Anno XVII | N° 15 6 ottobre 2016 | www.puntoeffe.it
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SOMMARIO Direzione, Redazione, Marketing Via Spadolini, 7 - 20141 Milano Tel.: 02.88184.1 - Fax: 02.88184.302 www.puntoeffe.it Reg. Trib. di Milano n. 40 - 14/1/2000 ROC n. 23531 (Registro operatori comunicazione) Editore EDRA S.p.A. Direzione editoriale Giorgio Albonetti Direttore responsabile Laura Benfenati - l.benfenati@lswr.it
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5 | Editoriale
PARLIAMONE Tra noi
6 | Il referendum e la sanità
Sami Kahale
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Marketing
L’organizzazione del punto vendita
Medicina
Un infarto, e poi?
Farmacia clinica
L’insufficienza venosa
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L’approccio in gravidanza
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Abbonamenti Tel. 02.88184.317 Fax: 02.56561.173 abbonamentiedra@lswr.it
35
Grafica e Immagine Emanuela Contieri - e.contieri@lswr.it Produzione Walter Castiglione w.castiglione@lswr.it Tel. 02.88184.222 Immagini Fotolia, Thinkstock. I diritti di riproduzione delle immagini sono stati assolti in via preventiva. In caso di illustrazioni i cui autori non siano reperibili, l’Editore onorerà l’impegno a posteriori
RUBRICHE
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Pubblicità Massimiliano Donati Responsabile Commerciale ADV dircom@lswr.it - Tel. 02.88184.368
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Farmacologia 18
Collaboratori Carla Carnovale, Stefania Cifani, Corrado Giua, Francesco Manfredi, Luigi Marafante, Mauro Miserendino, Bruno Riccardo Nicoloso, Ambra Pedrazzini, Roberto Romagnoli, Marcello Tarabusi, Giovanni Trombetta
Traffico Donatella Tardini (Responsabile) d.tardini@lswr.it - Tel. 02.88184.292 Ilaria Tandoi - i.tandoi@lswr.it Tel. 02.88184.294
PRIMO PIANO Incontri
Redazione Giuseppe Tandoi - g.tandoi@lswr.it
Stampa Tiber S.p.A., Via della Volta 179 25124 Brescia
41 | Legale 45 | Fiscale 52 | Spigolature 53 | Dalle aziende 56 | Intervista a... 59 | Consigli 64 | Il libro
Prezzo di una copia euro 0,70. A norma dell’art. 74 lett. C del DPR 26/10/72 n° 633 e del DPR 28/12/72. Il pagamento dell’IVA è compreso nel prezzo di vendita. Ai sensi dell’art. 13 del D.lgs. 196/03, i dati di tutti i lettori saranno trattati sia manualmente, sia con strumenti informatici e saranno utilizzati per l’invio di questa e di altre pubblicazioni e di materiale informativo e promozionale. Le modalità di trattamento saranno conformi a quanto previsto dall’art. 11 D.lgs 196/03. I dati potranno essere comunicati a soggetti con i quali Edra S.p.A. intrattiene rapporti contrattuali necessari per l’invio delle copie della rivista. Il titolare del trattamento dei dati è Edra S.p.A., Via G. Spadolini 7 - 20141 Milano, al quale il lettore si potrà rivolgere per chiedere l’aggiornamento, l’integrazione, la cancellazione e ogni altra operazione di cui all’art. 7 D.lgs 196/03.
Testata volontariamente sottoposta a certificazione di tiratura e diffusione in conformità al Regolamento CSST Certificazione Editoria Specializzata e Tecnica Per il periodo 1/1/2015 - 31/12/2015 Periodicità: Quindicinale Tiratura media: 11.042 Diffusione media: 10.727 Certificato CSST n. 2015-2564 del 25/2/2016 Società di Revisione: Metodo
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2 | ottobre 2016 |
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OCCHIELLO | occhiello
4 | ottobre 2016 |
EDITORIALE
di LAURA BENFENATI
Partecipate numerosi
D
dl concorrenza, catene, aggregazione, accessi in farmacia che calano, collaboratori che non comprendono l’importanza dell’incremento dello scontrino medio, la Dpc, ora ci si mette pure l’Agenzia delle entrate con i distributori automatici (leggete a pagina 45). Fermatevi un attimo. Mettete da parte tutti questi pensieri per un giorno, il 18 novembre, e aderite a “In farmacia per i bambini”. Questa splendida iniziativa è nata dal cuore grande di Emanuela Ambreck, amica e collega farmacista - e ottima giornalista su Punto Effe e altre testate che a un certo punto della sua vita, d’accordo con i genitori, ha venduto la farmacia di famiglia ed è andata a lavorare in Fondazione Rava - Nph onlus, dove oggi è responsabile dei progetti sanitari. Quattro anni fa è nato il progetto “In farmacia per i bambini”, con l’obiettivo di raccogliere medicinali e prodotti baby care per i piccoli in condizione di povertà sia nel nostro Paese sia ad Haiti, dove 1 bambino su 3 muore prima dei 5 anni e 1 su 2 non va a scuola. Nell’isola caraibica, che purtroppo ancora oggi è l’antitesi del Paradiso, la Fondazione Rava sta facendo tanto, con case orfanotrofio, l’ospedale pediatrico Saint Damien, scuole di strada, centri per disabili. Io parteciperò a “In farmacia con i
bambini” con i miei ragazzi, Anna e Carlo, di dodici e tredici anni e ha aderito la farmacia di famiglia. Lo dobbiamo a Daniel, il nostro piccolino di Haiti che avevamo adottato a distanza e che non c’è più, perché a sei anni e mezzo è caduto da una cisterna d’acqua dove era andato a giocare con altri bambini. Daniel era vivace e allegro, aveva un sorriso contagioso, gli volevano tutti bene nella struttura della Fondazione dove viveva, aveva un sacco di amici. Per loro e per tutti i piccoli in difficoltà, anche in Italia, aderite numerosi a questa iniziativa. Lo scorso anno hanno partecipato 1.115 farmacie, sono stati coinvolti 1.850 volontari, sono state raccolte 165.000 confezioni donate a 258 enti e sono stati distribuiti 120.000 pieghevoli sui Diritti dell’infanzia. Quest’anno, ci dice Emanuela, l’obiettivo è raggiungere numeri molto più alti. La testimonial della campagna di sensibilizzazione di “In farmacia per i bambini” è sempre Martina Colombari: «Un’iniziativa importante, bella», ci ha raccontato, «speravamo che avesse successo ma non ci aspettavamo una risposta così importante: volere è potere». Non tiratevi indietro, quindi, partecipate in tanti con le farmacie e come volontari. Grazie di cuore. 5 | settembre 2016 |
Fermatevi un attimo. Mettete da parte tutti questi pensieri per un giorno, il 18 novembre, e aderite a “In farmacia per i bambini”
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PARLIAMONE TRA NOI
di MAURO MISERENDINO
Un referendum per guarire la sanità
S
i chiama Distribuzione per conto, si abbrevia in Dpc. È un esempio di come il regionalismo eccessivo oggi “ferisca” il diritto alla salute del cittadino. Quando ad acquistare un principio attivo è l’Asl o la Regione, a seconda di dove ci si trova non solo i criteri organizzativi, ma anche quelli di ricarico per le farmacie territoriali variano sensibilmente. In Campania esistono sette modelli diversi di Dpc, tante quante sono le Aziende sanitarie locali e in Emilia Romagna ci sono addirittura differenze tra le modalità di distribuzione di un farmaco nella stessa Asl. Variano anche i compensi per i farmacisti: nel Lazio per farmaci che costano più di 1.000 euro il ricarico è 20 euro a scatoletta (30 per le farmacie rurali) mentre nella maggior parte delle altre Regioni il tetto è compreso tra 3,88 euro e 8,09 euro (ma Sardegna, Lombardia e Val d’Aosta a seconda del prezzo del medicinale consentono ricarichi che si avvicinano o superano quelli laziali).
La babele
Difficilmente la Convenzione delle farmacie che si va a firmare inciderà su una simile anarchia, che in fondo riguarda un po’ tut-
ta la sanità, e in particolare tutte le Convenzioni: basti pensare a come vengono remunerati i medici di famiglia in base all’adesione ai programmi regionali di governo clinico, tutti diversi, o per l’informatizzazione. Il federalismo è sul banco degli imputati anche per i tempi diversi da una Regione all’altra per la commercializzazione di un nuovo farmaco, i criteri delle gare d’acquisto di farmaci e dispositivi, e persino per gli inquadramenti professionali, materia quest’ultima che spesso porta Stato e Regioni in conflitto davanti alla Corte costituzionale a questionare su chi sia titolare della potestà normativa. Sbagliammo nel 2001 quando fu votata la svolta federalista? Qualcuno dice che a ottobre-novembre il referendum sulla nuova Costituzione ci farà fare un passo indietro salutare, nel senso del centralismo. La teoria è che, se passasse il sì al referendum, ci sarebbero più chiare regole di ingaggio Stato-Regioni e meno bracci di ferro tra centro e periferia. Il nuovo testo approvato in Parlamento a maggioranza assoluta (ma non di due terzi, come a norma d’articolo 138 della Carta doveva essere per evitare il referendum), non contempla solo il nuovo Senato di 100 membri ma anche la sanità. Che ritornerebbe più in 6 | ottobre 2016 |
capo allo Stato di quanto non sia rimasta in questi anni. Secondo l’articolo 117 punto m) in tema di salute, il governo centrale avrà competenza esclusiva di emanare norme generali ma alle Regioni resta la possibilità di legiferare sull’organizzazione dei servizi sanitari e sociali.
L’accentramento
Cambiare tutto per non cambiare nulla? L’Associazione Giuseppe Dossetti, che si batte per la tutela del diritto alla salute, ha presentato a Montecitorio un documento di dieci proposte, divise in tre macro aree (vedi tabella 2) in cui si chiede «una ritrovata supremazia statale», per garantire in tutto il Paese il diritto alla salute proclamato all’articolo 32 della Carta. Chiede anche trasparenza amministrativa, una rete nazionale per la verifica dell’impatto delle nuove tecnologie farmaceutiche e dei dispositivi medici, la messa in rete delle eccellenze nazionali, un nuovo ruolo nel decision making per le associazioni dei pazienti, regole certe a tutela dell’innovazione industriale e più peso per le professioni sanitarie nel rinnovamento del Servizio sanitario nazionale. Il documento dell’Associazione - frutto di un tavolo indipendente che
PARLIAMONE TRA NOI
Troppa anarchia, gli operatori del Ssn chiedono di superare il federalismo con un maxiministero. L’economista: uno Stato forte non sempre tutela di più
ha coinvolto oltre duecento tra rappresentanti di strutture Ssn, esperti di politiche sanitarie e di società scientifiche, produttori di farmaci e medical device prevede la creazione di un Superministero del welfare (Lavoro, salute e politiche sociali) che rilevi temi ora affidati alle Regioni o a una fase di dialogo interregionale, e che invece andrebbero dibattuti nel nuovo Senato. Quest’ultimo dovrebbe sostituire del tutto la Conferenza Stato-Regioni. Propone infine di creare un «tavolo degli stakeholder», per monitorare che si realizzi «l’effettivo accesso universale ed egualitario alle cure».
Il superministero
Il documento supererebbe quindi, in senso centralista, la visione del Parlamento che ha promosso il referendum per restituire allo Stato potestà normativa a tutela del diritto alla salute. Nell’intento degli elaboratori, lo Stato non dovrebbe limitarsi a definire i Livelli essenziali di assistenza, ma occuparsi anche dell’uniformità e del controllo della loro erogazione, secondo criteri di efficacia ed efficienza, esercitando poteri sostitutivi verso le Regioni e intervenendo ove queste ultime «palesino incompetenza e deficit
strutturali nella governance sanitaria». Il documento farà certo discutere ma sembra avere il merito di entrare rapidamente nei temi “micro”, come i rapporti tra Regioni e operatori sanitari (strutture e farmacie, oltre che industrie) per l’accesso ai farmaci citati all’inizio, che acquistano il rilievo costituzionale oggi perso sotto una montagna di convenzioni, regolamenti, leggi più importanti. Ma genera perplessità. Il rappresentante del Governo Enrico Costa ha messo le mani avanti: il nuovo Senato delle autonomie non può sostituire la Conferenza StatoRegioni. In pratica avremo due camere delle autonomie e una dei deputati. Gli economisti sono altrettanto perplessi sul metodo. Per Francesco Longo, docente associato del dipartimento di Analisi delle politiche e management pubblico dell’Università Bocconi, quale che sia il responso dell’urna, la Costituzione rivista difficilmente riuscirà ad azzerare l’anarchia grazie a una gestione della sanità centrata sul governo. Tra il dire e il fare, spiega il docente della Bocconi, ci sono tre variabili. Traducibili in tre ordini di riflessione: l’accentramento non ha dato prove storiche di migliorare l’offerta 7 | ottobre 2016 |
sanitaria, quasi mai risolve la debolezza delle Regioni “povere”, non in tutti i campi genera condivisione e buon governo.
Se Roma “fa male”
«La prima riflessione è che bisogna distinguere i fini della riforma del titolo V dai mezzi adoperati», spiega Longo. «Noi siamo riusciti a omogeneizzare i livelli di spesa delle Regioni i cui disavanzi ora sono minimi. Dobbiamo rendere più omogenei i livelli di finanziamento delle prestazioni inserite nei Livelli essenziali di assistenza così da uniformarne l’erogazione su tutto il territorio da Nord a Sud. Personalmente non credo che l’accentramento del sistema risolva il problema della mancanza di uniformità nei Lea. Anzi, rischia di appiattire l’offerta verso il basso. Ricordo che prima del 1995 il sistema sanitario era centralizzato e le cose andavano molto peggio di ora. Seconda riflessione: non credo che uno Stato forte colmi le lacune delle Regioni deboli, anzi, avremmo bisogno di Regioni e Stato forti. Il no profit e il terzo settore si sviluppano di più nei territori dove più è sviluppata l’assistenza pubblica, il che insegnerebbe che in
PARLIAMONE TRA NOI
tabella
1
Nuovo Senato Presidente della Repubblica
Nuova Corte Costituzionale
Ventuno Consigli Regionali e di Provincia autonoma
5 senatori nominati per 7 anni e non più a vita
74 consiglieri
5 membri parlamentari
5 membri presidenziali
5 membri di nomina giudiziaria
3 nominati dalla Camera
Nominati dal presidente della Repubblica
3 nominati da Cassazione
2 nominati dal Senato
1 nominato da Consiglio di Stato 1 nominato da Corte dei Conti
21 sindaci
Presidente della Repubblica Alle urne per un nuovo Senato e per Regioni meno distanti tra loro
Eletto da 630 deputati
La riforma del titolo V e del Senato comprende anche l’abolizione definitiva delle Province e del Consiglio nazionale economia e lavoro, il Cnel. Il referendum è ammesso all’articolo 138 della Carta quando - dopo l’approvazione a maggioranza assoluta da parte delle Camere - entro tre mesi dalla pubblicazione, lo chiedano un quinto dei membri di una Camera o 500.000 elettori o cinque Regioni. Il “pezzo forte” è il Senato, che scende da 315 a 100 componenti e vota le leggi che attengono i rapporti tra Stato e Regioni e tra norme italiane ed europee, mentre diventa solo propositivo per le altre leggi, sulle quali la Camera avrà l’ultima parola; solo la Camera inoltre potrà dare la fiducia ai governi. Il nuovo Senato (nella tabella la composizione e le nomine) è pari alla Camera solo negli iter d’approvazione delle riforme costituzionali. La Corte Costituzionale con nuova composizione (q.v,) potrà intervenire, sempre su richiesta, con un giudizio preventivo sulle leggi che regolano le elezioni di Camera e Senato. All’articolo 117 si eliminano le materie soggette a legislazione concorrente, sulle quali sono fiorite in questi anni dispute tra Stato e Regioni proprio alla Corte Costituzionale. Tra le materie e funzioni su cui lo Stato ha potestà esclusiva, da 17 lettere dell’alfabeto - tante quante le “aree riservate” - nel nuovo testo si passa a 21. Lo Stato recupera compiti in tema di coordinamento della protezione civile e infrastrutture strategiche. Resta alle Regioni la potestà legislativa su ogni materia o funzione non espressamente riservata allo Stato: infrastrutture del territorio regionale, mobilità interna, organizzazione dei servizi alle imprese, sociali e sanitari, autonomia scolastica, istruzione e formazione professionale. Ma lo Stato con una legge può intervenire in materie o funzioni “regionali” quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica della Repubblica o lo renda necessario la realizzazione di programmi o di riforme economico-sociali di interesse nazionale. Infine un cenno alla legge elettorale: s’introduce il ricorso preventivo alla Corte Costituzionale su richiesta di un quarto dei componenti della Camera. Insomma, votare sì a questo referendum consente di mettere in discussione il sistema di voto “Italicum” prima che sia testato.
8 | ottobre 2016 |
più 100 senatori non sono più compresi i rappresentanti delle Regioni
Referendum Si fanno anche confermativi e non solo abrogativi Servono 800 mila firme e non più solo 500 mila Perché il voto sia valido basta la metà degli elettori delle ultime elezioni politiche
Stati dove il centro è più forte e competente anche le Regioni hanno più probabilità di essere forti e competenti».
Lo Stato “flessibile”
Segue una terza riflessione, forse quella chiave: «Ci sono ambiti dove uno Stato forte e competente dovrebbe essere meno invasivo e altri dove dovrebbe esserlo di più. Quando si parla di assetti istituzionali e ambiti organizzativi occorrerebbe lasciare alle Regioni libertà di diversificare i modelli
PARLIAMONE TRA NOI
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9 | ottobre 2016 |
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PARLIAMONE TRA NOI
tabella
2
Il decalogo che scende nel dettaglio delle politiche sanitarie Aree
Proposte 1. Rifondare il Ssn ritornando al valore dell'art.32, diritto alla salute, per le nuove emergenze (nuove povertà, migranti e salute, emergenze della quarta età).
Politica sanitaria globale
2. Ritrovata supremazia Statale in grado di dare nuovi equilibri al rapporto tra governo centrale e Regioni. 3. Ai governi regionali vanno attribuiti nuovi diritti e nuovi doveri in ambito sanitario. 4. Riordino amministrativo basato su unicità e trasparenza dei dati.
Reingegnerizzazione del sistema
5. Creazione di una rete nazionale effettiva di Health technology assessment. 6. Avvio di una rete tecnologica nazionale interconnessa e basata sulle tecnologie più affidabili e innovative. 7. Nuovo ruolo specifico per le associazioni dei pazienti.
Governance sanitaria e farmaceutica
8. Certezza e garanzia da parte di Stato e Regioni sul ruolo dell’innovazione industriale. 9. Ruolo e compiti delle professioni sanitarie nel rinnovamento del Ssn 10. Tavolo degli stakeholder
Fonte: Decalogo sulla riforma sanitaria presentato dall’Associazione Giuseppe Dossetti a Montecitorio
Superministero welfare e SuperAifa nelle indicazioni dell’Associazione Dossetti
«Un documento condivisibile»: così il ministro degli affari regionali Enrico Costa presente ai lavori a Montecitorio, ha definito il decalogo dell’Associazione Dossetti. Ma Costa non pensa che, con la nascita del Senato delle autonomie, la conferenza Stato-Regioni debba dissolversi, come invece auspica il documento. Il decalogo dell’Associazione guidata da Claudio Giustozzi non chiede solo un Superministero di Salute, lavoro e politiche sociali, ma ricorda come Stato e Regioni abbiano avuto in passato posizioni schizofreniche sull’accesso a farmaci e dispositivi innovativi. In futuro, secondo l’Associazione, dovrebbe essere l’Agenzia del farmaco ad autorizzare su tutto il territorio nazionale l’ingresso sul mercato e nelle strutture Ssn dei farmaci a conclamata innovazione, «di cui andranno assicurati e garantiti in modo uniforme e omogeneo a livello regionale i tempi di ingresso sul mercato, superando l’irrazionale situazione attuale, che crea difformità inspiegabili e genera emigrazione sanitaria». Il decalogo chiede poi il superamento del payback: industrie e filiera del farmaco non vanno più costrette a ripianare gli sforamenti della spesa farmaceutica; anzi per la parte ospedaliera bene sarebbe
prevedere un aumento di circa 1,5-2 miliardi del tetto. Il documento mira poi a correggere l’inclusione nel tetto della “convenzionata” dei farmaci acquistati dalle strutture private, e nel tetto della spesa ospedaliera (e in Distribuzione diretta e per conto) dei farmaci di fascia C a uso ospedaliero. Si propone un’alleanza tra gli stakeholder della sanità e la presa in carico a livello nazionale, non più regionale, dei pazienti affetti da malattie rare. A chiusura, si presenta un modello di gestione della fibrillazione atriale per prevenire l’ictus tromboembolico: la suddivisione delle procedure in tre categorie (elettrofisiologiche diagnostiche; ablazione “semplice”; ablazione “complessa”), potrebbe «definire un nuovo sistema di rimborso più appropriato ed efficiente». All’appuntamento romano seguiranno altri, anche a Milano, nell’ambito di un Tavolo di dialogo indipendente rivolto dalla Fondazione a tutti gli attori dell’healthcare. Tra coloro che hanno confermato la presenza al Tavolo, citiamo il presidente di Federfarma Annarosa Racca, Giuseppe Zuccatelli di Agenas, Marina Vanzetta Ipasvi, Franco Vimercati di FismFederazione società medico scientifiche e numerosissimi rappresentanti di associazioni mediche e di pazienti.
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PARLIAMONE TRA NOI
Longo (Bocconi): ci sono assessorati regionali forti tecnicamente quanto il ministero della Salute se non di più
per consentire loro di arrivare nel modo più funzionale al traguardo (per esempio, offrire una prestazione prevista nei Lea). Quando invece si parla di schemi contabili, standard aziendali, regole dell’accreditamento, conta di più uniformare. Il legislatore spesso inverte e confonde ciò che bisogna uniformare con ciò che è necessario diversificare e viceversa; vuole modelli organizzativi omogenei e tollera regole di accreditamento diverse, pur sapendo che le cose non possono funzionare allo stesso modo da una parte all’altra d’Italia».
L’esempio tedesco
La condivisione delle regole, peraltro, non necessariamente si raggiunge con un governo accentratore, «ma anche discutendo tra Regioni e individui collaborativi, come avviene tra i Lander tedeschi quando si mettono d’accordo sugli standard da utilizzare, non solo in sanità». Giusto dieci anni fa, quando si parlava di abolire il ministero della Salute, le Aziende sanitarie e le Regioni affermavano di aver raggiunto questa capacità di accordarsi e sostituire le funzioni del dicastero romano. A dieci anni di distanza però, riflette oggi Longo, «né Roma né i capoluoghi hanno avuto l’ultima parola, sostanzialmente perché il livello di competenze è eterogeneo nel sistema. Ci sono assessorati regionali forti tecnicamente quanto il ministero della Salute se non di più, e singole Asl con capacità di management obiettivamente migliori di assessorati regionali. Dovrebbe essere obiettivo del sistema rafforzare tutte queste realtà, a partire dalle più deboli».
INTERVISTA
L’innovazione di LAURA BENFENATI
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vevamo incontrato Sami Kahale nel 2011, lo abbiamo rivisto quest’anno dopo il lancio della nuova linea di integratori di Procter & Gamble, Swisse. È stata l’occasione per una piacevole chiacchierata a tutto tondo su aziende, mercati e farmacie. Partiamo dai risultati. Come sta andando P&G a livello mondiale? Nell’ultimo esercizio fiscale il fatturato dell’az i e n d a a l i ve l l o mondiale è stato di 76,2 miliardi di dollari, con una crescita organica dell’1 p er cento. Con l’obiettivo di assicurare all’azienda una crescita sostenibile e garantire valore a consumatori e azionisti, negli ultimi anni P&G ha affrontato un grande processo di trasformazione che ha portato a una nuova organizzazione divisa in quattro settori di business e un portafoglio di marchi ottimizzato. Oggi P&G opera a livello mondiale in 10 categorie di prodotto e possiede 60-70 marchi focalizzati sui settori e canali strategici. 12 | ottobre 2016 |
INTERVISTA
L’Italia è uno dei mercati più importanti al mondo per Procter & Gamble. A colloquio con l’amministratore delegato Sami Kahale E in Italia? In Italia P&G sta superando gli obiettivi prefissati. L’ottimizzazione del portafoglio di marche comunicata dall’azienda globalmente un anno fa ha portato al disinvestinento del business locale legato ad Ace e globale delle batterie ed è nella fase di completamento del disinvestimento dei business globali di cosmetici, fragranze e cura capelli professionale. Allo stesso tempo però abbiamo introdotto nel mass market due marche globali come Lenor e Head & Shoulders e nella farmacia Vibovit, Metamucil e recentemente gli integratori alimentari Swisse. Cura della casa e dei tessuti e cura della persona incidono sempre in modo equilibrato sul fatturato? Sono certamente due settori molto importanti per P&G, nei quali abbiamo introdotto marche come Lenor e Head & Shoulders, lo shampoo numero uno al mondo, innovazioni come Pantene Ampoule, un prodotto rigenerante per capelli che sta dando impulso alla categoria e continuiamo la nostra leadership nel settore della rasatura con Gillette. Crediamo però molto anche nei segmenti dell’igiene orale e cura della salute nei quali possiamo contare su un’importante offerta che va dai prodotti AZ, Oral B e Kukident, agli strumenti diagnostici Clearblue e Persona, ai farmaci da banco della linea
Vicks per finire con gli integratori alimentari Vibovit, Metamucil e il nostro ultimo lancio, Swisse che crediamo aiuterà molto la crescita di questo segmento di mercato. L’attenzione al consumatore è sempre stato il vostro punto di forza. Investite molte risorse nelle ricerche di mercato: quali gli ultimi trend più significativi? Senza dubbio i cambiamenti demografici e la crescita del digitale sono le tendenze più rilevanti che hanno influenzato il consumatore, nei comportamenti, modi di acquistare, esigenze e canali utilizzati. In Italia oggi la metà della popolazione ha più di 50 anni e una decisione di acquisto su due è presa con l’aiuto del digitale. Per P&G “il consumatore è il capo” e lavoriamo per soddisfarne i bisogni nelle varie fasi della vita. Il lancio di Swisse va in questa direzione e asseconda trend importanti quali la ricerca del vivere bene partendo dalla nutrizione, lo sport come pratica quotidiana di benessere e l’invecchiamento della popolazione. L’Italia per P&G è ancora un Paese dalle grandi potenzialità? Certamente. P&G ha iniziato le operazioni in Italia nel 1956, con due marchi e nove persone. Oggi il gruppo ha più di 25 marchi e impiega cir13 | ottobre 2016 |
ca 1.500 persone. Nel nostro Paese ha impianti di produzione e una joint venture di successo, Fater (con il Gruppo Angelini), sul business dei pannolini e assorbenti e della candeggina. L’Italia è per P&G uno dei mercati più importanti al mondo. Se penso al segmento degli integratori, per esempio, vedo un grande potenziale: oggi questo settore nel canale farmacia vale 2,7 miliardi di euro ed è in costante crescita negli ultimi sette anni. Il 34 per cento degli italiani assume regolarmente integratori, un dato che sale al 66 per cento se includiamo i probiotici. Come vede il canale farmacia in questo momento? Nell’intervista di cinque anni fa aveva ricordato l’importanza di far leva sull’innovazione di prodotto, sul lay out del punto vendita e sulla comunicazione. È accaduto? Il processo di trasformazione delle farmacie italiane è stato avviato? Il ruolo e la professionalità del farmaci-
INTERVISTA
A causa della grande frammentazione del mercato il consumatore è spesso confuso e ha bisogno, per scegliere, di maggiori informazioni e consigli sui benefici dei prodotti
sta sono cambiati molto negli ultimi anni. Possiamo dire che oggi continua a essere il punto di riferimento per i cittadini per ciò che concerne la salute ma ha ulteriormente arricchito le proprie competenze, diventando un vero e proprio consulente per la bellezza e il benessere di se stessi e della famiglia. Mi piace pensare che in questo progresso abbia aiutato anche il contributo di aziende come P&G, che hanno instaurato un grande rapporto di collaborazione, puntando molto sull’innovazione, che continua a essere un motore di crescita per la farmacia. Considerata la sua esperienza internazionale, l’entrata dei capitali nella proprietà e la nascita delle catene sarà positiva per la farmacia italiana? Esistono modelli ed esperienze diverse nei vari mercati e certamente l’Italia ha una sua specificità e una sua storia. È ancora presto per poter esprimere un giudizio in quanto il provvedimento è ancora in fase di discussione. Indipendentemente da ciò che il legislatore vorrà individuare, il ruolo del farmacista come figura professionale di riferimento p er l’utenza rimane un elemento centrale e di credibilità dal quale non si può prescindere. P&G punta molto sull’innovazione in farmacia e il lancio di Swisse ne è un esempio. Ci racconti le peculiarità di questa linea di integratori. Swisse è la marca di integratori alimentari #1 in Australia, da più di 40
anni offre multivitaminici e integratori di vitamine, minerali e estratti di erbe formulati sulla base di solide evidenze scientifiche e testati con i più alti standard qualitativi. Per questo come P&G siamo felici di distribuire questa gamma di prodotti anche in Italia, con formulazioni su misura per le esigenze nutrizionali dei consumatori italiani e un’offerta completa di 30 referenze che offre benefici personalizzati. Come pensate di vincere in un mercato in fermento ma anche molto frammentato? Proprio a causa della grande frammentazione il consumatore è spesso confuso e ha bisogno, per scegliere, di maggiori informazioni e consigli sui benefici dei singoli prodotti e sulle modalità di assunzione. Per questo abbiamo deciso di puntare, oltre che sull’alta qualità dei nostri prodotti, su un’offerta completa per tutte le necessità nutrizionali, su una comunicazione molto chiara e intuitiva e su un’innovazione senza precedenti nella categoria sia nel piano di marketing sia nell’esperienza d’acquisto in farmacia. Quali supporti di formazione e informazione fornirete ai farmacisti per Swisse? Oltre a offrire materiali efficaci e di forte impatto che aiutino i farmacisti a informare e consigliare i loro clienti, rispetto a quanto già facevamo abbiamo deciso di aumentare ulteriormente l’informazione ai farmacisti. Le nostre persone investono molto tempo nel continuo affiancamento del farmacista sia in ambito tecnico-scientifico che di sviluppo delle categoria. 14 | ottobre 2016 |
Come si articolerà il piano di comunicazione? Swisse ha da sempre un modello di comunicazione distintivo basato sul coinvolgimento di noti ambasciatori globali e locali. In Italia il Premio Oscar Nicole Kidman, il calciatore della Juventus e della nazionale italiana Claudio Marchisio, la ex Miss Italia e volto rivelazione della fiction italiana Giusy Buscemi e lo chef stellato Tommaso Arrigoni sono i protagonisti di una grande campagna che coinvolge punto vendita, Tv, digital e Pr. Ognuno di loro racconta la propria personale esperienza di come Swisse aiuta a rendere “Ogni giorno il tuo giorno migliore”. Un’ultima domanda: la vostra azienda è molto impegnata nel sociale, ci racconti le più recenti iniziative. La responsabilità sociale è nel Dna della P&G. Sono convinto che le marche possano essere un veicolo per coinvolgere i consumatori verso il mondo della solidarietà. Con Dash, la prima marca nel 1987 ad associare in Italia un marchio commerciale a un progetto sociale, stiamo attualmente sostenendo Banco Alimentare per donare tre milioni di pasti a persone in difficoltà. Le aziende possono inoltre coinvolgere i propri impiegati. Con una iniziativa interna organizzata a Natale, in Italia i dipendenti di P&G, Fater e Fameccanica in pochi anni hanno donato oltre tre milioni di euro per la realizzazione di progetti come, per citare gli ultimi due con Telethon, la realizzazione del centro Nemo di Roma per l’assistenza alle persone affette da patologie neuromuscolari, come distrofia muscolare, Sla e Sma e l’ampliamento di quello presente all’Ospedale Niguarda di Milano.
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MARKETING
L’organizzazione del punto vendita di ROBERTO ROMAGNOLI, professore a contratto area Comunicazione e marketing, Università di Bologna - Facoltà di farmacia
O
ggi la nuova sfida per il modello distributivo delle farmacie è diventare interpreti del nuovo concetto di salute e benessere, organizzando la consulenza e la vendita in funzione delle diverse categorie di clienti-pazienti, con il punto di forza del farmacista, che ha a sua disposizione molti più strumenti, informazioni e prodotti per svolgere al meglio il suo ruolo di riferimento. Organizzare il punto vendita in funzione del mercato quindi, significa costruire una proposta
rivolta al cliente-paziente, quindi è necessario capire come pensa il consumatore, cercare di definire motivazioni e stimoli che lo guidano nel processo di scelta e di acquisto. Per dare una risposta il più possibile esauriente e applicabile ai diversi settori merceologici e ai differenti sistemi distributivi, la prima riflessione la dobbiamo fare sui concetti di bisogni reali o primari e bisogni percepiti o secondari: a queste due categorie di “bisogni” seguono i due modelli standard di comportamenti di acquisto, 18 | ottobre 2016 |
modelli che caratterizzano di fatto impostazione dei lay out espositivi e dei percorsi di acquisto, ovvero gli acquisti razionali e gli acquisti di impulso. Rimane il fatto che i bisogni dei consumatori, indipendentemente dalla loro origine, sono di fatto il motore che muove i consumi e su cui il sistema distributivo va a costruire l’offerta in termini di consiglio e di esposizione. Mentre come vedremo, però, per i bisogni reali o primari i fattori promozionali hanno un’importanza marginale, per i
MARKETING
Stimolare l’interesse dei consumatori su determinati prodotti diventa l’obiettivo primario del messaggio e della comunicazione bisogni percepiti o secondari (acquisti di impulso) l’attività di comunicazione e promozione assume un ruolo strategico. Per questo motivo è necessario evidenziare come nel caso dei bisogni secondari, l’elemento che caratterizza il processo decisionale è l’acquisto d’impulso. Gli acquisti di impulso sono condizionati da elementi variabili, tra cui i diversi strumenti della comunicazione gestiti dalle aziende e dai sistemi distributivi, strumenti che determinano la visibilità dei prodotti, la promozione e quindi la vendita. Nel settore farmaceutico e parafarmaceutico in particolare, queste attività sono molto importanti; una campagna di comunicazione adeguata, unita al richiamo di una esposizione preferenziale e professionale, unita al consiglio del farmacista, risultano determinanti per perfezionare l’acquisto. Da una recente analisi di mercato nel canale delle farmacie, il profilo del cliente sul punto vendita è essenzialmente femminile, con un reddito medio alto, costituito principalmente da lavoratrici e casalinghe: la fascia di età è compresa tra i 26 e i 65 anni, di cultura medio alta, con capacità di accesso ai canali di informazione. Seguendo una segmentazione per categorie di prodotto, sono le donne ad acquistare prodotti cosmetici e cosmeceutici, oltre agli integratori alimentari destinati ad alcuni utilizzi specifici. Ed
è proprio sulla base di questi e altri elementi, che le aziende e i sistemi distributivi costruiscono gli strumenti di merchandising e della comunicazione per promuovere i prodotti e sostenere la consulenza e la vendita.
I bisogni dei consumatori
Il nuovo concetto di salute e benessere ha cambiato sostanzialmente i modelli di acquisto in farmacia e in altri canali dedicati: negli anni Ottanta-Novanta “stare bene” significava assenza di patologie; alla fine degli anni Novanta il concetto di benessere si è modificato trovando un significato nella prevenzione, spesso affidata all’utilizzo di integratori e cosmetici considerati medicina complementare. Già a metà degli anni 2000 il concetto di “benessere” ha iniziato progressivamente ad assumere una dimensione “sociale”: stare bene significa trovare anche una dimensione relazionale con gli altri, confrontandosi su modelli che cambiano in continuazione. Se andiamo ad applicare questi modelli al settore farmaceutico, possiamo definire un bisogno reale o primario l’acquisto di un farmaco per il trattamento di una patologia, o comunque un prodotto necessario per il trattamento di un disturbo specifico (dentifricio per remineralizzare lo smalto, prodotti per la medicazione specialistica, un antidolorifico eccetera). 19 | ottobre 2016 |
Per queste categorie di prodotti, soprattutto per i trattamenti legati a disturbi fisiologici specifici, il cliente/paziente non ha bisogno di particolari informazioni per l’acquisto; li cercherà nel punto vendita più vicino per una questione di “urgenza”, non si preoccuperà particolarmente del prezzo di acquisto, non dedicherà tempo a una ricerca per verificare le migliori condizioni di acquisto, non si preoccuperà della confezione o della praticità d’utilizzo. Nel segmento dei beni di consumo tradizionali, possiamo considerare un bisogno reale l’acquisto di una nuova lavatrice in sostituzione di quella rotta (la casalinga non può aspettare!), o di un capo di abbigliamento pesante o di un paio di calzature quando arriva il freddo. In questi e in altre situazioni analoghe, i consumatori non possono astenersi dall’effettuare l’acquisto e sono costretti a valutare l’acquisto in base a requisiti di urgenza e capacità di soddisfare un bisogno effettivo. Ci sono poi i bisogni percepiti o secondari, ovvero bisogni generati da situazioni interne agli stessi consumatori (percezione di un bisogno, status, fedeltà alla marca, appartenenza a gruppi d’acquisto ecc.), dal passa parola, o dalle diverse forme della comunicazione; questi bisogni non sono legati all’andamento della vita quotidiana dei soggetti, ma nascono generati in momenti e/o situazioni particolari.
MARKETING
Il visual merchandising è innanzitutto una strategia dell’azienda su come valorizzare al meglio le linee di prodotto e il punto vendita
Il consumatore non si alza la mattina con l’esigenza di acquistare una determinata crema mani, uno stick labbra, o di acquistare un probiotico; queste categorie di bisogni non fanno parte della sopravvivenza degli individui e del loro nucleo familiare. Questi bisogni vengono generati, come sopra anticipato, da stimoli legati allo stato dei singoli soggetti, o legati alla capacità delle aziende e dei sistemi distributivi di utilizzare gli strumenti della comunicazione, con una esigenza legata a un prodotto (bisogno percepito). Le aziende e i canali distributivi costruiscono e utilizzano quindi una serie di strumenti per generare questi bisogni e legarli a determinati prodotti o marchi commerciali. Questa strategia segue la logica degli acquisti di impulso, ovvero quegli acquisti condizionati e determinati in buona parte dagli elementi della comunicazione. Un esempio di come la comunicazione, adeguatamente costruita, riesca a generare nuovi bisogni e quindi “stimoli” di acquisto nei consumatori, è la nuova generazione di televisori Lcd; questa generazione di tv propone fondamentalmente tre vantaggi: il primo è lo schermo “piatto” quindi una riduzione dell’ingombro, vantaggio che considerata la tipologia delle abitazioni in Italia, degli spazi d’arredo tradizionali, dei mobili attualmente in commercio, è decisamente poco determinante per decidere l’acquisto. Il secondo vantaggio è quella della qualità dell’immagine: peccato che quasi nessun programma trasmesso sia nel formato adatto ad apprezzare la qualità dell’immagine di questi televisori. Il terzo è lo status: possedere un tele-
visore Lcd rappresenta per molte persone un modo per dimostrare di appartenere a una certa categoria di consumatori.
Gli strumenti della comunicazione
Oggi, alla luce di un mercato in continua evoluzione, con variabili esterne che condizionano fortemente i modelli di acquisto dei consumatori, le aziende devono affrontare un importante problema nelle nuove strategie di marketing aziendale: come presentare e promuovere i prodotti. L’obiettivo di questo concetto è che questi “devono farsi vedere e quindi, vendersi da soli”. Indubbiamente gli strumenti di visual merchandising rivestono un’importanza vitale per il raggiungimento di questo obiettivo, poiché sviluppano sostanzialmente tutte le leve e le opportunità offerte dalla vendita visiva; letteralmente si potrebbe tradurre con “visualizzazione delle merci”, attività che tende a sostituire la presentazione passiva dei prodotti con una loro presentazione attiva. Attraverso gli strumenti del merchandising, i prodotti raccontano la loro storia ai potenziali consumatori, in maniera da attrarli, interessarli e stimolarli all’acquisto, producendo un effetto di comunicazione commerciale indiretta che si va a sommare agli effetti di comunicazione diretta effettuata dalla vendita assistita. L’utilizzo di questa tecnica in qualsiasi azienda è puramente strategico, perché guida il consumatore verso percorsi visivi obbligati, percorsi che costituiscono in molti casi il primo elemento competitivo per la vendita, soprattutto laddove si parla di ambienti fortemente competitivi. Il visual merchandising è innanzitutto una strategia 20 | ottobre 2016 |
dell’azienda su come valorizzare al meglio il prodotto, le linee di prodotti, il punto vendita. È un insieme di strumenti che concorrono a dare al prodotto una funzione attiva nel processo di vendita, grazie alla sua presentazione e alla sua ambientazione, al fine di ottimizzare la redditività. Le principali leve su cui si basano le strategie di visual merchandising, possono concretizzare in macro aree ben definite: Classificazione/segmentazione del listino (category management): questa attività consiste in una accorata scelta delle categorie di prodotti da proporre nel punto vendita, tenendo conto di elementi come le caratteristiche dei prodotti, il loro posizionamento e ovviamente la marginalità, sempre consapevoli delle scelte di segmentazione di mercato (target di consumatori) e quindi del posizionamento sul target di consumatori e quindi sul canale distributivo scelto; lay out delle superfici di vendita: assetto complessivo del punto vendita, scelta e disposizione delle attrezzature espositive, organizzazione del flusso di traffico della clientela; lay out espositivo dei prodotti: modalità ed organizzazione espositiva delle referenze e degli spazi di vendita; animazione del punto vendita: le vetrine, le attività interne di presentazione e promozione dei prodotti, con iniziative legate ai materiali di immagine e alle promozioni. Quindi in un spazio espositivo limitato sarà necessario monitorare con attenzione la rotazione dei prodotti e si dovrà stabilire, per esempio, quali referenze aggiungere o togliere dall’assortimento, come collocarle negli spazi espositivi, come disporre questi nell’ambito della
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superficie e del volume del punt o ve n d i t a , sempre nell’ottica di valutare l’impatto di tali scelte sul comportamento d’acquisto del consumatore all’interno del negozio. A questo punto andiamo a valutare in quale maniera il consumatore sceglie il punto vendita in cui entrare per l’esperienza d’acquisto.
Il protagonista di tutte queste strategie rimane il nostro consumatore; l’obiettivo dell’utilizzo di questi strumenti per la comunicazione rimane quello di creare un rapporto tra il prodotto e il cliente. Il punto vendita si assume quindi il ruolo di comunicare in maniera visiva ed emozionale i contenuti dei prodotti, per creare il “desiderio” d’acquisto. Ma quale è il percorso che porta il consumatore a decidere di entrare in un punto vendita?
Il ruolo del punto vendita
Oltre la vetrina
Il punto vendita partecipa al processo di vendita tramite la sua capacità di comunicare; con le attività costruite sul punto vendita infatti, le aziende e gli stessi punti vendita si propongono di conquistare ed emozionare il cliente attraverso uno stile identificativo: creare un rapporto tra prodotto e consumatore che matura, attraverso la creazione del bisogno, con l’acquisto del prodotto. Dal momento che l’atteggiamento d’acquisto non risponde solamente a stimoli razionali, è fondamentale comprendere l’importanza del valore percepito dal consumatore in funzione degli effetti visivi ed emozionali: vedere, toccare, sentire il prodotto aumenta fortemente l’impatto sul cliente. Uno dei compiti principali del l’attività di merchandising sul punto vendita è quello di valutare e utilizzare i suoi diversi linguaggi di comunicazione, per raggiungere diversi target di consumatori: tra questi vale la pena considerare la corporate identity (comunicazione istituzionale), architettura commerciale, insegna, design degli ambienti, comunicazione dal/del/nel punto vendita, segnaletica, informazione in shop, design e packaging dei prodotti a marchio proprio, animazioni e promozioni.
Passeggiamo per la strada e ci lasciamo attrarre dalle luci, dai colori e dagli oggetti esposti nelle vetrine dei negozi. La vetrina è da sempre il primo veicolo per la comunicazione ai consumatori: le vetrine ci parlano delle marche, dei prodotti, del loro posizionamento, dei prezzi, delle stagioni. Le vetrine ci permettono di fare una prima valutazione sul punto vendita, ci propongono prodotti che stimolano la nostra fantasia e i nostri desideri. Le vetrine ci permettono di capire se all’interno di un determinato punto vendita possiamo trovare prodotti che ci interessano. I punti vendita, grazie ai materiali forniti dalle aziende e alla capacità di produrre materiali promozionali propri, utilizzano le vetrine per presentare i prodotti e creare un contesto di attrattività; effetti visivi, colori, emozioni sono solo il primo impatto e il primo contatto tra il prodotto e il consumatore; creare sensazioni attraverso la presentazione in una vetrina diventa un modo per interessare il consumatore e invitarlo a entrare nel punto vendita. Nel settore della moda, dove le vetrine sono uno strumento fondamentale per comunicare la presentazione delle nuove collezioni, la capacità di costruire un 22 | ottobre 2016 |
messaggio visivo e quindi emozionale per il consumatore costituisce un punto di forza per il punto vendita. Il cliente decide attraverso la vetrina se all’interno del punto vendita può trovare prodotti che possano soddisfare i suoi bisogni, in termini di marca, in termini di gusti, di prezzi, di status, di assortimento. La vetrina deve rappresentare le caratteristiche del punto vendita, le caratteristiche dei prodotti, l’assortimento. Deve stimolare nel consumatore l’esigenza di entrare nel punto vendita per verificare il messaggio che la vetrina gli ha comunicato. Nel punto vendita farmacia la vetrina ha sempre avuto una funzione marginale; piena di poster e/o cartelloni a rappresentare la marca, unico elemento distintivo importante per attirare i consumatori in un contesto distributivo indifferenziato, non ha sostenuto il ruolo di suscitare emozioni, di stimolare l’ingresso nel punto vendita. Da qualche tempo le farmacie di alcune aree urbane hanno saputo interpretare il nuovo ruolo della vetrina nella sua funzione primaria. I poster tradizionali e comuni a quasi tutti i punti vendita del settore sono stati sostituiti dalla presentazione di prodotti con temi di fantasia; sono state interpretate le stagionalità dei prodotti (cosmetici, solari, prodotti specifici), le differenti linee commerciali, insieme alle informazioni sul posizionamento dei prodotti stessi. Stimolare l’interesse dei consumatori su determinati prodotti o linee di prodotto diventa l’obiettivo primario del messaggio e della comunicazione; obiettivo secondario è quello di portarli all’interno del punto vendita per verificare il messaggio percepito e completare il percorso d’acquisto.
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23 | ottobre 2016 |
MEDICINA
di STEFANIA CIFANI
Un infarto e poi?
F
armaci trombolitici e procedure di rivascolarizzazione hanno drasticamente migliorato la sopravvivenza all’infarto miocardico, che dal 5 per cento di qualche decina di anni fa raggiunge oggi livelli anche del 20 per cento. Ma un infarto resta un evento devastante, che comporta un cambiamento radicale e definitivo e un difficile ritorno alla quotidianità. Ogni anno in Italia 135.000 persone sono colpite da un evento coronarico, fatale in un caso su tre. Per gli altri , nei mesi che seguono esiste un alto rischio di recidiva. Nei due anni successivi al
primo evento, infatti, il 60 per cento dei pazienti va incontro a un nuovo ricovero, dovuto in un caso su tre a un evento coronarico acuto. Per contenere questo rischio è fondamentale seguire scrupolosamente le terapie farmacologiche prescritte; modificare il proprio stile di vita abbandonando abitudini come fumo, sedentarietà, alimentazione ricca di grassi saturi; e tenere sotto controllo i livelli di pressione arteriosa, glicemia e colesterolo Ldl. È ampiamente dimostrato che quanto minore è il livello di colesterolo Ldl tanto migliore è la prognosi per i pazienti. Il colesterolo Ldl infatti, più denso, si 24 | ottobre 2016 |
accumula nelle pareti dei vasi arteriosi creando placche che ne restringono il lume e che possono rompersi, causando emorragie o la formazione di trombi. Il progetto di prevenzione secondaria “Amico del cuore - Dopo l’infarto il colesterolo conta” promosso dall’Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri (Anmco), Fondazione “Per il tuo cuore” e Conacuore onlus, si rivolge alle persone che abbiano superato un infarto o un episodio ischemico. Il progetto prevede la distribuzione di video e materiali informativi attraverso le Unità di terapia intensiva cardiologica (Utic) e le
MEDICINA
La delicata questione della prevenzione secondaria negli eventi cardiovascolari te per eventi cardiovascolari», afferma Michele Massimo Gulizia, direttore dell’Uoc di Cardiologia all’Ospedale Garibaldi-Nesima di Catania e presidente di Anmco. «Allo stesso tempo ciò consente di tenere sotto controllo gli altri fattori di rischio, dal momento che per ottenerlo è necessario assumere i farmaci regolarmente, seguire una dieta corretta e praticare attività fisica. Noi cardiologi Il progetto consigliamo di asAmico del cuore sumere con coprevede la distribuzione stanza tutte le di video e materiali medicine prescritnelle Unità te, di rivolgersi al di terapia cardiologo o al medico di famiglia intensiva se non si riesce a cardiologica cardiologie italiane, raggiungere il livello e si avvale del sito terapeutico di 70 mg/ www.amicodelcuore.it. dL di colesterolo Ldl, e di condurre una vita sana con parObiettivo 70 ticolare riguardo all’alimentazione (asSe nei soggetti sani il valore soglia per sumendo frutta, verdura e legumi, il colesterolo Ldl è 115 mg/dL, questo riducendo i grassi, mangiando pochissiscende a 100 negli individui ipertesi. mi dolci e bevendo poco alcol)». Per i pazienti infartuati, così come per «Le evidenze», precisa Antonio Amico, i diabetici, il limite è ancora più bas- direttore Uo di Cardiologia-Utic, Ospeso: 70 mg/dL. dale San Giuseppe da Copertino (Co«Oggi sappiamo che mantenere l’Ldl pertino, Lecce), «ci dicono che sotto i 70 mg/dL permette di ridurre riducendo di 39 mg/dL in cinque anni in maniera significativa gli eventi che il colesterolo Ldl è possibile abbassare possono portare a un nuovo infarto, a del 23 per cento il numero di nuovi ischemia cerebrale o addirittura a mor- eventi coronarici maggiori. Se invece il 25 | ottobre 2016 |
target terapeutico non viene raggiunto, abbiamo la certezza che si andrà incontro a un peggioramento della prognosi con un impatto diretto sulla mortalità. Dopo un infarto molti pazienti potrebbero ritenersi “tranquilli” con un livello di colesterolo Ldl intorno a valori di 100 mg/dL, senza avere consapevolezza dell’importanza di scendere al di sotto di 70. In questi casi il trattamento deve essere più aggressivo perché il rischio è molto più elevato e quegli stessi pazienti potranno avere esiti migliori a distanza di anni».
Cure farmacologiche
Al paziente infartuato viene prescritta una terapia standard che prevede anche le statine ad alte dosi, con il compito di inibire la sintesi del colesterolo a livello del fegato. Il trattamento ipolipemizzante può essere tuttavia variato, in base alle caratteristiche del paziente. «Gli scenari sono molteplici», spiega Furio Colivicchi, direttore dell’Uoc di Cardiologia all’Ospedale San Filippo Neri di Roma. «Ci sono i pazienti che tollerano atorvastatina, i pazienti intolleranti per i quali si utilizza ezetimibe, quelli con intolleranza parziale trattati con atorvastatina ed ezetimibe, quelli con insufficienza renale moderata o grave che tendono ad avere un maggior rischio di intolleranza alle statine e che si avvalgono dell’associazione precostituita ezetimibe-simvastatina».
MEDICINA
L’associazione con ezetimibe permette di inibire l’assorbimento di colesterolo anche a livello intestinale; la sinergia tra le due molecole consente un buon controllo del colesterolo Ldl con dosi ridotte di statine, garantendo un migliore profilo di sicurezza e tollerabilità della terapia a lungo termine rispetto a quella con statine ad alte dosi. Uno studio condotto su 18.000 pazienti ha dimostrato che questa combinazione riduce in modo significativo, rispetto alle sole statine, sia gli infarti sia gli ictus ischemici e che quanto più basso è il valore del colesterolo Ldl tanto migliore è la prognosi per i pazienti.
Cattiva aderenza
A un anno dal primo evento il 50 per cento circa dei pazienti ha dimezzato le dosi o sospeso il farmaco, senza aver consultato il medico, mentre solo un paziente su quattro si attiene alle indicazioni ricevute. Quello dell’aderenza alla terapia è un problema rilevante in tutte le malattie croniche, in questo caso complicato da due aspetti. Da un lato, nel 10-20 per cento dei pazienti le statine provocano la comparsa di effetti collaterali, principalmente a carico del sistema muscolare. Dall’altro il difficile ritorno alla normalità per questi pazienti, che nel giro di pochi giorni si ritrovano proiettati in una nuova dimensione con un diverso stile di vita fatto di rinunce e restrizioni. «Allora ci siamo posti il problema: forse non si fa abbastanza?», dice Gulizia. «La risposta è sì: oggi le degenze sono brevi, il turn-over elevato per ridurre gli sprechi, ma il pressing dei pazienti è talmente forte che i medici non hanno il
tempo di fare counselling per spiegare alla persona con infarto che deve continuare a prendere i farmaci prescritti e che il suo colesterolo deve stare basso. Dal canto suo il paziente non ha la percezione del rischio che corre se il colesterolo si innalza; succede, quindi, che già dopo un mese dalla dimissione inizia a non prendere con costanza i farmaci e nel giro di un anno si ritrova nelle stesse condizioni di prima dell’infarto con un rischio aggiuntivo perché adesso è più predisposto ad andare incontro a un secondo evento coronarico acuto». L’iter clinico è infatti molto rapido, anche grazie all’efficienza della rete di emergenza-urgenza presente sul territorio. Con l’accesso in Unità coronarica il paziente viene stabilizzato e inizia immediatamente le terapie, quindi viene sottoposto a coronarografia e poi ad intervento di angioplastica. Il ricovero, tra Unità coronarica e reparto di degenza dura al massimo sette giorni, al termine dei quali il paziente viene dimesso e avviato alla fase di riabilitazione e a un percorso educazionale. Cruciale in tutti questi passaggi la relazione tra medico e paziente, poiché un paziente informato è un malato più consapevole. «La comunicazione ha un’importanza fondamentale. Il paziente che ha avuto un evento coronarico acuto deve essere responsabilizzato a una corretta gestione del dopo infarto e questo può avvenire solo se riceve un’adeguata e completa informazione sulla sua malattia, sulla necessità di modificare il proprio stile di vita e adottare i comportamenti che riducono il rischio di un secondo infarto», spiega Andrea Di Lenarda, direttore S.C. Centro cardiovascolare presso l’Ass 1 di Trieste. 26 | ottobre 2016 |
Al femminile
Complessivamente le donne hanno meno probabilità di avere un infarto miocardico rispetto agli uomini e fino alla comparsa della menopausa si tratta di un evento raro. Ma con la caduta degli estrogeni la situazione cambia e si modifica anche l’assetto lipidico, con un aumento del colesterolo totale e dei valori del colesterolo Ldl. Le donne poi soffrono più spesso di patologie infiammatorie croniche che contribuiscono all’aumento del rischio cardiovascolare. L’infarto è quindi più frequente dopo i 70-75 anni di età e si presenta in una forma clinica diversa rispetto all’uomo. In luogo del tipico dolore toracico possono comparire affanno, stanchezza, palpitazioni, mal di stomaco, per cui in molti casi non viene tempestivamente riconosciuto. Il generale miglioramento della prognosi osservato negli ultimi anni è infatti meno significativo nel genere femminile. «Un altro punto a sfavore delle donne è rappresentato dal periodo post infarto: l’evento acuto si manifesta una decina d’anni più tardi rispetto all’uomo rendendo la prognosi peggiore a causa del quadro biologico più compromesso», precisa Di Lenarda. «Inoltre, poiché l’infarto è più frequente negli uomini, le donne sono poco presenti nei trial clinici e questo fa sì che ci sia una minore conoscenza dell’efficacia delle terapie farmacologiche e delle procedure interventistiche nel genere femminile. Tutto ciò impone che la donna già dalla menopausa si sottoponga a una valutazione globale del rischio cardiovascolare e a un attento controllo dei valori del colesterolo: solo così si aprirà la strada a una prevenzione veramente efficace».
SOCIAL
27 | ottobre 2016 |
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di CORRADO GIUA, docente Master Clinical Pharmacy Università di Milano e Cagliari, e AMBRA PEDRAZZINI, ricercatore della Società italiana farmacia clinica (Sifac)
L’insufficienza venosa
Riconoscerla e prevenirla in farmacia
L’
insufficienza venosa (Iv), conosciuta anche come stasi venosa, è un disturbo circolatorio particolarmente comune e in progressiva crescita. I pazienti colpiti sono circa 20.000.000 in Italia, dei quali un’estesa rappresentanza è appartenente al sesso femminile in un’età compresa tra i quaranta e i cinquant’anni. L’Iv è la rappresentazione clinica della difficoltà del sangue venoso, carico di tossine e scorie, a risalire nel suo percorso centripeto dalla periferia verso il cuore. Tale tragitto è assicurato dalla corretta funzionalità di quattro sistemi che insieme collaborano sinergicamente e separatamente a favorire il deflusso sanguigno. Le valvole a nido di rondine sono particolari tasche endoteliali che impediscono il ritorno del sangue verso la periferia. Il deflusso sanguigno è
inoltre favorito dalla massa muscolare che attraverso la contrazione pompa il sangue verso il cuore. Altri due fattori complementari sono l’elasticità dei vasi sanguigni e la capacità aspirante del cuore. Le interferenze tra questi quattro meccanismi determinano una ridotta funzionalità del sistema, dando luogo a stasi. La stasi venosa crea ipossia a livello capillare con conseguente formazione e aumento di radicali liberi che si concentrano in un’area circoscritta; questo determinerà il reale danno biologico dell’endotelio, con conseguente perdita del tono venoso, infiammazione locale ed edema. I mediatori dell’infiammazione idrolizzano l’elastina e l’acido ialuronico, utile come sostegno e rinforzo per i vasi; questo evento, unito alla diminuzione del tono vasale, porta progressivamente alla formazione delle varici. 29 | ottobre 2016 |
L’approccio clinico
I segni e i sintomi da ricercare per l’inquadramento clinico sono diversi, alcuni facilmente riscontrabili attraverso esame visivo e altri più percettivi e soggettivi. Le manifestazioni facilmente constatabili sono: rilievi venosi in superficie, cavi-
valvole nido di rondine
capacità aspirante del cuore
IV elasticità dei vasi
massa muscolare
FARMACIA CLINICA
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Parametri clinici da indagare per la diagnosi di Iv
• Varici • Rilievi venosi in superficie • Lipodermatoscleresi (cellulite) • Caviglie gonfie • Aumento di volume dell’arto • Edema • Dolore alle gambe • Formicolio • Crampi muscolari • Sensazione di calore agli arti inferiori
glie gonfie, aumento di volume dell’arto, varici, cellulite ed edema. Altri sintomi clinici risultano essere invece meno evidenti e più soggettivi. Tra questi vi sono: sensazione di formicolio, dolore alle gambe, crampi muscolari (soprattutto localizzati al livello del polpaccio), sensazione di calore alle gambe. Dato che si tratta di parametri poco evidenti, la loro presenza può essere constatata solo attraverso il colloquio con il paziente, con la formulazione di alcune domande. In base alla gravità del quadro clinico riscontrato sarà possibile classificare l’Iv nella propria categoria di appartenenza ed escludere, o intercettare, l’eventuale presenza di red flag. Le condizioni di allarme, per le quali sarà opportuno l’invio del paziente al medico, sono rappresentate da sintomi di tromboflebite e dalle ulcere venose. La tromboflebite è un’infiammazione con conseguente formazione di uno o più trombi a livello di una vena. I sintomi più evidenti sono rappresentati da un forte dolore pulsante, senso di calore e gonfiore. A causa della condizione flogistica può essere accompagnata da febbre. Le ulcere venose sono spesso localizzate a livello malleolare e sono facilmente riconoscibili. Data la vasta e
Come classificare l’insufficienza venosa Classe 0/1
Assenza di segni visibili di malattia venosa
Classe 2
Presenza di varici senza edema o alterazioni cutanee
Classe 3
Edema con o senza varici e senza alterazioni cutanee
Classe 4/5/6
Alterazioni cutanee suggestive di malattia venosa, incluse ulcere guarite o aperte, con o senza edema o varici
crescente diffusione dell’Iv nella popolazione è importante indagare sui numerosi fattori di rischio che contribuiscono alla genesi di questa spiacevole condizione, al fine di scongiurarne quanto più possibile la comparsa. Tra le donne è molto frequente riscontrare casi di debolezza vascolare di origine congenita. Tale condizione si manifesta clinicamente in circostanze particolari quali a seguito di un’intensa attività fisica o di una modifica dell’abituale peso corporeo. Anche alcuni fattori ormonali vengono ritenuti responsabili della stasi venosa. L’uso di contraccettivi è stato per molto tempo oggetto di discussione, in quanto si ritiene che esista una correlazione tra debolezza capillare ed estrogeni; motivo per il quale è sconsigliato l’uso delle pillole anticoncezionali nelle donne con predisposizione all’Iv, fumatrici e sopra i 35 anni di età (altri due fattori predisponenti alla ridotta circolazione venosa). Anche la gravidanza, la menopausa e il ciclo mestruale, a causa della fluttuante concentrazione sanguigna di progesterone ed estrogeni, possono favorire la comparsa dell’Iv. Oltre a fattori predisponenti intrinseci, e quindi non modificabili per definizione, vi sono alcune errate abitudini che possono essere corrette al fine di evitare la comparsa della stasi venosa. Sarebbe per tanto opportuno evitare per lungo tempo la medesima posizione (seduti o in piedi), condizione purtroppo frequen30 | ottobre 2016 |
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te nell’ambito lavorativo. È inoltre consigliabile: praticare un’attività fisica regolare per favorire la circolazione e ridurre il rischio di condizioni quali sovrappeso e obesità che aumentano il carico pressorio sulle vene; utilizzare scarpe comode che favoriscono il percorso centripeto del sangue dalla periferia; evitare temperature elevate esponendosi al sole nelle ore più calde. Infine le donne predisposte dovrebbero prediligere la depilazione a freddo rispetto a quella a caldo che potrebbe dare luogo a uno shock termico.
Trattamento e prevenzione
Nell’ambito del trattamento dell’insufficienza venosa le piante medicinali offrono il più vasto e valido armamentario, sia nella prevenzione sia nella risoluzione della sintomatologia. Non è un caso che la maggior parte dei medicinali pre-
Fattori di rischio e abitudini scorrette da indagare tabella durante il colloquio • Predisposizione genetica • Fattori ormonali • Gravidanza • Mantenere la stessa posizione per ore (stare fermi o seduti) • Ridotta attività fisica (sovrappeso e obesità) • Scarpe non adatte • Esposizione al sole nelle ore più calde • Depilazione a caldo
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NUTRIZIONE
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FARMACIA CLINICA
tabella
tabella
4
Principali fitocomplessi per il trattamento delle flebopatie Nomi Attività prevalente Ruscus aculeatus
Vasocostrittiva
Aesculus hyppocastanum
Antiedema
Centella asiatica
Cicatrizzante
Ginkgo biloba
Antiaggregante
Vitis vinifera
Fleboprotettrice
Hamamelis virginiana
Vasotonica
Vaccinium myrtillus
Capillarotropa
tabella
6
senti in commercio contenga principi attivi di derivazione vegetale. Tali sostanze naturali vantano prevalentemente un’azione antiossidante che riduce la permeabilità vasale e la conseguente fragilità capillare. Inoltre,
Terapia compressiva con calze TIPO
GRADO COMPRESSIONE
INDICAZIONE
Elastiche
< 6 mmHg
Stessa funzione di una calza normale
Riposanti
6-20 mmHg
Prevenzione soggetti a rischio Gravidanza (18-21 mmHg)
Terapeutiche
24-57 mmHg
IVC
la schermatura contro i radicali liberi previene la liberazione dei mediatori dell’infiammazione, autentici responsabili del danno vasale. Nella fase iniziale del disturbo è possibile stimolare la circolazione degli arti inferiori ricorrendo a piante definite vasoattive, flebotoniche, le quali agiscono sulla microcircolazione rinforzando i capillari venosi. La tipologia delle forme con cui intervenire varia secondo i casi da risolvere. La strategia più efficace per affrontare l’insorgere e il progredire della patologia venosa è data
Efficaci consigli per il paziente
Sì a:
No a:
Scarpe comode, a pianta larga, con tacco di 3-4 cm. Calze elastiche contenitive. Abiti ampi, pantaloni che non stringano.
Vita troppo sedentaria, ma anche esercizio fisico troppo intenso (che può causare rottura di capillari o emorroidi). Stare a lungo in piedi senza camminare: l’ortostatismo accentua il peso che grava sui vasi venosi.
Ambienti freschi e ventilati, soprattutto nella stagione calda. In spiaggia: utile rinfrescare spesso le gambe con le nuotate o passeggiando sulla battigia.
Stare a lungo seduti con le gambe accavallate.
Riduzione del peso qualora si avessero dei chili in eccesso. Abbondante assunzione di fibre per combattere la stitichezza.
Alimenti elaborati, ricchi in grassi di origine animale. Eccessivo uso di sale.
Abbondante assunzione di liquidi: acqua, spremute, tisane.
Eccessivo consumo di bevande alcoliche e di bibite gassate.
Dieta ricca di frutta e verdure fresche. Eventuale supplemento di vitamina C. Cibi meglio se poco salati.
Soprappeso e obesità, specie se associati a elevati livelli di grassi nel sangue (colesterolo e trigliceridi) e a ipertensione.
Tenere sollevati gli arti quando si sta seduti.
Eccessiva permanenza a elevate temperature ambientali. In spiaggia: è sconsigliato stazionare a lungo immobili sotto il sole.
Moderata attività fisica, soprattutto camminate: la contrazione alternata dei muscoli flessori ed estensori della gamba facilita il ritorno venoso al cuore. Sono sufficienti 20 minuti di passeggiata al dì
Tacchi eccessivamente alti. Biancheria intima con elastici troppo stretti. Indumenti attillati che stringono la vita e i fianchi.
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dall’azione combinata tra la terapia orale e quella ad applicazione topica. Attraverso la terapia orale si garantisce un’azione globale sui quattro sistemi portanti che regolano la funzionalità venosa; grazie ai trattamenti topici regolari si va a promuovere un’azione locale concentrata sulla tipologia del disturbo rilevato. Al successo terapeutico contribuisce anche la messa in pratica di alcuni espedienti. Tra gli accorgimenti da adottare vi è la terapia compressiva, consigliabile in tutte le fasi dell’Iv. Questa prevede l’uso di calze elastiche, studiate per assicurare una compressione graduale, dal basso verso l’alto, contrastando dall’esterno l’aumento di pressione interna. La soglia minima che distingue una calza “preventiva” da una con funzione prettamente estetica è fissata al valore di 6 mmHg. In linea generale si può assumere che le calze da riposo o preventive esercitano una forza di compressione alla caviglia sempre inferiore a 20 mmHg e una pressione a livello della coscia pari al 70 per cento rispetto a quella della caviglia. Le calze terapeutiche, viceversa, assicurano una compressione alla caviglia superiore ai 20 mmHg. Molto utili infine alcuni semplici consigli che il farmacista può fornire: attraverso il riconoscimento e il trattamento tempestivo dell’insufficienza venosa e tramite l’adozione dei diversi espedienti disponibili sarà possibile per il farmacista offrire un reale contributo per combattere questo spiacevole disturbo e dare in tutti i sensi sollievo ai propri pazienti.
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FARMACOLOGIA
di CARLA CARNOVALE, Servizio di Farmacovigilanza, Uo Farmacologia Clinica, Ospedale Sacco-Polo universitario, Asst Fatebenefratelli-Sacco, Milano
L’approccio in gravidanza I rischi connessi all’esposizione a farmaci contenenti valproato
L’
approccio farmacologico in gravidanza costituisce una tematica estremamente delicata che sottopone costantemente tutti gli operatori sanitari coinvolti sia nella prescrizione sia nella dispensazione dei farmaci a continui e specifici aggiornamenti, con lo scopo di tutelare lo stato di salute della madre, requisito indispensabile per un regolare sviluppo del feto. Soprattutto in caso di condizioni patologiche croniche che comportano una necessaria esposizione ai farmaci e impongono un attento controllo delle pazienti, è fondamentale disporre di informazioni utili per la gestione farmacologica, al fine di soppesare razionalmente e sulla base di evidenze scientifiche concrete il profilo rischio/ beneficio di un farmaco rispetto a un’altra opzione terapeutica.
Proprio a tale scopo l’Agenzia europea dei medicinali (Ema) in stretta collaborazione con gli organi competenti nazionali sostiene un’intensa attività di divulgazione e condivisione di preziose indicazioni e materiali informativi rivolti a tutto il personale sanitario che è direttamente e indirettamente coinvolto nella gestione farmacologica delle donne in gravidanza. Nel gennaio 2015, per la prima volta, il Comitato di valutazione dei rischi per la farmacovigilanza dell’Ema (Prac) ha provveduto a distribuire tale materiale educazionale come parte integrante del piano di minimizzazione del rischio approvato a livello europeo con il fine di supportare gli operatori sanitari nella comunicazione del rischio alle pazienti e nella consulenza specialistica in caso di pianificazione di una gravidanza. 35 | ottobre 2016 |
Nota informativa
Recenti studi in merito indicano che il 10 per cento di tutti i difetti di nascita sono causati da una esposizione prenatale a un agente teratogeno. Le molteplici cause sono prevalentemente ascrivibili all’assunzione di alcuni farmaci, infezioni materne ed esposizioni ambientali e occupazionali. Si stima inoltre che circa il 50 per cento delle donne in gravidanza siano state esposte ad almeno un farmaco teratogeno durante il periodo di gestazione, con il conseguente aumento del rischio di insorgenza di danni fetali, potenzialmente prevenibili. Il contributo farmacologico all’anomalo sviluppo embrionale e fetale è particolarmente significativo in caso di pazienti sottoposte a regimi terapeutici e schemi posologici complessi che prevedono l’assunzione di farmaci quali car-
FARMACOLOGIA
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bamazepina, fenitoina, fenobarbital e in particolar modo valproato, in grado di provocare un incremento percentuale delle malformazioni legate alla mancata chiusura del tubo neurale. Proprio di recente (maggio 2016), l’Ema in collaborazione con l’Aifa e in accordo con i titolari dell’Autorizzazione all’immissione in commercio dei medicinali contenente valproato, ha emanato una Nota informativa con l’intento di fornire e rafforzare le avvertenze relative ai rischi connessi all’esposizione al farmaco in gravidanza e hanno inoltre promosso la distribuzione di nuovi materiali educazionali rivolti sia agli operatori sanitari che alle pazienti (Carta per il paziente), con l’intento di migliorare la conoscenza e la consapevolezza del conseguente rischio di insorgenza di disordini dello sviluppo e malformazioni congenite e condividere le corrette informazioni direttamente con le pazienti di sesso femminile direttamente coinvolte (bambine, adolescenti e donne in età fertile o in gravidanza) (box 1).
Dati clinici a supporto
Recenti studi in cui sono state arruolate donne esposte al farmaco durante la gravidanza hanno riportano un’incidenza di malformazioni congenite in un range compreso tra il 6 e il 18 per cento dei nati esposti; il rischio malformativo si è rivelato dose (>7001000 mg/die) e tempo dipendente. Tale rischio può aumentare fino al 30 per cento nel caso in cui il farmaco venga assunto in combinazione con altri agenti anticonvulsivanti. Gli studi su bambini in età prescolare esposti al valproato in utero (secondoterzo trimestre di gravidanza) hanno inoltre evidenziato che circa il 30-40 per cento manifesta in seguito ritardi dello
Valproato e rischio di esiti anomali della gravidanza: punti chiave
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I bambini esposti al valproato in utero sono ad alto rischio di gravi disordini dello sviluppo (30-40 per cento dei casi) e/o di malformazioni congenite (in circa il 10 per cento dei casi). Il valproato può essere prescritto alle bambine, alle adolescenti, alle donne in età fertile o in gravidanza solo se altri trattamenti hanno dimostrato di essere inefficaci o non tollerati. Il trattamento con valproato deve essere iniziato e supervisionato da un medico esperto nella gestione dell’epilessia o dei disturbi bipolari. È necessario valutare attentamente i benefici del trattamento con valproato rispetto ai possibili rischi quando si prescrive il valproato per la prima volta, in età puberale e quando le donne pianificano una gravidanza. È necessario garantire che tutte le pazienti di sesso femminile siano informate e abbiano compreso i rischi associati all’uso del valproato in gravidanza; la necessità di adottare un metodo contraccettivo efficace; di sottoporsi a un controllo regolare del trattamento e a una consulenza immediata in caso di pianificazione di una gravidanza o in caso di gravidanza.
sviluppo precoce tra cui problemi nel parlare e/o camminare, capacità intellettive basse, difficoltà del linguaggio e problemi di memoria. In uno studio clinico su bambini di sei anni con storia di esposizione al valproato in utero, la misurazione del quoziente intellettivo si è difatti rivelata più bassa di 7-10 punti rispetto a quella dei bambini esposti ad altri agenti antiepilettici. È stato inoltre osservato un aumentato rischio di sviluppare nell’infanzia: disturbi dello spettro autistico tre volte maggiore rispetto nella popolazione generale); autismo (cinque volte maggiore); disturbo da deficit di attenzione/ iperattività (Adhd). A causa dei molteplici rischi sopra esposti, le Agenzie regolatorie del farmaco hanno ribadito chiaramente che l’utilizzo del valproato per il trattamento dell’epilessia o del disturbo bipolare durante l’età puberale, la gravidanza e in donne in procinto di pianificarne una è da prendere in considerazione solo se strettamente necessario (solo in situa36 | ottobre 2016 |
zioni in cui gli altri trattamenti sono risultati inefficaci o non tollerati) e solo dopo aver valutato attentamente i benefici contro i possibili rischi. In caso di necessaria esposizione al farmaco in donne in età fertile che non stanno pianificando una gravidanza, è essenziale adottare un metodo contraccettivo efficace per tutto il trattamento e informare adeguatamente la paziente su tutti i rischi a cui potrebbe essere esposto il feto. La disponibilità di molecole sul mercato con una pari efficacia dimostrata e indicazioni sovrapponibili a quella del valproato consente (nella maggior parte dei casi) di optare per una più valida alternativa antiepilettica per ridurre il rischio teratogeno.
L’utilizzo del valproato
Potrebbero tuttavia esistere condizioni in cui si renda necessario proseguire il trattamento con valproato anche durante la gravidanza; in questi casi gli
NUTRIZIONE
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FARMACOLOGIA
operatori sanitari coinvolti dovranno garantire la messa in atto di opportune misure precauzionali, necessarie per minimizzare il rischio di effetti avversi fetali. L’atteggiamento cautelativo comporta l’adozione del dosaggio minimo efficace del farmaco, la suddivisione della dose giornaliera in diverse piccole dosi da assumere durante il giorno e la scelta di una formulazione a rilascio prolungato, da preferire ad altre forme di trattamento. La paziente dovrà inoltre sottoporsi a un monitoraggio prenatale specialistico al fine di controllare lo sviluppo del feto, compresa la possibilità di difetti del tubo neurale e di altre malformazioni. Il valproato interferisce con il metabolismo dei folati; di conseguenza, in caso di assunzione è indicata una adeguata supplementazione di acido folico (4-5 mg/die) sia in epoca pre-concezionale (2-3 mesi) che durante la gravidanza, al fine di ridurre il rischio di difetti del tubo neurale. Tuttavia, è bene sottolineare che le attuali evidenze disponibili non indicano che l’assunzione di folati
possa giocare un ruolo determinante nella prevenzione dei difetti congeniti/ malformazioni indotti dall’esposizione al valproato. Il valproato è parzialmente escreto nel latte materno, tuttavia, nonostante i dati in merito siano a oggi purtroppo limitati, l’allattamento al seno durante la terapia materna con l’agente anticonvulsivante è stata definita compatibile (box 2). Nell’ottica di incentivare la rilevazione dei segnali di sospette Reazioni avverse al farmaco (Adrs) e al fine di stimolare la partecipazione di pazienti e operatori sanitari all’attività di reporting, l’Unione europea (in ottemperanza con le disposizione previste dalla Normativa di Farmacovigilanza) ha introdotto una nuova procedura per contrassegnare i medicinali che sono oggetto di uno stretto e specifico monitoraggio da parte delle agenzie regolatorie e che rientrano nella denominazione di «medicinali sottoposti a monitoraggio addizionale». Si tratta in particolar modo di farmaci contenenti nuovi principi attivi autorizzati in Europa dopo il primo gennaio
2011; medicinali biologici e biosimilari; farmaci soggetti a studi sulla sicurezza dopo la concessione dell’Aic (risultati sull’uso a lungo termine o su reazioni avverse rare riscontrate nel corso della sperimentazione clinica) e prodotti la cui autorizzazione è subordinata a particolari condizioni o autorizzati in circostanze eccezionali. Questi medicinali vengono identificati da un simbolo nero, un triangolo equilatero rovesciato, riportato nei fogli illustrativi e nei Riassunti delle caratteristiche del prodotto insieme a una dicitura standard per informare pazienti e operatori sanitari che il farmaco in questione rientra in una delle categorie sopra citate. Tutti i medicinali contenenti valproato sono sottoposti a questo tipo di monitoraggio addizionale, al fine di sostenere un’intensa attività di segnalazione delle possibili Adrs rilevate dagli operatori sanitari e i pazienti, promuovere una rapida identificazione delle nuove informazioni sul profilo di sicurezza del farmaco e garantire che i benefici siano sempre superiori ai rischi.
Allattamento al seno durante la terapia materna con valproato L’allattamento e l’assorbimento attraverso il latte del valproato assunto dalla madre non costituisce un pericolo per il neonato poiché il farmaco è scarsamente escreto nel latte materno; la quantità assunta è difatti estremamente modesta e in ogni caso inferiore a quella assunta per via transplacentare. L’allattamento al seno durante la terapia materna con valproato in monoterapia, è pertanto definito dal Working Group on Drugs and Human Lactation americano «compatibile». Tuttavia è bene ricordare che sebbene non vi siano particolari controindicazioni, si possono manifestare nel neonato ipotonia, eccitabilità, petecchie e trombocitopenia. È pertanto indicato un accurato monitoraggio pediatrico per la valutazione degli enzimi epatici, tempo di coagulazione, numero piastrine e controllo della concentrazione del farmaco nel siero.
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NUTRIZIONE
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LEGALE
a cura dello studio dell’avvocato BRUNO RICCARDO NICOLOSO Firenze-Roma (b.r.nicoloso@tin.it)
Il farmacista socio e dipendente
C
i si chiede se il farmacista dipendente di una farmacia privata possa acquisire una quota della società in accomandita semplice che ne sia titolare ove presti la sua attività di lavoro subordinato, assumendo la qualifica di socio accomandante, ma mantenendo la sua posizione di farmacista dipendente della società speziale, se pure una tale posizione appaia critica nelle logiche della farmacia espresse nella formella di Andrea Pisano (nel Campanile di Giotto). La normativa farmaceutica che ha introdotto anche la forma societaria per l’esercizio (in forma concessoria) di una farmacia privata e la sua gestione economica (articolo 7, Legge n. 362/1991) si riferisce a una «società di persone» (articolo 7, comma 1), meglio a una «società di farmacisti iscritti all’Albo della provincia in cui ha sede la società, in possesso del requisito idoneità previsto dall’articolo 12 della Legge 2 aprile 1968, n. 475 e successive modificazioni» (articolo 7, comma 2) e al fatto che «la direzione della farmacia gestita dalla società è affidata a uno dei soci che ne è responsabile» (articolo 7, comma 3), il quale può essere «sostituito temporaneamente da un altro socio» (articolo 7, comma 4). Il che non esclude che una società speziale, titolare del diritto d’esercizio di una farmacia privata, possa assumere la forma di una società in accomandita semplice.
Il collaboratore può essere socio della società speziale
Detta società speziale (così chiamata anche in giurisprudenza: Consiglio di Stato, 20 novembre 2013, n. 5486), pur non essendo dotata di personalità giuridica, ha una sua soggettività societaria (Cassazione Civile, 17 gennaio 2007, n. 1045) ed è considerata un soggetto di diritti (Cassazione Civile, 18 gennaio 2009, n. 816), così da poter essere destinataria del provvedimento amministra41 | ottobre 2016 |
tivo che consente l’esercizio della farmacia (articolo 7 comma 1, Legge n. 362/1991) e la relativa gestione (articolo 11, comma 1, Legge n. 362/1991), così da costituire un centro di imputazione di situazioni giuridiche distinte da quelle delle persone dei soci (Consiglio di Stato, 7 settembre 2015, n. 4128). In tale società speziale i farmacisti, soci accomandatari, sono gli amministratori
LEGALE
della società e rispondono sussidiariamente (per il benificium escussionis: articolo 2315, Co dice Civile) e illimitatamente per le obbligazioni sociali (articolo 2318, Codice Civile), mentre i farmacisti, soci accomandanti, rispondono per tali obbligazioni limitatamente alla quota conferita (articolo 2313, Codice Civile), ma non possono agire in nome della società (se non in forza di procura speciale per la conclusione di singoli affari: Cassazione Civile, 25 settembre 2006, n. 20756) e, se lo fanno, assumono una responsabilità illimitata e solidale nei confronti dei terzi (articolo 2320, Codice Civile). Tutto questo crea una evidente disparità di trattamento giuridico nella condizione dei farmacisti soci di tale società speziale, così che la scelta di una tale tipologia societaria rimane privilegiata solo nel caso in cui non venga postulata una pariteticità non solo capitaria ma anche funzionale tra i soci che ne formano la compagine: ciò in quanto i farmacisti, soci accomandanti, possono prestare la loro opera professionale sotto la direzione, meglio sotto il controllo gerarchico dei farmacisti, soci accomandatari, muniti di poteri di supremazia in un formale rapporto di lavoro subordinato, ma sempre che la loro prestazione lavorativa non integri un conferimento nel contratto sociale (Cassazione Civile, 16 novembre 2010, n. 23129) e, se l’atto costitutivo della società lo consenta, possono dare il loro contributo a determinate operazioni societarie (articolo 2320, comma 2, Codice Civile). Tenuto peraltro conto che l’amministrazione della società speziale è affidata ai farmacisti, soci accomandatari, che ne hanno anche la rappresentanza (articolo 2318, Codice Civile) si ritiene coeren-
te con la normativa farmaceutica che la responsabilità dalla società speziale costituita in forma di accomandita semplice venga affidata a un solo farmacista, socio accomandatario, e coincida con il farmacista, socio direttore tecnico-professionale della farmacia (articolo 7, comma 3, Legge n. 362/1991), ma non può essere escluso (almeno in via teorica) che tale direzione venga affidata anche a più soci accomandatari ovvero a uno dei soci accomandanti, sempre che ciò sia por-
tato a conoscenza di terzi, i quali potrebbero fare affidamento sui poteri anche gestionali del socio direttore (non accomandatario) e sulla conseguente rappresentanza della società (articolo 2266, Codice Civile), se pure si potrebbe dubitare che questo non possa comportare al farmacista, socio accomandante, le responsabilità del farmacista, socio accomandatario (articolo 2320, comma 1, Codice Civile) con l’assunzione di ogni conseguente responsabilità.
La Corte europea definisce il medicinale galenico La Corte di giustizia dell’Unione europea, giudice degli interessi dell’homo faber in termini di tutela della concorrenza, pur deteriori rispetto ai diritti dell’homo liber in termini di tutela della salute, ha definito l’ambito di legittimità dell’allestimento delle preparazioni galeniche in farmacia, con la decisione 16 luglio 2015 C-544/13 e C-545/13 AbicuAB, secondo cui: «I medicinali per uso umano dispensati su prescrizione medica e non provvisti di un’autorizzazione di immissione in commercio concessa dalle competenti autorità di uno Stato membro ovvero in applicazione del regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali, ricadono nella sfera di applicazione della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, come modificata dalla direttiva 2004/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, per effetto dell’articolo 2, paragrafo 1, di quest’ultima, laddove siano prodotti industrialmente ovvero fabbricati in base a un metodo in cui intervenga un processo industriale. Tali medicinali possono beneficiare della deroga prevista dall’articolo 3, punto 1, di detta direttiva, come modificata, solamente qualora siano stati preparati in base a una prescrizione medica redatta anteriormente alla loro preparazione, che deve essere specificamente realizzata per un paziente previamente identificato. Tali medicinali possono beneficiare della deroga prevista all’articolo 3, punto 2, della direttiva 2001/83, come modificata dalla direttiva 2004/27, solamente laddove siano stati forniti direttamente dalla farmacia che li ha preparati ai pazienti che di detta farmacia si servano». Vale ovviamente in diritto interno la previsione di cui all’articolo 5 della Legge n. 94/1998, che costituisce una vera e propria chiave di volta in materia di prescrizione e allestimento delle preparazioni galeniche nelle farmacie italiane (che pure debbono osservare le disposizioni dell’articolo 68 del Decreto legislativo n. 30/2005 come sostituito dall’articolo 131/2010 sulla proprietà industriale e dell’articolo 154 del Decreto legislativo n. 219/2006 sulla farmacovigilanza).
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La vending machine: il “testimone muto”
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U
n tanto promettente, quanto semisconosciuto gruppo “indie” bolognese, i My Awesome Mixtape, nel 2010 ha pubblicato un brano intitolato Me and the washing machine (per chi volesse ascoltarlo: https://open.spotify.com/ track/3P9f9Cx1cX8AxutvtSxez3) che descrive una vicenda che si svolge in
una lavanderia automatica, davanti alla “washing machine”, muto testimone. Anche la “vending machine” (il distributore automatico) è spesso un “testimone muto”: non solo degli acquisti di chi a essa si avvicina magari a tarda notte durante l’orario di chiusura, ma anche della “onestà fiscale” del suo titolare. Se qualche lettore si stupisse della 45 | ottobre 2016 |
personificazione di un oggetto inanimato, ricordiamo che analogo espediente retorico veniva impiegato per definire la slot machine un one-arm bandit (rapinatore con un braccio solo). Come noto, infatti, sino a oggi erano esonerate dall’obbligo della fatturazione tutte le cessioni di beni effettuate mediante apparecchi di distribuzione automatica, ai sensi dell’art. 22, comma 1, n. 2), dpr 633/72. In relazione a tale fattispecie, è opportuno precisare che i rapporti giuridici intercorrenti tra il fornitore dei beni e l’impresa nei cui locali sono posti gli apparecchi possono atteggiarsi in diversi modi. In molti casi, soprattutto per gli apparecchi per la somministrazione di alimenti e bevande, l’impresa “gestore” colloca gli apparecchi automatici nei locali di un’altra impresa ospitante (per esempio, le macchine automatiche ai binari della stazione) e provvede autonomamente alla gestione del servizio (caricamento delle macchine, manutenzione) e alla riscossione dei proventi. In tal caso esiste un rapporto diretto tra gestore delle macchine e clienti finali, senza alcun coinvolgimento dell’impresa “ospitante” che si limita a lasciar collocare presso i propri locali la “vending machine”. Ben diverso è il caso, tipicamente presente in farmacia, in cui il titolare gestisce in proprio le vendite delle macchine automatiche, acquistando in proprio i
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prodotti caricati nella macchina e incassando i proventi di vendita. In tutti i casi, la legge prevede(va) l’esonero dall’obbligo di fatturazione delle cessioni di beni effettuate per il tramite apparecchi automatici nei confronti del consumatore finale. L’art. 2, comma 1, lett. g), d.P.R. n. 696/1996 prevede(va), peraltro, che le cessioni e le prestazioni effettuate mediante apparecchi automatici, funzionanti a gettone o a moneta non sono (fossero) nemmeno soggette all’obbligo di certificazione mediante rilascio di scontrino o ricevuta fiscale Fino a oggi, quindi, il distributore automatico installato fuori dalla farmacia non è (era) collegato al misuratore fiscale e non rilascia(va) documenti fiscali all’acquirente: la vending machine è l’unico “muto testimone” della vendita. Il farmacista periodicamente “scarica” la cassa del distributore per accertare l’ammontare delle vendite effettuate; anche in questo caso, l’entità degli importi che il farmacista ha trovato restano un segreto noto solo al titolare e al distributore, che ne resta l’unico, omertoso testimone. Il farmacista a questo punto dovrebbe, con cadenza periodica (settimanale, quindicinale o mensile), contabilizzare l’incasso tra i corrispettivi e inserirne l’importo nella liquidazione dell’Iva: in questo modo i ricavi delle farmacie e il suo imponibile Iva vengono allineati all’effettivo risultato ottenuto dalle vendite tramite distributore.
Il distributore che “canta”
Talvolta, però, accade che un titolare distratto dimentichi di registrare tali vendite: vuoi perché trattandosi di importi modesti ci si dimentica di verificare con regolarità l’incasso, vuoi
perché qualche farmacista fa affidamento sulla fedeltà omertosa del distributore che non conserva traccia dell’incasso. Se tali ricavi sfuggono alla contabilizzazione, come può il fisco ricostruirli in caso di verifica? Una prima modalità è quella di esaminare gli acquisti dei prodotti tipicamente inseriti nel distributore, anche attraverso i dati del gestionale, e verificare i ricarichi medi per controllare se i ricavi totali sono congrui rispetto agli acquisti. È un metodo laborioso e poco efficace vista l’esiguità media di simili proventi. Un altro sistema è quello di costringere il farmacista a indicare separatamente, nel modello degli studi di settore, il numero dei distributori automatici installati e l’importo delle relative vendite; ma anche questo ha un’efficacia limitata, perché i dati così indicati sono sempre difficilmente verificabili. Ecco allora che il fisco ha capito che l’unico sistema efficace per venire a conoscenza della realtà dei fatti è spezzare l’omertà del nostro testimone muto, costringendo il distributore a “cantare”. Cosa che l’Agenzia delle entrate si prefigge di fare, imponendo, dal 2017, a tutti i distributori automatici l’invio telematico delle registrazioni degli incassi. Chiaramente questo provvedimento, mirato a colpire possibili sacche di evasione realizzate dalle grandi imprese che operano attraverso vere e proprie reti di vending machine, appare del tutto ridondante e ultroneo per la farmacia, che - studi di settore alla mano - possiede mediamente un solo distributore automatico e ne ricava proventi assai modesti. Ecco perché, comprensibilmente, Federfarma ha in46 | ottobre 2016 |
Studi di settore alla mano, la farmacia possiede mediamente un solo distributore automatico e ne ricava proventi assai modesti
gaggiato una vera e propria campagna per cercare di ottenere l’esonero delle farmacie dalle nuove disposizioni che impongono l’installazione di distributori automatici “cantanti”.
Quale impatto sul settore?
Ma qual è la vera dimensione del fenomeno? E quale il potenziale impatto delle nuove norme sulle farmacie? Come è nostra tradizione, partiamo dall’esame dei dati: su un campione di 204 farmacie, il 61 per cento possiede un distributore automatico, che può essere a un solo canale (il classico distributore di profilattici), o a più canali per dispensare “H24” prodotti di varia natura. Quindi anzitutto abbiamo verificato che sicuramente più della metà delle farmacie sarà interessata dalle nuove disposizioni. Ma quali sono i volumi di questo mercato in farmacia? Non essendo previsto, come abbiamo già ricordato, l’obbligo di emettere lo scontrino per tale tipologia di vendite, come fonte statistica abbiamo utilizzato - sul medesimo campione di 204 farmacie - il rigo D48 degli studi di settore relativi all’esercizio 2015, recante l’ammontare in euro delle vendite di prodotti effettuate attraverso distributori automatici. Tale dato, non ricavabile direttamente dalla contabilità (eccettuati alcuni casi di meritevole diligenza da parte del farmacista che registra giorno per giorno gli incassi), viene compilato dal fiscalista incaricato di elaborare gli studi di settore sulla base delle indicazioni che lo stesso cliente fornisce: va quindi maneggiato con cura perché potrebbe
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contenere qualche distorsione o imprecisione. I risultati ottenuti mostrano ovviamente i valori più disparati, come si evince dal grafico a dispersione (figura 1) ma, elaborando un dato medio (pur tenendo presente il caveat di Trilussa), si ottiene la cifra di 1.980,00 euro su base annua corrispondente a circa 165,00 euro su base mensile. Dal 2017, per questi 165 euro mensili, il farmacista dovrà sottostare a un complicato processo di informatizzazione che imporrà la trasmissione telematica al fisco dei propri incassi tramite distributore.
(distributori automatici), che così con ossequio all’anglismo imperante ve n g o n o d e f i n i t e p r o p r i o d a l provvedimento emanato dall’Agenzia delle entrate il 30 giugno 2016. Vending Machine: macchinario che eroga prodotti e servizi su richiesta dell’utente, previo pagamento mediante uno o più periferiche di pagamento. La Vending Machine è composta da: periferica di pagamento: periferica della che gestisce monete e/o banconote e/o transponder (“chiavette”) e/o carte di debito/credito e/o sistemi di pagamento contactless; sistema master (anche solo Master o S.M.): componente (scheda elettronica dotata di CPU) capace di raccogliere i dati dal le singole periferiche di pagamento, memorizzarli e di trasmetterli/comunicarli ad altri apparati; distributore (D.A.): erogatore dei prodotti selezionati collegabile al Sistema master.
Un sistema più equo?
Tutto origina dalla legge delega 23/2014 “contenente disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita” e passa per il decreto attuativo DLgs 127/2015 che, all’art. 2 comma 2, prevede uno specifico regime obbligatorio in riferimento alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate tramite distributori automatici e impone, dapprima mediante una fase transitoria, la fiscalizzazione delle vending machine figura
1
€ 14.000,00
Incassi annui distributori automatici
€ 12.000,00 € 10.000,00 € 8.000,00 € 6.000,00 € 4.000,00 € 2.000,00 €-
0
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Fonte: elaborazione dati Studio Guandalini – G.M. System 2000 S.r.l.
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In buona sostanza il decreto legislativo dello scorso anno impone che, a decorrere dal 1 gennaio 2017, i soggetti passivi che effettuano cessioni di beni o servizi tramite l’ausilio di distributori automatici, avranno l’obbligo di memorizzare e trasmettere telematicamente i dati dei corrispettivi con le modalità previste dal recente provvedimento dell’Agenzia delle entrate, datato 30 giugno 2016. Vi sono anche disposizioni e specifiche riguardanti la “fase transitoria”, che va dal 1 gennaio 2017 al 31 dicembre 2022. Tale fase ha il fine di non imporre tout court la sostituzione delle macchine per adeguarle alla normativa, ma consente di adempiere con una soluzione meno impattante almeno dal punto di vista economico. La scelta appare condivisibile, considerato che il prezzo di un distributore automatico, pure estremamente variabile in base alle caratteristiche tecniche della macchina, nel campione oggetto delle nostre analisi nel 2015 è risultato in media di 6.300,00 euro, quindi chiaramente non trascurabile per le tasche dei farmacisti. Per rendere un’idea più completa, precisiamo che i valori che portano a tale media nel campione oscillavano, per l’anno 2015, tra un massimo di 8.500 euro e un minimo di 3.950. Ma veniamo agli aspetti operativi: a partire dal prossimo anno, chi è in possesso di una vending machine dovrà procedere alle seguenti operazioni: 1. Accreditamento. Si tratta della prima fase in cui la farmacia, tramite apposita procedura on line che sarà disponibile sul sito dell’Agenzia delle entrate, dovrà accreditarsi al fine di poter eseguire le operazioni successive. La data di avvio deve ancora essere pubblicata.
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Una seccatura che, per quanto graduale, sarà comunque laboriosa. Ben venga dunque, se Federfarma ci riuscirà, una deroga per le farmacie
2. Censimento. La farmacia, sempre attraverso procedura disponibile sul sito web dell’Agenzia, dovrà comunicare i propri dati (denominazione, domicilio fiscale, p.Iva) e i dati del “sistema master” (matricola, geo-localizzazione della macchina, tipologia di merce venduta, modalità di comunicazione).
Il censimento si conclude con la generazione di un Qrcode per ciascun sistema master, di cui forniamo l’esempio pubblicato nel provvedimento dell’Agenzia delle entrate. Questa “etichetta” contenente un codice a barre bidimensionale, dovrà essere apposta sulla singola vending machine e consente il reindirizzamento alla pagina web dell’Agenzia delle en-
trate sulla quale è possibile verificare i dati identificativi di tale apparecchio e del gestore. In questo modo il cliente della farmacia potrà segnalare eventuali irregolarità o assenza del codice attraverso appositi contatti. 3. Certificazione dei dispositivi mobili. Come già detto la prima sarà una fase transitoria in cui la trasmissione dei dati non sarà effettuata direttamente dai distributori automatici ma da appositi dispositivi mobili (palmare/ smartphone). Oggi la maggior parte delle vending machine non sono predisposte e quindi l’obbligo della trasmissione diretta comp orterebb e la sostituzione dell’intera macchina. I dispositivi avranno installato un software che consentirà di acquisire dal sistema master i dati gestionali e fiscali e di produrre e trasmettere all’Agenzia delle entrate un file xml autenticato contenente tali dati. Saranno inoltre dotati di apposito certificato necessario ad apporre sul file da trasmettere un sigillo elettronico in grado di garantire l’autenticità e l’integrità dei dati trasmessi. 4. Generazione e trasmissione dei dati dei corrispettivi. Si tratta dell’ultima fase che andrà ripetuta con cadenza periodica a scelta non oltre i 30 giorni. Il titolare o il suo dipendente o incaricato, all’atto di rifornire la macchina di beni e/o all’atto di raccogliere il denaro contante, tramite il dispositivo mobile effettuerà un prelievo automatico dei dati dal sistema master che verranno trasmessi nel formato xml secondo le specifiche tecniche dell’Agenzia tramite connessione protetta. La trasmissione dei dati dovrà avvenire in prossimità della vending machine (sia la vending machine che il dispositivo mobile avranno un sistema di 50 | ottobre 2016 |
geo-localizzazione) e comprenderà molte informazioni quali matricola del sistema master, data e ora del prelievo, data e ora del prelievo precedente, totale venduto nel periodo, totale contante e non contante, totale incassato per ricarica (chiavetta). Una seccatura che, per quanto graduale, sarà comunque laboriosa per il farmacista. Ben venga quindi, se Federfarma ci riuscirà, una deroga per le farmacie (o più in generale per gli esercenti che impiegano una sola macchina automatica). In chiusura, soffermiamoci su alcuni aspetti che forse interesseranno di più ai cortesi lettori: quali sono i prodotti più venduti con il sistema che abbiamo esaminato? I dati sul sell out restano - sempre nel nostro campione - un po’ malcerti: su questo aspetto il “testimone muto” (e forse lo stesso titolare) resta omertoso. Sembrerebbe però confermata dai pochi dati reperiti l’impressione generale che i leader incontrastati delle vendite automatiche restino i prodotti che negli ipermercati vengono classificati nell’eufemistico (e forse un po’ puritano) category “pianificazione familiare” (con qualche incursione in prodotti ludici ancillari ai primi). Gli slot che nelle vending machines vengono lasciati a prodotti di altre merceologie risultano essere del tutto marginali e con la presenza dei beni più disparati, che rendono impossibile identificare altri category significativi per quota di mercato. In sintesi, forse il distributore automatico meriterebbe come colonna sonora più un celebre brano di James Brown che non il pezzo già ricordato dei My Awesome Mixtape…
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SPIGOLATURE
Igiene orale in tour È partita il 19 settembre e si concluderà il 6 novembre la campagna di educazione sanitaria “Igiene orale a 360°”, frutto della sinergia tra Recordati, impegnata in un importante lavoro di ampliamento e consolidamento della linea Dentosan, e Aidi- Associazione igienisti dentali italiani. All’interno delle farmacie aderenti sarà allestito un desk presso il quale l’igienista dentale offrirà consulenze, mostrerà l’utilizzo degli strumenti per la detersione degli spazi interprossimali e lascerà un opuscolo informativo ai clienti. «La corretta igiene
orale, attraverso il controllo e la rimozione della placca batterica, è fondamentale per preservare la salute orale», sottolinea Antonella Abbinante, presidente di Aidi. «Le tecniche di igiene domiciliare vanno selezionate sulla base della manualità e delle abitudini del paziente e scelte in relazione all’anatomia dentale, alla grandezza e all’accessibilità degli spazi interdentali. È compito dell’igienista dentale, basandosi sulle evidenze scientifiche, condurre il paziente all’igiene ottimale attraverso la scelta degli strumenti più adeguati e l’educazione in merito alla tecnica di utilizzo».
Quarta edizione di “In farmacia per i bambini” Lierac, a partire da quest’anno, diventa sostenitore della Fondazione Francesca Rava-Nph Italia Onlus, ente dedito all’aiuto dell’infanzia vissuta in condizioni di disagio sia in Italia sia nel mondo. Venerdì 18 novembre la Fondazione ricorderà l’importante anniversario della Giornata mondiale dei diritti dell’infanzia (che ricorre il 20 novembre) con la quarta edizione di “In farmacia per i bambini”, iniziativa nazionale di sensibilizzazione e raccolta di farmaci da banco, alimenti per l’infanzia e prodotti pediatrici, per portare aiuto concreto ai bambini che vivono una condizione di povertà sanitaria in Italia e in Haiti. Anche quest’anno al fianco della Fondazione Francesca Rava saranno presenti Federfarma e Cosmofarma come partner istituzionali e le aziende Kpmg, Mellin e Chicco, che coinvolgeranno su tutto il territorio nazionale dipendenti e collaboratori in un’azione di volontariato d’impresa. Parteciperanno anche le farmacie comunali, rappresentate da Assofarm e Lloyds Farmacia Comunale. Martina Colombari sarà testimonial della campagna di sensibilizzazione che inviterà il pubblico a recarsi nelle farmacie aderenti. Tra i diritti dell’infanzia sarà ricordato quello alla vita dopo la nascita, difeso da “Ninna ho” primo progetto nazionale contro l’abbandono neonatale (www.ninnaho.org). Le farmacie aderenti all’iniziativa su www.nph-italia.org.
Obesity Day 2016 “Camminare è salute è il motto della sedicesima edizione dell’Obesity Day, la campagna di informazione e sensibilizzazione sull’obesità promossa ogni anno il 10 ottobre dall’Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica (Adi). Una “giornata del paziente” in cui il personale sanitario dei 150 centri di dietologia Adi presenti su tutto il territorio italiano sarà a disposizione per colloqui gratuiti di informazione e consulenza, valutazioni del grado di sovrappeso e l’individuazione dei percorsi terapeutici nutrizionali più appropriati alla persona. Collegandosi al sito www.obesityday.org sarà possibile trovare il centro più vicino alla propria città, consultare le prestazioni, le attività offerte e verificare le modalità di accesso alla struttura. Nel corso della giornata i professionisti Adi concentreranno la loro attività di sensibilizzazione sui due principali consigli della campagna 2016: lo stile di vita mediterraneo e l’attività fisica. L’obiettivo è quello di promuovere la filosofia della nuova Piramide alimentare mediterranea, che concepisce l’alimentazione mediterranea come stile di vita quotidiano e non più come dieta. Alla base della nuova piramide, non vi sono più gli alimenti, ma i comportamenti come la convivialità, il movimento, il riposo, la biodiversità, la stagionalità dei prodotti, le attività gastronomiche.
Zagaria nuovo ad di Giuliani Riccardo Zagaria, già ad di Italchimici e con esperienze professionali in Sanofi, Nycomed e Zambon, è il nuovo amministratore delegato di Giuliani Spa, azienda con 120 anni di storia alle spalle. «Sono grato alla famiglia Giuliani per questa grande opportunità», commenta Zagaria, «è un onore per me rappresentare un’azienda italiana al 100 per cento e sono convinto che, con l’impegno di tutti, proseguiremo a promuovere la cultura e l’innovazione farmaceutica, valorizzando i marchi nel nostro portafoglio oggi leader di mercato nelle aree gastrointestinale, dermatologica, tricologica e nell’ambito dell’integrazione e alimentazione speciale».
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DALLE AZIENDE
Un disturbo diffuso La sindrome dell’intestino irritabile e il ricorso, efficace, a un dispositivo medico Guna
N
el gergo scientifico internazionale si chiama Irritable bowel syndrome (Ibs) e sta per Sindrome dell’intestino irritabile. Un disturbo assai diffuso che, tra l’altro, ha la maggiore incidenza nella fascia di età, giovanile, che va dai 24 ai 41 anni. È uso comune, per “catalogarla”, fare riferimento ai “Criteri di Roma” (terza versione), nei quali si definisce la patologia come un ricorrente disagio o dolore addominale che si verifica almeno tre volte alla settimana per tre mesi consecutivi. In più si devono verificare le seguenti condizioni: un miglioramento dei sintomi successivamente all’evacuazione; un mutamento nella frequenza delle evacuazioni durante la malattia; un mutamento della forma delle feci all’insorgere della stessa. Facile comprendere come l’Ibs abbia forti ripercussioni sulla qualità della vita dei pazienti, senza contare le implicazioni sociali ed economiche che il suo manifestarsi può comportare.
I rimedi
Non si può ancora parlare di un trattamento dell’Ibs standardizzato, in ragione anche della complessità del disturbo e della varietà delle sue manifestazioni. Tuttavia, nella ricerca di nuove soluzioni terapeutiche, si stanno facendo strada gli studi sugli enterosorbenti, una classe di prodotti, con notevoli proprietà disintossicanti, la cui codificazione risale ai primi anni Ottanta a opera di ricercatori sovietici. Tra gli enterosorbenti, degni di nota sono quelli a base di silicio organico; in particolare, un prodotto come Enterosgel di Guna si è rivelato il più diffuso, grazie alle sue proprietà selettive. A Enterosgel è stato dedicato uno studio da parte della Northwest State Medical University di San Pietroburgo*. Il campione considerato comprendeva 30 pazienti (16 donne e 14 donne) con Ibs diarrea-prevalente: metà di essi sono stati trattati con Enterosgel, metà con Tripotassio dicitrato bismutato. Durata del trattamento,
ventuno giorni. La valutazione dei risultati è stata effettuata in base alla scala internazionale Gsrs (Gastrointestinal symptom rating scale ). Gli esiti? Gli autori della ricerca hanno riscontrato che la somministrazione di Enterosgel nei pazienti con Sindrome da intestino irritabile diarrea-prevalente «ha dimostrato sicurezza ed efficacia. La valutazione secondo la Scala Gsrs ha mostrato una significativa riduzione
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di dolore addominale, diarrea, dispepsia… contribuendo a una armonizzazione della qualità della vita». * E.I. Tkachenko, E. B. Avalueva, E.V. Skazyvaeva, S.V. Ivanov, A.V. Pushkina, I.V. Lapinskii, “Efficiency and safety of Enterosgel (polymethylsiloxane polyhdrate) in the treatment of irritable bowel syndrome”, in Minerva gastroenterologica e dietologica, Vol. 61, Suppl. 1, N. 2, giugno 2015.
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INTERVISTA A...
Qualità è
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na delle convinzioni di Andrea Rottura è che per pensare in grande non è necessario essere un’azienda di grandi dimensioni. Italiano cresciuto in Spagna, ha già avuto (a dispetto della giovane età) esperienze professionali in Spagna, Stati Uniti, Francia e Italia. Dal giugno 2015 è
Pharma, nata nel 2006 in Spagna e presente dall’anno successivo anche in Italia. Tuttora l’azienda è di proprietà della famiglia Esteve, che l’ha fondata e che esprime il presidente e l’amministratore delegato. Il gruppo, nel suo complesso, supera il miliardo di euro e diversi stabilimenti produttivi nel mondo, tra i quali il più importante è situato nei pressi di Barcellona. Qui si producono molecole per il gruppo e destinate alla vendita a terzi, in particolare i prazoli. In più abbiamo un’unità di ricerca e sviluppo che si occupa di trovare nuove molecole e di innovazione nel campo del generico. Un esempio recente è quello che noi chiamiamo omeprazolo 2.0, un prodotto che abbiamo lanciato un paio di anni fa, con una capsula più piccola e quindi più deglutibile. Non è un gruppo statico, insomma, ma che continua a investire anche nell’ambito degli equivalenti: produrli meglio e in termini più sostenibili per il Ssn». country manager di Pensa Pharma Italia, dove già ricopriva la carica di direttore finanziario, dopo una lunga permanenza in General Electric. «Pensa è la società di generici del gruppo spagnolo Esteve», spiega Rottura, «che ha ottant’anni di storia alle spalle e si articola in tre aree: farmaci etici, chimica e generici, con Pensa 56 | ottobre 2016 |
Dall’inizio
Pensa Italia parte, nel 2007, da zero, acquistando un basket di prodotti da Errekappa, cui si aggiungono man mano nuove molecole: «Oggi ne abbiamo un centinaio, il 90 per cento dei top seller, inibitori di pompa protonica e duloxetina in primis. Nel 2015 abbiamo superato i 33 milioni di euro di vendite, terzo anno consecutivo di
INTERVISTA A...
di GIUSEPPE TANDOI
Anche nel generico si possono trovare nuove soluzioni. A colloquio con Andrea Rottura, country manager di Pensa Pharma Italia utili. Abbiamo una rete vendita composta da settanta agenti monomandatari che coprono tutto il territorio nazionale». Una struttura molto snella, in linea anche con la filosofia aziendale: essere efficienti e migliorare i processi interni. «È un’azienda giovane, con un’età media di 36 anni, che punta molto sull’entusiasmo e sull’innovazione. In un mercato come il nostro, dopo l’abbassamento prezzi del settembre 2015 e un 2016 statico a livello di crescita, un controllo di gestione rigoroso è imprescindibile: quando tutto cresce è tutto più facile, quando c’è crisi bisogna ragionare in termini diversi. E poi la formazione: valorizzare il personale per me significa osare e provare sempre cose nuove. Se la gente non sta bene non lavora bene. Non conta quando si entra o si esce dall’azienda, contano i risultati». Una novità degli ultimi due anni è la linea di integratori Pensa Benessere: vitaminici, energetici, sciroppi per la tosse, e, entro breve, formulazioni per il colesterolo e la prostata. Tutti prodotti in Italia, sottolinea Rottura: il mercato italiano è in espansione ed è leader in Europa, bisogna esserci. Ma il core business resta il farmaco equivalente, anche se il panorama nazionale non consente facili entusiasmi: «Quello italiano è un mercato un po’ ingessato, lo dimostra il fatto
che, a brevetto scaduto, sono ancora i farmaci branded a prevalere sui generici. Nei cittadini la coscienza del generico è poco sviluppata rispetto ad altri Paesi europei, preferiscono spendere qualche euro in più, ogni volta, per avere il branded. Il decreto Monti ha favorito la crescita a doppia cifra per un paio d’anni ma ora il mercato è fermo». Esiste una via d’uscita? «Servirebbe un maggior sostegno da parte delle istituzioni, una più ampia campagna di comunicazione e informazione al cittadino sulla bioequivalenza del farmaco generico».
Il canale
Quello con la farmacia è un rapporto privilegiato: «Cerchiamo di analizzarla, di capirla. I farmacisti sono al centro delle nostre iniziative, cerchiamo di pensare alle loro esigenze e a tenere sempre in considerazione la loro opinione per migliorare. Un dialogo che abbiamo avviato da tempo anche con la distribuzione intermedia, visto che collaboriamo con tutti i maggiori gruppi italiani». Obiettivi a medio termine? «Per quanto concerne il livello interno è mia intenzione puntare ancor di più sulla formazione, in particolare della rete vendita. Verso l’esterno invece occorre incrementare la comunicazione, farci conoscere meglio. Attualmente siamo presenti in 57 | ottobre 2016 |
Andrea Rottura, country manager di Pensa Pharma Italia
circa 4.000 farmacie ne restano 14.000 da raggiungere. Da questo punto di vista la linea Pensa Benessere può essere uno strumento molto utile per ampliare il nostro bacino d’utenza. Bisogna procedere a piccoli passi». Ma senza rinunciare alle ambizioni “da grande”.
Pensa Pharma nel mondo
500 prodotti commercializzati 11 filiali tra Europa e Stati Uniti 2.300 dipendenti 12 per cento del personale dedicato alla Ricerca e sviluppo Leader globale nella produzione di Ppi 4.000 farmacie clienti sul territorio italiano
OCCHIELLO | occhiello
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13,5 Crediti ECM x 9 ore formative APPROPRIATEZZA PRESCRITTIVA, ADERENZA ALLA TERAPIA E GESTIONE DEI FARMACI nnn L’appropriatezza prescrittiva e aderenza alle terapie di condizioni patologiche croniche. Le terapie attuali diventano sempre più complesse e necessitano di un attento monitoraggio per il rischio di interazioni e per la possibile comparsa di eventi avversi, ma anche per assicurare l’aderenza del paziente alla terapia prescritta.
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Per informazioni:
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CONSIGLI | occhiello OCCHIELLO
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CONSIGLI | occhiello OCCHIELLO
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OCCHIELLO | occhiello
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033/05
DIBASE 1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE
DIBASE 10.000 U.I./ml gocce orali, soluzione DIBASE 25.000 U.I./2,5 ml soluzione orale DIBASE 50.000 U.I./2,5 ml soluzione orale DIBASE 100.000 U.I./ml soluzione iniettabile DIBASE 300.000 U.I./ml soluzione iniettabile
2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA
DIBASE 10.000 U.I./ml gocce orali, soluzione 10 ml contengono: colecalciferolo (vitamina D3) 2,5 mg pari a 100.000 U.I. 1 goccia contiene: 250 U.I. di vitamina D3. DIBASE 25.000 U.I./2,5 ml soluzione orale Un contenitore monodose contiene: colecalciferolo (vitamina D3) 0,625 mg pari a 25.000 U.I. DIBASE 50.000 U.I./2,5 ml soluzione orale Un contenitore monodose contiene: colecalciferolo (vitamina D3) 1,25 mg pari a 50.000 U.I. DIBASE 100.000 U.I./ml soluzione iniettabile Una fiala contiene: colecalciferolo (vitamina D3) 2,5 mg pari a 100.000 U.I. DIBASE 300.000 U.I./ml soluzione iniettabile Una fiala contiene: colecalciferolo (vitamina D3) 7,5 mg pari a 300.000 U.I. Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
3. FORMA FARMACEUTICA
soluzione iniettabile; soluzione orale; gocce orali, soluzione.
4. INFORMAZIONI CLINICHE 4.1 Indicazioni terapeutiche
Prevenzione e trattamento della carenza di vitamina D.
4.2 Posologia e modo di somministrazione
DIBASE può essere somministrato a cadenza giornaliera, settimanale, mensile o annuale (vedere paragrafo 5.2). In caso di terapia per via orale, si raccomanda di somministrare DIBASE durante i pasti (vedere paragrafo 5.2). La terapia per via intramuscolare è indicata solo in caso di sindromi da malassorbimento. Prevenzione della carenza di vitamina D: la somministrazione preventiva di DIBASE è consigliata in tutte le condizioni caratterizzate da maggior rischio di carenza o da aumentato fabbisogno. È generalmente riconosciuto che la prevenzione della carenza di vitamina D deve essere effettuata: - in maniera sistematica nel neonato (in particolare nel prematuro), nel lattante, nella donna in gravidanza (ultimo trimestre) e nella donna che allatta alla fine dell’inverno e in primavera, nel soggetto anziano, eventualmente nel bambino e nell’adolescente se l’esposizione solare è insufficiente; - nelle seguenti condizioni: • scarsa esposizione solare o intensa pigmentazione cutanea, regime alimentare squilibrato (povero di calcio, vegetariano, ecc.), patologie dermatologiche estese o malattie granulomatose (tubercolosi, lebbra, ecc.); • soggetti in trattamento con anticonvulsivanti (barbiturici, fenitoina, primidone); • soggetti in trattamento con terapie corticosteroidee a lungo termine; • patologie digestive (malassorbimento intestinale, mucoviscidosi o fibrosi cistica); • insufficienza epatica. Trattamento della carenza di vitamina D: la carenza di vitamina D deve essere accertata clinicamente e/o con indagini di laboratorio. Il trattamento è teso a ripristinare i depositi di vitamina D e sarà seguito da una terapia di mantenimento se persiste il rischio di carenza, ad un dosaggio di vitamina D idoneo alla prevenzione (vedi sopra “Prevenzione della carenza di vitamina D”). Nella maggior parte dei casi è consigliabile non superare, in fase di trattamento, una dose cumulativa di 600.000 U.I. all’anno, salvo diverso parere del medico. A titolo indicativo si fornisce il seguente schema posologico, da adattare a giudizio del medico sulla base della natura e gravità dello stato carenziale (vedere anche paragrafo 4.4).
DIBASE 10.000 U.I./ml gocce orali, soluzione
Le posologie giornaliere sotto indicate possono essere assunte anche una volta alla settimana moltiplicando per sette la dose giornaliera indicata. Neonati, Bambini e Adolescenti (<18 anni) Prevenzione: 2-4 gocce al giorno (pari a 500-1.000 U.I. di vitamina D3). Trattamento: 8-16 gocce al giorno (pari a 2.000-4.000 U.I. di vitamina D3) per 4-5 mesi. Donne in gravidanza 3-4 gocce al giorno (pari a 7501.000 U.I. di vitamina D3) nell’ultimo trimestre. Adulti e Anziani Prevenzione: 3-4 gocce al giorno (pari a 750-1.000 U.I. di vitamina D3). In soggetti ad alto rischio di carenza può essere necessario aumentare il dosaggio fino a 8 gocce al giorno (pari a 2.000 U.I. di vitamina D3). Trattamento: 20-40 gocce al giorno (pari a 5.000-10.000 U.I. di vitamina D3) per 1-2 mesi. Istruzioni per l’uso La confezione contiene 1 flacone ed un contagocce. Il flacone è dotato di una capsula a prova di bambino. Il contagocce è dotato di una custodia. Per l’impiego seguire le istruzioni sotto riportate: a. aprire il flacone rimuovendo la capsula nel modo seguente: premere e contemporaneamente svitare (vedi Figura 1); b. svitare la custodia in plastica che avvolge la punta del contagocce (vedi Figura 2); c. inserire il contagocce nel flacone per prelevare il contenuto. Dosare le gocce in un cucchiaio e somministrare (vedasi “Posologia e modo di somministrazione”); d. chiudere il flacone (vedi Figura 3). Riavvitare la custodia sulla punta del contagocce; e. riporre il flacone ed il contagocce nella confezione.
Figura 1
Figura 2
Figura 3
Per aprire il flacone, premere e contemporaneamente svitare la capsula.
Prima di utilizzare il contagocce, svitare la custodia che avvolge la punta.
Per chiudere il flacone, avvitare la capsula (non è necessario premere).
DIBASE 25.000 U.I./2,5 ml soluzione orale
Neonati, Bambini e Adolescenti (<18 anni) Prevenzione: 1 contenitore monodose (pari a 25.000 U.I. di vitamina D3) ogni 1-2 mesi. Trattamento: 1 contenitore monodose (pari a 25.000 U.I. di vitamina D3) una volta a settimana per 16-24 settimane. Donne in gravidanza 1 contenitore monodose (pari a 25.000 U.I. di vitamina D3) una volta al mese nell’ultimo trimestre. Adulti e Anziani Prevenzione: 1 contenitore monodose (pari a 25.000 U.I. di vitamina D3) una volta al mese. In soggetti ad alto rischio di carenza può essere necessario aumentare il dosaggio a 2 contenitori monodose (pari a 50.000 U.I. di vitamina D3) una volta al mese. Trattamento: 2 contenitori monodose (pari a 50.000 U.I. di vitamina D3) una volta alla settimana per 8-12 settimane.
DIBASE 50.000 U.I./2,5 ml soluzione orale
Neonati, Bambini e Adolescenti (<18 anni) Prevenzione: 1 contenitore monodose (pari a 50.000 U.I. di vitamina D3) ogni 2-4 mesi. Trattamento: 1 contenitore monodose (pari a 50.000 U.I. di vitamina D3) una volta a settimana per 8-12 settimane. Donne in gravidanza 2 contenitori monodose (pari a 100.000 U.I. di vitamina D3) all’inizio dell’ultimo trimestre. Adulti e Anziani Prevenzione: 1 contenitore monodose (pari a 50.000 U.I. di vitamina D3) ogni 2 mesi. In soggetti ad alto rischio di carenza può essere necessario aumentare il dosaggio a 1 contenitore monodose (pari a 50.000 U.I. di vitamina D3) una volta al mese. Trattamento: 1 contenitore monodose (pari a 50.000 U.I. di vitamina D3) una volta alla settimana per 8-12 settimane.
DIBASE 100.000 U.I./ml soluzione iniettabile
Neonati fino a 24 mesi Prevenzione: Si consiglia di somministrare le dosi con DIBASE 10.000 U.I./ml gocce orali, soluzione oppure con DIBASE 25.000 U.I./2,5 ml soluzione orale o con DIBASE 50.000 U.I./2,5 ml soluzione orale. Trattamento: 1 fiala (pari a 100.000 U.I. di vitamina D3) una volta al mese per 4-6 mesi. Bambini e Adolescenti (2-18 anni) Prevenzione: 1 fiala (pari a 100.000 U.I. di vitamina D3) ogni 4-8 mesi. Trattamento: 1 fiala (pari a 100.000 U.I. di vitamina D3) una volta al mese per 4-6 mesi. Donne in gravidanza 1 fiala (pari a 100.000 U.I. di vitamina D3) all’inizio dell’ultimo trimestre. Adulti e Anziani Prevenzione: 1 fiala (pari a 100.000 U.I. di vitamina D3) ogni 4 mesi. In soggetti ad alto rischio di carenza può essere necessario aumentare il dosaggio a 1 fiala (pari a 100.000 U.I. di vitamina D3) ogni 2 mesi. Trattamento: 2 fiale (pari a 200.000 U.I. di vitamina D3) una volta al mese per 3 mesi. Istruzioni per l’uso Le dosi possono essere somministrate per via orale o intramuscolare. Le fiale sono dotate di anello di prerottura e devono essere aperte nel modo seguente: tenere con una mano la parte inferiore della fiala; porre l’altra mano sulla parte superiore posizionando il pollice al di sopra dell’anello bianco ed esercitare una pressione.
DIBASE 300.000 U.I./ml soluzione iniettabile
Neonati fino a 24 mesi Si consiglia di somministrare le dosi con DIBASE 10.000 U.I./ ml gocce orali, soluzione oppure o con DIBASE 25.000 U.I./2,5 ml soluzione orale o con DIBASE 50.000 U.I./2,5 ml soluzione orale. Bambini e Adolescenti (2-18 anni) Prevenzione: 1 fiala (pari a 300.000 U.I. di vitamina D3) una volta all’anno. Trattamento: 1 fiala (pari a 300.000 U.I. di vitamina D3) da ripetere dopo 3 mesi. Adulti e Anziani Prevenzione: 1 fiala (pari a 300.000 U.I. di vitamina D3) una volta all’anno. In soggetti ad alto rischio di carenza può essere necessario aumentare il dosaggio a 1 fiala (pari a 300.000 U.I. di vitamina D3) ogni 6 mesi. Trattamento: 1 fiala (pari a 300.000 U.I. di vitamina D3) da ripetere dopo 6 settimane. Istruzioni per l’uso Le dosi possono essere somministrate per via orale o intramuscolare. Le fiale sono dotate di anello di prerottura e devono essere aperte nel modo seguente: tenere con una mano la parte inferiore della fiala; porre l’altra mano sulla parte superiore posizionando il pollice al di sopra dell’anello bianco ed esercitare una pressione.
4.3 Controindicazioni
Ipersensibilità al colecalciferolo o a uno qualsiasi degli eccipienti. Ipercalcemia, ipercalciuria. Calcolosi renale (nefrolitiasi, nefrocalcinosi). Insufficienza renale (vedere paragrafo 4.4).
4.4 Avvertenze speciali e precauzioni d’impiego
In caso di somministrazioni prolungate con alti dosaggi, si consiglia di monitorare il livello sierico di 25-idrossi-colecalciferolo. Interrompere l’assunzione di DIBASE quando il livello sierico di 25-idrossi-colecalciferolo supera i 100 ng/ml (pari a 250 nmol/l). Nei pazienti anziani già in trattamento con glicosidi cardiaci o diuretici è importante monitorare la calcemia e la calciuria. In caso di ipercalcemia o di insufficienza renale, ridurre la dose o interrompere il trattamento. Per evitare un sovradosaggio, tenere conto della dose totale di vitamina D in caso di associazione con trattamenti contenenti già vitamina D, cibi addizionati con vitamina D o in caso di utilizzo di latte arricchito con vitamina D. Nei seguenti casi può essere necessario un aumento dei dosaggi rispetto a quelli indicati: • soggetti in trattamento con anticonvulsivanti o barbiturici (vedere paragrafo 4.5); • soggetti in trattamento con terapie corticosteroidee (vedere paragrafo 4.5);
• soggetti in trattamento con ipolipidemizzanti quali colestipolo, colestirami-
na e orlistat (vedere paragrafo 4.5); • soggetti in trattamento con antiacidi contenenti alluminio (vedere paragrafo 4.5); • soggetti obesi (vedere paragrafo 5.2); • patologie digestive (malassorbimento intestinale, mucoviscidosi o fibrosi cistica); • insufficienza epatica. Il prodotto deve essere prescritto con cautela a pazienti affetti da sarcoidosi, a causa del possibile incremento del metabolismo della vitamina D nella sua forma attiva. In questi pazienti occorre monitorare il livello del calcio nel siero e nelle urine. Pazienti affetti da insufficienza renale presentano un alterato metabolismo della vitamina D; perciò, se devono essere trattati con colecalciferolo, è necessario monitorare gli effetti sull’omeostasi di calcio e fosfato.
4.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme d’interazione
L’uso concomitante di anticonvulsivanti o barbiturici può ridurre l’effetto della vitamina D3 per inattivazione metabolica. In caso di trattamento con diuretici tiazidici, che riducono l’eliminazione urinaria del calcio, è raccomandato il controllo delle concentrazioni sieriche di calcio. L’uso concomitante di glucocorticosteroidi può ridurre l’effetto della vitamina D3. In caso di trattamento con farmaci contenenti la digitale, la somministrazione orale di calcio combinato con la vitamina D aumenta il rischio di tossicità della digitale (aritmia). È pertanto richiesto lo stretto controllo del medico e, se necessario, il monitoraggio elettrocardiografico e delle concentrazioni sieriche di calcio. Un concomitante uso di antiacidi contenenti alluminio può interferire con l’efficacia del farmaco, diminuendo l’assorbimento della vitamina D, mentre preparati contenenti magnesio possono esporre al rischio di ipermagnesiemia. Studi sugli animali hanno suggerito un possibile potenziamento dell’azione del warfarin quando somministrato con calciferolo. Sebbene non vi siano simili evidenze con l’impiego di colecalciferolo è opportuno usare cautela quando i due farmaci vengono usati contemporaneamente. La colestiramina, il colestipolo e l’orlistat riducono l’assorbimento della vitamina D, mentre l’alcolismo cronico diminuisce le riserve di vitamina D nel fegato.
4.6 Gravidanza ed allattamento
Gravidanza Nei primi 6 mesi di gravidanza la vitamina D deve essere assunta con cautela per il rischio di effetti teratogeni (vedi paragrafo 4.9). Allattamento Quando necessario, la vitamina D può essere prescritta durante l’allattamento. Tale supplementazione non sostituisce la somministrazione di vitamina D nel neonato.
4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari
Non sono disponibili dati sugli effetti del prodotto sulla capacità di guidare. Tuttavia, un effetto su tale capacità è improbabile.
4.8 Effetti indesiderati
Se la posologia è conforme alle effettive esigenze individuali, DIBASE è ben tollerato, grazie anche alla capacità dell’organismo di accumulare il colecalciferolo nei tessuti adiposi e muscolari (vedere paragrafo 5.2). Gli effetti indesiderati segnalati con l’uso della vitamina D sono i seguenti: Disturbi del sistema immunitario: reazioni di ipersensibilità. Disturbi del metabolismo e della nutrizione: debolezza, anoressia, sete. Disturbi psichiatrici: sonnolenza, stato confusionale. Patologie del sistema nervoso: cefalea. Patologie gastrointestinali: costipazione, flatulenza, dolore addominale, nausea, vomito, diarrea, gusto metallico, secchezza delle fauci. Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo: rash, prurito. Patologie renali e urinarie: nefrocalcinosi, poliuria, polidipsia, insufficienza renale. Esami diagnostici: ipercalciuria, ipercalcemia. Segnalazione delle reazioni avverse sospette La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/ rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione all’indirizzo http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/responsabili.
4.9 Sovradosaggio
Interrompere l’assunzione di DIBASE quando la calcemia supera i 10,6 mg/dl (2,65 mmol/l) o se la calciuria supera 300 mg/24 h negli adulti o 4-6 mg/kg/die nei bambini. Il sovradosaggio si manifesta come ipercalciuria e ipercalcemia, i cui sintomi sono i seguenti: nausea, vomito, sete, polidipsia, poliuria, costipazione e disidratazione. Sovradosaggi cronici possono portare a calcificazione vascolare e degli organi, come risultato dell’ipercalcemia. Il sovradosaggio durante i primi 6 mesi di gravidanza può avere effetti tossici nel feto: esiste una correlazione tra eccesso di assunzione o estrema sensibilità materna alla vitamina D durante la gravidanza e ritardo dello sviluppo fisico e mentale del bambino, stenosi aortica sopravalvolare e retinopatia. L’ipercalcemia materna può anche portare alla soppressione della funzione paratiroidea nei neonati con conseguente ipocalcemia, tetania e convulsioni. Trattamento in caso di sovradosaggio Interrompere la somministrazione di DIBASE e procedere alla reidratazione.
5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE 5.1 Proprietà farmacodinamiche
Categoria farmacoterapeutica: Vitamina D e analoghi, colecalciferolo. Codice ATC: A11CC05 La vitamina D corregge una situazione carenziale della stessa e aumenta l’assorbimento intestinale di calcio.
5.2 Proprietà farmacocinetiche
Come per le altre vitamine liposolubili, l’assorbimento del colecalciferolo a livello intestinale è favorito dalla concomitante assunzione di alimenti contenenti grassi. Il colecalciferolo è presente nel circolo ematico in associazione a specifiche α-globuline che lo trasportano al fegato, dove viene idrossilato a 25-idrossi-colecalciferolo. Una seconda idrossilazione avviene nei reni, dove il 25-idrossi-co-
lecalciferolo viene trasformato in 1,25-diidrossi-colecalciferolo, che rappresenta il metabolita attivo della vitamina D responsabile degli effetti sul metabolismo fosfocalcico. Il colecalciferolo non metabolizzato viene accumulato nei tessuti adiposi e muscolari per essere reso disponibile in funzione del fabbisogno dell’organismo: per questo motivo DIBASE può essere somministrato anche a cadenza settimanale, mensile o annuale. Nei soggetti obesi si riduce la biodisponibilità della vitamina D a causa dell’eccesso di tessuto adiposo. La vitamina D viene eliminata attraverso le feci e le urine.
5.3 Dati preclinici di sicurezza
Gli studi preclinici condotti in varie specie animali dimostrano che gli effetti tossici si verificano nell’animale a dosi nettamente superiori a quelle previste per l’uso terapeutico nell’uomo. Negli studi di tossicità a dosi ripetute, gli effetti più comunemente riscontrati sono stati: aumento della calciuria, diminuzione della fosfaturia e della proteinuria. A dosi elevate, è stata osservata ipercalcemia. In una condizione prolungata di ipercalcemia le alterazioni istologiche (calcificazione) più frequenti sono state a carico dei reni, cuore, aorta, testicoli, timo e mucosa intestinale. Gli studi di tossicità riproduttiva hanno dimostrato che il colecalciferolo non ha effetti nocivi sulla fertilità e riproduzione. A dosi che sono equivalenti a quelle terapeutiche, il colecalciferolo non ha attività teratogena. Il colecalciferolo non ha potenziale attività mutagena e carcinogena.
6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE 6.1 Elenco degli eccipienti
DIBASE 10.000 U.I./ml gocce orali, soluzione: olio di oliva raffinato. DIBASE 25.000 U.I./2,5 ml soluzione orale: olio di oliva raffinato. DIBASE 50.000 U.I./2,5 ml soluzione orale: olio di oliva raffinato. DIBASE 100.000 U.I./ml soluzione iniettabile: olio di oliva raffinato per uso iniettabile. DIBASE 300.000 U.I./ml soluzione iniettabile: olio di oliva raffinato per uso iniettabile.
6.2 Incompatibilità
Non sono note eventuali incompatibilità con altri farmaci.
6.3 Periodo di validità
DIBASE 10.000 U.I./ml gocce orali, soluzione: 3 anni a confezionamento integro. Dopo prima apertura del flacone: 5 mesi. DIBASE 25.000 U.I./2,5 ml soluzione orale: 2 anni. DIBASE 50.000 U.I./2,5 ml soluzione orale: 2 anni. DIBASE 100.000 U.I./ml soluzione iniettabile: 3 anni. DIBASE 300.000 U.I./ml soluzione iniettabile: 3 anni.
6.4 Precauzioni particolari per la conservazione
Conservare a temperatura non superiore ai 30° C e nella confezione originale per tenere il medicinale al riparo dalla luce. Non congelare.
6.5 Natura e contenuto del contenitore
DIBASE 10.000 U.I./ml gocce orali, soluzione Flacone in vetro ambrato contenente 10 ml, chiuso con una capsula a prova di bambino in polipropilene. La confezione contiene 1 flacone ed 1 contagocce. DIBASE 25.000 U.I./2,5 ml soluzione orale Contenitore in vetro ambrato contenente 2,5 ml, chiuso con una capsula in polipropilene. Confezioni da 1, da 2 o da 4 contenitori monodose. DIBASE 50.000 U.I./2,5 ml soluzione orale Contenitore in vetro ambrato contenente 2,5 ml, chiuso con una capsula in polipropilene. Confezioni da 1, da 2 o da 4 contenitori monodose. DIBASE 100.000 U.I./ml soluzione iniettabile Fiala in vetro ambrato. La confezione contiene 6 fiale. DIBASE 300.000 U.I./ml soluzione iniettabile Fiala in vetro ambrato. La confezione contiene 2 fiale.
6.6 Precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione Nessuna istruzione particolare.
7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO ABIOGEN PHARMA S.p.A. via Meucci 36 Ospedaletto - PISA
8. NUMERI DELLE AUTORIZZAZIONI ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO
DIBASE 10.000 U.I./ml gocce orali, soluzione – flacone 10 ml 036635011. DIBASE 25.000 U.I./2,5 ml soluzione orale – 1 contenitore monodose 2,5 ml 036635047. DIBASE 25.000 U.I./2,5 ml soluzione orale – 2 contenitori monodose 2,5 ml 036635098. DIBASE 25.000 U.I./2,5 ml soluzione orale – 4 contenitori monodose 2,5 ml 036635050. DIBASE 50.000 U.I./2,5 ml soluzione orale – 1 contenitore monodose 2,5 ml 036635062. DIBASE 50.000 U.I./2,5 ml soluzione orale – 2 contenitori monodose 2,5 ml 036635086. DIBASE 50.000 U.I./2,5 ml soluzione orale – 4 contenitori monodose 2,5 ml 036635074. DIBASE 100.000 U.I./ml soluzione iniettabile – 6 fiale 1 ml 036635023. DIBASE 300.000 U.I./ml soluzione iniettabile – 2 fiale 1 ml 036635035.
9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/ RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE Ottobre 2010
10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO
Determinazione AIFA del Marzo 2014
25.000 U.I./2,5 ml 1 flaconcino monodose 25.000 U.I./2,5 ml 2 flaconcini monodose 50.000 U.I./2,5 ml 1 flaconcino monodose 50.000 U.I./2,5 ml 2 flaconcini monodose 10.000 U.I./ml gocce orali 100.000 U.I. 6 fiale 300.000 U.I. 2 fiale Classe A - RR
5,42 € 8,10 € 8,50 € 15,34 € 5,42 € 4,00 € 3,50 €
25.000 U.I./2,5 ml 4 flaconcini monodose Classe C - RR
16,00 €
IL LIBRO
Dimagrire con le erbe Rimedi naturali per un corretto stile alimentare
Q
A cura della REDAZIONE
uesto volume, scientificamente rigoroso e basato su anni di confronto e studio clinico accanto ai pazienti e alle loro storie di vita, propone, con accessibile approccio linguistico, le proprietà e le caratteristiche essenziali di tutte quelle erbe che possono coadiuvare il nostro organismo verso sani e corretti comportamenti ali-
mentari, in modo da facilitare l’instradamento delle virtuosità della nostrana “dieta mediterranea” e supportare mente, animo e stomaco nelle comprensibili situazioni di difficoltà che uno stravolgimento di sprovvedute abitudini può indubbiamente portare». Ecco il manifesto programmatico - come si usava dire una volta nel lessico della politica - di questo volume
FABIO FIRENZUOLI, FRANCESCO EPIFANI, VALERIA SEVERI Dimagrire... con le erbe Lswr, 2106, pp. 190
redatto a sei mani da Fabio Firenzuoli (direttore dell’Uo di Medicina naturale all’Ospedale S. Giuseppe di Empoli), Francesco Epifani (esperto in Pianificazione, programmazione e controllo di gestione, management della sanità) e Valeria Severi (biologa nutrizionista).
I contenuti
“Dimagrire a tutti i costi?” è il titolo, emblematico, del primo capitolo. Il libro, tra le altre cose, si propone come antidoto verso «il nuovo fenomeno tutto borghese del dieting, la tendenza cioè a stare perennemente a dieta, che porta a vivere un rapporto malandato e conflittuale con il cibo e con il proprio corpo: si tratta di una vera e propria droga da cui non si riesce a uscire». Una nuova voce da aggiungere al capitolo, già fitto, dei disturbi alimentari. Sul piano statistico va ricordato che il 10 per cento degli italiani è obeso e che i tassi di obesità infantile sono in costante crescita. Numeri non proprio rassicuranti e nemmeno neutri, visto che impli-
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cano costi so ciali ed economici per la collettività. Che fare allora? Gli autori ricordano, prima di tutto a se stessi, che alcuni sacrifici, sul piano alimentare, non possono comportare automaticamente una rinuncia al gusto (anche il palato vuole la sua parte). E ricordano anche che è illusorio credere nella chimera dei farmaci “sciogligrassi”. Resta allora il ricorso, non miracoloso ma ponderato, alle erbe: «La fitoterapia invece è la disciplina medica che consente un corretto uso a scopo preventivo o curativo di erbe medicinali e loro derivati, in relazione alle proprietà farmacologiche dei costituenti chimici presenti nella pianta e in particolare nel prodotto utilizzato». Ecco allora i capitoli dedicati a tisane, sciroppi, elisir, emulsioni e sospensioni, erbe sazianti, malva, konjac, opunzia, ananas, quercia marina, alghe minori, erbe drenanti, ciliegio, betulla, orthosiphon, equiseto, ortica, crusca… e tanto altro ancora. Che altro dire? Buona lettura.
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