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Spinta verso un’Italia più verde

Spinta verso

un’Italia più verde

Alla luce delle missioni principali del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, le strategie di produzione e consumo sostenibili di aziende e organizzazioni non possono prescindere da un’analisi dell’impatto ambientale di processi e prodotti lungo il loro ciclo di vita

a cura di Massimo Poletti

Per superare la pandemia da Covid 19 e garantire una ripartenza rapida, l’Unione Europea ha lanciato il piano NextGenerationEU. Si tratta di uno strumento temporaneo da oltre 800 miliardi di euro che mira a riparare i danni causati dall’emergenza sanitaria e, allo stesso tempo, creare un’Europa più sostenibile: verde, digitale, resiliente e più reattiva, pronta ad affrontare al meglio le nuove sfide. In Italia il NextGenerationEU si traduce nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, meglio noto come PNRR, che si sviluppa su tre assi strategici: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica, inclusione sociale. Tra questi, la transizione ecologica, impostata in modo da viaggiare in parallelo ai Sustainable Development Goals (SDG) dell’Agenda ONU 2030 ed al Green Deal Europeo, rappresenta la base del nuovo modello di sviluppo italiano. L’obiettivo è lasciare alle

generazioni future un Paese più verde, caratterizzato da una migliore qualità della vita e da una maggiore appetibilità per investimenti ed attività imprenditoriali. Il PNRR è composto da sei missioni, ognuna delle quali è divisa in diverse componenti, caratterizzate a loro volta da diverse linee di investimento e di riforma. Delle missioni, quella cui sono stati destinati più fondi è quella denominata “rivoluzione verde e transizione ecologica”, cui spettano ben 59,47 miliardi di euro. Una cifra molto importante per un Paese come l’Italia.

Rivoluzione verde e transizione ecologica: gli investimenti

Le componenti di questa missione sono quattro: economia circolare e agricoltura sostenibile; energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile; efficienza energetica e riqualificazione degli edifici; tutela del territorio e della risorsa idrica. La componente uno punta a rendere l’Italia un Paese più circolare, rafforzando le infrastrutture per la raccolta differenziata, sviluppando nuovi impianti di trattamento rifiuti e realizzando progetti innovativi per le supply chain strategiche. In parallelo funge da spinta per l’implementazione di buone pratiche sostenibili nella filiera agricola/alimentare, in modo da ridurne l’impatto ambientale, creando delle vere e proprie supply chain “verdi”. Gli investimenti della componente due sono destinati alla creazione di un con-

testo che garantisca una maggiore penetrazione delle energie rinnovabili e che si traduca in un abbattimento delle emissioni di gas climalteranti e degli impatti ambientali in generale, in particolare per le filiere produttive. L’energia rappresenta un elemento focale anche per la componente tre, in quanto quest’ultima mira ad ottimizzare le prestazioni energetiche degli edifici. Si tratta di un elemento che in Italia può fungere da grande leva di miglioramento, in quanto più della metà degli immobili presenti sul territorio è stato costruito più di 45 anni fa e agire su queste strutture può portare ad un enorme abbattimento degli impatti ambientali ad esse attribuibili. Focus differente, ma non per questo meno rilevante, è quello della componente quattro, che affronta il tema della salvaguardia del territorio e dell’ottimizzazione delle azioni di risposta alle emergenze climatiche. Sono numerosi, quindi, gli ambiti d’investimento di questa componente e guardano nello specifico alla salvaguardia della qualità di aria, suolo e acqua, nonché alla razionalizzazione dei consumi delle risorse idriche e alla minimizzazione degli sprechi.

PNRR e LCA: le sinergie

Alla luce dei contenuti delle diverse componenti delle missioni, le strategie di produzione e consumo sostenibili di aziende e organizzazioni non possono prescindere da un’analisi dell’impatto ambientale di processi e prodotti lungo il loro ciclo di vita: un Life Cycle Assessment, o LCA. «Se prendiamo in esame la missione due del PNRR, il vantaggio fornito da uno studio LCA nel contesto della componente uno è duplice», Spiega Primiano De Rosa-Giglio, Business Line Manager Sustainability di TÜV Italia. «Rappresenta lo strumento ideale per il calcolo dell’impronta ambientale delle filiere e per l’identificazione delle aree critiche su cui è necessario indirizzare gli investimenti per abbatterne gli impatti. Per i progetti di economia circolare, invece, è possibile utilizzarlo per quantificare l’impatto ambientale evitato trasformando un rifiuto in un coprodotto da riutilizzare/recuperare e che non richieda, quindi, di essere smaltito». Grazie a uno studio LCA è possibile calcolare la riduzione degli impatti ambientali attribuibili al passaggio dall’energia convenzionale alle rinnovabili. «Questo metodo consente, inoltre, di valutare l’impatto complessivo degli immobili di proprietà e stabilire di quanto quest’ultimo potrebbe essere abbattuto in caso di ristrutturazione. In aggiunta, l’LCA potrebbe essere utilizzato direttamente in fase di progettazione per implementare un vero e proprio processo di ecodesign», aggiunge De Rosa-Giglio. Il Life Cycle Assessment è lo strumento di supporto ideale anche per le attività legate alla salvaguardia di acqua, aria e suolo. Sono numerosi gli indicatori d’impatto che si possono ottenere. È possibile, infatti, avere informazioni relative all’influenza che gli scarichi idrici hanno sulla qualità delle acque o a quelli che le emissioni aeree hanno su riscaldamento climatico e acidificazione di suolo ed ecosistemi acquatici, fino ad una valutazione della criticità dei consumi di acqua in relazione alla scarsità che caratterizza le aree di prelievo. I clienti, oggi, sono sempre più affamati di informazioni. Vogliono conoscere la storia dei prodotti che acquistano e di chi ne ha realizzato ogni singolo componente. La trasparenza è un fattore chiave per l’immagine aziendale e dichiarare l’impatto ambientale di un prodotto e le misure intraprese dall’azienda per monitorarlo e ridurlo rappresenta una leva fondamentale, in grado d’influire sui risultati commerciali ed economici.

TÜV ITALIA

TÜV Italia è un Ente indipendente di certificazione, ispezione, testing, collaudi e formazione, che offre servizi certificativi in ambito qualità, energia, ambiente, sicurezza e prodotto. Presente in Italia dal 1987 e appartenente al Gruppo fondato nel 1866 per volontà di alcuni imprenditori e tecnici bavaresi che, preoccupati per le frequenti esplosioni che coinvolgevano i generatori ed i serbatoi a pressione, crearono l’Associazione bavarese di ispezione per i serbatoi a pressione, oggi conosciuta in tutto il mondo con il nome di TÜV SÜD. La struttura negli anni è cresciuta e l’internazionalizzazione del business ha contribuito ad una forte crescita delle attività all’estero e allo sviluppo di oltre 1.000 sedi in tutto il mondo. Presente in più di 60 paesi per un totale di oltre 24.000 dipendenti, TÜV Italia, a più di trent’anni dal suo ingresso nel nostro Paese, conta in Italia su una struttura di quasi 700 dipendenti e 400 collaboratori, con diversi uffici operativi sul territorio nazionale, cui si affiancano i laboratori di Scarmagno (TO) e quelli delle società Bytest, a Volpiano (TO) e Benevento, e pH a Barberino Tavarnelle (FI), acquisite rispettivamente nel gennaio 2012 e nel gennaio 2013.

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