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Riqualificazione

VISTA D’INSIEME dopo la rimozione del mobilio e degli arredi fissi

Riqualificazione e risanamento di un edificio anni ’50: sotto

il vestito… altro che niente

Oltre che una riqualificazione estetica e funzionale, l’obiettivo generale è il recupero in termini di efficienza energetica di un edificio costruito negli anni ’50. Nel corso del 2020 sulla rivista verranno pubblicati diversi articoli che ne racconteranno l’evoluzione. In questa quinta parte affrontiamo lo stato di fatto dell’alloggio dopo lo svuotamento

DAVIDE GIGLI

Il cantiere è timidamente iniziato, con la rimozione del mobilio e degli arredi fissi. Lo svuotamento dell’alloggio offre la possibilità di riflettere sulle reali condizioni in cui spesso ci si può trovare inconsapevolmente a vivere, e sul reale significato della parola “ristrutturazione”. Spesso ho sentito affermare con malcelata superiorità che la ristrutturazione deve costare il meno possibile e massimizzare il profitto. Solo così sarà possibile soddisfare l’obiettivo del cliente, e al tempo stesso garantire la redditività del mestiere. Ma questo castello si basa su fondamenta molto fragili perché, quando tale assunto non si traduce in operazioni pragmatiche, concise e prive di fronzoli, è alto il rischio di realizzare opere di bassa qualità, mascherate dallo scintillio delle finiture, solo esteticamente gradevoli, ma per le quali il tempo poi presenterà il conto. In questo caso, sotto il vestito… altro che niente, tanto per fare una piccola citazione cinematografica. Sotto il vestito abbiamo trovato una situazione veramente molto grave in termini di salubrità. Il degrado da muffa è un “mostro” quasi invisibile che si sviluppa in silenzio, negli spazi e negli anfratti in cui il nostro sguardo non può arrivare. Se da un lato nelle camere “basterebbe” spostare gli armadi per rendersi conto della situazione (Figura 1), dall’altro lato in cucina, dietro pensili che erano parte integrante di una struttura di boiserie, non sarebbe stato possibile comunque portare alla luce e porre rimedio a tale degrado. Occhio non vede, cuore non duole? Non proprio. Gli effetti sulla salute, a lungo termine, non si annullano solo perché la muffa non si vede. E il fenomeno si radica, come in questo caso, andando ad aggredire anche le schiene dei mobili, i vestiti o gli oggetti in essi contenuti, e gli intonaci, in maniera sempre più radicata.

RIMOZIONE DELL’INTONACO E ISOLAMENTO

L’intonaco delle camere da letto dovrà essere integralmente rimosso e ripristinato. Non sussiste infatti margine di recupero: il radicamento della muffa è profondo alcuni millimetri nello spessore dell’intonaco e non è conveniente effettuare un semplice trattamento su cui posare nuovi materiali. Tutta la superficie interno di muro e soffitto sarà riportata al grezzo del mattone; anche la pavimentazione, compreso il sottofondo, sarà rimossa. A contatto con il mattone sarà realizzato un nuovo intonaco, a base di argilla e cellulosa, su cui verrà posato un isolamento interno in fibra di legno finito con rasante e intonachino nuovamente a base di argilla (Figura 2). Sarà posta cura nel risvoltare l’isolante a soffitto – come già fatto in un progetto di una decina di anni fa con ottimi risultati – per ridurre il ponte termico e spostare il punto di temperatura critica in zone più interne della costruzione. Anche nel raccordo con la pavimentazione sarà necessario prestare attenzione alla continuità dell’isolamento, per eliminare o almeno ridurre il ponte termico. La pavimentazione verrà completamente rimossa e sarà sostituita da una stratigrafia che, in uno spessore ridotto, separerà termicamente questo appartamento da quello sottostante. Sono state valutate alcune soluzioni alternative al pavimento

Il degrado da muffa è un “mostro” quasi invisibile, che si sviluppa negli spazi in cui il nostro sguardo non può arrivare

FIGURA 1. La camera da letto

radiante, ma la complessità impiantistica richiesta non si concilia con la disponibilità di spazio per le canalizzazioni richieste. Pertanto si opterà per una soluzione più tradizionale ma con minori incognite. Dato lo spazio (incognito) a disposizione in termini di spessore del solaio esistente, quasi certamente sopra la sezione portante del solaio verrà posato uno strato di pannelli di PU di basso spessore (6-8 cm), in modo da massimizzare la prestazione termica. L’altezza interna esistente (pari a 286 cm) consente di consumare qualche centimetro rispetto alla quota originale per realizzare alcune operazioni di risanamento. Sopraelevare di alcuni centimetri la quota di pavimento consente anche di intervenire sull’estradosso dei balconi e migliorarne il ponte termico anche in assenza di un cappotto esterno.

LE CONDIZIONI DELLA CUCINA

In questo ambiente la situazione è a suo modo ancora più significativa. Non soltanto si è sviluppata muffa nello spazio tra il muro e i pensili, dovuto all’assenza di un’aspirazione e/o ventilazione di quell’ambiente, ma rimuovendo i pannelli dei mobili abbiamo scoperto che in realtà una cappa in precedenza è esistita. La sagoma grigia ad arco corrisponde a un elemento di rame, ora rimosso, FIGURA 2. Isolamento interno

che convogliava i fumi di una precedente cucina verso un buco nel solaio (ad essere più precisi, un foro che attraversa solaio e trave di bordo) che finiva nel sottotetto (Figura 3). Esatto, senza un camino, un estrattore, o un qualsiasi sistema verso l’esterno, ma direttamente verso le travi di legno del tetto! Ora è chiaro che le temperature dei fumi estratti da una cucina non possono essere

FIGURA 3. Le tracce della vecchia cappa in cucina, vista d’insieme e dettaglio

Le ragioni economiche hanno un’importanza fondamentale, ma bisogna considerare gli effetti a lungo termine di soluzioni a basso costo

comparate a quelle di una stufa o di una caldaia, ma sicuramente la presenza di vapore, umidità, residui di cottura, olio o altro non è proprio ideale per la salubrità delle strutture. I depositi di tali sostanze sono estremamente appetibili per agenti biologici e per insetti. Anche gli allacciamenti dei tubi presentano delle condizioni veramente deteriorate (Figura 4). Alla luce delle immagini proposte, la riflessione però diventa un’altra. L’adeguamento degli impianti è obbligatorio solo nel momento in cui ci si mette mano, altrimenti possono rimanere nelle condizioni in cui sono. Ma se tali condizioni possono rappresentare un pericolo, qual è il limite tra diritti e doveri, nel senso di obbligo all’adeguamento? In questo caso l’impianto sarà completamente rinnovato e non si troverà nello stesso punto, per cui tutti gli allacci saranno rifatti e nuovi camini e sfiati (dotati di isolamento ignifugo) saranno realizzati. Anche in questo caso sarà necessario rimuovere completamente gli intonaci e le piastrellature esistenti e azzerare le condizioni di partenza per realizzare un isolamento interno in fibra di legno. Come per le camere, la soluzione tecnologica sarà la stessa, mentre per gli ambienti di bagno e cucina la parete internamente sarà completata da una controparete isolata in lastre di fermacell piastrellate.

RISANARE L’AMBIENTE

Aggiungiamo ancora alcune informazioni sul sistema: il riscaldamento radiante contribuirà a evitare il degrado attuale, garantendo una temperatura più omogenea in tutto l’appartamento. A tale scopo l’isolamento interno, modificando in meglio i valori di ammettenze termiche delle pareti, contribuirà a distribuire meglio il gradiente verticale di temperatura dato dal sistema a pavimento. Il progetto accurato dei punti di ponte termico geometrico (angoli FIGURA 4. L’allacciamento dei tubi in cucina

di parete, fori, finestre) ridurrà sensibilmente l’occorrenza di condizioni favorevoli alla formazione di muffa, insieme all’utilizzo di materiali igroscopici in grado di gestire gli accumuli di condensa. Infine la ventilazione meccanica ridurrà il carico di umidità interna, che abbiamo visto nei numeri scorsi dare luogo a importanti fenomeni di condensazione superficiale (le finestre, vedi Casa&Clima 83). Mi riallaccio infine al concetto di partenza. Ha senso ristrutturare solo al minor costo possibile? Ha senso continuare a vivere in un ambiente che sembra solo salubre, ma che nasconde (solo ai nostri occhi) condizioni così pregiudicate? O avrebbe un senso più compiuto affrontare e risolvere i problemi, sostituire gli elementi non più funzionali, aggiornare le tecnologie quando se ne presenta l’occasione? Ritengo che le ragioni economiche abbiamo un’importanza fondamentale nelle scelte di intervento, ma nelle ragioni economiche dovrebbe essere anche compreso il costo degli effetti a lungo termine, non direttamente quantificabili, di costruzioni e soluzioni tecnologiche a basso costo perché di bassa qualità. Un rapporto costi/benefici sbilanciato a favore del costo non è un successo: molto probabilmente è il primo mattone di futuri problemi.

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