La furia della Dea Chantico

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: esperimenti scientifici

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• pagine di approfondimenti tematici

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Il racconto è arricchito da:

Le meraviglie della scienza

Una collana composta da storie collocate nell’ambito di uno dei quattro elementi.

Nucleo terreste, vulcani e terremoti, stelle e pianeti, calore come fonte di vita.

Ciclo dell’acqua, piante e animali acquatici, approvvigionamento, inquinamento e protezione delle acque.

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Fuoco

Dino Ticli avventurose

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Un racconto per imparare a conoscere gli affascinanti fenomeni che formano e modificano la geologia terrestre.

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È davvero la collera della dea Chàntico a far scatenare la furia del vulcano Paricutin, come credevano gli antichi Aztechi, oppure è un nucleo di calore al centro della Terra che spinge le rocce in superficie, come sostiene la scienza moderna? Seguendo le avventure del giovane Bernardo, della sua amica Roxana e del cane Blanco, si scopriranno gli effetti di una devastante eruzione vulcanica e se ne comprenderanno le cause reali.

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Sei curioso? Ti piacerebbe conoscere tutti gli aspetti della natura? Allora non ti resta che leggere, approfondire e sperimentare.

avventuroseDino Ticli

Dino Ticli vive a Lecco. È uno scrittore e un insegnante di scienze che ama condurre i suoi lettori sia tra argomenti scientifici sia tra avventure fantastiche. Ha pubblicato numerosi romanzi e testi di divulgazione per molte case editrici, ricevendo anche premi prestigiosi.

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Le meraviglie della scienza: i vulcani avventurose

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I S B N 978-88-472-2424-7

Questo volume sprovvisto del talloncino a fronte è da considerarsi copia di SAGGIO-CAMPIONE GRATUITO, fuori commercio. Esente da I.V.A. (D.P.R. 26-10-1972, n°633, art. 2 lett. d).

Età consigliata: dagli 8 anni

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Composizione e natura dell’atmosfera, aria e vita, animali dell’aria, inquinamento e protezione dell’atmosfera.

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Collana di narrativa per ragazzi


Editor: Paola Valente Redazione: Emanuele Ramini Consulenza scientifica: Giovanna Marchegiani Ufficio stampa: Salvatore Passaretta Team grafico: Mauro Aquilanti, AtosCrea Copertina: Mauro Aquilanti 1a Edizione 2015 Ristampa 7 6 5 4 3 2 1 0

2022 2021 2020 2019 2018 2017 2016 2015

Tutti i diritti sono riservati © 2015 Raffaello Libri Srl Via dell’Industria, 21 60037 - Monte San Vito (AN) www.raffaelloeditrice.it www.grupporaffaello.it info@ilmulinoavento.it www.ilmulinoavento.it Printed in Italy

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Dino Ticli

la furia della dea chÀntico Illustrazioni di Marga Biazzi



Alla ricerca di un vecchio guerriero

Erano ormai a qualche giorno di marcia da Tenoch-

titlán. Il popolo dei Mexica era costituito da ottimi camminatori, abituati fin dai primi anni di vita a seguire i genitori e i loro sacerdoti-educatori nelle campagne e sui monti in cerca di erbe medicinali o semplicemente per ammirare dall’alto l’estesa città-Stato e per imparare la storia delle loro origini. Quando Tecocol compì undici anni, suo padre Mazatl decise di portarlo con sé in uno dei suoi lunghi viaggi. Appartenevano alla classe dei mercanti, professione 5


meno prestigiosa di quella dei guerrieri; tuttavia erano loro, dopo che gli eserciti avevano sottomesso i popoli circostanti, a intrattenere rapporti commerciali che arricchivano le casse dello Stato e dell’imperatore. Ma i mercanti andavano oltre, grazie al loro coraggio e alla loro intraprendenza: si spingevano nei territori dei popoli non ancora sconfitti, come in quest’occasione. Avevano oltrepassato da tempo il primo dei valichi montani e adesso stavano scendendo verso valle, quando il ragazzo ruppe il silenzio. – Padre. – Cosa c’è, Tecocol? Tecocol, il forte: chissà perché avevano voluto chiamarlo così. In effetti, era nato prematuro e sottopeso. Aveva perfino rischiato di morire come sua madre, che non era sopravvissuta alle complicazioni del parto. Le cure amorevoli di suo padre e di una giovane balia gli avevano tuttavia permesso di sopravvivere. Non aveva mai voluto chiedere spiegazioni a nessuno ma credeva che quel nome gli fosse stato dato soprattutto come augurio. – Stiamo attraversando le terre di nessuno, vero? Il padre annuì. – Ti ho udito parlare con il capitano. Seguì qualche momento di silenzio. – Che cosa hai sentito? – Che sono territori pericolosi. Stiamo per andare a casa dei nostri nemici Purépecha. 6


– Sono alcuni anni che abbiamo stipulato con loro un trattato di pace. Gli scambi commerciali sono permessi e noi cercheremo di mostrarci ospiti ben educati. – Ho sentito anche che sulla via che seguiremo rischiamo di incontrare guerrieri pericolosi. – Non sono guerrieri, ma predoni in cerca di bottino. Vedi, Tecocol, avremmo potuto evitare questa strada aggirandola da sud e allungando di almeno una settimana la nostra marcia. Ma non possiamo permettercelo. – Perché mai? Io non mi stancherei di certo. – Ho promesso di tornare prima possibile. Tuttavia non devi avere timore – lo interruppe suo padre, sorridendogli. – È per questo che ho chiesto all’imperatore di darmi una scorta. Pensa, è stato lui a volere che anche un sacerdote ci accompagnasse. Comunque, nessuno oserà aggredirci: i nostri guerrieri sono in grado di tenere a bada chiunque. – È stato l’imperatore in persona a darti una scorta? – sgranò gli occhi Tecocol. – Non me lo avevi detto. Il padre sorrise. – Vuoi sapere troppe cose, piccolo uomo. Però ti ho portato con me perché tu possa imparare e diventare più bravo perfino di tuo padre. Non ho parlato direttamente con l’imperatore ma con un generale molto influente. Non poteva non essere interessato a ciò che ho scoperto nel territorio di Michhuahc. – L’ossidiana, vero? È per questo che siamo partiti. 7


– Sì, figlio mio. Nell’ultimo mio viaggio ho incontrato uno strano uomo, dalla pelle scura e incartapecorita: un vecchio guerriero a riposo, si è definito lui. Ma deve aver letto incredulità nel mio volto e allora mi ha mostrato la sua arma che teneva nascosta sotto le vesti lacere. Tecocol lo ascoltava estasiato, nonostante quello fosse solo uno dei mille racconti che gli aveva sentito narrare. – Ebbene, devi credermi, non ho mai visto dell’ossidiana così dura e resistente. Mi fece provare la sua spada e, nonostante io non sia un guerriero, recisi il ramo di un albero senza fatica e il filo della pietra nera rimase perfettamente tagliente. Aveva con sé anche un coltello altrettanto efficace. – Sembra una favola per bambini piccoli. L’uomo gli strizzò un occhio con complicità. – Così mi rispose anche il Generale Guerriero dell’Aquila, al quale riferii la mia scoperta. – Padre, avrebbe potuto farti arrestare per avergli fatto perdere tempo... – Tutto calcolato, Tecocol. Quando lo vidi rosso di rabbia, estrassi dalla tunica il coltello che avevo acquistato a peso d’oro dal vecchio guerriero. Il generale non riusciva a credere ai propri occhi e mi batté molte volte la sua pesante mano sulla spalla. Poi facemmo un accordo: io avrei affrontato il lungo viaggio fino alla terra dei Purépecha per acquistare tutta l’ossidiana possibile, lui avrebbe parlato con l’imperatore per 8


farmi avere una buona scorta armata come difesa e per il trasporto della preziosa merce, più un generoso compenso. – Grazie a te, i guerrieri mexica saranno ancora più temibili – rifletté Tecocol, che tuttavia non aveva mai apprezzato né la guerra né le armi. – Spero solo che quel vecchio guerriero nel frattempo non sia morto o si sia trasferito altrove: sarebbe un disastro per noi – considerò suo padre, con una certa inquietudine. – Solo lui conosce il luogo dove si trova l’ossidiana dei miracoli.

Dopo due settimane di marcia, giunsero senza intoppi in un piccolo villaggio, a ovest di Tzintzuntzan. Prima di iniziare la loro ricerca, il sacerdote invitò tutti a partecipare a un rito propiziatorio. Invocò la protezione di Chàntico e del suo sposo Huehueteotl, dei del fuoco e dei vulcani. L’ossidiana nasceva proprio nel cuore delle montagne di fuoco, ma solo se gli dei erano favorevoli e avevano apprezzato il comportamento e le cerimonie degli esseri umani gliela avrebbero concessa; altrimenti, sputavano dalle loro bocche inferocite solo roccia di poco pregio, utile al massimo per erigere muri e lastricare strade. Terminato il rito, Mazatl parlò alla scorta: 9


– Vi prego, adesso, di nascondere le armi e, se vi è possibile, di evitare quell’atteggiamento da feroci guerrieri pronti a dare battaglia. D’ora in poi siete solo dei mercanti come me, alla ricerca di buoni affari, e nient’altro. Non si dilungò oltre perché era sicuro che i soldati avevano compreso e che avrebbero fatto del loro meglio. Il capitano, però, sbuffò di insofferenza. Mazatl iniziò quindi a chiedere informazioni a chiunque incontrasse, ma del vecchio guerriero nessuna traccia. La sera individuarono una taverna decente e sufficientemente grande per ospitarli per la notte. – Padre – lo chiamò Tecocol prima di addormentarsi. – Va tutto bene? Mi sembri preoccupato. – Assolutamente no, ci vuole tempo per ritrovare quell’uomo, ma vedrai che domani sistemerò ogni cosa. Dormi adesso. – Posso farti un’altra domanda, forse un po’ sciocca? – Dimmi pure – gli rispose, cercando di reprimere tutta l’ansia di quella giornata infruttuosa. – Che cosa vuol dire “Tzintzuntzan”? – Non è una richiesta sciocca, figliolo. Un buon mercante deve conoscere meglio che può i territori in cui viaggia, gli usi e i costumi dei loro popoli. I nostri vicini Purépecha sono così poetici che hanno chiamato la loro capitale “il luogo dei colibrì”. 10


– Tzintzuntzan, il luogo dei colibrì… mi piace! Un giorno mi ci devi portare – dichiarò Tecocol prima di addormentarsi. La mattina seguente, il capitano richiamò con asprezza Mazatl. – Mercante! Ascolta! L’uomo lo guardò interrogativamente. Il tono non gli era piaciuto per niente, ma lo giustificò considerando che non ci si poteva aspettare di meglio da un guerriero. – Io non capisco la lingua di questa gente – continuò il capitano con fermezza, – ma comprendo benissimo che stiamo girando a vuoto, senza la minima idea di dove cercare l’ossidiana. Spero che tu non ci abbia fatto venire fin qui per niente: il generale e l’imperatore non ne sarebbero felici! – Tu devi solo occuparti della nostra incolumità, al resto lascia che ci pensi io – sbottò Mazatl, con apprensione malcelata. Fortuna volle che incontrassero una donna anziana, seduta come una statua davanti a una misera abitazione. – Sto cercando un uomo molto vecchio che commercia ossidiana, hai qualche informazione da darmi? – le chiese. La donna lo guardò con occhi ridotti a fessure e per un attimo sembrò non aver compreso, poi allungò il braccio rinsecchito e indicò un luogo lontano, a sud, sulle montagne. 11


– Vive lassù? – No, ma è lì che scompare per settimane e settimane quando va a raccogliere le sue pietre nere – biascicò. – Solo lui conosce quei luoghi ostili e pericolosi. L’uomo la guardò implorante. – Come faremo a trovarlo, allora? – Ho visto che il vostro sacerdote ha appesa al collo una tromba di terracotta. Suonatela lungo il percorso, vedrete che sarà lui a trovare voi. Camminarono ancora per molte ore e il suono dello strumento echeggiò a lungo e invano per le valli di quel territorio. – Soffia più forte! – lo esortò il comandante del drappello. – Forse faresti meglio a darla a me: mi sembri un po’ sfiatato. Il sacerdote lo fulminò con lo sguardo. – Non osare nemmeno avvicinarti! Gli dei potrebbero incenerirti e sai benissimo che ne sarebbero capaci. A quelle parole, il capitano abbassò il capo e si allontanò in fretta. Non temeva gli uomini o i pericoli, ma gli dei lo intimorivano parecchio: Chàntico e Huehueteotl erano capaci di arrabbiarsi come nessun altro. – Mi stavate cercando? – risuonò una voce inaspettata. I guerrieri mexica si schierarono in un istante davanti ai tre civili, scudi e lance già tesi verso il presunto nemico, comparso apparentemente dal nulla. 12



– Bravi, ragazzi! Davvero impressionante – commentò sarcastico lo sconosciuto, avvicinandosi senza paura e sostenendosi con un bastone. – Dieci baldi giovanotti schierati contro un povero vecchio. – Ancora un passo e sei morto! – Fai pure, capitano, però sarai costretto a raccontare una brutta storia all’imperatore: quest’uomo è colui che stiamo cercando – lo dissuase Mazatl. Il vecchio, scuro e segnato come la corteccia di un albero secolare, con uno strano copricapo che richiamava una testa d’aquila, si mosse in su e in giù osservando con attenzione i guerrieri, il loro abbigliamento e le armi. Più volte fece dei piccoli scatti in avanti accompagnati da strida di rapace per provocare la loro reazione. – Io sono Quauhtli, l’aquila di queste montagne. Nessuno può salirvi senza il mio permesso. Mazatl si fece avanti, scansando gentilmente uno dei soldati. – Ti ricordi ancora di me? Per tutta risposta, l’anziano gli sorrise mostrando i denti radi. – Sono Mazatl, il mercante. – Non sono rimbambito, giovincello: so chi sei e che cosa desideri da me. Tuttavia non so più se voglio darti la mia ossidiana. Il volto di Mazatl assunse un’espressione preoccupata. – Tu però mi avevi promesso… 14


– Non dovevi venire con questi guerrieri! – lo interruppe. – Ti ho forse fatto paura? Chissà, forse state addirittura pensando di derubarmi e di uccidermi senza pagare. L’espressione del suo volto era indecifrabile, anche se le ultime parole erano state pronunciate con scherno. – Basta chiacchiere inutili! – ruggì il capitano mettendosi tra i due, forse nel tentativo di intimorire Quauhtli. Inaspettatamente il vecchio fece un piccolo passo indietro, poi mosse il bastone con velocità tra le gambe dell’uomo, giovane e vigoroso, facendolo cadere a terra. L’attimo successivo puntava l’arma improvvisata contro la sua gola. – Nessuno si muova! – intimò. – Spero che non vogliate che faccia del male al vostro comandante. – Che cosa vuoi in cambio da noi, Quauhtli? – gli chiese Mazatl, questa volta davvero spaventato. Il vecchio indicò il sacerdote e Tecocol. – Niente, ma se desideri portare a casa l’ossidiana, sarete solo voi tre a seguirmi. – Non dargli retta… – protestò il capitano ancora disteso a terra ma una leggera pressione del bastone lo fece zittire. – Voi dovete rimanere qui! La dea Chàntico non apprezzerebbe la vostra presenza. Adesso seguitemi senza offendere ancora gli dei! – ordinò infine a Mazatl, liberando il malcapitato dalla scomoda posizione. 15


Ci volle più di un’ora per raggiungere un grande campo incolto, alla cui periferia sorgeva una casupola di legno e paglia. Il vecchio fece entrare i suoi ospiti e offrì loro uno stufato di carne, accompagnato da semolino di mais. – Perché vivi in queste terre straniere? – gli chiese Tecocol, con l’ardire tipico dei ragazzi. Il vecchio lo guardò e la bocca si atteggiò a una strana smorfia. – Mi hanno scacciato dall’esercito perché troppo anziano, anche se ero ancora forte e avevo chiesto di rimanere. Tecocol non riuscì a trattenere un sorrisetto. – Parole credibilissime le tue: nemmeno il nostro capitano potrebbe dubitarne. – Qui ho trovato un luogo dove i vecchi sono rispettati. Basta parole adesso, questo è il momento di muoversi – tagliò corto, poi si pulì velocemente la bocca e si alzò risoluto. Si mossero lungo un sentiero poco tracciato, spesso invisibile, che l’anziano guerriero sembrava però conoscere alla perfezione. Un grosso blocco roccioso, nero e solitario, segnò la fine del lungo percorso. Quauhtli guardò il sole, poi contò dieci passi verso sud. – Scavate qui senza fare rumore – ordinò, mettendosi a sedere comodamente. 16


La terra era dura e il sole forte e cocente. I due uomini, aiutati dal ragazzo, dovettero faticare parecchio prima di disseppellire un grosso contenitore di terracotta. – L’ossidiana è qua dentro? È troppo pesante per noi: abbiamo bisogno dei guerrieri per estrarlo – lo supplicò Mazatl bisbigliando. Il vecchio rimase immobile, poi scosse la testa poco convinto. – Sto sicuramente commettendo un errore ad acconsentire, perché la dea Chàntico non apprezzerà questa intrusione. – Però, qui adorano Curicaueri, il dio del fuoco – si intromise il sacerdote. – So che nella loro capitale, il dio Curicaueri viene venerato e… Quauhtli lo zittì con un gesto, come se volesse scacciare una mosca fastidiosa. – Andate a chiamare chi volete, ma in fretta e in perfetto silenzio: le vostre inutili parole potrebbero offendere Chàntico. Ci volle tempo prima che i guerrieri li raggiungessero. Poi, in un silenzio irreale, così come voluto dal vecchio Quauhtli, riempirono velocemente dieci sacchi di ossidiana, scura come la notte e dura come il diamante. Come la pietra vulcanica, i neri occhi del mercante brillarono di felicità al sole del pomeriggio. – Adesso dobbiamo parlare del tuo compenso. Mi pare che mi avessi chiesto… 17


Mazatl dovette interrompersi perché il suolo iniziò a tremare come se un lungo brivido lo stesse attraversando. Poi si udirono dei rumori sordi, simili al ruggito di un giaguaro che stesse risalendo dalle profondità della terra. Il vecchio fece un balzo e la finta aquila che aveva in capo parve animarsi. – Chàntico! – esclamò, battendosi il petto. – Cosa vi avevo detto? L’avete fatta adirare! Sono stato proprio uno stolto a lasciarti condurre qui i guerrieri! Ripresosi dallo sbalordimento, il sacerdote iniziò a emettere lamenti strazianti e a pronunciare parole di scusa e di benvenuto. – Chiudi la bocca anche tu! – gli intimò Quauhtli. – La dea è arrabbiata con tutti noi e non saranno le tue inutili litanie a fermarla! Io l’ho già vista all’opera e la sua collera è incontenibile. Tutto brucia, tutto muore, nessuno resiste al suo sguardo di fuoco e al suo alito mortale. Non dovevo portarvi qui! Non dovevo accontentarvi! Le sue ultime parole premonitrici furono seguite da un nuovo rumore, questa volta più simile a un sibilo. Poi si vide una colonna di fumo puzzolente fuoriuscire da una depressione di pochi metri di diametro, una sorta di grande fosso, non molto distante.


Il sacerdote urlò sconvolto e si recò verso la depressione. Quindi estrasse dalla sua bisaccia una statua finemente lavorata in basalto nero che rappresentava una divinità, forse proprio Chàntico, e la gettò nell’apertura del terreno, nella gola spalancata della dea che di lì a poco smise di ruggire e soffiare.


Chissà, forse aveva apprezzato quel dono. – Andatevene! Scappate via di qua prima che la dea ci ripensi – li esortò il vecchio. – Quauhtli, tu non vieni con noi? – gli chiese Tecocol spaventatissimo. – No, ragazzo, io ho già vissuto abbastanza. Se la dea vorrà portarmi con sé, io sono pronto. Ma se le farà piacere, le prometto che rimarrò qui a fare la guardia al suo regno fino a che non si stancherà di me. Quindi si girò e scomparve rapidamente alla loro vista.

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Orso coraggioso

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– ernardo, per favore, vuoi portare questo cagnolino a fare due passi? Ormai è in via di guarigione e ha bisogno di rimettersi in forma. – Certo, papà. Vieni Briciola! – lo chiamò, battendo le mani. – Si chiama Leon, non farlo sentire a disagio con quel nomignolo, altrimenti mi cade in depressione – ironizzò suo padre, il veterinario. – Anemico e permaloso, magnifica combinazione! – gli rispose con un sorriso. – Allora, Briciolone, ci muoviamo? Bernardo, orso forte e coraggioso: era stato suo padre a volerlo chiamare così. Di sicuro il nome non poteva averlo scelto sua madre che nessuno aveva mai conosciuto. Il veterinario lo aveva trovato una fredda mattina d’autunno, avvolto in una coperta e dentro un cesto, davanti alla porta di casa; era stato svegliato dal suo vagito penetrante, con cui stava reclamando di essere accudito. 21


Forse la sua povera mamma aveva preferito quella casa perché era abitata da un dottore. D’accordo, era un veterinario, tuttavia, nella disperazione, aveva pensato che l’uomo avrebbe accolto il neonato come un cucciolo. All’inizio, il veterinario aveva cercato qualcuno cui affidarlo, ma non aveva trovato nessuna famiglia disponibile ad accogliere un trovatello. “E va bene, rimarrai con me” aveva esclamato, stanco di ricevere rifiuti, “sei forte e resistente come un orso: ti chiamerò Bernardo!”. E lo aveva adottato. Il cagnolino trotterellava impettito, fermandosi solo quando era attratto da qualche irresistibile odore. Si mise però a guaire e a girare in circolo quando vide un’ombra piombare su di loro e divenire sempre più grande. – Ardesia! Brutto traditore! Dove sei stato tutto questo tempo? – disse Bernardo. Un grosso corvo saltellava davanti a loro, spaventando a morte il cagnolino. – Smettila, adesso, e vola sulla mia spalla. Leon è ancora convalescente e non deve emozionarsi troppo. Il corvo piegò il capo e guardò il cagnolino con aria da predatore, come se ne stesse misurando le dimensioni. Poi spalancò le ali e con un balzo si posò a sinistra di Bernardo. Lui e suo padre lo avevano trovato durante una passeggiata nei boschi, quando era ancora piccolo e ferito a 22


una zampa. Ci erano voluti tre mesi perché guarisse e raggiungesse le dimensioni di un adulto. Nell’ampia gabbia si era quindi esercitato nel volo con l’aiuto di Bernardo, al quale si era affezionato come a un fratello. Il ragazzo lo aveva poi liberato e aveva gioito, nonostante la tristezza dell’abbandono, nel vedere la felicità del suo amico. Da allora, Ardesia tornava spesso a trovarlo e a riferirgli in un orecchio tutte le sue avventure. – Non mi dire – esclamò al gracchiare del corvo. – Hai sentito anche tu, Leon? Il cagnolino, non del tutto convinto che quell’uccello non ce l’avesse con lui, abbaiò e infilò la coda tra le gambe. – Sono contento per te, Ardesia. Era ora che trovassi una compagna e che generassi un po’ di corvetti. Un giorno me li presenterai – concluse con un sorriso, rientrando nell’ambulatorio. Il veterinario lo fermò all’istante. – Bernardo, quante volte ti devo dire di non portare in casa quel corvo? Mi spaventa i piccoli animali che sto curando. – Niente paura, papà, ormai è così mansueto che ha fatto amicizia perfino con Leon. A proposito, dove è finito quel topo travestito da cane? – Sotto la mia scrivania – brontolò l’uomo. – Adesso fammi un favore: vai in cucina, cerca un pezzetto di carne per Ardesia e poi uscite di qui. 23


Era una delle prime giornate estive dall’inizio delle vacanze. Il corvo volava alto e seguiva ogni mossa del ragazzo, precedendolo e indicandogli la direzione da seguire. Bernardo imboccò così un sentiero che conosceva molto bene e che sapeva che lo avrebbe condotto verso un altopiano solitario. Amava la compagnia dei suoi coetanei, tuttavia era attratto come una calamita dai luoghi dove poteva assaporare il suo legame con la natura. – Ardesia! – gridò con le mani davanti alla bocca, giunto alla fine del sentiero. – Sei ancora con me? Il corvo planò seguendo una corrente d’aria e gracchiò una secca risposta. – Dove hai intenzione di portarmi oggi? Dalla tua consorte? – rise ancora il ragazzo. Il corvo si era posato ad alcuni metri di distanza e saltellava a destra e a sinistra, facendogli fretta. – Mhm… – commentò Bernardo. – Mi sa che mi sono sbagliato: moglie e figli non c’entrano nulla, vero? Devi essere più chiaro un’altra volta; ma forse sono io che mi sono un po’ arrugginito… però la colpa è solo tua: non puoi scomparire per intere settimane. Dai, andiamo – brontolò infine. Bernardo seguì in silenzio l’uccello che volava avanti e indietro e lo incitava a sbrigarsi. Si ritrovò così, dopo meno di un’ora, al limitare di un bosco rado, con il suolo ben illuminato dal sole. 24


Il corvo saltava adesso di ramo in ramo per rendersi più visibile e lo richiamava con i suoi versi. Poi si fermò su un ramo basso e smise di agitarsi. – Perché mi hai portato qui, Ardesia? – domandò. Poi un sordo brontolio attirò la sua attenzione: un grosso cane, dal lungo pelo grigio e incrostato, giaceva disteso su un fianco. Alla vista del ragazzo mosse gli occhi e agitò per un istante la coda. Sembrava in fin di vita e senza la minima energia. Bernardo capì che il brontolio era un segnale di avvertimento nei confronti del corvo. – Ardesia, resta su quel ramo, immobile! – gli intimò, poi si accucciò e strisciò verso il cane che emise un nuovo brontolio di avvertimento. Allora Bernardo si fermò a una certa distanza, in modo che il suo odore raggiungesse il cane senza spaventarlo. Lasciò scorrere molti minuti prima di riprendere il lento avvicinamento; infine notò che il respiro dell’animale si era fatto più tranquillo e i suoi occhi si erano chiusi. – Rilassati, non ti farò del male – sussurrò, poi allungò lentamente la mano in modo che potesse annusarla. Non si mosse da quella posizione per diverso tempo, poi azzardò un tocco delicato sulla testa dell’animale che spalancò gli occhi. Bernardo si sentì scrutato nel profondo e capì di essere stato accettato. – Che ti è successo? Non mi sembra che ci siano danni alle zampe. 25


Lo esaminò attentamente come aveva visto fare mille volte a suo padre nell’ambulatorio. Quando provò a girarlo, sentì un guaito di dolore: una brutta ferita sul fianco destro era ricoperta di terra e di foglie e spurgava un liquido maleodorante. Ardesia gracchiò eccitato: forse era giunto il momento di mangiare! – Ti ho detto di non avvicinarti! 26


A quelle parole il corvo si alzò in volo e scomparve rapidamente. Bernardo misurò, a occhio, peso e dimensioni del cane, poi si decise. – Mio caro amico, sei stato fortunato: conosco l’unica persona in questo territorio che può fare qualcosa per te. Se te la senti e non ti spaventi troppo, ti porterò da lui. Purtroppo sei troppo pesante per me, ma ho in mente una soluzione. Individuò due lunghi legni che collegò con rami più corti e li legò con le fibre elastiche di un arbusto. Quando raccolse il coltellino che aveva usato, notò in terra una strana lama di pietra nera, affilata come un pezzo di vetro. – Perfetto – sussurrò al cane, – adesso ti sistemo su questa portantina che trascinerò fino a casa. Sarà un lungo cammino, ma tu potrai viaggiare riposando.

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Blanco

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– agazzo mio – disse il veterinario, contrariato alla vista di quella comitiva di cui anche il corvo aveva infine deciso di fare parte, – non credi che sia sufficiente il lavoro che ho già? Questo cagnone, poi, non penso proprio che possieda del denaro per pagarsi le cure. Non navigavano in buone acque soprattutto perché la gente pagava poco e con ritardo le sue prestazioni. – Dai, portalo dentro – lo invitò, – vediamo cosa possiamo fare per lui. Usciti dall’ambulatorio, Bernardo aveva gli occhi lucidi. Suo padre non aveva detto nulla, ma dall’espressione del suo volto aveva compreso che la situazione era parecchio grave. – Hai visto anche tu quella brutta ferita. Purtroppo l’infezione si è diffusa. Chissà da quanto tempo giaceva in quel luogo. – Devi fare qualcosa per lui. – La cosa migliore sarebbe aiutarlo a non soffrire oltre. 28


Bernardo scosse la testa, risolutamente. – Tu sei il migliore! – gridò. – Non puoi arrenderti, gliel’ho promesso! Nemmeno lui sapeva perché si fosse affezionato a quel cane. Forse la promessa di guarigione che gli aveva fatto, forse l’aver speso lunghe ore di sudore e fatica per portarlo verso l’unica possibilità di salvezza o forse altro. Gli aveva perfino dato un nome, Blanco, quando si era accorto che il colore grigio era dovuto solo allo sporco che lo ricopriva. Chissà come doveva essere stato bello quando era in salute. – Bernardo, cerca di capire… – Papà, nessuno è bravo come te – lo interruppe, passandosi una mano sugli occhi. – Non puoi fare un ultimo tentativo? Come poteva deludere suo figlio? – Qualche giorno fa mi hanno consegnato un nuovo medicinale, molto potente per combattere le infezioni. Posso provare a somministrarglielo. Il sorriso tornò sul volto di Bernardo e il padre non ebbe il coraggio di rivelargli che quella cura gli sarebbe costata le entrate di una settimana di lavoro. – Papà – sussurrò Bernardo quando fu a letto. – Sto pensando a Blanco. Credi che ce la possa fare? – Lo spero. Come diciamo noi medici, è in prognosi riservata, quindi non mi sbilancio. Tutto dipende da come 29


trascorrerà questa notte. La flebo lo aiuterà a reidratarsi, il medicinale a combattere l’infezione. Bernardo rimase in silenzio per qualche minuto. – Sta soffrendo? – Non preoccuparti troppo, gli ho somministrato anche un leggero sedativo che lo aiuterà a riposare tranquillo. Dormi anche tu adesso. Non è il momento di avere ripensamenti. È un cane forte e sta combattendo la sua battaglia più importante. Vedrai che andrà bene. L’indomani, il padre trovò il ragazzo addormentato di fronte alla gabbia del cane che respirava lentamente e senza affanno. Bernardo – lo svegliò con delicatezza, – il tuo amico ha passato indenne la notte. Il ragazzo si stropicciò gli occhi, poi le parole del padre gli risuonarono nella testa, finalmente chiare e comprensibili. – Allora sopravvivrà! – esclamò, e scappò per strada urlando di gioia. Ci volle infatti un’intera settimana, ma il grosso cane si rimise in forma. Bernardo passò molto tempo a pulirlo e a renderlo presentabile. Gli parlava come a un amico e Blanco lo guardava con occhioni sempre più spalancati e vispi. Scodinzolava festoso ogni volta che sentiva il suono dei suoi passi e si rimetteva mogio con la testa appoggiata tra le zampe anteriori quando si allontanava. 30


Arrivò infine il giorno in cui Bernardo trovò il suo amico in piedi ad attenderlo. Blanco guaì dalla felicità e, dopo avergli appoggiato le zampe anteriori sulle spalle, gli bagnò il volto con delle energiche leccate. – Giù, adesso, queste sono smancerie da femmine – gli intimò scherzosamente il ragazzo. – A proposito di femmine, vuoi venire con me a conoscerne una? – Vorresti portarlo fuori? – intervenne suo padre. – Posso? Mi sembra ormai in perfetta salute. – Ma certo! È ora che vi togliate dai piedi entrambi: non vi sopporto più nel mio ambulatorio. Fuori, e cercate di non tornare troppo presto. Bernardo corse veloce per le vie del paese e Blanco fece di tutto per tenere il suo passo. Quando però il ragazzo si accorse che il cane cominciava a rallentare, si fermò. – Scusami, temo di avere un po’ esagerato, ma non vedo l’ora di presentarti alla mia migliore amica. Adesso andremo più piano – concluse arruffandogli il pelo sulla testa. Blanco tuttavia sembrò a disagio e non si mosse all’invito del ragazzo. Teneva la coda tra le zampe e le orecchie basse. Si guardava a destra e a sinistra come se temesse l’arrivo di un pericolo ed emetteva dei guaiti sommessi. Bernardo si chinò ancora ad accarezzarlo, senza comprendere quell’atteggiamento. 31


Forse aveva sbagliato a considerarlo ormai guarito e suo padre, per affetto, aveva acconsentito con leggerezza alle sue richieste. Tuttavia c’era davvero qualcosa di strano in quell’animale, come se nascondesse un segreto che non avrebbe mai rivelato. Chissà, forse non si fidava ancora completamente della sua nuova famiglia. Il ragazzo ebbe un tuffo al cuore quando fu consapevole che Blanco non poteva essere spuntato dal nulla e che probabilmente c’era un padrone, magari un ragazzo come lui, che lo stava cercando disperatamente. – Blanco… – sussurrò, ma il cane diede uno strattone e fuggì in direzione della piazza del paese. Bernardo si alzò spaventato, pronto all’inseguimento, ma fu fermato da un rumore sordo, che gli parve quello di mille pance che stessero brontolando affamate, seguito da un fremito che scosse il suolo come fosse attraversato un brivido di freddo. Uno stormo di uccelli si sollevò all’improvviso da un gruppo di alberi che si scuotevano minacciosi e, come un’immensa onda nera, si allontanò dal paese. Così come erano iniziate, quelle strane manifestazioni cessarono e il giovane si chiese se non le avesse immaginate. I volti di alcuni passanti che si erano immobilizzati gli confermarono però che non era stato un sogno. Sbucò anch’egli sulla piazza dove si ergeva in tutta la sua maestosità la cattedrale del Señor de los Milagros, con le sue due alte torri che si stagliavano orgogliose contro il cielo. 32


Un prete era inginocchiato di fronte alla porta di ingresso dell’edificio e un grosso cane bianco si stava lasciando accarezzare, ormai tranquillo. – Ciao, Bernardo – lo salutò allegramente. – Scommetto che questo cane è tuo. Il ragazzo annuì e appoggiò una mano sulla testa dell’animale che con un uggiolio di soddisfazione mostrò di apprezzare quel gesto. 33


– L’ho trovato in fin di vita sulle alture a nord. Se non fosse stato per Ardesia… – Già, il tuo corvo – gli sorrise il giovane sacerdote. – ... È stato lui a trovarlo e a condurmi dove giaceva da chissà quanto tempo. Lo abbiamo curato e assistito per giorni, ma adesso sembra a posto. – Tuo padre è in gamba. Questo cane è molto bello! Bernardo annuì ancora e poi chiese con un pizzico di apprensione. – Don Roberto, conosci il suo padrone? – Tranquillo, Bernardo – lo rassicurò, – non ho mai visto questo cane prima d’ora e nessuno è passato in parrocchia a chiederne notizia. – Stavamo andando a trovare Roxana quando si è spaventato ed è fuggito – continuò Bernardo. – Avrà capito che la casa del Signore è un posto sicuro. Tuttavia – considerò con voce diversa, – non so davvero se questa cattedrale potrebbe resistere a un terremoto più forte di quello che c’è appena stato. Ecco che cos’era successo: un terremoto! Ecco il motivo per cui Blanco si era spaventato! – In effetti, potrebbe non essere così strano che sia accaduto. Questa è terra generata dai vulcani, come avrai sicuramente studiato a scuola. Il ragazzo scosse la testa imbarazzato; però, quando il sacerdote gli indicò il grande rilievo che si stagliava a sud del loro paese, esclamò convinto: 34


– Quello è il Pico de Tancítaro! Alto più di 3800 metri: questo me lo ricordo, don Roberto. – Bravo! Ma credo tu non sappia che, un tempo molto lontano, Tancítaro era un vulcano attivo. Tutte le rocce qua attorno sono state generate nel suo enorme ventre. Ormai i loro effetti non si vedono quasi più a causa dell’erosione dell’acqua e del vento, dei cespugli e degli alberi che li hanno ricoperti, ma a lungo qua attorno sono scorsi fiumi e fiumi di lava ribollente. Chissà che incredibile spettacolo sarà stato! Anche le pietre che sono state usate per costruire la nostra cattedrale sono di origine vulcanica. – Quindi il terremoto… – Chissà, gli esperti però dicono che Tancítaro è ormai un vulcano spento e tranquillo, quindi non credo sia stato la causa del terremoto. – Grazie, don Roberto, ma adesso devo salutarti – si congedò il ragazzo, poco interessato a tutte quelle informazioni, – io e il mio cane dobbiamo andare. – Ehi, Bernardo, è da un po’ che non ti vedo in oratorio! – esclamò ancora il prete mentre si stava allontanando. – Ti aspetto uno di questi giorni. – D’accordo, don – gli rispose, ma il suo pensiero era ormai altrove. Questa volta tenne un passo più regolare e Blanco trotterellò al suo fianco senza tentennamenti. Si spinsero fino alla parte opposta del paese, dove una stradicciola sterrata li condusse verso la periferia. 35


– Roxana! – chiamò, rivolto verso un gruppo di povere case. – Sono Bernardo! – Perché urli? Sono qui, dietro di voi. Quella ragazza lo metteva a disagio volutamente, ne era certo. Era più scaltra di una volpe, più silenziosa di un gufo e più irritante di una scimmia. – Da quanto tempo ci segui? – domandò imbarazzato. – Ero lì quando parlavi col prete. – Però non ti ho vista … Roxana! – brontolò rassegnato. – Perché mi hai fatto fare tutta questa strada per niente? Sei sempre la solita dispettosa. La giovane mise il broncio e si finse offesa. – Non sapevo dove stavi andando. E poi io stavo tornando a casa mia, quindi sei tu a dovermi dare delle spiegazioni. Bernardo si grattò la testa. Era inutile discutere con lei: aveva sempre l’ultima parola. – Lui è Blanco, volevo solo presentartelo, ma vedo che non ce n’è bisogno. Roxana sembrava fosse già amica di quel cane, lo accarezzava e gli stringeva la testa senza alcun timore. – Lo conosci? – le chiese stupito. – Oggi mi sembri un po’ rimbambito. – Roxana! Non credi di esagerare? – Hai ragione, scusa, però mi hai appena detto di essere venuto a presentarmi il tuo nuovo cane e poi mi chiedi se lo conosco. – L’ho trovato ferito… 36


– Lo so, è stato Ardesia a guidarti. – Comunque domani tornerò con lui sull’altopiano: vuoi venire con noi? – E me lo domandi? Ti aspetto all’inizio del sentiero alle sette in punto. Senza aggiungere altro, lo salutò e scomparve veloce verso casa.

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Il magma

Le rocce vulcaniche si originano dal raffreddamento di materiale roccioso fuso, chiamato magma: un vulcano ha il suo cuore pulsante nelle profondità della crosta terrestre dove si trova un’enorme camera magmatica, piena di roccia fusa caldissima. Magma Può rimanere immobile per un lungo tempo, in un delicato equilibrio, come un masso in bilico su un dirupo: se l’equilibrio si rompe, il magma sale verso la superficie e inizia l’eruzione. Etna

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gma

L’energia geotermica

Le manifestazioni vulcaniche sono accompagnate da emissioni di gas di diversa natura. Il più abbondante è il vapore acqueo, seguito da anidride carbonica, zolfo, idrogeno, monossido di carbonio, acido cloridrico e fluoridrico. Si tratta, per la quasi totalità, di gas fortemente tossici e asfissianti che, se respirati, possono causare perfino la morte. Il magma che non riesce a rag- Geyser giungere la superficie si raffredda molto lentamente in profondità e, nei pressi di queste caldissime masse, le acque sotterranee si surriscaldano. Si sviluppa così molto vapore che spinge l’acqua verso la superficie e la fa sbucare con violenza, generando forti getti intermittenti di liquido e vapore: i geyser. Soffioni

Quando l’acqua è molto surriscaldata da uscire solo come vapore, si formano i soffioni. 39


Le cause dell’eruzione

I gas, come l’anidride carbonica e il vapore acqueo, rendono più fluidi i magmi in risalita e sono la causa dell’ultima fase delle eruzioni. Infatti, a mano a mano che il magma si porta in superficie, diminuisce la pressione che prima tratteneva i gas, permettendo loro di liberarsi. Proprio come succede in una bottiglia di bibita gassata, i magmi perdono i gas e vengono trascinati da questi verso la bocca del vulcano da cui fuoriescono come lave. Se la lava è sufficientemente fluida, può scorrere anche per decine e decine di chilometri prima di arrestare la sua avanzata; viceversa, può fermarsi molto presto, addirittura creando dei tappi nel condotto vulcanico che allora esplode scagliando ceneri, lapilli, bombe e blocchi. Eruzione

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I fiumi di lava

La roccia fusa fuoriesce a volte come fiumi di lava oppure in modo esplosivo, con forti boati e con lancio di frammenti e gas. Questo dipende da diversi fattori, il più importante dei quali è la viscosità, cioè la fluidità della lava. Quanto più silice contiene, tanto più viscosa e meno calda (800-1000 °C) risulta la lava. Le lave più viscose creano spesso dei tappi perché solidificano durante la risalita e il vulcano può letteralmente esplodere con violenza terrificante e devastante, emettendo frammenti rocciosi di dimensioni variabili. Le colate laviche Lava distruggono completamente gli ambienti e la vita in essi presente. Sono costituite da materiali ricchi di tante sostanze utili alle piante, ma privi di azoto, elemento senza il quale nessun vegetale può crescere. Per molto tempo, infatti, il territorio devastato da un’eruzione si mostrerà deserto. 41


La terra trema ancora

È

– da un po’ che ti aspetto – gli disse Roxana. Bernardo alzò le spalle e sbuffò. – Mio padre non voleva lasciarmi andare… Ha detto che potrebbe essere pericoloso e che mi avrebbe accompagnato lui un altro giorno perché oggi non aveva tempo. Ma, come vedi, l’ho spuntata io – rispose all’amica. – Non importa. Guarda lassù, su quell’albero. Il giovane mise una mano sugli occhi per ripararsi dalla forte luce del sole che stava già scaldando l’aria del mattino. – Ardesia! Brutto uccellaccio, che cosa vuoi? Il corvo gracchiò in risposta e si dondolò a destra e a sinistra sul ramo. – Va bene, se anche tu sei dei nostri mio padre potrà stare davvero tranquillo. Ripercorsero la lunga strada che li condusse fino all’altopiano. – Qui vive el Viejo, lo sai, vero? 42


– Dai, Roxana, è da quando siamo piccolini che ci raccontano delle storie su di lui. Sono venuto quassù decine di volte, ma non ho mai visto nemmeno un segno della sua esistenza. El Hombre Negro! – esclamò con voce roca. – Solo i bambini si spaventano ancora a sentire questo nome. La sua amica sorrise maliziosa. – Quindi, se non esiste non dobbiamo avere alcun timore: sicuramente non sarà lui il padrone di Blanco. Bernardo la ricambiò con un sorriso forzato. Le storie del Viejo non gli erano mai piaciute. – Adesso – ordinò allora, – risparmiamo il fiato e procediamo più in fretta. Il sole illuminava ormai implacabile l’intero altopiano dove non c’era anima viva, né uomini né animali. Camminarono a lungo, poi Bernardo si fermò, col braccio teso. – Laggiù inizia il bosco in cui ho trovato Blanco – disse a voce alta, mentre accarezzava il cagnone. – Che cosa speri di trovare? Chissà quanta strada avrà percorso prima di perdere le forze tra quegli alberi. Forse aveva semplicemente cercato un rifugio, lontano dal sole e dagli sguardi degli uccelli predatori. – Hai ragione, anche se è stato proprio il mio corvo a trovarlo. Ardesia ragiona soprattutto con la pancia ed è capace di scovare il cibo anche sottoterra. – Anch’io ho un po’ di fame. 43


– Dai Roxana, mangeremo più tardi. – E poi? Bernardo sapeva che la sua amica si riferiva alle sue intenzioni. Che cosa poteva risponderle? Che non aveva la minima idea di ciò che avrebbe fatto? – Chissà, può darsi che col tuo fiuto ritroverai la strada di casa, vero, amico mio? Blanco gli rispose con un leggero uggiolio poi si accucciò e iniziò a mugolare. – Che cosa gli succede? – domandò Bernardo. Inoltre, Ardesia, dopo aver saltellato con agitazione tra l’erba, aveva spiccato il volo, portandosi alto nel cielo. Fu a quel punto che udirono lo stesso brontolio del giorno prima; percepirono poi alcuni violenti tremori che fecero vibrare il suolo per diversi istanti. Quando fu tutto finito, Blanco smise di mugolare e si rialzò. Poi spinse col muso la mano del padroncino perché lo accarezzasse. – Non dire nulla, Roxana! – la fermò Bernardo. L’amica si tappò la bocca in modo teatrale. – Il Viejo non c’entra nulla! Don Roberto mi ha spiegato che si tratta solo di scosse di terremoto. – Adesso ho il permesso di parlare? – lo interpellò sarcastica. Bernardo sbuffò. – Ho sentito anch’io don Roberto, però da noi è la prima volta che accade una cosa simile. L’ho chiesto anche alla mia bisnonna: si è spaventata moltissimo e mi 44


ha confermato che mai in vita sua aveva sentito la terra tremare. Devi credermi: non sapeva nemmeno che cosa fossero i terremoti. Bernardo si era sempre chiesto incuriosito quanti anni potesse avere quella donna. A giudicare dall’intricato reticolo di rughe sul volto, forse aveva ormai raggiunto l’età di Matusalemme. Una bella memoria storica di cui fidarsi, dunque. – Coraggio – la incalzò, – sei libera di dire tutto ciò che hai in mente. Forse stai pensando che è tutta colpa mia perché ho rubato il cane del Viejo… – Un giorno – lo interruppe la giovane, iniziando a recitare, – alcuni contadini incontrarono el Hombre Negro e senza sapere chi fosse lo derisero per il colore della pelle, per le rughe, per l’andatura ciondolante. “Perché mi trattate così?” li interrogò lui con voce flebile. Ma quelli, che forse avevano bevuto un po’ troppo, continuarono a deriderlo… – E lui fece aprire una voragine sotto ai loro piedi e li guardò mentre scomparivano urlando nelle profondità dell’inferno! La conosco anch’io questa brutta storia. – Forse el Viejo è preoccupato e sta chiamando il suo cane. – Comunque non ho rubato il cane a nessuno – spiegò Bernardo a voce sufficientemente alta, a scanso di equivoci, – anzi, ho salvato Blanco da morte sicura. El Hombre Negro dovrebbe solo essermi riconoscente! 45


Roxana sorrise soddisfatta. – Adesso muoviamoci, dobbiamo trovare il suo padrone prima che faccia sera. Ardesia li stava aspettando al limitare del bosco. – Bell’amico! – lo sgridò Bernardo. – Appena c’è qualche pericolo, scappi come un coniglio! E non gracchiare in quel modo: sono io che sono offeso con te.

Faticò un po’ per ritrovare il punto esatto del primo incontro con Blanco. Le tracce erano state cancellate dal vento e da qualche giornata di pioggia, ma era sicuro di essere nel posto giusto. – Il mio corvo era esattamente sul ramo su cui è appollaiato anche adesso. Qui invece stava riverso Blanco – concluse e lo cercò con lo sguardo. Il cane era intento ad annusare con molto impegno ogni albero e ogni filo d’erba. – Guarda – la invitò Bernardo, porgendole un oggetto estratto dalla tasca. Roxana lo rigirò tra le mani con molto interesse. – Dove lo hai trovato? – Proprio qui, vicino al corpo di Blanco. Da come la osservi, immagino che tu sappia che cos’è. 46


– Mio padre ne ha trovata una simile proprio da queste parti. Lui dice che è el Viejo a fabbricarle. È una pietra nera più tagliente dell’acciaio, forse el Viejo la raccoglie dall’inferno, perché solo quando il calore è fortissimo, più del forno dove mia madre cuoce il pane, le rocce diventano liquide e si formano queste pietre straordinarie. Bernardo la guardò intimorito. – Dove andiamo, adesso? – cambiò discorso Roxana. – Non lo so proprio. Mi sembrava che questo fosse il luogo giusto da cui iniziare e speravo che Blanco ci facesse da guida. Tuttavia… – Tuttavia? – Beh – sorrise Bernardo con sarcasmo, – forse tu conosci la casa del Viejo. – Certo che la conosco – lo gelò l’amica.

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I terremoti

Quando il magma risale dalle profondità, scorrendo lungo il condotto che lo porterà fino alla superficie, incontra rocce che ne ostacolano il flusso e ne assorbono parte dell’energia; questa si manifesta come vibrazioni che arrivano in superficie, generando terremoti, solitamente non molto forti e localizzati in un territorio limitato, ma ben percepibili soprattutto quando il magma è prossimo alla fuoriuscita. Spesso si tratta di veri e propri sciami sismici che, se ben misurati e interpretati dai vulcanologi, possono essere importanti segnali premonitori di una eruzione vulcanica. In questo caso, viene lanciato l’allarme e fatta evacuare la popolazione locale.

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Si ritiene che molti animali riescano ad avvertire in anticipo i terremoti; effettivamente, animali come i cani sono stati visti agitarsi e assumere comportamenti insoliti prima di una scossa sismica.

Non è chiaro che cosa permetta loro questa sorta di “preveggenza”, ma alcune ipotesi suggeriscono che siano in grado di sentire anche le scosse più piccole, per noi impercettibili, che precedono quelle successive più violente; oppure che sentano una variazione nel campo magnetico o la presenza di elettricità statica, fenomeni che possono accompagnare i terremoti. 49


L’Italia, un territorio geologicamente “giovane”

Il terremoto, o sisma, è una vibrazione della crosta terrestre provocata da movimenti che avvengono all’interno della Terra. Il punto nel quale si origina il terremoto è l’ipocentro, da cui si propagano le onde sismiche che raggiungono la superficie. Il punto in superficie nel quale si avverte maggiormente il terremoto è chiamato epicentro. L’intensità di un terremoto, cioè i suoi effetti sul territorio e i suoi abitanti, si misura in gradi con la Scala Mercalli, mentre l’energia liberata dal sisma, cioè la magnitudo, si misura con la Scala Richter. Il territorio italiano è geologicamente “giovane” e in assesta-mento, perciò è stato più volte colpito dai terremoti: da quello di Messina e Reggio Calabria del 1908, in cui si contarono 130000 morti, al terremoto del 1976 in Friuli che fece 989 vittime, fino a quello dell’Aquila nel 2009 che ha causato 308 morti, 1500 feriti e ben 65000 sfollati. 50


La classificazione sismica

Per ridurre gli effetti del terremoto, l’azione dello Stato si è concentrata sulla classificazione del territorio, in base all’intensità e frequenza dei terremoti del passato, e sull’applicazione di speciali norme per le costruzioni nelle zone classificate sismiche. Zona 1 - È la zona più pericolosa. Possono verificarsi fortissimi terremoti. Zona 2 - In questa zona possono verificarsi forti terremoti. Zona 3 - In questa zona possono verificarsi forti terremoti ma rari. Zona 4 - È la zona meno pericolosa. I terremoti sono rari.

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El Viejo

P

– erché mi prendi sempre in giro? Tra amici non dovrebbe essere così. – Non ti sto prendendo affatto in giro! Non molto distante da qui, vive un uomo forse più vecchio della mia bisnonna. Bernardo la invitò a continuare. – Qualche anno fa, stavo accompagnando mio padre che aveva deciso di portare il gregge su questo altopiano, quando fummo avvicinati da un uomo. Aveva in testa un copricapo di lana grezza ed era avvolto in un poncho lacero. Appariva così anziano che il tempo non sembrava più in grado di trovare spazio per aggiungere altre rughe sul suo volto. L’amico la ascoltava con gli occhi sgranati. – Ci scrutò silenzioso per alcuni istanti, poi ci chiese un po’ di acqua. – E voi? – Gliela abbiamo data. 52


Bernardo sospirò esasperato. – Ci ringraziò e quando gli chiedemmo il suo nome ci rispose semplicemente “el Viejo”. – Mi sembra una delle tante sciocche storielle per bambini paurosi. Dai, vai pure avanti: non mi spaventi – la sfidò. – Non voglio spaventarti. Mio padre gli regalò anche una bottiglia di latte di capra appena munto e lui ci invitò a casa sua. – Sei stata a casa dell’Hombre Negro? – sgranò gli occhi Bernardo. Roxana scosse il capo. – Ho solo detto che siamo stati a casa del Viejo. Vive in una casupola di poche assi e pietre, nella quale ci invitò a entrare. Notai subito una pentola annerita che bolliva su un fuocherello. Mentre mio padre raccoglieva il gregge, versò in una ciotola un mestolo di una brodaglia in cui galleggiavano strane erbe. Me la offrì con un sorriso senza denti. – Io l’avrei rifiutata: chissà quale veleno o quale intruglio pericoloso conteneva… – Quelle che racconti tu sono storie adatte a impaurire i bambini. Io invece accettai; non potevo di certo offendere la sua ospitalità. Anche se i minestroni non mi piacciono molto, devo ammettere che lo trovai perfino gustoso. Lo aveva preparato con erbe raccolte nei boschi e con qualche pugno di fagioli e non so cos’altro. 53


– Gustoso… – ripeté Bernardo storcendo la bocca. – Perché non mi hai mai raccontato questa avventura? – È un episodio accaduto prima che diventassimo amici. Bernardo sorrise malizioso. – Adesso ho capito perché sei sempre così stramba. Forse eri normale prima di bere quell’intruglio. La ragazza rise di quella battuta. – Mio padre notò in un angolo della casa del Viejo un sacco pieno di pietre nere, proprio come questa. Roxana gliela restituì e si alzò. – Ma non gli abbiamo chiesto nulla per non risultare troppo curiosi e indiscreti. In casa del Viejo – aggiunse – non ho visto nessun cane, quindi è probabile che non sia suo. Però potrebbe averlo adottato dopo la nostra visita o forse conosce il suo padrone. Insomma, non vedo chi altri potrebbe aiutarti. – Vuoi portarmi dall’Hombre Negro? – domandò Bernardo con un fremito. – No, però ti porterò dal Viejo. Se te la senti... Ci vollero almeno un paio d’ore per attraversare l’altopiano e infilarsi in un altro bosco. Ormai mezzogiorno era passato da un pezzo e la fame cominciava a farsi sentire. – Adesso, se vuoi, possiamo fermarci a mangiare – propose Bernardo. Come tutta risposta, Roxana estrasse dalla bisaccia una grossa conchiglia. La portò alla bocca e soffiò con vigore. Ne uscì un suono sgraziato, simile al barrito di un elefante. 54


– Non riuscirò mai a capirti – scosse la testa il ragazzo. – E adesso che cosa credi di fare? – Anche l’altra volta el Viejo è comparso dal nulla dopo che avevo soffiato nella conchiglia. La usiamo per richiamare le capre che si sono allontanate troppo. Forse per lui è un segnale irresistibile. Si sedettero sull’erba ed estrassero pane, formaggio e frutta fresca dagli zaini. Qualche boccone volò nella bocca di Blanco e nel becco di Ardesia, che non aveva smesso di seguirli. – Con la pancia piena, sono pronto per qualsiasi impresa – commentò Bernardo, sdraiandosi. – Non so se incontreremo qualcuno. Temo che sia passato troppo tempo da quando ho suonato la conchiglia. – Forse era già così vecchio che ormai non ci sarà più – le rispose l’amico. – Però, se non è frutto della tua immaginazione, mi piacerebbe vedere la sua casa, altrimenti non ti crederò più in vita mia. – Che razza di amico fa un simile ricatto? Dopo così tanto tempo potrei non essere più in grado di rintracciarla! Ricordo che abbiamo camminato parecchio e quindi potremmo correre il rischio di perderci e non ritrovare più la via del ritorno. – Buongiorno, ragazzi, avete un po’ d’acqua per me? Quella voce roca e inaspettata fece gelare il sangue nelle vene di Bernardo e un fremito lo percorse dalla testa ai piedi. 55



– Buongiorno, Viejo! – esclamò sorridente Roxana. – Ti ricordi di me? – Ma certo, tu sei la ragazzina che sa suonare la conchiglia e che mi ha regalato dell’ottimo latte di capra. È da allora che non assaggio nulla di così buono. Roxana estrasse dallo zaino una bottiglia e gliela porse. – Sei sempre molto gentile – continuò l’uomo. – Volete venire nella mia casa? Bernardo era pietrificato e non riusciva a muovere un solo muscolo. – Il tuo amico è morto? – domandò con assoluta serietà il Viejo per prendere in giro Bernardo. – Aspetta che controllo – rispose Roxana senza scomporsi, poi afferrò il ragazzo per un braccio e tirò. – Piacere… – disse il ragazzo in un soffio, quando fu in piedi. – Io sono… Bernardo. L’uomo lo squadrò dalla testa ai piedi, poi disse: – Bene, io sono el Viejo. Adesso venite con me, ma… in silenzio. Si formò una buffa comitiva, con in testa un uomo dall’età indefinita, seguito da due ragazzi, da un cane e da un uccello che saltellava e zampettava a fatica. Il percorso fu molto tortuoso, poi si aprì una radura e comparve la casupola descritta da Roxana. Ardesia si alzò in volo e si posò sul tetto. – Il tuo amico pennuto farà buona guardia – osservò l’uomo anziano. Spinse una porta e introdusse i suoi ospiti. 57


– L’hai sistemata per bene dall’ultima volta che ti ho fatto visita – giudicò Roxana guardandosi intorno. – Già, adesso non entra più acqua quando piove. I reumatismi sono una brutta cosa alla mia età. E tu cosa fai ancora in piedi? Siediti su quella stuoia. Più che un invito, a Bernardo sembrò un ordine. Non aveva molta voglia di sedersi ma come poteva opporsi alla richiesta del Viejo? Nessuno dei suoi compagni avrebbe mai creduto alle sue parole se un giorno avesse deciso di raccontare questa vicenda. Si appoggiò con cautela, forse temendo di precipitare con tutta la stuoia nelle profondità dell’inferno. Ma non accadde nulla e tirò un sospiro di sollievo. El Hombre Negro si versò una buona dose di latte in una ciotola e bevve avidamente. Alcune gocce bianche scendevano lungo il suo mento seguendo il reticolo di rughe e mettendolo ancora più in risalto. Blanco si era steso davanti alla porta e sembrava completamente a suo agio. Gli occhi gli si erano fatti pesanti e di lì a poco il suo russare leggero segnalò che era precipitato, lui sì, nel mondo dei sogni. – Che cosa posso offrirvi? – Nulla! – esclamò svelto Bernardo. – Sei molto gentile – continuò con più garbo, – ma abbiamo appena finito di mangiare. – Viejo – intervenne Roxana, – in realtà abbiamo proprio bisogno di te. 58


– Tutti hanno paura del Viejo, anche il tuo amico. Nessuno però ha bisogno di me. Roxana scambiò uno sguardo con Bernardo, poi gli rispose: – Devi avere pazienza con noi. Le tue storie hanno terrorizzato la nostra infanzia e le notti di tutti i bambini del villaggio. – Tuttavia tu non mi temi. – Bernardo dice che sono strana, forse un po’ strega – affermò ironica. – Si ha paura di ciò che non si conosce e io ormai ti conosco. El Viejo annuì, poi bevve un’altra sorsata di latte e si pulì con il dorso della mano. – Vedi quel cane? – riprese Roxana. – Il mio amico l’ha trovato morente nel bosco, dall’altro lato dell’altopiano. Gli ha salvato la vita con l’aiuto di suo padre. L’uomo ebbe un piccolo sobbalzo. – Chi è tuo padre? – gli domandò a bruciapelo. – Mio… padre? – balbettò Bernardo. Rimase per un istante ammutolito per la tensione, ma si riprese ed esclamò di getto: – Si chiama Jorge e fa il veterinario. El Viejo si alzò in piedi. – A San Juan Parangaricutiro? – Sì, non si può sbagliare – continuò il ragazzo con apprensione. – È l’unico veterinario del paese. Se non fosse stato per lui, Blanco sarebbe sicuramente morto. 59


– Sei figlio unico? – indagò ancora. – Sì… – Io conosco tuo padre – lo interruppe. – E anche questo cane. I due ragazzi lo guardarono esterrefatti: la sua voce era cambiata e adesso sembrava perfino meno vecchio. Furono però interrotti da alcuni rumori e dal gracchiare insistente e arrabbiato di Ardesia.

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Ossidiana e basalto

F

– orza, dobbiamo andare via subito di qui, in assoluto silenzio! – ordinò perentorio el Viejo. Bernardo fu costretto a legare Blanco che si era rintanato in un angolo della capanna, mugolando spaventato. Uscirono poi di casa come fantasmi e si dileguarono nel bosco. – Cosa sta succedendo? – bisbigliò Roxana quando si fermarono a un cenno del Viejo. – Gente cattiva – le rispose l’uomo. – Passano da queste parti di tanto in tanto in cerca di cose preziose. I due ragazzi lo guardarono interrogativamente. – Scavano tombe, cercano villaggi ormai scomparsi, depredandoli di oggetti antichi da rivendere. Sono inesorabili e senza pietà: chi cerca di ostacolarli se la vede brutta. Anche gli uomini delle forze dell’ordine hanno paura di incontrarli. “Questa sì che è una storia che mette i brividi” pensò Bernardo. 61


– Ma che cosa cercano qui? – lo incalzò Roxana. – Anche in questa terra ci sono resti archeologici? Bernardo si ricordò del suo oggetto di pietra. – Cose come questa? El Viejo prese in mano la lama di ossidiana. – Queste le fabbrico io – rivelò con una strizzatina d’occhi. – Lame, punte di freccia e qualche statuetta in pietra vulcanica, basalto credo che si chiami. Le lascio in giro un po’ dappertutto. Quei briganti sono felicissimi di trovarle e spesso se ne vanno senza fare altri danni e derubare il nostro passato. – Però così imbrogliano i loro acquirenti… – considerò Bernardo. – Peggio per loro! Sono tutti furfanti, nessuno escluso! Che la dea Chàntico se li porti via in una nube di fuoco! Mulinò le braccia, il poncho si sollevò e il vecchio sembrò trasformarsi in un essere alato e tenebroso. – Adesso fai paura anche a me – gli confessò Roxana. – Hai detto che conosci Blanco – cambiò discorso Bernardo. Era molto preoccupato e confuso e riusciva a malapena a tranquillizzare il suo animale. El Viejo annuì, poi si sedette e invitò i due ragazzi a imitarlo. – Qui siamo abbastanza al sicuro. Inoltre, il tuo amico corvo non ci perde d’occhio un momento. Ardesia si puliva le penne su un ramo basso, senza mostrare agitazione. 62


– Ho visto molte volte il tuo cane con loro. Li seguiva perché apparteneva al loro branco. Lo maltrattavano anche se spesso era il suo fiuto a guidarli lì dove un tempo c’erano le discariche degli antichi villaggi. Una notte li seguii per capire quali sarebbero state le loro mosse. Intorno a un grande fuoco acceso c’erano quei mascalzoni che ridevano e urlavano ubriachi fradici. Uno di essi pensò bene di prendere a bastonate Blanco che alla fine, esasperato, lo morse alla mano. – Mi sembra impossibile: Blanco non farebbe mai una cosa del genere – lo interruppe incredulo Bernardo. – Lo morse e fece bene! Purtroppo quello reagì con un colpo di machete che lo ferì a un fianco. Blanco fuggì, ma il resto della storia lo conosci anche tu. Bernardo si strinse al suo cane che mostrò di apprezzare il gesto. – E mio padre che cosa c’entra? Come fai a conoscerlo? Ardesia gracchiò nuovamente e furono costretti a interrompere i discorsi. – Vi accompagnerò fino all’inizio del sentiero che vi condurrà in paese. – E tu? – chiese Bernardo. – Sei in pericolo? – Io sono il guardiano del regno di Chàntico – disse il vecchio sorridendo. – Non può capitarmi nulla senza che la dea lo voglia! Muoviamoci, adesso.

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– Papà, posso parlarti? – disse Bernardo. L’uomo stava ripulendo il tavolo operatorio dopo un piccolo intervento. – Certo, entra pure. Ieri sera mi sembravi stanco e non ti ho chiesto nulla, ma adesso raccontami qualcosa della vostra esplorazione sull’altopiano. Bernardo era molto imbarazzato. Avrebbe voluto rivelargli tutto, compreso il pericolo corso, ammettendo esplicitamente che suo padre aveva avuto ragione a preoccuparsi. Ma questo avrebbe avuto come conseguenza il divieto di recarsi nuovamente lassù senza di lui. – Hai perso la lingua? – chiese il padre. – No no, stavo solo riflettendo. È stata una lunga camminata, piuttosto faticosa devo ammettere. – Non ti starai rammollendo? – Dai, papà! Abbiamo rovistato per ore in tutti i luoghi, a partire da dove giaceva Blanco morente. Ma è stato inutile: non abbiamo trovato traccia dei suoi padroni. – Padroni? Quanti pensi ne dovesse avere? Bernardo si morse la lingua. Non era mai stato bravo a raccontare bugie e adesso rischiava di smascherarsi. – Ma che ne so… insomma, non credo che ci sia da preoccuparsi. Come dicevi tu, nessuno è alla ricerca di un cane disperso. Si girò per andarsene, ma il padre lo fermò. – Mi è parso che volessi chiedermi qualcosa quando sei entrato. 64


– Giusto. È solo una stupida curiosità, visto che per il tuo lavoro sei sempre in giro e conosci questi luoghi meglio di chiunque altro. – Dimmi – lo incalzò incuriosito. – Che tu sappia, sull’altopiano vive qualcuno? Insomma, è davvero disabitato come sembra? – Assolutamente no! – abbassò la voce e iniziò a raccontare. – Là, in alto, protetto dagli alberi dei boschi, vive el Viejo, un uomo vecchissimo, senza età, irascibile e tremendo come i diavoli dell’inferno. Il ragazzo sentì un tuffo al cuore. – E tu lo conosci? – Bernardo – sospirò il padre, – ti raccontavo queste storie quando eri bambino. Le avventure dell’Hombre Negro erano le tue preferite, anche se ti nascondevi sotto le coperte dalla paura. – Non è vero! – Certo che è vero – scherzò suo padre, – e non provare nemmeno a metterlo in dubbio. – Chissà, forse sull’altopiano vive davvero qualcuno a cui si sono ispirati quei racconti da brivido. L’uomo smise di pulire e lo guardò con attenzione. – Mi nascondi qualcosa? Bernardo uscì di casa come un fulmine. Aveva appuntamento con Roxana ma era ancora presto. Preferì fuggire altrimenti suo padre, con quel fiuto da detective, gli avrebbe fatto rivelare ogni cosa. 65


El Viejo gli aveva raccontato la storia di Blanco. Non avevano visto i delinquenti da cui erano dovuti scappare, ma non aveva motivo per mettere in dubbio le sue parole. Insomma, il suo cane era stato un malvivente in un’altra vita. – Non c’è dubbio, ti sei riscattato fuggendo da quegli esseri violenti e pagando a caro prezzo la tua libertà – disse a voce alta rivolto all’animale. – Quindi non ho nulla da rimproverarti! Questa era la storia di Blanco. Ma adesso si poneva un altro problema: se el Viejo era credibile e sincero, perché suo padre gli aveva detto di non conoscere nessuno sull’altopiano? Eppure quell’uomo era sobbalzato quando aveva sentito che lui, Bernardo, era figlio del veterinario di San Juan. Purtroppo, solo el Hombre Negro avrebbe potuto risolvere quella questione.

– Ciao, Bernardo, sei venuto a trovarmi? – Oh, don Roberto… – Se non mi sbaglio hai l’aria preoccupata. Bernardo fece un lungo sospiro. – Dai, vieni con me. Sediamoci sui gradini e raccontami, se lo desideri. 66


– Vedi, so di essere stato adottato, ma mio padre non ha mai voluto entrare troppo nei particolari. Il prete lo guardò come se avesse voluto valutare se era sufficientemente maturo. – Non so se tuo padre è d’accordo che io te ne parli. – Lui è sempre molto impegnato. – Spero che tu non lo stia giudicando male. Ha dedicato a te tutta la sua vita; se il lavoro lo impegna così tanto è perché non vuole che ti manchi nulla. – Hai ragione, non mi manca nulla. La risposta del ragazzo nascondeva qualcosa di più profondo. – Continua. – Insomma, quasi nulla. Non ho mai avuto una madre; forse è proprio ciò di cui sento la mancanza. Non fraintendermi, non ne faccio certo un’accusa a mio padre. – Come sai, qualcuno lasciò di notte una cesta con un bambino di pochi giorni davanti alla porta di Jorge, tuo padre. Le tue grida lo svegliarono e immediatamente si prese cura di te, nonostante vivesse da solo e avesse un lavoro così impegnativo. – Chi lasciò quella cesta? Don Roberto fissò il vuoto per un tempo che Bernardo giudicò senza fine. Appoggiò allora i gomiti sulle gambe e la testa sulle mani e sospirò deluso. – Un vecchio, probabilmente – disse il prete, e il ragazzo sobbalzò per quella rivelazione inattesa. 67


– Come fai a saperlo? – Gridasti così forte che tuo padre si precipitò dal letto. Quando aprì la porta di casa vide una figura che si allontanava: si stagliava scura e curva contro la luce della luna piena, completamente avvolta in un mantello. Nonostante i sentimenti contrastanti che si affollavano nel suo cuore, Bernardo trovò la forza di parlare. – Insomma, forse sono stato portato qui in paese dal Viejo in persona. Di conseguenza sono io stesso un Hombre Negro! Sorrise anche don Roberto a quella che sembrò una felice battuta di spirito del ragazzo. Si chiese, tuttavia, se avergli rivelato la verità fosse stata la cosa giusta.

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Ana Maria

H

– ola, Bernardo, non mi sembri molto in forma oggi. Ti sei stancato troppo sull’altopiano? – disse Roxana. – Non ti ci mettere anche tu – la rimbrottò il ragazzo. – Mi stanno capitando troppe cose sconvolgenti in questo periodo. Si erano seduti su un muretto con le gambe penzoloni. La ragazza lo guardò senza parlare, poi gli si fece più vicina come per confortarlo. – Vuoi dirmi qualcosa? – chiese infine non sopportando più quel fastidioso silenzio. – Forse sono figlio del Viejo. Senza riuscire a frenarsi, Roxana scoppiò a ridere. Bernardo le rivolse un’occhiataccia, poi scese dal muretto e fece per andarsene. – Dai, fermati – lo rincorse l’amica. – Non volevo offenderti. Però, mettiti nei miei panni: come avresti reagito tu a una simile notizia? – Beh, non lo so, di certo non ti avrei deriso. 69


– Va bene, scusami, sarò più seria. – Lo sai che sono stato adottato, vero? Roxana annuì. – Sono appena venuto a sapere che è stato un vecchio a lasciarmi di notte davanti alla casa di mio padre. – Oh, mamma mia, questo non lo immaginavo di certo. Ma non vuol dire che fosse proprio el Viejo... Caspita! Adesso ho capito perché temi che possa essere tuo padre. Bernardo aveva lo sguardo perso lontano, là dove vagavano anche i suoi pensieri. Si erano seduti nuovamente sul muretto, senza parlare, ma per Roxana era una sofferenza rimanere troppo a lungo in silenzio, così riprese con poca delicatezza: – Chissà dov’è finita tua madre? – Già, dove sarà finita mia madre? Hai notato anche tu che el Viejo è sobbalzato quando gli ho rivelato di essere figlio del veterinario? Ha anche detto di conoscerlo. – Sì, ma… – Ci sono troppi ma, forse e chissà nella mia vita e troppe poche certezze. – Che cosa vorresti fare allora? – chiese la ragazza dopo qualche altro momento di silenzio. – Tornare dal Viejo. Roxana si illuminò, poi disse convinta: – Quando partiamo? Bernardo sapeva che la sua amica non lo avrebbe abbandonato e le rivolse uno sguardo riconoscente. 70


– Domani o dopodomani. Devo inventare una scusa per non destare troppi sospetti in mio padre. – Non sarai diventato più imbroglione di me? – Non c’è dubbio, in questo sei stata una buona maestra – le sorrise Bernardo. – Comunque, è per una giusta causa – borbottò tra sé, per mettere in pace la coscienza. La comitiva si riformò esattamente come la prima volta. Adesso, però, nessuna incertezza: erano diretti all’abitazione del vecchio. – Ieri sera mio padre mi ha parlato del Pico de Tancítaro – spiegò Bernardo in un breve momento di pausa – e di tutti gli altri vulcani spenti che ci sono qua attorno. “Tutta colpa della placca di Cocos che sprofonda sotto il Nordamerica, formando un piano di subduzione che genera vulcani e terremoti” mi ha spiegato, muovendo le mani e accalorandosi come un esperto. In realtà – concluse con una strizzatina d’occhi – non credo che ne capisca molto. In ogni caso, come vedi, el Hombre Negro non c’entra proprio niente con i terremoti. – Però mi pare che ti abbiano detto, sia lui sia don Roberto, che i vulcani sono tutti spenti, quindi se fossi in te non continuerei con questi discorsi che mettono in cattiva luce el Viejo: potrebbe essere qui vicino a noi e ascoltare ogni cosa – rispose la ragazza, guardandosi attorno. Bernardo tacque e impallidì. Arrivati nel bosco, Roxana suonò la conchiglia più volte e il loro ospite comparve, senza farsi attendere troppo. 71


– Vi stavo aspettando – disse con calma. Bernardo non si meravigliò. – E allora saprai perché sono qui. El Hombre Negro annuì e li condusse nuovamente nella sua baracca. – Vuoi spiegarmi come conosci mio padre? Erano comodamente seduti sulle stuoie. Roxana non si era dimenticata di portare la solita bottiglia di latte che el Viejo stava bevendo con lentezza, gustando ogni singola goccia. – In realtà, tu non vuoi che ti parli di tuo padre... Ti ho capito. Avendo però notato un gesto di impazienza in Bernardo, esclamò: – Non interrompermi, ragazzo, sono certo che tu sei qui per tua madre. Bernardo sbiancò e trattenne il respiro. – Fui proprio io a portarti alla casa del veterinario. Non potevo tenerti con me, non avrei saputo come accudirti. Non avrei avuto nemmeno del buon latte – aggiunse sollevando la bottiglia – con cui nutrirti. La scelta del veterinario si rivelò perfetta, devi ammetterlo. Conoscevo di fama tuo padre e sapevo che era una brava persona, un uomo che si sarebbe fatto carico di te. – Insomma, mi hai trattato come un animale abbandonato – lo rimproverò Bernardo. – Comunque, non mi hai detto nulla che già non sapessi. 72


Bernardo non voleva essere scortese, ma aveva l’animo in subbuglio e le parole gli uscivano prima che potesse pesarle. – Io conoscevo anche tua madre. Si chiamava Ana Maria ed era giovanissima quando ti partorì. – Ana Maria – ripeté Bernardo, come per ravvisare, in quel nome, il volto di colei che gli aveva dato la vita. – La trovai sperduta proprio in questo bosco come tu hai trovato Blanco. Stava molto male e ormai era arrivato il momento del parto. Piangeva, ma non per sé, temeva infatti per la tua sopravvivenza. La soccorsi e la portai nella catapecchia dell’Hombre Negro – aggiunse amaro, scuotendo la testa. – Continua, ti prego – lo implorò il ragazzo. – Aveva molta paura che potessero scovarla, ma io la tranquillizzai. – Di chi stai parlando? – Degli uomini da cui siamo fuggiti l’altro giorno. – I briganti! – Già. L’avevano rapita mesi prima dalla sua famiglia e l’avevano trascinata con loro. Il volto gli si riempì di lacrime e la voce gli si ruppe in una specie di singhiozzo che riuscì a malapena a soffocare. – Non so chi sia tuo padre, forse Ana aveva un marito prima di essere rapita. Non gliel’ho mai chiesto. Però, e sono stato uno sciocco a non notarlo prima, assomigli davvero tanto a lei. 73



Smise di parlare, come per raccogliere i ricordi e scegliere con cura le parole. – Viejo, non farti pregare, il mio amico sta soffrendo – lo invitò Roxana. – Per quei farabutti era diventata solo un impiccio: troppo lenta e con un neonato in arrivo che sarebbe stato un ulteriore ostacolo. Avevano deciso di venderla a qualche contadino di un piccolo paese disperso tra le montagne. Ma lei riuscì a fuggire. Quando la trovai, erano almeno due giorni che non mangiava e che dormiva al freddo, tra gli alberi. Blanco mugolò, la testa fra le zampe, come se stesse partecipando a quel doloroso racconto. – Le feci abbassare la febbre con i miei intrugli di erbe e le diedi da mangiare al calore del camino; non potei aiutarla, però, per le complicazioni del parto. Si fermò e tossì per scacciare un moto di commozione che quei drammatici ricordi gli stavano provocando. – Sei nato in una sera di luna piena e hai subito gridato al mondo la tua esistenza. Tua madre ebbe il conforto di stringerti tra le braccia e la fortuna di addormentarsi in un sonno profondo dal quale non si svegliò più. Ti avvolsi in una coperta e ti misi in un cesto, poi scesi in paese e… il resto della storia lo conosci anche tu. – Dov’è mia madre? – domandò Bernardo, ritrovando a stento la voce. El Viejo si alzò e li invitò a seguirlo. 75


Ci volle almeno mezz’ora per raggiungere una spianata, al centro della quale sorgeva un grosso masso nero, un monolito impressionante. Sulla cima si era posato Ardesia, stranamente silenzioso. – Qui – indicò l’uomo. Un mucchio di pietre di ossidiana delimitava una parte di terreno. Bernardo si inginocchiò e per un momento ebbe la tentazione di rimuoverle. Ne raccolse invece una che era rotolata lontano e la ricollocò insieme alle altre. Un soffiare minaccioso richiamò la loro attenzione. Anche Blanco si agitò e abbassò la coda. Da una grande fossa non molto distante, usciva una colonna di fumo grigiastro sbuffando e sibilando. – Chàntico – sussurrò preoccupato el Viejo. – Continui a ripetere questo nome – lo incalzò Roxana. Si avvicinarono alla cavità. I due ragazzi si turarono il naso: un forte odore di zolfo, marcio e disgustoso, si diffondeva nell’aria. – Io discendo da una lunga stirpe di guerrieri mexica. Ci siamo tramandati l’onore di custodire l’ingresso nel regno della dea dei vulcani, Chàntico, appunto. – Questa è l’entrata della sua casa? – chiese incredula Roxana, sporgendosi. El Viejo l’afferrò prima che un nuovo potente soffio potesse investirla. – Grazie – sussurrò bianca in volto. – Mi è sembrato di vedere le fiamme dell’inferno laggiù! 76


– La dea si placa solo quando le restituisco, un pezzo alla volta, l’ossidiana che secoli fa un mio predecessore ha venduto a un mercante. Senza aggiungere altro, afferrò dalla bisaccia una pietra nera e la lanciò nella bocca arroventata. Chàntico tuttavia non si calmò e con un boato potente, seguito da una violenta scossa, scagliò qualcosa in aria.Seguirono con gli occhi la traiettoria del bolide che cadde con fragore a qualche decina di metri di distanza, ai piedi di Ardesia e del monolito. Fu a quel punto che la dea tacque, ma non il corvo che volò via gracchiando tutta la sua disapprovazione. – Mi sa che Chàntico non ha apprezzato il tuo gesto – lo punzecchiò Roxana, con un sorrisetto malizioso. – Non ne sarei così sicuro… – le rispose pensieroso el Viejo. – Rimanete qui e lasciate fare a me – ordinò quindi prima di muoversi con un’agilità che li lasciò esterrefatti. Blanco, ritrovata la voce, abbaiava infuriato verso la fossa come se dentro fossero nascosti dei nemici. – Che cosa sta facendo el Viejo? – chiese Bernardo. – Non so, credo che stia raccogliendo il messaggio della dea, forse la pietra stessa che ha gettato nel fosso – ironizzò ancora Roxana. Al suo ritorno, videro che l’uomo reggeva tra le mani, protette dal suo poncho, una statuetta ancora fumante. Sorrideva come se avesse trovato un tesoro. – Avete chiesto chi fosse Chàntico e la dea ha voluto rispondervi. Vi ha mandato una sua immagine. 77


– È proprio brutta… – riuscì a commentare Roxana. – I vostri canoni di bellezza non sono quelli degli Aztechi – si limitò a risponderle el Viejo, per nulla offeso da quel commento. Poi si rivolse a Bernardo: – Prendila, adesso non è più tanto calda. È un dono della dea per te. Il ragazzo la afferrò come se fosse fragilissima; in realtà, era scolpita in dura pietra basaltica. Si mosse quindi verso la tomba della madre, scostò alcune pietre e la collocò al centro. – Non ho nulla da offrirti – bisbigliò in ginocchio – se non questo oggetto. Tu invece mi hai donato la vita! Pianse, finalmente, e ritrovò un po’ di pace. – Viejo – chiamò Roxana. – I terremoti di questi giorni sono stati causati dal cattivo umore della dea Chàntico? – Non mancarle di rispetto, ragazzina – la rimbrottò l’uomo. – Comunque, devo ammettere che era da molto tempo che non si faceva sentire con tanto ardore. Il fumo, i bagliori infuocati e perfino i forti terremoti sono certamente voluti da lei.

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Il ritorno di Quauhtli

Quella sera stessa Bernardo si ritrovò a cenare con

il padre. Non sempre era possibile perché Jorge tornava spesso tardi, quando ormai il figlio era a letto. – Non mi sembra che tu abbia molta fame – disse il veterinario. Bernardo sollevò una cucchiaiata di minestra, la guardò senza interesse, poi la rovesciò nuovamente nel piatto. Il ragazzo sembrava pensare ad altro. – D’accordo, mettiamo tutto da parte – propose Jorge spingendo il suo piatto verso il centro della tavola e posando il tovagliolo. – Bernardo, ho parlato con don Roberto. Questa volta il ragazzo alzò la testa e sgranò gli occhi. – Si è scusato per aver agito d’impulso, ma ritiene di aver fatto la cosa giusta rivelandoti quei particolari sul tuo arrivo in questa casa. – Perché non mi hai mai detto nulla? – chiese Bernardo. – Ho omesso solamente di aver visto la figura di un uomo che si allontanava. Mi è parso un vecchio, ma era 79


notte e avrei potuto anche sbagliare. Perché pensi che sia così importante? Bernardo non rispose immediatamente. I suoi pensieri stavano viaggiando fino al luogo dove riposava Ana Maria. – Oggi ho conosciuto mia madre. – Bernardo, cosa stai dicendo? – È lì, sull’altopiano, insieme al Viejo. – Tua madre vive col Viejo? Ma el Viejo non esiste… – quasi urlò per la sorpresa. – Non riesco a credere a una simile storia. Sei sicuro che la donna che hai visto non sia una truffatrice? Magari vuole imbrogliarti, vuole dei soldi... forse ti sei lasciato sfuggire qualche parola di troppo e lei ha costruito una favoletta strappa lacrime… Non hai considerato che potrebbe essere semplicemente matta? Sono talmente tante le alternative che mi si stanno affollando nella testa che potrei impazzire anch’io. Era così agitato che dovette alzarsi in piedi e camminare avanti e indietro. – Papà, rilassati, non avrebbe potuto imbrogliarmi perché è morta. Il giorno stesso in cui sono nato. L’uomo prese una sedia e si sedette vicino a lui. Quando ritrovò la forza per parlare, gli chiese: – Vuoi raccontarmi tutto? Ti prego, non dimenticare nessun particolare. Bernardo cominciò quindi il suo racconto: – Sull’altopiano vive davvero l’Hombre Negro ed è stato proprio lui che hai visto quella lontana notte. 80


– El Viejo esiste davvero? – domandò il padre. – Sì, papà, me lo ha fatto conoscere Roxana. – Quella ragazza ne sa una più del diavolo. – Non dire così, è la mia migliore amica. – Hai ragione, è solo un po’… bizzarra, ma simpatica. Ma dov’è seppellita tua madre? – La sua tomba è lì, sull’altopiano, da quando sono con te, ricoperta da un mucchio di ossidiana. Non tralasciò nulla: il giorno in cui avevano conosciuto el Viejo, l’arrivo dei briganti, la storia di Blanco, l’irascibile Chàntico... – Tu hai vissuto questi giorni in mezzo ai pericoli e io ero qui, tranquillo, a guardare in bocca ai cavalli e a far partorire le mucche. – Scusami, hai ragione: avrei dovuto metterti al corrente prima, ma temevo che mi avresti impedito di tornare lassù. – Puoi ben dirlo! – esclamò di getto. Si rese però conto di avergli ultimamente dedicato troppo poco tempo. Lo aveva trascurato, non era stato capace di capire che cosa succedeva nell’animo del suo ragazzo. Come poteva essere stato così miope? Non desiderava la ricchezza per suo figlio, ma che vivesse senza problemi; per questo lavorava dalla mattina alla sera. Bernardo lo guardò preoccupato. – Figlio mio, è arrivato il momento di riprendere in mano le nostre vite! Dopodomani mi porterai dal Viejo! 81


– Ma come farai col tuo lavoro? – gli domandò, con una strana sensazione di felicità e di complicità ritrovata. – Domani sistemerò le cose più urgenti, poi mi prenderò qualche giorno di ferie e, per un po’, Jorge il veterinario non ci sarà per nessuno. Chiesero quindi a Roxana di prendersi cura di Blanco, anche se la ragazza protestò parecchio per non poter essere dei loro.

Arrivarono presto, tenendo un passo sostenuto e senza inutili parole. Il bosco del Viejo li aspettava, come sempre immerso nella sua indifferente solitudine. Si sedettero per bere e riprendere fiato. Poi Bernardo, per la prima volta al comando della situazione, spiegò a suo padre: – Qui vive l’Hombre Negro. Dice di essere un discendente di antichi guerrieri mexica… ma tu non deriderlo – si affrettò ad aggiungere. – Certo, me ne guarderò bene – assicurò l’uomo. – E poi, tanti messicani hanno antenati aztechi o purépecha. Bene, da che parte andiamo adesso? – Papà… ho dimenticato una cosa. Sono proprio uno sciocco! Bernardo divenne rosso e si batté un pugno sulla gamba. – Che ti succede? 82


– Non ho portato la conchiglia di Roxana! Jorge lo guardò interrogativamente, per cui il figlio spiegò: – È sempre stato el Viejo a venire da noi e non viceversa. Non sono in grado di ritrovare la strada per la sua capanna perché ogni volta ci costringe a effettuare giri tortuosi, di sicuro per confonderci le idee. Evidentemente tiene molto alla sua riservatezza… La conchiglia mi avrebbe aiutato. – Non ti agitare, Bernardo – lo tranquillizzò suo padre. – Troveremo un sistema, magari basta chiamarlo a voce alta. Se sente il suono della conchiglia, sentirà anche le nostre voci. – Lo spero tanto, ma non credo – scosse la testa il ragazzo. – Quel suono deve essere un segnale, una sorta di parola d’ordine per entrare nei suoi territori ed essere ben accetti. Jorge annuì. – E tua madre dove è sepolta? Bernardo si alzò in piedi e indico una direzione verso il centro dell’altopiano. – È un po’ vago, non credi? Prova a ricordare qualche indizio, qualunque cosa ci possa essere utile per iniziare la ricerca. – Papà, non mi sono inventato nulla! Il fatto è che… Bernardo era al colmo dello sconforto, quando si sentì un suono, come l’abbaiare di un cane. 83


– Blanco? – si domandò Jorge. – Papà, è proprio l’abbaiare di Blanco! Il cane li raggiunse come un proiettile e si lanciò su Bernardo, gettandolo a terra. Poi gli leccò il volto. – Da dove spunti, pestifero di un cane? Non dovresti essere con Roxana? – Infatti non l’ho lasciato un solo momento – ansimò una voce femminile. – Nemmeno quando con uno strattone si è liberato dalla mia presa ed è scappato alla vostra ricerca. – Roxana! – provò a ribattere Bernardo. – Non mettere in dubbio le mie parole: è andata proprio così. Io rispetto sempre le promesse! – affermò la ragazza con solennità, mettendosi una mano sul petto. – Ma voi cosa stavate facendo? Avete già chiamato el Viejo? – Eravamo proprio in questa fase – ridacchiò Jorge. – Beh, allora avrete suonato la conchiglia. Senza quel richiamo non verrà mai. – E allora affrettati senza farti pregare – la invitò il ragazzo, sconfitto. – Lo sai perfettamente che non l’abbiamo con noi. Anche se era corsa via all’improvviso, Roxana aveva portato con sé lo zaino dal quale estrasse la conchiglia. Appoggiò le labbra al foro e soffiò: il suono forte e acuto s’innalzò sopra gli alberi. Invece del vecchio, si udì gracchiare e il corvo, con un volo elegante, atterrò ai loro piedi. 84


– Ecco Ardesia! Bene, adesso siamo davvero al completo – dichiarò Jorge che si era sistemato comodamente con le spalle appoggiate a un tronco.

Finalmente erano tutti all’interno della casupola, tranne il corvo, al solito posto di guardia. El Viejo era armato di un lungo bastone, al quale però non si appoggiava. I ragazzi non avevano mai visto il suo viso così rilassato e sorridente. Prima di parlare, appoggiò su una mensola, senza aprirla, la bottiglia di latte offertagli da Roxana. – Sono felice di poter fare la tua conoscenza – disse quindi a Jorge. Non si era ancora seduto e, nonostante l’età, incuteva nei presenti rispetto e un po’ di soggezione. – Ti ringrazio per tutto quello che hai fatto per Bernardo e per me. È stato il dono più grande che potessi ricevere, nonostante le tragiche vicende che lo hanno accompagnato – affermò Jorge, stringendo a sé il figlio. – Bernardo ha riempito la mia vita, dandole un nuovo, più profondo significato. – Un guerriero deve dimostrare più saggezza nei giorni di pace che in quelli di guerra – sentenziò con molta serietà. – Hai fatto bene a chiamarlo Bernardo. Conosco il significato di questo nome, anche se non è di origine azteca né purépecha. 85


– Orso forte e coraggioso. Mi è sembrato che gli si addicesse dopo aver constatato la sua voglia di vivere – considerò Jorge. – Tecocol è più o meno il corrispondente di Bernardo in nahuatl, la lingua degli Aztechi. Sembrò a tutti che el Viejo stesse per iniziare un racconto e si misero in ascolto. – Tutto, anche la mia storia, iniziò in un lontano passato, proprio quando Tecocol e suo padre Mazatl arrivarono in queste terre per acquistare l’ossidiana da un mio antenato guerriero che ne aveva scoperta molta e dalle qualità straordinarie, proprio in queste zone. Tacque. Ne raccolse un grosso frammento da un cesto e lo porse all’uomo. – Io sono un veterinario, non mi intendo molto di rocce – si scusò Jorge. – Non importa, sappi che non c’è nulla di paragonabile a queste per durezza, resistenza e capacità di tagliare. Per i miei antenati, che non conoscevano l’acciaio, era preziosa come l’oro, se non di più. – Che ne è stato di quelle persone? – chiese Bernardo. El Viejo gli rivolse uno sguardo penetrante. Aveva compreso che si stava riferendo a Tecocol. – La dea Chàntico era furente e avrebbe sicuramente manifestato la sua violenta rabbia se Quauhtli, quel mio antico predecessore Aquila, non avesse promesso a Chàntico di rimanere per sempre con lei, a guardia del suo regno. 86


– Il tuo predecessore era un’aquila? – chiese Roxana, ingenuamente. – Quauhtli vuol dire proprio aquila, quello era il suo nome… e anche il mio. Lo guardarono con vera sorpresa: el Viejo, el Hombre Negro, aveva infine rivelato il suo vero nome! – Si chiamava Aquila ed era anche un guerriero aquila come me, apparteneva cioè a un antico e prestigioso ordine militare mexica. Tecocol e suo padre riuscirono a fuggire con il dono dell’ossidiana. Non so altro di loro, ma posso immaginare che siano tornati in trionfo dall’imperatore – concluse, picchiando il bastone sul pavimento. – Che storia emozionante! – esclamò Roxana. – Sono proprio felice di avervi seguito – sussurrò quasi senza accorgersene. – Puoi aggiungere qualcos’altro su Ana Maria? – gli chiese Jorge. – Sarebbe un dono prezioso per mio figlio. Quauhtli scosse la testa pensieroso. – Dall’accento, mi è parso che fosse originaria di Paricutin, ma non ne sono così sicuro. Con questo, però, vi ho raccontato proprio tutto… Un momento! Forse Bernardo vorrebbe qualcosa che è stato di sua madre! – esclamò. Rivoltò quindi ogni angolo della capanna alla ricerca di qualcosa. – Dovete perdonarmi, – si scusò, – ma la vecchiaia mi sta facendo perdere la memoria. – Eccolo! È un oggetto appartenuto a tua madre: adesso è tuo! 87


Si trattava di un ciondolo in giada che rappresentava una scena sacra, probabilmente la piccola Maria di Nazareth in braccio a sua madre Anna. Bernardo la rigirò più volte, come se nascondesse qualche profondo segreto, poi alcune lacrime gli scesero dolci lungo le guance. – Io sono il guardiano della casa di Chàntico – riprese el Viejo – e a lei ho dedicato tutta la mia esistenza. Ritengo di esserle creditore di qualche piccolo piacere. Insomma, non penso che si arrabbierà se ci avvicineremo ancora una volta all’entrata del suo regno sotterraneo. – Grazie di tutto – gli disse il ragazzo. – Papà, fra poco potrai vedere con i tuoi occhi dove riposa... Ma non poté finire la frase perché una scossa di terremoto e alcuni forti boati gli tolsero la parola. Uscirono all’aperto, preceduti dal loro ospite. – Viejo, forse la dea non è d’accordo con la tua decisione – lo provocò Roxana. Quauhtli fece segno di fare silenzio, poi chiuse gli occhi e annusò ripetutamente l’aria. – Un messaggio di Chàntico? – lo incalzò ancora la ragazza. – Ti ho già detto che parli troppo? Credo di sì, ma vedo che non è servito a nulla. Il vento soffia da quella direzione: la puzza di quei delinquenti la riconoscerei tra mille. Credo che non sappiano nemmeno che cosa sia il sapone – concluse con una smorfia di disgusto. 88


Un’altra scossa fece quasi loro perdere l’equilibrio. – Comunque, devono aver commesso qualche azione inaccettabile perché – disse rivolgendosi a Roxana, – hai ragione: la dea deve essersi arrabbiata seriamente. Adesso seguitemi senza fare rumore. Corsero a perdifiato e questa volta Bernardo annotò mentalmente ogni caratteristica del paesaggio che gli avrebbe permesso in futuro di orientarsi anche da solo. – La statuetta! – gridò Bernardo quando raggiunsero la meta. La sepoltura era in disordine. Molta ossidiana era scomparsa, oltre alla statuetta di Chàntico. – Sacrileghi! Non hanno rispetto per nessuno, nemmeno per i morti! – si infuriò Quauhtli. Un fumo denso e bianco, venato di grigio e di rosso, prorompeva dalla frattura allarmandoli; ma fu Ardesia a metterli ancora più in ansia quando gracchiò il suo segnale di pericolo. – Quei delinquenti sono nelle vicinanze! Dobbiamo allontanarci da qui! – li incitò el Viejo. – Non preoccupatevi per la tomba di Ana Maria: tornerò io a sistemare ogni cosa. Non fecero però in tempo ad allontanarsi perché furono circondati da almeno una decina di uomini dall’aspetto equivoco.

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Pomice, ossidiana e basalto

Le lave schiumose, che contengono ancora molto gas, possono produrre la pietra pomice dal caratteristico colore grigiastro, molto porosa per la presenza di minute cavità , dette vescicole, prodotte proprio dalla presenza di gas prima della solidificazione. Risultano cosÏ leggere da galleggiare sull’acqua ed essere trasportate dalle correnti anche a molta distanza dal vulcano. Spiaggia ricca di pietra pomice

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Pietra pomice

Bas


Ossidiana

Se i gas sono ormai tutti scomparsi e il raffreddamento è rapido, si possono formare rocce compatte, veri e propri vetri vulcanici, come l’ossidiana. Come il vetro di produzione umana, quando vengono rotte, queste rocce mostrano bordi molto affilati e taglienti, spesso più delle lame d’acciaio, anche se mantengono la fragilità del vetro. Basalto

Basalto lavorato

Una delle lave più diffuse e conosciute è definita basalto. Tutti i fondali oceanici sono costituiti da questa roccia prodotta da vulcani sottomarini; anche molti vulcani continentali, come l’Etna o il maestoso Kilauea, emettono questo tipo di lava. Il basalto ha un caratteristico colore scuro, spesso nero, usato nelle aree vulcaniche come pietra da costruzione per la sua durezza e la sua resistenza alle intemperie. 91


La furia di Chàntico

F

– inalmente ti abbiamo nelle nostre mani, vecchio! Fu un uomo dal volto scuro e sporco e dalla barba ispida a rivolgergli quelle parole, infarcite di ingiurie. I suoi compagni ridacchiavano con volti feroci. Quauhtli era ritto, con le gambe divaricate e ben piantate a terra. Bernardo notò che le nocche della mano destra erano diventate livide, segno che el Viejo stava stringendo con forza il bastone. A parte questo, null’altro trapelava dei suoi sentimenti, nemmeno dallo sguardo che manifestava assoluta indifferenza. – Tenete a bada quella gente! – ordinò colui che sembrava essere il capo. – Devo pensare a cosa fare di questa mummia. Sono troppi anni ormai che si intromette nei nostri affari e sfugge a ogni nostro tentativo di acciuffarlo! Jorge era molto preoccupato: si rese conto che in fondo era per colpa loro se adesso el Viejo si trovava in quel brutto pasticcio; ma non era in grado di fare nien92


te di fronte a quella manifestazione di brutalità. Strinse allora a sé i ragazzi, mentre Bernardo cercava di trattenere Blanco che ringhiava mostrando i denti. – Capo, hai visto chi c’è qui con loro? Quel brutto cane rognoso che non siamo mai riusciti ad addestrare a dovere. Su su, piccolo – si avvicinò con voce melliflua, – fammi vedere dov’è la cicatrice del mio coltello. Ma un ringhio più forte degli altri lo mantenne a distanza di sicurezza. – Va bene, cagnaccio, a te penserò dopo! – disse il farabutto. – Adesso mi devo occupare di questi ladri dei tuoi nuovi padroni. Rise come un matto, mostrando due file di denti neri e smozzicati. Estrasse poi un machete dalla lunga lama che fece brillare al sole. – Lasciali! – gli ordinò il capo. – La cosa più importante è spremere a dovere questa prugna rinsecchita: vedrete che alla fine ci racconterà quello che vogliamo sapere. Vero che lo farai? Continuava a incalzare il vecchio, mostrando anche lui un affilato coltello, convinto che di fronte alle sue minacce alla fine l’uomo avrebbe ceduto. – Tu conosci questi territori meglio di chiunque altro; sono certo che sai dove i tuoi antenati hanno lasciato qualche prezioso ricordino. E che non siano le false pietre che ci regali di tanto in tanto! Quelle le comprano solo i fessi e noi non ci guadagniamo un granché. 93


Quauhtli rimase impassibile, con il volto chiuso in un’espressione impassibile. – Allora? – urlò esasperato il suo aguzzino. Commise però l’errore di compiere un passo nella direzione della sua vittima, per intimidirla o per aggredirla. El Hombre Negro non gliene lasciò il tempo: manovrò il bastone con una tale rapidità tra le gambe del malvivente che questi si ritrovò a terra senza quasi accorgersene, con la punta del bastone appoggiata alla gola. I suoi complici si lanciarono subito in suo aiuto, ma il vecchio guerriero li fermò con un grido d’aquila. – Se fate un altro passo, questo stolto troverà rapidamente la strada per il regno di Iztli, il dio dell’oscurità, dei disastri e della morte! Il brigante sentì aumentare la pressione del legno sulla gola; gettò allora un urlo di terrore, che terminò in un rantolo. Poi si bloccò e non emise altri suoni, convinto che il vecchio non avrebbe esitato a ucciderlo. Era tuttavia una situazione di stallo, destinata a durare poco. El Viejo stava tenendo con sicurezza sotto minaccia il suo uomo, ma per quanto tempo ancora? E gli altri malfattori cosa avrebbero fatto? Quanto interessava a loro la vita di un compagno di fronte alla possibilità di mettere le mani su un tesoro? – Cosa intendi fare adesso? – incalzarono Quauhtli. – Ti rendi conto che così la tua vita non vale più nulla? Lascialo andare, e forse noi… 94


Ma furono interrotti da una terribile esplosione, seguita da un forte spostamento d’aria che gettò tutti a terra. Trovatosi libero, nonostante il sangue gli colasse da una ferita alla fronte, il capo si rialzò per avventarsi sul Viejo, ma nessuno poteva più fermare Chàntico: la colonna di fumo divenne spaventosamente alta, cenere e lapilli incandescenti furono scagliati in tutte le direzioni. I malviventi non aspettarono oltre e fuggirono terrorizzati. Jorge aiutò invece Quauhtli ad alzarsi e notò che aveva abbandonato il suo atteggiamento guerriero. – Appoggiati a me e muoviti più rapidamente che puoi – lo sollecitò. El Viejo scosse il capo. – Dovete lasciarmi qui! Chàntico non mi permetterà di rompere la promessa – spiegò con voce affannata. – No, tu devi venire con noi: non puoi pensare che la dea voglia farti morire in questo posto infernale! – lo supplicò Bernardo. – Ragazzo, è il nostro destino. Non lontano da qui ho addestrato un giovane guerriero aquila che prenderà il mio posto quando io non ci sarò più. Porta con te questa statuetta, quell’uomo malvagio l’ha lasciata cadere dalla sua sacca: è tua e di tua madre! Chàntico urlò ancora più forte la sua rabbia. Ormai non si vedeva quasi più niente: l’aria era impregnata di fumi e lapilli infuocati cadevano dappertutto sibilando. 95



– Fuggite adesso o sarĂ troppo tardi! Non preoccupatevi troppo: vedrete che saprò cavarmela da solo! Qualcosa di rosso e ribollente, che emanava un calore insopportabile, stava emergendo dal fosso, pronto a riversarsi su tutto l’altopiano.


Cominciarono a correre ma Bernardo, esitando, rimase indietro... – Ana Maria! Mia madre! Che ne sarà di lei? – Bernardo, non fermarti! – lo supplicò suo padre. – Non possiamo fare nulla, se non perdere le nostre vite! Ardesia gracchiava i suoi segnali di pericolo dall’alto del cielo. – Se quella lava ribollente si espanderà, coprirà ogni cosa e tua madre… – si passò una mano sul volto sporco di cenere – … avrà una sepoltura eterna. Nessuno potrà mai più disturbarla e oltraggiare la sua memoria. Passarono alcuni interminabili secondi poi, quando Roxana gli lanciò uno sguardo implorante, comprendendo che non se ne sarebbe andata senza di lui, Bernardo annuì e riprese la fuga.

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In grave pericolo

Giunsero in poco tempo al villaggio e trovarono la

gente per le strade. Le scosse di terremoto erano diventate più violente e una colonna di fumo si levava enorme e minacciosa a meridione. – Dove andiamo adesso? – chiese Bernardo. – Porta Blanco a casa: con questo caos rischia di perdersi. Io devo informare le autorità di quello che abbiamo visto lassù! Forza! – aggiunse con un tono che non ammetteva repliche quando si rese conto che suo figlio era titubante. – Ti raggiungerò quando avrò finito. – Roxana, tu invece torna subito a casa ad avvertire che stai bene. Saranno certo in pena per te. Bernardo obbedì come un automa agli ordini del padre. Giunto a casa, si sdraiò sul letto; in poco tempo gli erano accadute troppe cose che gli avevano sconvolto la vita. Doveva fermarsi e mettere ordine nella testa, ma cadde presto in un sonno agitato. 99


Dopo nemmeno mezz’ora fu svegliato di soprassalto da qualcuno che stava bussando alla porta. – Roxana!? Che fai qui? – esclamò, stropicciandosi gli occhi. – Non farmi prediche: sono già stata a casa e hanno visto che sto bene. Erano troppo presi da quanto sta accadendo per dare retta a me. – Ti credo – la fermò Bernardo. – Dai, entra. Si sedettero in terra, vicini a Blanco. – Tu eri qui a dormire e non hai visto ciò che sta succedendo. – Che vuoi dire? – si incuriosì il ragazzo. – È da un po’ che dal cielo sta piovendo una polverina grigiastra, oltre a piccoli sassolini leggerissimi. Guarda tu stesso! – concluse Roxana, porgendogliene una manciata che aveva portato con sé. – Che strane, non sembrano nemmeno pietre e sono tutte bucherellate. – Un signore che sembrava intendersene mi ha spiegato che si chiama pomice. È Chàntico che sta producendo questi sassolini. Speriamo non diventino troppo grossi e pesanti altrimenti ci schiacceranno come formiche. Che facciamo adesso? – Perché pensi che sia necessario fare qualcosa? – Beh, possiamo anche rimanere qui tutta la vita ad aspettare di invecchiare, oppure di essere ricoperti dalla cenere, oppure… 100


– Oppure? – Se non conoscessi la tua storia, avrei detto che sei proprio figlio di Jorge. Insomma, non hai i lineamenti dei Purépecha come me. Si mise di profilo e si aggiustò i capelli. – Più che altro hai la faccia di bronzo. – Giusto, questo è il colore di noi Purépecha purosangue: un magnifico bronzo lucente. Non male, vero? – Ti sembra il momento di dire tutte queste scemenze? – Volevo solo aiutarti a sentirti meglio. Tu non puoi essere figlio di quei malviventi perché avevano la faccia di bronzo anche loro, anche se erano molto più brutti di me. – Roxana, che dici? Non sei brutta. La ragazza gongolò: in fondo, voleva sentirsi dire anche quello. – Abbiamo chiarito un punto fondamentale. Tuo padre quindi… – Mio padre sta per tornare a casa – tagliò corto Bernardo. – Sì, ma quell’altro… insomma, quello che ti ha generato, il marito di tua madre, sempre che ne avesse uno… Oh! – sbottò esausta. – Hai una vita davvero complicata tu. Rimasero in silenzio per qualche istante, poi Roxana riprese la parola: – Non vorresti sapere qualcosa di più sulle tue origini? Bernardo non rispose. 101


– Io sì, se fossi in te; ma è noto che sono curiosissima e che non so stare ferma nemmeno con i pensieri. – Paricutin non è lontano – considerò a voce alta il ragazzo. – Esatto! È dall’altro lato – ironizzò l’amica. – Non perdi occasione per scherzare, lo so anch’io che vuol dire proprio quello in lingua purépecha. – Se ci pensi – riprese Roxana con più serietà, – è un nome davvero azzeccato visto che si trova proprio qui vicino, a qualche decina di minuti di strada. – Che cosa vorresti dire? – chiese il ragazzo con apprensione, pur conoscendo la risposta. – Oggi non posso: devo aiutare mio padre a spostare il gregge. Domani però sono libera. Andremo fino a Paricutin con la tua bicicletta, tu pedalerai e io starò sulla canna, come due veri amici. Si alzò rapidamente e scomparve, com’era solita fare quando voleva evitare una risposta negativa alle sue proposte. – Ciao, Bernardo! – lo salutò suo padre che arrivò qualche istante dopo. – Non avevo detto a Roxana di andare a casa sua? – Certo che glielo avevi detto, ma pensi che le possa essere bastato il tuo invito? Comunque, non preoccuparti: era già andata ad avvertire i suoi. Jorge fece un gesto come per scacciare un problema di cui non aveva tempo di occuparsi. 102


– Le autorità si sono già messe in moto. Alcuni elicotteri hanno sorvolato l’altopiano e hanno riportato una notizia drammatica e incredibile: sta nascendo un vulcano! Nel giro di poche ore ha già raggiunto diverse decine di metri di altezza e la lava ha cominciato a fuoriuscire in abbondanza. – La dea si è arrabbiata davvero, allora. – Già. I vulcanologi hanno deciso che il vulcano si chiamerà Paricutin… – Paricutin? – esplose Bernardo. – Sì, è il villaggio più vicino al nuovo vulcano. – Avresti dovuto suggerire Chàntico, sarebbe stato decisamente più appropriato. – E che cosa c’entra un veterinario con i capricci di un vulcano? Avrei potuto proporre un buon sedativo o addirittura un anestetico per quel mostro nascente, ma sono certo che mi avrebbero deriso e cacciato via. Bernardo sorrise, ma tornò subito serio. – Che fine avrà fatto el Viejo? – Che posso dirti? – gli rispose Jorge, accasciandosi esausto su una poltrona. – Spero tanto che si sia messo in salvo. Quell’uomo ha sette vite come i gatti, anche se come veterinario non dovrei dire simili sciocchezze. – Quindi secondo te si è salvato… Jorge alzò le spalle senza rispondere. Quel vulcano, nato così dal nulla, stava manifestando tutta la sua natura violenta; le spaventose esplosioni si udivano anche in quel momento. 103


– Dobbiamo prepararci a qualsiasi evenienza – considerò l’uomo quasi parlando a se stesso. – Le autorità si stanno consultando con gli esperti, ma è difficile prevedere come si evolverà la situazione. Bernardo fece cenno di aver capito. – Dove vai, papà? – gli chiese l’indomani mattina. – Il mio solito giro. Gli animali non possono aspettare che il Paricutin decida cosa fare. Tu aspettami a casa: ti riporterò tutte le novità che avrò raccolto in paese. Bernardo non rispose e si limitò a salutarlo. Prese poi la bicicletta e si recò nel luogo convenuto. – Ciao Roxana, sei pronta a partire? – Su, un po’ di buonumore! Non devi avere quell’aria da cane bastonato, in fondo si tratta di una passeggiata. – Sto disobbedendo a mio padre, ci stiamo sicuramente ficcando in un pasticcio, non sappiamo nemmeno cosa dobbiamo cercare, e tu mi dici di stare allegro perché andiamo solo a passeggiare? Naturalmente ti sei dimenticata del nuovo vulcano… – Pensa che stupidi, lo hanno chiamato Paricutin – cambiò discorso Roxana. – Avrebbero dovuto chiedere a noi quale era il nome più giusto. – Sali sulla bici e cerca di non parlare più, solo tu sei capace di farmi perdere così la ragione. – Lo prendo come un complimento, anzi, sono sicura che lo sia. 104


Lungo la strada, incontrarono molti mezzi di trasporto che viaggiavano in senso opposto. Alcune automobili erano cariche fino al tetto, così come camion e carretti. – Dove staranno andando? – domandò Roxana. – Non voglio pensarci! Ti rendi conto che tutta questa gente sta scappando? – La paura e il panico giocano brutti scherzi – scosse la testa la ragazza. – Non credo sia quello… – provò a replicare Bernardo, prima di essere fermato da un poliziotto. – Dove state andando voi due? Tornate subito indietro! Stiamo evacuando il paese! Non è il momento di gite in bicicletta… – Non sia insensibile! – esclamò Roxana furente. – E impertinente! Quel termine, già usato da Quauhtli nei suoi confronti, le sembrò adeguato all’occasione. – Ragazzina! – sbraitò l’uomo, rosso in volto, mettendosi davanti alla bicicletta. – Stiamo andando ad aiutare mio zio! È troppo vecchio per muoversi da solo. Alcuni mezzi crearono un ingorgo apparentemente inestricabile e il poliziotto si trovò a dover scegliere. – Va bene. Fate in fretta, però! – li esortò allontanandosi. – La lava ha cominciato a scorrere veloce e nel giro di qualche ora raggiungerà il paese. Sarà meglio che non siate ancora qui quando accadrà! 105


– Stanno scappando tutti: ma dove credi di andare? Chi pensi che potrà fornirci le informazioni che cerchiamo? – le urlò Bernardo. – Andiamo laggiù in fondo – disse con foga indicando una lunga strada, – lì vive un mio lontano parente. Forse è già fuggito, ma visto che siamo qui… Lo trovarono che stava caricando le ultime cose su un motocarro. – Non è poi così malmesso come hai detto al poliziotto – considerò Bernardo, osservandolo mentre si muoveva rapido, senza problemi. – Zio Pedro, sono Roxana! – lo chiamò la ragazza. – Roxana? Ma che diavolo ci fai qua? Mi dispiace rivederti in questa situazione drammatica. – Hai proprio ragione, è un bel po’ che non ci incontriamo. – Come vola il tempo! Ma adesso spiegami perché sei qui! Stiamo fuggendo da quel maledetto vulcano che vuole distruggere tutto. Ho raccolto poche cose, ma tutti i miei ricordi e la mia vita sono ancora là dentro – concluse amaro, indicando la sua casa. – La tua vita è con te, zio! Vuoi che ti diamo una mano? – Ma voi siete venuti davvero qui per me? – Certo – confermò Roxana spudoratamente, mentre lo aiutava. – Mamma e papà volevano sapere come stavi. Zio, posso farti una domanda? – Tutto quello che vuoi. 106


– Ricordi per caso una storia di oltre dieci anni fa, la scomparsa di una donna chiamata… – fece finta di cercare nella memoria – Ana Maria! Ecco, proprio Ana Maria! L’uomo si fermò, appoggiandosi al motocarro. – Chi non conosce quella storia? Non si è parlato d’altro per molto tempo, d’altronde Paricutin è solo un piccolo paese. Il povero Dioniso… Bernardo si animò e si avvicinò con interesse a Pedro. – Lo conosci, ragazzo? Rispose subito di no, senza aprire bocca. Le parole non gli sarebbero uscite. 107


– Quel pover’uomo cercò la moglie per mesi e mesi, senza successo. Poi, in preda alla follia, se ne andò chissà dove; nessuno lo ha più rivisto. Con la sua donna era scomparso anche il figlio che portava in grembo. Gli occhi di Roxana si illuminarono. Si rivolse quindi a Bernardo con un sorriso aperto: “Non sei figlio di quei briganti, che ti avevo detto?” gli stava comunicando silenziosa. – Dioniso López! – esclamò Pedro, battendosi una mano sulla fronte, soddisfatto che la memoria gli funzionasse ancora a dovere. – Si chiamava proprio così. Ma perché volete sapere queste tristi vicende? – Ne ho per caso sentito parlare a casa e, visto che siamo qui ad aiutarti, chi meglio di te può dare sollievo alla mia malattia cronica? – Sei malata? – si incupì Zio Pedro. – Sì – gli sorrise, – di curiosità, senza speranza di guarigione. – D’accordo, però adesso muoviamoci! Non vorrei che la lava si intromettesse nelle nostre chiacchiere. Sarebbe molto pericoloso. Grazie a tutti e due! – li salutò l’uomo, mettendo in moto. – Siete riusciti a trovare vostro zio? – gridò loro il poliziotto, mentre sfrecciavano verso San Juan. – Adesso è sano e salvo ed è tutto merito suo! – lo salutò Roxana, ricambiata da un sorriso soddisfatto del tutore dell’ordine. 108


– Fermati un momento Bernardo! – lo pregò la ragazza, quando furono a qualche chilometro da Paricutin. – Che cosa c’è ancora? – Guarda il fianco della montagna… – furono le uniche parole che riuscì a pronunciare Roxana. Una specie di serpente, rosso e fumante, scendeva rapido, superando ogni ostacolo e travolgendo ogni cosa al suo passaggio. Né rocce né alberi resistevano alla sua furia! Più in alto, là dove si era originato il vulcano, videro all’improvviso un’imponente colonna di fumo alzarsi dritta e spaventosa accompagnata da boati fragorosi. – Quella è la lava che abbiamo visto uscire dal fosso! È diventata un fiume spaventoso! – esclamò Bernardo. La ragazza era immobile, letteralmente ipnotizzata: mai avrebbe immaginato che la natura potesse produrre un evento così drammatico e nel contempo spaventosamente bello. Videro alcuni animali selvatici sbucare dai boschi e dirigersi un po’ ovunque come impazziti. Nubi nere di uccelli terrorizzati si allontanarono rapide verso nord. Bernardo rimontò in sella. – Forza, Roxana, adesso dobbiamo proprio scappare senza perdere altro tempo!

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La vera storia del Paricutin

Nel 1943 un contadino messicano vide che da una spaccatura del terreno in un campo di grano cominciava a uscire del fumo. Pensando a un principio di incendio, il contadino provò inizialmente a spegnerlo coprendolo di terra, poi, sentendo il terreno tremargli sotto i piedi, scappò al suo villaggio, Paricutin, per chiedere aiuto. Tornarono tutti insieme nel campo e videro uscire dalla spaccatura, oltre al fumo, anche cenere e pietre roventi. La manifestazione non cessò e il giorno dopo i materiali espulsi avevano creato un rilievo alto alcuni metri che divennero un centinaio in pochissimo tempo. I geologi, intervenuti immediatamente, diedero il nome del villaggio Paricutin al neonato vulcano, il quale, già alla fine del primo Vulcano Paricutin anno, era alto oltre quattrocento metri! Il Paricutin oggi si eleva a 3170 metri sul livello del mare.

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Quanti vulcani esistono e dove si trovano?

Il conteggio più recente dice che ci sono 1511 vulcani che hanno eruttato durante gli ultimi 10.000 anni sulle terre emerse. Di 805 conosciamo la data di almeno una eruzione. La maggior parte dei vulcani sulla Terra sono sottomarini e si trovano intorno all’orlo dell’oceano Pacifico. Vanno dal Cile del sud in su, attraverso il Messico, gli Stati Uniti, fino all’Alaska quindi Kamchatka, Giappone, Filippine, attraverso l’Indonesia e intorno alla Papua-Nuova Guinea, alle Tonga e all’estremità dell’Isola del Nord, in Nuova Zelanda. Ci sono altri vulcani importanti nelle Hawaii, diversi in Islanda e in Italia (Etna, Stromboli, Vulcano, Vesuvio, Campi Flegrei, Marsili che è un gigantesco vulcano sottomarino, insieme ad altri, sempre localizzati nel Mediterraneo). L’Asia è di certo il continente più ricco di vulcani. Il più grande vulcano attivo della Terra è il Mauna Loa delle Hawaii. Esso si eleva fino a 4169 metri sul livello del mare. Mauna Loa della Hawaii

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La cattedrale del Señor de los Milagros B

– ernardo, ti stavo cercando! – esclamò Jorge quando lo vide rincasare con la bicicletta. – Ero in giro con Roxana, papà. – Ma ti sembra questo il momento di… non importa. Il vulcano non ha alcuna intenzione di smettere. La lava purtroppo è diventata veloce: adesso sembra che viaggi a oltre venti chilometri orari. Nel giro di poco raggiungerà il villaggio di Paricutin e lo distruggerà! – Sì, lo so. – Lo sai? Ma se me lo hanno appena comunicato le autorità… – Ti ho detto che eravamo in giro, l’ho sentito dire dalla gente. – Ma certo, la gente. Jorge camminò per un po’ avanti e indietro, toccandosi la testa in preda ai pensieri. – Credo che dovremo preparaci anche noi: Paricutin è qui vicino e, se il vulcano non si placherà, la lava non 112


risparmierà nemmeno il nostro povero paese, San Juan Parangaricutiro. Pronunciò quel nome per esteso, come per avere la piena consapevolezza che il pericolo non era solo immaginario e avrebbe coinvolto cose e persone a loro vicine. – San Juan Parangaricutiro – ripeté infatti Bernardo, avendo compreso. – Tutto è destinato a finire, niente dura in eterno. Paricutin, Quauhtli, mia madre Ana Maria, i briganti, mio padre… – Tuo padre? Vuoi far scomparire anche me? – gli chiese con ironia; sapeva bene a chi si stava riferendo. – Scusami, non fraintendermi – si giustificò, infatti, Bernardo. – Non preoccuparti, non mi sono offeso. Paricutin scomparirà e tutto ciò che lo riguarda con lui, ma non fartene un cruccio perché è da troppo tempo che si sono perse le tracce del tuo padre naturale, Dioniso Lòpez. Bernardo lo guardò allibito. – Sto facendo avanti e indietro dal municipio alla polizia: vuoi che non abbia trovato un momento per chiedere le informazioni che ti riguardano? Ana Maria e Dioniso Lòpez erano una giovane coppia, appena sposata. Due giovani felici, come tanti altri, ma presto colpiti da un dramma: la scomparsa della giovane Ana Maria, incinta del suo primo bambino. Bernardo pianse fino alla fine del resoconto di Jorge. Poi si alzò e corse ad abbracciarlo. 113


– A loro devo la mia vita, ma ancora di più a te che l’hai resa unica e felice. Non c’è figlio più orgoglioso di me, papà Jorge. Dopo alcune violente scosse di terremoto, causate dal magma ribollente in risalita, la gente vide i fiumi di lava gonfiarsi a dismisura e scorrere veloci. Nel giro di poche ore, ricoprirono completamente il villaggio di Paricutin, distruggendolo come previsto. Poi, esaurita questa spinta violenta, la lava arrestò la sua avanzata per qualche mese. La popolazione di San Juan tirò un sospiro di sollievo, ma i vulcanologi tolsero ogni speranza: la camera magmatica da cui attingeva il nuovo vulcano si stava semplicemente ricaricando. In effetti, il Paricutin, tra fasi esplosive ed effusive, non smise mai di eruttare completamente, alternando piccole colate laviche a esplosioni di ceneri e lapilli, cosa che gli permise di innalzare il suo cono a oltre quattrocento metri di altezza.

– Bernardo, dove sei? – chiamò Jorge con voce impaziente. – Cosa c’è, papà? Sono qui, in camera mia, arrivo subito. – Ascolta, un mio amico vuole realizzare un documentario e ha deciso di riprendere il fronte lavico che ha distrutto Paricutin e minaccia di raggiungere San Juan. Bernardo lo guardò interrogativamente. 114


– Scusa, ma un veterinario e un ragazzo che cosa c’entrano con tutto questo? – Non so se sto facendo proprio la cosa giusta, tuttavia il mio amico Marcelo mi ha chiesto se voglio accompagnarlo. – Sei matto? – sbottò il ragazzo. – La lava è troppo pericolosa. – Non c’è dubbio, però sorvoleremo il territorio in elicottero! Che ne dici? Bernardo rimase a bocca aperta: non aveva mai volato in vita sua e sarebbe stato magnifico poter osservare dall’alto quei drammatici eventi. – Sono contento per te. Mi farete vedere le riprese quando saranno pronte. – Non ce ne sarà bisogno: ci sono tre posti liberi su quell’elicottero. Bernardo lanciò un urlo di entusiasmo e si fiondò a parlarne con Roxana. Presero il volo l’indomani. Il tempo era splendido, a parte il fumo grigio del vulcano e i boati minacciosi che ricordavano i tuoni dei peggiori temporali. – Guarda, Bernardo! – chiamò Roxana quando raggiunsero il luogo in cui sorgeva Paricutin. – Non vedo nulla. – Proprio così: il villaggio è sparito del tutto. Solo lava e desolazione! L’elicottero fece un largo giro e si portò un po’ più a nord. 115


– Cosa sta succedendo laggiù in fondo? – domandò a voce alta Jorge. Marcelo abbassò la videocamera e rimase senza parole. – Quella è lava in movimento – comunicò loro il pilota. – Mi hanno appena avvertito via radio che il fronte ha ripreso ad avanzare verso settentrione. I due ragazzi notarono due grosse lingue nere che si allargavano e progredivano con una certa velocità. – Come fa a muoversi quella roccia? – domandò Bernardo. – Non vedo il colore rosso fuoco tipico della lava fusa e ribollente. – Si trova all’interno di quelle spire oscure – gli rispose Marcelo che aveva riacceso la videocamera. – I vulcanologi, con cui ho parlato, mi hanno spiegato che la lava si raffredda all’esterno e crea una sorta di tubo dentro cui, ben isolata, scorre la lava fluida. Un boato spaventoso interruppe i loro discorsi. L’elicottero ondeggiò paurosamente per lo spostamento d’aria causato dalla violentissima esplosione, subito seguita da un fitto ticchettio sulle pareti del velivolo. Roxana gridò terrorizzata e si aggrappò a Bernardo che era rimasto pietrificato contro lo schienale. – Dobbiamo tornare subito all’eliporto! – gridò il pilota. – Questa pioggia di ceneri e lapilli potrebbe mettere a rischio il rotore! – Forza, allora, non perdere tempo! – lo incalzò Jorge, preoccupato per la vita di tutti loro. 116



Qualche giorno dopo arrivò la triste notizia che era ormai giunto il momento di evacuare anche San Juan Parangaricutiro. – Non c’è nulla da fare, Bernardo – disse suo padre pochi giorni dopo, – quel vulcano non ha intenzione di cessare la sua attività. Stiamo già facendo molta fatica a liberare le strade e i tetti delle case dalle ceneri che cadono incessanti e che potrebbero farli crollare, come è successo nell’antica Roma a Ercolano e Pompei. – Abbiamo fatto arrabbiare troppo Chàntico – sentenziò il giovane. – Magari fosse così semplice. Purtroppo le forze interne al nostro pianeta non sono soggette ai miseri umori umani, altrimenti sia Quauhtli sia noi avremmo avuto una possibilità di far ragionare quella dea irascibile. – Don Roberto ha radunato molte persone in chiesa a pregare. A tutti quelli che piangevano e si disperavano ha spiegato che Dio non c’entra, che non si tratta di un suo castigo. Anche lui ha parlato di incontrollabili forze della natura. – Lo so, è una brava persona. Si sta dando tanto da fare con i più poveri. Ha messo a disposizione la sua automobile e un carro con il mulo. – Ardesia! – si preoccupò Bernardo, d’improvviso. – Il tuo corvo, giusto. Ma non devi preoccuparti, lui sa volare più veloce del fiume di lava che presto ci investirà. Possiamo stare certi che si sarà già messo al sicuro. 118


– D’accordo – continuò il ragazzo, ormai preso dall’ansia, – però Roxana non ha le ali… insomma, abbiamo l’auto e il tuo furgone, forse potremo aiutarla. – Non sei tu quell’irriconoscente che afferma che suo padre è troppo distratto e che pensa solo alle sue cose? – domandò con un pizzico di ironia. – Sono appena passato a casa della tua amica e con la sua famiglia abbiamo deciso di spostarci insieme. Ho restituito gli animali ricoverati nel mio ambulatorio ai loro padroni e chiuderò la porta di casa a chiave. Non si sa mai. Ora va’ da Roxana, forza! – Grazie, papà, vado subito a cercarla. Forza, Blanco, non è il momento di poltrire!

Ci vollero tempo e pazienza, ma un mattone alla volta, più a sud e più lontani dal vulcano Paricutin, gli uomini fecero sorgere un paese che decisero di chiamare Nuevo San Juan Parangaricutiro. – È un nome che ci permette di ricordare e di non perdere le nostre radici – commentò convinto Bernardo. – Sì, ma che scarsa originalità – replicò invece Roxana, in disaccordo come sempre. – Alla fine Quauhtli deve essere riuscito a calmare quella dea furibonda. 119


Queste furono le parole di Bernardo, due anni dopo, osservando il Paricutin, ormai quieto e silenzioso. – Andiamo a cercarlo? – chiese Roxana. – Stai parlando del Viejo, giusto? Non ce la fai proprio a rimanere tranquilla… ma questa volta appoggio pienamente la tua proposta! Prima però passiamo dal nostro paese abbandonato. – Andiamo di nascosto, come al solito? – si entusiasmò la ragazza. – Dai Roxana, non ce n’è bisogno, non corriamo più alcun rischio: i geologi hanno decretato finalmente il cessato pericolo. Il giorno seguente, un autobus li lasciò a pochi chilometri dalla loro meta. Quando la raggiunsero, con Blanco che li seguiva come un’ombra, rimasero senza parole. Non si sarebbero mai aspettati una vista così deprimente: enormi blocchi di lava nera sorgevano ovunque, rendendo il paesaggio assolutamente irriconoscibile. Non c’era quasi più vegetazione, salvo qualche giovane pianta che con i suoi fiori giallastri e i suoi legumi secchi e pendenti rendeva meno desolato il paesaggio, insieme a qualche sparuto cactus e ad altri vegetali pionieri. Ma la vera sorpresa la ebbero quando, risalendo lungo una delle colate, notarono una torre spuntare dal nulla. – La cattedrale! – esclamò Bernardo. – Non credo ai miei occhi! Forse don Roberto non ne sa nulla e sarà molto felice – considerò Roxana. 120


L’intera facciata era integra, mancava solo metà di una delle due torri. Si era salvata anche la parte posteriore con l’abside e l’altare. – Non è rimasto in piedi nient’altro – considerò tristemente Bernardo; poi girò intorno a se stesso e infine distese un braccio. – La mia casa era più o meno da quelle parti. – La mia invece era laggiù… Un forte gracchiare, a cui rispose l’abbaiare festoso di Blanco, interruppe i loro discorsi. Il giovane fischiò e un’ombra nera si appollaiò sulla sua spalla. – Ardesia! Questa volta hai davvero esagerato: è da troppo tempo che non ti fai vedere, ma ero certo che il vulcano ti avesse risparmiato. Le tue ali sono più forti della lava di Chàntico – lo accolse commosso. – Che bel quadretto: un cane, un corvo e un altro strano animale parlante – ironizzò l’amica. Bernardo sorrise e le rispose convinto: – Visto che anche Ardesia è con noi, andiamo a cercare el Hombre Negro o hai cambiato idea? – Non mi perderei questa nuova avventura per nulla al mondo, nemmeno se un vulcano decidesse improvvisamente di eruttare. Che cosa aspettiamo?

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Ercolano e Pompei

Nel 79 d.C., il Vesuvio iniziò un’eruzione violentissima che portò al seppellimento di alcune zone di Pompei, Stabia, Ercolano e diverse altre città. L’eruzione fu di tipo esplosivo ed enormi quantità di pomici, mescolate a materiali di altra natura, piovvero ininterrotte sul territorio circostante. La maggior parte delle vittime di Pompei sono state trovate intrappolate al di sopra di un potente letto di pomici, ricoperte poi dalle ceneri. Sorte peggiore ebbero gli abitanti di Ercolano, visto che quell’enorme colonna di gas incandescenti e materiale piroclastico a forma di fungo precipitò a un certo punto verso il basso e iniziò a correre velocemente verso il mare. Le nubi ardenti o colate piroclastiche possono raggiungere i 300 km orari e avere al loro interno temperature comprese tra i 500 e i 1200°C: nulla resiste al loro passaggio e la morte di chi viene investito è istantanea. Oltre duecento scheletri sono stati trovati presso l’antica spiaggia di Ercolano, dove la gente sperava di trovare salvezza. Pompei

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I vulcani nella mitologia

l nome “vulcano” lo si deve agli Etruschi; essi chiamavano Volcanus, Volkanus o Vulcanus una divinità messa in relazione al fuoco vulcanico. I Romani ereditarono questo culto e il nome è arrivato praticamente immutato fino ai nostri giorni. I Greci ritenevano che all’interno del vulcano Etna avesse dimora il dio fabbro Efesto che, aiutato dai temibili Ciclopi, costruiva le armi degli dei e i fulmini di Zeus. Leggende nordiche narrano di una Valchiria che, avendo disobbedito al dio Wodano, fu condannata a dormire in un cerchio di fiamme alimentato dal dio Laki sull’isola vulcanica di Thule, in Islanda. Officina di Vulcano - G. Vasa ri

Non c’è regione al mondo, dove non si narrino leggende analoghe sui vulcani. La fantasia dell’uomo, in effetti, non sapendo come giustificare quelle forze immense e spaventose, ha trovato sfogo in racconti di creature infernali, di divinità arrabbiate e pronte a punire gli uomini con i loro ruggiti e il loro alito infiammato. 123



Esperimenti scientifici sui vulcani A cura di Dino Ticli


Realizziamo un vulcano effusivo

Materiali

• un bicchiere di aceto (200-250ml) • uno o due cucchiai di bicarbonato di sodio • un cucchiaio abbondante di detersivo per piatti • una bottiglia di plastica da mezzo litro • tempera rossa q.b. • cartoncino • plastilina o cartapesta o creta Procedimento 1 Costruite innanzitutto un cono con il cartoncino, abbastanza ampio alla base e alto quanto la bottiglietta di plastica; non dimenticate di lasciare un buco alla sommità, grande quanto il collo della bottiglia.

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2 S e volete che sia più realistico, modellate sopra al cono di cartone, con la plastilina (oppure con la cartapesta o la creta), una struttura che ricordi le rocce di un vulcano. Non dimenticate in ogni caso di chiudere gli spazi tra la bocca del vostro modellino e il collo della bottiglia.


3 M escolate quindi l’aceto con la tempera rossa e il sapone liquido, agitando con delicatezza, senza cioè creare schiuma. Versate poi la miscela ottenuta dentro la bottiglia. 4 T utto è pronto per l’eruzione, manca solo l’ultimo atto: introdurre con un imbuto asciutto il bicarbonato nella bottiglia. 5 N oterete nel giro di pochi secondi fuoriuscire dalla bocca del vulcano una schiuma rossa, ricca di bolle gassose di anidride carbonica (CO2), lo stesso gas corresponsabile con il vapore acqueo delle eruzioni vulcaniche. 6 U n piccolo consiglio: se non volete sporcare il tavolo su cui effettuerete il vostro esperimento, copritelo con un foglio di plastica. 127


Ancora un vulcano effusivo

Materiali

• 125 ml di acqua ossigenata al 6% (20 volumi) • un cucchiaio di lievito secco • un cucchiaio abbondante di detersivo per piatti • una bottiglia di plastica da mezzo litro • tempera rossa q.b. • cartoncino • plastilina o cartapesta o creta Procedimento 1 Costruite il modellino come nel caso precedente. Versate nella bottiglia l’acqua ossigenata (va maneggiata con attenzione da un adulto, usando guanti di gomma e occhiali di protezione). Versare successivamente una miscela di detersivo e colorante rosso. 2 D opo aver sciolto il lievito secco in 3 cucchiai di acqua in una tazza separata, versatelo nel vulcano e fate un passo indietro: l’eruzione avrà inizio!

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Realizziamo un vulcano esplosivo

Materiali • 350 ml di aceto

• due cucchiai colmi di bicarbonato di sodio • due cucchiai di detersivo per piatti • una bottiglia di plastica da mezzo litro • tempera rossa q.b. • un foglio di carta assorbente da cucina • cartoncino • plastilina o cartapesta o creta

Procedimento 1 V ersate nella bottiglia i liquidi che dovranno arrivare a pochi centimetri dall’imboccatura. 2 M ettete il bicarbonato nel foglio di carta assorbente e realizzare una sorta di candelotto di un solo strato di carta, fissato con un pezzettino di adesivo, che avrà lo spessore del collo della bottiglia.

3 I nfilate a forza, senza romperlo, il candelotto nella bocca del vulcano affinché si immerga nell’aceto, lasciandone fuoriuscire un pezzettino. 4 L ’esperimento dovrebbe essere svolto in un luogo aperto perché la CO2 che si sviluppa potrebbe espellere con forza la carta e parte del contenuto, creando un’eruzione esplosiva! 129


Pietre galleggianti

La pietra pomice è come una schiuma rocciosa superficiale, ricca di pori pieni di gas. Risulta perciò leggerissima tanto che riesce a galleggiare sull’acqua. La roccia lavica è invece pesante e, messa in acqua, sprofonda. Possiamo verificare qualcosa di simile anche con i metalli. Materiali • d ue fogli di carta di alluminio oppure un solo foglio e un pezzettino

• • •

di alluminio (potrebbe essere un frammento di una lattina di bibita) martello o pesta carne vaschetta acqua

Procedimento 1 R ealizzate una pallina con il foglio di alluminio, senza schiacciarla troppo; con il secondo foglio, delle stesse dimensioni del precedente, create invece una pallottola che schiaccerete con forza, magari con un martello o un pesta carne. 2 P onete adesso la seconda pallina in acqua (oppure il pezzetto di alluminio): li vedrete scendere rapidamente sul fondo della vaschetta. 130


3 M ettete adesso nel recipiente la pallina poco schiacciata: se l’acqua non penetra subito tra le pieghe realizzate, scacciando l’aria presente, galleggerà perché, nonostante sia fatta anch’essa di alluminio e abbia la stessa massa metallica della pallottola in fondo alla vaschetta, è più leggera dell’acqua per la presenza dei gas. È esattamente quello che capita alla pietra pomice nella quale l’acqua non può entrare perché i suoi pori e i suoi vacuoli sono stati chiusi ermeticamente durante la solidificazione della schiuma rocciosa. olo espanso Sfera di polistir

In alternativa all’alluminio, potete utilizzare il polistirene, il materiale con cui si realizzano le posate, i bicchieri di plastica, il polistirolo, ecc. Se metterete in acqua una posata di plastica, questa affonderà mentre una pallina di polistirolo galleggerà perché piena di pori gassosi che la alleggeriscono. 131


Alcune informazioni Una roccia ignea effusiva è caratterizzata da varie strutture: Porfido

STRUTTURA PORFIRICA: con l’evidente presenza di pochi fenocristalli (cristalli di dimensioni visibili a occhio nudo) che risaltano fra microcristalli o sono immersi in una massa vetrosa. Un po’ come capita ai canditi (paragonabili ai fenocristalli) nella pasta del panettone (massa microcristallina o vetrosa)

STRUTTURA MICROCRISTALLINA: caratterizzata da cristalli piccolissimi e non visibili a occhio nudo. vulcanica Roccia vetrosa

STRUTTURA POMICEA: caratterizzata da pori e vacuoli. STRUTTURA VETROSA: come nell’ossidiana, dove il rapido raffreddamento ha impedito ai cristalli di formarsi. Il vetro delle nostre finestre viene ottenuto proprio così, facendo cioè raffreddare rapidamente un fuso siliceo.

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Lana di roccia Nella nostra epoca l’ossidiana viene estratta in prevalenza per produrre la lana di roccia. Scaldando la pietra a 1300°, si ottiene un sottilissimo fascio di fibre vetrose con cui si producono gioielli, in genere collane e braccialetti. L’ossidiana è usata anche per fabbricare bisturi richiesti dai chirurghi per la precisione del taglio senza rilascio di particelle metalliche come avviene invece con i bisturi d’acciaio. Pietre di ossidiana sono lavorate da artigiani con la tecnica della scheggiatura e vendute nell’ambito del turismo.

In Italia si estrae dalle isole di Pantelleria e di Lipari e dal massiccio del Monte Arci in Sardegna.


Cosa accade in una camera magmatica?

Le rocce sono formate da vari minerali che hanno diverse temperature di fusione. Quando nelle profondità della crosta terrestre, vengono raggiunte le opportune condizioni di temperatura e pressione, alcuni minerali cominciano a fondere; si tratta ovviamente di quelli che hanno temperatura di fusione più bassa. Gli altri possono invece rimanere allo stato solido, affondando nel liquido perché pesano di più (hanno maggiore densità). Il materiale fuso tende invece a risalire verso l’alto. Materiali

• un bicchiere di vetro pyrex (becher), resistente al calore • u na manciata di sassolini (meno di mezzo centimetro di diametro) di diverso colore • u na manciata di pezzetti di cera solida, possibilmente di diversi colori e della dimensione della ghiaia • una fiamma su cui scaldare il bicchiere Procedimento 1 Mescolate con cura la ghiaia e i pezzetti di cera. Mettete quindi il becher sulla fiamma bassa e attendete. 134


2 I l calore fonderà i materiali con punto di fusione più basso, ovviamente la cera, che tenderà a spingersi verso l’alto insieme ai gas, mentre i frammenti rocciosi che richiederebbero temperature elevatissime per fondere, si sposteranno verso il basso, esattamente come accade in una camera magmatica.

3 I n natura, se i materiali fusi e i gas riusciranno a raggiungere la superficie, si avrà un’eruzione, frutto pertanto di processi di fusione parziale e differenziazione. 4 Nelle rocce, i minerali che hanno temperature di fusione più basse sono quelli ricchi in silicio (Si) e ossigeno (O), mentre quelli che hanno temperature di fusione più alte sono quelli più ricchi in ferro (Fe) e magnesio (Mg). 135


Costruiamo uno stratovulcano

Esistono almeno tre tipi di edifici vulcanici che si originano dai diversi magmi che eruttano. I magmi basaltici possono generare lave molto fluide che scorrono come fiumi anche a notevoli distanze dal punto di eruzione, generando coni molto più ampi che alti. Vengono chiamati per questa forma particolare vulcani a scudo. Se il magma è prevalentemente siliceo, il vulcano erutterà in modo esplosivo, emettendo grandi quantità di ceneri e lapilli, chiamate scorie vulcaniche o piroclastiti. Si generano così edifici più alti che larghi, chiamati coni di scorie. Infine, quelli che eruttano lave di composizione intermedia, possono alternare fasi effusive a fasi esplosive generando depositi alternati di piroclasti e colate laviche. Vengono chiamati stratovulcani, proprio perché costituiti da tanti strati sovrapposti. Naturalmente gli strati più profondi sono anche quelli più antichi. Materiali

• un vasetto di vetro o plastica trasparente, con il coperchio • bicchieri di plastica • p olveri e sabbie varie di diverso colore e dimensione: polvere di caf-

fè, terra, ghiaietto, sale, pasta piccola, legumi e mais secchi, zucchero, cereali (grano, avena ecc.), farina e tutto ciò che può venirvi in mente. In realtà, lave e piroclasti hanno colori abbastanza monotoni, dal nero al grigio, al biancastro; quindi, per essere più realistici, potreste limitarvi a materiali di questi colori

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Procedimento 1 Ogni materiale scelto deve essere collocato in un bicchiere di plastica diverso. 2 D isponete il vasetto di vetro su un tavolo. Versate quindi con attenzione gli ingredienti scelti uno alla volta, alternando quelli scuri a quelli chiari, per rendere ben evidenti gli strati che si creeranno; per esempio zucchero, polvere di caffè, farina, semi di grano e così via. Bisogna porre particolare attenzione al vasetto che non deve mai essere mosso.

3 P er una resa ottimale, create strati di spessore compreso tra 1,5 e 2,5 cm. Quando il vasetto sarà colmo fino all’orlo, senza più spazi vuoti, chiudetelo con il coperchio. 4 G li strati appariranno molto evidenti e avremo la certezza che, come negli stratovulcani, il più antico, il primo realizzato, sarà quello più in basso. 137


Piccoli cristalli crescono

Materiali • 3 0 ml di ammoniaca, 30 ml di acqua preferibilmente distillata • 30 ml di sale non iodato • colorante (blu di metilene o tempera blu) • piccoli pezzi di carbone di legna (quello per il barbecue) • un barattolo e una scodella non metallici Procedimento 1 Bagnare sotto acqua corrente i pezzetti di carbone e disporli in un’ampia ciotola. Mescolare quindi l’ammoniaca, l’acqua distillata, il sale e il colorante, facendo attenzione a non respirare i vapori dell’ammoniaca (meglio lavorare all’aperto e con una mascherina). 2 V ersare la miscela ottenuta sui pezzetti di carbone, inzuppandoli completamente.

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3 Per ottenere chiazze di colore diverso dall’azzurro, aggiungere qualche goccia di colorante rosso o giallo qua e là sui pezzetti di carbone inzuppato. Porre infine la ciotola in un luogo caldo, esponendola al sole.

4 N el giro di una decina di giorni, cresceranno dei magnifici cristalli colorati che ricorderanno i depositi di minerali che si originano presso le fumarole vulcaniche. aniche

Fumarole vulc

Le fumarole vulcaniche sono emanazioni di acqua, vapore e altri gas molto caldi, ricchi di sali disciolti, che fuoriescono da piccole ma profonde fessure presenti generalmente in prossimitĂ dei crateri o dei fianchi di vulcani attivi. 139


Piccoli e dolci cristalli crescono

Materiali • z ucchero • a cqua • c olorante alimentare • u n bastoncino per spiedini • u na molletta da bucato • u n barattolo

Procedimento 1 Portare a ebollizione un pentolino pieno d’acqua. Lasciandolo sul fuoco, aggiungere lo zucchero, un cucchiaio alla volta, mescolare fino a quando ci si accorgerà che la soluzione è satura (lo zucchero non riuscirà più a sciogliersi).

2 A questo punto, spegnere e lasciare raffreddare. L’aggiunta di coloranti renderà il risultato più spettacolare. 140


3 V ersare la soluzione in un barattolo fino a riempirlo quasi completamente. Stringere il bastoncino a una molletta da bucato, e immergerlo al centro nel barattolo, facendo attenzione che rimanga sospeso senza toccare i bordi o il fondo. 4 Coprire il barattolo con un foglio di carta da cucina e sistemarlo in un luogo dove sia facile osservare la crescita del cristallo, avendo cura di non toccarlo o muoverlo. Una volta al giorno, togliere gli eventuali cristalli di zucchero che si formano sulla superficie del liquido zuccherino che potrebbero bloccare il bastoncino.

I cristalli saranno cresciuti attorno al bastoncino in circa una settimana. Senza esagerare, è possibile mangiarli come si fa con un lecca-lecca. 141


Indice Alla ricerca di un vecchio guerriero 5 Orso coraggioso 21 Blanco 28 Approfondimento: Il magma L’energia geotermica Le cause dell’eruzione I fiumi di lava

• • • •

38 39 40 41

La terra trema ancora 42 Approfondimento: I terremoti 48 L’Italia, un territorio geologicamente “giovane” 50 La classificazione sismica 51

• • •

El Viejo 52 Ossidiana e basalto 61 Ana Maria 69 Il ritorno di Quauhtli 79 Approfondimento: Pomice, ossidiana e basalto 90


La furia di Chàntico 92 In grave pericolo 99 Approfondimento: La vera storia del Paricutin 110 Quanti vulcani esistono e dove si trovano? 111

• •

La cattedrale del Señor de los Milagros 112 Approfondimento: Ercolano e Pompei 122 I vulcani nella mitologia 123

• •

Esperimenti scientifici sui vulcani 125


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È davvero la collera della dea Chàntico a far scatenare la furia del vulcano Paricutin, come credevano gli antichi Aztechi, oppure è un nucleo di calore al centro della Terra che spinge le rocce in superficie, come sostiene la scienza moderna? Seguendo le avventure del giovane Bernardo, della sua amica Roxana e del cane Blanco, si scopriranno gli effetti di una devastante eruzione vulcanica e se ne comprenderanno le cause reali.

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Sei curioso? Ti piacerebbe conoscere tutti gli aspetti della natura? Allora non ti resta che leggere, approfondire e sperimentare.

avventuroseDino Ticli

Dino Ticli vive a Lecco. È uno scrittore e un insegnante di scienze che ama condurre i suoi lettori sia tra argomenti scientifici sia tra avventure fantastiche. Ha pubblicato numerosi romanzi e testi di divulgazione per molte case editrici, ricevendo anche premi prestigiosi.

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