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Lente d’ingrandimento
ERASMO NEVIANI Ordinario di Microbiologia Agraria Università degli Studi di Parma
Ridurre gli sprechi, certo. Ma come?
La riduzione degli sprechi alimentari è divenuta una parola d’ordine praticamente irrinunciabile e ripetuta, fino quasi alla noia, da molteplici variegate tribune. Secondo una stima FAO, datata ormai circa 10 anni ma sicuramente ancora vicina alla realtà, approssimativamente un terzo del cibo prodotto a livello mondiale viene “sprecato”, con un conseguente consumo delle materie prime e delle risorse impiegate per la produzione. Si consideri inoltre l’impatto ambientale “evitabile” indotto dalla produzione e dal trattamento di questi “sprechi”. Quello dello spreco è un tema che si deve obbligatoriamente declinare in differenti modi in relazione al contesto produttivo. Il mito di una distribuzione ottimale delle risorse alimentari deve fare i conti, ovviamente, con il problema della reale disponibilità locale delle stesse e/o dei costi per spostarle e distribuirle. Nei paesi in via di sviluppo, ad esempio, gran parte dello spreco è principalmente conseguenza della difficoltà di raccogliere, preservare e trasportare le materie prime e i prodotti. Inoltre, per molte zone del pianeta il vero problema rimane la disponibilità del cibo, più che il suo spreco. Anche se in queste realtà, disponibilità e spreco sono temi non sempre slegati tra loro. Nei paesi industrializzati spesso lo spreco maggiore si concretizza invece alla fine della filiera produttiva, in particolare alla distribuzione o presso le nostre case. Buona parte della popolazione mondiale consuma, o ambisce a consumare, regolarmente latte e prodotti lattiero-caseari. Secondo i dati disponibili ci sono circa 100 milioni di caseifici (comprese le microaziende individuali) in tutto il mondo. Dunque, evitare sprechi e razionalizzare la produttività sono temi che coinvolgono anche chi lavora un prodotto delicato e deperibile come il latte. In verità, la riduzione degli sprechi e i recuperi produttivi sono da tempo materia di azione da parte di molte aziende lattiero-casearie, almeno di quelle principali (si pensi al recupero del siero). Nonostante i risultati ad oggi consolidati, il “dovere” degli operatori dovrebbe continuare ad essere quello di elaborare nuove strategie produttive e commerciali idonee a produrre latte e derivati sicuri, sufficienti e alla portata di tutti i consumatori, riducendo gli sprechi e con modalità sostenibili e rispettose dell’ambiente nel quale viviamo. Non è però cosa da poco! In quale modo perseguire questo fine? Occorre stare molto attenti a non semplificare e banalizzare. Passare dalle parole d’ordine ripetute ossessivamente a iniziative operative efficienti non è sfida semplice. Si tratta di sviluppare idee nuove per trovare soluzioni realmente sostenibili, anche dal punto di vista economico. Coordinare gli sforzi di tutti gli operatori e creare un luogo di condivisione e confronto continuo di idee e soluzioni possibili potrebbe essere un primo passo importante. E se questa rivista fosse il posto giusto per iniziare?