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TECNOLOGIE/CARNI
Fermenti lattici nell’industria delle carni
La carne di animali sani è di regola priva di germi. Solo le malattie, l’indebolimento e lo stress prima della macellazione possono indurre la presenza di ceppi di batteri quando l’animale è ancora in vita (contaminazione primaria). La maggior parte dei microrganismi giunge però nella carne per contaminazione secondaria, durante e dopo la macellazione, nelle operazioni di disosso e preparazione, prima del confezionamento. Una parte deriva indirettamente per disseminazione durante le procedure di depilazione, scuoiamento ed eviscerazione. Un’altra parte deriva dagli ambienti di lavoro (macello, utensili di sezionamento, operatori) e solo con adeguati cicli di sanificazione degli ambienti e operando nelle migliori condizioni igieniche è possibile contenerne il numero. Un corretto approccio operativo, il rispetto dell’igiene e delle temperature sono pertanto essenziali per ottenere carne di qualità, permettendo di aumentare i periodi di conservazione. Purtroppo questa attenzione non sempre la si osserva e ciò rende favorevole la moltiplicazione batterica che causa alterazioni del substrato carneo. Oltre all’alterazione microbica, intervengono però un’alterazione ossidativa causata dall’ossigeno e un’alterazione enzimatica, le quali sono tutte correlate tra loro. In presenza di una flora microbica che si moltiplica oltre cariche di 107 ufc/cm2 le carni vanno incontro a putrefazione, che è causata dagli enzimi di pochi generi microbici che gradualmente si selezionano e si fanno largo in mezzo al resto della microflora. Questi livelli vengono raggiunti progressivamente anche se procedono in modo lento e dipendono dal grado igienico di lavorazione.
Giuseppe L. Pastori
Tecnologo e consulente alimentare Specialista delle carni e piatti pronti
La bioconservazione è un metodo utilizzabile per prolungare la vita commerciale e garantire la salubrità degli alimenti mediante l’impiego di microbioti naturali o selezionati e/o di sostanze antimicrobiche naturali.
La tecnica di biopreservazione è considerata un approccio ecologico al problema della conservazione degli alimenti
Le azioni enzimatiche sono processi naturali che si verificano nel muscolo animale dopo l’abbattimento: quando indotti dagli enzimi endogeni del muscolo sono responsabili del sapore, dell’aroma e dell’intenerimento del tessuto muscolare, processo noto come frollatura, mentre nei processi di stagionatura concorrono alla maturazione dei prodotti carnei stagionati [1].Tuttavia se liberati dai batteri per degradare il substrato e nutrirsi, gli enzimi proteolitici e lipolitici sono i prerequisiti del deterioramento.
Prevenire l’alterazione delle carni
Per evitare l’alterazione delle carni e garantire una maggiore conservabilità è necessario intervenire in modo antagonista rispetto alla presenza dei microrganismi alteranti, minimizzare l’ossidazione e la degradazione enzimatica. Allo scopo di garantire la conservazione, oltre ai metodi conosciuti, si può ricorrere a trattamenti di natura fisica o chimica, da soli o combinati tra loro, a prescindere che l’applicazione corretta dell’HACCP deve essere il primo parametro da applicare e che qualunque trattamento non deve coprire le carenze igieniche di uno stabilimento. Sulle carcasse, subito dopo la macellazione, sono possibili alcune pratiche, che riportiamo qui di seguito. § Per le carcasse bovine intere, mezzene o quarti si possono utilizzare soluzioni di acido lattico al 2-5% (autorizzato
con il Reg. EU 101/2013) [2] sulla base del parere scientifico di EFSA [3-4]. § Un sistema di decontaminazione potenzialmente applicabile riguarda l’impiego dei batteriofagi, che sono virus che replicano soltanto all’interno di cellule batteriche quali loro specifici ospiti. La FDA ha autorizzato il loro impiego in prodotti di carne e pollo ready-to-eat [5], mentre anche in Europa è stata autorizzata la commercializzazione del ListexTMP100 – prodotto che contiene il batteriofago P100 – per controllare la Listeria monocytogenes nella carne e nei formaggi [6-7-8]. § Tra i metodi fisici si possono impiegare le stimolazioni elettriche a bassa intensità (1 kGy) e bassa penetrazione (1,5 cm). Tale approccio risulta in grado di ridurre efficacemente la contaminazione microbica superficiale senza determinare alterazioni organolettiche, prevenibili comunque mediante l’aspersione di antiossidanti.
La refrigerazione è però ancora il sistema più valido per conservare la carne fresca non confezionata, sottovuoto o in atmosfera modificata (MAP). Oltre ai metodi conosciuti, diversi nuovi approcci noti con il termine di biopreservazione1 sfruttano la capacità di determinati ceppi di batteri lattici (LAB) e altre specie selezionate di competere nel substrato carneo con altri microrganismi (psicrofili patogeni e alteranti), cui
1 La biopreservazione (o bioconservazione) è definita come metodo utilizzabile per prolungare la vita commerciale e garantire la salubrità degli alimenti senza alterare significativamente le proprietà del prodotto, mediante l’impiego di microbioti naturali o selezionati e/o di sostanze antimicrobiche naturali; è inoltre considerata un approccio ecologico al problema della conservazione degli alimenti. Diverse specie di batteri lattici (LAB), appartenenti alla popolazione batterica della carne (Lactobacillus, Leuconostoc, Lactococcus e altri generi) sono utilizzati a questo scopo. impediscono la crescita e la sopravvivenza mediante produzione di specifici metaboliti antibatterici. I metaboliti attivi sono: acido lattico, acido acetico, acqua ossigenata, peptidi antimicrobici come le batteriocine, piccole molecole (reuterina, diacetile, acidi grassi). Le conoscenze acquisite sull’impiego dei LAB nella gestione delle fermentazioni hanno creato un mercato di ceppi microbici selezionati e hanno permesso di approfondire l’applicazione di metaboliti come le batteriocine, di cui si conoscono bene le proprietà e le capacità antimicrobiche. Oggi pertanto le colture microbiche starter si possono suddividere in due gruppi: 1. gli starter primari o di fermentazione, microrganismi caratterizzati da una rapida acidificazione del mezzo, che tendono a guidare il processo fermentativo; 2. gli starter funzionali, che producono metaboliti in grado di inibire microrganismi deterioranti o patogeni; generalmente questi ultimi con ruoli attivi in prodotti non fermentati o come ausiliari di starter fermentanti per migliorare la shelf-life.
Caratteristica fondamentale è che le colture starter devono essere GRAS (“generally recognized as safe”), costituite da microrganismi non dannosi per la salute dell’uomo.
Applicazioni alimentari
Le batteriocine da sole sono soggette a restrizioni d’uso di carattere legislativo, pertanto si tende ad impiegare direttamente la coltura starter produttrice di batteriocine in situ (cioè direttamente
La maggior parte dei microrganismi giunge nella carne per contaminazione secondaria, durante e dopo la macellazione, nelle operazioni di disosso e preparazione, prima del confezionamento
nell’alimento), il cui utilizzo presenta vantaggi legali2 e di minor costo. Ceppi di batteri lattici produttori di batteriocine possono essere impiegati direttamente come colture starter o come cocolture in combinazione con una coltura starter fermentante eterologa. Quando vengono utilizzati come colture starter, i ceppi batteriocinogenici dovrebbero essere in grado di guidare in modo ottimale il processo di fermentazione, oltre a produrre abbastanza batteriocine per proteggere l’alimento. Al contrario, se utilizzate come colture ausiliarie non dovrebbero contribuire alla fermentazione e non devono interferire con la funzione della coltura starter fermentante; quindi la coltura starter deve essere resistente alle batteriocine prodotte dall’ausiliario. Se invece sono utilizzate in alimenti non fermentati, le colture protettive batteriocinogeniche devono garantire l’inibizione dei patogeni e degli alteranti per estendere la durata di conservazione: la crescita dei LAB e la produzione di batteriocine deve avvenire sia durante la conservazione in condizione di refrigerazione che di eventuale abuso di temperatura [9]. a) Per la bioprotezione delle carni rosse fresche in condizioni di stoccaggio refrigerato dove la problematica prin-
2 L’impiego delle colture starter di avviamento è regolamentato dal Decreto 28 dicembre 1994 (GU n. 89 del 15.04.1995) Determinati ceppi di batteri lattici (LAB) e altre specie selezionate impediscono la crescita e la sopravvivenza nel substrato carneo di altri microrganismi (psicrofili patogeni e alteranti)
cipale è di tenere sotto controllo ed eliminare sia i patogeni che i microrganismi psicrotrofi, l’impiego di Lactobacillus curvatus CRL705 (lattocina) inibisce la crescita di Listeria e Brochotrix termosphacta in confezioni di pezzi anatomici sottovuoto [10], mentre quello contemporaneo di ceppi di
Lactococcus lactis (che producono lattocina e nisina) con Lactobacillus curvatus inibisce la presenza di Brochotrix e di ceppi lattici deterioranti in fettine di carne confezionata in atmosfera modificata, ma in presenza di ossigeno nella miscela del gas e condizioni aerobie. b) Nella produzione di salami, anche se tradizionalmente la fermentazione associata all’asciugatura ne fa un prodotto stabile, possono essere presenti focolai residui di L. monocytogenes e E. coli O157:H7. L’uso di ceppi
LAB batteriocinogenici come coltura starter funzionale o co-coltura per fermentazione deve essere in grado di produrre acido lattico oltre alla capacità di generare batteriocine: ceppi di Lactobacillus sakei (che produce sakacina), Lactobacillus curvatus (produttore di lattocina) e ceppi di Staphylococcus xylosus sono considerati le specie che più si adattano alle rigorose condizioni di fermentazione a base di carne [11]. c) Nei prodotti a base di carne cotta e piatti pronti RTE, pur se si pastorizzano i pezzi interi prima dell’affettamento e si condiziona in MAP in camera bianca, si può trovare la presenza di
Listeria per contaminazione secondaria o quella di ceppi LAB deterioranti eterofermentanti che a determinate
Garantire shelf-life e conservabilità migliore aumenta le potenzialità di vendita o consumo dell’alimento
concentrazioni producono filamentosità e mucillagini. L’aggiunta di inoculi in modalità spray di specifiche concentrazioni di LAB produttori di batteriocine come fattore di bioprotezione permette di inibire la presenza di Listeria e quella dei LAB deterioranti.
Sperimentazioni condotte impiegando ceppi di Lactococcus lactis spp. lactis per migliorare la qualità del prosciutto cotto in MAP, prolungare la shelf-life e agire da “scavenger” (letteralmente, “spazzini”) dell’ossigeno residuo, confermano di poter inibire lo sviluppo dei patogeni e limitare la crescita dei LAB autoctoni deterioranti [12-13]. d) Applicazioni di batteriocine in sistemi di “active packaging” sono una tecnologia innovativa e stimolante che è stata introdotta in risposta ai continui cambiamenti delle esigenze dei consumatori e delle tendenze del mercato. Gli imballaggi alimentari attivi sono in grado di fornire diverse funzioni che non esistono nei sistemi convenzionali, compresa l’azione scavenging di ossigeno e umidità e l’attività antimicrobica [14-15]. L’incorporazione di agenti antimicrobici in materiali polimerici consente all’industria di coniugare la funzione di conservazione di antimicrobici con la funzione protettiva degli imballaggi: grazie alla loro stabilità termica le batteriocine sono buone candidate per essere incorporate direttamente nei polimeri durante la fusione o per essere integrate con un solvente durante metodi di lavorazione come estrusione e stampaggio.
Conclusioni
Oggi i consumatori danno grande importanza alla relazione tra alimento e salute, richiedendo all’industria cibi più naturali, che subiscono processi meno pesanti e contengono meno additivi. La domanda di ridurre l’uso di additivi e l’incidenza dei processi sembra essere in contraddizione per un mercato che chiede più sicurezza e maggior gusto del cibo, ma pone le aziende sotto pressione per cercare di trovare soluzioni innovative. All’interno dei metodi di conservazione disponibili l’industria alimentare sta cercando di sostituire le tradizionali tecniche di conservazione degli alimenti con nuove tecnologie, anche se pochi di questi metodi sono effettivamente attuati. Forse perché l’utilizzo delle colture bioprotettive richiede un’attenta selezione di ceppi batteriocinogenici, anche se pubblicazioni e brevetti legati alla conservazione degli alimenti sono in costante aumento dal 1980. I limiti applicativi sono in parte dovuti a una carenza legislativa e al fatto che gli inoculi di colture devono essere fatti a determinate concentrazioni iniziali, tali per cui la crescita dei bioprotettori può anche superare valori di 106 ufc/g ma senza presentare i caratteri degradanti dei contaminanti che si sono inibiti: ciò è sufficiente per garantire shelf-life e conservabilità migliore e quindi aumentare le potenzialità di vendita o consumo dell’alimento.
L’industria alimentare sta cercando nuove tecniche di conservazione, ma si devono continuare a rispettare le buone pratiche di fabbricazione e il rispetto della catena del freddo lungo tutta la vita commerciale degli alimenti, dalla produzione al consumo.
L’uso di LAB che producono batteriocine da inoculare negli alimenti come colture bioprotettive potrebbe fornire almeno in parte la soluzione. Tuttavia, la tecnica di bioconservazione deve essere considerata soltanto come un ulteriore ostacolo che inibisce la crescita dei microrganismi patogeni e degli alteranti, compresi quei batteri lattici autoctoni che si comportano come deterioranti, mentre si devono continuare a rispettare le buone pratiche di fabbricazione e il rispetto della catena del freddo lungo tutta la vita commerciale degli alimenti, dalla produzione al consumo.
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