e del comitato centrale della Federazione.

A inizio anno sono entrati in vigore il Manuale nazionale di accreditamento per l’erogazione di eventi Ecm e quello per il professionista sanitario. Quali sono le principali novità? Sono strumenti molto importanti che vanno nella direzione della semplificazione. Per la prima volta, in un unico documento sono state raccolte tutte le regole e le delibere emanate finora e questa è una grande innovazione, oltre che un grande supporto per i farmacisti.


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Q

di Marco Alessandrini, Amministratore Delegato di Credifarma Spa

uanto siamo

digitali?

La digitalizzazione contribuisce a riequilibrare le diseguaglianze tra le persone, a essere maggiormente inclusivi e quindi più democratici, creando i presupposti per un benessere diffuso e duraturo nel tempo. Ma, nel nostro Paese, quanto siamo digitali, al di là della nostra percezione personale? Tutti i fenomeni per poterne valutare la rilevanza hanno bisogno di una misurazione e, anche in questo comparto, c’è un ordine di grandezza che viene espresso con un indice, l’indice Desi (Digital economy and society index), che definisce i progressi compiuti dagli stati membri dell’Unione Europea in tema di digitalizzazione. L’indice non è solo frutto di competenze ma di diversi elementi come i servizi pubblici digitali, l’uso dei servizi internet, l’integrazione delle tecnologie digitali, e la connettività. Il risultato è un indice di sistema generale e pertanto più esaustivo nella sua rappresentazione. Per il nostro Paese il dato che ne esce è abbastanza sconfortante. Verrebbe da dire che non sia un caso il fatto che in qualche modo rifletta l’attuale situazione economica. Dal grafico in questa pagina risulta che secondo l’indice Desi siamo al quart’ultimo posto in Europa, precedendo solo Bulgaria, Grecia e Romania. Il dato è sconsolante, considerando che è stato bruciato un vantaggio competitivo: l’Italia nel lontano 1986 è stato il terzo Paese europeo a connettersi a internet. L’utilizzo proprio di internet negli ultimi die-

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L’indice Desi, che valuta il grado di digitalizzazione dei Paesi dell’Unione, dà un responso poco confortante: l’Italia è quart’ultima

IndiceDesirelativoal2018 80 70 60 50 40 30 20 10 0 Danimarca Regno Unito (1°) (7°)

Spagna (10°)

Germania (14°)

ci anni, e nell’ambito del cluster compreso tra i 15 e i 74 anni, ha registrato una crescita perentoria in quanto le persone che si collegano quotidianamente alla rete sono passate dal 43 al 76 per cento della popolazione italiana. La rete si è evoluta e ha cambiato anche gli stili di vita delle persone. Lo scorso anno il 50 per cento delle persone dell’Unione Europea, nel trimestre precedente la rilevazione Eurostat, ha effettuato acquisti on line. A concorrere alla media hanno contributo gli inglesi con il 77 per cento, i tedeschi con il 68 mentre l’Italia è stato il fanalino di coda con solo il 26 per cento. Un avvertimento: attenzione a non sottovalutare questo fenomeno, in quanto i ritmi di crescita possono essere esponenziali andando a spiazzare anche i player maggiormente consolidati. Per le nostre farmacie il cambia-

Francia (19°)

Italia (25°)

Romania (28°)

mento porterà a nuove opportunità, da vivere con adeguate competenze, che, tranne poche felici eccezioni, in questo momento non risiedono in farmacia. Un passaggio delicato sarà inoltre rappresentato dal non svilire il contenuto scientifico della professione del farmacista nell’arena di un “bazar digitale” imperniato sull’elemento prezzo. I social, per esempio, non servono per vendere i prodotti ma per sviluppare una relazione. È quindi necessario definire una strategia digitale attraverso la quale amplificare su più canali integrati tra di loro l’interlocuzione con i propri pazienti. Su questo punto il farmacista ha un vantaggio enorme legato alla capacità di gestire un grande numero di informazioni dei propri pazienti, per quanto riguarda sia la loro salute sia il loro benessere.


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la buona gestione


medicina

N

di Chiara Romeo

el futuro

prossimo Talassemie, il miglioramento della prognosi permette oggi ai malati di arrivare oltre l’età adulta ma pone l’esigenza di formare medici pronti a nuovi scenari di cura

In Italia circa 10.000 persone soffrono di emoglobinopatie e circa il 10 per cento della popolazione italiana è portatrice sana di anomalie dell’emoglobina. Si tratta di una realtà sanitaria che negli ultimi anni ha visto specialisti crescere insieme all’evoluzione di nuove terapie e che oggi ha bisogno di lasciare il testimone a una nuova generazione in grado di affrontare le sfide del futuro: la qualità di vita del paziente adulto e anziano e l’arrivo della terapia genica. Per questo è stato dato il via a una Scuola di Alta formazione sulle emoglobinopatie (vedi box), per giovani medici specialisti. La sfida da affrontare è complessa perché, quando si parla di paziente talassemico, si prende in esame un ampio spettro di casi, ognuno dei quali va gestito in modo differente. Si va dalla persona portatrice di talassemia con una attesa e qualità di vita normali, ma che ha bisogno di ricevere informazioni, a chi ha forme differenti della malattia, a chi è affetto da falcemia, che ha problematiche ancora diverse e complicanze maggiori.

UN GRUPPO ETEROGENEO DI SINDROMI Le sindromi talassemiche rappresentano un capitolo considerevole tra le forme di anemia ereditaria e sono legate a difetti di produzione delle catene globiniche che costituiscono l’emoglobina. Si divido-

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no in due gruppi: alfa e beta talassemie, dal nome delle due catene proteiche dell’emoglobina che possono essere affette dall’errore genetico. Nel Sud Est asiatico è più diffusa l’alfa talassemia, mentre nel bacino del Mediterraneo la beta talassemia. I difetti genetici responsabili di beta talassemia sono autosomici recessivi: essere portatori di un singolo difetto su un cromosoma di per sé non causa la patologia ma una lieve anemia microcitica. Nel caso in cui si ereditino due geni difettosi, si possono verificare casi di talassemia clinicamente espressa. In genere le forme più severe sono quelli “trasfusione-dipendenti”: i soggetti devono essere trasfusi per poter sopravvivere, a volte già dal primo anno di vita, quando manifestano una grave anemia. Tra i soggetti eterozigoti e quelli malati vi è un ampio spettro di forme cliniche rilevanti, ma non trasfusione-dipendenti. Sono soggetti che ereditano da entrambi i genitori il difetto. In ogni caso la severità del quadro può essere molto variabile perché nell’ambito del genere beta globinico oggi conosciamo più di 400 mutazioni diverse, alcune definite beta+ (possono ridurre la funzione del gene, ma lasciano attività residua), altre beta zero (bloccano completamente la funzione del gene e sono le più severe). Ci sono pertanto soggetti con talassemia non trasfusione-dipendente, lieve o mode-

rata con emoglobina tra i 7 e i 10 grammi e che sono in grado di sopravvivere anche senza un regolare fabbisogno trasfusionale.

MAGGIORI ASPETTATIVE DI VITA: PAZIENTI ADULTI, CON NUOVE ESIGENZE DI CURA La talassemia major, che è la forma più grave e una volta rapidamente fatale, è diventata una malattia con prognosi aperta e l’età dei pazienti è sempre più alta. In Italia si contano circa 6.000 pazienti con talassemia severa che ancora necessitano di trasfusioni. Alcuni di questi hanno superato ampiamente i cinquant’anni, con nuove esigenze dovute all’avanzare dell’età. I medici specializzati, quindi, in un futuro prossimo necessiteranno di una formazione che risponda appieno alle necessità del paziente e che non risulti frammentaria, come spesso accade. Il miglioramento della prognosi, che può essere definito eclatante, è dovuto a una gestione della patologia presso centri specialistici che applicano metodi di cura con approccio globale alla patologia, anche al fine di garantire, oltre al miglioramento della sopravvivenza, anche una buona qualità di vita. I pazienti trovano nei centri di riferimento un supporto continuo per la prevenzione e la gestione delle complicanze e questo è valido sia per il paziente più giovane sia per quello più an-


medicina La presentazione a Milano del Masterclass Management of Hemoglobinopathies, che coinvolgerà venti specialisti

ziano. «Queste patologie hanno una richiesta sanitaria importante, perché, grazie alle nuove terapie, il tasso di sopravvivenza è cresciuto e l’età dei pazienti è sempre più alta», spiega Gian Luca Forni, responsabile del Centro della microcitemia e delle anemie congenite dell’E.O. Ospedali Galliera di Genova e presidente della Società italiana talassemie emoglobinopatie (Site). «Per questo necessitano di una rete di centri di riferimento anche per la prevenzione e la gestione delle complicanze e che possano fornire un supporto continuo. La rete esistente negli ultimi anni ha perso vigore e va alimentata: l’Italia è infatti il Paese con la migliore gestione del paziente nel mondo, ma questo primato va mantenuto e il background degli specialisti va trasmesso per la formazione di una nuova generazione di specialisti».

DAI FERROCHELANTI ALLA TERAPIA GENICA Sul fronte delle terapie, negli ultimi quindici anni sono state introdotte nuove soluzioni e oggi si guarda con fiducia al futuro, in particolare con la terapia genica. La maggior parte dei pazienti si aspetta di avere farmaci sempre più efficaci, sicuri e con minori effetti collaterali. «Le forme più gravi di talassemia richiedono trasfusioni di sangue, che però comportano un accumulo di ferro negli organi e necessitano di una terapia ferrochelante

attraverso la quale si può rimuovere il ferro in eccesso accumulato negli organi», spiega Maria Domenica Capellini, docente di Medicina interna all’Università di Milano e responsabile Centro di malattie rare Fondazione Irccs “Ca Granda” Policlinico Milano. «Fino a quindici anni fa c’era un solo farmaco ferrochelante disponibile e che per essere efficace doveva essere somministrato con una pompa sottocute per otto/dieci ore al giorno tutti i giorni. Negli ultimi dieci anni sono stati introdotti

i chelanti orali che hanno migliorato l’aderenza alla terapia. Altro aspetto innovativo e salvavita è rappresentato dal trapianto di midollo e la terapia genica. In Italia la situazione è migliore rispetto ad altri Paesi, grazie al contributo fornito dai pediatri a partire da anni Ottanta». Al centro rimangono i bisogni del paziente, la loro necessità di continuare a fare progetti nonostante la malattia e poter continuare a lavorare migliorando qualità e aspettative di vita.

Al via un percorso Masterclass La necessità di formare medici preparati ad affrontare un patologia complessa come la talassemia ha portato a creare la prima Scuola di alta formazione sulle emoglobinopatie (Masterclass Management of Hemoglobinopathies), un percorso - con inizio a giugno 2019 - che ha ottenuto il patrocinio di Società italiana talassemie ed emoglobinopatie e Associazione italiana di ematologia e oncologia pediatrica. Un progetto realizzato con la collaborazione scientifica e didattica di Sda Bocconi e la sponsorizzazione non condizionante di Novartis. La Masterclass, organizzata da Edra, coinvolgerà venti medici e sarà tenuta da un gruppo di docenti che operano nei migliori centri italiani per la cura delle emoglobinopatie, oltre che da professori della Sda Bocconi che hanno una expertise specifica in management sanitario. «L’obiettivo che ci siamo posti», spiega Antonio Piga, docente di Pediatria all’Università di Torino, «non è dare informazioni sulla patologia, quanto fornire in modo trasversale tutti gli strumenti necessari e dotare i discenti di un quadro uniforme su tutti gli aspetti da tenere in considerazione nella cura del paziente. L’esperienza dei docenti coinvolti consentirà di fornire tutti i tasselli del mosaico per la gestione del paziente stesso, che va considerato nella sua unicità».

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veterinaria

Rubrica a cura di Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani

I dermatofiti sono agenti patogeni cosmopoliti dei pet e dell’uomo; questi miceti possono mostrare sia una capacità patogena specie specifica sia una maggiore plasticità, che consente loro di colpire differenti specie animali. I miceti, o funghi, rappresentano un regno così come quello animale e vegetale, sono dunque la dimostrazione di un’evoluzione di successo che ha portato alla nascita di 100.000 specie, alcune delle quali anche d’interesse sanitario in quanto agenti primari o secondari di patologia. Questi funghi possono essere suddivisi in tre grandi gruppi in relazione alle proprie affinità ambientali: zoofili, geofili e antropofili. I ceppi zoofili sono patogeni in cani, gatti e diversi mammiferi non convenzionali (conigli, ricci, piccoli roditori) ma possono colpire anche l’uomo (zoonosi). Microsporum canis è la specie più nota e diffusa ma sono altresì coinvolte anche Trichophyton erinacei (cane e riccio), T. interdigitale e più raramente Microsporum persicolor (piccoli roditori e cane). I geofili vivono e si riproducono nel suolo nutrendosi dei residui cheratinici dispersi dagli animali. L’unica specie di interesse medico nell’uomo e nel cane è Microsporum gypseum, che dimostra comunque una scarsa patogenicità. Infine, vi sono le specie antropofile che causano primariamente patologia nell’uomo e sono raramente trasmesse ai pet anche se sono segnalati nella bibliografia scientifica alcuni casi di trasmissione di T. rubrum, il prin-

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di Alessio Arbuatti, medico veterinario ANMVI

e dermatofitosi La variegata attività dei dermatofiti, agenti patogeni che colpiscono differenti specie animali

cipale agente di onicomicosi nell’uomo, dal proprietario al cane. Grazie alla produzione dell’enzima cheratinasi, i dermatomiceti sono in grado di sfruttare la cheratina del pelo per trarre sostentamento, accrescersi e riprodursi. L’unità di base è l’ifa, che si presenta allungata ma di forma variabile in base alle singole specie; la riproduzione è spesso di tipo asessuale, con formazione di spore che vengono liberate sul soggetto colpito e nell’ambiente circostante. All’inizio dell’infezione il patogeno sviluppa un filamento che prende contatto con il sito dal quale il pelo emerge dalla cute iniziando a intaccarne la componente cheratinica. Nel tempo la struttura collassa facendo distaccare il pelo stesso e dando inizio alla lesione visibile sottoforma di area alopecica. Non tutti i dermatofiti potenzialmente patogeni causano sempre una sintomatologia clinica, in quanto la microflora batterica cutanea e l’ambiente stesso con un proprio pH, sebo e ulteriori difese immunitarie aspecifiche, proteggono spesso un individuo sano dalla comparsa delle lesioni tipiche.

GARANTIRE LA SALUTE DEL PET Cani, gatti e piccoli mammiferi non convenzionali regolarmente sottoposti ai controlli veterinari non sono di certo gli esemplari più a rischio di dermatofitosi; una maggiore attenzione deve essere invece posta nei confronti degli esemplari gio-

vani, a partire da quelli che provengono da specifiche situazioni. Per esempio, subito dopo l’adozione o l’acquisto è fondamentale che durante la prima visita veterinaria, prima ancora di portare il pet a casa, venga indagata l’eventuale presenza di dermatofiti. Infatti, gli allevamenti, i negozi e i garden center, proprio per la maggiore movimentazione di esemplari, sono i luoghi potenzialmente più esposti a un’eventuale contaminazione ambientale se non periodicamente trattati per eliminare eventuali miceti dispersi. Allo stesso modo gli esemplari adulti immunodepressi o immunosoppressi e i pazienti geriatrici sono più esposti a tali patologie. Per alcune razze, tra le quali il gatto persiano, il dalmata, il barboncino, lo Yorkshire terrier e per alcune linee di sangue è stata persino ipotizzata una predisposizione genetica ma saranno necessari ulteriori studi per stabilire la reale corrispondenza di questo binomio. Negli individui sani le dermatofitosi, pur necessitando di una specifica terapia, sono in genere autolimitanti ma è importante ricordare che possono essere presenti anche portatori asintomatici che non sviluppano la sintomatologia ma che possono fungere da vettori per altri pet e/o proprietari. Allo stesso modo, alcuni esemplari senza più sintomatologia manifesta possono persistere nell’eliminazione dell’agente. Le dermatofitosi possono essere scoperte con semplici periodiche visite veterinarie e in caso di manifestazioni clini-


veterinaria

strappati alla radice dalla periferia della lesione che verranno inseriti in specifici terreni colturali. In taluni casi si può procedere anche a ulteriori tecniche laboratoristiche istologiche e molecolari. Solo a questo punto sarà possibile impostare una terapia, in genere sistemica, tarata sul singolo caso clinico.

NELL’AMBIENTE DOMESTICO

che, i proprietari devono rispettare in toto la posologia e la durata delle terapie prescritte dal veterinario.

SINTOMATOLOGIA Queste patologie si caratterizzano nei pet per la comparsa di una o più aree alopeciche di forma simil circolare in genere a carico della testa e delle porzioni anteriori del corpo ma che possono comparire sul tutto il mantello. Queste sono dovute al distacco del pelo indebolito dall’azione micotica e possono raggiungere i 4-6 cm. di diametro, sviluppandosi in maniera centrifuga. In contemporanea è possibile apprezzare la formazione di croste e scaglie in loco mentre il prurito non è sempre presente. Le lesioni possono talora apparire eritematose e complicate da infezioni batteriche secondarie. La presenza di aree alopeciche è un sintomo aspecifico e tali lesioni necessitano dunque sempre di un’approfondita diagnostica differenziale. Di non secondaria importanza è il rilascio di artrospore nell’ambiente attraverso le scaglie e i peli spezzati poichè queste possono rimanere infestanti anche per più di un anno negli ambienti domestici.

DIAGNOSTICA Il proprietario e il toelettatore sono quelle figure che possono fungere da sentinelle poiché, avendo un contatto diretto e più frequente con il pet, possono apprezzare eventuali principi di alopecia. È però fonda-

mentale ricordare che questo sintomo clinico è comune a numerose condizioni patologiche che vedono alla base cause eziologiche molto diverse tra loro: parassitologiche, fungine, nutrizionali, ormonali e persino psicogene solo per citarne alcune. Ne consegue che qualsiasi forma alopecica debba essere sempre meritoria di un approfondimento clinico veterinario. La diagnostica per le dermatofitosi può essere condotta dal veterinario curante iniziando dall’esame clinico e dalla valutazione delle lesioni. A ciò fa sempre seguito un approfondimento strumentale utilizzando la lampada di Wood che però non mostra la stessa sensibilità per tutte le specie e ceppi di dermatofiti. A questa analisi si può affiancare la ricerca microscopica di artrospore adese ai peli. Infine, è estremamente importante per la conferma definitiva la messa in coltura delle squame e dei peli

In presenza di qualsiasi forma di dermatofitosi, umana e/o animale, parallelamente al trattamento terapeutico, diviene fondamentale una corretta sanificazione degli spazi domestici finalizzata all’eliminazione degli artroconidi (spore) ambientali dispersi che, in taluni casi, possono persistere e riattivarsi anche dopo diciotto mesi di latenza. Un’accurata eliminazione meccanica attraverso l’utilizzo di un potente aspirapolvere passato su tutte le superfici, in particolare dove risiede il pet, è il primo passo da seguire. Al termine della procedura i sacchetti andranno chiusi ed eliminati. Un accurato lavaggio di tutta la componentistica - come tappetini, stracci, peluche e giochi - è indicato e deve essere seguito dal trattamento con una soluzione di enilconazolo o di candeggina (ipoclorito di sodio) 1:10 e successivo profondo risciacquo. Le candele fumiganti e gli spray a base di enilconazolo non sono registrati per il trattamento delle superfici domestiche e anche l’utilizzo di candeggina pura è sconsigliato, in quanto caustica. Possono essere invece utili quei sistemi capaci di emettere vapore a 100° C, che, opportunamente passati su tutte le superfici, si sono dimostrati di notevole supporto alla disinfestazione ambientale.

Specie-specificità umane Nell’uomo le micosi sono suddivisibili in cinque grandi categorie: superficiali, cutanee, sottocutanee, opportunistiche e sistemiche. Nello specifico le dermatofitosi sono causate da specie appartenenti ai generi: Trichophyton, Microsporum ed Epidermophyton comprendenti agenti che a loro volta possono essere antropofili, geofili, o zoofili (zoonosi). Così come in molte forme cliniche degli animali, anche in questo caso si parla genericamente di “tigne”. Nello specifico, però, in umana le dermatomicosi acquisiscono un’ulteriore classificazione clinica in relazione alla localizzazione della sintomatologia; si riconoscono dunque Tinea capitis, T. barbae, T. cruris, T. pedis e T. unguium.

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Legale

P

a cura dello studio dell’avvocato Bruno Riccardo Nicoloso, Firenze-Roma (b.r.nicoloso@icloud.com)

La contitolarità e la bititolarità delle farmacie assegnate a concorso

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sul bagnato Tra le problematiche aperte dalla normatiUn tale intento si è scontrato, come vedreva di “potenziamento del servizio farmamo, con la giurisprudenza, che si è andata ceutico sul territorio” di cui all’articolo 11 formando sulla contitolarità della assegnadella Legge n. 27/2012 continuano a porsi zione delle sedi farmaceutiche ai graduati come un giambo quelle riferite alla contiuti singoli in comunione pro indiviso, come tolarità della assegnazione delle sedi farvariamente identificata nei neologismi della maceutiche in favore dei graduati in “persona fisica formata in modo plurimo” (in associazione nel relativo concorso straordiEmilia-Romagna) ovvero della “candidatura nario ed alla possibilità loro riservata di otin forma associata” (nel Veneto ed in Toscatenere la titolarità della farmacia a questa na), che li ha resi comunque incompatibili, afferenti nelle due Regioni in cui era stato secondo gli articoli 7 e 8, della Legge n. loro consentito di concorrere e graduarsi 362/1991 (confermati in tal senso anche nel relativo concorso straordinario. dall’articolo 1, comma 160, Legge n. Si sono spesi al riguardo fiumi di parole che 124/2017), a rendersi soci in entrambe le sohanno alimentato gli apcietà che avessero copetiti imprenditoriali dei stituito per l’esercizio gli concorrenti alla assedelle due farmacie affegnazione concorsuale renti le due sedi farmaoriENTAMENTI delle sedi farmaceuticeutiche di cui si DELLA che, i quali si sono mafossero graduati nelle GIURISPRUDENZA gari impegnati tra loro due Regioni, secondo IN TEMA in accordi normativi una presupposizione ripreliminari alle stesse tenuta altresì contraria DI “PERSONE loro domande di parteFISICHE FORMATE all’articolo 11 della cipazione ai concorsi Legge n. 27/2012. IN MODO straordinari nelle due La questione non ha PLURIMO” Regioni in cui avrebbeperso di attualità sotto ro potuto essere graduaentrambi i profili che si ti (articolo 11, comma 5, Legge n. 27/2012) integrano tra loro, salvo poi diversificarsi. per fissare i contenuti delle obbligazioni idonee a condurre a causa tipica l’intento pratiLA CONTITOLARITÀ DELLE SEDI co di esercitare congiuntamente due Permangono i dubbi sulla assegnazione a farmacie nelle due Regioni in cui si fossero concorso delle sedi farmaceutiche e del graduati a concorso in associazione. diritto d’esercizio delle farmacie a queste


Legale afferenti - se pure la normativa farmaceutica faccia sempre e solo riferimento alla “titolarità delle farmacie… gestite dalle società” (articolo 7, commi 1 e 3, Legge n. 362/1991 anche nel testo modificato dall’articolo 1, comma 157, Legge n. 124/2017) - che viene riservata pro indiviso ai graduati in associazione (Consiglio di Stato, n. 2569/2018; Tar Emilia-Romagna, Bologna, n. 657/2018 confermato da Consiglio di Stato, n. 2804/2019), quando appaiono evidenti, da un lato, il limite dell’ordinamento civilistico, che non consente una comunione di godimento di un’impresa economica (articolo 2228 in riferimento ali articoli 2247 e 2555, Codice Civile), quale è la farmacia afferente ciascuna sede farmaceutica assegnata a

concorso, ma ne impone la trasformazione in una società di fatto al primo atto di gestione (Cassazione Civile n. 3195/1997) nonché, d’altro lato, il limite dell’ordinamento sezionale, che impone la biunivocità, messa acriticamente in discussione, tra il diritto d’esercizio delle farmacie afferenti le sedi farmaceutiche assegnate all’esercizio privata e la gestione delle azienda organizzate in forma d’impresa per il relativo esercizio (articolo 11, comma 1, Legge n. 362/1991) e che deve sussistere anche per il loro unitario trasferimento negoziale, che è condizionato al riconoscimento amministrativo della Autorità sanitaria (articolo 12, commi 3 e 12, Legge n. 475/1968). Di tal che la postulata contitolarità sembra porsi in contrasto con

entrambi gli ordinamenti generale di diritto privato e sezionale di diritto pubblico. Non può essere infatti condiviso l’assunto della pretesa biunivocità tra il provvedimento d’assegnazione uti singuli in comunione pro indiviso (variamente chiamata) delle sedi farmaceutiche ai graduati a concorso in forma associata e la concessione sanitaria rilasciata per l’esercizio delle farmacie a queste afferenti, e non può essere altresì condiviso nemmeno l’assunto della pretesa diarchia con la loro gestione, che viene riferita alla società tra questi costituita allo scopo. Questo in quanto si può ragionevolmente ritenere che la sede farmaceutica costituisca solo la circoscrizione territoriale virtuale, che viene assegnata al termine

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Legale

della procedura concorsuale (Consiglio di Stato n. 7468/2004), ma solo al fine di rendere possibile, successivamente e con un diverso provvedimento, la localizzazione della farmacia afferente la sede farmaceutica e il rilascio della concessione sanitaria che attribuisce alla società speziale, costituita tra gli assegnatari in forma associata della sede farmaceutica, la titolarità biunivoca del diritto d’esercizio e della gestione della farmacia a questa afferente (Consiglio di Stato, n. 4128/2015, ma anche per l’obiter dictum: Consiglio di Stato, parere n. 69/2018). Per contro si può del pari ragionevolmente ritenere che la diarchia sussista invece tra la assegnazione della sede farmaceutica e la concessione sanitaria rilasciata in forma biunivoca (Consiglio di Stato, n. 5587/2014) del diritto d’esercizio e della gestione della farmacia privata a questa afferente, che invece permane in forma diarchica (Consiglio di Stato n. 4297/2005) per le farmacie afferenti le sedi farmaceutiche che sono state prelate dai Comuni (articolo 9, Legge n. 475/1968) la titolarità del cui diritto d’esercizio viene e permane ascritta ai Comuni, qualunque sia il modello della loro gestione (Consiglio di Stato, n.1724/2001). Di tal che si può concludere che sotto questo profilo l’assegnazione delle sedi farmaceutiche ai graduati a concorso in associazione prescinda dalla titolarità delle farmacie a queste afferenti, e che questa possa essere successivamente affidata con diverso provvedimento, ma solo ad una società di persone (ora anche di capitali: articolo 1, comma

157, Legge n. 124/2017) costituita dagli assegnatari in forma associata delle sedi farmaceutiche per poter esercitare le farmacie a questi afferenti.

LA TITOLARITÀ DELLA FARMACIA Non ci possono essere invece dei dubbi sull’assegnazione binaria di due sedi farmaceutiche nelle due diverse regioni in cui i graduati in associazione hanno potuto partecipare (articolo 11, comma 3, Legge n. 27/2012) cui si oppone non solo il limite territoriale previsto dall’ordinamento sezionale (articolo 7, comma 5, Legge n.362/1991 nel testo originario) in vigore al momento della pubblicazione dei relativi bandi di concorso, se pure tale limite sia stato successivamente superato (articolo 1, comma 157, Legge n. 124/2017), ma si possa dubitare che detta novella normativa non processuale possa avere, secondo l’articolo 15 delle Preleggi, un’efficacia retroattiva (Cassazione civile, n.6099/2000), se mai riferita a detti concorsi banditi in precedenza (articolo 11, comma 3, Legge n. 27/2012). Appare del pari evidente come, a monte di detto limite, si ponga la considerazione sulla eterointegrazione normativa, di valenza civilistica (articoli 1339 e 13734, Codice civile), ma applicabile alla fattispecie (Consiglio di Stato n. 4903/2012), sulla semplice facoltà di scelta tra l’una o l’altra sede farmaceutica riservata agli assegnatari in forma associata che abbiano partecipato al relativo concorso in entrambe le Regioni, e

Occhiali da vedere per vedere: Dommer Sturm della sinfonia “Pastorale” Opus 68 di Beethoven La pioggia sul bagnato di cui s’è detto non può certo ricordare l’Allegro della “Pastorale” di Ludwig Van Beethoven, di cui Berlioz ebbe a dire: «Ascoltate quelle raffiche di vento cariche di pioggia, i fischi acuti dei flauti che annunziano l’imminente tempesta; l’uragano s’avvicina, s’ingrandisce; non si tratta più di pioggia, di vento; è uno spaventoso cataclisma…», ma poi viene l’Allegretto finale che «si presta al concorso di voci umane, ma sembra quasi di esigerle; a tal punto che l’orecchio umano ne attende l’entrata da un momento all’altro». Memorabile è stata l’interpretazione della sinfonia diretta da Claudio Abbado con i Berliner a Santa Cecilia il 21 febbraio 2001 (che è stata poi incisa in cd).

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come la mens legis della stessa normativa - volta testualmente «al fine di favorire l’accesso alla titolarità delle farmacie da parte di un più ampio numero d’aspiranti» (articolo 11, comma 1, Legge n. 27/2012) anche attraverso la straordinaria procedura concorsuale relativa alla assegnazione delle nuove sedi farmaceutiche che sono state istituite dilatando lo stesso criterio demografico di pianificazione (Consiglio di Stato, ordinanza n. 5654/2018; Tar Sicilia, Palermo, n. 2477/2018) - non consenta certo interpretazioni e tanto meno approcci elusivi di un vincolo normativo. Di tal che si può concludere che anche sotto questo profilo un vincolo normativo si opponga al raggiungimento dell’intento pratico della assegnazione binaria delle sedi farmaceutiche realizzato attraverso la conclusione di accordi negoziali invalidi per l’illiceità della causa (articolo 1344, Codice Civile).

HERI DICEBAMUS In tutto questo trova una conferma un inascoltato suggerimento operativo sulla assegnazione delle sedi farmaceutiche, da parte delle Regioni che hanno bandito i concorsi, ai graduati in associazione con una contestuale fissazione di un termine antecedente a quello indicato per l’apertura della farmacia a queste afferenti, magari coincidente con quello semestrale loro indicato in termini perentori per l’ubicazione dei locali della farmacia e l’idoneo approntamento delle relative dotazioni e scorte che rimane assoggettato a una verifica preventiva al suo esercizio (articolo 111, Tuls n. 1260/1934), per la costituzione tra gli stessi di una società personale (ora anche in forma di società di capitali: articolo 1, comma 157, Legge n. 124/2017) che si potrà rendere titolare del relativo diritto d’esercizio (Punto Effe n. 2/2015: “Lettera aperta alle avvocature regionali”).

PER UN APPROFONDIMENTO: B.R. Nicoloso, “La criticità nell’assegnazione delle farmacie nel concorso straordinario della legge n. 27/2012”, in Rassegna di diritto farmaceutico, 2016, fascicolo 5; B.R. Nicoloso, “La riforma normativa della disciplina delle farmacie private: Legge 7 agosto 2017, n. 124”, in Rassegna di diritto farmaceutico, 2018, fascicolo 3.


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dalle aziende

A misura

di bambino Il progetto Physioforma di Chicco Rivedere la forma del succhietto da un punto di vista medico-scientifico: questo lo scopo di PhysioForma, un progetto complesso nato alcuni anni fa all’interno dell’Osservatorio Chicco, il centro ricerche dell’azienda comasca, in collaborazione con la Società italiana di ortodonzia (Sido) e il contributo di specialisti provenienti da diversi settori. P h y s i o Fo r m a nasce dall’esigenza di rispettare l’anatomia della bocca del bambino e la posizione della lingua durante la respirazione, evitando di ostacolare le normali funzioni della cavità orale. Presente solo ed esclusivamente su tutti i succhietti Chicco, PhysioForma si differenzia per alcune caratteristiche specifiche della tettina che, favorendo le funzioni fisiologiche, agiscono attivamente nello sviluppo armonioso della bocca. Più concretamente, l’azione dei succhietti Physio favorisce il naturale posizionamento in alto della lingua all’interno della bocca; distribuisce in modo omogeneo la pressione della lingua sul palato, anche lateralmente, favorendone il corretto sviluppo; non ostacola la respirazione.

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IL RUOLO FONDAMENTALE DELLA LINGUA Lo sviluppo corretto del palato, così come il posizionamento della lingua, sono fondamentali nei primi mesi di vita, proprio perché le conseguenze si riflettono sulla dentizione, sulla respirazione e quindi anche sulla qualità del sonno. Partendo da tali considerazioni, in una prima fase del progetto è stata valutata l’influenza fondamentale della lingua nello sviluppo del palato e dei denti. Si è potuto constatare, così, come il cosiddetto “palato stretto” sia un evento che accade con frequenza e che nella maggior parte dei casi è imputabile alla posizione bassa della lingua. È quindi raccomandabile l’uso di un succhietto capace di favorire il corretto posizionamento in alto della lingua e la sua funzione di sostegno allo sviluppo fisiologico del palato. PhysioForma è nato proprio per rispettare il più possibile la normale posizione e il ruolo della lingua. Inoltre, le sue caratteristiche strutturali risultano essere le più indicate per una distribuzione uniforme della pressione sul palato e di conseguenza ridurre il ri-

schio di sviluppare problematiche morfologiche come l’open bite. La sua speciale geometria è stata valutata attraverso l’utilizzo di strumenti di avanguardia di bioingegneria e software per la simulazione delle pressioni e delle forze esercitate all’interno della bocca del bambino. Attraverso il successivo studio della letteratura scientifica, sono state prese in considerazione le ripercussioni della posizione della mandibola e soprattutto della lingua sulle diverse funzioni della bocca, in primo luogo la respirazione. Durante la respirazione nasale fisiologica la lingua di posiziona in alto e aderisce perfettamente al palato, mantenendo così un adeguato spazio oro-faringeo In presenza di succhietto questo non dovrà perciò ostacolare il posizionamento corretto della lingua. PhysioForma è stato specificamente studiato per permettere a quest’ultima di avere il suo spazio. Anche in questo caso l’adeguatezza della forma è stata verificata con tecniche di bioingegneria di analisi dimensionale, mentre studi clinici hanno verificato l’effetto sulla respirazione fisiologica del bambino.

I PUNTI DI FORZA Il succhietto presenta un ridotto ingombro in senso verticale ed è dotato di un incavo centrale. La base è estremamente sottile, per assecondare l’ottimale chiusura della bocca, con collo inclinato verso l’alto che lascia spazio alla naturale posizione della lingua. Piccoli rilievi sulla testa della tettina riproducono le naturali rugosità presenti sul palato e fungono da punti di riferimento che guidano la lingua nella posizione fisiologica. Una curvatura laterale distribuisce le pressioni della lingua sui lati del palato, mantenendo uno sviluppo fisiologico.


dalle aziende

Osservatorio Chicco, per capire le necessità dei bambini il posizionamento della lingua è fondamentale per lo sviluppo corretto del palato e per la respirazione fisiologica

La scheda tecnica

Nato per poter dare risposte serie e professionali alle famiglie, l’Osservatorio Chicco ha come mission quella di studiare e comprendere i bisogni psicofisici, emotivi e sociali dei bambini, attraverso il confronto costante con il mondo scientifico e accademico, mantenendo un dialogo aperto con associazioni e istituzioni. Per raggiungere il suo obiettivo si avvale della collaborazione di una rete di specialisti esterni (pediatri, ortodontisti, ostetriche, psicologi e pedagogisti) in una logica multidisciplinare. Le attività principali dell’Osservatorio sono le seguenti: analisi della letteratura scientifica per un costante aggiornamento sulle evidenze più recenti; studi per la valutazione della validità dei prodotti proposti; campagne educazionali per diffondere tra le famiglie le raccomandazioni del mondo pediatrico.

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dalle aziende

Occhio ai raggi solari

Non solo la pelle, ma anche gli occhi devono essere protetti. Ecco perché e come Se ormai tutti siamo consapevoli dell’importanza di proteggere la pelle dall’azione dei raggi solari, molti ancora ignorano che la stessa cura debba essere riservata agli occhi. I motivi di questa mancata attenzione sono diversi e vanno dalla persistenza di falsi stereotipi alla carenza di informazioni corrette. Di certo pesa molto il fatto che, mentre una scottatura da sole sulla pelle è immediatamente percepibile, i danni oculari non sempre sono altrettanto riconducibili all’esposizione. In realtà il sole gioca un ruolo determinante nello sviluppo di disturbi e patologie dell’occhio e per questo è fondamentale mettere in atto una serie di strategie protettive.

EFFETTI DELLE ONDE LUMINOSE I raggi solari sono composti da un fascio di onde luminose che colpiscono quotidianamente, in maniera diversa, gli occhi. Alcune di queste onde sono visibili, altre no. I raggi blu, per esempio, penetrano nel cristallino e raggiungono la retina: con il tempo possono causare danni ai tessuti oculari sia anteriori che posteriori. I raggi ultravioletti (Uv) sono invece quelli non visibili, provengono dal sole e dalle lampade abbronzanti e sono as-

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sorbiti dalla cornea e dal cristallino. Potenzialmente sono i raggi più dannosi proprio perché non si percepiscono. Più penetrano in profondità, maggiori sono i danni che possono causare.

SITUAZIONI A RISCHIO Nei luoghi dove il riverbero è molto forte - per esempio la spiaggia in estate o la montagna innevata in montagna l’occhio può essere esposto in maniera prolungata e ripetuta ai raggi Uv e uno dei problemi più comuni cui si può andare incontro è la cheratite, infiam-

mazione che coinvolge la cornea. È importante sapere che i danni causati dai raggi Uv hanno azioni progressiva: esposizioni brevi non causeranno danni irreversibili, ma esposizioni ripetute sì; questo significa che i problemi visivi possono comparire anche a distanza di anni dall’esposizione. Inoltre, sulla base della letteratura scientifica, l’Oms ha identificato diverse malattie oculari strettamente legate all’esposizione a radiazioni ultraviolette, che comprendono cataratta, ispessimento della congiuntiva e, in alcuni casi rari, anche formazioni tumorali.

SINTOMI DI INFIAMMAZIONE Dopo uno o più giorni trascorsi sulla spiaggia, in barca, in alta montagna, oppure nel deserto, è importante porre una particolare attenzione a questi sintomi: lacrimazione; dolore; gonfiore; sensazione di sabbia negli occhi; vista annebbiata o ridotta. Potrebbero indicare una infiammazione da cheratite in corso e per questo vanno affrontati tempestivamente con il rimedio più appropriato.


dalle aziende

ANCHE IN CASA L’attenzione per la salute degli occhi non deve essere prestata solo all’aria aperta, anche in casa possono presentarsi situazioni “a rischio”. Per esempio, i raggi blu, prodotti da fonti di luce artificiale come le lampade a led e fluorescenti e gli schermi di computer e smartphone, possono provocare nel breve periodo irritazione, affaticamento secchezza agli occhi.

SFATIAMO UN MITO Uno degli stereotipi più diffusi è di certo quello secondo cui chi ha gli occhi scuri sia già naturalmente più protetto dai raggi del sole rispetto a chi invece ha gli occhi chiari: falso. Dei due strati che compongono l’iride, quello da proteggere è infatti il più interno, preposto alla protezione della retina e uguale per tutti i tipi

di occhio, indipendentemente dal colore.

COME PROTEGGERSI Gli occhi possono essere protetti dai raggi Uv e dai raggi blu attraverso: occhiali da sole (o maschere, se si fa snorkeling o sulle piste da sci), meglio se con lenti antiriflesso, soprattutto al mare e in montagna, dove l’occhio è ancora più esposto ai raggi solari diretti e riflessi dall’acqua (100 per cento) e dalla neve (85 per cento); specifici colliri idratanti con filtri anti Uv. In particolare, l’acido ialuronico, idratante e lubrificante della superficie oculare e l’actinochinolo, filtro Uv, offrono una protezione contro i danni indotti dagli Uv, con meccanismi diversi e complementari.

L’acido ialuronico aumenta la vitalità cellulare, e l’actinochinolo riduce lo stress ossidativo e l’infiammazione associati all’irradiazione con raggi Uv.

HYABAK: LA PROTEZIONE OCULARE CONTRO I RAGGI UV Indicato per tutti i sintomi di discomfort oculare, per tutti gli occhi, Hyabak è una soluzione oftalmica a base di acido ialuronico e actinochinolo utile per proteggere la superficie oculare dai raggi Uv, grazie a due azioni: 1) idratazione: l’acido ialuronico 0,15 per cento garantisce sollievo immediato, con una sensazione di freschezza all’instillazione. Inoltre bastano poche gocce al giorno per un comfort prolungato; 2) protezione: l’actinochinolo

luoghi comuni: non è vero che chi ha gli occhi scuri ha bisogno di meno protezione 0,2 per cento agisce come filtro anti Uv, per godersi il sole in serenità e per una protezione aggiuntiva per gli occhi sensibili. Privo di fosfati e conservanti, dannosi per la superficie oculare, Hyabak è anche utilizzabile dai portatori di lenti a contatto.

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In caso

di resistenza

Farmanews

di Claudio Buono

Asma grave esinofilico: una nuova arma contro una malattia altamente invalidante

I 200.000 pazienti italiani affetti da asma grave eosinofilico - in particolare quelli in cui l’asma risulta refrattaria alle terapie standard e che sono stati trattati per lunghi periodi con cicli frequenti di cortisone orale senza risultati rilevanti dal punto di vista della sintomatologia - potranno beneficiare di una nuova soluzione terapeutica. Si tratta di benralizumab, un anticorpo monoclonale che ha dimostrato significativi miglioramenti per la qualità di vita dei pazienti. L’unicità del meccanismo d’azione di benralizumab sta nel fatto che il farmaco si lega in modo specifico al recettore posto sulla superficie degli eosinofili, prevenendone l’interazione con l’interleuchina-5 (Il-5); inoltre ha un’attività di citotossicità cellulo-mediata anticorpo dipendente in grado di indurre un’assai rapida e quasi completa deplezione (già entro 24 ore dalla prima somministrazione) degli eosinofili nell’apparato respiratorio, migliorando la funzionalità polmonare fin dalla prima dose. «A differenza del cortisone orale - che ha un effetto generale sull’organismo e quindi non mirato - benralizumab agisce in maniera selettiva sul meccanismo che determina l’infiammazione eosinofila, con un’ottima tollerabilità da parte del paziente», evidenzia Giorgio Walter Canonica, direttore del Centro di medicina personalizzata asma e allergie, Humanitas University & Irccs di Milano. «Va detto, però, che l’uso di benralizumab non è utile in ambito d’urgenza per il controllo delle crisi acute di asma, bensì come terapia di mantenimento che, una volta cominciata, va mantenuta nel tempo», avverte Francesco Menzella, struttura complessa di Pneumo-

logia, Arcispedale Santa Maria Nuova Azienda Usl di Reggio Emilia Ircss. Efficacia, tollerabilità e sicurezza di benralizumab sono stati valutati sulla base dei risultati del più ampio programma di sviluppo clinico di fase III per un trattamento biologico in una malattia respiratoria. Nello specifico, il programma Windward ha incluso gli studi registrativi di riacutizzazione di fase III Sirocco e Calima, lo studio di fase III Zonda7 sul risparmio di corticosteroidi orali cronici (Ocs, oral corticosteroid) e lo studio a lungo termine di efficacia e sicurezza di estensione di fase III Bora. Questi studi clinici hanno dimostrato una riduzione significativa delle riacutizzazioni asmatiche, un’efficacia a lungo termine del farmaco, un miglioramento della funzionalità polmonare, il controllo dei sintomi dell’asma, un ottimo profilo di tollerabilità, nonché una significativa riduzione della dose mediana di Ocs dal basale rispetto al placebo. Il trattamento con benralizumab è riserva-

to ai pazienti adulti, dai diciotto anni in su, con asma grave eosinofilico refrattario che rispondono alle seguenti caratteristiche: 1. hanno un valore di eosinofili ≥300/ mmc in assenza di trattamento steroideo sistemico; 2. hanno avuto almeno due esacerbazioni d’asma nei dodici mesi precedenti nonostante la massima terapia inalatoria (step 4-5 del documento Gina) trattate con steroide sistemico o che hanno richiesto ricovero; 3. hanno ricevuto una terapia continuativa con steroidi per via orale, in aggiunta alla massima terapia inalatoria nell’ultimo anno; Per poter avviare il trattamento dovranno essere soddisfatte le condizioni al punto 1 e almeno una delle condizioni ai punti 2 e 3. La terapia con benralizumab (a carico del Ssn) viene somministrata presso i Centri specialistici ospedalieri, attraverso iniezioni per via sottocutanea una volta ogni quattro settimane per le prime tre dosi e, successivamente, una volta ogni otto settimane.

La patologia «L’asma grave è una patologia altamente invalidante, che causa significativi disagi per il paziente, sempre soggetto a sintomi persistenti e non controllati, riacutizzazioni, risvegli notturni e per il quale risulta impossibile svolgere le normali attività quotidiane», spiega Francesco Blasi, ordinario di Malattie respiratorie dell’Università degli studi di Milano e direttore Uoc Pneumologia del Policlinico di Milano. Tra i diversi fenotipi della malattia, ciascuno con specifiche peculiarità, quello “eosinofilo” è caratterizzato da un’elevata infiammazione dovuta all’aumento degli eosinofili, cellule che causano la maggiore responsività delle vie aeree agli stimoli irritativi e possono determinare un incremento dei sintomi asmatici, oltre a compromettere la funzionalità polmonare e causare frequenti riacutizzazioni. Alla base di questo processo c’è l’interleuchina-5, una citochina responsabile dell’attivazione degli eosinofili.

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STANCO, AFFATICATO? NATURMINERAL È LA RISPOSTA L’intensa sudorazione dovuta al caldo estivo può causare una eccessiva perdita di sali minerali. Senso di stanchezza, crampi muscolari, irritabilità, disturbi del sonno, alterazioni del battito cardiaco sono solo alcuni dei sintomi che lamentano i pazienti in farmacia con l’inizio della bella stagione. Nella stagione

calda i sintomi non vanno trascurati ed è necessario idratarsi adeguatamente. In alcuni casi però acqua e frutta non sono sufficienti a sopperire alla mancanza, ma bisogna intervenire con una integrazione di sali minerali e vitamine per supportare adeguatamente la ripresa del paziente. La risposta è Naturmineral di

Naturlabor, un integratore alimentare a base di magnesio, potassio e vitamine C, B6 e B12, che contribuisce all’integrazione dei sali minerali e alla riduzione del senso di stanchezza e affaticamento. Elemento cardine è il magnesio, un microminerale essenziale, coinvolto in più di 300 diverse reazioni metaboliche. www.naturlabor.it

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The Blind Spot

Primo, conoscere il paziente Per promuovere l’adesione alle terapie occorre sapere, davvero, chi ci sta di fronte Se si vuole che la farmacia dei servizi abbia il successo che merita si deve prevedere una serie di importanti dettagli basati sulle cosiddette best practices che possano sostenerla e darle valore aggiunto. Se volete che il vostro programma di sviluppo della parte cognitiva di questi servizi sia efficace dovete seguire una serie di principi cardine. Se, per esempio, vogliamo aumentare l’adesione alle terapie il primo principio è quello di conoscere i pazienti/consumatori che avete davanti. Non vi basterà rispondere che magari li conoscete da tempo o che avete una grande esperienza del lavoro che fate. Non stiamo parlando di voi ma di loro. Quando si tratta di adesione alle terapie ogni paziente è unico ed è importante scoprire in che modo lo sia con l’uso di (banali) questionari dedicati al tema dell’adesione. Per molti pazienti essere osservanti dei regimi terapeutici è difficile ma, spesso, per motivi molto diversi tra loro; per certi si tratta di problemi emotivi, cognitivi o persino finanziari. Alcuni pazienti, e sono una minoranza, non hanno alcun bisogno di rinforzi comportamentali per seguire le terapie prescritte con una precisione millimetrica anche per decenni. Su questi pazienti non dovete fare niente, ma dovete comunque sapere quali sono. Il secondo principio è quello di allineare i desideri del paziente con i risultati che la terapia deve riuscire a portare a termine. Se l’ipertensione arteriosa mal controllata da una terapia saltuaria si accompagna a crisi più o meno frequenti di cefalea, lo

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scopo dell’adesione alla terapia per il paziente potrebbe essere la riduzione delle crisi e non della pressione, sebbene questa si verifichi comunque. Bisogna dunque rinforzare cognitivamente appunto, il risultato che si vuole ottenere. Il terzo principio deriva dalla consapevolezza di dovere fare un investimento negli spazi e nel tempo da dedicare a questi servizi, sia studiando come fornirli sia nel momento in cui vengono erogati. Su questo punto vanno certamente ripensati i corsi di formazione continua che possano far fronte alle mutate esigenze della professione e che illustrino come educare i pazienti a gestire, per esempio, alcuni effetti collaterali dei medicinali, che sono magari importanti e alla base di una bassa adesione alle terapie nel medio o lungo termine. Infine, bisogna capire che la trasformazione che ha investito la società nel suo in-

sieme si riflette anche sui pazienti che incontriamo ogni giorno. L’uso esponenziale all’accesso a informazioni on line spesso senza alcuna certificazione di attendibilità produce una distorsione delle consapevolezze di concetti istintivi come quelli di salute e malattia, per cui un paziente non solo può modificare la percezione, sia in meglio sia in peggio, dei sintomi e segni di malattia in base a quello che legge su internet, ma potrebbe anche cambiare o sospendere improvvisamente delle terapie senza che questa decisione abbia un qualunque senso clinico o farmacologico. La presenza sui social o un banale sms anche automatizzato da parte del farmacista possono trasformare in modo significativo l’adesione alla terapia con risultati tangibili e misurabili nel senso di servizi resi con maggiore efficienza e ulteriori risparmi su, per esempio, accessi al pronto soccorso o giornate di ricovero.



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