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15 giugno 2013 Anno 10 - N.4
settimanale
Gioventù “bruciante” Divampa la violenza tra i ragazzi,un giovane vastese massacrato a colpi di estintore
15 giugno
sommario
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Direttore Responsabile Giuseppe Tagliente Reg. al Tribunale di Vasto n.102 del 22/06/2002 Redazione: Corso Italia n.1 Vasto Tel & Fax 0873.362742 mail: redazione@quiquotidiano.it
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8 GioventÚ Bruciante Divampa la violenza tra i ragazzi p.4 Il Grande Fratello p.7 Intervista a Massimo Laporese p.9 Rena d’estate p.12
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Editoriale
I giovani hanno bisogno di genitori L’assenza della famiglia la vera causa della violenza tra i giovani Si rimane sbalorditi e inorriditi, dinanzi a notizie come quella del giovane vastese picchiato con un estintore e più in generale dinanzi agli episodi di violenza giovanile che sempre più spesso si registrano anche a Vasto e subito ci si interroga sulle motivazioni, sulle cause alla base di essi. Sono le droghe, l’alcool, la crisi economica, la mancanza di prospettive e del posto di lavoro a fare di questi ragazzi dei “mostri”? Le motivazioni risultano tutte insufficienti, ancorchè potrebbero concorrere tutte, a dare una spiegazione plausibile a questi comportamenti. Quella che a noi sembra tuttavia la più logica è l’assenza del contributo educativo e formativo della famiglia nel processo di crescita di questi ragazzi, i quali sono molto più semplicemente adolescenti allo sbaraglio, nei quali l'aggressività, che è una componente naturale della crescita e dell'evoluzione, si manifesta perché lasciati soli dai genitori, troppo coinvolti dai loro egoi-
smi e troppo presi dalle loro frenesie edonistiche per poter esercitare e svolgere le funzioni educative a loro demandate dalle leggi naturali. È in questo deficit di famiglia, di legame affettivo vero, di emulazione degli esempi genitoriali; è nell’oblio della figura del padre,come forma di rappresentazione dell’ autorità e del senso del dovere, la causa autentica del disagio giovanile e delle manifestazioni di violenza, per lo più di gruppo anzi di branco, che registriamo purtroppo anche dalle nostre
parti. Quando, per giustificare di fronte alla loro coscienza ed alla società il disinteresse nei confronti dei figli, un padre (o una madre) affermano, come va di moda dire, di volersi rapportare ad essi come amici anziché come genitori, commettono un autentico crimine nei confronti della famiglia e abdicano sostanzialmente a quelli che sono i loro doveri. Perché i giovani hanno bisogno di genitori, gli amici se li trovano da soli. Rosa Milano
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Gioventù “bruciante”
Divampa la violenza tra i ragazzi, un giovane vastese massacrato a colpi di estintore
Ciò che più ha stupito l'opinione cittadina va al di là del fatto di cronaca, perché gli episodi di violenza che comportano danni, purtroppo, si verificheranno sempre. Ciò che invece stupisce è come possa accadere tra ragazzi, per lo più minorenni, adottare simili strumenti per far del male a dei coetanei. Perché l'aggressione avvenuta in pieno centro storico, davanti la cattedrale di San Giuseppe, è la chiara manifestazione di un disagio giovanile profondo, avvertito oggi come preoccupante, che pone problemi seri che andrebbero analizzati attentamente. L'aggressività è un comportamento che "dipende" da diversi fattori, i quali incidono sul pensiero e il modo di agire di chiunque e specie nei giovani questi elementi si amplificano, portando a leggere sulle pagine dei giornali questi gravi pestaggi che non nascono da "un motivo", ma sono gratuiti, nati dal niente assoluto.
Alle 23.30 davanti San Giuseppe La cronaca del pestaggio avvenuto in centro storico è fatta da piccoli, all'apparenza assurdi, momenti scanditi da iniziative viziate da una violenza cieca e immotivata. Un gruppetto di ragazzi, minorenni ma prossimi alla maggiore età, si trovava intorno alle 23.00 nei pressi di Piazza L.V. Pudente. Probabilmente in preda ad un attacco di noia, o
chissà quale tormento, hanno iniziato a insultare i passanti, in apparenza senza alcun motivo. Le persone che in quel momento erano nei paraggi hanno cercato di evitare, cambiando strada, preferendo non rispondere direttamente alle provocazioni. Subito dopo hanno puntato un altro gruppo di minorenni. Questi se ne stavano per i fatti loro e, in un batter d'occhio, sono stati coperti da insulti e minacce. Dopo l'alterco i teppisti hanno deciso di recarsi all'interno di Palazzo d'Avalos e hanno rubato due estintori con i quali poi si sono divertiti a spruzzare il contenuto all'impazzata, sporcando ovunque. Pochi minuti dopo l'estintore diventa un'arma in mano a uno di questi ragazzini. Lo impugna come una clava, si avvicina a un minorenne in quel momento fermo davanti la cattedrale di San Giuseppe, e lo picchia selvag-
giamente provocandogli ferite gravi. La furia di non si placa, continua ad insistere in diversi, concitati minuti; saranno gli amici della vittima a intervenire per fermare l'aggressione. A quell'ora i negozi erano chiusi, poche persone erano a passeggio, eppure un fatto di violenza del genere ha colpito immediatamente tutta la città.
Violenza e bullismo In psicologia con il termine "aggressività" ci si riferisce all'inclinazione a manifestare una serie di comportamenti che hanno lo scopo di danneggiare o causare dolore ad altri. Una persona può aggredire un'altra sia sul piano fisico che verbale. L'aggressività è stato un argomento sempre trattato dalle scienze sociali (psicologia, sociologia, antropologia) ed infatti esistono varie teorie. Per alcuni studiosi dipende da fattori innati: si nasce con l'istinto di aggredire. Per i sociologi ambientalisti, invece, l'aggressività è un fattore acquisito. Una delle correnti di pensiero che potrebbe spiegare il grave episodio di violenza è sicuramente la "Scuola dell'apprendimento sociale", per la quale si diventa aggressivi quando si hanno dei
5 modelli aggressivi in famiglia o a scuola o tra gli amici. La psicologia sociale afferma che in un gruppo di amici esiste la mentalità di gruppo, ovvero tutti compiono delle azioni perdendo la propria obbiettività. Se nel gruppo quindi si aggredisce e se gli altri aggrediscono, componenti di quel gruppo sono portati a fare altrettanto. Il fatto di cronaca vastese ha evidenziato un aspetto importante di questo impulso, che quando sfocia ai danni di coetanei viene denominato "Bullismo". Questo è un comportamento violento attuato tramite l'impiego di falsi metodi di opposizione e intimidazione nei confronti di sé stessi o nei confronti dei pari, in particolare quan-
do vi è una palese asimmetria di potere. Il bullismo è una specie di piaga che interessa la scuola, addirittura il caotico mondo dei social network, insomma tutti gli spazi frequentati dai ragazzi. Molto difficile per un adulto riuscire a percepire se il figlio ne è vittima, perché è lui stesso a negare per paura di ritorsioni. Nel caso dell'aggressione avvenuta in piazza, per fortuna, è intervenuta una Volante della Polizia, perché altrimenti chissà se la vittima avrebbe denunciato i colpevoli. Del resto sono ancora impresse nella memoria di tutti le sconvolgenti ripercussioni che il bullismo ha avuto su molti ragazzi. Tristemente nota è la notizia del suicidio
di una ragazzina di nome Carolina, avvenuto a Sant’Agabio (Novara), stanca di dover subire le battutacce dei coetanei, avvenuto a gennaio 2013,
I giovani, prede perfette Se la psicologia e la sociologia indicano l'aggressività come un comportamento che può essere adottato per emulazione o provocato da contesti sociali negativi, i ragazzi rappresentano delle prede perfette per questo tipo di impulso. Soprattutto in età adolescenziale essi sono molto influenzabili da ciò che vedono e vivono, trascorrendo giornate inte-
Scena tratta dal film “Arancia Meccanica” del 1971 di Stanley Kubrick
6 re con i compagni. Utile per cercare di spiegare questi comportamenti assurdi considerare dove e come vivono questi ragazzi. Il più delle volte coloro che ricorrono alla violenza provengono da situazioni molto difficili, date dall'instabilità del nucleo famigliare e altri. Avere come obiettivo quello di indicare loro la strada giusta è un dovere, che gli operatori del conoscono bene. Se un adolescente vive in una condizione difficile, è più facile che sfoghi il suo malessere con l'ausilio di comportamenti violenti verso gli altri. I genitori in tutto questo molto spesso vivono in una condizione di "isolamento": la mancanza di dialogo coi propri figli comporta un silenzio controproducente, che limita il corretto superamento di questo disagio. Ringraziamo per la gentile consulenza le operatrici del Servizio Sociali di Vasto.
Aggressivi fin da piccoli
L’aggressività è un comportamento che può essere appreso in età infantile. A dircelo è Maria Neri, educatrice d’infanzia. Ci parla dell’aggressività nei piccolissimi, la quale poi può accompagnare la persona in tutte le fasi della sua crescita. E’ infatti negli anni della scuola materna che il ricorso alla violenza deve essere una pratica che il bambino deve riconoscere come sbagliata, attraverso una serie di piccoli espedienti, che aiutano a sviluppare nei piccoli la coscienza di poter recare
danno agli altri. Ciò che avviene in quell’età, senza le dovute indagini educative, può comportare atteggiamenti pericolosi in età adulta. Come si manifesta l’aggressività nei bambini?
I piccoli, che non hanno ancora una padronanza di linguaggio, spesso per manifestare aggressività arrivano a impiegare altri espedienti, come mordere i compagni. Il morso però può nascondere la necessità di attirare l’attenzione o lo scopo preciso di far del male. Perché un bambino può diventare aggressivo nei confronti dei compagni?
Perché vive una condizione di disagio, magari ambientale o famigliare, Il suo malessere sfocia così in tutta una serie di atteggiamenti che inducono dolore, sia fisico che psicologico, negli altri.
bino aggredisce un compagno?
Compito dell’educatore cercare di parlare “al positivo”, abolendo termini come “sei stato cattivo” eccetera. In secondo luogo occorre distrarre il piccolo dalla situazione nella quale sta diventando aggressivo, non promettendogli una punizione, ma portandolo a cimentarsi in altre cose. Come influisce l’educazione dei genitori sui comportamenti dei bambini?
Influisce tantissimo. Molto spesso i genitori sbagliano nell’accelerare la crescita dei propri figli, Si vuole a tutti i costi saltare dei passaggi fondamentali per lo sviluppo del bambino. In questo modo si inculca un pensiero competitivo che può anch’esso sfociare in aggressività gratuita. Stefano Lanzano
Come interviene un educatore nel caso in cui un bam-
Maria Neri educatrice d’infanzia
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Il grande fratello non c’è ancora Sono anni che si aspetta la telesorveglianza ma dall’amministrazione solo chiacchiere
Questa espressione è ormai entrata nel linguaggio comune e sta ad indicare l’ossessiva presenza di qualcuno o qualcosa che vi sorveglia continuamente. In realtà dobbiamo rifarci ad Orwell che nel libro “1984” fa riferimento al dittatore di uno stato immaginario “Oceania”, che ne tiene sotto controllo i cittadini attraverso lo slogan “Il grande fratello vi guarda”. È di questi giorni lo scoop del “Guardian” che rileva come Obama abbia autorizzato la sorveglianza elettroni cadi milioni di cittadini, americani e non, suscitando un nugolo di critiche e giustificandole con la lotta al terrorismo: in Ita-
lia non siamo a questo livello (ancora ?) ma la sorveglianza audiovisiva, autorizzata dalla magistratura, è essenzialmente indirizzata verso le organizzazioni criminali e verso altri bersagli. Anche in Italia si fa un gran parlare, a livello nazionale e locale, dell’uso delle telecamere per la sorveglianza del territorio; da più parti se ne invoca l’installazione e da più parti la si teme. Una semplice questione di privacy? Un problema più esattamente politico? Intanto diciamo pure che con questa “rivoluzione digitale” tutte le nostre azioni sono monitorate: dal conto in banca, al lavoro, alla sanità, alla scelta dei siti sul computer: ma a che scopo Google o Facebook acquisiscono ed elaborano questi dati? Lo scopo, non dichiarato e comunque “negato”, è quello per il quale i dati acquisiti possono indicare le “tendenze” all’acquisto di questo o quel bene, quindi le aspettative dei consumatori vengono acquisite e “girate” ai produttori che rivolgono così la loro produzione in specifici e ben deter-
minati ambiti. A questa massa di dati si aggiungono le indagini illegali degli hacker e quelle “consentite” da parte della magistratura attraverso gli organi di polizia giudiziaria: temere dunque l’installazione di videocamere mi sembra il meno anche perché queste non “seguono” il cittadino ma sono là a registrare eventuali vandalismi o reati che normalmente vengono compiuti con la complicità del buio ma che spesso sono costituiti da scippi, infrazioni al codice stradale, furti e rapine. In nome della privacy di chi non commette reati dovremmo vietare l’uso delle telecamere? Con tutto ciò che l’era digitale consente di fare “di nascosto”. Ma chi non ha nulla da nascondere quale problema ha? Se durante gli anni del terrorismo rosso e nero avessimo potuto disporre delle tecnologie odierne, forse qualche delitto o strage si sarebbe evitata e forse si sarebbero trovati i colpevoli “veri”. Senza dimenticare che poi le registrazioni degli incontri, in audio e video, vengono ampiamente diffuse dai tribunali ai
8 giornali amici senza che mai si riesca ad intervenire con sanzioni (salvo il caso della banca di Fassino!). La situazione in Italia registra posizioni assai distanti come si può desumere dalle cronache: gli abitanti di Marsaglia, un paesino del cuneese di circa trecento abitanti, dopo una serie di furti nelle abitazioni (circa uno al giorno) hanno deciso, all’unanimità, di dotarsi di telecamere, ben tredici (circa una ogni 25 abitanti!), Dal momento dell’installazione i furti sono cessati. E per salvaguardare la privacy le telecamere non registrano a ciclo continuo ma entrano in azione solo quando si verifica un evento (il passaggio di un auto): le immagi-
no registrate vengono quindi inviate ad un server del Comune e gestite dal computer: dopo tre giorni il tutto viene automaticamente distrutto a meno di diversa disposizione delle forze dell’ordine o della magistratura. A Vasto si potrebbe fare la stessa cosa (nel senso del tipo di telecamere) e superare i veti di qualche componente della Giunta municipale, in particolare Marra di Rifondazione Comunista, attento alla forma molto più che alla sostanza. A parte dunque Marra, non sembra siano presenti altre componenti contrarie alla installazione delle videocamere e dunque si deve supporre che il no di Marra sia un ”niet” di sovie-
tica memoria al quale Lapenna, a quanto pare, non vuole sottrarsi ma che ne dimostra una subalternità che in tempi di democrazia non dovrebbe esistere, soprattutto da parte di coloro che si definiscono depositari della democrazia e poi pongono veti, soprattutto in considerazione del fatto che, come ampiamente dimostrato precedentemente, i dati acquisiti attraverso Google, Facebook, bancomat, tessere sanitarie, eccetera, sono molto più “sensibili” di quelli acquisiti attraverso la videosorveglianza soprattutto necessaria ora che la crisi può indurre più d’uno a gesti non adeguati. Elio Bitritto
Il Grande Fratello personaggio immaginario creato da George Orwell nel romanzo 1984 (scritto nel scritto 1948)
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Intervista a Massimo Laporese, pittore architetto
Vasto tinta ad acquerelli La “scintilla” che lo ha spinto a considerare la pittura molto di più’ di un passatempo si è accesa in una data che lui ricorda molto bene: anno scolastico 1967. Massimo Laporese, architetto, dipinge acquerelli ormai dai tanti anni. Oggi i suoi quadri sono esposti un pò ovunque, uno anche nel Municipio di Vasto.Vanta diverse citazioni in testi universitari e in riviste d’arte. In quel 1967 frequentava le scuole medie “Paolucci” e un suo professore, Nicola D’Adamo, gli dette un 10 e mezzo dopo aver visto un suo disegno, “Sinceramente mi aspettavo un 4” dice Massimo umilmente “Ma quel giudizio mi diede l’input”. Suonata la campanella si recò in una cartoleria, acquistò colori,
pennelli e fogli, da quel momento esatto si dedicò alla pittura. Il primo quadro che realizzò lo dedicò alla madre, mostrava l’alba nel mare Adriatico. Ma sapeva che per dedicarsi seriamente alla pittura avrebbe dovuto studiarla, così approfondì anatomia, e cercò di prendere spunti da qualsiasi cosa.
In questi primi anni hai studiato anche da allievo presso altri pittori? Considero il mio vero e unico maestro l’artista vastese Vincenzo Canci. negli anni ’70 mi impartì lezioni utilissime e da lui ho imparato regole che mi sono servite. Cosa ricordi degli insegnamenti di Vincenzo Canci? Innanzitutto le tecniche per dipingere al meglio utilizzando il pennello e soprattutto la nozione di prospettiva aerea, che molto spesso è confusa con quella dall’alto. Cos’è per te la pittura? La pittura non è un fatto tecnico ma emozionale. Nell’attimo in cui
10 dispongo trasmetto delle emozioni che vanno al di là di tutte le nozioni teoriche. l’oggetto da rappresentare passa attraverso la mente dell’artista che diventa un mediatore. Tu sei anche architetto. La precisione che richiede questa sembra in contrasto con la pittura, con il quale si può essere portati ad agire con impeto. Come riesci a conciliare questi due aspetti? Quando disegno vengo preso dal fatto architettonico involontariamente. Si tratta di un dato di fatto, nè positivo nè negativo. Una battaglia tra precisione e impeto. I tuoi quadri sono carichi di colore. Si nota un’accuratezza nella scelta cromatica. Nei miei disegni considero fondamentale la rappresentazione cromatica.
“Negli acquerelli credo che il colore sia il mezzo essenziale per descrivere “l’attimo”. Una volta che il pennello tocca la carta, il tratto non può essere modificato, quindi ha già delineato l’attimo in tutta la sua essenza.” Concetti molto vicini all’impressionismo. Infatti mi sono molto riconosciuto nell’arte impressionista, quella che voleva immortalare l’attimo ancor prima della fotografia. Si dice che i pittori debbano dipingere in totale libertà. Gli studi possono corrompere l’estro di un artista? Magari riducendolo in un imitatore piuttosto che inventore? Studiare è essenziale per qualsiasi
artista. Per me bisogna capire le tecniche dei “grandi” del passato per poi proiettarsi al futuro. La “Verifica storica” serve proprio a questo: capire il passato per poi reinterpretare l’epoca in cui viviamo facendo tesoro degli insegnamenti dei maestri. Che idea ti sei fatto dell’arte contemporanea? Oggi l’artista è portato a portare la sua opera ad un livello diverso dal passato. Si sente il bisogno di
far partecipare l’osservatore fisicamente nell’opera. Artista si nasce o si diventa? Si nasce, ma solo con l’esercizio e lo studio ci si può perfezionare. Stefano Lanzano
Massimo Laporese impartisce lezioni di disegno e pittura presso lo studio Art Decò, in via Volturno 9 a Vasto. Info maxfive1@virgilio.it
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Rena d’estate
L’Imu per le “seconde” vigente e crescente Un costoso “Soggiorno” per i “vastesi forestieri” Le tasse e le imposte. Se ne parla assai, magari se ne discute, in qualche caso - come per l’ICI-IMU applicata alle case di non residenza - la si ignora nella sua imposizione iniqua quanto subdolamente introdotta e tenuta. I conti - si dice - “hanno da quadrare” in uno Stato (Regione, Provincia e Comune) che fa della contabilità ragionieristica e fiscale il suo primo e ormai indiscutibile compito, e persino lo scopo. Anche a Vasto e per Vasto si è posta la questione di una “Tassa di soggiorno”, da imporre a turisti e vacanzieri. Curiosamente la vedi mettere sul tavolo delle decisioni da adottare nel mentre tutti o quasi se ne dicono contrari e contrariati, con diversificate ragioni che, poi, al solito, non impediranno che la si introduca, sia pure … obtorto collo! Collettivistica e statalista storia di sempre. Ma una tassa al “soggiorno”, per i servizi turistici o civici, una fascia di vastesi, non pochi (non di pochi euro), indiscutibilmente la pagano già. Sono quanti un’abitazione nella città di non abituale residenza, per la vacanza o per il … Ritorno l’hanno ereditata e tenuta, ristrutturata e migliorata, o magari, per affezione al luogo dei padri, risparmiando molto o quanto necessario, acquistata. Molte sono così “le case” e
molti gli assoggettati ad un’imposta che, laddove per altra quanto problematica legittimità impositiva si pensa di non più applicarla all’abitazione principale, va a colpire in maniera crescente le “seconde”. Un settato di legge che nessuno pensa di discutere e che impone di fatto una subdola “tassa comunale per il soggiorno” temporaneo, magari sporadico e/o soltanto virtuale, a chi nel luogo abitualmente non vive e che, dunque, diversamente dai residenti, assai meno o poco usufruisce dei Servizi comunali e delle strutture urbane. Ciò detto e fatto rilevare, discutere di far pagare un euro in più ai forestieri, nella loro temporanea o saltuaria dimora nel luogo, appare questione di lana caprina, buona per mettere in scena la solita: di chi è
a favore e chi contro, con dichiarazioni varie, ragionevoli o futili, buone per teatrare una politica amministrativa soltanto raccontata, e magari soltanto inventata, sui Media. Reale e ineludibile è l’obbligo di pagare la storica “tassa sul macinato” anche quando al mulino non ci vai e non ne usufruisci. Come nel refrain di qualcuno delle “canzonette”, di cui fatalmente si ricorderà soltanto tale espressione: … Tutto il resto e noia! E anzi di più: disservizi, il contrario di ciò che occorre e si deve per rendere piacevole e comoda la vita nel luogo. Pur sempre da pagare, peraltro, e di sicuro da parte dei cosiddetti “vastesi di fuori”. Ahimé, anzi, ahinoi, … che in questo loco, avìto e ameno, siam forestieri! GFP