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Numero 22 - marzo 2019
OLDEN il bagaglio inconscio
MEGALE LUPO
SABER SYSTEME NULARSE
sommario 4 Olden 8 Megàle 12 Saber Système 16 Lupo 20 Nularse 24 Le Fasi 28 Esposito 32 Camera a Sud 36 Angelo Sicurella 40 The Mighties 44 WonderKaos 46 Alessandra Fontana 48 Quellochesentivo
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OLDEN il bagaglio inconscio
Cresciuto con le audio-cassette degli anni ’60 dei genitori, che ne hanno influenzato la formazione artistica, il cantautore pubblica “A60”, viaggio ideale lungo nove canzoni appartenenti a un decennio magico
Prima domanda ovvia: perché un disco di cover di canzoni (nemmeno tutte famosissime) degli anni Sessanta? Dopo tre album di inediti ho sentito l’esigenza di misurarmi con qualcosa di nuovo e che raccontasse qualcosa di me, del mio background musicale.
La musica degli anni ‘60 e specialmente alcune delle canzoni scelte per questo album rappresentano una sorta di “bagaglio inconscio”, gli ascolti musicali di quando ero bambino, seduto in macchina con i miei genitori, la domenica, guardando fuori dal finestrino.
E’ un mondo che mi è stato tramandato, che ora mi appartiene, pur non essendo direttamente un “figlio” di quell’epoca. E’ vero, alcune canzoni di A60 non sono famosissime, o almeno non per la maggioranza delle persone della mia generazione. Ma lo sono per me, sono pezzi della mia memoria ed è per questo che sono finite nel
disco. Come hai deciso la tracklist? L’idea di base era scegliere un brano per ogni anno, dal 1960 al 1969, un pezzo di musica “leggera” che potesse rappresentare quel periodo. E poi, come dicevo, sono andato a pescare nei miei ricordi, in una sorta di viaggio del tempo. Ho chiuso gli 6
giungere qualcosa, che canzoni avresti scelto? In realtà, se adesso guardo A60 così com’è credo che non cambierei nulla. Nove pezzi per un viaggio di nove anni. Ci ho messo davvero tutto quello che avrei voluto, lo scopo è raggiunto. Vorrei due parole anche sul video di “Resta”: perché hai scelto questa canzone sia come singolo sia come pezzo d’apertura del disco, e com’è andato il video (si direbbe tu ti sia divertito parecchio)? Effettivamente sì, mi sono divertito eh eh... era questa l’intenzione, mostrare il lato piu’ “beat” degli anni ‘60, attraverso una rielaborazione “post grunge”, che potesse dare una nuova energia a questo brano di quasi sessant’anni fa. E’ stato scelto perché ci è piaciuto il suono, l’intenzione, il risultato. E perché è un brano del 1960, l’inizio del viaggio, la giusta presentazione prima di attraversare la nostra autostrada 60, magari a bordo di una vecchia Fiat Ritmo con un’autoradio a cassette, piena di storie da raccontare.
occhi, sono tornato indietro e le canzoni sono arrivate da sole, in un certo senso. Qual è stata la cosa più difficile nel rileggere queste canzoni, soprattutto dal punto di vista sonoro? Be’ sicuramente la sfida principale era riuscire a “rivestire” i brani in una chiave che potesse essere contemporanea, dare alle parole un peso differente, attraverso l’arrangiamento, i suoni, la scelta degli strumenti e l’intenzione del canto. Insieme a Flavio Ferri (Delta V) che ha prodotto l’album abbiamo cercato di ripartire dalla base di ogni canzone, distruggendo il mood originale e poi ricostruendo ogni brano partendo dalla melodia della voce e dal testo. Non è stato difficile ma sicuramente c’è voluto del tempo, non volevamo delle “repliche” ma delle vere interpretazioni, che potessero dire qualcosa di me e che mi rappresentassero a livello artistico. Sei riuscito a mettere tutti i brani che ti eri proposto oppure qualcosa è rimasto fuori? E in ogni caso se avessi dovuto ag7
MEGALE
Dopo una lunga gavetta fatta di live, il duo composto da Stefania Megale e Francesco Paolino pubblica il primo full-lenght dal titolo “Imperfezioni” per Area51 Records Suonate insieme in varie formazioni da un decennio, ma come siete arrivati a questo progetto e a questo esordio? È vero: suoniamo insieme da un decennio. In altri progetti abbia-
mo altri tipi di necessità espressiva e altri tipi di ricerca musicale. In realtà questo progetto vede la luce ora ma ha una gestazione lunghissima. Abbiamo deciso di dedicarci tutto il tempo necessario 8
molto introspettivi. Vorrei sapere se si tratta di riflessioni maturate in tempi lunghi oppure se appartengono soprattutto agli ultimi tempi, e se ci sono stati eventi particolari che hanno influenzato la stesura delle canzoni. Come dicevo questo progetto si è preso “tempi lunghi” in tutto, anche i testi quindi non appartengono agli ultimi tempi ma sono il risultato di anni. Alcuni di essi hanno avuto una stesura molto dilatata nel tempo, fatta di pause seguite da rivisitazioni (per esempio Scarsa, scarsissima personalità e Sull’Acqua). Altri sono frutto di riflessioni più fugaci, veloci, quasi scritte di getto (Dormi Veglia, Imperfezioni, Viaggiatori Onirici). Come metodo compositivo a livello testuale è Stefania a occuparsi dei testi e non gira mai senza quaderno e penna. Ne viene fuori che c’è sempre molto materiale tra il quale scegliere. Ogni brano ha legato a sé un evento particolare. Tutti nascono in momenti specifici e poi magari la stesura completa si protrae nel tempo. Può sembra-
affinché venisse alla luce maturo al punto giusto: è qui che noi riponiamo qualcosa di estremamente personale, a livello musicale, compositivo e testuale. I testi del disco mi sembrano 9
re banale ma “Sull’Acqua è nata osservando un insetto che è in grado di appoggiarsi alla superficie dell’acqua e poi librarsi in volo. Viaggiatori Onirici è nata in un periodo di lettura dei libri di Carlos Castaneda. Mormora la Luna è ispirata al libro Vita nei Boschi di Thoreau, il testo è nato in una casa isolata nell’appennino emiliano, c’era un brutto temporale che rendeva impossibile dormire. Come nasce “scarsa, scarsissima
personalità”? Era estate. L’idea era proprio quella di fare un brano con un andamento dance, che fosse un po’ sopra le righe e che rappresentasse bene l’atteggiamento canzonatorio che volevamo dare al testo. Le parole sono nate dopo mesi di lavoro a provvigione abbandonato di punto in bianco con un gran malessere addosso. Rappresenta la necessità di gridare che la propria fonte d’oro (di guadagno fisico ma 10
Un lavoro molto articolato? Anche il disco ha richiesto molto tempo. Ci siamo affidati alla produzione artistica di Angelo Epifani. Si è lavorato molto sul suono, l’idea era quella di amplificare il nostro sound utilizzando per lo più gli strumenti suonati da noi. Ci sono infatti ampie stratificazioni di fiati, voci. In particolar modo i fiati sono stati pitchati o manipolati in modo da creare nuovi suoni non direttamente riconducibili allo strumento iniziale. Inizialmente c’era la volontà di non utilizzare strumenti elettronici ma alla fine abbiamo preferito non mettere limiti alla creazione. Proprio grazie ad Angelo Epifani hanno collaborato al nostro disco persone di grande esperienza quali Rocco Marchi (Mariposa, Hobocombo), Francesca Baccolini (Hobocombo), Enzo Cimino (Mariposa, Saluti da Saturno) e Simone Cavina (Junkfood, Iosonouncane). Siamo felici di ciò che siamo riusciti a realizzare con questo importante lavoro di squadra.
soprattutto morale e spirituale) può essere autocostruita. Un inno all’auto-organizzazione, all’autodeterminazione. Un invito a non nascondersi dietro alla burocrazia, dietro alla pigrizia, e dietro l’illusione di essere soli a occuparsi del proprio piccolo mondo come se fossimo tutti sconnessi. Un altro brano che mi incuriosisce molto è Lussuoso Benessere, forse anche per il suo ritmo frenetico che mi sembra piuttosto antitetico rispetto ai concetti espressi. Se è una canzone di fuga (interna), direi che è una fuga piuttosto rapida... Hai ragione, forse un accostamento del genere è nato perché volevamo puntare l’accento sulla rabbia, che a volte viene fuori quando una persona si sente a lungo fuori luogo. Siamo entrambi molto riflessivi e introspettivi, e il nostro sound è espressione di questa contraddizione di fondo: portare alla luce con forza qualcosa che è per sua natura estremamente intimo e delicato. Trovo che ogni brano abbia una stratificazione notevole di suoni. 11
SABER SYSTEME
“Nuevo Mundo” è il nuovo video della band di impronta occitana, che spazia liberamente tra i generi lancia il proprio messaggio “senza confini” anche nel nuovo clip
Testo e foto di Fabio Alcini
Antonio: di video realizzati su brani del disco ce ne sono ben sei, Mary, Saber Décalé, Ikayè, La Revanche, La libertat, Parla Pas. Non che rimanesse molto! Ma si tratta di video spesso realizzati in concomitanza con la realizzazione del brano, quindi anche precedenti all’uscita del disco. Nuevo Mundo è un percorso che si snoda dal 2014 al 2019 e forse è giusto che all’apice e a conclusione si ponga il video che più lo rappresenta, un Nuevo Mundo fatto di pari opportunità e di rispetto dei diritti. Vi va di raccontare la genesi del brano? Fatima: Nuevo Mundo è nato con l’intento di rappresentare una società dove le diverse culture si abbracciano per portare alla luce due valori importantissimi: la fratellanza e l’uguaglianza. Nasce nel 2015, era il momento di farlo, perché discriminazione, stereotipi e pregiudizi oggi sono la regola. Il testo è incentrato su questo mondo immaginario perfetto, sulla sua unione sociale e sulla sua gioia, come recita il ritornello “Cantando con mi vos bailando
Una curiosità: Nuevo Mundo è la title track, e anche una delle tracce più significative, del vostro ultimo disco. Come mai avete deciso di estrarla come singolo a così tanta distanza dall’uscita del disco? 14
Che cosa avete in programma per la bella stagione dei concerti all’aperto che sta per arrivare? Maria Vittoria: L’estate è decisamente la stagione che ci rappresenta meglio e con i nostri concerti cerchiamo di scaldare il cuore delle persone come il sole estivo già fa. Non vediamo l’ora di iniziare a suonare e di portare la nostra allegria in tanti bei posti, inoltre, ci sono stati piccoli cambiamenti all’interno del gruppo, ci saranno più ghironda, più percussioni, più melodie del mondo, perciò i prossimi concerti saranno ricchi di emozioni per noi e si spera anche per il pubblico. Apriremo la stagione il 15 marzo alla Birreria Galot a Dronero, vicino a casa nostra, non mancate!
con mi cuerpo/mirando sempre il sol io tengo il ritmo a dentro” Lo spagnolo usato per il testo, è stato scelto e creato grazie all’aiuto della melodia che si avvicina molto al reggaeton, con il suo ritmo dinamico, le sue sonorità vivaci ma soprattutto per il suo ritmo coinvolgente. Nuevo Mundo è un pezzo gioioso ma ha un significato molto profondo per noi: rappresenta lo spirito intimo di tutto il disco. State lavorando a un nuovo disco? Potete darci qualche anticipazione? Anna: Si, l’obbiettivo è fare un nuovo disco entro quest’anno e sarà ricco di novità! Sperimenteremo nuovi generi, sempre vicini alla musica elettronica e con la solita grinta, ma brani che rifletteranno la nostra crescita come individui e soprattutto come gruppo! L’obbiettivo però, oltre le novità, sarà anche quello di riportare in qualche brano la nostra tradizione, quella occitana! Quindi si, stiamo producendo a ogni prova idee nuove e brani sempre più particolari! Speriamo vi piacciano. 15
LUPO
Il progetto acoustic-folk di Chicco Bedogni, polistrumentista reggiano esordisce con l’ep di ballad originali “To The Moon” E’ vero: in effetti la dimensione acustica mi intriga più o meno da quanto canto, forse perché è quella che più concede dinamica alla voce. Da ragazzino ero affascinato dal volume, dalla “pacca”, poi crescendo ho scoperto la potenza dei silenzi e della melodia. Credo
Ho letto che il tuo allontanamento dalla tua band precedente, gli AmpRive, è stato determinato anche da un problema di salute all’orecchio. Ma mi sembra che la scelta acustica non sia figlia soltanto di questa casualità. Vuoi spiegare com’è andata? 16
Sono curioso di capire la scelta di titolo e copertina, visto che le ballate del disco mi sembrano molto poco fantascientifiche. Devi pensarlo come un collage di pezzi cantati sotto la luna, non per la luna. Al di là di Slow Big Crunch e Brother and I, che parlano delle stelle e dell’universo (e tra l’altro sono i due singoli di questo EP), gli altri pezzi sono lamenti in musica di uomini comuni, nello spirito delle ballad-songs popolari. Provo a darti un’immagine concreta: è come se ti ritrovassi in una notte estiva nell’aia de “l’albero degli zoccoli” o davanti alla baracca dove viveva R.L. Burnside. Con te ci sono braccianti e contadini di ritorno dai campi per i quali, dopo ore di duro lavoro, non c’è altra consolazione al di fuori di una bevuta e una suonata di fronte al cielo stellato. Ognuno di loro ha un male per cui cantare. Suonando si sfogano e così si liberano dalla triste condizione che li accomuna. Ecco, questa idea di un riscatto (temporaneo, quindi illusorio) nella musica, o meglio nel lamen-
si tratti di un percorso abbastanza comune, in effetti… Diciamo che l’ipersensibilità agli alti volumi è stata lo sprone che mi ha spinto a prendere sul serio il mio approccio domestico alla musica: tra le mura di casa ho sempre improvvisato stralci di canzone strimpellando sulla chitarra acustica. Io sono uno di quelli che se ha in mano una chitarra finisce per scrivere una canzone, bella o brutta che sia. La chitarra me la trovo tra le mani anche in bagno, mentre leggo o mentre cucino. Non suonare per un anno intero è stata una vera sofferenza. Per ovviare alla mancanza della sala prove e soprattutto del venir meno delle ore spese nella ricerca di vecchi sintetizzatori, chitarre o amplificatori da sistemare, mi sono comprato una moto d’epoca quando neanche avevo la patente. L’ho restaurata come avrei fatto con un vecchio ARP o con il mio SoundCity e così per un po’ non ho pensato alla musica. Poi per fortuna il problema si è risolto e da allora praticamente non vado più in moto. 17
sul suolo lunare centinaia di souvenirs, come per marcare il territorio”. Pare in effetti che giacciano sulla luna foto di famiglia, palle da golf, banconote, gioielli... Anche di fronte all’impresa più grandiosa l’uomo è sempre uomo, ovvero: anche visti dalla luna siamo esseri finiti, limitati e inermi. Mi spieghi come nasce il racconto di “Whispers to the Wind”? Un pensiero molto semplice: il tempo è l’unico strumento di giustizia per l’uomo. L’invecchiare per poi morire ci rende uguali. La bellezza negata (o per nessuno) è bruttezza. Pratichi un genere che, benché di origine poco “italiana” ha trovato un buon numero di interpreti anche da noi, in particolare nei tempi recenti e nel mondo indipendente. C’è qualcuno che ti piace tra i tuoi colleghi italiani? Onestamente non sono un seguace dell’indie italiano. Ho tanti amici musicisti che ammiro ma non credo di essermi ispirato a nessuno di loro in particolare. Come molti di loro però ho amato il folk americano anni 70, il prog-
to musicale, è il pensiero che in qualche modo mi ha ispirato nel raccogliere questi pezzi che in effetti non nascono come “lunari” ma che sono a tutti gli effetti dei brani notturni. Se ci pensi la luna è l’immagine più immediata della trascendenza: di per sé ci rimanda a un mondo “altro” che possiamo osservare, ogni notte, al di là dei pensieri e delle tribolazioni di tutti i giorni. Dopo aver registrato il disco ho passato questa immagine a mia sorella Lisa che cura la direzione artistica del progetto “Lupo”. Lei, partendo da una pubblicazione della NASA che lista gli oggetti abbandonati sulla luna dagli astronauti che l’hanno visitata, ha avuto l’idea di utilizzare le missioni Apollo per rappresentare “To The Moon”. Si tratta infatti di immagini e video anni ‘70 che sono decisamente coerenti con la mia estetica di riferimento. Ha poi sviluppato una riflessione sull’uomo che va oltre l’impresa lunare e che dice: “quegli stessi eroi che hanno sfidato la morte più atroce e spaventosa, attraversando l’atmosfera terrestre, hanno poi abbandonato 18
lì che è nato l’ep: ci vuoi raccontare com’è nato? Sì, in effetti sto scrivendo le risposte a queste tue domande da una camera di albergo di Omotesando (e tra l’altro qui è l’una di notte e la melatonina comincia a fare effetto…). Vengo in Giappone ormai da più di dieci anni: è un paese fantastico che ti spinge a osare, a metterti in gioco. È una terra di musica, dove trovi intere vie di negozi di chitarre con pezzi rarissimi a prezzi estremamente interessanti o sale prove super attrezzate aperte 24 ore su 24. Ci sono un sacco di musicisti di talento e sto cercando di creare assieme alla GrandTreeHouse Records (mia etichetta giapponese) una sorta di network, come un collettivo dove farli interagire tra loro. Non è facile perché culturalmente fanno fatica a fare gruppo. Il disco l’ho sostanzialmente arrangiato qui nel 2017, principalmente di notte: forse è questa l’origine dell’ispirazione lunare? Perdonami ma ora preferirei chiudere perché quando parto col Giappone rischio di non fermarmi più!
rock ingelse e quello italiano, i Beatles, Hendrix e Bowie. Di italiano piuttosto ho ascoltato i cantautori: De André, Dalla, De Gregori, Tenco, Conte, Battiato e così via... anche CCCP e CSI. Tra gli italiani di oggi apprezzo molto alcuni pezzi dei Nobraino, soprattutto per i testi. C’è però un musicista che mi ispira moltissimo ma non è italiano e non credo appartenga al mondo dell’indie: è Rodrigo Amarante, per me uno dei più brillanti autori e performer di questi anni. I suoi live in solo sono semplicemente perfetti. Hai un rapporto profondo e fertile con il Giappone ed è proprio 19
NULARSE “Sospesi” è il nuovo disco di Alessandro Donin, che aveva già colpito la critica con “Physical Law”. Ora torna, cambia lingua e accoglie un ospite importante
Hai scelto di cantare in italiano questa volta. Da dove nasce questa scelta? La scelta dell’italiano nasceva dalla necessità di andare più a fondo nelle cose che volevo dire. Io con l’inglese me la cavo, ho passato un periodo della mia vita all’estero, viaggio spesso, insomma in qualche modo me la cavo, ma per quanto possa forzarmi non è la mia lingua e non posso esprimermi al meglio. È curioso poi che in
poi che questa scelta aggiunga una nota di originalità al mio lavoro. Come già suggeriscono titolo del disco e title track, molti dei brani del disco fanno riferimento a un periodo di “sospensione” in attesa di svolte future. Vorrei sapere quanto di autobiografico c’è in brani come “Non cambierà” o “Ruggine” o “Tregua” Proprio mentre vivevo all’estero sentivo il desiderio di fare un album che parlasse della mia condizione. Mi trovavo in una condizione di limbo, a una parte in un paese a cui non appartenevo e sapevo non essere il mio futuro, dall’altro il piacere di gustarsi il momento, proprio perché libero dai vincoli del futuro. È un discorso personale, ma è anche quello che prova la mia generazione, e in generale che tutti hanno provato a modo loro. Non si smette mai di attendere qualcosa e ci si sente sempre sospesi, in attesa che qualcosa succeda. Il mio lavoro nasce da immagini e i brani partono da da sensazioni che possono essere realmente esperite o meno, poco importa. Per esempio, in Non
assenza di termini e costruzioni linguistiche approfondite si impoverisca anche il proprio modo di pensare. Mi rendo conto che nel disco precedente, Physical Law, era arrivato fino a un certo punto, invece con questo lavoro volevo andare oltre, dire qualcosa di più e affrontare una nuova sfida. L’italiano è una lingua difficilissima, ma sono felice del risultato. Credo 22
con Saturnino? Saturnino è rimasto colpito da un brano del mio precedente lavoro (Oh Song https://spoti. fi/2VPFrYk), da lì mi è venuto in mente di proporgli una collaborazione su un mio brano. Sono felicissimo e onorato che abbia accettato, sia per soddisfazione personale (non è da tutti i giorni avere il più famoso bassista italiano sul tuo disco) che per la marcia in più che ha acquistato il brano con il suo giro di basso funkeggiante. Dopo Physical Law hai calcato i palchi di numerosi festival. Hai in programma un tour altrettanto impegnativo dopo Sospesi? Physical Law mi ha dato tante soddisfazioni e ho potuto suonare in festival e club bellissimi. Ora ovviamente vogliamo fare ancora di meglio, e con Fresh Yo! stiamo lavorando a un bel tour per l’Italia. Ho il bisogno viscerale di suonare, dopo aver passato così tanto tempo in studio. Da marzo comincerà ufficialmente il tour, potete trovare le date in aggiornamento sui social o sul sito www. nularse.com
cambierà solo l’idea principale è biografica (quanto ci si adatta al mondo pur di star bene), ma non la declinazione in tema d’amore. Tregua invece, sono proprio io sospeso al centro del mare, con lo sguardo rivolto al sole, a pensare a cosa sono, mentre passato e futuro si fondono in preciso istante di coscienza. Mi incuriosisce molto anche la traccia finale, 1999: come nasce il brano e soprattutto come ti è venuta l’idea di includere quel flauto dolce che a scuola tutti abbiamo odiato? Sono felice che questo brano ti abbia colpito in qualche modo. 1999 è un inno all’infanzia e alla nostalgia, e il flauto dolce è la rappresentazione di quel periodo. E poi mi piace prendere sonorità diverse dal solito e farle mie. Avevo il flauto dolce da qualche parte, ci ho dato una spolverata e l’ho usato. Volevo dare un tocco nostalgico e onirico al brano, per questo lo faccio finire affogato in un mare di riverbero, come se ci si trovasse in un dormiveglia. Come nasce la collaborazione 23
LE FASI Forte di un singolo e video come “Ultimo video” la band campana sta lavorando al nuovo album, il primo dopo “Lucida follia” del 2016 Volete raccontare qualcosa di quello che è successo nei primi sette anni di vita de Le Fasi? In sette anni abbiamo condiviso davvero tanto: come si può facil-
mente immaginare abbiamo imparato a conoscerci, supportarci e sopportarci. I live di questi anni sono stati fonte di infinita linfa vitale da cui abbiamo tratto ispira24
ad affrontare e superare gli ostacoli che riserva un percorso musicale come il nostro. (Genny) Potete raccontarci qualcosa in merito al nuovo disco? In primavera ci chiuderemo in sala per dare forma alle nostre nuove canzoni. Affrontiamo questa nuova avventura con grande entusiasmo e con la voglia di far vedere, o meglio sentire, quello che oggi rappresenta il nostro nuovo percorso. Chiuderemo il capitolo “Lucida Follia” con un mini tour dal nome “Ultima Pagina” (nome tratto dal nostro ultimo singolo) , con l’intento di ripercorre i momenti più importanti che hanno caratterizzato il nostro percorso fino ad oggi, con un po’ di nostalgia ma con l’entusiasmo e la carica di chi si proietta verso il futuro! Non vediamo l’ora di riabbracciare, in questi live, tutte le persone che ci seguono da anni e poter dare loro un piccolo assaggio di quel che sarà. Cercheremo di trasmettere tutta l’energia che da sempre ci contraddistingue nei Live per poi canalizzarla nel lavoro in studio e poterla restitu-
zione da incanalare nel prossimo lavoro discografico. Chiaramente anche i concorsi, i festival e le partecipazioni ai programmi televisivi ci hanno temprato e preparato 25
ire con nuovi brani e proseguire il nostro cammino con la consapevolezza di aver tanto ancora da dire e la speranza che ci siano sempre più persone a seguirci! (Ernesto ) Sarà un disco che si distaccherà molto dal vostro precedente, Lucida Follia? Il nuovo disco si distaccherà notevolmente dal precedente Lucida follia innanzitutto perché abbiamo voglia di modificare e rivoluzionare il nostro sound mostrando la
nostra crescita artistica. Inoltre avremo la fortuna di essere seguiti già durante la composizione e la registrazione da alcuni degli esperti della casa discografica Alka Record, label leader nel settore discografico e con esperienza decennale alle spalle. Sentivamo il bisogno di avere uno staff che ci aiuti ad enfatizzare le nostre potenzialità tecniche ed il nostro lato artistico. (Genny) Facendo un piccolo passo indietro mi raccontate com’è nata Ul26
tima pagina e relativo video? Ultima Pagina nasce dal racconto di ciò che è stato e ciò che sarebbe potuto essere, ma allo stesso tempo definisce il vero concetto di Ultima Pagina, ovvero un capitolo ormai chiuso e che nessuno riaprirà mai. Il video, girato da Claudia Nappi , nasce da un’idea di Genny e Claudia. Nel brano si parla di passato e di storia vissuta e quale miglior luogo se non l’archivio storico, che le rappresenta
entrambe. Il resto lo lascio ai lettori che guarderanno il video. (Enzo Servo) Siete in procinto di ripartire in tour: con che spirito? Sicuramente con maggior sicurezza e maturità. Le esperienze precedenti ci hanno parecchio rafforzato e caricato e questo ci da un grande senso di responsabilità verso il nostro progetto, verso chi ci segue in tutta la penisola e soprattutto verso noi stessi!
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ESPOSITO
“La necessità di scrivere questo disco nasce da una sensazione di smarrimento”: così il cantautore spiega la genesi di “Biciclette rubate”, il nuovo album, tra consapevolezza e scelte di facciata Questo secondo disco arriva dopo un buon numero di esperienze che hai maturato. In che cosa si differenzia per l’approccio rispetto al tuo esordio?
Forse ho un po’ più di consapevolezza di me stesso, quindi forse il mio approccio potrebbe sembrare più maturo rispetto a quando ho iniziato. In realtà è tutta facciata, ho sempre la stessa ansia di sempre, da sempre e per sempre Hai spiegato che questo disco nasce da una sensazione di smarrimento che è stata decisiva anche per il titolo. Ti capita spesso di sentirti come una “bicicletta rubata”? 30
Mi capita almeno tre/quattro volte al giorno, tutti i giorni. Pensavo che con il tempo avrei imparato a gestire questa sensazione, ma in realtà più vado avanti è peggio è. A livello sonoro mi sembra che ci sia molta varietà nel disco: è una scelta progettuale? Mi fa piacere che tu abbia notato questa cosa. In questo disco avevo necessità di sperimentare e così è stato. Più che una scelta progettuale è stato uno svarione menta-
le. Deepa, il produttore artistico di questo disco, mi ha assecondato e Luovo, la mia etichetta, mi ha lasciato totalmente libero di esprimermi come volevo. Magari il prossimo disco lo faccio chitarra, archi e voce, è una cosa che voglio fare da tanto. Come nasce “Bollani”? “Bollani” è un viaggio sia fisico che mentale. Mi trovavo a Mauritius, era il giorno del “Pongal – Makara Samkranti”, c’era un fiume di gente che camminava in senso opposto al mio per andare al tempio sul mare per rendere omaggio agli dei, io non ricordo dove stessi andando, ma in quel momento mi sono sentito in contromano. In quel periodo ero in fissa con Stefano Bollani, spesso ascoltavo Carioca mentre guardavo l’oceano indiano, intanto scrivevo di quello che mi passava per la testa: pensieri di quel momento, ricordi passati. Così ho pensato di omaggiare uno dei miei pianisti preferi-
ti chiamando questa canzone Bollani, forse senza di lui non l’avrei mai scritta. Le esibizioni dal vivo sono sempre state un asse portante della tua attività di musicista. Che cos’hai in programma per il prossimo tour? In questo momento sono in fase di organizzazione. Sarà sicuramente un live diverso rispetto a quello del tour precedente, ma non voglio anticiparvi niente, così siete costretti a venire ad ascoltarci. 31
CAMERA A SUD
“Donna” è il nuovo singolo della band catanese e rivisita in chiave moderna il brano del crooner Nicola Arigliano mettere su una swing band. In men che non si dica, nonostante ognuno di noi quattro abitasse in città completamente diverse e distanti tra loro, la musica e la voglia di mettersi in gioco hanno preso il sopravvento catapultandoci in un’avventura che dura ormai da sette anni.
Qual è la vostra storia? I Camera a Sud sono Manuel Castro (voce), Giuseppe Nasello (chitarra), Carmelo Siracusa (Contrabbasso) e Ivan Newton (batteria). Tutto nasce dalla mente di Carmelo che in uno di quei tipici giorni afosi siciliani, mentre suonava, ebbe la felice idea di 32
Che cosa vi ha spinto a rileggere il classico di Arigliano, Donna? Abbiamo sempre ammirato il nostro Nicola Arigliano per la sua Musica, il suo modo di cantare e la sua genuina simpatia. Stavamo arrangiando diverse canzoni in chiave electroswing e ad un certo punto ci siamo detti, la prossima canzone sarà “Donna”. Troviamo questo brano molto elegante nella sua semplicità, una linea melodica d’altri tempi e un breve testo che racchiudono in sé un intero universo, quello femminile, che rimane sempre misterioso, affascinante e verso il quale nutriamo infinito rispetto. L’uscita del brano non poteva che cadere proprio per il giorno in cui si celebra una ricorrenza così particolare ed intensa come quella dell’8 marzo. Mi sembra che anche il video sia piuttosto significativo: ne volete parlare? Cercavamo un’idea originale, anche perché nei precedenti video siamo
stati sempre noi i protagonisti, stavolta volevamo metterci un po’ da parte. Il nostro regista ha avuto l’idea brillante di raccontare questa canzone attraverso i personaggi dei Peanuts. Questo Charlie Brown che si aggira per la città e che cerca in tutti i modi di corteggiare la ragazza dai capelli rossi di cui è follemente innamorato. Secondo noi è un video leggero, solare caratterizzato anche da tratti malinconici e momenti di ilarità. Il connubio perfetto attraverso le immagini per descrivere il brano.
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in città, la gente era molto incuriosita, Non si vedono ogni giorno dei “Peanuts” in giro. A quando un nuovo lavoro su distanza lunga? Qualche anticipazione? Stiamo continuando a lavorare sull’arrangiamento di nuovi brani in chiave electroswing per il nostro spettacolo e nel frattempo lavoriamo anche su materiale inedito. Siete in partenza per il tour. Visto che il vostro repertorio è classico ma riletto alla vostra maniera, qual è la reazione del pubblico abitualmente? Che cosa vi aspettate per le prossime date? Per noi è motivo di grande orgoglio suonare questa musica, ci abbiamo lavorato molto durante gli anni e continuiamo a farlo cercando sempre di dare la nostra impronta personale a ogni brano. Abbiamo scelto con la creazione di questo progetto di rispolverare tutte quelle canzoni italiane
La creazione dei personaggi in cartapesta è stata affidata alla stylist Iolanda Mariella, che dobbiamo dire è stata perfetta nella realizzazione di Charlie e Lucy era proprio come li avevamo immaginati. Gli attori all’interno delle teste vedevano davvero pochissimo ed è stato bello farli interagire 34
che hanno avuto successo dagli anni ’30 in poi, canzoni sempreverdi, divertenti che con l’ironia e la semplice ricercatezza dei testi raccontavano e a volte raccontano ancora la società, i vizi e i pregi del nostro paese. Abbiamo scelto brani conosciutissimi, oggi forse caduti un po’ nel dimenticatoio, e crediamo sia un gran peccato tutto ciò perché ci rendiamo conto, durante i nostri live, che ancora suscitano grande allegria ed emozione. Sicuramente la scelta
di questi brani ci ha dato l’opportunità di metterci in evidenza. Per le prossime date ci aspettiamo sempre di divertirci e far divertire chi ci viene ad ascoltare cercando di rendere tutti partecipi di una grande festa. www.cameraasudband.it www.facebook.com/CAMERAASUDBAND/ www.instagram.com/cameraasudband/?hl=it www.youtube.com/user/Cameraasudliveband1 35
ANGELO SICURELLA
Due remix per “Yuki O”, title track dell’ultimo disco dell’ex Omosumo. Tra sperimentazione, collaborazioni artistiche e nuovi modi di scrittura Puoi raccontare come nasce questa operazione di remix/rilancio della title-track del tuo ultimo disco? Il remix è una pratica in uso da molto tempo e l’ho sempre visto come un modo per confrontarsi con altri punti di vista. Qualcuno prende una parte di te, di quello che hai scritto e lo manipola. E questo procedimento di rielaborazione è una cosa che mi inte-
ressa a cominciare dal fatto che sono io il primo manipolatore dei miei suoni. Spesso ci sono brani che nascono da suoni di altri brani, stretchati o editati fino a renderli irriconoscibili se paragonati al punto di partenza e questo mi porta a esplorare altri mondi. Il remix rappresenta tante cose insieme, è un processo di rielaborazione, fornisce un’altra chiave di lettura di un brano o di un frammento di questo. Non ultima, la 36
bellezza di potere diventare altro a cui non avevi pensato. Direi che è il caso di approfondire sia come nasce la canzone, sia chi è, nel dettaglio, Yuki O Yuki O è una figura con cui ho scelto di interagire nel corso della scrittura del disco. È il mio alter ego in certe occasioni e altrimenti è una persona appena incontrata nella mia mente, che vive lo stesso mondo frenetico che viviamo noi. A volte quando scrivo immagino sempre un personaggio maschile o femminile a cui mi rivolgo. A volte parlo con qualcuno fuori di me. A volte quell’ombra sono io stesso. Questa volta ho deciso di darle un nome, Yuki O per l’appunto. Mi piace il suono, mi piace il significato. La canzone nasce dal racconto di una storia di abbandono del corpo, in parte vera. Siamo nella stanza di un appartamento. Ai piedi della porta cade un fascio di luce dal lucernario di questa mansarda. Su quel punto di luce ci sono dei vestiti, per terra. Sono gli abiti di chi è trapassato. Il testo racconta una storia di abbandono, una parafrasi di come le
cose cambino sotto i nostri occhi e di quanto è naturale sia così e non possa essere altrimenti. Come hai scelto le due artiste che hanno messo mano ai remix? Laura, avevo avuto modo di vederla suonare dal vivo con i Julie’s. Mi piace la delicatezza e la profondità che usa nell’immergersi all’interno di un contesto sonoro. Guenter Raler, me l’ha fatta ascoltare per la prima volta Damiano Miceli, che si occupa del management. A primo ascolto del suo soundcloud, che invito ad ascoltare, mi è subito piaciuta, con un estro e una freschezza che mi hanno colpito subito. Nell’ottica dei remix, proprio per quello che abbiamo detto sopra, penso sia fondamentale che ti piaccia quello che fa la gente con cui vuoi collaborare. E questo ne è un caso esplicito. Quali sono i prossimi passi discografici che affronterai dopo “Yuki O”? Qualche anticipazione? In questo momento sto sperimentando parecchio. Sto scrivendo e non so da che parte mi muoverò, 37
cioè dove andrò a finire alla fine di questo processo. Mi piace pensare a quello che faccio come un percorso. E questo percorso di evoluzione dei suoni passa dai processi di creazione dei suoni e dei testi. Ho sempre desiderio di spingermi oltre quello che ho fatto. E mi annoia l’idea di trincerarmi dentro una forma preconfezionata o convalidata da una parvenza di conferme. Per adesso posso dirti che sto facendo delle lunghe sessioni di registrazione in cui sto campionando e manipolando diversi suoni. Registro sessioni di circa venti minuti e stratifico delle tracce che 38
dialogano tra di loro nel corso di questi venti minuti. Successivamente comincio a editare e a stravolgere i suoni. Un piatto di una batteria diventa un synth. Così come il frammento di un synth diventa lo snare di una parte di brano. È un processo lungo, per me fondamentale e tremendamente divertente. È un modo di lavorare che ho cominciato con Yuki O (Ubriachi di sale ne è un esempio eclatante), adesso è diventato fondamentale. Sono alla continua costruzione di una mia personale libreria di suoni. Questi suoni incontreranno le melodie dei brani
che verranno fuori, insieme ai testi a cui sto lavorando e su cui sto facendo un lavoro diverso da Yuki e da Orfani. Collabori con alcune danzatrici per la realizzazione di spettacoli teatrali; non è proprio consueto per un artista “pop” (se pure di tipologia sicuramente molto alternativa). Come nascono e soprattutto che cosa ti regalano queste collaborazioni? Queste collaborazioni fanno parte del percorso di cui parlavo poc’anzi. Le performance di pittura sonora (ovvero facendo suonare il pennello che passa sulla tela, microfonando la tela su cui striscia il pennello o le dita o la spatola di Igor Scalisi Palminteri, il pittore con cui collaboro), la scrittura per il teatro o per la danza sono un modo per confrontarmi con altri mondi espressivi, ancor di più nella danza che, in questo senso, mi porta alla parte più visionaria di me. Non amo in generale ciò che è didascalico e la danza è capace di farmi dialogare con una parte irrazionale di me, dove il mio linguaggio si incontra con il
linguaggio dei corpi danzatori e delle danzatrici su una nuvola che non è la terra su cui poggiamo i piedi adesso. In questo senso la sperimentazione prende ancora più campo. E qui subentrano i tape loop con i nastri delle vecchie cassette e strumenti autocostruiti. Ultimamente mi diverto a tagliare fisicamente un loop di nastri a mano, li incollo con lo scotch, gli registro su dei suoni utilizzando un registratore multitraccia per audiocassette e poi li stratifico facendo suonare insieme più walkman mentre mi dedico all’elettronica con drum machine e synth. A oggi sto scrivendo per uno spettacolo che farò con Giovanna Velardi, una sorta di match tra musica e corpo. Sto scrivendo per uno spettacolo di Giuseppe Muscarello e non manco mai di collaborare con Federica Aloisio che è anche la mia compagna. Adoro il mondo della sperimentazione e queste collaborazioni nel mondo della danza o del teatro, sono dei momenti di pura libertà che mi portano a giocare tanto. E per me è di vitale importanza. 39
THE MIGHTIES “Augustus” è il nuovo disco della garage band di Perugia, ricco di fascinazioni vintage e di cazzotti nello stomaco
Potete raccontare la vostra storia? Siamo una band di provincia, nati dall’esigenza di dare sfogo ad una voglia di musica primordiale, selvaggia, senza tanti fronzoli. Fondati nel 2006 e con formazione stabile dal 2010 siamo ancora affamati di stare sul palco e di
coinvolgere il pubblico nella nostra pazzia. Quello che non è mai cambiato è stato il nostro modo di fare musica. Ci piacciono gli amplificatori al massimo, le melodie dirette e autentiche. Ci piace sudare e far ballare. Avete scelto di pubblicare il di42
sco in vinile, una scelta di campo piuttosto definita. Potete spiegare le motivazioni? Semplice, sono scomparsi dalle auto i lettori cd. Scherzi a parte, siamo una band che ha un occhio, quello strabico, rivolto al passato. Il vinile è un simbolo culturale
Mc5, Fuzztones, The Cramps, The Hives e tutte quelle meravigliose band meteore che hanno caratterizzato il garage anni ‘60 dove facevi un singolo di successo e nel giro di poco eri di nuovo a suonare in garage per il resto della tua vita. Live fast baby! In questo disco non avete incluso cover. Dovendone scegliere una, quale avreste inserito? Don’t look back dei Remains senza alcun dubbio. Immagino che il lato live della vostra band sia il più spettacolare. Come potete descrivere un vostro concerto? Proviamo a darci e a dare al pubblico un pugno nello stomaco. Sul palco siamo autentici, siamo noi, siamo casinari. Non abbiamo quegli show preimpostati. Gli stessi versi, la stessa carica, la stessa attitudine la abbiamo anche in sala prove quando è un anonimo mercoledì sera e ci sono 3 gradi Celsius nell’aria. Ecco, dopo quattro canzoni siamo in maniche corte e sudati. Magari poi facciamo pure a cazzotti.
per chi ama la musica oltre che un oggetto da collezionare. Ci piace l’idea che la nostra musica sia stata prodotta con gli stessi criteri utilizzati da band come gli Yardbirds, gli Stooges, i Velvet Underground. Però siamo anche su Spotify e simili, perchè il luddismo è da coglioni! Mi sembra evidente il fascino vintage della vostra musica. Quali sono le vostre band cardine? La musica che suoniamo è quella che ha influenzato maggiormente la nostra vita e soprattutto il nostro modo di vivere la musica, il palco e la sala prove. Stooges, 43
WONDERKAOS
Alice nasce in un piccolo paesino nella provincia di Venezia, e dopo anni di studi in grafica si trasferisce a Roma, dove darà priorità assoluta a scrittura e musica, adottando un nome d’arte particolare e firmando il primo singolo, “Kaosuale” Puoi raccontare la tua storia? “Prima ho inparato ad allacciare le scarpe e poi a camminare”. In seguito al conseguimento del diploma in grafica e comunicazione del messaggio visivo, ho operato per cinque anni nel settore dell’ab-
bigliamento, in contemporanea ho seguito un corso di studi per conseguire una laurea telematica in scienze della comunicazione. Arte, spettacolo, immagine e musica hanno da sempre avuto una presenza costante e invadente 44
nella mia vita, quasi priva di alternative. Così in seguito ad una maturazione professionale e alle varie occasioni prese e perse che mi hanno permesso di dare importanza estrema al mio futuro, ho scelto di ascoltare i miei più profondi sostenitori. Come nasce il tuo nuovo singolo Kaosuale? Dopo l’uscita di Kaosuale, il mio primo singolo, sono riuscita a superare una parte di vita e un trascorso che mi ha segnata particolarmente. I due anni precedenti a quello attuale non sono stati tra i miei migliori, ho perseverato a volte anche contro mio pieno volere, in molte vicende non di poco spessore, in particolare, una di cuore. Attinente ed espresso nel testo da poco citato. La musica accompagna la mia vita da sempre e la scrittura per me è il modo più elegante ed efficace che conosco, per provare a condividere ciò che è parte di tutti noi, spesso, l’ intermittenza tra soddisfazioni e demotivanti. Nel brano in questione l’interpretazione è fortemente sentita e voluta, la forte difficoltà nel
prendere quota con la voce, come ad indicare un periodo estenuante, la cornice di un quadro tanto sudato, che per la stanchezza affievolisce la voce e le forze. Quali saranno i passi successivi? Hai in programma un album? Non ho in progetto un album, nell’immediato, ma mi auguro di riuscire a produrre un nuovo singolo entro la prossima primavera, che vedrò come metamorfosi di quello in questione, quindi che porti un tempo nuovo e rivoluzionario. So che oltre alla musica hai altre passioni artistiche: ce ne vuoi parlare? Oltre alla scrittura e al canto, amo la pittura, mi presto a rappresentare ciò che sento, o ciò che gli oggetti mi trasmettono, sulla tela a volte facendoli diventare di arredo o design. Provenendo da scuole di impronta comunicativa, nello specifico del messaggio visivo e delle arti figurative, anche la fotografia è una mia prepotente passione e la abbino spesso in arte digitale a pensieri che stendo in armonia con essa. 45
ALESSANDRA FONTANA
Dopo un inizio di carriera dedicato alle cover, si è riscoperta cantautrice: “Semplicemente”, il nuovo album, ne è il risultato per imparare qualcosa ed anche per esternare la mia felicità. Per molti anni ho utilizzato canzoni scritte da altri autori per addentrarmi in questo percorso, finché, iscrivendomi a un corso di canto, sono stata “costretta” a cimentarmi nella creazione di una canzo-
Dopo anni passati a cantare cover, hai sentito il desiderio di cantare la tua “verità”: com’è andato questo processo? Cantare è sempre stato per me il modo migliore per esprimere le mie emozioni, per trasformare i momenti difficili in opportunità 46
ne. Dopo aver scritto alcuni brani ho iniziato a capire che mi sentivo più vera, più autentica quando cantavo le mie “verità”. Così ho scelto di seguire questa sensazione. Le tue canzoni arrivano da un percorso lungo oppure sono arrivate tutte insieme e in breve? Il percorso che mi ha portato a scrivere tutte le canzoni dell’album è stato relativamente breve. Dopo aver finito di scrivere il primo brano, nei mesi successivi, ho composto altre canzoni, perché sentivo il bisogno di far “materializzare” un cammino introspettivo che avevo iniziato precedentemente. Più lungo, invece, è stato prendere la decisione di pubblicare l’intero album. Avevo bisogno di fortificarmi dentro prima di presentare agli altri la mia interiorità. Come nasce Tempo? Tempo nasce dalla consapevolezza che la vita scorre e che non si può tornare indietro. Questo pensiero genera paura verso il futuro che è, per sua natura, incerto. Più forte della paura è il potere della musica di far scivolare via tutte le
angosce, aiutandoti a cambiare la prospettiva da cui guardi la vita. Si spalanca così una nuova opportunità che permette di vedere gli errori come un’occasione per imparare e di conoscere una nuova parte della propria essenza. Hai in preventivo di tornare a esibirti dal vivo, questa volta con canzoni “tue”? E se sì che tipo di emozione è? Sicuramente l’obiettivo è quello di esibirmi dal vivo con le mie canzoni. Al momento ho presentato il progetto in piccoli eventi privati e già in queste situazioni “intime” ho potuto sperimentare le emozioni che mi suscita. Le sensazioni sono più forti rispetto all’interpretare solamente. Non si tratta solo di cantare bene un brano, ma di trasmettere una parte di me a chi mi ascolta. C’è maggior paura inizialmente, ma questa si dissolve nel momento in cui inizio a cantare e mi rendo conto che ogni brano lo vivo appieno e mi ritrovo a essere vera nell’interpretazione senza dover fare nulla di speciale. C’è un maggior coinvolgimento emotivo. 47
BUGO “CHE DIRITTI HO SU DI TE” #quellochesentivo
di Chiara Orsetti
Una canzone dalle vite molteplici: il brano compare nell’album “Golia & Melchiorre” del 2004, poi è inclusa nella ristampa di “Contatti” del 2008 in versione live più elettronica. Nel 2008 il regista Cristian Dondi ha realizzato un videoclip utilizzando alcuni filmati live dal tour. Ma il brano compare anche nella colonna sonora di “Missione di pace” del 2011 46
Confusa e felice. Come quando si gioca a carte, dover comprendere da mosse e sguardi la dimensione del mio spazio, la frequenza del mio battito, la forza del mio abbraccio.
la mia paura è una botta sul muro che mi distoglie da un futuro sicuro fuggire da te Confusa e ammaliata. Dal fascino del sentirsi desiderabile, dal sapore di un altro bacio che sembra desiderio e invece è medicina, antidoto, forse veleno.
Che diritti ho su di te? non sempre ciò che dico è giusto pensare di avere buon gusto che diritti ho su di te?
La mia fortuna qual è? sapere di essere il tuo pensiero che ti allontana dal tuo buco nero la mia fortuna qual è?
Quando vieni in città? più vicino per sentire la tua mano per andare con te più lontano quando vieni in città?
Mi hai chiamato tu il mio silenzio è una spada appuntita agitata in quest’aria appesantita mi hai chiamato tu
Confusa e impaziente. Tutto quello che pensavo di sapere sull’amore è stato raccolto con scopa e paletta, come cenere fumosa di una stufa. Completamente irriconoscibile ai miei “io questo mai”, senza un tempo da definire e un calendario da rispettare.
Lo so cosa voglio. Uno stampo dentro cui colare dentro, insieme, e uscirne saldamente stretti, in due.
Cosa ci aspetterà? nel bidone tutti i dizionari sul tabellone non ci sono gli orari cosa ci aspetterà? Fuggire da te
Che diritti hai su di me? inchiodare al muro una rosa un quadro che mi dice qualcosa
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