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Accademia di Belle Arti di Urbino / Scuola di Scenografia

Impreparati (titolo provvisorio) liberamente tratto da L’affaire Moro di Leonardo Sciascia


Impreparati (titolo provvisorio) Accademia di Belle Arti di Urbino Scuola di Scenografia 2017/18 IMPREPARATI (titolo provvisorio) liberamente tratto da L’affaire Moro di Leonardo Sciascia

Progetto per uno spettacolo a quaranta anni dalla scomparsa di Aldo Moro di Rossano Baronciani Francesco Calcagnini Davide Riboli Progetto Scuola di Scenografia Aderiscono al progetto Rossano Baronciani Fabrizio Bartolucci Maria Paola Benedetti Francesco Calcagnini Adele Cappelli Giuseppe Esposoto Lucia Ferrati Mario Mariani Paola Mariani Sante Maurizi Emiliano Pascucci Davide Riboli Rinaldo Rinaldi Andrea Solomita Michele Taurozzi Claudio Tombini Teatroltre2018




Il 16 marzo 1978 Aldo Moro, presidente del Consiglio Nazionale della Democrazia Cristiana, viene «prelevato» – uccisi i cinque uomini che lo scortavano – da una banda che si presume delle Brigate rosse. Un’ora dopo, le confederazioni sindacali proclamano lo sciopero generale. Prima di sera, il governo presieduto dall’onorevole Andreotti su cui fino al giorno prima si manifestavano perplessità e riserve da parte delle sinistre e di alcuni gruppi della Democrazia Cristiana, viene approvato, da una maggioranza che comprende anche i comunisti, alla Camera dei deputati e al Senato. In via Licinio Calvo, a un centinaio di metri da via Fani dove il «prelevamento» è avvenuto, la polizia trova una delle automobili di cui si sono serviti i terroristi. L. Sciascia, L’affaire Moro, Adelphi, Milano, 1994

Il 9 maggio del 1978 il brigatista Valerio Morucci con una telefonata al prof. Tritto indica in via Caetani il luogo in cui ritrovare il corpo senza vita dell’onorevole Aldo Moro. Il parlamentare della DC era stato rapito il 16 marzo dello stesso anno in via Fani da un commando di uomini armati che ha fatto strage della sua scorta. A 39 anni di distanza la Commissione d’inchiesta parlamentare sta riscrivendo la verità storica sul caso Moro superando la tesi ufficiale che voleva le Brigate Rosse come unico responsabile della morte del Presidente della Dc e degli uomini della sua scorta. M. Scopece, Le nuove verità sul caso Moro. Parla Gero Grassi (PD), in “Formiche.net”, 9 maggio 2017

(…) Il delitto Moro avrebbe dovuto essere un momento della nostra coscienza comune, oggi sappiamo che non lo è stato, anzi abbiamo il sospetto che si sia fatto l’impossibile perché non lo diventasse. (…) Invece quella tragedia avrebbe dovuto essere una grande occasione uno di qui momenti che la storia ci offre per confronti in profondità, per ulteriori scandagli e quindi un punto di partenza per un altro tipo di navigazione. C. Bo, Delitto di abbandono, in “Il corriere della sera”, Milano, 9 maggio 1979

Dentro questa occasione persa e dopo 40 anni passati la Scuola di Scenografia elabora un monito e un presagio non sulla morte di Aldo Moro, né sugli uomini della scorta, ma sul gran varietà che si sovrappone alla realtà di questa tragedia. Tutti i refusi presenti nel testo erano già presenti negli originali citati.


Incontro dello scrittore Leonardo Sciascia con gli studenti dell’Istituto “Genga”. 19 aprile 1980, Teatro Sperimentale, Pesaro


Note generali alla prima stesura di Baronciani, Calcagnini, Riboli

-1Dall’inizio alla fine dello spettacolo si sente una voce leggere il testo di Sciascia. La regia audio provvederà, a seconda dei casi, a portare in primo piano la traccia o ad abbassarla fino a farla quasi scomparire. In ogni caso, non sparisce mai. -2Forse piove. -3Ogni tanto appare la Madonna. -3Gli attori recitano con le maschere della commedia dell’arte.

-4Moro è interpretato da uno Schmutz che viene continuamente sostituito da tipi ansiosi di interpretare Moro in foto ricordo (camicia, giornale, etc…). Finisce così che spesso Moro non c’è.

-5Lo spettacolo è diviso in 9 quadri e 4 interludi, scanditi dai comunicati delle Brigate Rosse. I comunicati possono essere letti, recitati o proiettati.


Leonardo Sciascia - Scrittore (Racalmuto 1921 Palermo 1989). Dall’esperienza d’insegnante nelle scuole elementari del suo paese trasse ispirazione per un fortunato racconto-inchiesta, Le parrocchie di Regalpetra (1956), in cui coglieva acutamente le radici storico-sociali dell’arretratezza siciliana. Successivamente, senza trascurare una vena saggistico-libellista, di dichiarata ascendenza illuministica (Pirandello e la Sicilia, 1961; La corda pazza, 1970; Nero su nero, 1979; Cruciverba, 1983; ecc.), ottenne un crescente successo di pubblico con una serie di romanzi brevi di ambientazione prevalentemente siciliana (Il giorno della civetta, 1961; A ciascuno il suo, 1966; Il contesto, 1971; Todo modo, 1974; Una storia semplice, 1989), in cui la denuncia del sistema di connivenze di

cui godeva la mafia coinvolgeva la politica nazionale e alludeva alla diffusione incontenibile della mentalità mafiosa. Investì poi la sua penetrante immaginazione inquisitoria nella ricerca storiografica (Atti relativi alla morte di Raymond Roussel, 1971; La scomparsa di Majorana, 1975; I pugnalatori, 1976; Dalle parti degli infedeli, 1979) fino a misurarsi con la tragica attualità del terrorismo (L’affaire Moro, 1978), anche come relatore di minoranza nella commissione parlamentare d’inchiesta sull’assassinio di A. Moro e sul terrorismo in Italia(era stato eletto alla Camera dei deputati nel 1979 nelle liste del Partito radicale). La nobiltà della sua prosa letteraria, che nella struttura classica del discorso ricercava la lucidità e la precisione illuministiche, ha rischiato di scadere in maniera in molte delle ultime prove (La strega

e il capitano, 1986; 1912+1, 1986; Porte aperte, 1987; Il cavaliere e la morte, 1988). La produzione letteraria di S. è raccolta in Opere (3 voll., a cura di C. Ambroise, 1987-91).


Bozzetto della scenografia per il progetto.


Uno

Uno.1

Prima che lo assassinassero, è stato costretto, si è costretto, a vivere per circa due mesi un atroce contrappasso: sul suo «linguaggio completamente nuovo», sul suo nuovo latino incomprensibile quanto l’antico. Un contrappasso diretto: ha dovuto tentare di dire con linguaggio del nondire, di farsi capire adoperando gli stessi strumenti che aveva adottato e sperimentato per non farsi capire. Doveva comunicare usando il linguaggio dell’incomunicabilità. Per necessità: e cioè per censura e per autocensura. Da prigioniero. Da spia in territorio nemico e dal nemico vigilata.

16 Marzo 1978. Aldo Moro, presidente del Consiglio Nazionale della Democrazia Cristiana, viene «prelevato» – uccisi i cinque uomini che lo scortavano – da una banda che si presume delle Brigate rosse. Un’ora dopo, le confederazioni sindacali proclamano lo sciopero generale. Prima di sera, il governo presieduto dall’onorevole Andreotti su cui fino al giorno prima si manifestavano perplessità e riserve da parte delle sinistre e di alcuni gruppi della Democrazia Cristiana, viene approvato, da una maggioranza che comprende anche i comunisti, alla Camera dei deputati e al Senato.

L. Sciascia, L’affaire Moro, Adelphi, Milano, 1994


SCENA I (prologo)

Il pubblico entra a spettacolo già iniziato: testo di Sciascia e primo comunicato. Pubblico e attori si dispongono. PRIMO COMUNICATO vedi: https://goo.gl/q9Ljka Giovedì 16 marzo un nucleo armato delle Brigate Rosse ha catturato e rinchiuso in un carcere del popolo Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana. La sua scorta armata, composta da cinque agenti dei famigerati Corpi Speciali, è stata completamente annientata.(…) Compagni, la crisi irreversibile che l’imperialismo sta attraversando mentre accelera la disgregazione del suo potere e del suo dominio, innesca nello stesso tempo i meccanismi di una profonda ristrutturazione che dovrebbe ricondurre il nostro paese sotto il controllo totale delle centrali del capitale multinazionale e soggiogare definitivamente il proletariato.

(…) Da tempo le avanguardie comuniste hanno individuato nella DC il nemico più feroce del proletariato, la congrega più bieca di ogni manovra reazionaria. Questo oggi non basta. Bisogna (…) portare l’attacco allo stato imperialista delle multinazionali. Disarticolare le strutture, i progetti della borghesia imperialista attaccando il personale politico-economico-militare che ne è l’espressione. Unificare il movimento rivoluzionario costruendo il partito comunista combattente. 16/3/78 Per il comunismo Brigate Rosse


Due

Due.2

(…)la verità, la cui madre è la storia, emula del tempo, deposito delle azioni, testimone del passato, esempio e notizia del presente, avviso dell’avvenire. La storia, madre della verità; l’idea è meravigliosa. Menard (…) non vede nella storia l’indagine della realtà, ma la sua origine. La verità storica, per lui, non è ciò che avvenne, ma ciò che noi giudichiamo che avvenne.

Ieri sera, uscendo per una passeggiata, ho visto nella crepa di un muro una lucciola. Non ne vedevo, in questa campagna, da almeno quarant’anni: e perciò credetti dapprima si trattasse di uno schisto del gesso con cui erano state murate le pietre o di una scaglia di specchio; e che la luce della luna, ricamandosi tra le fronde, ne traesse quei riflessi verdastri. Non potevo subito pensare a un ritorno delle lucciole, dopo tanti anni che erano scomparse. Erano ormai un ricordo: dell’infanzia allora attenta alle piccole cose della natura, che di quelle cose sapeva fare giuoco e gioia. Le lucciole le chiamavamo cannileddi di picuraru, così i contadini le chiamavano. Tanto consideravano greve la vita del pecoraio, le notti passate a guardia della mandria, che gli largivano le lucciole come reliquia o memoria di luce nella paurosa oscurità. Paurosa per gli abigeati frequenti. Paurosa perché bambini erano di solito quelli che

L. Sciascia, L’affaire Moro,

si lasciavano a guardia delle pecore. Le candeline del pecoraio, dunque. E ogni tanto ne prendevamo qualcuna, la tenevamo delicatamente chiusa nel pugno per poi aprirne a sorpresa, tra i più piccoli di noi, quella fosforescenza smeraldina. (Op. cit., p. 11)


SCENA II (la sparatoria)

Concertato Fraiese (servizio TG1)+ Supergulp (ma senza esagerare). Alcuni annaffiano. SECONDO COMUNICATO vedi https://goo.gl/Q3aigB Lo spettacolo fornitoci dal regime in questi giorni ci porta ad una prima considerazione. (…) A nessuno è sfuggito come il quarto governo Andreotti abbia segnato il definitivo esautoramento del parlamento da ogni potere, e come le leggi speciali appena varate siano il compimento della più completa acquiescenza dei partiti del cosiddetto “arco costituzionale” (…). La cattura di Aldo Moro, (…) non ha fatto altro che mettere in macroscopica evidenza questa realtà. Non solo, ma Aldo Moro viene citato (anche dopo la sua cattura!) come il naturale designato alla presidenza della Repubblica.

(…) Chi meglio di Aldo Moro potrebbe rappresentare (…) gli interessi della borghesia imperialista? (…) La sua carriera però non comincia oggi: la sua presenza, a volte palese a volte strisciante, negli organi di direzione del regime è di lunga data. (…) 1955 - Moro è ministro di Grazia e Giustizia nel governo Segni. 1957 - Moro è ministro della Pubblica Istruzione nel governo Zoli, retto dal Movimento Sociale Italiano. 1959-60 - Viene eletto segretario della DC. (…) 1964 - È Presidente del Consiglio.(…) 1965-68 - È ininterrottamente Presidente del Consiglio. 1968-72 - In tutto questo periodo è ministro degli Esteri (…) 1973-74 - È sempre ministro degli Esteri. 1974-78 - Assume di nuovo la Presidenza del Consiglio e nel ‘76 diventa Presidente della DC.(…)

(…) Ciò detto va fatta una chiarificazione. Sin dalla sua nascita la nostra Organizzazione ha fatto proprio il principio maoista “contare sulle proprie forze e lottare con tenacia”. Applicare questo principio, nonostante le enormi diflicoltà, è stato per la nostra Organizzazione piu che una scelta giusta una scelta naturaIe; (…) Intensificare con l’attacco armato il processo al regime, disarticolare i centri della controrivoluzione imperialista. Costruire l’unità del movimento rivoluzionario nel Partito Combattente. Onore ai compagni Lorenzo Jannucci e Fausto Tinelli assassinati dai sicari del regime. 25/3/1978 Per il Comunismo Brigate Rosse


I interludio

Appare la Madonna, da sola.

al petto ò sì lattato?».

La Madonna, quando appare, o piange o recita passaggi di “Donna de Paradiso” di Iacopone da Todi.

«Madonna, ecco la croce, che la gente l’aduce, ove la vera luce déi essere levato».

Vedi: https://goo.gl/PCaonz (…) «Madonna, ello è traduto, Iuda sì ll’à venduto; trenta denar’ n’à auto, fatto n’à gran mercato». (…) «Soccurre, donna, adiuta, cà ’l tuo figlio se sputa e la gente lo muta; òlo dato a Pilato». «O Pilato, non fare el figlio meo tormentare, ch’eo te pòzzo mustrare como a ttorto è accusato». (…) «O figlio, figlio, figlio, figlio, amoroso giglio! Figlio, chi dà consiglio al cor mè angustïato? Figlio occhi iocundi, figlio, cò non respundi? Figlio, perché t’ascundi


Tre

Tre

«Statista» è propriamente l’uomo dello Stato: colui che allo Stato, alla struttura che lo costituisce, alle leggi che lo regolano, devolve intelligente fedeltà, meditazione, studio; e «grande statista», ovviamente, colui che queste facoltà e attività devolve al massimo grado. E come era possibile ritrovare l’immagine del «grande statista» nei messaggi che Moro mandava dalla «prigione del popolo»? (…) Grande e spiccata menzogna, tra le tante in quei giorni rigogliose. Né Moro né il partito da lui presieduto avevano mai avuto il «senso dello Stato».

Moro (…) Era stato un «grande statista»; e ora altro non era che un uomo (…) «sotto un dominio pieno e incontrollato». «Statista» è propriamente l’uomo dello Stato: colui che allo Stato, alla struttura che lo costituisce, alle leggi che lo regolano, devolve intelligente fedeltà, meditazione, studio; e «grande statista», ovviamente, colui che queste facoltà e attività devolve al massimo grado. E come era possibile ritrovare l’immagine del «grande statista» nei messaggi che Moro mandava dalla «prigione del popolo»? Le Brigate rosse lo avevano distrutto: al posto del «grande statista» c’era un uomo che forse subiva sevizie fisiche, forse veniva drogato e sicuramente viveva nell’incubo di una costante minaccia di morte in cui smarriva quel «senso dello Stato» che altamente aveva dimostrato di avere in più che trent’anni di attività politica. Grande e spiccata menzogna, tra le tante in quei giorni rigo-

L. Sciascia, L’affaire Moro,

gliose. Né Moro né il partito da lui presieduto avevano mai avuto il «senso dello Stato». (…) Moro (…) Era (…) «il meno implicato di tutti»: ma proprio l’essere il meno implicato gli dava, su tutti nella Democrazia Cristiana, l’incontrastabile e anzi alleviante autorità di parlare in nome di tutti: potere e insieme sacrificio. (Op. cit., pp. 32 – 35).


SCENA III (la magnifica invenzione)

Preparazione rituale della “pentolaccia”, mentre si gonfia una sorta di Bibendum forse fatto da Noa Pane. Il comunicato si mescola con tutti i filmati dell’epoca dove si parla di Moro come di un alto statista. TERZO COMUNICATO https://goo.gl/7fpA18 (…) La cattura e il processo ad Aldo Moro non è che un momento, importante e chiarificatore, della Guerra di Classe Rivoluzionaria che le forze comumiste armate hanno assunto come linea per la costruzione di una società comunista, e che indica come obbiettivo primario l’attacco allo stato imperialista e la liquidazione dell’immondo e corrotto regime democristiano. Aldo Moro, che oggi deve rispondere davanti ad un Tribunale del Popolo, è perfettamente consapevole di essere il più alto gerarca di questo regime, di essere il responsabile al più alto livello delle politiche antiproletarie che l’egemo-

nia imperialista ha imposto nel nostro paese, della repressione delle forze produttive, delle condizioni di sfruttamento dei lavoratori, dell’emarginazione e miseria di intere fasce di proletariato, della disoccupazione, della controrivoluzione armata scatenata dalla DC; e sa che su tutto questo il proletariato non ha dubbi, che si è chiarito le idee guardando lui e il suo partito nei trent’anni in cui è al potere, e che il tribunale del Popolo saprà tenerlo in debito conto. (…) Estendere e intensificare l’iniziativa armata contro i centri e gli uomini della controrivoluzione imperialista. Unificare il Movimento Rivoluzionario costruendo il Partito Comunista Combattente. 29/3/1978 Per il Comunismo Brigate Rosse


II interludio

Appare la Madonna, insieme ad un puparo siciliano. https://goo.gl/PCaonz Figlio, l’alma t’è ’scita, figlio de la smarrita, figlio de la sparita, figlio attossecato! figlio bianco e vermiglio, figlio senza simiglio, figlio, e a ccui m’apiglio? Figlio, pur m’ài lassato! Figlio bianco e biondo, figlio volto iocondo, figlio, perché t’à el mondo, figlio, cusì sprezzato? figlio dolc’e placente, figlio de la dolente, figlio àte la gente mala mente trattato.


Quattro

Quattro

Moro ha sopportato questo senza impazzire. Non era un eroe, né preparato all’eroismo. Non voleva morire di quella morte, ha tentato di allontanarla da sé. Ma c’era anche, nel suo non voler morire, e di quella morte, una preoccupazione, un’ossessione, che andava al di là della propria vita (e della propria morte). In questa preoccupazione, in questa ossessione, è forse da vedere l’inveramento di quella definizione di «grande statista» che fuori, in quel momento, per plateale mistificazione e in tutt’altro senso, gli elargivano.

Non credo abbia avuto paura della morte. Forse di quella morte: ma era ancora paura della vita. «Secoli di scirocco», era stato detto, «sono nel suo sguardo». Ma anche secoli di morte. Di contemplazione della morte, di amicizia con la morte. Ronchey aveva scritto: «È l’incarnazione del pessimismo meridionale». Che cosa è, in che consiste, il pessimismo meridionale? Nel vedere ogni cosa, ogni idea, ogni illusione – anche le idee e le illusioni che sembrano muovere il mondo – correre verso la morte. Tutto corre verso la morte: tranne il pensiero della morte, l’idea della morte. «Nonché un pensiero, il pensiero della morte è il pensiero stesso». Penetra ogni cosa, come lo scirocco: nei paesi dello scirocco. (…) Non credo abbia avuto paura della morte. Ma di quella morte... (…) Nella «prigione del popolo» Moro ha visto la libertà in pericolo e ha capito da dove il pericolo viene e da chi e come è portato. Forse se ne

L. Sciascia, L’affaire Moro,

è riconosciuto anche lui portatore: come di certi contagi che alcuni portano senza ammalarsene. Da ciò la sua ansietà di uscire dalla «prigione del popolo»: per comunicare quello che ha capito, quello che ormai sa. (Op. cit., pp. 53 – 55).


SCENA IV (il duello)

Mentre tutti allestiscono un tiro alla fune da sagra popolare, si susseguono registrazioni di varie tribune politiche dell’epoca. Alternative al tiro alla fune: rubabandiera, incontro di boxe, incontro di wrestling nel fango. O anche tutti insieme, a rotazione. QUARTO COMUNICATO https://goo.gl/7fpA18 Moro afferma nelle sue lettere che si trova in una situazione “eccezionale” privo della “consolazione” dei suoi compari, e perfettamente consapevole di cosa lo aspetti. In questo una volta tanto siamo d’accordo con lui. (…) Si sta attuando in tutto il paese, con l’iniziativa delle avanguardie combattenti, il PROCESSO AL REGIME che pone sotto accusa i servi degli interessi delle Multinazionali, che smaschera i loro piani antiproletari, che è rivolto a distruggere la macchina dell’oppressione imperialista (…). Il processo al quale è

sottoposto Moro è un momento di tutto questo. La manovra messa in atto dalla stampa di regime, attribuendo alla nostra Organizzazione quanto Moro ha scritto di suo pugno nella lettera a Cossiga, è stata subdola quanto maldestra. Lo scritto rivela invece, con una chiarezza che sembra non gradita alla cosca democristiana, il suo punto di vista e non il nostro. (…) Per quel che ci riguarda il processo ad Aldo Moro andrà regolarmente avanti, e non saranno le mistificazioni degli specialisti della controguerriglia-psicologica che potranno modificare il giudizio che verrà emesso. Compagni, il proletariato metropolitano non ha alternative. (…) PORTARE L’ATTACCO ALLO STATO IMPERIALISTA DELLE MULTINAZIONALI. ESTENDERE E INTENSIFICARE L’INIZIATIVA ARMATA CONTRO I CEN-

TRI E GLI UOMINI DELLA CONTRORIVOLUZIONE IMPERIALISTA. UNIFICARE IL MOVIMENTO RIVOLUZIONARIO COSTRUENDO IL PARTITO COMUNISTA COMBATTENTE. 4/4/1978 Per il Comunismo Brigate Rosse


III interludio

Appare la Madonna, insieme a papa Paolo VI. https://goo.gl/PCaonz Ioanni, figlio novello, morto s’è ’l tuo fratello. Ora sento ’l coltello che fo profitizzato. Che moga figlio e mate d’una morte afferrate, trovarse abraccecate mat’e figlio impiccato! - Paolo VI (voce o proiezione) https://goo.gl/8C8Ppt Io scrivo a voi, uomini delle Brigate Rosse: restituite alla libertà, alla sua famiglia, alla vita civile l’onorevole Aldo Moro. (…) Uomo buono ed onesto, che nessuno può incolpare di qualsiasi reato, o accusare di scarso senso sociale e di mancato servizio alla giustizia e alla pacifica convivenza civile. Io non ho alcun mandato nei suoi confronti, né sono legato da alcun interesse privato verso di lui. Ma lo amo come membro della grande famiglia umana, come amico di stu-

di, e a titolo del tutto particolare, come fratello di fede e come figlio della Chiesa di Cristo.

ghi un vittorioso sentimento di umanità. Io ne aspetto pregando, e pur sempre amandovi, la prova.

Ed è in questo nome supremo di Cristo, che io mi rivolgo a voi, che certamente non lo ignorate, a voi, ignoti e implacabili avversari di questo uomo degno e innocente; e vi prego in ginocchio, liberate l’onorevole Aldo Moro, semplicemente, senza condizioni, non tanto per motivo della mia umile e affettuosa intercessione, ma in virtù della sua dignità di comune fratello in umanità, e per causa, che io voglio sperare avere forza nella vostra coscienza, d’un vero progresso sociale, che non deve essere macchiato di sangue innocente, né tormentato da superfluo dolore.(…)

Dal Vaticano, 21 aprile 1978

Tutti dobbiamo temere Iddio vindice dei morti senza causa e senza colpa. Uomini delle Brigate Rosse, lasciate a me, interprete di tanti vostri concittadini, la speranza che ancora nei vostri animi alber-


Cinque È come se un moribondo si alzasse dal letto, balzasse ad attaccarsi al lampadario come Tarzan alle liane, si lanciasse alla finestra saltando, sano e guizzante, sulla strada. Lo Stato italiano è resuscitato. Lo Stato italiano è vivo, forte, sicuro e duro. Da un secolo, da più che un secolo, convive con la mafia siciliana, con la camorra napoletana, col banditismo sardo. Da trent’anni coltiva la corruzione e l’incompetenza, disperde il denaro pubblico in fiumi e rivoli di impunite malversazioni e frodi. Da dieci tranquillamente accetta quella che De Gaulle chiamò – al momento di farla finire – «la ricreazione»: scuole occupate e devastate, violenza dei giovani tra loro e verso gli insegnanti. Ma ora, di fronte a Moro prigioniero delle Brigate rosse, lo Stato italiano si leva forte e solenne. Chi osa dubitare della sua forza, della sua solennità? Nessuno deve aver dubbio: e tanto meno Moro, nella «prigione del popolo».

«Lo Stato italiano forte coi deboli e debole coi forti» (Op. cit., p. 65).


SCENA V (questi fantasmi)

Una vera seduta spiritica. QUINTO COMUNICATO https://goo.gl/bYfM73 (…) Nonostante quanto già abbiamo detto nei precedenti comunicati, gli organi di stampa del regime continuano la loro campagna di mistificazione, volendo far credere l’esistenza di “trattative segrete” o di misteriosi “patteggiamenti”; riteniamo necessario ribadire che questo è ciò che vorrebbe il REGIME, mentre la posizione della nostra Organizzazione è sempre stata e rimane: NESSUNA TRATTATIVA SEGRETA. NIENTE DEVE ESSERE NASCOSTO AL POPOLO! (…) L’attacco che lo Stato ha sferrato nelle ultime settimane con perquisizioni, fermi e arresti indiscriminati, tende infatti a colpire non più solo le avanguardie che praticano la lotta armata, ma l’intero movimento di classe. (…) Per questo oggi più che mai,

non bisogna spaventarsi dalla ferocia repressiva dello Stato (…) Ma (…) ORGANIZZARSI ! (…) PORTARE L’ATTACCO ALLO STATO IMPERIALISTA DELLE MULTINAZIONALI. ESTENDERE ED INTENSIFICARE L’INIZIATIVA ARMATA CONTRO I CENTRI GLI UOMINI DELLA CONTRORIVOLUZIONE IMPERIALISTA. UNIFICARE IL MOVIMENTO RIVOLUZIONARIO COSTRUENDO IL PARTITO COMUNISTA COMBATTENTE. Per il comunismo Brigate rosse


IV interludio

Appare la Madonna, insieme ad Aldo Fabrizi. Lei ha una chitarra, lui è in frack. Lei lo accompagna nell’esecuzione de LA CANZONACCIA di Mariani, Maurizi Lei par che pianga.


Sei

Sei

(…) l’azione delle Brigate rosse non è avulsa dal contesto politico italiano (…) in esso giuoca in un senso ancora imprecisato, ancora ambiguo: ma, è da presumere, non imprecisato e non ambiguo per chi le muove. Sarebbe pazzesco da parte nostra collocare le Brigate rosse in una sfera di autonoma e autarchica purezza rivoluzionaria che si illuda di muovere le masse a far saltare le strutture politiche che le contengono; e sarebbe ancor più pazzesco che loro vi si collocassero. La loro ragion d’essere, la loro funzione, il loro «servizio» stanno esclusivamente nello spostare dei rapporti di forza: e delle forze che già ci sono. E di spostarli non di molto, bisogna aggiungere. Di spostarli nel senso di quel «cambiar tutto per non cambiar nulla».

Nella lettera del 10 aprile Moro comincia, pirandellianamente, a sciogliersi dalla forma, poiché tragicamente è entrato nella vita. Da personaggio ad «uomo solo», da «uomo solo» a creatura. (…) Suggestionato o convinto, Moro ormai parla come le Brigate rosse e per le Brigate rosse: questa è la tesi che come una enorme pietra tombale scende sull’uomo vivo, combattivo e acuto che Moro è ancora nella «prigione del popolo», mentre si ricorda e si celebra il Moro già morto, il Moro da monumentare: il «grande statista» che Moro non è mai stato. Nel suo vecchio vagheggiamento-vaneggiamento nei riguardi dello Stato (…), Montanelli intonerà un «requiem per Moro»; e l’onorevole Antonello Trombadori, comunista, nei corridoi della Camera dei deputati lancerà il grido: «Moro è morto!». Autoselezionatosi o trascelto tra i tanti «amici», un gruppo di «amici di Moro» prepara un mostruoso documento di misconoscimento: il

L. Sciascia, L’affaire Moro,

Moro che parla dalla «prigione del popolo» non è il Moro che abbiamo conosciuto. (…) E il veleno di questo dubbio è nella frase finale della lettera, nella domanda: «Vi è forse, nel tener duro contro di me, un’indicazione americana e tedesca?» (…) E se Moro formalmente, retoricamente, se lo domanda, non vuol dire che sostanzialmente ne è certo? E dunque l’azione delle Brigate rosse – nell’aver catturato Moro, nel tenerlo prigioniero – corrisponde anche a un disegno americano e tedesco, vi concorre involontariamente, casualmente lo agevola – o addirittura ne è parte? (Op. cit., pp. 76 - 78).


Sette Chi, non disponendo che dei dati divulgati dai mezzi d’informazione, vuole fare un’analisi dell’affaire Moro, non solo deve scernere il poco grano dal tanto loglio, ma deve far tabula rasa di quella specie di pregiudizio autodenigratorio (di solito, cioè, impiegato in senso autodenigratorio) che non riconosce come italiano tutto ciò che è preciso, puntuale, efficiente. Precisione, puntualità ed efficienza sono dalla generalità degli italiani considerate qualità a loro estranee o, a voler salvare qualcosa, allogene. Di un istituto che non funziona, di un ospedale in cui si è maltrattati o in cui non c’è posto, di un treno che ritarda, di un aereo che non parte, di una lettera che non arriva, di una festa che non riesce, il suggello è sempre l’esclamazione: «Cose nostre!». Eppure, c’è almeno una cosa nostra che funziona: ed è appunto quella che ormai antonomasticamente è «cosa nostra». (…) Le Brigate rosse funzionano perfettamen-

te: ma (e il ma ci vuole) sono italiane. (…). Le Brigate rosse avranno studiato ogni possibile manuale di guerriglia, ma nella loro organizzazione e nelle loro azioni c’è qualcosa che appartiene al manuale non scritto della mafia. Qualcosa di casalingo, pur nella precisione ed efficienza. Qualcosa che è riconoscibile più come trasposizione di regola mafiosa che come esecuzione di regola rivoluzionaria. Per esempio: l’azzoppamento – che è trasposizione dello sgarrettamento del bestiame praticato dalla mafia rurale. Per esempio: il sistema per incutere omertà e sollecitare protezione o complicità; sistema in cui ha minima parte la corruzione, una certa parte la minaccia diretta, ma è quasi sempre affidato al far sapere che non c’è delazione o collaborazione di cui loro non siano informati. Il sistema, insomma, di ingenerare sfiducia nei pubblici poteri e di rendere l’invisibile presenza del mafioso (o del brigatista) più pressante e temibile di quella del visibile carabiniere. (…) E al di

là di queste analogie, fino a un certo punto oggettive, nella coscienza popolare se ne è affermata un’altra: che come la mafia si fonda ed è parte di una certa gestione del potere, di un modo di gestire il potere, così le Brigate rosse. Da ciò quella che può apparire indifferenza: ed è invece la distaccata attenzione dello spettatore a una pièce che già conosce, che rivede in replica, che segue senza la tensione del come va a finire ed è soltanto intento a cogliere la diversità di qualche dettaglio nelle scene e nell’umore degli attori (…) l’azione delle Brigate rosse non è avulsa dal contesto politico italiano e che in esso giuoca in un senso ancora imprecisato, ancora ambiguo: ma, è da presumere, non imprecisato e non ambiguo per chi le muove. Sarebbe pazzesco da parte nostra collocare le Brigate rosse in una sfera di autonoma e autarchica purezza rivoluzionaria che si illuda di muovere le masse a far saltare le strutture politiche che le contengono; e sarebbe ancor più pazzesco

che loro vi si collocassero. La loro ragion d’essere, la loro funzione, il loro «servizio» stanno esclusivamente nello spostare dei rapporti di forza: e delle forze che già ci sono. E di spostarli non di molto, bisogna aggiungere. Di spostarli nel senso di quel «cambiar tutto per non cambiar nulla». (Op. cit., pp. 135 – 138).


SCENA FALSA (il vero e il falso)

Non si sa che fare... SETTIMO COMUNICATO https://goo.gl/sGFgxx La condanna di Aldo Moro verrà eseguita così come il Movimento Rivoluzionario s’incaricherà di eseguire quella storica e definitiva contro questo immondo partito e la borghesia che rappresenta. (…) Noi lottiamo per la la libertà del proletariato, e parte essenziale del nostro programma politico è la libertà per tutti i prigionieri comunisti. Il rilascio del prigioniero Aldo Moro può essere preso in considerazione solo in relazione della LIBERAZIONE DI PRIGIONIERI COMUNISTI. La DC dia una risposta chiara e definitiva se intende percorrere questa strada; deve essere chiaro che non c’è ne sono altre possibili. (…) LIBERTA PER TUTTI I COMUNISTI IMPRIGIONATI ! CREARE ORGANIZZARE OVUNQUE IL POTERE PROLETARIO ARMATO!

RIUNIFICARE IL MOVIMENTO RIVOLUZIONARIO COSTRUENDO IL PARTITO COMUNISTA COMBATTENTE! 20/4/1978 Per il Comunismo Brigate Rosse

È soltanto l’inizio di una lunga serie di “suicidi”: il “suicidio non deve essere soltanto una “prerogativa” del gruppo Baader Meinhof.

Insieme al settimo comunicato delle BR, va anche (voce su voce? Voce su proiezione?) il settimo comunicato falso.

Inizino a tremare per le loro malefatte i vari Cossiga, Andreotti, Taviani e tutti coloro i quali sostengono il regime.

SETTIMO COMUNICATO FALSO https://goo.gl/sGFgxx

P.S. - Rammentiamo ai vari Sossi, Barbaro, Corsi, ecc. che sono sempre sottoposti a libertà “vigilata”.

Oggi 18 aprile 1978, si conclude il periodo “dittatoriale” della DC che per ben trent’anni ha tristemente dominato con la logica del sopruso. In concomitanza con questa data comunichiamo l’avvenuta esecuzione del presidente della DC Aldo Moro, mediante “suicidio”. Consentiamo il recupero della salma, fornendo l’esatto luogo ove egli giace. La salma di Aldo Moro è immersa nei fondali limacciosi (ecco perché si dichiarava impantanato) del lago Duchessa, alt. mt. 1800 circa località Cartore (RI) zona confinante tra Abruzzo e Lazio.

18/4/1978 Per il Comunismo Brigate Rosse


SCENA VII (ballo scuba) (la donna del lago)

Entra il corpo di ballo della Decima MAS. SESTO COMUNICATO https://goo.gl/DfU5kR L’interrogatorio al prigioniero Aldo Moro è terminato. (…) Non ci sono segreti che riguardano la DC il suo ruolo di cane da guardia della borghesia, il suo compito di pilastro dello Stato delle Multinazionali, che siano sconosciuti al proletariato. (…) Stendere una cappa di terrore controrivoluzionario sull’intera società è l’unico sistema con cui questo Stato, questo regime DC sorretto dall’infame complicità dei partiti cosiddetti di “sinistra” vorrebbe soffocare ed allontanare lo spettro di un giudizio storico che il proletariato ha già decretato. Non ci sono quindi “clamorose rivelazioni” da fare (…) (…) Non ci sono dubbi. ALDO MORO È

COLPEVOLE E VIENE PERTANTO CONDANNATO A MORTE. ESTENDERE ED INTENSIFICARE IL PROCESSO AL REGIME E L’ATTACCO ALLO STATO IMPERIALISTA DELLE MULTINAZIONALI. CREARE, ORGANIZZARE OVUNQUE IL POTERE PROLETARIO ARMATO. RIUNIFICARE IL MOVIMENTO RIVOLUZIONARIO COSTRUENDO IL PARTITO COMUNISTA COMBATTENTE. Per il comunismo Brigate rosse


Otto Il nove maggio 1978 nel bagagliaio di una Renault 4 – rossa secondo il brigatista che ne ha dato comunicazione, amaranto secondo i giornali – viene trovato il corpo di Aldo Moro. La famiglia diffonde questo comunicato: «La famiglia desidera che sia pienamente rispettata dalle autorità di stato e di partito la precisa volontà di Aldo Moro. Ciò vuol dire: nessuna manifestazione pubblica o cerimonia o discorso; nessun lutto nazionale, né funerali di stato o medaglia alla memoria. La famiglia si chiude nel silenzio e chiede silenzio. Sulla vita e sulla morte di Aldo Moro giudicherà la storia». Il tredici maggio viene celebrato il rito funebre nella basilica di San Giovanni in Laterano. Presiede Paolo VI, celebra il cardinal Poletti (quello in cui Moro sperava, ma non molto, per una rettifica della «enormità»). Tutti gli uomini del potere sono presenti. Mancano la moglie e i figli di Aldo Moro. Il papa dice: «Tu, o Signore,

non hai esaudito la nostra supplica»


SCENA VIII (Gloria)

Un rosario. Come nelle case del Sud. Lentamente, muta in “Gloria” di Umberto Tozzi. OTTAVO COMUNICATO https://goo.gl/s3ZVmK Alle nostre richieste del comunicato n. 7 la DC ha risposto con un comunicato di due frasi. Di questo comunicato si può dire tutto tranne che è “chiaro” e “definitivo”. Nella prima frase la DC afferma la sua “indefettibile fedeltà allo Stato, alle sue istituzioni, alle sue leggi”. (…) Da parte nostra riaffermiamo che Aldo Moro è un prigioniero politico e che il suo rilascio è possibile solo se si concede la libertà ai prigionieri comunisti tenuti in ostaggio nelle carceri del regime. La DC e il suo Governo hanno la possibilità di ottenere la sospensione della sentenza del Tribunale del Popolo, e di ottenere il rilascio di Aldo Moro: diano la libertà ai comunisti che la barbarie dello Stato imperialista ha condannato a morte, la

“morte lenta” dei campi di concentramento. (…) LIBERTA PER TUTTI I COMUNISTI IMPRIGIONATI! CREARE, ORGANIZZARE OVUNQUE IL POTERE PROLETARIO ARMATO! RIUNIFICARE IL MOVIMENTO RIVOLUZIONARIO COSTRUENDO IL PARTITO COMUNISTA COMBATTENTE! Per il comunismo Brigate rosse Gloria di Bigazzi Tozzi Gloria manchi tu nell’aria Manchi ad una mano, Che lavora piano, Manchi a questa bocca, Che cibo più non tocca, E sempre questa storia, Che lei la chiamo Gloria. Gloria sui tuoi fianchi La mattina nasce il sole Entra odio ed esce amore Dal nome Gloria. Gloria, Manchi tu nell’aria Manchi come il sale, Manchi più del sole, Sciogli questa neve Che soffoca il mio petto

T’aspetto Gloria Gloria, Gloria chiesa di campagna, Gloria, Acqua nel deserto, Gloria, Lascio aperto il cuore, Gloria, Scappa senza far rumore, Dal lavoro dal tuo letto Dai gradini di un altare T’aspetto Gloria. (…) Con te nuda sul divano Faccio stelle di cartone Pensando a Gloria. Gloria, manchi tu nell’aria Manchi come il sale, Manchi più del sole, Sciogli questa neve Che soffoca il mio petto T’aspetto Gloria Gloria, Gloria, chiesa di campagna, Gloria, Acqua nel deserto, Gloria, Lascio aperto il cuore, Gloria, Scappo senza far rumore, Dal lavoro dal tuo letto, Dai gradini di un altare, Ti aspetto Gloria.


Nove Ieri sera, uscendo per una passeggiata, ho visto nella crepa di un muro una lucciola. Non ne vedevo, in questa campagna, da almeno quarant’anni: e perciò credetti dapprima si trattasse di uno schisto del gesso con cui erano state murate le pietre o di una scaglia di specchio; e che la luce della luna, ricamandosi tra le fronde, ne traesse quei riflessi verdastri. Non potevo subito pensare a un ritorno delle lucciole, dopo tanti anni che erano scomparse. Erano ormai un ricordo: dell’infanzia allora attenta alle piccole cose della natura, che di quelle cose sapeva fare giuoco e gioia. Le lucciole le chiamavamo cannileddi di picuraru, così i contadini le chiamavano. Tanto consideravano greve la vita del pecoraio, le notti passate a guardia della mandria, che gli largivano le lucciole come reliquia o memoria di luce nella paurosa oscurità. Paurosa per gli abigeati frequenti. Paurosa perché bambini erano di solito quelli che

si lasciavano a guardia delle pecore. Le candeline del pecoraio, dunque. E ogni tanto ne prendevamo qualcuna, la tenevamo delicatamente chiusa nel pugno per poi aprirne a sorpresa, tra i più piccoli di noi, quella fosforescenza smeraldina.


SCENA IX (consigli per gli acquisti)

Pubblicità di una Renault. Rossa. Fuoco NONO COMUNICATO https://goo.gl/D6Xay6 Compagni, la battaglia iniziata il 16 marzo con la cattura di Aldo Moro è arrivata alla sua conclusione. Dopo l’interrogatorio ed il Processo Popolare al quale è stato sottoposto, il Presidente della Democrazia Cristiana è stato condannato a morte. (…) A quanti tra i suoi compari della DC, del governo e dei complici che lo sostengono, chiedevano il rilascio, abbiamo fornito una possibilità. (…) In questi 51 giorni la risposta della DC, del suo governo e dei complici che lo sostengono, è arrivata con tutta chiarezza, e più che con le parole e con le dichiarazioni ufficiali, l’ hanno data con i fatti, (…) con lo stile delle non ancora dimenticate SS naziste nelle leggi speciali che rendono istituzionale e “legale” la tortura e

gli assassinii dei sicari del regime negli arresti di centinaia di militanti comunisti (con la lurida collaborazione dei berlingueriani) con i quali si vorrebbe annientare la resistenza proletaria. (…) L’unico linguaggio che i servi dell’imperialismo hanno dimostrato di saper intendere è quello delle armi, ed è con questo che il proletariato sta imparando a parlare. Concludiamo quindi la battaglia iniziata il 16 marzo, eseguendo la sentenza a cui Aldo Moro è stato condannato. PORTARE L’ATTACCO ALLO STATO IMPERIALISTA DELLE MULTINAZIONALI! ATTACCARE LIQUIDARE DISPERDERE LA DC ASSE PORTANTE DELLA CONTRORIVOLUZIONE IMPERIALISTA ! RIUNIFICARE IL MOVIMENTO RIVOLUZIONARIO COSTRUENDO IL PARTITO COMUNISTA COMBATTENTE! Per il Comunismo Brigate Rosse


EPILOGO (tutto è bene ciò che non finisce mai)

Tutto viene riallestito perché lo spettacolo possa ricominciare o meglio, mai terminare. L’azione è uguale a scena I + scena II.


Di sicuro c’è solo che è morto. - Tommaso Besozzi, “L’Europeo”, 16 luglio 1950


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