Qui Quotidiano 3 maggio

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Sport pag.10

Vasto Marina Juniores campioni regionali

Direttore Responsabile Giuseppe Tagliente Reg. al Tribunale di Vasto n.102 del 22/06/2002 Redazione: Corso Italia n.1 Vasto Tel & Fax 0873.362742 Pubblicità: Editoriale Quiquotidiano Corso Italia 1,Vasto www.quiquotidiano.it mail: redazione@quiquotidiano.it

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3 maggio 2013 Anno 10 -N.25

quotidiano

NUDI E DENUDATI

Un campo nudista a breve sulla costa vastese

Il naturismo come metafora della politica locale La notizia della prossima apertura di un campo nudista a Vasto, che sarà annunciata in una conferenza stampa alla quale parteciperà persino il sindaco, fornisce lo

spunto per dire che questa nostra Città si sta lasciando alle spalle anche il periodo in cui era già in mutande. Lungi dall’essere moralisticcheggiante, visto che il nudismo è

largamente praticato anche sulle spiagge più accorsate e non scandalizza più nessuno, il nostro è beninteso un giudizio politico e fa riferimento alle situazioni negative

di carattere amministrativo, sociale, economico, occupazionale che hanno registrato negli ultimi mesi un ulteriore peggioramento. Per tornare

continua in seconda


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Prima pagina

3 Maggio 2013

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continua dalla prima alla battuta ed alla metafora i vastesi, grazie a chi siede nel palazzo in piazza Barbacani, non hanno più di che coprirsi e ripararsi in questo drammatico momento dove invece il potere locale, nonostante quel che comunemente si crede, potrebbe esercitare un ruolo di guida e di spinta economica e produttiva. Pensiamo per un attimo a ciò che potrebbe fare il Comune se solo volesse rilanciare l’economia con i piani particolareggiati in materia edilizia o con un nuovo piano regolatore oppure a quanto lavoro potrebbe dare o suscitare se licenziasse finalmente il piano spiaggia; se riuscisse a incentivare e promuovere il turismo, il commercio, l’artigianato, la piccola impresa, l’agricoltura; se anche puntasse (lo dico sottovoce) a coinvolgere attivamente in questo sforzo creati-

vo la scuola, l’università, la cultura. Invece niente, il potere locale si mostra capace solo di aumentare tasse e balzelli per mantenere se stesso ed il suo enorme apparato, affogando nelle sterili polemiche e nelle logiche spartitorie. Come dimostra ampiamente la vicenda del rimpasto di giunta che, richiesto dai socialisti che siedono in consiglio comunale,

viene ormai da mesi ventilato, negato, ipotizzato con o senza azzeramenti, magari con allargamenti o senza rimaneggiamenti, a seconda delle circostanze, degli umori, delle convenienze tattiche, in un crescendo senza fine di stupidaggini che dà la dimensione esatta della paralisi in cui questa Città è precipitata. Nuda, comple(P.T.) tamente nuda.

LA festa dei lavoratori

Occasione mancata per fare autocritica Ne abbiamo parlato ieri e lo ribadiamo oggi, soprattutto in seguito alle “manifestazioni” alternative ed antagoniste che si sono tenute a corollario imprevisto di quelle ufficiali. Da parte dei disoccupati, è stata ribadita l’inutilità di una manifestazione che celebra se stessa ed i sindacati mentre i disoccupati, i precari, gli esodati continueranno ad esser disoccupati, precari ed esodati; in più, dai contestatori, è stata evidenziata la contraddizione di spendere soldi che potrebbero essere spesi in modo più razionale, soprattutto verso chi ha bisogno. Quindi tafferugli, cariche della polizia, insulti, cartelloni inneggiando all’attentatore di Palazzo Chigi, eccetera: quasi un epitaffio in tempi di un primo maggio che avrebbe richiesto maggiore

sobrietà. Primo maggio di lotta e di governo? Primo maggio in allegria? È lo stesso primo maggio di 50, 40, 20, 10 anni fa? Quale è il bilancio sindacale? Veramente le colpe si devono cercare sempre e solo negli “altri”? Veramente ci si autoassolve da qualsiasi errore? Non è il caso, in questo clima da “CLN”, di fare autocritica? Interrogativi che rimarranno senza risposta, che scivoleranno nell’indifferenza, sovrastati da una canzone di Guccini, da uno sproloquio di Battiato, da quel “mistero buffone” di Fo! C’è poi la nota di colore del solito “Paolini” che fa di tutto perche si parli di lui, non importa se bene o male, Basta che se ne parli. L’ultima trovata che tracima nell’osceno e nel dissacrante, è quella di tale

Luca Romagnoli che con la sua Band “Managemnent del dolore post operatorio” lancia un messaggio che è una perfetta sintesi di imbecillità (prevalente), oscenità e offesa sia al comune senso del pudore, sia alla sensibilità altrui; motteggiare le parole che precedono la Comunione paragonando un preservativo (pardon “condom”) all’Ostia consacrata è una offesa alla religione cristiana e ai suoi fedeli: è peraltro vero che quando, in un parossismo di libidine esibizionistica, si è calato i pantaloni sul palco del Laterano, ha “recuperato” qualche simpatia, comprensione e giustificazione chiarendo come la sua intelligenza era direttamente proporzionale al “pisellino” mostrato.

Elio Bitritto


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Vasto

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Intervista a Martina Mancini

PASSIONE E ORIGINALITÀ PER CREAZIONI DI MODA “Un sogno nel cassetto. Sono superstiziosa, non posso svelarlo...”

Martina Mancini, classe 1989, è una giovane stilista di Vasto che in meno di un anno ha conquistato consenso di pubblico e di brand italiani. Disegna e realizza principalmente bracciali. L’abbiamo incontrata per conoscerla meglio. Studi ancora? Se sì, cosa? Frequento l’ Università “ Gabriele D’Annunzio “, Facoltà di Architettura. Come nasce questa passione per la moda? Da quando sono piccola ho sempre avuto una grande passione per le arti figurative e ho maturato la passione per la moda nel corso degli anni. Chi sono i modelli cui ti ispiri? Ne sono diversi, ma più che ispirarmi provo tanta ammirazione per alcuni grandi artisti come Oliviero Toscani, ho avuto modo di assistere ad una sua conferenza a Pescara e mi ha travolto per il suo grande carisma; Coco Chanel, musa della bellezza, la sua determinazione e curiosità sono state vincenti contro le brutalità di un secolo buio. Come mai ha deciso di creare bracciali e non ad esempio orecchini? Ho iniziato con i bracciali per praticità, perché fornendomi inizialmente solo in merceria ero molto limitata. Nella collezione estiva ci saranno delle novità. Possiamo definire le tue creazioni rock chic per l’abbinamento borchieSwarovski? Sì, la borchia è un elemento che è stato rivisitato negli ulti-

mi anni e l’accoppiamento con lo Swarovski a me piace molto. Il nome del tuo brand? Martina Mancini Creations. Dove si possono acquistare? In internet sulla mia pagina Facebook e tra qualche settimana verranno distribuiti in alcuni negozi in Italia. La donna a cui ti ispiri quando realizzi un gioiello? Mi inspiro ad una donna in particolare, fuori dal comune, ma senza eccedere, le foto streetstyle mi aiutano molto. Perché ritieni che le tue creazioni abbiano avuto tutto questo successo? Spesso mi fanno i complimenti per la versatilità dei miei bracciali, che possono essere in-

dossati per diverse occasioni. Che tipo di clientela sceglie i tuoi bracciali? Una categoria che va dai 20 ai 30 anni di età. Ti piacerebbe far indossare un tuo gioiello a...? Ce ne sono tante, come Franca Sozzani ( Direttrice di Vogue Italia), ma bisogna migliorare ancora... Stai collaborando con qualche marchio? Sì, ho creato una linea di bracciali per il marchio di borse toscano GOLDPROJECT. Cosa farai da grande? Esattamente questo, la designer. Un sogno nel cassetto? Sono superstiziosa, non posso svelarlo...


Vasto

4 Pregi di Martina Mancini. I miei pregi, difficile. Conosco perfettamente i miei difetti, ma pensare ai pregi faccio fatica, penso di essere una grande sognatrice, ottimista, sono razionale ed istintiva allo stesso tempo, strano, ma non capisco mai bene quando finisce l’uno e inizia l’altro, dico sempre che mi piace guardare verso l’alto ma avere sempre i piedi ben piantati a terra e poi sono una persona decisa. Difetti di Martina Mancini. Esagerata, estrema, incostante e autocritica. Non ho una via di mezzo sia nel lavoro, che nello studio. Ci sono giorni che dormo quattro ore a notte per lavorare, studiare, disegnare e giorni che invece che non faccio nulla. Ho sempre ammirato le persone costanti, da quando ero piccola, ma la mia indole non è così. Questo è un mio difetto, però allo stesso tempo mi piace, perché spesso stupi-

Rassegna St...ramba

a cura di Piero Lisandrini A PARMA IL SINDACO M5 SI ARRENDE ALL’INCENERITORE

Pare lo abbiano raccolto col cucchiaino. ITALIANI SEMPRE PIU’ LONGEVI, MA I GIOVANI BEVONO TROPPO

Notizia che renderà felice la moglie di chi scrive. Mi considererà ancora un giovanotto.

NEL PROGRAMMA DEL GOVERNO LA LOTTA ALL’OBESITA’

Spiegato perché ci fanno tirare la cinghia.

sco alla fine dei giochi anche se non faccio tutto in maniera sistematico. Cosa ti piace e cosa non ti piace di Vasto? Penso che Vasto sia un piccolo gioiello, ha posti stupendi, ma penso che non vengano ben sfruttati, potremmo avere molto più turismo. Si può fare “moda” pur vivendo a Vasto o bisogna necessariamente vivere in una grande città? Inizialmente si puo intraprendere la strada, perché adesso internet ti da la possibilità di ricerca che prima non c’era, però la grande città ti offre occasioni, mostre, concorsi importanti che le piccole città non offrono. Ringraziamenti. Ringrazio i miei genitori per aver compreso a pieno la mia passione, il mio ragazzo, i miei amici e le mie amiche per i loro incoraggiamenti. Anche ABRUZZO ZONFA: LA POLITICA IGNORA IL NOSTRO TERRITORIO – LO CHEF AQUILANO: NON RIUSCIAMOA FAR CONOSCERE LE NOSTRE ECCELLENZE.

I casi sono due: Le ricette proposte non soddisfano o sono pochi quelli in grado di abbandonarsi anche a un assaggino.

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se penso che qualsiasi strada si voglia intraprendere, i primi ad essere convinti dobbiamo essere noi stessi e tutto poi vien da sé, con studio e sacrificio e un po’ di fortuna, ovviamente! Laila Aloè

SOTTOSEGRETARI E PRESIDENZE, LA CARICA DI ESCLUSI E DELUSI

Carica o … discarica?

LETTA A MERKEL: SULL’AGENDA DECIDIAMO NOI

T’accorto, ma noi kontrollazione te su kontenuiten recistro mastren, ja?

BONANNI: GLI INVESTITORI DEVONO TORNARE DA NOI

NAPOLITANO: LAVORO E RIFORME CONDIVISE

Per controllare lo stato di salute degli investiti?

Disoccupazione e controriforme in borghese.

STOP ALL’IMU – 1° SCONTRO – BERLUSCONI° ABOLIZIONE NON CI STIAMO

I PM DI MILANO PRONTI A BLOCCARE LO YOCHT DEL FIGLIO DI BOSSI

Mante sapendo di mentire- Se non ci sta finisce in gattabuia. Non ai Piombi, che dovrebbero fornirgli un salvagente per non affogare nella cera.

Così da costringerlo a giocare con le barchette di carta nella vasca da bagno. Sempre che in carcere sia prevista.


Qui 3 maggio 2013

Cultura

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Storie d’oggi

L’artista performante una “vita in transito” la dimora a rischio Mi provo a dire d’arte e di antropica vicenda dell’oggi. Degli uomini stanziali (ma non poi tanto) e dei migranti venuti a noi spinti dal bisogno non solo primariamente esistenziale, con dignità umana da preservare seppure privi di beni e con sole mani nude. Per essi – come è stato nei secoli per i detti ‘indigeni’, per pari volontà e destino - il desiderio maggiore è di trovare un luogo dove sentirsi dimoranti, dove ‘farsela’ e tenerla, per sé e per i famigliari, una casa e con essa uno status identitario: insomma un tetto che sia privato approdo e rifugio sociale, per sentirsi al riparo dalle ingiurie del tempo e dagli uomini altri. Desidero farlo mostrando qui un’opera (o meglio una ‘performance’) di un artista, albanese d’orifìgine ma dimorante in Italia. Il suo nome è Adrian Paci. Nella stampa specializzata è definito: “Scultore, pittore, ma soprattutto fotografo e videomaker”, uno che usa tutti i mezzi e le discipline della creazione artistica, e per il quale l’immagine costruita funziona “come uno strumento concettuale per esprimere il sentimento della perdita, la rivendicazione dell’identità, il carattere transitorio della condizione umana”...Vecchia e nota storia: è ciò che hanno fatto nei secoli dei secoli, ognuno a sua maniera e con i mezzi a disposizione, molti praticanti dell’Arte, avendo idee e sentimenti da manifestare. L’opera cui mi rifaccio è titolata “Home to go” (2002). “Un uomo avanza, curvo sotto il peso di un tetto che porta legato sulle spalle”. Il

“manufatto-situazione” viene proposto in una doppia versione: quella inanimata, scultorea o assemblata, da esposizione vecchia maniera, l’altra performante e scenica, dove è lo stesso artista a dare interpretazione e visualizzazione alla status umano, una pena e un destino, che sta all’origine dell’invenzione. Con questa ed altre simili opere, performanti e installative, questo artista – così leggiamo - intende illustrare delle “Vies en transit” (Vite in transito), in una Mostra ancora in corso al

museo Jeu de Paume di Parigi. Con esse, il tema illustrato (e il compito che l’autore si è dato) è volto a descrivere la “identità del migrante”, le tensioni politiche e/o comunitarie che è costretto a vivere e le inevitabili “migrazioni” geoculturali. Ma tornando all’opera qui mostrata, ponendomi nel solco critico contemporaneo di U. Eco sagista, teorizzatore del manufatto artistico come “opera aperta” (suscettibile di ‘letture’ varie e diverse), a me pare di poter utilizzare tale gesto tea-


6 tro-espositivo, a prescindere dalla primaria intenzionalità dell’autore, e per altro significato ed evidenza unama e sociale. Per dire ancora del “tetto”, simbolo e metafora della casa, elemento strutturalmente ultimo quanto conclusivo di tale ‘opera’ umana. Quel tetto – riparo e consistenza antropica, privata e identitaria, in un territorio geo-sociale – che oggi nel Bel Paese è stato assunto (...in sostanziale malafede) come emblema ideologico dell’arricchimento più o meno il-lecito, e il suo possessore, per altro verso più laico ma di scarsa ragionevolezza, come “mucca da mungere”, a prescindere che la singola ‘bestia’ abbia nelle sue poppe sufficiente latte da dare e spartire... Parlo, chiaramente, della “capacità contributiva” da cui attingere risorse finanziarie da cedere alla collettività, secondo il dettato della nostra Carta costituzionale. Laddove il compito di darsi un tetto e di portarselo, gravoso che sia, nel prima e nel dopo, sulle spalle, mettendo a frutto il proprio lavoro, quando non di generazioni che

Cultura ci hanno preceduto, faticando e risparmiando anch’esse, è stato non più considerato uno dei compiti più dignitosamente sociale dello Stato (costruttore un tempo, non a caso, di “case popolari” o “a riscatto”), pretendere da chi ha saputo e potuto far da sé un ...pizzo, è cosa chiaramente indegna. Visivamente allora, tornando all’invenzione artistica di Adrian Paci, emigrante o emigrato, (quale che sia l’esteticità della sua ‘opera’), ci renderemo conto che un uomo, che si porta addosso, per sé e per i propri cari, un tettofardello, non può essere ritenuto per questo un benestante, un possidente di “Case e terreni”. Il “Signore” di un tempo godeva di ben altri beni e sostanze e vestiva con altri panni, ...non del solo suo tetto. L’essere umano, migrante o stanziale che sia, con una propria vita antropicamente “in transito”, viene così messo a rischio o sotto pena anche da quell’organismo comunitario - lo Stato - originariamente concepito e nato come capace (o perchè tale lo fosse) di dare protezione (un sacro “tetto”) a tutti e a ciascuno. Giuseppe F. Pollutri

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Gocce di Saggezza

di Filippo Salvatore Nelvolume Le ragioni dell’amore Desiderio dell’altro e cura di sé», Il filosofo americano Harry Frankfurt è convinto che l’amore è la fondamentale forma d’attribuzione di valore e di significato di cui gli esseri umani dispongono in quanto è l’amore che fornisce loro scopi, interessi e ambizioni. L’amore ha una funzione fondamentale: arricchire l’esistenza infondendo di significato la vita umana non solo tramite ciò o chi si ama, ma anche attraverso l’attività stessa di amare che possiede valore intrinseco ed è desiderabile in sé. L’amore di sé coincide con il desiderio d’amare, ossia con il possedere propri obiettivi. L’amore è sempre istinto sessuale La riflessione sulla sessualità è una delle fonti principali della dottrina del filosofo tedesco Arthur Schopenhauer. Quando si ha a che fare con la sessualità, si tolgono le maschere e non c’è campo in cui appaia più chiaramente l’assoggettamento dell’individuo a fini che lo oltrepassano e anzi causano o la sua sopravvivenza o la sua distruzione. Per Arthur Schopenhauer, l’amore per quanto etereo, per quanto imbellettato di sentimentalismo, ha sempre la sua radice nell’istinto sessuale. Quello che noi umani chiamiamo ‘AMORE’ non ha altro scopo che il piacere che ha come fine ultimo la riproduzione della specie.


Qui

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Dall’estero

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QUI BUENOS AIRES

“Indignados” italiani in marcia Sale la protesta per lo spostamento della statua di Cristoforo Colombo da Buenos Aires a Mar del Plata

E’ probabile che nella sua generosa storia, la comunità italiana in Argentina abbia iniziato a scrivere un nuovo capitolo, che porterà come titolo il 23-A, data in cui si è svolta una tra le sue prime manifestazioni di protesta e di presentazione degli indignati italoargentini, che si sono radunati quel giorno per ripudiare l’iniziativa del governo Kirchner di traslocare il monumento a Cristoforo Colombo a 400 chilometri dalla Capitale,nella città di Mar del Plata. Annunciata come “la forza dell’abbraccio”, l’idea è tramutata in un darsi la mano, un girotondo attorno alla piazza, nella quale si erge la statua al grande navigatore genovese, visto che è “incarcerata” dietro ad una alta cancellata, che impedisce l’accesso allo spazio pubblico. Una manifestazione di protesta che in un certo senso è venuta a colmare la mancanza di reazione, specialmente da parte della nostra classe dirigente, alla decisione del governo argentino, che nel 2007 nei fatti sequestrò la statua e la piazza circostante, per annetterla ai giardini della Casa Rosada, vietando l’accesso. Una decisione davanti alla quale la collettività e chi ne è dirigente, non ha saputo, o potuto o voluto reagire. Una decisione che allora è passata quasi inosservata, eccezion fatta da qualche dirigente e media, tra cui TRIBUNA ITALIANA che si mise a capo di una specie di crociata per lanciare l’allarme, accentuata a partire dall’ul-

Un momento della manifestazione contro il trasloco del monumento a Colombo, in “Plaza de Mayo” davanti alla “Casa Rosada” timo mese di marzo, quando il monumento fu coperto di impalcature e teli, portando il nostro giornale a pubblicare vari servizi: “E noi cosa faremo?”, “Ridateci Colombo”, “Un abbraccio a Colombo per abbracciare i nostri nonni”, “Un monumento espropriato, incarcerato e sfrattato”, “ Statua di Colombo, dopo il carcere l’esilio”. Anche se tardiva, finalmente qualche reazione c’è stata, plasmata nella convocazione del Comites di Buenos Aires alla piazza, iniziativa alla quale aderirono tra le altre, istituzioni come Feditalia, Fediba, Camera di Commercio Italiana, i Comites di Lomas de Zamora e di Morón, Federazioni e Associazioni regionali e anche movimenti politici come il Maie o il Pd, ai quali si sono aggiunte due Ong locali: “Salvemos las estatuas ” e “Basta

demoler”. Le particolari circostanze delle crisi che attraversano sia l’Argentina che l’Italia, che monopolizzano i titoli dei media, in un certo senso hanno messo in ombra le ripercussioni della protesta che, comunque, a livello locale è diventata “El escándalo Colón”, mentre nel Bel Paese è stato scelto il tono bellico: “La comunità italiana sul piede di guerra”, “La statua non si tocca”, “Guerra aperta per il monumento”; e perfino altri più coloriti: “Vergogna! vogliono sfrattare Colombo” La forza dell’abbraccio Il nostro 23-A ci ha gratificato con un gradevolissimo pomeriggio d’autunno. Attorno alle 16 i primi manifestanti cominciarono ad arrivare davanti alla cancellata che chiude la piazza. I soliti noti e ignoti che costituirono un gruppo eterogeneo di circa 300 indignados presenti in Piaz-


8 za Colombo, hanno manifestato la loro protesta, molti portando bandiere tricolori e argentine, stendardi di regioni italiane e alcuni manifesti del Comites di Buenos Aires, della Federazione Calabrese e dell’Associazione Padovani nel Mondo, con scritte come “Colón no se mueve” o “Somos argentinos orgullosos de tener sangre tana”. A quell’ora il traffico era intenso e alcuni pedoni guardavano incuriositi la nostra manifestazione, colorita atmosfera da sagra paesana, con stendardi di Santi patroni di associazioni regionali, con la presenza di due alpini e al posto di “bombo” e “cacerolas” (pentola), strumenti classici delle proteste argentine, una piccola banda,“Italia 50”, costituita da quattro volenterosi componenti, diretti dal maestro Alberto Cicconetti, che partirono alla testa della manifestazione con temi quali “O sole mio”, “Vecchio scarpone” ed altri, per poi continuare con gli inni nazionali. Una protesta che sotto l’attento sguardo di una discreta presenza della polizia, si è svolta in modo pacifico, senza alcun incidente o sconfinamento che oscurasse l’iniziativa, grazie alla volontà e all’entusiasmo degli organizzatori, anche se in certi momenti, la manifestazione ha messo in evidenza un certo disordine perché mancava una conduzione, così come anche un semplice megafono, elemento basico per orientare lo spostamento della colonna. L’unico momento di tensione per il cordone della polizia, è stato quando la colonna invece di entrare in “Plaza de Mayo” da via Reconquista, cioè oltre cento metri più in là della “Casa Rosada”, ma la colonna tricolore ha continuato senza disturbare e senza essere disturbata, pas-

Dall’estero sando davanti al palazzo presidenziale (opera dell’architetto italiano Francesco Tamburini) e girando per via Hipólito Yrigoyen per ritornare in Piazza Colombo davanti al monumento, dopo applausi e ulteriori canti chiedendo di lasciare al suo posto Cristoforo Colombo, si è sciolta ordinatamente. I dilemmi All’ora del bilancio, si presentano due opinioni. La prima considera insufficiente la presenza di 300 manifestanti, perché non rispecchia i numeri della nostra comunità in Argentina e per fare un esempio, si afferma che se ognuna delle associazioni della collettività avesse inviato due rappresentanti, il numero sarebbe stato di molto superiore. L’altra rispecchia una completa soddisfazione col risultato raggiunto, visto tra l’altro che l’evento è stato poco promosso alla vigilia, che si trattava di una giornata lavorativa e in un orario inadeguato. In definitiva l’eterna diversità di vedute tra il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. O più semplicemente fissare lo sguardo su quello che manca, senza vedere tutto quanto c’è. Crediamo però che sarebbe ingenuo supporre che questa protesta possa portare a un immediato ripensamento sulla decisione di traslocare il monumento, specialmente se si considerano le note caratteristiche della presidente Kirchner e il suo stile di raddoppiare le scommesse e ignorare le proteste, perfino quelle moltitudinarie. Quindi, a quanto pare, con il monumento ingabbiato in un’impalcatura e foderato di celophane e impacchettato, il trasloco starebbe percorrendo le fasi conclusive, anche perché bisogna fare attenzione al mese di luglio,quando si celebra il giorno della confraternita argenti-

3 maggio 2013

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no-boliviana, occasione in cui potrebbe essere reso ufficiale il dono del monumento di Juana Azurduy da parte del presidente Evo Morales, da mettere al posto di Cristoforo Colombo. Quindi, al di là delle azioni in corso, tra le quali la presentazioni di due ricorsi davanti alla magistratura e la raccolta di 100mila firme per ottenere che la statua non sia rimossa, e della risoluzione della Legislatura della Città di Buenos Aires, la protesta del 23-A dovrebbe essere presa come una specie di esperienza da capitalizzare e a partire dalla quale organizzare urgentemente altre strategie che comprendano, tra l’altro, lo svolgimento di una grande protesta, da svolgersi domenica 2 giugno, 24 ore prima della celebrazione del Giorno dell’immigrante italiano. All’uopo, e consapevoli dell’idiosincrasia della nostra collettività, chiedere il permesso al Governo della Città, per organizzare una festival da tenersi nella Avenida de Mayo, per assicurarne una nutrita partecipazione del pubblico che poi si sposterebbe alla vicina piazza Colombo per un nuovo e più massiccio abbraccio che, non sia per un triste addio, ma per ratificare un sentimento di appartenenza.

Walter Ciccione ciccioneg@speedy.com.ar


Qui 3 maggio 2013

San Salvo

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Dal 4 maggio, alla scuola elementare di Via Verdi, mostra sui tratturi

“I pastori e D’Annunzio” Lo studio di progettazione Newark Engineering in collaborazione con la CeSAT, centro studi ambiente e territorio del professor Beniamino Di Rico, presenta la mostra: “I PASTORI E D’ANNUNZIO”, sabato 4 maggio alle ore 10,30 presso la scuola elementare di Via Verdi a San Salvo, una mostra sui tratturi e le nuove arterie di collegamento, e sulla loro importanza per lo sviluppo di un territorio. Per l’occasione, gli alunni delle classi V, in collaborazione con l’artista Paolo Dongu, hanno realizzato un’opera ispirata alla poesia “I Pastori” di Gabriele D’Annunzio, per festeggiare l’anniversario della nascita del nostro poeta, che resterà a disposizione della scuola, arricchendone il patrimonio artistico. La mostra sarà aperta a tutti gli alunni della Nuova

Direzione Didattica e dell’Istituto Comprensivo di San Salvo, ma potrà esser visitata da tutto coloro che ne faranno richiesta, fino al 15 maggio. Parleremo grazie alla poesia del vate, della vita dei pastori, che portavano con loro la cultura delle terre che attraversavano, la capacità di osservare, raccontare, unire luoghi lontani nella sintesi che era il percorso. Occorre porsi oggi una domanda anche nell’analisi dei nostri personali e collettivi percorsi: quali saranno i tratturi delle nostre greggi? Su quali strade faremo camminare il nostro sviluppo? E la riflessione che vogliamo lasciare è che, probabilmente, i percorsi futuri saranno conosciuti solo da chi avrà la capacità di abbattere i confini che tengono le persone chiuse in cerchie ristrette.

Occorre anche in questo territorio cercare di aprire la mente ad un mondo sempre più piccolo che ci aspetta con le nostre idee le nostre capacità, quelle buone per l’esportazione. Se è vero che questa città è un porto, questo territorio è un porto, organizziamoci per definire quali merci, materiali ed immateriali, possono partire da qui. E’ un invito questo, rivolto a tutti gli attori sociali, alle imprese, ai cittadini, gli amministratori, a generare una più feconda stagione di collaborazione, per questo lo facciamo partendo dalle scuole. Vogliamo inoltre ringraziare, il preside Pierino Delle Donne, che ha voluto aprire le porte delle scuole e darci la possibilità di collaborare con esse, e le maestre che ci hanno accolto e sostenuto.


Sport

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3 maggio 2013

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Vasto Marina Juniores

due volte campioni regionali Bissando il successo della passata stagione, la Juniores d’Elite del Vasto Marina si laurea campione regionale di categoria e accede alla fase nazionale. Dopo aver vinto il proprio girone per il secondo anno consecutivo, insomma, i ragazzi allenati da Roberto Antonaci sono nuovamente i primi in ambito regionale nella categoria grazie all’1-0 inflitto alla D’Annunzio Marina di Pescara, mercoledì 1° maggio. Sul neutro di Miglianico, a decidere la sofferta sfida è stato il gol realizzato da Michele Cesario nel secondo tempo supplementare, dopo che i regolamentari si erano chiusi a reti inviolate e con due giocatori in meno per il Vasto

Marina, con le espulsioni di Pili glini, dunque, che va ad aggiune Piccinini. Un altro traguardo gersi alla salvezza in Eccellenza importante per i presidenti della prima squadra. Nicola Sansiviero e Pino TravaM.D.P.

BCC San Gabriele volley

play out Battuto il Termoli

Nel recupero della prima giornata di ritorno dei play out di Serie C, la BCC San Gabriele Vasto Volley ha vinto anche a Termoli, infliggendo alle padrone di casa un sofferto 3-0 come si evince dai parziali: 23-25, 22-25 e 24-26. Soddisfatto l’allenatore

vastese Ettore Marcovecchio che ha sottolineato, e proprio contro una signora squadra come quella molisana, l’indubbio miglioramento in campo delle sue ragazze. A punteggio pieno in classifica, Caterina De Marinis e compagne sono a un passo

dalla salvezza che potrebbe arrivare già domenica, quando affronteranno in casa, alla palestra del Centro Sportivo San Gabriele di Via Silvio Pellico, la formazione del Torrione. Michele Del Piano

Vastese calcio 1902

all’Avezzano la Coppa Mancini Niente ciliegina sulla torta per la Vastese Calcio 1902, sconfitta per 4-0 ad Avezzano dai padroni di casa che si aggiudicano la Coppa Mancini, trofeo che si contendono le formazioni vincitrici dei due gironi del campionato di Promozione. Allo Stadio dei Marsi, dunque, ha vinto la squadra che più meritava, considerando anche che l’Avezza-

no è arrivato a conquistare il vertice del girone A senza aver mai perso una gara. Per Nicola Di Santo, alla guida della Vastese 1902 dallo scorso 28 gennaio, invece, si tratta della prima sconfitta dopo aver collezionato 10 vittorie e 2 pareggi. La sfida si è risolta nel primo tempo con le doppiette di Moro e Di Genova che ha trasformato

un calcio di rigore. Cala, così, il sipario sulla stagione regolare di Promozione 2012-2013 che alla società del presidente Giorgio Di Domenico ha regalato molte soddisfazioni, fino ad arrivare al salto di categoria: il prossimo campionato sarà in Eccellenza e già sognano i tifosi. MDP


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