ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI URBINO - SCUOLA DI SCENOGRAFIA
ALL THAT FALL #01
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Introduzione
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Il progetto
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Mise en place
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No hay banda
INTRODUZIONE
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Introduzione All that fall è uno spettacolo teatrale della Scuola di Scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Urbino, pensato come secondo capitolo di una trilogia sulla città che indaga e sviluppa le variabili dell’abitare umano. Se nel primo episodio, lo spettacolo In una foresta di_segni, messo in scena a maggio 2021, è stata adottata la prospettiva della città osservata dall’alto, All that fall mette a fuoco la realtà del singolo individuo in tutte le sue vicende. Il film Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders ha suggerito con precisione il punto di partenza di entrambi i capitoli: lo sguardo imparziale ed esterno di una figura “altra” nel primo,
il desiderio della medesima creatura di precipitare con impeto verso la vita terrena nel secondo. La drammaturgia viene scritta solamente in un secondo momento, adattandosi all’ambiente progettato, lasciando allo spazio scenico il potere di condurre il racconto. Il cadere diventa nucleo di interesse del nostro studio e per descriverne le infinite declinazioni sono stati ideati due ambienti apparentemente contrapposti: l’uno puramente analogico, materiale, umano; l’altro caratterizzato da una dimensione digitale, ambiente saturo di contenuti mediatici.
L’implausibile coesistenza dei due spazi dettati da regole e linguaggi differenti è essa stessa scintilla di ciò che accadrà al loro interno. Il progetto sarà presentato all’edizione 2022 della rassegna TeatrOltre, iniziativa dell’AMAT (Associazione Marchigiana Attività Teatrali). Il corpo studentesco ha portato avanti il lavoro dividendosi in quattro studi di progettazione, procedendo in maniera indipendente o con un singolo tavolo decisionale a seconda delle necessità.
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L’esistenza di due spazi opposti genera irrimediabilmente l’idea di un terzo ambiente, zona di catalizzazione e dialogo che a fasi alterne parteggia con l’una o l’altra dimensione. Progettando lo spettacolo all’interno dell’Aulateatro della Scuola di Scenografia, è stata ipotizzata la costruzione di un secondo palco simmetrico a quello già presente, posizionato nella metà opposta dell’aula. Fra i due palcoscenici oscilla un terzo elemento pendente dal centro del soffitto (uno schermo televisivo, un sacco da boxe, o forse una vasca di pesciolini rossi), il quale media l’azione della rappresentazione.
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“Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure, anche se il filo del loro discorso è il segreto, le loro regole assurde, le prospettive ingannevoli, e ogni cosa ne nasconde un’altra.” Italo Calvino, Le città invisibili, 1972
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IL PROGETTO
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Il progetto Nella polarità creata contrapponendo i due palchi, analogico e digitale, sono stati inseriti elementi scenici opposti ma dialoganti. Lo sguardo è stato rivolto verso la stazione di controllo della Nasa dell’Apollo 11 del 1969 e l’aeroplano monomotore The Spirit of Saint Louis: Il primo allunaggio e il primo volo in solitaria raccontano la volontà di rompere i confini terreni e raggiungere il cielo contrastando la forza di gravità. L’utilizzo di una scatola prospettica rende possibile collocare ogni oggetto in una precisa posizione, permettendo di avere un
primo approccio con lo spazio. Inserire un aereo all’interno dell’Aulateatro permette un gioco di sproporzione che fuoriesce dalla scatola prospettica ed incombe nello spazio a disposizione. Per sottolineare la sensazione di precarietà e di caduta, l’aeroplano è pensato appeso a cavi che permettono la sua oscillazione sulla scena.
condanna. Misura e dismisura convivono in un reticolo solo apparentemente capace di suggerire i confini di ogni cosa.
Seppur All that fall richiami l’opera di Samuel Beckett, l’esperienza del cadere non va intesa con la stessa visione drammatica di quest’autore. Il motore dello spettacolo si volge infatti verso una visione della caduta come una scelta piuttosto che una
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Milan Kundera, L'insostenibile
“La vertigine è qualcosa di diverso dalla paura di cadere. La vertigine è la voce del vuoto sotto d
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e leggerezza dell'essere, 1984
di noi che ci attira, che ci alletta, è il desiderio di cadere, dal quale ci difendiamo con paura.“
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Sul palcoscenico dell’indeterminazione non potevano mancare le traiettorie di due sollecitazioni ineludibili. 1 Lo Spirit of St. Louis che attraversa l’oceano pilotato in sola compagnia di Charles Lindbergh
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2 Gli uomini della Nasa durante le peripezie che li portarono sulla luna, ripresi in un ufficio con innumerevoli terminali accesi, attraverso i quali misteriosamente controllavano il volo dell’Apollo. Due luoghi lontani che si condizionano reciprocamente.
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La progettazione del “diagramma del campo visivo” di Herbert Bayer, grafico austriaco proveniente dal Bauhaus e trasferitosi a New York nel 1938, affronta un momento nodale, il ribaltamento delle pratiche espositive apportate dall’arte concettuale e comportamentale, dall’allestimento come opera d’arte all’installazione e inclusione dell’osservatore.
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Eugenio Montale, Forse un mattino andando, 1925
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La caduta provoca uno strappo che può essere rivelatorio. La rottura traccia una linea di demarcazione tra un prima e un dopo. L’impatto crea una frammentazione che conduce a nuove strade.
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VARIAZIONI SUL TEMA
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La scatola prospettica permette di definire in modo scientifico le esatte proporzioni degli elementi in essa presenti.
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“Bisogna vedere in azione davanti ai propri occhi queste sostanze all’apparenza inerti, e tuttavia intimamente sempre disposte, ed osservare con partecipazione il loro cercarsi, attirarsi, assorbirsi, distruggersi, divorarsi, consumarsi, e poi il loro riemergere dalla più intima congiunzione in forma mutata, nuova, inattesa: allora si che si deve attribuire loro un vivere eterno, anzi, addirittura intelletto e ragione, dal momento che i nostri sensi appaiono appena sufficienti ad osservarli e la nostra ragione a stento capace di interpretarli.” Johann W. Goethe, Le affinità elettive, 1809
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Un laser di sicurezza protegge un bunker con i suoi raggi rossi che riflettono sulle cristalline strutture geometriche.
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MISE EN PLACE
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Mise en place Se In una foresta di_segni i pensieri degli abitanti delle città invadono le strade, in questo spettacolo un singolo cittadino diventa l’unico protagonista della scena.
Sul palco è posta una tavola che un attore imbandisce secondo le regole del galateo. Improvvisamente l’equilibrio creato viene spezzato da un’interferenza esterna e il piano si inclina mandando in frantumi la composizione perfetta. Il personaggio rientrerà in scena per raccogliere i cocci e riassemblarli attentamente cercando di ripristinare al meglio la disposizione iniziale. Mentre nel palco analogico
quest’azione si ripete più volte, nella parte digitale la tavola resta immutata.
La ripetizione del gesto diventa meccanica, surreale e grottesca. Un chiaro esempio di questa dinamica si può trovare nel film Institute Benjamenta di Stephen e Timothy Quay, tratto dal romanzo Jakob von Gunten di Robert Walser, nel quale gli esercizi per diventare domestici portano ad una spersonalizzazione dell’individuo. Il gesto stesso del cameriere di “servire” si manifesta in una doppia accezione semantica: “servire a qualcosa” e “servire qualcuno”.
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“E la canzone andava elegante,
Solo il batterista nell’ombra
Questa qui aveva occhi da
l’orchestra era partita,
guardava con sguardi cattivi
lupa e masticava caramelle
decollava
Quei due danzavano bravi, una
alascane.”
I musicisti, un tutt’uno col
nuova cassiera sostituiva la
soffitto e il pavimento
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Paolo Conte, Boogie, 1981
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È stato pensato un tavolo lunghissimo da apparecchiare e vari elementi che irrompessero nella scena intralciando il lavoro del cameriere: un ladro che entra dalla finestra e cade rocambolescamente fra le stoviglie, una sconsolata bohémienne che piangendo tira la tovaglia per asciugarsi le lacrime o un elemento divino, oracolare, che misteriosamente e senza una ragione precisa è in grado di ribaltare il tavolo.
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Lo scopo di una natura morta era quello di sfoggiare le ricchezze materiali del facoltoso committente: alimenti ricchi, cibarie rare, oggetti preziosi che alcuni potevano appena sognare.
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Era l’ostentazione di oggetti personali esposti in un modo talmente preciso e particolareggiato da creare un inganno di realtà e suscitare desiderio ed attrazione.
Il cameriere apparecchia la tavola non solo con stoviglie e posate di pregio, ma con elementi di una vita vissuta, oggetti segnaposto di ricordi lontani.
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La scatola prospettica diventa qui uno spazio quasi asettico, ispirato alle ricerche di Super Studio e al Lax Bar, contenente però l’elemento organico delle nature morte: vasi di fiori, cibi e bevande, arricchiscono la tavola che il cameriere si occuperà di sistemare con minuzia.
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“Tutta la differenza, signor Meis, fra la tragedia antica e moderna consiste in ciò, creda pure: in un buco nel cielo di carta.” Luigi Pirandello, Il fu Mattia Pascal, 1904
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NO HAY BANDA
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Conclusioni oppure In fine oppure No hay banda 80
No hay banda 1
Se lo scopo del gioco era quello di fornire al drammaturgo (o alle drammaturgie?) una scaletta lo spazio è stato rimodellato di intenzioni questi sono i inserendo degli spalti dalla punti che determinano parte opposta dell’azione questa proposta. scenica.
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I progetti finali mantengono l’idea della griglia prospettica ridefinita in una quadrettatura che continui a sottolineare l’enfasi posta al concetto di misura.
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Le gradinate per il pubblico sono del verde tale da poter utilizzare la tecnica del chroma key, così da poter creare un’interazione virtuale tra spettacolo e spettatori.
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Nella geometria della pavimentazione del palco sono presenti elementi collocati sulle coordinate del reticolo.
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Una parete mobile permette L’effetto prospettico conduce l’occhio dello di suddividere lo spazio in spettatore ad un fondale diversi modi. trasparente, dietro al quale è celato un oracolo. La sua presenza misteriosa è evidenziata da una copiosa nebbia che maschera la sua persona dandole la possibilità di mostrare il gesto della scrittura sulla parete del cellophane senza rivelare il proprio volto. È molto probabile senza volerlo David Lynch sia il “convitato di pietra” di queste suggestioni.
Il divertimento è stato quello di offrire, travestito da scenografia, un piccolo programma di scrittura con App interessanti. Il pubblico non è il destinatario di questo programma ma ne è parte. La sua postazione non è altro che una camera verde in cui mentre osserva lo spettacolo è parte integrante del suo stesso osservare. Una storia è modificata dal momento in cui noi la guardiamo. La narrazione, il punto di vista e le riflessioni speculari impongono ai propri parlanti un’immagine della realtà modificando la comprensione dei concetti più basilari di chi la narra: lo scorrere del tempo, la posizione degli oggetti, la dinamica degli avvenimenti.
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ALL THAT FALL SCUOLA DI SCENOGRAFIA - ACCADEMIA DI URBINO AULATEATRO VIA TIMOTEO VITI 1 URBINO PIANTA 19/01/2022 A.A. 2021/2022 88
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MONITOR 1
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STUDIO ARENA Maria Arena Carolina Caramelli Pierluigi Cantagallo 92
Martina Frattalemi Valentina Fusaroli Elisa Marchetti
STUDIO LILLINI Francesca Della Martera Emma Gregori Lisa Leone Valentina Lillini
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STUDIO POZZI Pierfrancesco Bada Lucia Lancellotti Elisa Pozzi 94
Lorenzo Rossi Francesca Vagnozzi
STUDIO REBECCHINI Emanuele Rebecchini Martina Polimeno Giorgia Ottavi Giada Simoncelli
Si ringrazia per la vanità di queste foto la magnifica disponibilità dello Studio Amati-Bacciardi 95
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Elisa Marchetti
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Nasa, Apollo11, 1969 e The spirit of Saint Louis, 1927
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Francesca Vagnozzi
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Pierluigi Cantagallo
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Herbert Bayer, Diagram of the field of Vision, 1930
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Giada Simoncelli
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Maria Arena
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Lucia Lancellotti
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Lorenzo Rossi
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Emanuele Rebecchini
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William Turner, Norham Castle: alba, 1845
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Lorenzo Rossi
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Emanuele Rebecchini
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Elisa Marchetti
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Lorenzo Rossi
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Elisa Marchetti
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Francesca Della Martera
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Elisa Marchetti
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Francesca Della Martera
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Lisa Leone
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Francesca Della Martera
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Lisa Leone
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Vlentina Lillini
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Maria Arena
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