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Superbonus 110%, imprese che nascono e passano come comete

IMPRESE che nascono e passano come COMETE

L’INIZIATIVA DEI BONUS RAPPRESENTA, COME IN PARTE DIMOSTRATO, UN BUON VOLANO PER L’ECONOMIA CON L’INCREMENTO DELLE COMMESSE EDILI. ALLO STESSO TEMPO, PERÒ, SORGONO IMPRESE IMPROVVISATE CON MANO D’OPERA NON QUALIFICATA…

di Mauro Errico*

Come ben conosciuto ai più, il Superbonus altro non è che un’agevolazione fiscale disciplinata dall’articolo 119 del Decreto Legge n. 34/2020 (Decreto Rilancio), che consiste in una detrazione del 110% delle spese sostenute a partire dal 1 luglio 2020 per la realizzazione di specifici interventi finalizzati all’efficienza energetica e al consolidamento statico.

L’iniziativa ha lo scopo di agevolare al massimo, le ristrutturazioni in edilizia facendo sì che questo settore dell’economia italiana potesse essere da traino a una ripresa dell’economia medesima.

Come sappiamo, nel campo edile molteplici sono le attività interessate, dai professionisti (geometri, architetti, ingegneri, progettisti) alle stesse imprese edili, carpentieri, muratori, imbianchini, elettricisti, idraulici, falegnami e anche parchettisti. Oltre ad altre categorie ovviamente, quindi un panorama ampio di attività che concorrono tutte insieme all’incremento del PIL italiano, dato che spesso ci viene propinato sia dalle televisioni che dai giornali.

DUBBI E PERPLESSITÀ

Effettivamente, le commesse edili hanno avuto un notevole incremento: sono state molte le imprese di tutti le tipologie che si sono trovate in difficoltà nell’evadere gli incarichi e ordini ricevuti, non solo per l’incremento della domanda, ma anche perché è emersa – in tutta la sua evidenza – la notevole carenza di mano d’opera specializzata. Un problema questo che parte da lontano. Altro aspetto interessante, prodotto espressamente da questa detrazione fiscale, è la nascita improvvisa di decine di aziende, nel campo edile, che si sono poi “gettate” nel mercato delle commesse edili. Devo dire che i risultati non sono stati sempre il massimo, soprattutto in termini di qualità finale dei lavori eseguiti. Durante lo svolgimento della mia attività peritale, mi è capitato più volte di trovarmi in contesti alquanto imbarazzanti dal punto di vista tecnico, soprattutto perché le problematiche contestate erano insorte a causa di errori madornali. Le fotografie dei vari episodi elencati parlano da sole.

L’iniziativa dei bonus nell’edilizia può rappresentare, come in parte dimostrato, un buon volano per l’economia medesima con l’incremento delle commesse edili. Allo stesso tempo, però, si dovrebbe necessariamente provvedere a

formare mano d’opera qualificata e, soprattutto, verificare con più frequenza che le imprese che ricevono determinate commesse siano effettivamente all’altezza

di poterle svolgere. Imprese che nascono e passano come una cometa, non sono mai di buon auspicio.

*Perito Esperto C.C.I.A.A. Firenze nr. 957 Categoria Legno – Pavimenti in legno e Metodologie Posa in Opera.

PRIMO EPISODIO: ACQUA DA TUTTE LE PARTI!

In un appartamento veniva lamentata la deformazione di parti del pavimento in legno di nuova costituzione, ma al contempo riferivano che il piano di posa era idoneo dal punto di vista igroscopico e che quanto lamentato era circoscritto a due zone ben precise. La tipologia del manufatto ligneo è identificabile quale massiccio m/f della specie legnosa Teak (Tectona Grandis) con dimensioni nominali dei singoli listelli pari a mm 600/1000 di lunghezza per mm 100 in larghezza e uno spessore di mm 15 allo stato grezzo. La metodologia di posa in opera impiegata è per incollaggio totale con adesivo specifico sintetico bicomponente; il supporto di posa è rappresentato da un massetto autolivellante a base cementizia, il disegno di posa del parquet è a cassero (o tolda di nave) sfalsato posto di fianco alla porta di ingresso principale. La finitura protettiva superficiale è stata eseguita con un prodotto verniciante a basso impatto ambientale. Nella diretta osservazione esterna il pavimento ligneo esaminando presentava difetti o anomalie riconoscibili, risultando la superficie stessa della pavimentazione discontinua, in quanto erano presenti varie zone distaccate dal supporto stesso oltre a una conformazione concava dei listelli. La conformazione concava dei listelli è data dalla deformazione dimensionale in larghezza che ogni singolo elemento ligneo ha assunto; detta situazione dimensionale è estesa, con più o meno intensità, non su tutta la superficie lignea, ma in due porzioni ben precise prossime a due porte finestre attraverso le quali si accedeva a un lastrico solare. All’apertura delle due porzioni di pavimento danneggiato, era visibile addirittura la presenza di “acqua” sotto l’intra-

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dosso delle doghe medesime. Dato che era possibile osservare la concentrazione dell’acqua a occhio nudo, parlare di una “semplice presenza” di umidità intrinseca poteva essere addirittura riduttivo. Una volta rimosse le doghe, e osservata la presenza dell’acqua, si è proceduto a una verifica strumentale del contenuto di umidità in peso nel piano di posa, oltre ai valori relativi ambientali e anche a una rilevazione (stima) dell’umidità presente nel legno medesimo. La verifica è avvenuta con metodo a reazione chimica (carburo) contemplato dalla norma UNI 10329 con valori accertati che variavano dall’1,5% al 2% massimo sempre in peso. I valori ambientali, al momento del sopralluogo, erano pari al 58,2% di Ur e una T di 13,2°C, mentre il legno presentava valori di stima dell’umidità che andavano dal 13% al 18%. Ovviamente data la presenza di “acqua”. Interessante il fatto che il piano di posa dava comunque valori entro la norma o coincidenti con il valore massimo consentivo. Pertanto, la domanda era: da dove proveniva

l’eccesso di acqua rilevata e ben visibile nelle

porzioni di pavimento esaminate? Abitazioni di nuova costruzione, presenza di guaine impermeabilizzanti, infissi di ultima generazione etc., insomma apparentemente una situazione che poteva far propendere per un accidentale sversamento di acqua all’interno dell’abitazione e non altre fonti o cause accidentali. Una delle ipotesi formulate, ma che prendeva sempre più consistenza, è la presunta infiltra-

zione di umidità proveniente dalle terrazze

(l’appartamento è posto all’ultimo piano e ha ben quattro porte finestre che danno accesso alla terrazza). Per quanto concerne la struttura delle pavimentazioni relative alle terrazze, le stesse sono state così costituite (come dichiarato dall’impresa costruttrice): • • • • • • Solaio; Passaggio di tubazioni e impianti; Isolante; Prima e seconda guaina incrociate; Massetto per pendenze; Pavimentazione.

Le guaine incrociate sono in totale due, di cui l’ultima posta in opera a risalire sulla parete (la cosiddetta mantellina). Per quanto concerne lo scarico delle acque, oggetto di discussioni tecniche, è doveroso sottolineare alcuni aspetti, ovvero: • vi è uno strato di pendenza che assicura il corretto deflusso delle acque; • il bocchettone di raccolta delle acque è distanziato dal bordo verticale, ciò per evitare che lo stesso si ostruisca in caso di depositi dovuti al vento, chiaramente la terrazza deve essere lo stesso pulita regolarmente; • il bocchettone di raccolta delle acque meteoriche, della terrazza più grande, che ha una superficie di circa 30 mq, è stato inserito tenendo conto che lo stesso è in grado di raccogliere le acque di un tetto avente superficie fino a 60 mq e con maggiore velocità di deflusso date le diverse pendenze. Si accerta poi che quanto avvenuto, si era manifestato nell’immediatezza di un fenomeno di piogge con intensità alquanto moderata; ciononostante, si è potuto accertare la presenza di notevole quantità di acqua rimasta ferma nella terrazza più grande, dell’appartamento di parte ricorrente. Le foto qui presenti

dimostrano come l’acqua piovana non riesca a defluire regolarmente a causa dell’ostruzione

delle bocchette di scarico. Si può osservare come addirittura la canna dell’acqua utilizzata per annaffiare le piante, sia sollevata dal piano di almeno cinque centimetri, ovvero galleggia. Altro particolare di notevole interesse è il livello raggiunto dall’acqua che si può individuare nelle relative fotografie dove si osserva proprio la

quantità del liquido fermo davanti alla persiana

chiusa. Era quindi logico attendersi un’infiltrazione di acqua all’interno dell’appartamento dal momento che il livello dell’acqua supera abbondantemente le soglie e quindi anche le guaine poste in opera e che quindi non sono sufficienti a contenere detta situazione.

In conclusione, dopo avere asportato il bocchettone dello scarico di raccolta delle acque, si è potuto constatare come la tubazione inserita fosse di diametro assolutamente inferiore al minimo richie-

sto! Per cui un’immobile di pregio, presentava problemi simili a causa di un evidente errore di installazione, di una tubazione di diametro assolutamente ridotto.

SECONDO EPISODIO: UN DISLIVELLO IMPRESSIONATE

Un sopralluogo condotto presso un’abitazione da poco ultimata per quanto concerne le fasi di ristrutturazione e dove il proprietario lamentava, a suo parere, qualche problema per la stabilità degli arredi. Sostanzialmente, come si può ben rilevare in alcune fotografie, quando hanno gettato il massetto nuovo, diciamo che l’operazione sia stata fatta o a occhio oppure così come “torna torna”, tanto va bene ugualmente, giusto?

Impressionante il dislivello presente in varie

zone delle pavimentazioni, che nel frattempo erano state posate sempre dalle stesse persone. Alla domanda del proprietario, ovvero come si poteva rimediare, l’unica risposta possibile, anche se a malincuore, è stata: tutto da rifare! Quindi o gli arredi rimanevano in bilico, oppure andava instaurato un procedimento giuridico nei confronti dei soggetti che avevano curato

l’intera ristrutturazione però con il dubbio che

fossero rintracciabili dato che già non rispondeva più nessuno ai numeri di telefono che

il proprietario aveva. Non ho saputo come è stato deciso di procedere, ma ritengo che al momento gli arredi siano rimasti sempre ballerini. Queste situazioni si sono evidenziate in particolare dove sussiste il “chiavi in mano”: il committente appalta il lavoro a un unico soggetto, il quale poi si occupa in pratica di tutte le tipologie di lavori necessarie ricorrendo a sua volta (in subappalto) ad altre aziende. Il problema è che, sovente, si hanno situazioni dove principalmente per questioni economiche, questi soggetti ricorrono a personale del tutto inesperto e non qualificato che niente hanno a che fare con le specifiche dei lavori ai quali sono chiamati a svolgere.

TERZO EPISODIO: UN IMPASTO FRIABILE

Per concludere un altro emblematico episodio e qui, questa volta per fortuna, siamo arrivati in tempo. La richiesta veniva sempre da un proprietario che aveva in corso una ristrutturazione di ben due appartamenti che facevano parte di un unico immobile. La domanda era di verificare se il massetto

gettato su di un impianto radiante fosse a

norma, o quanto meno accettabile, oppure quali fossero i problemi e come risolverli. Il primo sopralluogo, alla presenza dell’impresario, non fu particolarmente soddisfacente dal punto di vista tecnico. L’impresario sostenne fin da subito che era tutto regolare e che quanto si vedeva, sarebbe stato sistemato con un po’ di primer‥ Allora non rimase altro che raccogliere le schede tecniche, informazioni di cantiere e tornare con strumentazioni a fare alcuni rilievi. Le indagini permisero di accertare che il prodotto cementizio, a rapida essiccazione con ritiro controllato, era stato miscelato e gettato fra la fine del mese di luglio e la metà del successivo mese di agosto, in pieno periodo fra i più caldi in assoluto. L’impasto veniva fatto all’esterno a mano, con badile e versando acqua a occhio con un secchio; successivamente per mezzo di una carriola, il quantitativo che poteva entrarci veniva portato all’interno dell’appartamento attraverso una scala esterna fatta con pannelli di legno. Il tutto ovviamente a piedi e sotto il sole. Quando feci presente ai due “muratori” presenti in cantiere che questa procedura era del tutto sbagliata, mi resi conto che a malapena capivano le mie parole in italiano.

Quindi come pensare che potessero capire quanto scritto ben chiaro nelle relative schede tecniche?

Dal sopralluogo e dalle indagini condotte emerse in maniera molto chiara che:

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•il massetto si presentava molto friabile in tutto il proprio spessore, circa 4 cm; • la superficie molto grezza e inconsistente tanto da non consentire nemmeno prove di verifica della compattezza superficiale; • presenza di altri prodotti cementizi, gettati sopra per cercare di sanare punti del massetto già precari fin da subito; • impasto completamente friabile tanto da sgretolarsi con la semplice pressione delle dita. In definitiva, dopo un secondo incontro con l’impresario, decisione unanime: asportare completamente tutto e incaricare un’altra azienda specializzata in massetti. Chiaramente, l’asportazione dell’impasto, anche se friabile, ha comportato una notevole perdita di tempo stante la presenza dell’impianto radiante.

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