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Vespai con sorpresa
Vespai con
sorpresa
NUMEROSE DOGHE CON DEFORMAZIONI DIMENSIONALI: QUANDO L’UMIDITÀ IN ECCESSO MODIFICA LA STRUTTURA; A COSA DEVE PRESTARE ATTENZIONE UN PARCHETTISTA?
di Mauro Errico*
Un buon parchettista non deve mai fidarsi delle parole, semmai della propria esperienza e, soprattutto, fare indagini approfondite prima di porre in opera una pavimentazione di legno, specialmente in contesti che già – per come sono strutturati – si presentano a rischio. È abbastanza frequente sentirsi dire che la casa è sana, non vi è umidità nelle pareti, il vespaio è di quelli vecchi, quindi, funziona bene etc... Frasi ricorrenti che i proprietari di casa spesso dicono, poi si manifestano problemi di stabilità nei pavimenti in legno, ed ecco che il problema si manifesta all’improvviso in tutta la sua forza.
È il tipico caso delle pavimentazioni a piano terra, dove sono presenti dei vespai areati, ovvero intercapedini
sollevate dal terrapieno ai cui lati vengono posizionate
delle grate di areazione, che – in teoria – dovrebbero far circolare l’aria mantenendo asciutto l’ambiente sottostante il piano di posa. Ma non sempre è così, soprattutto quando si posiziona un materiale igroscopico e sensibile all’umidità come il legno: si devono usare le massime attenzioni per non incorrere poi in futuri problemi di stabilità. Come nel caso riportato nel presente articolo dove un’intera pavimentazione in legno costituita da massello di Doussiè (Afzelia Bipendis) era stata posta in opera e ultimata, anche con il battiscopa perimetrale a rifinitura, nel pieno della stagione estiva.
LE PRIME ANOMALIE
Al cambio delle condizioni stagionali, quindi, verso la metà del mese di ottobre si sono manifestate le prime anomalie in alcune doghe in opera tanto che, dopo alcuni giorni del medesimo mese, l’azienda fornitrice ha fatto eseguire un intervento di sostituzione integrale di alcuni elementi. Successivamente, però, verso la fine del mese di gennaio sono state osservate nuovamente altre doghe, in numero ancora consistente, con ulteriori anomalie ovvero una deformazione dimensionale. La disamina tecnica dell’intera superficie pavimentata in legno, nello stato attuale in cui si trovava al momento del sopralluogo peritale, è stata condotta con metodo visivo e strumentale tenendo conto della norma di riferimento prima citata.
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Deformazioni dimensionali (1) Deformazioni dimensionali (2)
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L’indagine condotta dal sottoscritto, estesa a tutta la superficie lignea in opera, ha permesso di rilevare la presenza nella superficie di calpestio del pavimento in legno numerose doghe con deformazioni dimensionali,
le quali determinano nelle medesime un aspetto con-
cavo. Per mezzo di igrometro a conduzione elettrica, modello GANN HT65, sono state eseguite a campione alcune rilevazioni nel materiale in opera. La misurazione eseguita è prevista dalla norma UNI EN 13183-2 metodo elettrico; i valori di stima espressi dai rilievi sono stati i seguenti: 9,8% per gli elementi in opera (valori massimi 11,1% minimi 8,6%), mentre per il materiale fuori opera non sussistono elementi lignei su cienti, correttamente conservati, per essere misurati senza avere indicazioni fuorvianti. È palese, comunque, che i singoli listelli in opera, data anche la conformazione dimensionale assunta, abbiano adsorbito umidità in eccesso che ne ha modificato poi la struttura. La pavimentazione in legno è già stata oggetto di alcuni interventi di riparazione, ovvero sono state sostituite dei singoli listelli che si erano sollevate distaccandosi dal piano di posa; gli interventi sono stati richiesti in particolare nel periodo invernale quando la pavimentazione oggetto della disamina, ha avuto un generale peggioramento dimensionale.
CONSIDERAZIONI DI CARATTERE TECNICO
Tenendo conto di quanto esaminato visivamente al momento del sopralluogo, il sottoscritto ritiene che il fenomeno rilevato (deformazione dimensionale dei listelli e distacco dal piano di posa) è un problema in evoluzione al quale non è possibile, al momento, dare una scadenza temporale. Il sottoscritto ritiene che il nesso causale sia da ricercarsi in un processo di adsorbimento di umidità in eccesso da parte dei listelli; in particolare a causa di flussi evaporativi che si formano sulla parte superiore del piano di posa costituito, quasi totalmente, da materiale non assorbente.
La pavimentazione in legno, infatti, è stata posizionata su di un piano di posa costituito da vecchie mattonelle, a parte alcune zone dove erano state realizzate delle tracce per il passaggio di tubazioni, poi richiuse
con del cemento. La pavimentazione in legno è sostanzialmente posizionata al piano terra dell’immobile, che ricordiamo essere stato oggetto di una importante fase di ristrutturazione edile, dove è ubicato un vespaio di vecchia generazione (risalente ovviamente all’epoca di costruzione dell’immobile medesimo intorno agli anni ’60). Dell’intercapedine in questione non si hanno dati certi di come sia e ettivamente strutturata; possiamo riferire che trattasi di un vespaio dotato di ventilazione naturale attraverso una serie di bocchette posizionate in parte a filo terreno esterno, altre leggermente rialzate dal piano di campagna, mentre su di un lato non sussistono. Al momento del sopralluogo, nessun segno evidente di umidità in parete sia in esterno che all’interno dell’appartamento in corrispondenza dei singoli vani pavimentati, anche se si precisa che l’immobile ha subito una recente ristrutturazione. Un nuovo sopralluogo tecnico è stato poi condotto, al fine di eseguire alcune riprese per mezzo di termocamera (modello E30BX SYSTEMS Serial nr. 49028076) impiegata per una verifica sulla presenza di ponti termici, ovvero situazioni di umidità pregressa non rilevabile a occhio nudo. In detta occasione, dato che una porzione di pavimento in legno posizionata nella camera principale si era sollevata e distaccata dal piano di posa – confermando, dunque, un peggioramento rispetto a quanto monitorato durante il precedente sopralluogo – si è quindi potuto procedere anche a una disamina della situazione presente nella superficie del piano di posa. Come si può rilevare dai supporti fotografici, si conferma che trattasi di piano di posa non assorbente (come già anticipato in precedenza) costituito da piastrelle in
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Immagine 1. Esempio di vespaio areato regolarmente
graniglia di vecchia produzione. L’adesivo impiegato, che ricordiamo essere di natura sintetica bicomponente, è rimasto in parte nella superficie del piano e in parte nel sotto strato dei listelli sollevatesi; in alcuni
punti del piano di posa l’adesivo ha anche “strappato”
alcune aliquote di materiale della graniglia. Dalla disamina di alcune zone della casa, mediante termocamera, sono emersi dati che confermerebbero la possibilità di formazione di condensa superficiale, precisamente condensazione superficiale da ponte termico che è infatti generalmente caratterizzata, da una posizione ben precisa. La termografia consente di supportare l’indagine visiva spesso non su ciente con la visione di insieme dei fenomeni.
L’umidità superficiale, infatti, nelle condizioni di misura interne, è soggetta a fenomeni evaporativi che portano a una riduzione della temperatura superficiale
visibile con la termocamera. Si ottengono quindi delle immagini della posizione e dalla forma delle macchie di umidità che rispecchiano quanto riportato nei supporti successivi. È utile ricordare comunque che il vespaio che si trova al di sotto della pavimentazione in legno oggetto della disamina, è dotato di ventilazione naturale. Per avere una buona ventilazione è necessario posizionare l’uscita dei tubi di areazione più bassa a nord o da dove arriva il vento dominante, e più alta a sud o dal lato opposto. L’obiettivo è quello di sfruttare l’e etto camino, ovvero creare una di erente pressione tra i tubi alti di uscita e quelli bassi di entrata, in modo da massimizzare la circolazione dell’aria.
Osservando i supporti fotografici relativi, mentre in parete non si rileva assolutamente alcuna anomalia, dalla verifica con termocamera si evince che nella parte in basso vicino al radiatore, in corrispondenza del battiscopa, vi è già un segnale di possibile formazione di condensa. Questo perché al momento del rilievo, il valore superficiale di temperatura dei materiali era pari a 10,5°C mentre le temperature fra la parte fredda e calda presentavano già un di erenziale di 5°C e all’interno dell’appartamento, in quel momento, il riscaldamento era spento. Ricordiamo che la condensa si forma quando l’aria calda carica di umidità entra in contatto con una superficie fredda come quella delle piastrelle, generando il contrasto caldo/freddo che favorisce la condensa. È
evidente che al di sotto delle piastrelle, ovvero all’interno del vespaio, la ventilazione naturale non funzio-
na in maniera ottimale o non funziona proprio. Altro supporto inserito di seguito fa rilevare come la parte più fredda sia, in maniera ineccepibile, la superficie delle piastrelle appena scoperte data l’asportazione degli elementi lignei. Sulla parte inferiore (contro faccia) dei listelli asportati dalla porzione di pavimento rialzatosi in camera principale, è stata eseguita un’ispezione mediante microscopio. La disamina ha permesso di evidenziare la rottura della linea collante in senso trasversale, oltre alla presenza di alcune aliquote di materiale appartenente alla superficie delle piastrelle.
CONCLUSIONI
Per tutto quanto sin detto ed esposto pare evidente e chiaro che il nesso causale che ha determinato l’attuale stato strutturale dei listelli che compongono la pavimentazione in legno, oggetto della disamina, sia da individuare in un fenomeno fisico, di natura prettamen-
te occulta, che comporta la formazione di condensa superficiale sulla superficie delle piastrelle facenti funzione di piano di posa per il parquet.
Di conseguenza, la formazione di condensa, avvenuta dopo l’ultimazione dei lavori di installazione della pavimentazione in legno, è stata adsorbita dai singoli elementi lignei con conseguente aumento di volume e deformazione degli stessi. L’aumento di volume comporta poi il distacco dal piano di posa, previa rottura della linea collante a seguito della trazione che gli stessi elementi lignei trasferiscono sull’adesivo. Come esplicato precedentemente, il piano di posa è costituito al di sopra di un vespaio dotato di areazione naturale (non forzata o ventilato meccanicamente) risalente alla costruzione dell’immobile medesimo. Per quanto concerne, la funzione del vespaio dovrebbe – attraverso una ventilazione trasversale – consentire la circolazione d’aria nell’intercapedine al di sotto della pavimentazione (che nel nostro caso era costituita da piastrelle in graniglia e comunque da materiale non assorbente). Il quanto non solo per isolare dal freddo, ma anche per non consentire la formazione di umidità, non quella di risalita che – eventualmente – interessa chiaramente i muri laterali, bensì l’umidità proveniente dal terreno. Se, però, la circolazione di aria all’interno del vespaio non funziona adeguatamente si può manifestare la formazione di condensa (umidità) all’interno dell’intercapedine stessa. Ricordiamo ancora che una buona ventilazione si ottiene quando l’uscita dei tubi di areazione ha un posizionamento più basso sul lato nord o da dove arriva il vento dominante, e più alta a sud e comunque dal lato opposto. Le tubazioni in esterno, con diametro almeno di 100/120 dovrebbero essere posizionati a non meno di 15 cm dal livello del terreno; la tubazione esterna di uscita esposta a sud ancora più alta possibile. Con questo posizionamento si ottiene il cosiddetto
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Immagine 2. Principio ponte termico
e etto camino, si crea cioè una differente pressione
tra i tubi alti di uscita e quelli bassi di entrata, in modo da massimizzare la circolazione dell’aria; anche l’altez-
za del vespaio dovrebbe essere non meno di 30 cm,
meglio se 50 cm. È con ragionevole certezza che possiamo presupporre una presenza di umidità e temperatura bassa all’interno dell’intercapedine che, come conseguenza, comporta una bassa temperatura della superficie delle mattonelle. La condensa è un fenomeno che si manifesta nell’edilizia poiché è legato all’attività stessa dell’uomo; la produzione di vapore acqueo, oltre a quella relativa ad attività specifiche, come quelle svolte in cucina e nei bagni, è anche legata a funzioni vitali.
Ogni persona, con la respirazione e la sudorazione, produce in media da un litro a un litro e mezzo d’acqua al giorno sotto forma di vapore acqueo che si propaga nell’ambiente circostante. In molte stagioni si aggiunge anche l’umidità atmosferica e la minore frequenza di ricambi d’aria, come accade in inverno per non disperdere il calore creato con i riscaldamenti. L’aria che ci circonda è costituita da un insieme di elementi diversi e anche di vapore che si forma a causa dell’evaporazione dell’acqua presente in natura. Ad esempio, di seguito riportiamo quello che accade
in presenza di determinati valori ambientali all’interno
di un appartamento: se l’umidità relativa è del 50% e la temperatura è di 20°, poiché l’aria satura contiene, a 20°, gr. 17,7 di acqua per metro cubo, l’aria dell’ambiente considerata conterrà 0,5×17,7=gr. 8,85 d’acqua per mc. Sono valori indicativi: per avere un confronto più vicino alla realtà si potrebbe installare un apparecchio dataloggers elettrico class 120 Kimo Kistock nr Serie App./ Sonda: 1K180408375 (certificato nr. MAM1801639) per la rilevazione della temperatura e umidità relativa, con un range di raccolta dati temperatura da -20 a 70°C e per l’umidità da 0 a 100% possibilità di frequenza di registrazione da 1 minuto a 24h, corrispondente alla Direttiva Europea 2011/65/UE ROHS II; 2012/19/UE DEEE; 2014/30/UE CEM; 2014/35/UE. In questo modo si potrebbero monitorare i valori ambientali in maniera da individuare il punto di rugiada con dati non relativi ma assoluti. Se l’aria si raffredda, il suo volume diminuisce con espulsione del vapore, se il raffreddamento è molto rapido come succede in seguito all’impatto contro una superficie più fredda (vedi mattonelle) il vapore condensa e si trasforma in gocce d’acqua. Queste gocce si depositano sulla superficie fredda e costituiscono la cosiddetta “rugiada”; la temperatura alla quale avviene questa condensazione è detta temperatura di rugiada e il punto in cui inizia è definito punto di rugiada.
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Figura 1. Rottura adesivo presenza di aliquote graniglia
Risulta infatti che al momento dell’asportazione di una porzione di pavimento in legno sollevatosi, vi era anche una leggera presenza di bagnato sopra le mattonelle. Pertanto, fermo restando le attuali condizioni del vespaio, sommate alla nuova situazione ambientale dell’appartamento oggetto di una ristrutturazione edile importante anche con installazione di nuovi infissi dotati di vetri termici, la situazione ambientale è del tutto incompatibile con la presenza di una pavimentazione in legno incollata al piano di posa. Purtroppo, in particolare nei periodi invernali, ovvero quando all’interno dell’appartamento le condizioni
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Figura 2. Zona con ponte termico
climatiche variano notevolmente, rispetto all’ambiente esterno, se non si interviene sulla ventilazione del vespaio si potrà sempre incorrere nel superamento della così detta temperatura di rugiada e quindi, con la formazione di condensa nella parte più fredda del piano di posa, ovvero nel punto di rugiada. Un’alternativa può
essere l’installazione di una pavimentazione in legno con metodo flottante previa interposizione di adeguato materassino certificato quale barriera vapore e idoneo telo in polietilene da almeno 20 micron di
spessore. In definitiva quindi, molto importante per i parchettisti estendere le proprie verifiche anche ai vespai mai fidarsi di quanto ci viene eventualmente raccontato oppure dell’apparente situazione ambientale regolare. Quando si è piano terra, vespai o no, bisogna partire dal principio che non è un’ubicazione ottimale per un materiale che per natura è igroscopico e varia le proprie dimensioni in funzione della presenza o meno di umidità.
*Perito Esperto C.C.I.A.A. Firenze nr. 957 Categoria Legno – Pavimenti in legno e Metodologie Posa in Opera
Bibliografia consultata
Norma UNI EN 11265 Pavimentazioni in legno – Posa in opera. Competenze, responsabilità e condizioni contrattuali.