In una foresta di segni versione contratta

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ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI URBINO - SCUOLA DI SCENOGRAFIA

IN UNA FORESTA DI SEGNI



Indice Premessa

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Lo spettacolo

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Il metodo

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Studio e progettazione

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La drammaturgia e contenuto

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Conclusione



“Chi mai, s’io grido, m’udrà dalle schiere celesti? E d’improvviso un angelo contro il suo cuore m’afferri, io svanirei di quel soffio più forte. Ché il bello è solo l’inizio del tremendo, che noi sopportiamo ancora ammirati perché sicuro disdegna di sgretolarci. Sono gli angeli tutti tremendi. Così mi rattengo e soffoco in gola il richiamo d’un oscuro singhiozzo. Chi mai ci aiuterà? Né gli angeli ahimè né gli umani e gli animali sagaci ormai sanno che non molto tranquilli noi stiamo di casa in una foresta di segni. [...]” “Elegie duinesi” di Rainer Maria Rilke, la prima elegia



Premessa La visione del film Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders, ha fatto nascere in noi l’esigenza di soffermarci sui pensieri che abitano le città, con l’intento di ridefinire i confini delle stesse in assenza di coordinate spazio temporali. Il flusso di immagini che si muove nella mente di ogni uomo è il meccanismo che determina la nascita del pensiero, attraverso il quale le esigenze dell’uomo prendono forma. Abbiamo cercato di trasportare tale moto della mente nella dimensione di uno spettacolo teatrale, creando nuove coordinate per l’organizzazione dello spazio. Il progetto ha preso forma attraverso la rielaborazione del linguaggio su cui si fonda la nostra realtà

traducendo desideri, paure, e sensazioni dell’uomo in costruzioni che si ergono su più piani. Tale dimensione “visionaria” della città si dispone in uno spazio lontano dal concetto del reale, nel quale esili costruzioni si sviluppano verticalmente come connessione tra terra e cielo. Le strutture dei quartieri generati dal pensiero subiscono inevitabilmente la sua forza costruttiva e trasformatrice fino alla disintegrazione delle stesse. Abbiamo deciso di realizzare gli edifici seguendo delle dimensioni che permettano allo spettatore una visione completa dei quartieri e complessiva dell’aula. Strade, facciate, monumenti e ogni altro elemento

della città, presenta un chiaro segno del passaggio del flusso di pensieri, per quanto siano essi inafferrabili. Così come su una tela bianca l’insieme di linee dà vita ad un’immagine che comunica, allo stesso modo i segni tracciati dal passaggio dei pensieri sulla carta genera dei racconti. Sono proprio questi frammenti di carta che ricoprono gli edifici a svelare la foresta di segni allo spettatore, guidandolo nella conoscenza della trama dello spettacolo.

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La città muta e si muove incessantemente, è distrutta e ricostruita, ma il centro, ossia la sua origine, rimane pressoché immutato. Il centro di una città è la matrice della sua natura, il fulcro a cui tutta la popolazione, anche la più geograficamente lontana, tende fisicamente e inconsciamente. Dopo un lungo lavoro, e molti errori, il Mare è diventato il fulcro della città, il motivo della sua nascita e la sua via futura - e insieme al Mare, e a causa di esso, sono nate emozioni, problematiche, domande. Una città sul Mare non può a lungo mantenere una singola identità: per la propria natura di scalo e crocevia diverrà necessariamente una chimera, o, in senso positivo, un mondo in miniatura. Popoli si incastreranno e si scontreranno al suo interno, attirerà stranieri, diverrà la

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meta di mille ricordi che a lei torneranno. In un luogo del genere la moderazione non può esistere, ed esso sarà la casa di un’immensa decadenza, nel peggiore dei casi. Oppure, come più spesso accade, di una bellezza inimitabile e misteriosa. 03.03.2021


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LO SPETTACOLO

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1.1 Radici Città (ant. cittade) s. f. [lat. civĭtas -atis «condizione di civis» e «insieme di cives»; al sign. di «aggregato di abitazioni» la parola giunse per metonimia, sostituendo urbs]. Centro abitato di notevole estensione, con edifici disposti più o meno regolarmente, in modo da formare vie di comoda transitabilità, selciate o lastricate o asfaltate, fornite di servizi pubblici e di quanto altro sia necessario per offrire condizioni favorevoli alla vita sociale.

Alcune scuole di pensiero dell’urbanistica e della sociologia urbana affermano che non sono né le dimensioni dell’abitato né il numero di abitanti a stabilire quando un agglomerato urbano possa assumere il titolo di città. Il manifestarsi del bisogno di vita sociale comune, con la conseguente costituzione di una comunità, determina l’evoluzione del semplice appellativo di agglomerato urbano in città. Questa, che nel corso del Medioevo abbiamo sempre visto essere considerata luogo della vita e delle attività sociali e commerciali, assume nel Rinascimento un valore simbolico più ampio e complesso. Tale periodo è caratterizzato da maggiore attenzione alla

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rigorosa geometrizzazione della scelta urbanistica, riflessa nel modello etico e gerarchico diffuso in una società che respinge i conflitti. Possiamo considerare che l’idea di una città ideale nasce, in primo luogo, con la volontà di rispettare un equilibrio di forme e proporzioni e in secondo luogo con l’intento militare di consolidare le strutture difensive. Tuttavia le caratteristiche del luogo, in cui nasce la città, possono determinare l’aspetto, i punti di forza e la struttura della stessa. Ogni città, indipendentemente dal luogo geografico in cui si sviluppa, presenta determinate caratteristiche che la accomunano alle altre, in particolare l’organizzazione della struttura e dell’ irradiamento. Questi due elementi favoriscono l’estensione dell’agglomerato urbano

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andando a consolidare la mappatura della città. Con il passare del tempo si manifestano sempre diversi aspetti e conseguenze della globalizzazione e dell’industrializzazione, i quali determinano un cambiamento della città e della scansione del tempo nella vita dell’uomo che la abita. Si tratta di un processo che sembra subire una continua accelerazione, e noi siamo ormai abituati sia ai cambiamenti che alla rapidità con cui si verificano. Ma contemporaneamente all’ambiente urbano cambiano appunto anche le immagini. Forse si può addirittura affermare che le immagini e le città si evolvono in maniera analoga, probabilmente parallela1.

W. Wenders, in Wim Wenders, L’atto di vedere, archphoto.it, consultato il 2 marzo 2021, cfr. 1


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1.2 Dimensioni «Il cinema è una cultura urbana, nata sul finire del secolo scorso e cresciuta parallelamente all’espansione delle metropoli. Il cinema e le città sono cresciute e diventate adulte insieme, e i film sono testimonianze dei grandi mutamenti che hanno trasformato le eleganti città del fine secolo nelle difficili e nevrotiche megalopoli odierne»2.

W. Wenders, in Wim Wenders, L’atto di vedere, archphoto.it. 3  Ibidem. 2

La città, con le sue strutture, pensieri, sapori e colori, si rivela essere un soggetto di grande interesse nel panorama cinematografico, letterario e musicale. Wim Wenders, nella raccolta L’atto di vedere, esprime la sua esigenza di soffermarsi sull’idea di città attraverso il linguaggio del cinema, pone l’accento sull’importanza delle immagini, ossia frammenti che permettono di leggere la rapida trasformazione della realtà in cui si vive. Nei suoi film la città, intesa come insieme di architetture, ospita fra le strade i racconti del passato, fa da scenario alla vita degli uomini nel presente e andrà «a forgiare il loro mondo di immagini e desideri»3 per un domani. Infatti il regista considera fondamentale il ruolo delle nuove città e dei

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nuovi edifici come «mezzo per aiutare la gente a migliorare la propria vita e a rendere l’umanità migliore»4. Wim Wenders sostiene l’idea di cinema come cultura urbana, in quanto contribuisce alla formazione dell’individuo sul piano umano e all’acquisizione della consapevolezza di stretta relazione con l’ambiente che abita. L’industrializzazione ha alimentato “l’insaziabilità dello sguardo”, producendo così una sovrabbondanza di immagini e trasformazioni visive che hanno contribuito al danneggiamento dello sguardo dell’uomo, indirizzato oramai alla visione superficiale del territorio. Il regista si ripropone, attraverso la fotografia, di estrapolare dal quotidiano delle immagini di partenza che portino l’uomo a riflettere sull’ accecante sovrabbondanza di costruzioni, indirizzandolo

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verso un nuovo equilibrio basato su spazi vuoti, liberi e ideali. Wenders crede sia necessario dar voce a strade, piazze e muri berlinesi proprio attraverso la visione dei due angeli protagonisti, poiché è caratterizzata da maggiore leggerezza rispetto al pesante punto di vista umano. I due angeli Damiel e Cassiel, a differenza dell’uomo, sono in grado di vedere la reale essenza delle cose che ogni persona si trova a vivere banalmente ogni giorno all’interno della propria città. Frammenti di pensieri, superano i confini dettati da edifici e costruzioni, andando a delineare la struttura della città di Berlino. La fotografia di Henri Alekan realizza riprese aeree dei più deserti luoghi berlinesi, apparentemente vuoti, che racchiudono in realtà tantissime storie, pensieri e 4  W. Wenders, in Wim Wenders, musiche. L’atto di vedere, archphoto.it.


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«Una strada, una fila di case, una montagna, un ponte, un fiume, sono più di un semplice sfondo. Possiedono infatti una storia, una personalità, un’identità che deve essere presa sul serio; e influenzano il carattere degli uomini che vivono in quell’ambiente, evocano un’atmosfera, un sentimento del tempo, una particolare emozione»3.

W. Wenders, in Wim Wenders, L’atto di vedere, archphoto.it, consultato il 2 marzo 2021. 3

Così come Wenders, che con le sue riprese riesce a farci vivere a pieno le strade berlinesi poco prima della caduta del muro, anche Calvino ci rende partecipi del viaggio di Marco Polo attraverso i racconti di quest’ultimo a Kublai Kan. Le dettagliate descrizioni dell’essenza delle diverse città incontrate dal viandante, ci permettono di conoscere il percorso interiore che ogni abitante intraprende in relazione allo “spirito” dell’ambiente in cui abita. L’analisi delle qualità e delle caratteristiche di ogni città avviene attraverso il dispiegarsi di figure simboliche, che possono cadere in contraddizione e significare tutto il contrario di tutto. Viene presentata un’immagine dall’aspetto variabile del mondo e delle città, un mondo in cui si ha l’impressione che niente è quel che appare o quel che vuol apparire.

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Le città e i segni, le città e il nome, le città e il desiderio, le città e gli scambi sono solo alcune delle città inventate da Calvino, le cui caratteristiche hanno catturato il nostro interesse portandoci a sviluppare delle riflessioni. L’insieme delle città, apparentemente invisibili, racchiude il complesso meccanismo che muove il delicato ecosistema e le articolate architetture, propri di ogni realtà cittadina. Le città descritte da Calvino, così come le città che viviamo quotidianamente, sono realtà regolate da un continuo movimento che determina il loro processo di evoluzione. Il cinema si è rivelato uno dei mezzi d’espressione più efficaci con cui esprimere il complesso cambiamento che si verifica in ogni città, i film svolgono il fondamentale ruolo d’archivio degli avvenimenti storici del nostro tempo.

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«L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio»4.

I. Calvino, Le città invisibili (Mondadori 1996), Mondadori, 2012, p. 160. 4


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L’idea è guidata da un continuo fluire di pensieri che crescono, mutano e arrivano a distruggere le fondamenta, dove verranno in seguito assemblati gli scheletri degli edifici. La disposizione dei praticabili secondo un rigido ordine si rivela essere troppo costrittiva per la grande varietà di pensieri ed emozioni che danno vita alla città. Sembra quindi necessario un processo di rottura dell’equilibrio iniziale, la cui evoluzione si può suddividere in tre fasi. Possiamo definire “area sinistra” dell’aula, la porzione di spazio che si trova alla sinistra dello spettatore di spalle rispetto all’ingresso in Via Timoteo Viti 1 e, di conseguenza, con l’espressione “area destra” facciamo riferimento alla porzione di spazio opposta. Varcata la soglia d’ingresso, il pubblico si trova a realizzare un vero e proprio

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percorso partendo dall’area sinistra, passando quindi per il centro e giungendo infine nell’area destra. Una minore concentrazione di praticabili all’interno dell’area centrale, determina la creazione di grandi zone di vuoto, che permettono allo spettatore di vivere una condizione di “pausa visiva” rispetto alle due aree adiacenti. L’iniziale disposizione ordinata e simmetrica dei praticabili viene improvvisamente stravolta nell’area centrale dell’aula nella quale l’equilibrio visivo subisce una rottura, iniziando a sgretolarsi. La rottura dell’ordine causa inevitabilmente uno sconvolgimento della disposizione dei praticabili nell’area destra, dove si sente forte la sensazione di caos, data non solo dalla disposizione casuale dei praticabili ma anche dalla scomposizione di alcune loro componenti strutturali.


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Lo spettatore viene così trasportato in una situazione di “oppressione visiva” di agglomerati di strutture che si innalzano su piani, compenetrano nei praticabili e si presentano in continuo stato di trasformazione. «E l’immagine di paesaggi urbani che il cinema ha tracciato nel corso della sua storia sono molto diverse dall’aspetto reale che hanno assunto oggi; i film ci suggeriscono movimento e dinamismo, una realtà in completa trasformazione [...] noi siamo ormai abituati sia ai cambiamenti che alla rapidità con cui si verificano»6.

W. Wenders, in Wim Wenders, L’atto di vedere, archphoto.it. 6

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Punto di partenza del nostro progetto è stato visualizzare la città come come foresta di segni, ossia un particolare intreccio di forme inconsistenti che muovono l’intera costruzione e trasformazione dell’ambiente. La completa conoscenza del territorio della città avviene attraverso la codifica di strutture, moduli e simboli che lo compongono. La costruzione di tali strutture permette la creazione di ambienti nei quali i pensieri sono liberi di nascere e di muoversi, creando delle narrazioni. Nel complesso della città convivono le atmosfere più variegate. Colori, stili e altezze sono le caratteristiche che ogni studio ha personalizzato per i propri quartieri. Se le strutture degli edifici possono variare, unico elemento costante a tutti i quartieri è il materiale di rivestimento della carta.

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Ogni tipo di carta è concessa purchè si possa definire tale. L’utilizzo di carte di varia grammatura, colore, fantasia, forma e texture ha il proposito di andare a riproporre la grande varietà di pensieri che possono abitare una città. Ogni agglomerato architettonico presenta la sua essenza attraverso fogli, ritagli e frammenti come attestato d’identificazione. L’attenzione dello spettatore viene catturata dall’oscillazione della carta, il cui movimento è provocato dal passaggio dello stesso fra i praticabili.


I pezzi di carta straccia riassemblati creano una particolare trama che va a rivestire alcuni edifici. I segni delle bruciature sulla carta simboleggiano le cicatrici del tempo sulla città. La presenza di immagini, le cui estremità risultano sfumate ed inafferrabili, indicano l’impossibilità, per l’uomo, di comprendere quale sia l’inizio del passato e la fine del futuro. Così come i giornali imprimono nero su bianco avvenimenti del tempo, anche i cerchi presenti nei tronchi degli alberi e i cambiamenti visibili delle città sono testimoni del corso della storia.

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IL METODO

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2.1 Città La città muta e si muove incessantemente, è distrutta e ricostruita, ma il centro, ossia la sua origine, rimane pressoché immutato. Da fondamenta comuni sono nati pensieri differenti che hanno dato forma a modi di abitare diversi, con tutto ciò che questo implica. Ogni città possiede un proprio cielo, vuoi che sia quello terso del deserto, o quello del Mare, sempre pronto a mutare, o un cielo grigio, mai scoperto - un cielo crea speranze o disperazioni, dona luce o la nega, e da un cielo stellato non è difficile trarre le basi di una teologia, o vedere in esso una mappa. La città attende paziente un cielo mai visto, una mappa che con linee immaginarie colleghi tutti i suoi edifici, ricongiunga tutti i pensieri

differenti e belli che l’hanno creata in un unico disegno, prima nascosto. Ma solo alla fine tale cielo propizio potrà essere visto: prima la città dovrà essere costruita.

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Le città sono molteplici e non è detto che ognuna guardi su uno stesso paesaggio: ci sono città tra le nuvole, città sull’acqua, città sul Mare, in foreste, tese su ragnatele, mezzo sotterrate. Impossibile pensare che esista un paesaggio così variegato – si è dunque pensato di proporli tutti, in sequenza, sotto forma di fotografie, periodicamente illuminati da una luce che imiti il levarsi e lo scendere del Sole.Oppure, una volta che la possibilità del figurativo viene meno, si possono utilizzare i suoni: il paesaggio diverrebbe allora l’insieme non delle sue forme e dei suoi colori, ma dei suoi rumori, siano essi provenienti dalla flora, dalla fauna, dagli esseri umani, da mezzi di costruzione.

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2.2 I deserti Il Deserto, tuttavia, non rispecchia abbastanza precisamente quella sensazione di una fitta rete di popoli e relazioni, da noi ricercata, vuoi per la sua tendenza ad evocare immagini tanto esotiche quanto distorte da Mille e una notte, davvero lontane dal nostro obiettivo, vuoi per quella secolare parentesi ascetica dei Padri del Deserto, che ha contribuito a marchiarlo, per sempre, come il luogo per antonomasia contrario al mondo. Dal Deserto si è passati al Mare, suo simile e contrario, non luogo dei miracoli ma delle scoperte, non di Dio ma dell’uomo, e specificamente al palmo blu del Mediterraneo, che sulle proprie coste ha accolto le ambizioni e le vite di metà

del mondo. Come già detto, per materializzare un popolo intero basta una sua opera: la nostra decisione è caduta sull’Architettura, da sé un pozzo quasi inesauribile. Una gran quantità di piante architettoniche disegnate e sagomate sono poste l’una sopra l’altra e accompagnate da un album di fotografie, simbolo archetipico della memoria, a formare una stratigrafia dello sviluppo della città, con tutte le sue contraddizioni, ricostruzioni, demolizioni, passaggi di potere.

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Il duomo

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Il porto

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Il teatro

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Il faro

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Il duomo (il campanile)

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Il porto

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Il teatro

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Il faro

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2.2 Le finestre La città è fatta di carta e le sue mura sono vittima del vento e dell’acqua; la carta è fragile e antica, bianca come un muro intonacato, scura come pietra bruciata dal Sole o impalpabile come spirito. Quale paesaggio vedranno i suoi abitanti da finestre fatte anch’esse di carta? Certamente vedranno il Mare, ma nascosto, innanzitutto da anni e anni di memorie, viaggi, incontri, di cui il Mediterraneo è sfondo e apparentemente inanimato fautore. Vedranno calato sopra al paesaggio un velo di malinconia, o di nostalgia, un’urgenza di avventura, emozioni che è impossibile non provare di fronte alla piana (che una volta era infinita) del Mare –

impossibile, per lo meno, per chi ancora abbia in sé un briciolo di senso della magia.

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STUDIO E PROGETTAZIONE

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3.1 Fondamenta L’idea che ci ha guidate all’interno del concetto di città è stata quella di indagare il flusso di pensieri che di volta in volta si inscrive all’interno della geografia degli spazi urbani.

Si presenta così allo spettatore un mondo mutevole che varia ad ogni passo e ad ogni angolo.

La traccia visiva del percorso è Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders, film nel quale si viene a creare un dialogo tra opposti: tra angeli e umani, città ideale e città reale, il visibile e l’invisibile, passato e futuro; il tutto girato all’interno di una città emblema del mondo spaccato in due. La colonna sonora è composta dal brusio di voci e pensieri dei cittadini che gli angeli afferrano mentre sorvolano le abitazioni berlinesi.

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D’ispirazione è stato il concetto di psicogeografia coniato e indagato dal movimento artistico dell’Internazionale Situazionista. La psicogeografia porta a risvegliare tutti i sensi sopiti mentre si attraversa uno spazio, ponendo l’attenzione all’influenza che un determinato territorio produce sui comportamenti emotivi di ognuno di noi. Il metodo d’indagine è la “deriva”: una tecnica di passaggio veloce attraverso svariati ambienti che permette di non avere un rapporto passivo con i luoghi, ma di attivare le sensazioni che affiorano spontanee durante il percorso. La geografia diventa così un organismo vivente capace di influenzare sempre in maniera differente chi lo attraversa.

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“Se l’ambiente è uno spazio fisico, l’ambience è uno spazio costantemente avvertito a lato di ogni gesto quotidiano, che cambia sottilmente con il cambiare degli spazi costruiti che attraversiamo e con il cambiare delle persone che incontriamo. Le ambience hanno qualcosa dell’atmosfera, solo che a differenza dell’atmosfera sono più concrete e permanenti e a differenza della domus cornea non sono esclusive, non sono esperibili solo come un’intimità incomunicabile, ci può entrare chiunque, si prestano all’ospitalità, a un’esperienza condivisa. A generarle non sono

solo gli ambienti fisici, gli edifici ad esempio in uno spazio aperto o l’arredamento in uno spazio chiuso, non sono solo gli incontri casuali o meno o le persone che stiamo frequentando, ma anche il tipo di illuminazione, i tipi di suoni, dal chiacchiericcio di sottofondo alle urla di un ubriaco, il rumore del traffico delle autostrade come quelli dell’autobus o della metro, gli odori che circoscrivono uno spazio e anche se si è di giorno di notte, di mattina, di pomeriggio o di sera, se fa freddo o caldo, se è primavera o autunno.” “Manuale di psicogeografia”, Daniele Vazquez

Sopra: Guy Debord, The Naked City, 1957; Centro: Ivan Chtcheglov, Métagraphie, 1952; Sotto: Collettivo Stalker, Arcipelago Roma, 1995.

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REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTO

TO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

Il progetto per i quartieri n. 5 e n. 34 fonde due zone, crescendo ed espandendosi da un praticabile all’altro. La loro disposizione all’interno dello spazio è ideale perché avvolge lo spettatore con le imponenti strutture. Il primo quartiere include per metà una fossa all’interno del praticabile, dove sono accumulate delle aste metalliche, come quelle usate negli edifici.

Alcune delle stecche pendono dalla prima struttura, costruita proprio sul bordo del cratere e seguita da altre cinque, simili in aspetto ma di altezza crescente. Infine c’è anche un piccolo ponte, che unisce i due edifici sul ciglio dei loro rispettivi praticabili e, di conseguenza, lega i due quartieri. All’interno dei moduli delle strutture si trovano

delle fotografie istantanee appese ad un filo; queste ultime, mosse dall’aria prodotta dagli spostamenti dei visitatori, ruotano su loro stesse come in una danza.

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

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REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

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REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

Tre alti campanili sono pressurizzato e forato, posizionati su un lato del che lascia cadere gocce praticabile, e pendono ritmicamente. Nei moduli gradualmente verso quello sottostanti, sono collocati opposto, come se il tempo materiali differenti, che REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI si fosse fermato durante il colpiti dalle stesse gocce, momento del crollo. creano una sinfonia di Ogni edificio è formato suoni. da due strutture modulari Come il rintocco delle concentriche collegate da campane nel campanile, le sostegni. L’impalcatura gocce d’acqua che cadono centrale è più alta, e termina dalle cime delle strutture, con un tetto piramidale. segnano il passaggio del Alla base del tetto è fissato tempo creando una melodia un sacchetto pieno d’acqua, per gli spettatori.


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3.2 Piano Urbanistico Lo sguardo dall’alto in cui veniamo proiettati nel film “Il cielo sopra Berlino” rimanda al desiderio di poter cogliere la città a distanza, nel suo insieme.

con la realtà, devono affrontare una caduta verso il basso e perdersi nella foresta di segni di noi umani.

Sin dalle raffigurazioni prospettiche delle città ideali, troviamo questa ambizione della visione d’insieme: gli edifici convergono in un unico punto di fuga e l’occhio umano può cogliere la perfezione e la simmetria senza il rischio di perdersi. Ciò avviene invece nelle città contemporanee piene di punti di attrazione in cui tergiversa lo sguardo. La città-panorama resta comunque un artificio ottico. L’alto è riservato agli angeli, coscienti che per poter entrare in contatto

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Viviamo all’interno di città costruite dai nostri predecessori; luoghi solidi, statici, che contrastano con la fluidità della nostra società. Questo equilibrio precario ci fa oscillare tra la ricerca di stabilità e la preoccupazione per la incertezza del nostro futuro.

Sopra: Studio Città che affonda; Pagina seguente: Studio sui graffiti.

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La necessità di lasciare un segno caratterizza tuttavia la nostra generazione. Una forma di intervento sulle facciate esterne delle città è la scrittura o il disegno sotto forma di graffito, tag e poster art. Il muro diventa il luogo su cui confessarsi, sfogarsi, esprimersi e

condividere con dei lettori sconosciuti un proprio pensiero. Questa pratica è da sempre soggetta ad ostilità, ma anche ammirazione, e quindi in continua evoluzione così come ciò che si trova in uno spazio pubblico, rendendo dinamica la realtà urbana.

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Non potendo sempre costruire da zero nuovi spazi, ripieghiamo sull’ innalzare le nostre costruzioni e progettare altri edifici compatti. Le città intensificano le proprie strutture verticalmente, creando centri antichi caratterizzati dalla stratificazione storica e abitativa.

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Sopra: Studio città in crescita; Pagina seguente sopra: Unitè d’habitation, Le Corbusier 1947/1952; Pagina seguente sotto: Studio città di finestre.


L’architetto svizzero Le Corbusier, nel secondo dopoguerra, in un contesto di devastazione ed urgente necessità di ricostruire interi quartieri, propose un imponente progetto urbanistico. Questo prevedeva, nel caso dell’Unitè d’habitation a Marsiglia, l’ubicazione di 337 appartamenti distribuiti su 18 piani di altezza. L’idea proposta dallo studio, è quella di occupare l’intera area del praticabile con l’edificio; come una città lineare e ripetitiva che occupa tutto lo spazio libero a disposizione, finendo per chiudersi in se stessa come unico sistema abitativo. All’apparenza però la struttura di finestre è leggera, un muro non muro che unisce l’interno con l’esterno in uno scambio, talvolta inconsapevole tra vita privata e realtà collettiva.

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Il tema delle finestre è presente anche in un ulteriore progetto: la rielaborazione della facciata della Bauakademie di Berlino. L’intento era quello di rappresentare la vita mondana attraverso l’uso di giornali, che coprono in parte l’edificio e designano la sagoma dell’angelo Damiel: colui che nel film di Wenders abbandona la sua immortalità per diventare umano.

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La grande finestra presente sull’altro lato ci fa diventare dei voyeur, pronti a spiare le persone nella loro intimità, così come gli angeli nel film si interessano alle vite e ai pensieri degli umani. Il retro rimanda invece al muro di Berlino, come una barriera che invece di connettere le persone, le separa.


Pagina precedente: Studio intervento su Bauakademie; Sopra: Studio città fantasma.

In contrasto con le nuove strutture, i vecchi paesi vengono sempre più abbandonati, diventando quindi luoghi fantasma. L’anima della città sono le persone che vi abitano; quando queste se ne vanno essa perde la propria sostanza e quindi la propria solidità. Non resta altro che una facciata.

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Gli edifici diventano come gusci vuoti, e i ricordi si depositano all’interno delle forme del passato, che ne custodiscono la memoria. Sopra: Studio calco di una città; Pagina seguente: Studio città in costruzione.

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Volendo di nuovo sottolineare il contrasto con la staticità dei centri storici, abbiamo progettato un’area costantemente in costruzione, divisa in due zone: lo scavo e le impalcature. In questa spaccatura tra pieno e vuoto troviamo un edificio incompiuto in sospensione, e dall’altra parte una voragine, simbolo di questo abbandono.

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3.3 Moduli e rivestimenti Durante lo studio dei quartieri è sorta la necessità di trovare un modo semplice e veloce per realizzare le strutture; un metodo pratico, ma allo stesso tempo gradevole alla vista. Siamo giunti quindi alla progettazione di un modulo e di possibili rivestimenti che non coprissero lo scheletro interno degli edifici, ma lo valorizzassero, approfondendo inoltre il concetto di città come traduzione fisica di pensieri.

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Sopra: Rivestimento con pellicola fotografica; Sotto: Rivestimento con foto istantanee.

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Sopra: Prova di scomposizione volti; Sotto: Prova scomposizione con interventi.

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Sopra: Rivestimento con acqua; Sotto: Risvestimento con pellicola.

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Studio di possibili agganci per rivestimenti.

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DRAMMATURGIA

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La Città non dev’essere Roccaforte per trasmettere conforto e protezione: l’abbraccio di mura alte e inespugnabili non è che la prima fra mille peculiari caratteristiche che la rendono asilo ideale. Al contrario, la serenità può essere trovata in cima a torrioni e campanili esposti alla luce e al vento speziato, o in ettari di terra calda e profumata che culla bulbi e semi di ogni sorta.

In una Berlino del 1987 ad esempio, è l’occhio di riguardo di una creatura ineffabile ciò che rincuora gli spettatori dietro il teleschermo. Ne ‘’Il cielo sopra Berlino’’, Wim Wenders racconta di angeli immortali, testimoni dell’esaurirsi del mondo, incaricati di preservare e ricordare il fluire del tempo ascoltando il formicolare dei pensieri urbani dall’alto dei palazzi.

Questa dedizione incondizionata è il fulcro e l’oggetto d’interesse del nostro studio, nonché il punto di partenza, e l’Angelo di Wenders è trasposto in modo uguale e contrario in una forza riparatrice e conservatrice proveniente dalla terra piuttosto che dal cielo.

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L’idea di partenza è stata per noi quella di una città viva, che cambiasse ed evolvesse secondo le necessità: una sorta di Creatura Protettrice in grado di difendersi da sola dal mondo esterno, sul cui dorso riposa una comunità. Il concetto di respiro e di adattabilità ci ha condotto verso forme che ricordassero una colonna vertebrale o un organismo corazzato e la disposizione dei praticabili prevedeva inizialmente un movimento oscillatorio (poi accantonato per il rimando troppo esplicito all’idea di sospensione) al fine di rendere l’idea di una struttura viva.

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Richiamare un esoscheletro o un guscio non è stata una scelta casuale. La famiglia dei rettili è infatti simbolicamente associata alla longevità, la pazienza, la resilienza e la tenacia; secondo il folklore cinese, sul guscio della tartaruga è appoggiato il mondo intero.


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Nonostante la deviazione dalla struttura a esoscheletro, la collettiva riflessione sui concetti di ordine e disordine ci ha lasciato liberi mantenere un interesse per l’estetica dell’elemento naturale, termine decorativo ma al contempo simbolo della temporalità che abbiamo reso ricorrente nella ricerca. Nel nostro lavoro assume particolare rilevanza il confronto tra un’architettura curvilinea ed estrosa in cui la natura s’inserisce quale sostegno e conforto, e un mondo di distruzione in cui la vegetazione al contrario diventa un indice di abbandono e trasfigurazione.

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Abbiamo lasciato emergere le considerazioni che più rappresentavano le nostre esigenze, e i primi luoghi individuati sono stati una piazza, un cimitero, uno spazio verde e una zona industriale. Questi ambienti sono stati utilizzati come base per l’elaborazione di tre proposte definitive.


Menzione particolare va alla Città Ragnatela, appoggiata su un intreccio di fili fissati ai bordi del tavolato, come in una culla sospesa sul vuoto. Inizialmente pensata per essere posta all’interno di un praticabile senza copertura, poi come collegamento fra due di essi, e infine abbandonata.

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Città 233 Praticabile F13 Bozzetto e Pianta

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Città 233 Praticabile F13 Assonometria e Prospettiva

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Gli edifici sono sostenuti da palafitte per impedire una completa copertura di sabbia, che scende gradualmente dall’alto attraverso un meccanismo di ricaduta. Le architetture verranno coperte dalla sabbia in maniera diversa poiché l’altezza delle palafitte varia

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per i singoli fabbricati. Per Vengono così a formarsi, impedire alla sabbia di comprese tra i tre stabili, fuoriuscire, il perimetro del due strade parallele. praticabile è circondato da un bordo di contenimento. La disposizione prevede una schiera di palazzi di diverse altezze posti diagonalmente a unire le due estremità e due ali a base triangolare a completare gli altri angoli.


Città 1597, praticabile F17 Assonometria e Prospetto

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Gli edifici vengono distribuiti su piani di sughero posti su sostegni con diverse altezze e inclinazioni che presentano nel complesso un dislivello verso il centro. La superficie di base deve apparire rovinata e perciò presenterà dei pertugi e delle fratture.

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Per rendere la composizione più dinamica, le varie abitazioni saranno posizionate senza controscivoli in modo da risultare in accordo con la pendenza dei rispettivi piani d’appoggio.


Città 89, praticabile F11 Assonometria e Pianta

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CONCLUSIONE

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Fare Teatro in tempo di una pandemia globale non è cosa semplice né scontata. Per di più se la tematica di riflessione è appunto la città, il suo flusso di pensieri e i suoi contatti umani. Ma è proprio da questa negazione di poter vivere e attraversare la città, che possono nascere spunti riflessivi, suggerimenti, proposte non solo per pensare al ruolo svolto dal contemporaneo tessuto urbano ma anche per ideare e progettare uno spettacolo avente questo tema.In una foresta di segni intetizza il legame fra la parola, i pensieri e i loro segni tangibili. Una foresta un insieme caotico e rrazionale; i segni sono la appresentazione grafica di questa irrazionalità che solo i pensieri, le idee, i sogni possono avere. A tal proposito si è giunti a pensare come se il luogo di ritrovo per eccellenza delle nostre lezioni quotidiane,

l’aula teatro, fosse abitata da una miriade di leggere città fatte di snodi e bastoncini, ricoperte da veli di carta che fissano per un momento l’immaterialità dei pensieri della gente che vi ci abita. Lo spettatore si ritroverà dunque atapultato in questa foresta di segni dove tra una carta che funge da parete e l’altra che funge da tetto ascolterà i flussi di pensieri di ogni quartiere e giungerà così alla sintesi che accanto alla necessaria pesantezza dell’uomo ci sia la leggera invisibilità dei suoi pensieri. Augurandoci che in questa fitta rete di segni e parole si possa intravedere il cielo dentro ciascuna stanza.

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“Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure, anche se il filo del loro discorso è il segreto, le loro regole assurde, le prospettive ingannevoli, e ogni cosa ne nasconde un’altra” I.Calvino

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Città vuote, strade, metropoli, stazioni deserte. All’alba dello scorso anno abbiamo assistito a un nuovo scenario caratterizzato da misure restrittive atte a contenere la dilagante pandemia in corso. È sulla base di questo tragico avvenimento che siamo stati chiamati a riflettere sul ruolo della città, sui suoi abitanti, sul proprio stile di vita. dettero quella connotazione antica di luogo di incontro e di contatto umano. Sulle strade non c’era più nessuno. Un giorno però mi misi a guardare dalla finestra e iniziai a osservare che quelle strade, quei vicoli erano pieni di pensieri; la città stessa era un flusso di pensieri e dunque nella pesantezza dell’uomo odierno vi era la leggera invisibilità dell’essere.


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Il progetto “In una foresta di segni” ha per oggetto la città, in quanto nucleo abitato, protetto e racchiuso da dei confini. Tuttavia, non ci siamo limitatia soffermarci solo sulla città fisica fatta di mattoni e cemento, ma abbiamo posto al centro soprattutto i sentimenti e le idee delle persone che la abitano. Si è deciso così di creare una città fatta di carta, anziché di cemento, asfalto e mattoni. Ciò perché la carta è sin dalle sue origini il materiale prediletto a cui affidare testi, lettere, pensieri e segreti, perciò il più adatto a restituire il concetto di una città che è soprattutto contenitore di idee e parole. Partendo dalla visione del film “Il cielo sopra Berlino”, diretto da Wim Wenders abbiamo colto questo lato poetico celato dagli spessi e grigi muri che costituiscono una città. In particolare la scena iniziale

mostra il volo dell’angelo sopra Berlino attraverso una ripresa dall’alto dei quartieri, con le voci e i pensieri dei suoi cittadini in sottofondo. Anche nelle città che siamo andati a progettare è presente un’unione tra la realtà materiale di cui sono fatte le città (case, strade, negozi, parchi e così via, tutto ciò che risponde alle esigenze pratiche dei cittadini) e la parte metafisica, ovvero i flussi di pensieri che le abitano. Ciò perché spesso la forma della città influenza fortemente la forma mentis dei suoi abitanti. Infatti, la struttura, cioè il posizionamento di certi edifici o monumenti e l’intreccio delle sue strade, determina le abitudini delle persone, rimanendo inconsciamente impressa nella loro memoria e condizionando le loro azioni e idee.

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“Lo “Lo sguardo sguardo percorre percorre le le vie vie come pagine scritte: la come pagine scritte: la citcittà dice tutto quello tà dice tutto quello cheche devi devi pensare, ti fa ripetere pensare, ti fa ripetere il suo il suo discorso, e mentre discorso, e mentre credi di credi di visitarla non visitarla non fai che fai regiche registrare nomi strare i nomi icon cuicon essa cui essa definisce se stessa definisce se stessa e tutte eletutte sue parti. [...] s’esue le parti. [...] Fuori Fuori s’estende la terra stende la terra vuota fino vuota fino all’orizzonte, all’orizzonte, s’apre il cies’apre il cielo dove corrono lo dove corrono le nuvole. le nuvole. Nella forma che il caso e Nella forma che il caso e il vento danno alle nuvole il vento danno alle nuvole l’uomo è è già l’uomo già intento intento aa riconoscere figure: un un veliero, riconoscere figure: una mano, un elefante…” veliero, una mano, un elefante…”

- Italo Calvino -

- Italo Calvino -

Questa città si erge leggera sulle pagine svolazzanti di un libro, al confine tra sogno e realtà. Una città onirica dove le parole diventano immagini e si dissolvono nella mente di chi la osserva. Uno spazio in cui ci si deve addentrare,

Prova su carta per il rivestimento della città

girarvi attorno, perdersi tra le miriadi di lettere che lo compongono, osservarlo, e infine, magari, sognare con esso. Solo così si potranno vedere edifici filiformi, torri pendenti e una grande luna che invita a osservare il cielo che ogni libro reca in sé.

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“In ogni luogo di questa “In ogni luogo di questa città si potrebbe potrebbevolta volta città si a a volta dormire, fabbricare volta dormire, fabbricare arnesi, arnesi, cucinare, cucinare, accumulare monete d’oro, svestirsi, accumulare monete d’oro, regnare , vendere, intersvestirsi, regnare, vendere, rogare oracoli. Qualsiasi interrogare oracoli. tetto a piramide potrebbe Qualsiasi tetto a piramide coprire tanto il tanto lazzaretpotrebbe coprire to dei lebbrosi il lazzaretto dei quanto lebbrosi le quanto le terme delle terme delle odalische. Il odalische. gira e gira e viaggiatore Il viaggiatore giranon e gira e non ha che dubbi: riunon haache dubbi: non scendo distinguere i punriuscendo a distinguere ti della città,anche i punti i punti che egli della tienecittà,anche distinti nella i punti che egli tiene mente gli si mescolano” distinti nella mente gli si mescolano”- Italo Calvino - Italo Calvino -

Ogni città possiede il suo quartiere più degradato e povero. Quel quartiere visto spesso e unicamente come luogo dell’assenza e luogo della perdita. La linea 136 d’ombra, il posto di frontiera tra città e campagna,

Prova su carta per il rivestimento della città

conformazioni e le caratteristiche delle favelas, questo luogo di edifici ripetitivi e anonimi è una vera e propria città nella città. RIcoperte da leggere cartoline dai chiari riferimenti al Brasile, vuole essere punto


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“È“Èuna unacittà cittàfatta fattasolo solo d’ecd’eccezioni, preclusioni, cezioni, preclusioni, concontraddizioni, traddizioni, incongruenze, incongruenze, controsensi. controsensi. Se una città Secosì unaècittà così èc’è quanto quanto di più c’è di più improbabile, improbabile, diminuendo diminuendo numero il numero ildegli elemendegli elementi abnormi si ti abnormi si accrescono accrescono le probabilità le probabilità che la città che la città ci sia ci sia veramente. Dunque veramente. basta che Dunque io sottragga ecbasta che io sottragga cezioni al mio modello, e eccezioni al mio modello, in qualsiasi ordine proceda e arriverà in qualsiasi ordine a trovarmi davanproceda a che, pur ti una arriverà delle città trovarmi davanti una delle sempre in via d’eccezione, città che, pur in esistono. Masempre non possono via d’eccezione, esistono. spingere la mia operazioMa non possono spingere ne oltre un certo limite: la mia operazione oltre un otterrei delle città troppo certo limite: otterrei delle verosimili per essere vere.” città troppo verosimili per essere vere.” - Italo Calvino - Italo Calvino -

Una città fondata sul paradosso e la contraddizione dove realtà e sogno si uniscono e confondono, permettendo il venir meno anche della più fondamentale delle leggi fisiche: quella della gravità. Il quar-

Prova su carta per il rivestimento della città

tiere si divide in una parte ordinaria dove le case si sviluppano ancora orizzontalmente, per poi iniziare a sollevarsi nel punto in cui l’immaginario e l’onirico si concretizzano. Diventa così possibile che anche l’asfalto

della strada si incurvi verso l’alto lungo un’altra dimensione. Per quanto riguarda il rivestimento degli edifici, si è deciso di usare pezzi di carta con contenuto 139 astrologico, come mappe stellari di un cielo stellato.


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“C’è un precipizio in “C’è un precipizio in mezzo mezzo a due montagne a due montagne scoscese: scoscese: la città è sul la città è sul vuoto, legata vuoto, legata alle due alle due creste con funi e creste con funi e catene catene e passerelle. Si came passerelle. Si cammina minatraversine sulle traversine di lesulle di legno, gno, attenti non mettere attenti a non amettere il piede negli intervalli , o il piede negli intervalli , o aggrappaalle allemaglie maglie cicisisiaggrappa di canapa. Sotto non di canapa. Sotto non c’è c’è nienteper percentinaia centinaia e cenniente di metri: qualche nuetinaia centinaia di metri: vola scorre; s’intravede qualche nuvola scorre; più in basso il fondo burros’intravede più indel basso ne” [...] sospesa sull’abisso, il fondo del burrone” [...] la vita degli abitanti d’Otsospesa sull’abisso, tavia menoabitanti incerta che in la vitaèdegli altre città. Sanno che più d’Ottavia è meno incerta di tanto la città. rete non regge” che in altre Sanno che più di tanto la rete non regge” - Italo Calvino - Italo Calvino -

“Sembra che non sappiamo più costruire castelli in aria. Facciamo piccoli sogni, sogni a portata di mano.” Partendo da questa riflessione, si è voluto progettare una città parallela che si alzasse lassù, dove i fumi terrestri si dissolvono, dove i rumori

Prova su carta per il rivestimento della città

niscono soavemente. Una città sospesa dunque, immateriale, trasparente, leggera. Una città modellata con fili di ferro, stabile nella sua instabilità. Una città che si erge più in alto dei grattacieli: è la città dei castelli in aria, fatti di simboli

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BIOGRAFIE



Francesca Pontillo Nasce nel 1999 a Benevento, dove frequenta il liceo artistico Virgilio. Da sempre affascinata dal mondo dello spettacolo, decide di approfondire lo studio della scenografia teatrale presso la Scuola di Scenografia, Accademia di Belle Arti di Urbino, dove attualmente frequenta il terzo anno del triennio. Di madrelingua italiana, possiede una media padronanza della lingua spagnola. Si pone l'obiettivo di riportare in campo lavorativo le conoscenze e le esperienze acquisite durante il percorso di studi.

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Rosaria De Donatis Studentessa e aspirante scenografa, nasce a Gagliano Del Capo nel 1995. Gli studi presso il liceo scientifico linguistico “Leonardo Da Vinci” di Jesi, le hanno permesso di approfondire la conoscenza delle lingue e delle culture straniere. Nutre da sempre grande passione per la storia dell’arte tanto da decidere di intraprendere il percorso triennale presso la facoltà di Scienze umanistiche. Discipline letterarie, artistiche e filosofiche. Attraverso la pratica della disciplina di acrobatica aerea si avvicina al mondo

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dello spettacolo teatrale e decide di approfondirne lo studio. Con l’intento di completare la sua formazione umanistica, frequenta il biennio specialistico presso la Scuola di Scenografia, Accademia di Belle Arti di Urbino. Di madrelingua italiana possiede una buona padronanza della lingua spagnola e una media padronanza della lingua inglese. Nel 2020 collabora al progetto digitale dello spettacolo Il Sex Appeal dell’Inorganico, realizzato presso la Scuola di

Scenografia di Urbino. Si augura di riuscire a mettere in pratica, in ambito lavorativo, le conoscenze apprese presso la scuola, arricchendo i suoi lavori per mezzo del suo bagaglio umanistico.


Francesca Vagnozzi Nasce a Giulianova nel 1998. Frequenta il liceo artistico “G. Montauti” di Teramo, dove ha avuto il suo primo approccio con il disegno e la pittura. Inconsapevole ma incuriosita dal mondo del teatro sceglie di intraprendere il corso di scenografia. Consegue la laurea triennale presso l’Accademia di Belle Arti di Urbino. Frequenta attualmente il biennio nella stessa facoltà con l’intento di approfondire a livello tecnico e teorico la pittura di scena. Nel corso di questi ultimi anni ha l’occasione

di collaborare nella realizzazione dei fondali di scena e attrezzista nello spettacolo Impreparati (titolo provvisorio), nella stagione Teatro Oltre 2018, liberamente tratto da L’affaire Moro di Leonardo Sciascia, scritto e prodotto dalla Scuola di Scenografia di Urbino Nel 2019 ha l’opportunità di partecipare come attrezzista ne La Cambiale di Matrimonio di Gioacchino Rossini in occasione del Rossini Opera Festival, Edizione giovani, 2019. Nello stesso anno collabora come scenografa realizzatrice nello spettacolo

La Luna del Pomeriggio, tratto dall’omonimo scritto dai detenuti del carcere di Alta Sicurezza di Nuchis e curato da Giovanni Gelsomino, una produzione de La Luna del Pomeriggio, regia di Simone Gelsomino. Spera pertanto di continuare ad approfondire in contesto teatrale e cinematografico la pittura di scena.

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Wenyue Zhang Nasce a Handan, Hebei, Cina nel 1995. Frequenta il liceo artistico Fuchun. Arriva in Italia nel 2016 e studia la lingua italiana per un anno a Sarnano. Frequenta attualmente il terzo anno del triennio presso la Scuola di Scenografia, Accademia di Belle Arti di Urbino. Di madrelingua cinese, possiede una buona padronanza della lingua inglese e una media padronanza della lingua italiana. Ha l’occasione di collaborare come aiuto attrezzista e fotografo nello spettacolo Impreparati

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(titolo provvisorio) nella stagione Teatro Oltre 2018, scritto e progettato dalla Scuola di Scenografia di Urbino.


Stefano Spada - Nasce a Ravenna nel 1999, ha studiato Architettura al Liceo Artistico Nervi-Severini di Ravenna. Attualmente frequenta l’Accademia di Belle Arti di Urbino. Da tempo si occupa di Teatro e spera di lavorare in futuro nel settore della Scenografia teatrale.

Sofia Salomoni Nasce a Merate (LC) nel 1999, ha studiato Arti Visive al Liceo Artistico Giacomo e Pio Manzù di Bergamo. Attualmente frequenta l’Accademia di Belle Arti di Urbino. Dagli studi teatrali attualmente in corso vorrebbe continuare la sua ricerca artistica-culturale nel cinema e spera di lavorare in futuro nel settore della Scenografia cinematografica. Inoltre, è attualmente impegnata nella creazione di un evento artistico-culturale, in un borgo tra le colline del Montefeltro, insieme ad altri cinque giovani ragazzi: il suo scopo è quello di poter unire culture e linguaggi distanti tra loro e far conoscere alcune delle ultime ricerche e innovazioni artistiche under 35 presenti sul territorio regionale e nazionale, mettendole in relazione l’importanza territoriale e morfologica del luogo ospitante.

Erica Calò - Nasce a Maglie (LE) nel 1997, ha studiato presso il Liceo Linguistico Francesca Capece di Maglie. Attualmente frequenta l’Accademia di Belle Arti di Urbino. Fin da piccola ha avuto l’aspirazione di lavorare nel mondo dello spettacolo. Grazie all’accademia di belle arti di Urbino ha avuto la possibilità di fare n’esperienza, come attrezzista, al teatro Rossini di Pesaro nel febbraio 2019 con la “Cambiale di Matrimonio”. Spera di lavorare in futuro nel settore della Scenografia teatrale portando innovazioni soprattutto meccaniche ed elettroniche

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Lucia LuciaLancellotti, Lancellotti,nata nataa a San SanMarino Marinonel nel1996, 1996,haha frequentato il liceo frequentato il liceoclassico classico a aBologna Bolognae eil ilcorso corsodidi laurea laureatriennale triennaleininArti Arti Visive Visiveallo alloIUAV IUAVdidiVenezia, Venezia, con conuno unoscambio scambioErasmus Erasmus presso pressol’école l’écolenationale nationale supérieure supérieuredes desbeaux-arts beaux-artsdidi Lione. Lione. Dal Dal2020 2020è èiscritta iscrittaalal corso corsodidilaurea laureamagistrale magistrale all’Accademia di all’Accademia diBelle BelleArti Artididi Urbino. Urbino. Nel Nel2018 2018hahapartecipato partecipatoalla alla Biennale Biennalecollege collegeteatro teatrodidi Venezia Veneziacon conil ilduo duoRezzaRezzaMastrella Mastrellae eper pertre treanni anni hahafatto parte dello staff fatto parte dello staff del delfestival festivalinternazionale internazionale Venice Open Venice OpenStage. Stage. 5454 150

Emma EmmaGregori, Gregori,nata nata a aRimini Rimininel nel1999. 1999.Ha Ha compiuto gli studi presso compiuto gli studi presso il illiceo liceoartistico artistico“A. “A. Serpieri” nella stessa Serpieri” nella stessacittà, città, con conspecializzazione specializzazioneinin scultura. scultura.Tra Trail il2016 2016e eil il 2017 2017hahafrequentato frequentatol’anno l’anno scolastico all’estero presso scolastico all’estero presso Cy-Fair Cy-FairHigh HighSchool Schoola a Houston, Texas. Houston, Texas. Continuando Continuandogliglistudi studi artistici, dal 2018 è artistici, dal 2018 èiscritta iscritta alalcorso corsodidiscenografia scenografia presso pressol’Accademia l’Accademiadidi Belle BelleArti ArtididiUrbino. Urbino.Nel Nel 2020 ha collaborato come 2020 ha collaborato come stagista stagistaallo allospettacolo spettacolo lirico “Rigoletto” lirico “Rigoletto”alalTeatro Teatro Galli GallididiRimini, Rimini,seguendo seguendo l’attrezzista l’attrezzistae el’aiuto l’aiutoregista. regista.


ValentinaLillini, Lillini,nata nata Valentina Anconanel nel2000, 2000,ha ha adadAncona conseguito il diploma conseguito il diploma didi maturitàalalLiceo LiceoArtistico Artistico maturità E.Mannucci della medesima E.Mannucci della medesima città,con conspecializzazione specializzazioneinin città, Arti Visive; Durantequesto questo Arti Visive; Durante corsodidistudi studihahaavuto avuto corso modo di esporre alla mostra modo di esporre alla mostra “Ledonne donnee eil ildolore”, dolore”, “Le avvenuta nel 2017. avvenuta nel 2017. Incuriositadal dalmondo mondo Incuriosita dello spettacolo, nel2018 2018 dello spettacolo, nel iniziatoil ilciclo ciclodidistudi studi hahainiziato presso l’Accademia di presso l’Accademia di BelleArti ArtididiUrbino, Urbino,per per Belle conseguire la laurea conseguire la laurea didi primolivello livelloininScenografia. Scenografia. primo Nel 2020 ha esposto alla Nel 2020 ha esposto alla mostra“Surprize” “Surprize”didiPesaro. Pesaro. mostra

FrancescaDella DellaMartera, Martera, Francesca nataaaUrbino Urbinonel nel1998, 1998, nata consegue il diploma consegue il diploma all’IPSAR“S. “S.Marta” Marta”didi all’IPSAR Pesaro. Decide poididi Pesaro. Decide poi seguirelalasua suapassione passione seguire per l’arte e il disegno per l’arte e il disegno iscrivendosialalcorso corso iscrivendosi triennale di Scenografia triennale di Scenografia dell’AccademiadidiBelle BelleArti Arti dell’Accademia di Urbino. di Urbino. Nel2017 2017ha haottenuto ottenutolala Nel certificazione Inglese certificazione didiInglese livelloC1 C1(Advanced) (Advanced)didi livello Cambridge English.Tra Trailil Cambridge English. 2015eeilil2016 2016ha haseguito seguito 2015 un corso di teatro presso un corso di teatro presso compagnia”Teatro ”Teatro lalacompagnia Accademia” di Pesaro. Accademia” di Pesaro.

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Maria Arena nasce a Bergamo il 15 novembre 1999, ma si diploma a Recanati (MC), presso il Liceo Linguistico Giacomo Leopardi ad indirizzo ESABAC. Di madrelingua italiana e inglese, padroneggia a livello B2 francese e spagnolo. Dal 2018 frequenta la Scuola di Scenografia dell’Accademia di Belle arti di Urbino con particolare trasporto per il costume di scena. Progetti teatrali pertinenti al percorso studi: 2020 America da Kafka Spazio Rossellini, Roma 2019 La Luna del Pomeriggio - Teatro Verdi, Sassari 2019 Vega - Teatro Sacro Cuore, Loreto 2019 A Christmas Carol Cineteatro Numana 2018 Le Troiane - Teatro Persiani, Recanati 2017 Serata Trash - Teatro Persiani, Recanati 2016 Il ritorno della Signora - Teatro Persiani, Recanati 152

Pierluigi Cantagallo nasce a Penne il 7 agosto 1999. Ha frequentato la scuola secondaria di primo grado presso l’Istituto Comprensivo Laura Ciulli Paratore, e successivamente il Liceo artistico Luca da Penne - Mario de Fiori con indirizzo Architettura e Ambiente. Attualmente frequenta la Scuola di Scenografia presso l’Accademia di Belle Arti di Urbino .


Clelia Cerboni Bajardi nasce a Urbino il 29 ottobre 1999 e si iscrive al corso di Scenografia presso l’Accademia di Belle Arti di Urbino dopo aver frequentato il Liceo artistico “Scuola del Libro” nella stessa città. Nell’ambito del suo percorso accademico partecipa nel 2019 alla prima edizione della mostra Surprize al Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro e nel 2020 alla realizzazione dello spettacolo America da Kafka andato in scena allo Spazio Rossellini di Roma

Elisa Marchetti nasce a Senigallia il 5 aprile 2000 e si appassiona al mondo teatrale fin dal suo primo approccio con esso, avvenuto in tenera età. Ama mettersi alla prova e sperimentare linguaggi e tecniche diverse, al fine di creare sempre qualcosa di nuovo. Frequentando l’indirizzo di scenografia al Liceo artistico Apolloni di Fano, apprende l’arte del disegno. Contribuisce alla realizzazione dello spettacolo Tutta Frusaglia di Fabio Tombari e allo spettacolo delle ombre Il Minotauro di Friedrich Durrenmatt. A partire dal 2019 intraprende il percorso accademico nella Scuola di Scenografia di Urbino, con l’ambizione di poter trasformare questa passione in un lavoro.

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Elisa Pozzi Nata nel 1999, vive a Pesaro dove ha frequentato il liceo artistico Ferruccio Mengaroni specializzandosi in architettura e ambiente, ha così acquisito la conoscenza e l’esperienza del rilievo e della restituzione grafica e tridimensionale degli elementi dell’architettura. Dopo aver conseguito il diploma si è iscritta al corso di Scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Urbino.

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Emanuele Rebecchini (Fossombrone,1997) è un giovane eclettico che ama cimentarsi in discipline e canali espressivi variegati. Sin da bambino frequenta corsi di teatro sotto la direzione di Fabrizio Bartolucci, Silvia Battaglio, Sandro Fabiani, Marco Florio e ancora oggi non rinuncia al palcoscenico e a tutto ciò che possa essere ricondotto all’arte in genere. Dopo la maturità scientifica ha conseguito la laurea triennale in Ingegneria del Cinema e dei Mezzi di comunicazione al Politecnico di Torino. Dallo scorso anno è iscritto alla Scuola di Scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Urbino.

Lorenzo Rossi Nato a San Benedetto del Tronto, il 31/10/1998 di anni 22, ha frequentato il Liceo Artistico Preziotti Licini di fermo studiando Scenografia, successivamente si è iscritto all’Accademia di Belle Arti di Urbino al corso di Scenografia ed ha partecipato alla messa in scena dello spettacolo di Aldo Moro, La Cambiale di Matrimonio al Teatro Rossini di Pesaro e America di Kafka allo Spazio Rosellini di Roma. Nel tempo libero ama costruire modellini e disegnare.


Sofia Anasetti Nata a Terni, Sofia Anasetti ha 21 anni e ha frequentato l’indirizzo musicale alle medie partecipando a vari concorsi di pianoforte e orchestra, per poi scegliere il liceo classico dove ha conseguito il diploma. Quindi ha intrapreso gli studi di Scenografia all’Accademia di Belle Arti di Urbino. È di madrelingua italiana e possiede il livello B2 di inglese.

Lisa Leone 20 anni, consegue gli studi superiori presso l’ITE Toniolo di Manfredonia e contemporaneamente si diploma presso la Royal Academy of Dance per gli studi di danza classica e l’Imperial of Teachers of Dancing per gli studi di danza moderna collaborando con la compagnia teatrale di Carlo Tedeschi per vari stage, spettacoli e festival acquisendo inoltre nozioni base e professionali sulla fonica teatrale. Lingue conosciute quali inglese e francese. Attualmente studia presso l’Accademia di Belle Arti di Urbino, scuola di scenografia, secondo triennio.

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