Die Zauberflöte 1

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DIE ZAUBERFLร TE Die Zauberflรถte

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Die Zauberflรถte

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Giorgio Londei

Presidente Accademia di Belle Arti, Urbino

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Come presidente non posso che essere orgoglioso e onorato della straordinaria attività della Scuola di Scenografia che, dopo un lungo sodalizio con il Rossini Opera Festival, è ora coinvolta in una nuova avventura: Il flauto magico realizzato per la Rete Lirica delle Marche, che ha avuto la forza e il coraggio di coordinare questo progetto in un anno così difficile per la nostra regione. La conferma di una tradizione: quella dei talenti che la prestigiosa scuola artistica urbinate riesce a sfornare in ogni anno accademico, nel favorevole contesto di una città già di per sé luogo di arte e formazione, città ideale dove coltivare non soltanto i sogni produttivi, ma anche quella creatività che nella tècne trova la sua quintessenza e si realizza. Grazie al lavoro di tutti i docenti che di concerto concorrono a lanciare gli studenti della nostra Accademia verso sfide sempre più importanti.

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Un pastiche esoterico Umberto Palestini

Direttore Accademia di Belle Arti, Urbino

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Il flauto magico è un Singspiel [Singen «canto» e Spiel «recitazione»], vocabolo che indica una forma teatrale comica, sorto e sviluppatosi in area tedesco-austriaca, basato sull’alternanza di musiche e parti recitate. Trama: il principe Tamino e l’uomo-uccello Papageno vanno in cerca di Pamina prigioniera di Sarastro. Con l’aiuto di un flauto magico i tre superano alcune prove iniziatiche (del silenzio, dell’aria, del fuoco, dell’acqua); Tamino si unisce a Pamina e Papageno trova la sua Papagena. L’opera, che presenta numerosi richiami a riti e ideali massonici, intende esprimere la vittoria della luce sulle tenebre, del bene sul male. Un pastiche esoterico in due atti su libretto di Emanuel Schikaneder elevato a capolavoro da Wolfgang Amadeus Mozart, che ha il dono di cantare la gioia, il dolore, il rimpianto, lo spavento, e di articolare misteriosi passaggi della mente umana con una semplicità che agisce chimicamente sul nostro organismo sensibile. Il flauto magico è una di quelle opere che nessuno spera di dover

affrontare perché il lavoro di oggettivazione più o meno fantastica che si trasferisce in palcoscenico è troppo poco concreto o non abbastanza astratto per costruire un contrappunto logico, narrativo, immaginifico, visivo, agli effetti musicali che Mozart concerta. Pertanto, con consapevole e ineluttabile spavalderia, la Scuola di Scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Urbino ha accettato di inoltrarsi nell’inter zona per misurarsi con una tale meraviglia. Quando il direttore della Rete Lirica delle Marche ha affidato alla nostra istituzione il progetto, motivava l’entusiasmo della lusinghiera proposta sottolineando che il lato fantastico e favolistico fosse il migliore ingrediente per mettere in circolo una speciale energia giovanile, cromatica e illustrativa. Componente che marca diversi aspetti dell’opera, la quale, attraverso un falso piano, scivola via da questa cornice e trova alla fine altri ‘abissi’ di luce. La favola, il serpente, la regina Astrifiammante, tre geni bambini, che navigano nello spazio vuoto 11


sulla loro barchetta, sono solo alcuni dei tanti ingredienti di questo tranello magico. L’opera, messa in scena a Vienna il 30 settembre del 1791 in un teatro di periferia, Freihaus – Theater, in un tripudio musicale e di marchingegni scenotecnici e altre buffonerie, fu un successo strepitoso. Il palcoscenico era di notevoli dimensioni - 12 metri sui 30 di lunghezza totale dell’edificio - pianificato fin dall’inizio per un’opulenta scenografia, quasi sicuramente meccanico, con tre botole, pareti mobili e fondali, con dispositivi atti ad ospitare macchine volanti, produrre tempeste, battaglie navali ed effetti similari. Duecentoventicinque anni dopo la messa in scena, quello che era popolare allora oggi è diversamente popolare poiché i nostri palcoscenici, di teatri bellissimi e preziosi, sono attrezzati tecnologicamente al solo rispetto delle norme di sicurezza. Certamente, ci sono serpenti, uccellini e uccellatori ma, alla stima, la favola e il favoloso dovrebbero essere sommersi di spiegazioni per riacquistare popo-

larità. Tuttavia, il teatro è un luogo dove non si danno spiegazioni – siamo o non siamo fatti della stessa sostanza dei sogni? – ma un luogo dove si ‘bruciano’ le domande. Il teatro è il punto d’incontro tra i grandi quesiti dell’umanità e la dimensione artigianale della pratica. Come in una favola abbiamo messo in fila gli accadimenti, cercandone paura e dolcezza che la musica trattiene ed emana senza mai scostare la barra dalla rotta. Il corpus dell’opera diventa così il racconto di un giovane adolescente che ricerca la luce. Il rapporto buio-luce mette in tensione tutti gli elementi e permette di costruire uno spazio scenico credibile intorno alla domanda più ricorrente nel testo, pronunciata indistintamente da quasi tutti i personaggi: dove sono? Dove sono e dove siamo. Credibile, perché il rapporto di senso con lo spazio scenico non è una costante del tempo, e il teatro, che è un luogo della precisione senza risposta, lascia il risultato aperto a nuove scoperte e all’inganno prospettico. 12


Il flauto magico non è una commedia con personaggi che interpretano una trama, non un dramma che ha il confine di un destino, non un’opera buffa che innesca l’incredibile dentro la giostra di piccoli accadimenti quotidiani; la tendenza a combinare in modo disorganico elementi eterogenei, con una scelta apparentemente arbitraria, è qualcosa di più che un escamotage linguistico, è essa stessa soggetto e trama di questo capolavoro fuori ordine. Extra ordinario. Appunto.

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W I R WA N D E L N WA N D E LT D U R C H D E S TO N E S M A C H T F R O H D U R C H D E S TO D E S D Ü S T R E N A C H T.

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Fate Luce - Lichterher! Davide Riboli

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Grazie alla potenza della musica camminiamo lieti attraverso l’oscura notte della morte.

rapidamente una delle composizioni più celebri – se non la più celebre in assoluto – in Austria e Germania. Pochi anni più tardi se ne interessò persino Goethe che giunse a ipotizzare la stesura di un nuovo libretto per una possibile continuazione. Il successo iniziato duecentoventicinque anni fa non accenna a diminuire: negli ultimi vent’anni Zauberflöte è stata costantemente tra le cinque opere più rappresentate al mondo. Tanta popolarità appare quasi inspiegabile ad una prima lettura della sinossi. Due giovani – innamoratisi per procura l’uno dell’altra – sono chiamati ad affrontare una serie di prove iniziatiche prima di potersi congiungere. Ancora ignorano che la prima vera prova è il giungere alle prove. Per questo si rincorreranno attraverso paesaggi esotici ed atmosfere fantastiche, incrociando i loro destini con quelli di un grande Serpente, un Uomo-Uccello, tre Dame, una Regina della Notte, un Sacerdote Mago, tre Piccoli Geni, un Servo Malvagio ed una Giovane Vecchia.

Il 29 settembre 1791, Wolfgang Amadeus Mozart annotò su uno dei propri registri il raggiunto compimento di Zauberflöte (Flauto Magico), opera in due atti su libretto di Emanuel Schikaneder. Il giorno seguente ebbe luogo la prima rappresentazione assoluta al Theater auf der Wieden di Vienna, di proprietà di Schikaneder stesso che interpretò anche il ruolo di Papageno con la direzione musicale del compositore. Non sappiamo molto dell’allestimento scenico che presumiamo realizzato dagli stessi Schikaneder e Mozart, probabilmente insieme al professore di mineralogia Carl Ludwig Giesecke, assoldato per l’occasione come direttore di scena. Sono note invece, le fortune cui il lavoro andò incontro sin dalle sue prime repliche. Mozart morì il 5 dicembre 1791. Nel novembre del 1792 l’opera aveva già superato la soglia delle cento rappresentazioni e divenne 17


Le avventure e le disavventure dei corpi e degli spiriti dei due protagonisti creano una trama talmente fitta e complessa che allo spettatore conviene ripudiare il prima possibile l’ordito della logica. Il Duplice la fa da padrone e Bene e Male si ribaltano senza tregua l’uno sull’altro, in un complicato amplesso malamente travestito da lezione morale di stampo illuminista. Ma la fragilità del costrutto narrativo dona all’opera la leggerezza richiesta dalle ali della composizione musicale. Se fosse architettura, Zauberflöte potrebbe essere quel bislacco “Tempio della Rosa Croce” raffigurato da Teophilus Schweighardt Constantiens nel 1618 e celebrato qualche secolo più tardi da Hayao Miyazaki ne “Il Castello errante di Howl”: uno scombiccherato edificio ineluttabilmente condannato al crollo da incontrovertibili leggi fisiche che però… vola. Nel lavoro di Mozart e Schikaneder confluiscono principi illuministici, morale massonica, sapienze alchemiche, fascino esotico di un Egitto di fantasia, tradizione popolaresca e gusto per

la fiaba. Qualsiasi lettura prediliga uno di questi aspetti sugli altri o comunque abdichi al tentativo – sempre impossibile – di testimoniarli tutti insieme non potrà che restituire il profilo piatto di un solido complesso. Un cilindro visto dall’alto è un cerchio, una piramide vista dall’alto è un quadrato con un punto all’incrocio delle diagonali. Né il cilindro, né la piramide possono essere colti dall’occhio nella loro interezza, ma se li facciamo ruotare o siamo noi a percorrerne il perimetro, comprendiamo subito che le facce di ciò che ritenevamo il reale non sono una. Dunque le fughe prospettiche dei tanti ambienti di questo strambo edificio che è Zauberflöte non obbediscono ad alcuna geometria euclidea. Le loro regole ricordano piuttosto quelle di incomprensibili principi quantistici che ipotizzano l’occorrenza contemporanea di molti universi e dimensioni nel medesimo istante. E questa contemporanea occorrenza di molteplici significanti protegge e favorisce la fuga continua di ogni significato. Mai come in Zauberflöte 18


il significato è un sasso in bocca al significante. Scorrendo le tavole realizzate dagli studenti della Scuola di Scenografia della Accademia di Belle Arti di Urbino per l’allestimento prodotto dalla Rete Lirica delle Marche non si attraversano i quadri e le scene che di norma scandiscono lo sviluppo di una azione teatrale. Si assiste piuttosto alla declinazione potenzialmente infinita di un ambiente indefinito, ideato per accogliere tanto una fiaba per bambini, quanto un tempio massonico o le proiezioni dei primi turbamenti d’un’inattesa età puberale. ZuHilfe! ZuHilfe! Tutto può davvero essere qui e ora: scienza, magia, religione, morale, filosofia, leggi di Natura, dell’Uomo e di Dio. Queste scene sono concepite come dispositivo al tempo stesso generatore e contenitore di hic et nunc. Vale a dire: Teatro. Le loro luci e le loro oscurità rispecchiano tutte le contraddizioni di due autori che, non appena accese le fiaccole dei Lumi, paiono rimpiangere la penombra di cui necessita ogni Spirito. 19


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Serpenti, uccellini e uccellatori Francesco Calcagnini

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la messa in scena, quello che era popolare oggi è diversamente popolare e l’opera appare come un enorme pastiche sublimato da Mozart che sembra trascrivere per sempre l’armonia dell’universo intero. Certamente ci sono serpenti, uccellini e uccellatori, ma alla stima la favola e il favoloso e l’esoterico dovrebbero essere drogati per ritornar similarmente popolari. L’opera ci è apparsa fin da subito uno speciale racconto di formazione e lo spazio della scena pensato e interpretato come una wunderkammer pedagogica. Una camera oscura in cui si rivela l’immagine di un rito di passaggio. Il nero è il colore di questa stanza, di ombre e luci. Dove la luce rie-

Abbiamo ricevuto dalla Rete Lirica delle Marche il dono di dover realizzare Il flauto magico di Mozart. Dono prezioso, complesso, da toccare con la punta delle dita per non rimanere scottati. Il flauto magico, K 620, è un’opera in due atti composta nel 1791 da Wolfgang Amadeus Mozart su libretto di Emanuel Schikaneder, è una favola buffa fatta di parlato e di canto, e dipana culti esoterici e ardimentose iniziazioni fra magia e fede in salsa massonica. Nonostante o grazie all’elaborazione di tutti questi ingredienti l’opera registra fin da subito un successo meravigliosamente popolare. Duecentoventicinque anni dopo 23


sce ad abbagliare solo il contorno dell’azione lasciando in un mistero preoccupante tutto quello che non è in luce. Non ci siamo posti il problema di schiacciare l’opera dentro le coordinate della nostra contemporaneitĂ e non ci siamo posti, nemmeno per un attimo, il problema nella restituzione visiva delle coordinate filologiche del 1791. Come

in una favola abbiamo sviscerato gli accadimenti, cercandone paura e dolcezza che incredibilmente la musica trattiene ed emana senza mai scostare la barra da questa rotta. Lavoro di sintesi molto acceso, attraverso un sistema empirico di segni e disegni, modelli che cercano la forma esatta per interpretare la figurazione di questo Flauto magico. 24


Sintesi complesse che organizzano a loro volta altre suggestioni e altre sintesi, visto che lo scenografo di quest’opera è un soggetto collettivo di studenti, un assembramento di volontà che non è sempre naturale che si corrispondano. Lo spettacolo è stato progettato con il contributo di ogni sollecitazione che marcasse un distinguo utile a quanto deciso, ed ogni idea è

stata valutata e perfezionata nella piena consapevolezza dell’economia messa in moto dalla Rete Lirica delle Marche, coscienti che il problema del quanto costa non dovesse essere un vincolo ma solo un escamotage per trovare una soluzione migliore.

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Accademia di Belle Arti di Urbino

Docenti che banno aderito al progetto

Presidente Giorgio Londei

Rossano Baronciani Etica della Comunicazione

Direttore Umberto Palestini

Emanuele Bertoni Tecniche grafiche speciali

Direttore amministrativo Mariagrazia D’Amico

Francesco Calcagnini Scenografia

Direttore di ragioneria Enrico Castellucci

Paola Mariani Laboratorio di progettazione e realizzazione per il costume

Segreteria del Personale Antonio Pruscini

Giuseppe Mascia Modellistica

Segreteria di Direzione Maria Antonia Galeone

Emiliano Pascucci Tecniche applicate per la produzione teatrale

Segreteria Didattica Roberta Mori Carla Passacantando

Davide Riboli Applicazioni digitali per le arti visive

Ufficio protocollo Antonio Curcetti

Rinaldo Rinaldi Laboratorio di pittura Luisa Valentini Plastica ornamentale 42


Coproduzione

Coordinamento di produzione

Rete Lirica delle Marche Teatro della Fortuna di Fano Teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno Teatro dell’Aquila di Fermo

Associazione Arena Sferisterio Teatro di Tradizione Coordinatore Luciano Messi Direttore Artistico Alessio Vlad Scenotecnico Francesco Lozzi Responsabile allestimento Enrico Sampaolesi Coordinamento Sartoria e Vestizioni Elisabetta Seu Direttore di scena Luisella Caielli

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DIE ZAUBERFLĂ–TE Singspiel in due atti

Scenografo assistente Lorenzo Trucco

Libretto Emanuel Shikaneder

Aiuto Regia Chiara Tarabotti

Musica di Wolfgang Amadeus Mozart

Progetto video Mattia Bonomi Eleonora Nardo Andrea Solomita

Direttore Gaetano D’Espinosa Regia Francesco Calcagnini

Progetto Sculture Jessica Fuina Luisa Valentini

Progetto scene, costumi, luci e video Accademia di Belle Arti Scuola di Scenografia

Elaborazione grafica dei bozzetti Mattia Bonomi Sofia Rossi

Disegno luci Emiliano Pascucci

Maestro del coro Mirca Rosciani Maestro dei fanciulli Gianluca Paolucci

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II Sacerdote / I Armigero Emanuele Bono

Interpreti Tamino Matteo Desole

Dame Jinkyung Park Beatrice Mezzanotte Sara Rocchi

Pamina Kiandra Howarth

Fanciulli Ilenia Silvestrelli Caterina Piergiacomi Emanuele Saltari

Sarastro Bastian Thomas Kohl Leonard Bernad (Fermo) Regina della Notte Sofia Mchedlishvili

Figuranti Giulia Astolfi Alberto Pancrazi Federica Serra Giulia Schiavone Giada Tonioni Sofia Vernaleone

Monostatos Andrea Giovannini Papageno Mattia Olivieri

Orchestra FORM Orchestra Filarmonica Marchigiana

Papagena Diletta Rizzo Marin Oratore / I Sacerdote Carlo Feola

Coro Coro del Teatro della Fortuna Mezio Agostini

II Armigero Giacomo Medici 45


Scene e attrezzeria Accademia di Belle Arti di Urbino Macerata Opera Festival Teatro real Madrid

Responsabile trucco Sara Croci Truccatrice Mara Del Grosso

Costumi Macerata Opera Festival Sartoria Teatrale Arianna Corridonia Lowcostume Costumi Teatrali

Responsabile acconciature Paola Pierini Parrucchiera Gloria Melagrani

Si ringrazia per il prestito di elementi scenografici e di costume Rossini Opera Festival Teatro Regio di Parma

Costruzioni Aurelia Di Tommaso Marco Fieni Jurgen Koci Marco Mauri Tommaso Nardin Lorenzo Trucco

Macchinisti Francesco Cuomo Jurgen Koci Simone Moroni Tommaso Nardin Stefano Ortolano

Elaborazione dei costumi Federica Bellazzecca Monica Casadei Fabiola Fidanza Giuliana Rinoldo Nyke Sama Federica Serra Maria Chiara Torcolacci

Atrezzisti Daniela Ciaparrone Marcella Fiordegiglio Consolle luci Emiliano Pascucci

Pittura di scena Mattia Bonomi Daniela Ciaparrone Fabiola Fidanza Jessica Fuina Marco Mauri Eleonora Nardo Giuliana Rinoldo Giada Tonioni Yuwen Zhou

Elettricisti Alberto Cannoni Andrea Sabatino Tecnico video Andrea Solomita Capo sarta Anna Albano Sarta Sara Pasini 46


Scultura di scena Marcella Fiordegiglio Jessica Fuina Ambra Lorito Giulia Maione Eleonora Nardo Teresa Pastore Valeria Pilotti Giuliana Rinoldo Valentina Sammaciccia Monica Scaloni Giulia Schiavone

Ringraziamenti Carla de Carlo Giorgio Castellari Enrico Castellucci Vincenzo De Vivo Cecilia Marini Michele Mariotti Daniele Paci Fumelli Umberto Palestini Jessica Pelucchini Valeriano Santi Silvano Santinelli

Maschere Eleonora Nardo Giuliana Rinoldo Jessica Fuina

Si ringrazia tutto il personale tecnico, amministrativo dei Teatri di Fermo, Fano e Ascoli Piceno.

Documentazione Fotografica Sarah Menichini Mattia Michetti Francesco Secchi Progetto grafico, impaginazione libretto Marcella Fiordegiglio L’illustrazione della copertina Angelica Sbrega Maestro di sala Claudia Foresi Maestro di palcoscenico Cesarina Compagnoni Maestro alle luci Manuela Belluccini Maestro ai sopratitoli Melissa Mastrolorenzi 47


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Lemmario

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Alfa-beta Infatti, da un lato la Lettera promulga la Legge in nome della quale si può ridurre qualunque stravaganza («Attenetevi, per favore, alla lettera del testo»), ma d’altro lato, ormai da secoli, essa produce instancabilmente una profusione di simboli. Da un lato, essa «tiene» il linguaggio, tutto il linguaggio scritto, nella morsa dei suoi ventisei caratteri (per i Francesi) e questi caratteri, in sé, sono semplicemente l’unione di qualche linea dritta e di qualche linea curva. D’altro lato, essa è il punto d’inizio di una imagerie vasta come una cosmografia; L’alfabeto è un sistema autonomo, fornito di predicati sufficienti a garantirne l’individualità. In breve, si tratta di un oggetto che non viene esaurito dalla sua funzione, dalla sua collocazione tecnica: è una catena significante, un sintagma fuori dal senso, ma non fuori dal segno. Il mondo intero s’incarna nella lettera, la lettera diventa un’immagine nel tappeto del mondo. Roland Barthes Lo spirito della terra

uscita dalla caverna. In seguito a ciò l’ufficio del governo regionale di Salisburgo competente per la speleologia aveva affidato a un’impresa di costruzioni del Pongau l’incarico di murare la caverna fra Taxenbach e Schwarzach, il che è avvenuto ancora prima dell’anno nuovo. Thomas Bernhard L’imitatore di voci Esoterismo E quanto ai sentimenti e ai pensieri che mi si facevano incontro, fino a qual punto erano veramente miei? Di dove provenivano? Non da me. Né io li prendevo mai del tutto sul serio: non mi ci cancellavo. Inoltre mi rendevo conto che mai le parole avrebbero saputo raffigurarli e definirli. Già evocare parole per parlarne era un atto che allontanava la loro presenza, la attenuava, la metteva in dubbio e in forse. Vi tornai nella vita successiva: i significanti non attingono mai i significati, parole e segni non raggiungono mai la realtà indicata. Altri modi esistono per far apprendere davvero; altro che parole: melodie, gesti, occhiate. Mi pare che questa sicurezza sull’insufficienza delle parole sia il centro della conoscenza esoterica. In altri termini, uso la parola esoterico per designare il grado della meditazione che permette di conciliare e fondere ogni filosofia o fede. Elémire Zolla Lo stupore infantile

Camera oscura Un giorno dello scorso settembre sperimentavo pezzi di carta sensibile, preparata in modi diversi, con la camera oscura, esponendoli alla luce soltanto per un tempo brevissimo, per scoprire quale di loro fosse il più sensibile. Estrassi uno di questi fogli di carta e lo esaminai a luce di candela. Vi si scorgeva poco o niente, e lo lasciai su un tavolo in una stanza buia. Ritornando dopo qualche tempo, presi in mano la carta ed ebbi la grandissima sorpresa di scorgervi una immagine nitida. Ero sicuro che quando l’avevo guardata la prima volta, non c’era niente del genere e quindi, escludendo la magia, l’unica conclusione possibile era che l’immagine si fosse inaspettatamente autosviluppata con azione spontanea. William Henry Fox Talbot

Figura Innanzitutto, il mondo delle immagini non s’accontenta di imprimersi semplicemente sopra un organo fedelmente sensibile; anzi, guardando ad un oggetto, noi piuttosto “tendiamo una mano” verso di esso: con un dito sensibile moviamo entro lo spazio che ci circonda, ci trasportiamo entro i posti lontani dove stanno gli oggetti, li “tocchiamo”, li afferriamo, ne palpiamo le superfici, ne percorriamo i contorni, ne indaghiamo la struttura. Si tratta, in realtà, di un’occupazione quanto mai attiva. Rudolf Arnheim Arte e percezione visiva

Demiurghi e discoli Alcuni cosiddetti speleologi, di quelli che dedicano la vita all’esplorazione delle caverne e suscitano sempre il più vivo interesse soprattutto fra i lettori delle riviste illustrate delle grandi città, hanno esplorato recentemente anche la caverna fra Taxenbach e Schwarzach che finora, come abbiamo appreso dal giornale, era rimasta completamente inesplorata. Alla fine di agosto e in condizioni meteorologiche ideali, a quanto riferisce il «Salzburger Volksblatt », questi speleologi erano entrati nella caverna col fermo proposito di uscire da questa caverna verso la metà di settembre. Ma visto che alla fine di settembre gli speleologi non erano ancora usciti dalla caverna, una squadra di salvataggio costituitasi con la denominazione di Squadra di salvataggio speleologico era penetrata nella caverna per recare soccorso agli speleologi entrati nella caverna già alla fine di agosto. Ma, esattamente come la prima, anche questa seconda squadra di salvataggio speleologico era bensì penetrata regolarmente nella caverna, ma nemmeno all’inizio di dicembre era ancora

Glockenspiel […] una donna si sente mordere dalla tarantola; dopo qualche tempo sogna che viene uccisa una serpe e l’indomani mattina una serpe viene uccisa, proprio come nel sogno, sull’aia; l’evento la guarisce. Perché serpi e tarantole diventano animali simbolici, mitici, fino a incarnare gli archetipi del cosmo e della psiche? Ai primi tepori i serpari abruzzesi andavano scovando serpi e vipere negli anfratti dove esse avevano ibernato e, ancora semi assopite, se le portavano a Cocullo. Dopo il rito le liberavano. Durante la cattività ne avevano fatto ciò che avevano voluto grazie alle modulazioni dei loro zufoletti. Come in Abruzzo si vedevano serpi incantate al fischio degli zufoli, così in Puglia tarantole che rispondevano con una loro danza alle tarantelle dei violini. […] Ogni passione aveva il ritmo suo, quello del suo totem, come risultava con la massi-

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ma chiarezza negli animali sensibili alla musica, appunto, serpi e tarantole, di cui ogni tipo denotava un genere di ossessione e possessione, un aspetto dell’uomo e del cosmo. Elémire Zolla Aure H Il tacere invece suppone la persona. Solo la persona può stare in quella raccolta calma che si chiama silenzio. “Silenzio muto – nota Sciacca – è una frase contraddittoria; piuttosto che indicare la stessa cosa, i due termini si escludono: il silenzio non è muto e ciò che è muto non è silenzio. Il silenzio è una forma di comunicazione. Inoltre, come il silenzio non è muto così non è neppure tacito. […] si è silenziosi per attenzione, per concentrazione, raccoglimento, meditazione, preghiera. Il silenzio è soprattutto “un’espressione di uno stato interiore. Interiormente ci si deve orientare al nonparlare, internamente si deve vivere nel silenzio”. Massimo Baldini Elogio del silenzio e della parola Iside e Osiride Il primo giorno nacque Osiride, e insieme a lui uscì dal ventre della madre una voce che diceva: “Ecco, il signore di tutte le cose viene alla luce”. Il quarto giorno nacque Iside. Dicono poi che Iside e Osiride erano innamorati al punto di unirsi nell’oscurità del grembo materno ancor prima di nascere. Iside da quel giorno vagabondò senza meta: persino ai bambini domandava di quella cassa. E furono proprio dei bambini che Iside incontrò un giorno a rivelarle la bocca del fiume attraverso la quale gli amici di Tifone avevano abbandonato verso il mare la bara di Osiride. In ricordo di questo fatto gli Egiziani attribuiscono ai fanciulli un potere profetico, e in particolare interpretarono il futuro basandosi sulle parole lanciate a caso dai bambini che stanno giocando nei luoghi sacri. […] Dopo una lunga e faticosa ricerca, finalmente lo trovò, guidata da una muta di cani: e lo allevò, e il ragazzo diventò la sua guardia e il suo fedele compagno. Fu chiamato col nome di Anubis. Plutarco Iside e Osiride Jüngling Ogni iniziazione la deve affrontare in forma di labirinto, mostro, drago, inferno. Tuttavia, dice Neumann, chi accetti i serpenti della Madre e riconosca la Madre come tale, sarà trasformato. Sarà come una lucciola emanante da se stessa il lume che la guida, permetterà la crescita del Lumen naturae, la coagulazione del Cristo e del Serpente diabolico per formare il Dio tolstoiano di Karataev o quello delle Elegie di Rilke. Su questa via si giungerà infine a veder emergere il Fanciullo ermafrodita, posto al di là del matriarcato e del patriarcato, creativo in un presente dove passato e futuro si identificano, su una terra diafana illuminata da Sofia. Elémire Zolla Lo stupore infantile

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K620 Quindi ascolterò di nuovo, | questa adorata musica, e sarò di nuovo ospite | presso i templi illuminati, presso i cori sacerdotali, | presso suonate di flauto. || Così tante volte in così tanti anni | mi sono profondamente compiaciuto, | di quest’opera ed ogni volta ho sperimentato uno stupore nuovo | ed ancora in me si rinnova la devozione, | che come un prigioniero mi lega alle loro catene, | come un viaggiatore dall’oriente, | che patria non ha in terra, | e sempre trova nuovi servitori . || Questa volta, Tamino, rende l’addio angoscioso | potrà questo orecchio instancabile, | questo vecchio cuore come la prima volta comprendere, | le voci bianche e il coro dei sacerdoti - | riuscirò a superare ancora una volta le vostre prove? || Tu che vivi nell’eterna giovinezza, o spirito beato, | e non scosso dai fremiti del nostro mondo, | rimani nostro fratello, rimani nostro capo, e nostro maestro, | fino a che non cadranno le falangi dalle nostre mani. || E se le ore scoccano | e nessuno più ti riconosce, | allora si seguiranno nuovi segni nel firmamento, | poiché ogni anima ha sete di vitalità. Hermann Hesse Sul biglietto di ingresso al Flauto magico

Il labirinto è dunque una ricerca del sé e dell’altro, dell’identità, anche della propria nemesi: comunque vada, un percorso di lacerazione e di crescita. Parole! – esclama il custode. E, come in un labirinto irrisolto, anche lui torna da dove aveva cominciato, alla Grecia del mito e della parola. È un dialogo che racconta di quanto sia vana l’eristica, cioè l’arte di dialogare al solo scopo di confutarsi, come facevano i sofisti; insensato è il suo percorso, che come un labirinto ci costringe a errare perdendo la vista della virtù – e dell’uscita. Elena Tosato Il labirinto nella letteratura Meccanico e macchinico Secondo Guattari e Deleuze ogni società ha prodotto una meccanica (regolata dal principio di causa/effetto o azione/reazione). La differenza con la società attuale, definita appunto “Macchinica” sta nel fatto che la cibernetica/informatica produce un linguaggio che esce dai modelli di produzione e s’innerva in ogni aspetto (linguaggio, identità, relazioni ecc.). Rossano Baronciani Naturali elementi Dormivi. Ti sveglio.| Il gran mattino reca l’illusione di un inizio. |Avevi dimenticato Virgilio. Sono qui gli esametri. | Ti porto molte cose. | I quattro elementi dei greci: la terra, | l’acqua, il fuoco, l’aria. | Un solo nome di donna. | L’amicizia della luna. | I chiari colori dell’atlante. | L’oblio, che purifica. | La memoria che sceglie e che riscrive. | L’abitudine che ci aiuta a sentirci immortali. | Il quadrante e le lancette che dividono | l’inafferrabile tempo. | La fragranza del sandalo. | I dubbi che chiamiamo, non senza vanità, | metafisica. | Il manico del bastone che la tua mano | attende. | Il sapore dell’uva e del miele. Jorge Luis Borges Diritto

Libro L. Un libro è un insieme di fogli stampati possibilmente sui due lati per risparmiare spazio, di formato tale da stare comodamente in mano o almeno sul tavolo davanti al lettore, facilmente sfogliabile, abbastanza legato da non far sì che i fogli si sparpaglino, e che esiste in più copie. Tra la carta di stracci di un incunabolo e la carta riciclata di certi libri a buon prezzo c’è la stessa differenza che tra un foglio di carta e un foglio di qualche materiale plastico. Il problema non è di cosa sarà fatto il foglio, ma se sarà leggibile e sfogliabile. Umberto Eco L’assassino dei libri non è il web

N1. Se la greve sostanza della mia carne fosse | pensiero, l’avversa distanza non mi arresterebbe | il mio cammino; perché malgrado lo spazio sarei | spinto dai remori confini laggiù dove sei. | E non avrebbe nessuna importanta che il piede | premesse terre da te lontanissime: l’agile | pensiero supera il mare e la terra in un balzo | nell’attimo stesso in cui pensa | dove vorrebbe stare. Ma ahi! già mi uccide il pensiero | che non sono pensiero, in modo da permettermi | di valicare le ampie distese di miglia quando sei lontano, | mentre così come sono, un impasto di terra e di acqua, | sono costretto a attendere piangendo il comodo del tempo. | Nient’altro ricevendo da simili inerti sostanze | che il peso delle lacrime, il pegno del dolore che ci lega.

L1. Francesca da Rimini e Paolo Malatesta scoprono di amarsi leggendo gli amori di Lancillotto e Ginevra. Werther legge Ossian a Charlotte e questa lettura porta al culmine la passione dell’uno, l’emozione dell’altra. L’amore viene dal libro, l’amore è prima di tutto scritto. Incontro sempre un libro che dà corpo (linguaggio, racconto, emozione) al mio desiderio. Roland Barthes Si ama perché si sono avuti dei libri L2. Il custode guarda l’orologio. Tra poco i bambini usciranno da quelle dannate siepi e bisognerà dir loro un viatico. Per esempio il labirinto che Harry Potter si trova ad affrontare come ultima prova nel Torneo Tre Maghi (è in “Harry Potter e il calice di fuoco”), quando scopre che la Coppa è in realtà una Passaporta che lo catapulta, insieme allo sfortunato Cedric Diggory, al cospetto di Voldemort.

Ma l’aria insostanziale, il fuoco che purifica, | anche questi elementi sono in te, dovunque io mi trovi; | il primo è il mio pensiero, e l’altro è il desiderio, | presenti-assenti in rapido trascorrere. | Perché que-

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ste sostanze più veloci, appena | fuggono a te portando la dolce ambasciata d’amore, | essendo la mia vita composta di quattro, | ridotte a due sprofonda nella morte, | e subito l’opprime la malinconia. | Finché l’unità della vita non sia ricomposta dai messaggeri rapidi che ora mi ritornano | rasserenato, portandomi notizia che stai bene. | Udito questo, ne sono felice; ma subito, inquieto, | te li rimando indietro, e la tristezza torna. William Shakespeare, Sonetti 44-45, pubblicati da Thomas Thorpe nel 1609 Ossessione A questo punto però entrano in scena psicologi, psicoanalisti e psichiatri nel tentativo di spiegare che cosa “nasconde” questa strana passione di Mozart per i numeri, per i conti complicati, per le cabale numeriche. Sempre secondo la psicoanalisi, il contare ossessivo rimanda alla scansione del tempo e può servire inconsciamente al paziente per scacciare dalla mente pensieri non desiderati. Va anche ricordato che, pur non essendo affette da vere nevrosi ossessive, alcune persone godono in modo particolare nel passare ore a fare calcoli matematici o a consultare atlanti, ecc.: si tratta di situazioni che la psicoanalisi classica indica come “ossessioni piacevoli” e che denoterebbero una sottostante perversione sessuale, di cui “il contare sarebbe un derivato accettabile per la coscienza”. Mozart e il “pallino” per i numeri: genio o malattia? Strumenti Durante la trasmissione L’arte di non leggere condotta da Carlo Fruttero e Franco Lucentini, la conversazione cadde improvvisamente sul capolavoro di Daniel Defoe Le avventure di Robison Crusoe. Di certo non potevano mancare argomenti o temi storico-letterari per approfondire questo romanzo di formazione; i due erano critici letterari particolarmente ferrati per quanto concerne la letteratura inglese, traducevano ed erano consulenti editoriali presso la casa editrice Einaudi. Eppure Franco Lucentini non rispose, si allontanò dalla stanza per ritornarvi dopo qualche minuto con una cassetta degli attrezzi. La aprì e mostrando il contenuto (martello, chiodi, sega, cacciaviti, chiavi inglesi ecc.) disse: “Ecco, questo è Robinson Crusoe!”. Difficilmente si potrà commentare in modo più chiaro un simile romanzo: lo si potrà inquadrare nel contesto dell’Illuminismo inglese analizzando i contenuti sociali e letterari, ma l’esatto significato dell’intero volume sta proprio nell’abilità di Robinson Crusoe di costruire oggetti, utensili e mobili grazie a strumenti recuperati o prodotti con le proprie mani. Vedere la cassetta degli attrezzi gettata a terra da Lucentini che passava, uno ad uno, tutti gli strumenti del fare umano, rese esplicito un contenuto che è ormai sfuggito all’uomo contemporaneo: ovvero l’idea che ogni conoscenza per essere tale deve necessariamente passare attraverso l’esperienza del fare, così come un gesto, un luogo o un simbolo spesso

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sono portatori immediati di senso e significato. La Scuola di Scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Urbino persegue il conseguimento di competenze, da parte degli studenti, grazie alla trasformazione dei sapere attraverso la pratica laboratoriale. Rossano Baronciani La cassetta degli attrezzi

e comunque di trasformare, attraverso la propria mente, la realtà che lo circonda. In parte Mostro, in parte Meraviglia, la creatura “di là del possibile” popola l’immaginario umano dalle origini, e trova nelle varie mitologie il suo habitat naturale. […] Molti degli animali (animagi sarebbe meglio dire) proposti da Borges richiamano costantemente la visione dell’infinito. E forse non a caso, l’Auryn di Atreiu è un perfetto ovale, formato da due serpenti legati in un intreccio senza fine. La circolarità in sé esprime la perfezione e l’illusorietà delle dimensioni. Oppure gli Animali Sferici il cui massimo rappresentante è la Terra stessa, vista da Keplero come un’enorme massa vivente, il cui respiro produce il flusso e riflusso delle maree. Jorge Luis Borges Il Manuale di Zoologia fantastica

Traduzione Anticamente il termine interpretare includeva l’operazione compiuta sia sulla lingua scritta che su quella parlata. Con la fine della latinità si ha la scissione tra l’operazione orale, interpretare, e quella scritta, tradurre. I termini usati nelle varie lingue per indicare il tra–durre (lett. ‘trasportare’; per estensione: ‘trasferire un testo da una lingua in un’altra’), to trans-late (‘tradurre; convertire; trasferire’), traduire [(anticamente trans–later) ‘tradurre; condurre’], über-setzen (‘tradurre; volgere; trasporre’), perevodit’ (‘condurre; trasferire; tradurre’), riconducono al latino trā–dūco, ĕre ‘trasportare oltre; trasferire; condurre di là; far conoscere; tradurre’ (comp. di trans,‘oltre’, educere,‘portare’). La traduzione intesa come ‘trasferimento’ di un significato da una lingua ad un’altra, ossia traduzione letterale, parola per parola, è un’idea illusoria e ingenua: « non basta sostituire le parole greche con altre di altre lingue, anche se queste hanno una vasta notorietà. Una traduzione è fedele solo se le parole parlano il linguaggio della cosa in causa ». Note per una didattica della traduzione Uniformi L’uniforme significa che appartenente ormai ad una grande fratellanza, che si estende a tutto il mondo. Un’uniforme perfetta, corretta anche nei particolari, può sembrare cosa di poca importanza; eppure ha il suo valore nello sviluppo di una certa dignità personale, e ha un significato enorme per quanto riguarda la considerazione di cui il Movimento gode presso gli estranei, i quali giudicano da ciò che vedono. Perciò spero che tutti voi ragazzi vi ricorderete di questo e giocherete secondo le regole del gioco portando correttamente la vostra uniforme. Robert Baden-Powell Wunderkammer Uno spazio che si rende complice, una scatola delle meraviglie, una serie di eventi che si susseguono secondo un ordine invariabile, indipendentemente da interventi personali. Rivolto contro coloro che sono intenti, per stupidità o per programma, a far saltare in aria il pianeta o a renderlo inabitabile. William Seward Burroughs Zoologia Gli animali fantastici sono universalmente presenti nella tradizione popolare, e costituiscono uno degli esempi più precoci di come l’uomo cerchi sempre

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Die Zauberflรถte

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