Presentazione Studio Pozzi In una foresta di_segni

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ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI URBINO - SCUOLA DI SCENOGRAFIA

IN UNA FORESTA DI SEGNI



Indice 1

Spettacolo

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Sviluppo

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Progetto

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Conclusione

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Biografia

2.1 Piante 2.2 Proposte dei quartieri 2.3 Moduli 2.4 Personaggi

3.1 città 2 3.2 città 55 3.3 città 610 3.4 città 987



SPETTACOLO

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Spettacolo

“Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure, anche se il filo del loro discorso è il segreto, le loro regole assurde, le prospettive ingannevoli, e ogni cosa ne nasconde un’altra” - Italo Calvino Città vuote, strade, metropoli, stazioni deserte. All’alba dello scorso anno abbiamo assistito a un nuovo scenario caratterizzato da misure restrittive atte a contenere la dilagante pandemia in corso. È sulla base di questo tragico avvenimento che siamo stati chiamati a riflettere sul ruolo della città, sui suoi abitanti, sul proprio stile di vita. Le città con le loro piazze si svuotarono, per-

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dettero quella connotazione antica di luogo di incontro e di contatto umano. Sulle strade non c’era più nessuno. Un giorno però mi misi a guardare dalla finestra e iniziai a osservare che quelle strade, quei vicoli erano pieni di pensieri; la città stessa era un flusso di pensieri e dunque nella pesantezza dell’uomo odierno vi era la leggera invisibilità dell’essere. Il progetto “In una foresta di segni” ha per oggetto la città, in quanto nucleo abitato, protetto e racchiuso da dei confini. Tuttavia, non ci siamo limitati a soffermarci solo sulla città fisica fatta di mattoni e cemento, ma abbiamo posto al centro soprattutto i sentimenti e le idee delle persone che la abitano. Si è deciso così di creare una città fatta di carta, anziché di cemento, asfalto e mattoni. Ciò perché la carta è sin dalle sue origini il materiale prediletto a cui affidare

testi, lettere, pensieri e segreti, perciò il più adatto a restituire il concetto di una città che è soprattutto contenitore di idee e parole. Partendo dalla visione del film “Il cielo sopra Berlino”, diretto da Wim Wenders abbiamo colto questo lato poetico celato dagli spessi e grigi muri che costituiscono una città. In particolare la scena iniziale mostra il volo dell’angelo sopra Berlino attraverso una ripresa dall’alto dei quartieri, con le voci e i pensieri dei suoi cittadini in sottofondo. Anche nelle città che siamo andati a progettare è presente un’unione tra la realtà materiale di cui sono fatte le città (case, strade, negozi, parchi e così via, tutto ciò che risponde alle esigenze pratiche dei cittadini) e la parte metafisica, ovvero i flussi di pensieri che le abitano. Ciò perché spesso la forma della città influenza fortemente la forma mentis dei suoi

abitanti. Infatti, la sua struttura, cioè il posizionamento di certi edifici o monumenti e l’intreccio delle sue strade, determina le abitudini delle persone, rimanendo inconsciamente impressa nella loro memoria e condizionando le loro azioni e idee. Quando poi qualcuno nasce e cresce sempre nella stessa città o nello stesso quartiere, vi crea delle radici che difficilmente riuscirà a recidere del tutto, pur trasferendosi altrove. La città è un tema che ci accomuna tutti e che ci rimane addosso come un filo legato al dito. Lo spettacolo da noi ideato e progettato riflette proprio su queste tematiche trasformando lo spazio da noi condiviso abitualmente per le nostre lezioni come una vera e propria foresta di segni. Sui praticabili si ergeranno dunque città insolite, fatte di segni, che non sono altro che miniature di ciò che oggi ci è possibile vedere solo in rete.



METODO

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2.1 Piante

La prima parte del lavoro vede impiegati gli studenti a organizzare lo spazio dell’aula teatro della scuola di scenografia per rendere funzionale questo progetto. È stato richiesto di proporre varie disposizioni di 18 praticabili all’interno dell’aula i quali rappresentano le sedi dei più disparati quartieri. Si è realizzato così un “piano regolatore”, ovvero una serie di piante tra cui scegliere poi quella definitiva. Le prime proposte di questo studio per la disposizione delle città sono state molteplici: alcune sono proposte semplici e regolari ideate per ricordare la sistemazione degli spazi espositivi. Altre invece sono state con-

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cepite sulla base dell’idea del labirinto con piante più o meno ordinate e regolari, o prendendo riferimento il meandro greco, simbolo dedalico. Infatti, l’intricata struttura del labirinto ricorda non solo la città contemporanea, ma è anche concettualmente assimilata alla mente umana. Il dedalo, quindi, come uno spazio mentale nei cui vicoli e cunicoli si intrecciano idee e pensieri, richiamando la complessità del cervello umano. Altre ancora si basano sull’idea che tutte possano essere connesse tra loro, ogni quartiere è collegato ad un altro grazie alla presenza di strade le quali possono essere collocate sui praticabili, a terra o sospese, questo perché ogni città non resti a sé stante ma ricordi che ognuna di esse, per quanto diversa dalle altre, è comunque parte dello stesso mondo. E infine è stata proposta l’idea di una città che potesse

essere collocata su più livelli, utilizzando quindi non solo la tavola del praticabile, ma anche una sedia e/o il pavimento in modo da creare diversi piani di appoggio e rendere la città più estesa. Dopo aver presentato queste proposte e dopo aver avuto un confronto con gli altri studi ci si è accorti che i concetti principali che erano emersi dai lavori di ognuno erano fondamentalmente quattro: il labirinto, l’antitesi tra regolarità e irregolarità, la città sospesa e la città con i suoi percorsi. Cercando di far confluire ognuno di questi elementi nel nostro progetto, abbiamo scelto una delle piante della città labirinto, sviluppando poi al suo interno più tipologie di quartieri, tra cui la città acquatica, la torre di Babele (che si sviluppa su più livelli, mettendo un praticabile sopra l’altro, con un quartiere sotterraneo e più nascosto e un altro sopraelevato, che può

essere visto solo salendo sul praticabile attraverso un percorso di scale) e la città sospesa e sottosopra, proponendo modi per lo spettatore o per l’attore di “entrare” materialmente nelle città salendo sui praticabili e percorrendone le vie.


2.2 Proposte delle città

Dopo un ulteriore confronto solo semplici libri appogcon gli altri studi, si è pervenugiati su di un praticabile, ti alla scelta di un’unica pianin realtà nascondono un ta comune ad ogni gruppo, intero quartiere che può ovvero quella proposta dallo essere scoperto dalle mani studio Vagnozzi (img. 1). La dello spettatore (img. 2-3) pianta è stata pensata come se l’aula teatro fosse un’unica • quella con edifici moderni grande città che va dal centro e ripetitivi; quartiere comstorico (posizionato a sinistra) posto da case identiche, in fino alla periferia e al porto modo da mettere in risalto (collocati nella parte destra). l’aspetto dell’urbanizzaTra le proposte portate elenzione che tende a favorire chiamo: il molteplice anziché il singolo • la città libro, pensata per essere realizzata con la • il quartiere dove c’è l’intecnica del Kirigami, una contro tra il vecchio/storitecnica orientale di intaco e nuovo, caratterizzato glio e piegatura della carta dalla presenza di una vecsimile a quella del pop up. chia entrata della città che Così quelli che sembrano si oppone ad edifici più

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moderni in cui è diventato facile smarrirsi

ne avesse una panoramica dall’alto

sulla terra ferma • due diverse proposte dove in entrambe si recupera l’idea di un quartiere a palafitta, posto su una struttura sorretta da fil di ferro. Poiché i quartieri sono posti in una vasca, il fil di ferro avrà un effetto di ruggine provocato dalla permanenza nell’acqua

• la città sospesa, poggiata • il quartiere con edifici stosopra ad un telo che si fletrici e moderni te verso il centro sul vuoto attraverso una struttura di • il quartiere delle favelas; barrette di ferro (img. 4) esso è caratterizzato dalla presenza di una serie di • la città pluridimensionale, cubi di dimensioni identiche si sviluppa sia orizche che, in base alla loro zontalmente sia verticalposizione, danno vita ad mente, accostando al prauna città povera e malfaticabile una tavola dove mata (img. 6-7) • il faro, testimonia la folle attaccare un compensato crescita dell’urbanizzaziopieghevole su cui si ada- • il quartiere povero con ne che è ormai arrivata gia il quartiere. Ciò regala abitazioni a mo’ di palafitovunque, anche nei posti maggiore dinamismo alla te, rialzate e sostenute da più sfavorevoli alla vita città, che si incurva verso legnetti o da spessi fili di dell’uomo, e non si ferl’alto in un’aspirazione di ferro, in cui gli edifici sono merà. L’uomo è arrivato leggerezza (img. 5) collegati tra loro attravercosì a costruire anche a so passerelle e scale ridosso di un faro, luogo • la città sotterranea, in cui il nel quale dovrebbe abitarperimetro della città è cir- • il cantiere navale abbanvi solo il guardiano, romcondato da quattro mura donato con porto mopendone la bellezza della di carta al cui interno si derno; praticabile diviso solitudine e della pace. trovano edifici senza tetto: in due: da una parte vi è in questo modo si viene un cantiere navale abbana creare una sorta di ladonato che è stato orbirinto che lo spettatore, mai raggiunto dall’acqua, sporgendosi, può guarmentre dall’altra parte è dare all’interno come se presente uno più recente


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2.3 Moduli

È stato poi richiesto di immaginare e progettare un modulo standard con il quale costruire ed edificare gli edifici delle città. Si sono così realizzati vari moduli, alcuni semplici e altri più complessi, di diverse forme e dimensioni, ma che potessero essere utilizzati in qualsiasi direzione e che potessero poggiare su qualsiasi lato in modo da poter creare un numero ancor più maggiore di combinazioni per dar vita alle città.

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Si è poi pensato che ogni elemento debba essere formato da snodi e spigoli smontabili e rimontabili, in modo da creare le città con più facilità e dinamicità, e per rendere ogni quartiere, dei diversi studi, realizzato con lo stesso principio. L’accostamento di alcuni di questi moduli con alcune delle proposte dei quartieri citati precedentemente, ha dato origine alla formazione di quattro città definitive per questo progetto.


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2.4 Personaggi

Se la città è una rete di segni, prima di inventare una drammaturgia, viene chiesto ai vari studi di cristallizzare dei pensieri, paure e irrefrenabili gioie dentro alla maschera di personaggi inizialmente inventati per poi trasformarsi in quattro personaggi “rubati” a diverse fonti letterarie per farli incontrare in un unico scenario. L’incontro realizzato da 18

questo studio ha avuto luogo tra Clarissa Dalloway, personaggio presente nel libro “La signora Dalloway” di Virginia Wolf, Dorian Gray, dal libro “Il ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde, Sigismondo, personaggio centrale nell’opera “La vita è sogno” di Calderon de la Barca, e l’uomo dal fiore in bocca, “rubato” appunto dall’opera “L’uomo dal fiore in bocca” di Luigi Pirandello.




PROGETTO

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3.1 Città 2

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“Lo sguardo percorre le vie come pagine scritte: la città dice tutto quello che devi pensare, ti fa ripetere il suo discorso, e mentre credi di visitarla non fai che registrare i nomi con cui essa definisce se stessa e tutte le sue parti. [...] Fuori s’estende la terra vuota fino all’orizzonte, s’apre il cielo dove corrono le nuvole. Nella forma che il caso e il vento danno alle nuvole l’uomo è già intento a riconoscere figure: un veliero, una mano, un elefante…” - Italo Calvino -

Questa città si erge leggera sulle pagine svolazzanti di un libro, al confine tra sogno e realtà. Una città onirica dove le parole diventano immagini e si dissolvono nella mente di chi la osserva. Uno spazio in cui ci si deve addentrare,

Prova su carta per il rivestimento della città

girarvi attorno, perdersi tra le miriadi di lettere che lo compongono, osservarlo, e infine, magari, sognare con esso. Solo così si potranno vedere edifici filiformi, torri pendenti e una grande luna che invita a osservare il cielo che ogni libro reca in sé.


3.2 Città 55

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“In ogni luogo di questa città si potrebbe volta a volta dormire, fabbricare arnesi, cucinare, accumulare monete d’oro, svestirsi, regnare , vendere, interrogare oracoli. Qualsiasi tetto a piramide potrebbe coprire tanto il lazzaretto dei lebbrosi quanto le terme delle odalische. Il viaggiatore gira e gira e non ha che dubbi: non riuscendo a distinguere i punti della città,anche i punti che egli tiene distinti nella mente gli si mescolano” - Italo Calvino Prova su carta per il rivestimento della città

Ogni città possiede il suo quartiere più degradato e povero. Quel quartiere visto spesso e unicamente come luogo dell’assenza e luogo della perdita. La linea d’ombra, il posto di frontiera tra città e campagna, senza radici ma nemmeno prospettive. Ricalcando le

conformazioni e le caratteristiche delle favelas, questo luogo di edifici ripetitivi e anonimi è una vera e propria città nella città. RIcoperte da leggere cartoline dai chiari riferimenti al Brasile, vuole essere punto di riflessione verso questi quartieri e i loro abitanti.


3.3 Città 610

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“È una città fatta solo d’eccezioni, preclusioni, contraddizioni, incongruenze, controsensi. Se una città così è quanto c’è di più improbabile, diminuendo il numero degli elementi abnormi si accrescono le probabilità che la città ci sia veramente. Dunque basta che io sottragga eccezioni al mio modello, e in qualsiasi ordine proceda arriverà a trovarmi davanti una delle città che, pur sempre in via d’eccezione, esistono. Ma non possono spingere la mia operazione oltre un certo limite: otterrei delle città troppo verosimili per essere vere.” - Italo Calvino Una città fondata sul paradosso e la contraddizione dove realtà e sogno si uniscono e confondono, permettendo il venir meno anche della più fondamentale delle leggi fisiche: quella della gravità. Il quar-

Prova su carta per il rivestimento della città

tiere si divide in una parte ordinaria dove le case si sviluppano ancora orizzontalmente, per poi iniziare a sollevarsi nel punto in cui l’immaginario e l’onirico si concretizzano. Diventa così possibile che anche l’asfalto

della strada si incurvi verso l’alto lungo un’altra dimensione. Per quanto riguarda il rivestimento degli edifici, si è deciso di usare pezzi di carta con contenuto astrologico, come mappe stellari di un cielo stellato.


3.4 Città 987

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“C’è un precipizio in mezzo a due montagne scoscese: la città è sul vuoto, legata alle due creste con funi e catene e passerelle. Si cammina sulle traversine di legno, attenti a non mettere il piede negli intervalli , o ci si aggrappa alle maglie di canapa. Sotto non c’è niente per centinaia e centinaia di metri: qualche nuvola scorre; s’intravede più in basso il fondo del burrone” [...] sospesa sull’abisso, la vita degli abitanti d’Ottavia è meno incerta che in altre città. Sanno che più di tanto la rete non regge” - Italo Calvino “Sembra che non sappiamo più costruire castelli in aria. Facciamo piccoli sogni, sogni a portata di mano.” Partendo da questa riflessione, si è voluto progettare una città parallela che si alzasse lassù, dove i fumi terrestri si dissolvono, dove i rumori dei clacson assordanti sva-

Prova su carta per il rivestimento della città

niscono soavemente. Una città sospesa dunque, immateriale, trasparente, leggera. Una città modellata con fili di ferro, stabile nella sua instabilità. Una città che si erge più in alto dei grattacieli: è la città dei castelli in aria, fatti di simboli e sogni di ciascuno di noi.



CONCLUSIONE

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4 Conclusione Fare Teatro in tempo di una pandemia globale non è cosa semplice né scontata. Per di più se la tematica di riflessione è appunto la città, il suo flusso di pensieri e i suoi contatti umani. Ma è proprio da questa negazione di poter vivere e attraversare la città, che possono nascere spunti riflessivi, suggerimenti, proposte non solo per pensare al ruolo svolto dal contemporaneo tessuto urbano ma anche per ideare e progettare uno spettacolo avente questo tema. In una foresta di segni sintetizza il legame fra la parola, i pensieri e i loro segni tangibili. Una foresta è un insieme caotico e irrazionale; i segni sono la rappresentazione grafica di questa irrazionalità che solo i pensieri, le idee, i sogni possono avere. 32

A tal proposito si è giunti a pensare come se il luogo di ritrovo per eccellenza delle nostre lezioni quotidiane, l’aula teatro, fosse abitata da una miriade di leggere città fatte di snodi e bastoncini, ricoperte da veli di carta che fissano per un momento l’immaterialità dei pensieri della gente che vi ci abita. Lo spettatore si ritroverà dunque catapultato in questa foresta di segni dove tra una carta che funge da parete e l’altra che funge da tetto ascolterà i flussi di pensieri di ogni quartiere e giungerà così alla sintesi che accanto alla necessaria pesantezza dell’uomo ci sia la leggera invisibilità dei suoi pensieri. Augurandoci che in questa fitta rete di segni e parole si possa intravedere il cielo dentro ciascuna stanza.




BIOGRAFIA CONCLUSIONE

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Elisa Pozzi Nata nel 1999, vive a Pesaro dove ha frequentato il liceo artistico Ferruccio Mengaroni specializzandosi in architettura e ambiente, ha così acquisito la conoscenza e l’esperienza del rilievo e della restituzione grafica e tridimensionale degli elementi dell’architettura. Dopo aver conseguito il diploma si è iscritta al corso di Scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Urbino.

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Emanuele Rebecchini (Fossombrone,1997) è un giovane eclettico che ama cimentarsi in discipline e canali espressivi variegati. Sin da bambino frequenta corsi di teatro sotto la direzione di Fabrizio Bartolucci, Silvia Battaglio, Sandro Fabiani, Marco Florio e ancora oggi non rinuncia al palcoscenico e a tutto ciò che possa essere ricondotto all’arte in genere. Dopo la maturità scientifica ha conseguito la laurea triennale in Ingegneria del Cinema e dei Mezzi di comunicazione al Politecnico di Torino. Dallo scorso anno è iscritto alla Scuola di Scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Urbino.

Lorenzo Rossi Nato a San Benedetto del Tronto, il 31/10/1998 di anni 22, ha frequentato il Liceo Artistico Preziotti Licini di fermo studiando Scenografia, successivamente si è iscritto all’Accademia di Belle Arti di Urbino al corso di Scenografia ed ha partecipato alla messa in scena dello spettacolo di Aldo Moro, La Cambiale di Matrimonio al Teatro Rossini di Pesaro e America di Kafka allo Spazio Rosellini di Roma. Nel tempo libero ama costruire modellini e disegnare.


Sofia Anasetti Nata a Terni, Sofia Anasetti ha 21 anni e ha frequentato l’indirizzo musicale alle medie partecipando a vari concorsi di pianoforte e orchestra, per poi scegliere il liceo classico dove ha conseguito il diploma. Quindi ha intrapreso gli studi di Scenografia all’Accademia di Belle Arti di Urbino. È di madrelingua italiana e possiede il livello B2 di inglese.

Lisa Leone 20 anni, consegue gli studi superiori presso l’ITE Toniolo di Manfredonia e contemporaneamente si diploma presso la Royal Academy of Dance per gli studi di danza classica e l’Imperial of Teachers of Dancing per gli studi di danza moderna collaborando con la compagnia teatrale di Carlo Tedeschi per vari stage, spettacoli e festival acquisendo inoltre nozioni base e professionali sulla fonica teatrale. Lingue conosciute quali inglese e francese. Attualmente studia presso l’Accademia di Belle Arti di Urbino, scuola di scenografia, secondo triennio.

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