1
2
anni! T
ante cose son successe e ne son mancate alcune che si sperava si compissero. Nelle pagine di Incontri ci sono entrambe: i successi e le delusioni, gli eventi di gioia e le celebrazioni meste. C’è la vita vissuta di una comunità in cammino, gli italiani in Venezuela dal dopoguerra, le loro nuove generazioni e il loro lavoro. E qui bisognerebbe aprire uno spazio significativo sul lavoro italiano in Venezuela. Il lavoro umile degli artigiani, il lavoro presiozo delle ditte specializzate, il lavoro dele grandi imprese e i servizi che hanno permetto questa attività. Il Venezuela nell’anno di fondazione 1970 della rivista Incontri vedeva ancora molte gru nelle città venezuelane in crescita e in gran parte è documentio del molto lavoro eseguito e pensato dagli italiani. Molti italiani arrivati in Venezuela negli anni cinquanta avevano già la soddisfazione di aver messo su famiglia con successo, di aver raggiunto obiettivi che in Italia sembravano impossibili quando erano partiti in
nave per il Sud America. La congregazione dei Padri di San Carlo chiamati Scalabriniani dal nome del loro fondatore, Beato Scalabrini vescovo di Piacenza, erano presenti in quegli anni a Caracas, Maracay, Valencia e Barquisimeto. Il padre Sante Cervellin era cappellano degli aviatori italiani che avevano una associazione “Ali Blu”. Alcuni italiani erano già imprenditori volanti, altri, piloti spericolati, usavano l’aereo per le disinfestazioni perché durante la guerra erano stati in aviazione. Ricordo che uno di loro era scappato con l’aereo militare ed era atterrato nel suo orto in Veneto. Gente estrosa e un po’ scavezzacollo che vivevano la natura generosa del Venezuela con altrettanta passione. Il Padre Sante, volando, aveva capito che in un paese grande tre volte l’Italia non si poteva arrivare dappertutto nella diffusione del Regno di Dio. Lui faceva il possibile, volava a Turen, una colonia agricola fondata dagli italiani che erano venuti dalla bonifica pontina, il granaio del Venezuela. Celebrava messa e poi via volando in altre città. Alcune Domeniche issava sul suo Cesna monomotre il quadro della Madonna del Rosario e dal prato di atterraggio dove lo aspettavano gli italiani si avviava in processione verso la chiesuola per la messa domenicale. Prete moderno che già da allora aveva i quaderni di Don Milani sul comodino. Si era chiesto in che altro modo potesse allargare la sfera d’azione pastorale e gli venne in mente di fondare la rivista Incontri. Prima nella veste di un bollettino parrocchiale, fino a una rivista con una bella copertina a colori. Già da allora sceglieva volti degli italiani fra coloro che si davano da fare con senso di comunità, per dirla in breve con la faccia di chi non
3
47
La rivista Incontri festeggia il suo compleanno
guardava solo ai suoi interessi, ma esprimeva qualcosa che fosse di aiuto a chi rimaneva indietro per disgrazie, sfortune o altri ostacoli della vita. Non mancavano naturalmente volti di giovani della nuova generazione che testimoniavano con il loro sguardo, meglio di qualsiasi altro messaggio, la fioritura delle nuove leve nella nuova terra. In quelle pagine si davano informazioni e consigli, qualche panoramica sulla realtà italiana e qualche bella veduta sulle bellezze italiane, costume e tradizioni. La rivista arrivava ovunque in Venezuela e fin dall’inizio si era notato che gli italiani la conservavano come fosse un ricordo di casa propria. Non mancava mai qualche messaggio augurale da parte delle nostre autorità italiane, ambasciatore e console e persino di autorità ve-
4 nezuelane che avevano cominciato ad apprezzarla per il suo impegno di facilitatore delle due culture. Conteneva articoli in italiano, spagnolo e spesso nelle due lingue insieme perché si pubblicavano articoli di persone semplici che non dominavano bene né l’italiano né lo spagnolo, pur esprimendosi benissimo nei loro concetti di saggezza popolare.
La rivista è sopravissuta a tempi difficili e di fatto ne sta vivendo uno particolarmente accidentato. In questi ultimi anni sono apparsi necrologi di testimoni importanti di vita italo venezuelana e purtroppo di amici e collaboratori affezionati. Se ne sono andati in sordina e nelle pagine di Incontri riposa il loro lascito di umanità e generosità. Le 47 copertine conservano volti noti e conosciuti dalla comunità italovenezuelana, alcuni dei quali meritano un ricordo particolare, e tutti un grande applauso per queste pagine di storia del fare italiano e del lavoro responsabile delle famiglie italiane in terra venezuelana. Sono tempi difficili che forse non vedranno celebrazione alcuna se non un caffè in redazione dei collaboratori più stretti. Sentiamo comunque il dovere della memoria per coloro che hanno reso possibile questa bella testimonianza della Rivista Incontri che racchiude i suoi 47 anni in un sentito grazie per tutti coloro che l’hanno resa possibile. Rivista laica che racchiude messaggi cristiani nelle testimonianze di vita buona dei suoi personaggi e che da sempre conta con lo sguardo discreto e saggio di un padre della congregazione scalabrini che ci invia la sua benedizione, anche se non sempre accompagnata da una sua firma. Anche in questa occasione non manca una preghiera insieme all’augurio di pace e serenità per le nuove generazioni. Ricordiamo il Padre Sante che continua la sua opera fra i migranti nella Parrocchia San Pio X a Cordoba in Argentina e sarà lui a inviarci in questo anniversario la sua “bendiciòn” che assume carattere continentale e unisce due paesi, Venezuela e Argentina, che sono cresciuti entrambi con appasionata presenza italiana, presenza che in qualche modo unisce i due popoli nonostante distanze politiche che sembrano incolmabili. Non per noi italo venezuelani e italo argentini che abbiamo la fortuna di avere la speranza nelle nostre radici che possono fiorire ovunque e sempre. Auguri!
5
Sommario Editorial
3
Il Papa in Colombia per la pace e la riconciliazione
8
6
Auguri Padre Miguel
10
Smeraldo Smeraldi
14
Filippo Vagnoni
16
40 anni fa moriva Maria Callas, il mito che diede voce e corpo alla Medea di Pasolini
18
Al compleanno della Ferrari resta fuori solo Montezemolo
22
Immigrazioni e stupri, l’8% della popolazione commette il 38% degli abusi: chiudiamo le frontiere subito
24
Rivista multiculturale di attualitá italiana in Venezuela, iscrita alla Federazione Unitaria Stampa Italiana all´Estero e alla Federazione Stampa Scalabriniana
A.C. Revista Incontri
Pubblicità:
Presidente: Sante Cervellin
Telf.: (0212) 285.5994 / 286.0228 Cel: (0412) 597.5467
Direttore: P. Miguel Pan
Collaboratori:
Redazione: P. Miguel Pan Franco Soressi Impaginazione: BAFFO Segreteria: Anita de Roviello
Cristina Castillo Mariano Palazzo Maribel Abate Urgo Di Martino Giorgio Mazzucchelli Elisa Soressi Barbara Roviello Ghiringhelli Nicola Di Mattia
N° 369 - Settembre - Ottobre 2017
28
La Jolie denuncia il genocidio comunista
30
Passione borse, a ciascuno la sua. Ecco come scegliere
32
Antonio Allegri, detto Correggio
36
350mila pezzi e 750 ore di lavoro, ecco la Ferrari SF70H fatta con i mattoncini Lego
42
“Imbriani non mollare”
44
Acelgas con tocineta y tomate
46
Pollo al curry
48
Churros Caseros
50
7
Ponte Vecchio - Firenze
Rivista multiculturale di attualitá italiana in Venezuela, iscrita alla Federazione Unitaria Stampa Italiana all´Estero e alla Federazione Stampa Scalabriniana
Sede:
Av. El Samán, Quinta RIMAC - PB, Urb. La Floresta, Caracas, Edo. Miranda Telfs.: (0212) 285-5994 / 286-0228 Fax: (0212) 286-4206 Aptdo. 68827 - Caracas 1062-A e-mail: revistaincontri@gmail.com www.revistaincontri.com.ve Depósito Legal pp 76-1373
Il Papa in Colombia per la pace e la riconciliazione Si tratta del 20° viaggio apostolico di papa Francesco che lo porterà dal 6 all’11 settembre in Colombia: ecco le ragioni del suo pellegrinaggio in America Latina
L
a pace, la promozione della vita, la difesa dei diritti umani: sono i temi al centro del viaggio apostolico che papa Francesco farà in Colombia da mercoledì 6 a domenica 10 settembre. Il motto del viaggio apostolico in Colombia è “Facciamo il primo passo”, - come ricorda la Radio Vaticana - sta proprio a indicare il processo di riconciliazione in corso in un Paese sconvolto da oltre 50 anni di guerra tra governo di Bogotà e Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) e giunto, dopo lunghi anni di atroci violenze, negoziazioni, referendum e passaggi al Congresso, alla firma degli accordi di pace. Papa Francesco in Colombia nel segno della pace
8
La Croce della Riconciliazione nel parco dei Fundadores a Villavicencio,
Per Jorge Mario Bergoglio sarà il 20° viaggio apoin Colombia dove arriverà papa Francesco l’8 settembre (Ansa) stolico e la Colombia il 29° Paese visitato come Papa. Si tratta, inoltre, il quinto pellegrinaggio di papa Frandirettore della Sala stampa vaticana, Greg Burke, “ci sarà cesco in America Latina. E la Colombia è il settimo Paese un tema diverso”. Il 7 settembre a Bogotà, filo conduttodell›America Latina da lui visitato da quando è stato elet- re sarà “artigiani di pace, promotori della vita”; il giorno to Pontefice. Nel ricordo di Paolo VI e del suo insegna- successivo a Villavicencio spazio al tema della “riconcimento «Lo sviluppo è il nuovo nome della pace», dal 6 liazione con Dio, all’interno degli stessi colombiani, con all’11 settembre il Papa terrà dodici interventi in lingua la natura”. spagnola, tra cui cinque discorsi, quattro omelie, due saLa giornata di sabato 9 settembre a Medellin sarà luti e un Angelus. ispirata al tema della vita cristiana come discepolato; doPrima di Francesco in Colombia si recarono papa menica 10 a Cartagena, “dove è sepolto Pedro Claver” Montini, nell›agosto del 1968 (andò solo a Bogotà) e si svolgerà all’insegna della dignità della persona e dei papa Wojtyla, nell›86, che visitò 13 località: Bogotà, Chi- diritti umani. “Al suo arrivo nel Paese – ha spiegato Burquinquirà, Tumaco, Cauca, ke –, circa 700mila persone Cali, Chinchinà, Pereira, Melo seguiranno lungo la strada dellin, Armero, Bucaramandall’aeroporto alla nunziatuga, Cartagena e Barranquilla. ra” (15 km) e ad accoglierlo Quattro città saranno, in nunziatura vi sarà anche invece, toccate da papa un gruppo di ragazzi orfani Francesco: la capitale Boe persone bisognose aiutate gotà, Villavicencio, Medeldalla Chiesa”. Alla Messa del lín e Cartagena de Indias. 7 settembre nel parco Bolivar Nel Paese –6 arcidiocesi e 52 attese circa 700mila persone diocesi– Francesco visiterà in e Francesco sarà accolto da quattro giorni altrettante citalcuni giovani Down e persotà. Ogni giorno, ha spiegato il ne con disabilità mentale. Foto d’archivio (Lapresse)
9
Auguri Padre Miguel L
10
a nostra vita è un continuo divenire. Non possiamo fermare il tempo nemmeno per un istante e così cerchiamo di fare tante cose allo stesso tempo. Quando qualcosa non ci riesce bene vorremmo fermarci per farne una bella copia, ma dobbiamo accontentarci e accettare il bello e il brutto come si suol dire. Tuttavia nulla si perde di ciò che facciamo e con la memoria possiamo ripercorrere a tratti il nostro vissuto e fare una sintesi dei nostri periodi di vita spesi per noi e per gli altri. Possiamo rimarcare alcune tappe importanti del nostro cammino e scoprire che nel suo insieme questi percorsi seppur con qualche scivolone, sono degni di memoria e soprattutto ci rende felici il ricordarli perché anche i momenti difficili quando si risolvono sono fonte di grandi soddisfazioni. Ecco perché sono importanti gli anniversari, quelli di compleanno di matrimonio, delle date in cui si comincia lavorare o quelle in cui si sono ottenuti risultati importanti. Per il cristiano la data del battesimo è ricorrenza felice perché ci ricorda la data della nascita spirituale. La gioia di queste ricorrenze è tanta che ci piace estenderla ai nostri amici che raduniamo in festa.
Per un sacerdote missionario vi è una data molto significativa da ricordare e da festeggiare: “E’ l’anniversario della Prima Messa, subito dopo l’ordinazione sacerdotale. Quello è il giorno più importante nella vita di un sacerdote perché in quel giorno si concreta la risposta e la disponibilità alla chiamata del Signore. Si usa celebrare la prima messa nel paese natio accompagnati dai genitori e dai familiari che sono i primi ad essere ringraziati per aver dato un figlio alla Chiesa. In quel giorno tutti capiscono che d’ora in poi la storia di quel sacerdote apparterrà non più alla famiglia e ai compaesani, ma al Regno di Dio. In quel giorno cadono tutte le riserve umane e comincia un cammino di totale fiducia nella provvidenza divina che non è una cosa astratta, ma si rende palese nell’incontro con il prossimo, immagine concreta della misericordia del Signore. Un gregge ascolterà la lieta novella, il Vangelo, da quel sacerdote a cui si affida anche il compito di condurre i fedeli lungo il sentiero della vita spirituale con i sacramenti, ma anche in modo pratico con l’esempio e l’esperienza della vita cristiana. Non si tratta di una guida psicologica o politica o amministrativa. Per quello ci sono altri specialisti. Qui si tratta di un orientamento che nasce da una logica diversa dalla gestione delle cose umane. Qui il bene comune ha il volto del povero, della persona umile e dei fratelli più sfortunati. Il successo è dato più che dall’efficienza del saper fare, dall’attenzione a chi rimane indietro, simile all’affetto materno che si riversa più copioso al figlio meno fortunato. Il lavoro del missionario è proprio quello di avventurarsi nelle situazioni che per il mondo sembrano perditempo. Ma quali soddisfazioni può dare un lavoro così? La stessa soddisfa-
11
12
zione che da il recupero della pecora smarrita. La verifica che azioni che sembrano impossibili all’uomo sono realizzabili con l’aiuto del Signore. E per quello basta un grazie sussurrato da una persona abbandonata da tutti. Ci sarebbero centinaia di episodi che Padre Miguel potrebbe raccontare per dimostrare quello che si prova al vedere un volto di un povero emigrato disperato che ritrova un sorriso e la voglia di continuare. Il missionario opera e accompagna in luoghi anche per lui lontani, in contesti geografici e culture diverse, e quindi si moltiplicano le occasioni per iniziative e slanci che richiedono una temperamento forte e iummaginativo e soprattutto un costante entusiasmo e fiducia nel credo che si professa. Quante volte si arriva a sera un po’ delusi perché si è sempre umani e solo nella preghiera si trova il modo di prender sonno sereni anche in previsione di una giornata difficile. Il contesto che ha visto l’opera missionaria di Padre Miguel è più che interessante. Siamo in Venezuela terra di emigrazione dove una comunità di italiani che ha lasciato il proprio paese nel dopoguerra per necessità quasi tragiche e cerca di rifiorire in altre terre, altro continente, altro paese. Come aveva previsto il fondatore dela sua congregazione, il sacerdote missionario Padre Miguel Pan rappresenta una specie di parroco che si fa emigrante non per necessità, ma per vocazione, per
garantire a una comunità di cristiani dispersa nel mondo, un’assistenza spirituale. Padre Miguel, brasiliano di origine italiana, diventa anche lui migrante per andare a compiere la sua missione in una comunità italiana di emigranti. Non si tratta solo di celebrare i sacramenti e di richiamare i cristiani ai loro doveri. Qui le azioni sono molto più varie e complesse. Si è di fronte a famiglie in cui gli sposi sono spesso di culture diverse, i figli crescono con due culture in contesti diversi dal paesino d’origine, il rapporto con il lavoro e le autorità è spesso complicato. Il missionario, oltre alle funzioni di un buon parroco, deve compiere molteplici mediazioni per aiutare le persone a integrarsi nel nuovo ambiente. Il suo lavoro finirà quando gli emigranti , prima italiani, poi nel caso del Venezuela emigranti della Colombia o del Centro America, riusciranno a inserirsi nella società civile e a inserirsi nelle comunità parrocchiali cittadine. Ma questo succederà con i figli e con i nipoti. E poi questo è il secolo delle migrazioni e quando finisce l’emigrazione per alcune genti ne cominciano altre per popoli in guerra o affamati. Con la caratteristica che la fame e le situazioni sono ogni volta più terribili. Padre Miguel ha raggiunto un traguardo significativo per lui, per la sua Congregazione e per la nostra comunità italo venezuelana che si è stretta attorno a lui per festeggiarlo. Quando si celebrano anniversari di nozze i festeggiati dicono spesso.”Tutto ciò che abbiamo fatto, l’abbiamo fatto per voi” ed è sottinteso che l’esserci riusciti è di peso proprio dal fatto che si faceva tutto per la famiglia e per i figli. Nell’anniversario di una prima Santa Messa, addirittura di cinquant’anni il Padre Miguel avrà pensato lo stesso. Sono riouscito a fare tutto ciò che ho fatto perché il Signore attraverso i miei fedeli mi ha manifestato il suo affetto e la sua miserciordia. Grazie a questi migranti italiani, colombiani o di dove sia, perchè il Signore attraverso le loro sofferenze e le loro gioie mi ha fatto conoscere aspetti della vita che mi hanno reso felice. Così può dire Padre Miguel che si è speso tutto per i giovani e le famiglie a lui affidate e può ringraziare insieme a loro per il dono di 50 anni di sacerdozio missionario. Tanti matrimoni, figli cresciuti in allegria e capaci di affrontare le responsabilità della vita, con un senso profondo che non di solo pane vive l’uomo, ma anche della fede dei loro padri che si rinnova e si ag-
creti verso coloro che nel bisogno ci chiedevano aiuto e persino verso altri che non avevano nemmeno la voce per chiederlo. La gioia di questo anniversario è profonda perché sta a significare che siamo una comunità unita attorno a un esempio di “entrega” come quella di Padre Miguel che ci ha permesso di raggiungere i veri traguardi dell’umanità in cammino, una colonna di persone vive, con l’entusiasmo che viene dal cuore disposte ad andare avanti senza lasciare indietro nessuno, con la fede che rende fattibile l’impossibile. Chi lo ricorda con questa nota non era presente alla celebrazione che mi hanno descritta molto sentita, ma mi immagino il Padre Miguel nel suo sermone che in molti tratti sembra spesso neocatecumenale e che nei gesti simula un abbraccio alla comunità e a quel Cristo crocifisso sulla desta della chiesa, vicino alla cappella del Santo Rosario, che alle sue parole appassionate sembra staccarsi dalla croce.Un grande applauso è salito dalle pendici del’Avila alla grande croce verde della nostra Chiesa di migranti, simbolo perenne della nostra comunità in cammino. Bravo Padre Miguel, grazie Signore per avercelo dato e per conservarcelo in salute per molti anni ancora. Bendiciòn.
13
giorna con frutti copiosi. Tanti sono i motivi di vera gioia personale e collettiva che si sono offerti al Cristo Risorto della chiesa Nostra Signora di Pompei il giorno della celebrazione del 50simo. A quell’incontro si saranno certamente uniti dal cielo coloro che hanno reso possibile il miracolo di una comunità felice che ha trovato una risposta concreta alla loro sfida di emigranti. In quella Santa Messa, nel silenzio sono risuonati i nomi di tanti pionieri e persone generose che hanno scritto 50 anni di storia in terra venezuelana. Tanti ricordi sono conservati solo nell’anima delle persone che si sono radunate intorno a Padre Miguel, ma niente è perduto quando le opere e il lavoro umano hanno il marchio del bene comune e lo spirito della solidarietà. E’ per questo che sentiamo anche un po’ nostro questo anniversario di Prima Messa del Padre Miguel. Abbiamo scritto insieme belle pagine di comunità cristiana e civile e proprio nei momenti difficil siamo riusciti ad esprimere parole di speranza e di fede quando altri si sentivano sconfitti e annientati. Il Padre Miguel a suo modo come noi tutti a nostro modo ci siamo abbracciati per rispondere a una chiamata, non del destino, ma alla misericordia del Signore che ha usato le nostre mani per manifestarsi con atti con-
Smeraldo Smeraldi
E
14
ssere imprenditori era difficile ieri e forse ancor più difficile oggi. Dire che Smeraldi era un buon imprenditore non basta e nemmeno aggiungere buono come quelli di una volta. Smeraldi è stato un pioniere e se ne sono accorti i suoi grandi partner che lo hanno scelto per grandi imprese. Con la sua storia personale coincide con la storia della presenza italiana in Venezuela nel dopoguerra. Sono note le sue realizzazioni, e le sue capacità dirigenziali e il suo nome è come un marchio di qualità che hanno apposto gli italiani all’estero ancor più in un paese come il Venezuela che è stato per anni un enorme cantiere di lavori colossali. L’ombra dell’attuale crisi non deve oscurare il successo di una generazione di italiani che ha modernizzato un paese che rappresenta lo sforzo generoso della nostra comunità nella crescita di un paese generoso verso i nostri
connazionali e che ha riconosciuto i loro meriti da qualsiasi balconata politica compresa l’ultima. l collaboratori della nostra rivista lo visitavano e si intrattenevano con lui per parlare dei tempi andati ma anche dell’attualità che seguiva con interesse. Anche con qualche rammarico, ma sempre con quell’ottimismo che al di là della crisi vedeva un futuro per questa terra di grazia che gli aveva dato tante soddisfazioni. Lo ricordiamo sottolineando che la sua memoria ci stimola a reagire per dare un contributo, ovunque sia possibile, per rendere meno pesante la situazione attuale. Nella sua storia non sarà difficile trovare esempi che ci aiutino a non arrenderci e a trovare uno spioncino di luce che ci faccia intravvedere la fine del tunnel. Grazie per tutto e non solo le tue opere, ma anche il nostro ricordo sia doveroso ricordo della tua memoria.
15
L
Filippo Vagnoni
a scomparsa di Filippo Vagnoni ha rappresentato un momento di tristezza per molti di noi che eravamo suoi amici. Molti hanno percepito il vuoto che ha lasciato ed è stata una consolazione per noi ricordare parte delle belle iniziative che ha creato. Molte le testimonianze di affetto per una persona buona come Filippo che coinvolgeva con l’ umiltà che vestiva sempre la sua profonda cultura. Purtroppo il valore di certe persone si scopre del tutto quando ci lasciano, perchè mentre le abbiamo a fianco rappresentano per noi il buon amico che ci aiuta e ci accompagna e ci fa sentire a proprio agio, anzi ci sentiamo orgogliosi di averli al nostro fianco.
16
La loro presenza è così gradevole che a volte ne sottovalutiamo il valore. Ora però ci rendiamo contro del vuoto che lasci nella nostra comunità e del valore che per essa ha rappresentato in questi anni.
Grazie anche a te la bella gente italiana conserverà nel paese, al di là delle crisi, il rispetto e l’affetto che merita e nel rinnovare la tua memoria canterà una strofa in più dell’inno gioioso che la nostra comunità ha intonato in ogni momento in questa bella terra e nuova patria del Venezuela.
17
40 anni fa moriva Maria Callas, il mito che diede voce e corpo alla Medea di Pasolini La voce divina della lirica si spegneva 40 anni fa. Furono tantissime le donne memorabili portate in scena dalla Callas: ma indimenticabile resta la sua Medea per il film di Pasolini Dagli anni Sessanta ad oggi sono state scritte circa 40
18
biografie della donna, e altrettanto numerosi sono gli studi sulla sua unica ed inimitabile vocalità. Il suo timbro inconfondibile ha dato nuova vita alle donne di Donizetti, Verdi e Puccini, e la straordinaria intensità drammatica del suo canto ha impresso nuova e inimitabile forza a personaggi come Norma e Lucia Ashton tanto da guadagnarle l’appellativo di “divina”. Di lei si diceva che avesse
I
l 16 settembre del 1977 muore Maria Callas. Una mor-
“tre voci”: un’estensione vocale unica, che il 19 gennaio del 1949 decreta il suo primo successo assoluto ne I puritani” di Bellini al Gran Teatro La Fenice di Venezia.
te che ha lasciato, tanto quanto la sua vita, un segno indelebile nella storia della musica, e non solo. In
Tutte le donne di Maria Callas
vent’anni di successi la sua voce divina ha riempito i palcoscenici di tutto il mondo, e la sua popolarità ha oltre-
Da allora, la sua carriera sembra inarrestabile: nel
passato i teatri per finire molto spesso sulle pagine dei
1951 inaugura la stagione lirica della Scala nel ruolo della
rotocalchi dell’epoca: dall’amore tormentato per Onassis
Duchessa Elena ne “I vespri siciliani” di Verdi, continuan-
all’intesa artistica e personale con Pier Paolo Pasolini,
do a dare voce e volto a Costanza ne “Il ratto del ser-
Maria Callas rappresenta ancora oggi, a quarant’anni
raglio” di Mozart, a Lady Macbeth, Gioconda, Leonora,
dalla sua scomparsa, uno dei personaggi più affascinanti
Lucia di Lammermoor e Violetta ne “La Traviata”. In po-
della storia dello spettacolo.
chissimi anni la Callas riporta sul palcoscenico tantissime
19
non l’intensità con la quale la Callas aveva sempre interpretato i suoi ruoli. Medea: l’ultimo vero personaggio della Callas Fu proprio l’anno successivo all’abbandono dell’armatore greco che Maria Callas sceglie di interpretare uno dei personaggi più complessi e sconvolgenti della sua carriera, e questa volta, non sul palcoscenico. in foto: Maria Callas nei panni di Norma.
figure femminili che fino ad allora erano rimaste nell’ombra, a causa dell’inadeguatezza di molte interpreti dell’epoca. Donne forti, profondamente passionali e risolute come, fuori dai teatri, era Maria Callas.
20
Una passionalità che, negli anni, la consuma, ma allo stesso tempo fa toccare alla sua arte vette mai raggiunte. Dopo l’incontro e il successivo abbandono da parte del ricco Aristotele Onassis, nel 1968 la forza e il vigore che la caratterizzano si affievoliscono, ma Maria Callas insieme a Pier Paolo Pasolini.
Nel 1969 Maria interpreta Medea per Pier Paolo Pasolini. Accompagnato dalle numerose voci su una presunta storia d’amore fra lei e il regista, il film traduce in modo sublime il mito di Euripide anche grazie alla sua interpretazione: la sua Medea è una donna lacerata, distrutta dal suo passato e angosciata dal suo presente, ma sempre e in ogni momento poeticamente lirica, proprio com’era stata Maria Callas. La divina Maria Callas interpreta Medea nel film di Pasolini.
di Federica D’Alfonso
21
È stato l›uomo dei grandi trionfi, ma la Rossa lo liquida con un freddo comunicato. Mentre il «nemico» Lauda...
22
S
Al compleanno della Ferrari resta fuori solo Montezemolo
embra un gioco di parole. Non lo è. La Ferrari che a Maranello celebra se stessa lo fa senza due pezzi importanti di se stessa. Li ha persi per via. Il primo, fondamentale, unico, terribilmente meraviglioso, se ne è andato da trent’anni per inevitabili e naturali motivi di età: Enzo Ferrari, il fondatore della casa e creatore del sogno prima che del mito. Il secondo pezzo mancante è invece il resuscitatore del marchio e l’aggiustatore del sogno nonché del mito: Luca di Montezemolo. Quest’ultimo ha lasciato tre anni fa. Doveva e poteva essere un naturale avvicendamento fra capitani di industria, si è rivelato qualcosa di diverso: l’epilogo di un duello con un vincitore, Sergio Marchionne, e uno sconfitto, Montezemolo. Da qui il taglio netto con il passato voluto dalla nuova gestione e ieri una vistosa stonatura: lo sconfitto non era fra gli ospiti della festa pur avendo guidato la Ferrari oltre venti dei settanta anni
per cui la si celebra. Come se la sua presenza potesse far ombra ad altri. «Non c’é perché sono stati invitati solo clienti Ferrari, solo piloti ed ex piloti Ferrari, solo figure istituzionali» è stata la debole spiegazione arrivata da Maranello. Fra questi il numero 1 della Federazione internazionale Jean Todt, ex direttore della gestione sportiva e poi Ad della Ferrari più vincente di sempre, cioè quella di Montezemolo; e Niki Lauda, ex pilota campione del mondo con la Rossa e presidente onorario della Mercedes che dopo il trionfo di Monza una settimana fa aveva spinto il presidente Marchionne a sbottare «dobbiamo togliergli il sorriso dalla faccia a quelli lì». È impossibile parlare dei settant›anni della Rossa nello sport prescindendo dal fondatore ma anche dal resuscitatore scelto personalmente dallo stesso Enzo Ferrari nell›estate del ‹73 «perché sa, sono circondato da ingegneri e avrei bisogno di un consigliere che la vedesse in modo diverso...», gli aveva detto al momento dell›assunzione. Tant›è vero che trascorsi due anni, con Lauda, la Ferrari era tornata campione del mondo dopo un digiuno lungo 11 stagioni. Sommati insieme, quarant›anni alla guida della propria creatura Enzo Ferrari e ventitré come numero uno della Rossa Montezemolo, hanno portato a casa 15 mondiali piloti, 16 titoli costruttori vinti, il tutto ripartito come segue: 9 campionati piloti
è invece uno solo: Michael Schumacher. Cinque mondiali di fila e 72 vittorie regalate a se stesso e alla Rossa. Enzo Ferrari, l’uomo che diede il via al sogno il 12 marzo 1947 uscendo dai cancelli della fabbrica di Maranello al volante della prima Rossa, la 125, e svoltando a destra sulla statale dell’Abetone, morì la mattina del 14 agosto 1988, un anno dopo aver celebrato di persona i 40 anni del marchio chiedendo a Pininfarina, ai suoi tecnici e alla Fiat - ormai dal ‘69 padrona a metà - fantasia, impegno e risorse per creare una macchina all’altezza dell’evento: la F40. Fu festa grande. Tra gli ospiti c’era anche il poco sopportato Juan Manuel Fangio. Nessuna stonatura. Benny Casadei Lucchi
23
Ferrari e 6 Montezemolo, parità otto a otto nei costruttori e 221 successi. 103 sotto il fondatore, 118 con il resuscitatore. Con i 7 di Vettel sotto il successore Marchionne fanno 228. Per cui l›attuale presidente potrebbe anche bruciare le tappe: Ferrari impiegò tre anni per arrivare al primo titolo (1952, Ascari) e un anno e mezzo per la prima vittoria (a Silverstone, nel 1951, con González); Montezemolo attese tre stagioni per il primo successo (Berger, a Hockenheim nel ‹94), ben otto per il primo titolo Costruttori (1999) e nove per quello piloti. Splendidi e mitici i piloti di Ferrari: da González al poco sopportato però sempre ammirato Juan Manuel Fangio, dall’amato Ascari a quelli da cui si sentì tradito, John Surtees in primis e poi lo stesso Lauda, fino agli sfortunati Luigi Musso e Peter Collins le cui morti in sequenza scatenarono contro di lui la chiesa quando, era il 1958, l’Osservatore Romano lo definì «saturno ammodernato che continua a divorare i propri figli». Senza dimenticare Lorenzo Bandini, Gilles Villeneuve, Michele Alboreto e gli ultimi scelti personalmente: Gerhard Berger e Nigel Mansell. Fra i piloti di Montezemolo a entrare nel mito
24
È
Immigrazioni e stupri, l’8% della popolazione commette il 38% degli abusi: chiudiamo le frontiere subito
una di quelle volte in cui Laura Boldrini ha ragione: in Italia si compie uno stupro al giorno, bisogna intervenire. «Non possiamo rimanere a guardare. Il problema è mettere in atto misure e renderle efficaci», dice la presidente della Camera. Serve «un provvedimento che aumenti la protezione e le tutele per le donne e rafforzi le misure di interdizione contro gli uomini violenti» e bisogna vararlo «in questa legislatura», insiste. Giusto: il parlamento cosa fa, dorme? Ecco, il problema sta proprio qui: magari dormisse, il parlamento. Invece sta sveglio e lavora. Su poche cose, beninteso: non sui vitalizi degli ex parlamentari, non per una buona legge sulla legittima difesa. Incalzato dalla Boldrini, in questi ultimi mesi di vita che gli rimangono lavora per introdurre nell’ordinamento la concessione del-
la cittadinanza mediante lo ius soli. E allora qualcosa non torna, perché questa legge renderebbe l’Italia ancora più appetibile per gli immigrati, aumentando il loro numero, e perché trasformerebbe in cittadini italiani individui che sarebbe meglio che non lo diventassero mai, come i due marocchini minorenni arrestati per lo stupro compiuto a Rimini nella notte tra il 25 e il 26 agosto. L’ultimo caso ieri a Fontanella, nel bergamasco. Per macabra coincidenza la notizia è arrivata poco dopo la perorazione della Boldrini: un 27enne richiedente asilo della Sierra Leone ha violentato un’operatrice culturale di 26 anni, dopo averla chiusa in un bagno della struttura in cui era ospitato da mesi. Nelle stesse ore un altro richiedente asilo, in questo caso un pakistano 35enne, pure lui ospite di un centro di accoglienza, è stato arre-
Resta in contatto con la nostra grande e bella famiglia! Rinnova l’Abbonamento a INCONTRI 2017 e presenta la rivista ai tuoi amici Deposita: A.C.REVISTA INCONTRI Banco Exterior cuenta corriente Nº 0115 0023 45 0230155154 RIF: J-30101594-0 Telfs.: (0212) 285.59.94 (0212) 286.02.28 Fax: (0212) 286.42.06
25
e-mail: revistaincontri@gmail.com
26
stato a Pistoia perché ritenuto colpevole di avere molestato una minorenne alla fermata di un autobus, dopo l’uscita da scuola. È partito così il solito teatrino: la Lega è tornata a chiedere la castrazione chimica (Roberto Calderoli quella chirurgica) per gli stupratori recidivi e la sinistra continua ad invocare leggi che proteggano meglio le donne, fermandosi appena vede che di mezzo ci sono gli immigrati. Per calmare un po’ le acque, procura e carabinieri hanno fatto sapere che contro lo stupro di Fontanella sono intervenuti altri due richiedenti asilo, i quali hanno messo in fuga il violentatore, arrestato poco dopo. Onore al me-
rito, ma la morale della storia non cambia: perché i buoni samaritani hanno fatto quello che ogni individuo di coscienza avrebbe dovuto fare e perché, se in quella struttura non ci fossero stati gli immigrati, oggi ci sarebbe una donna stuprata in meno. Farà anche orrore alle anime belle, la contabilità della violenza sessuale, ma qualcosa insegna e far finta che non sia così serve solo a perpetuare l’andazzo. Ogni anno in Italia sono denunciati quattromila casi di stupro, probabilmente una minima parte di quelli perpetrati. Di questi il 38%, cioè circa 1.500, sono commessi da stranieri. Dire che tra gli stupratori ci sono anche tanti italiani è una ovvietà, ma dire che gli italiani stuprano più degli immigrati è un’idiozia, dal momento che questi ultimi rappresentano poco più dell’8% dei residenti in Italia e hanno un’incidenza sui reati sessuali quasi cinque volte superiore. Se la presidente della Camera vuole che questo parlamento faccia qualcosa di rapido ed efficace contro la violenza sessuale, deve come prima cosa smettere di chiedere l’introduzione dello ius soli e come seconda invocare regole più rigide per l’entrata degli immigrati e più facili per la loro espulsione. L’esatto contrario di quello che la Boldrini predica ogni giorno, insomma. Non fare nulla vuol dire mettere in conto un “prezzo” di 1.500 donne stuprate ogni anno (qualcuno crede davvero che le «misure di interdizione» vagheggiate dalla terza carica dello Stato o la legge sulla «educazione sentimentale» chiesta dalle parlamentari bersaniane fermerebbero uno stupratore della Sierra Leone?); approvare lo ius soli significherebbe aumentare questa cifra. Meno immigrati, molti meno reati sessuali: le statistiche hanno una capacità tutta loro di essere p o l i t i c a m e nte scorrette. di Fausto Carioti
27
Ponte Vecchio - Firenz
28
29
ze
Martin Falbisoner
La Jolie denuncia il genocidio comunista di Angelina Jolie con Sreymoch Sareum, Kompheak Phoeung, Socheata Sveng
U 30
na famiglia agiata, Ho appena visto l’altro ieri questo straniere è condannato con benestante, grazie al gran film e lo consiglio vivamente. Una la pena di morte. I ragazzini lavoro del padre, funvengono addestrati e plasmazionario governativo. Quel pellicola cruda che prende lo stomaco ti ai nuovi valori rossi. Malatgiorno, però, il suo mondo e che fa riflettere sulla crudeltà umana. tie, esecuzioni, mancanza di crolla. I Khmer Rossi, seguaci Un plauso alla regista Jolie che mi fa ve- cibo, finiscono per decimare del Partito Comunista camla popolazione. Il padre di nire un dubbio: più brava come regista bogiano, invadono la capitaLoung, come da titolo, viene le, armi in pugno, con i loro che attrice? Infine la fantastica interpre- allontanato dai campi e non carri armati. La gente, non te principale:la bambina (Sareum Srey vi farà più ritorno. I fratelli capendo, li accoglie festanti Moch) che in tutto il film parla poco ma maggiori mandati al fronte e in strada, ma bastano poche la madre, disperata, non può ore per capire il reale obiet- le sue mille espressioni, i suoi sguardi di- far altro che disperdere i suoi tivo. Due milioni di persone cono tutto: semplicemente meravigliosa! figli, nella speranza di salvarli. vengono costrette ad abbanAngelina Jolie, davvero donare la città, con direzione brava come regista, racconcampagna. Tra questi, anche Loung e i suoi familiari, che ta l’atroce genocidio comunista che portò alla morte di si spacciano per operai per non finire giustiziati. quasi due milioni di cambogiani in soli quattro anni. Di E’ l’inizio dell’incubo, anzi del genocidio. La Cambogia solito, i film andrebbero guardati in silenzio (anche se al viene suddivisa in numerosi campi di lavoro, sfiancanti, cinema, la gente pensa di essere nel salotto di casa), ma al fine di riconvertire tutta l’agricoltura alla sola coltura questo vi toglierà il respiro, vi farà partecipare al dolore e del riso. Tutto è vietato. I vestiti devono essere grigi, per al terrore di quella povera gente, vi immergerà in un denon fare differenze. I nuclei lirio ideologico, lasciandovi familiari vengono distrutti, senza parole. Una pellicola secondo il disegno utopico che andrebbe proiettata di un’unica grande famiglia nelle scuole, per dimostrare di compagni comunisti. Chi come le dittature siano tutporta gli occhiali viene uccite ugualmente atroci, indiso perché ritenuto intelletpendentemente dal colore tuale, i monaci sterminati. politico che le scateni. La proprietà privata è reaMaurizio Acerbi to e chi assume medicine
Phnom Penh, 17 aprile 1975. Loung è una bimba cambogiana che vive, in città, con i genitori e i suoi sei fratelli
31
Proporzioni, modelli, colori, i consigli per le fashion addicted
Passione borse, a ciascuno la sua. Ecco come scegliere
32
L
e borse: non c’è donna che non le ami. Sono un accessorio indispensabile del guardaroba, oltre che necessario. La borsa rispecchia il proprio stile, lo definisce, una donna non esce mai senza: è una compagna, una carta d’identità non meno significativa di un vestito e molto di più di qualsiasi altro accessorio che tutte le fashion addicted vogliono avere sempre al proprio seguito, in ogni occasione. Ecco i consigli della consulente di immagine Rossella Migliaccio per ventee-prive su come trovare la borsa perfetta. Del resto la borsa è una cosa seria: va indossata
come un vestito davanti allo specchio, va osservata da tutte le angolature, provata come una scarpa, va immaginata addosso come un’acconciatura. TUTTA QUESTIONE DI PROPORZIONI Se è vero, infatti, che un abito semplice con una bella borsa acquisisce subito una certa allure, non è scontato poter affermare il contrario: nessun abito, per quanto meraviglioso, sarà valorizzato abbastanza senza una bella borsa. Essenziale, per non sbagliare nella scelta di una borsa, è tener presente le proprie caratteristiche fisiche, ragionando come prima cosa con le proporzioni in scala e adattando le misure della borsa alla propria fisicità. Secondo Rossella Migliaccio “una donna alta e giunonica dovrà preferire una borsa ampia, mentre per chi è più minuta meglio optare per i modelli piccoli e compatti”. È inoltre importante prestare attenzione alla propria body shape in modo da valorizzarla ed evitare che la bor-
33
sa metta in evidenza i punti deboli. “Chi ha un seno importante – afferma Rossella – dovrebbe evitare le borse a spalla o sotto il braccio per non aggiungere volume al busto, prediligendo tracolle lunghe che a colpo d’occhio snelliscono la parte alta del corpo. Al contrario chi ha i fianchi larghi dovrà orientarsi verso borse a braccio o spalla, lasciando perdere quelle che si appoggiano sulla parte più robusta della silhouette”. UNA BORSA, MILLE OGNUNO IL SUO!
MODELLI…AD
34
Sempre più per alcune donne la borsa rappresenta uno status symbol ma indubbiamente è per tutte un accessorio fondamentale e che deve essere di qualità per garantire il successo di qualsiasi outfit. Sono in particolare le shopper il modello più acquistato dalle socie vente-privee per la specifica versatilità e l’indiscutibile comodità (42%), seguite dal bauletto (28%), un evergreen che non risente delle mode grazie alla sua praticità e alla possibilità di portarlo sia a mano sia a tracolla, la postina (16%), nella versione piccola e messenger, più comoda e capiente per accompagnare ogni momento della giornata, e il secchiello (14%) proposto da molte maison e divenuto a pieno titolo una vera e propria it bag che ogni donna vorrebbe avere nel proprio armadio. Ma a parere di Rossella Migliaccio è bene tenere sempre ben presente le regole del dress code in fatto di accessori. “La borsa da giorno è medio-grande, pratica e capiente; mentre quella da sera è medio-piccola e spesso realizzata in materiali più preziosi. Per il giorno perciò via libera a shopper, postina, secchiello e bauletto, ma al calar del sole sfoggiamo solo pochette, clutch o busti-
ne, se vogliamo essere chic ma con gusto. Questo vale anche se si è invitati ad una cerimonia o si partecipa ad un’occasione lavorativa particolare: a fare la differenza saranno, infatti, colori e materiali”. ELEGANZA ALLA MANO, MA VIA LIBERA AI CONTRASTI A proposito di colori: è necessario abbinare la borsa alle scarpe, sì o no? Secondo quanto afferma la maggioranza delle e-shopper del sito (67%) la tendenza è quella di mixare gli stili e rendere l’accessorio protagonista dell’intero look… evviva, quindi, il mix & match! A confermarlo anche Rossella Migliaccio: “L’abbinamento maniacale è un po’ desueto e da riservare solo alle occasioni più formali, in
cui il richiamo sarà sia per colore sia per materiale. Per il resto, è possibile giocare con contrasti e combinazioni cromatiche eccentriche, ma sempre con criterio e all’interno di una stessa palette cromatica”. Tra i colori si confermano il nero e il marrone nelle sue varie nuance (scelti dal 60%), ma si fanno strada anche i colori neutri, come grigio e cipria (30%), e le stampe fantasia (10%). “Inutile dire – continua Rossella - che le tinte neutre sono molto versatili e pertanto sono un must have in fatto di borse e accessori in generale”.
35
Antonio Allegri, detto Correggio Correggio, 1489 - 1534
Correggio - “pittore emiliano a cavallo tra il rinascimento e la maniera”
I 36
l nome di Correggio deriva dal paese natale del pittore, un piccolo feudo indipendente nella pianura padana retto dai conti di Correggio, dove l’artista nasce nel 1489 e muore nel 1534. Il suo vero nome è Antonio Allegri (noto anche come Antonius Laetus, traduzione latina del nome di Antonio Allegri secondo l’uso umanistico), durante la sua epoca il feudo è governato da Veronica Gambara (1485 - 1550), amica di molti poeti ed anch’essa poetessa, che fa di Correggio un centro culturale in cui gravitano importanti figure d’artisti. Della vita di Correggio, alias Antonio Allegri, si sa molto poco ed anche relativamente alla sua formazione artistica le notizie con fondamento sono molto scarse. Della vita privata si sa che Correggio si sposa con Girolama Merlini, dalla quale ha 4 figli, tre femmine ed un maschio, di nome Pomponio, che seguirà le orme paterne
senza però eccellere, e che si stabilisce per lavoro, oltre che a Correggio, nelle città di Parma e Mantova. Per quanto rigurda l’ambito artistico la prima formazione di Correggio avviene probabilmente presso alcuni pittori locali e successivamente a Modena presso il pittore Francesco Bianchi Ferrari. Nel 1510 diventa determinante per la sua realizzazione artistica l’ambiente della vicina Mantova dove assimila la lezione di Mantegna, ormai molto anziano ed alla cui morte Correggio si trova, appena diciassettenne, a decorarne la cappella funebre. Da Mantegna Correggio impara, l’amore per l’antichità classica, per il mito e l’illusionismo pittorico, che però Correggio reinterpreta in maniera del tutto diversa, conferendo ad esempio alle figure meno solennità ed esprimendole in modo più dolce. Anche se le prime opere pittoriche di Correggio sono pervase dell’influenza dell’arte di Mantegna, il suo temperamento artistico è più simile a quello di Leonardo da Vinci (14521519), con il quale probabilmente entra in contatto. Dove Mantegna utilizza la linea controllata per definire la forma, Correggio, come Leonardo, predilige il chiaroscuro, o un sottile utilizzo di luce ed ombra per creare morbidezza del contorno e un effetto più suggestivo dato dall’uso dello sfumato e da immagini dai contorni volutamente indefiniti. Dalle sue opere si desume che abbia conosciuto anche la maniera moderna romana con le novità di Raffaello e Michelangelo, attraverso un viaggio a Roma, che però Vasari nega perentoriamente. Nei dipinti da cavalletto di Correg-
37
morte è circolata una diceria in base alla quale il pittore muore dopo un faticosissimo viaggio a piedi da Parma a Correggio, portando un enorme sacco contenente 60 scudi in piccole monete. Nessuna fonte storica conferma la vicenda che rimane quindi nell’ambito della leggenda.
38 gio si vede l’influenza di Giorgione per la sensibilità della natura ed anche di Leonardo per l’espressività. Correggio sa rielaborare le diverse fonti pittoriche dalle quali trae ispirazione per ricavarne uno stile suo, originale e innovativo che gli permette di essere considerato uno dei maggiori pittori italiani del Cinquecento. Nonostante rimanga sempre nell’area circoscritta tra Correggio, Parma e Mantova, lontano dalle grandi capitali dell’arte rinascimentale (Roma, Firenze, Venezia) egli riesce ad avere grande fama e riconoscimento. Correggio muore improvvisamente il 5 marzo 1534 a soli 45 anni. Sulla sua
Resta in contatto con la nostra grande e bella famiglia! Rinnova l’Abbonamento a INCONTRI 2017 e presenta la rivista ai tuoi amici Deposita: A.C.REVISTA INCONTRI Banco Exterior cuenta corriente Nº 0115 0023 45 0230155154 RIF: J-30101594-0 Telfs.: (0212) 285.59.94 (0212) 286.02.28 Fax: (0212) 286.42.06
39
e-mail: revistaincontri@gmail.com
40
41
42
350mila pezzi e 750 ore di lavoro, ecco la Ferrari SF70H fatta con i mattoncini Lego L’azienda, ha voluto rendere omaggio alla monoposto guidata da Sebastian Vettel e Kimi Raikkonen: la vettura pesa circa 567 kg, è realizzata a grandezza naturale e riprende tutti i dettagli della Rossa, dal volante fiino agli adesivi.
L
a SF70H è la macchina che ha permesso alla Ferrari di tornare a giocarsi il campionato del mondo di Formula 1: una vettura entrata già nell’immaginario dei tifosi della Rossa che, nonostante la sconfitta di Monza, che è costata a Sebastian Vettel la testa del mondiale, passata ora in mano a Lewis Hamilton, sperano di ricordarla come la monoposto in grado di riportare il titolo a Maranello dopo 10 anni d’attesa. Proprio il grande interesse suscitato dalla monoposto del Cavallino ha spinto la Lego, azienda famosa in tutto il mondo grazie ai suoi mattoncini, ha deciso di realizzare una vettura in scala reale, una delle repliche della serie “Speed Champions” del marchio. Un lavoro che ha richiesto uno sforzo non indifferente da parte di tutto il team di lavoro che si è dedicato all’impresa: per costruirla, infatti, ci sono volute ben 750 ore, 844 per sviluppare il progetto e quasi 350mila mattoncini – 349.991 per la precisione – per assemblarla. La SF70H ricostruita nei minimi dettagli
Una replica fedele della vettura guidata nel mondiale 2017 da Sebastian Vettel e Kimi Raikkonen che, nella sua versione definitiva, ha richiesto elementi speciali che la fanno arrivare a pesare circa 567 kg mentre le misure sono le stesse della vettura che è scesa in pista nell’ultimo weekend per il Gran Premio d’Italia. La monoposto della scuderia di Maranello è stata ricostruita nei minimi dettagli: dai comandi del volante fino agli adesivi che hanno richiesto uno sforzo supplementare in quanto non è semplice applicarli su superfici così lisce. Una vera e propria opera d’arte quella realizzata dalla Lego che non è nuova ad imprese del genere: già in passato, infatti, l’azienda si trovò a realizzare automobili a grandezza naturale con i propri mattoncini come, ad esempio, la Batmobile per la quale furono necessari ben 344.187 mila pezzi. Stavolta è toccato alla Ferrari e chissà che il binomio non porti fortuna alla Rossa, impegnata nella rincorsa al britannico della Mercedes Lewis Hamilton. Matteo Vana
Resta in contatto con la nostra grande e bella famiglia! Rinnova l’Abbonamento a INCONTRI 2017 e presenta la rivista ai tuoi amici Deposita: A.C.REVISTA INCONTRI Banco Exterior cuenta corriente Nº 0115 0023 45 0230155154 RIF: J-30101594-0
e-mail: revistaincontri@gmail.com
43
Telfs.: (0212) 285.59.94 (0212) 286.02.28 Fax: (0212) 286.42.06
Carmelo Imbriani, pupillo di Boscov e compianto allenatore del Benevento
E
“Imbriani non mollare”
ra il 10 febbraio del 2013, giorno del suo compleanno, quando questo slogan divenne virale sulle t-shirt e sugli striscioni delle
squadre e delle tifoserie di tutto il mondo, unite per sostenerlo al di là della fede calcistica. Carmelo Imbriani, ex attaccante del Napoli,
era stato il pupillo del Mister Boskov che lo aveva etichettato come “il nuovo Inzaghi”. Da meno di un anno era diventato allenatore del Benevento, sua città d’origine, ma proprio in quell’estate, combatteva la sua battaglia più difficile: quella contro un linfoma. Malattia scoperta per caso durante il ritiro
44
precampionato con il Benevento, nell’estate del
aveva vinto e convinto. La tifoseria beneventana non
2012, scambiata inizialmente per una broncopolmonite
l’ha mai dimenticato, inneggiando alla sua persona con
– come aveva raccontato egli stesso durante un’intervi-
striscioni e dediche speciali, e a lui è stato intitolato l’an-
sta – quando la chemioterapia al quale si era sottoposto
tistadio del Benevento.
sembrava dare effetti positivi e in famiglia si attendeva
Non solo: il fratello Gianpaolo sta portando la storia
la nascita del secondogenito, Ferdinando; Carmelo riuscì
di Carmelo in giro per il mondo con l’intento di creare
ancora a vedere il figlio, nato pochi giorni prima della sua
qualcosa di concreto che ne porti il nome, ossia cinque
morte, avvenuta il 13 febbraio, a soli 37 anni.
campi di calcio, uno per ogni continente, per veicolare ai
Una storia, la sua, di un
ragazzi che si avvicinano allo
calciatore gracile e caparbio,
sport i valori e i principi che
leale e perbene che dopo la
hanno guidato la vita e la car-
trafila dalle giovanili aveva
riera del giocatore.
esordito come seconda pun-
Alla vigilia del derby di
ta nel Napoli di Marcello Lip-
domenica 17 settembre allo
pi negli anni novanta.
stadio San Paolo di Napoli in
E’ soprattutto come alle-
tanti si chiedono che partita
natore che Imbriani sarebbe
sarebbe, se l’allenatore fosse
riuscito a ritagliarsi un ruolo
ancora lui.
considerevole: sotto la sua guida, infatti, il Benevento
Silvia Sanmory
45
Acelgas con tocineta y tomate 46
Ingredientes
Preparación
Preparación de las acelgas
Pelamos las cebollas y los dientes de ajo. Lavamos los pimentones y picamos todo en trozos pequeños. Añadimos un buen aceite a la sartén y sofreímos las cebollas, el ajo y los pimentones a fuego lento hasta que se doren. Añadimos la tocineta previamente troceado en tiras. Cocinamos con el resto de ingredientes hasta que cambie de color y suelte todo su sabor. Rectificamos sal y pimienta. Removemos todo con suavidad y por último añadimos los tomates. Dejamos que se cocine durante 10 minutos. Apartamos del fuego y echamos las acelgas ya escurridas. Removemos todo y servimos bien caliente. Ya tenemos un plato perfecto para comer algo de verdura y empezar la semana con energía.
1/2 kg. de acelgas 2 dientes de ajo 4 cucharadas de aceite de oliva virgen extra 150 gr. de tocineta 2 cebollas y 2 tomates maduros Sal y pimienta negra recién molida (al gusto) 1 pimentón rojo
Calentamos en una cazuela grande dos litros de agua. Lavamos las acelgas y troceamos las hojas y las pencas. Cuando empiece a hervir echamos 2 puñados generosos de sal. Seguidamente las añadimos y las dejamos hirviendo durante 15 minutos. Escurrimos las acelgas y reservamos.
Equipo Recetas de Rechupete
47
Pollo al curry Ingredientes 48
4 pechugas medianas de pollo deshuesadas 2 cebollas 200 gr. de arroz Basmati o Thai 40 gr. de merey tostados y pelados 250 ml. de leche de coco. 70 gr. de uvas pasas o sultanas
50 ml. de aceite de oliva virgen suave 1 cucharadita de aceite de sésamo 3 cucharaditas tipo de postre (colmadas) de polvo de curry amarillo Sal, pimienta negra recién molida (al gusto) Hojas frescas de cilantro
Preparación Pelamos las cebollas y las picamos en trozos pequeños. Queremos que se nos deshagan en la cocción. Ponemos una cazuela mediana al fuego con la mitad del aceite de oliva virgen (dos cucharadas). Echamos en la cazuela la cebolla, salamos al gusto para que sude y la dejamos al fuego hasta que la cebolla se ponga traslucida (transparente). Preparamos el pollo retirando el exceso de grasa que pueda venir en las pechugas. Las cortamos en cuadrados medianos (unos 2 centímetros de largo) y salpimentamos al gusto. En una sartén o cazuela grande añadimos el aceite de oliva virgen y de manera opcional un poquito de aceite de sésamo para darle más sabor. Echamos el pollo a la sartén, doramos durante 3-4 minutos hasta que blanqueen los trozos. Echamos el pollo y el agua que ha soltado a la cazuela con la cebolla. Ponemos las uvas pasas en un vaso con agua, calentamos en el micro durante un minuto a temperatura máxima. Sacamos del micro y dejamos que reposen otro minuto más. Escurrimos y reservamos para el siguiente paso.
Añadimos el polvo de curry (no añadas más curry del indicado en la receta hasta que le cojas el punto y lo dejes a tu gusto personal) a la cazuela con la cebolla y mezclamos bien. Si les gusta con un toque picante, es la hora de añadir un poco de ají picante. Añadimos la leche de coco y removemos bien para que se mezclen los sabores y olores. Dejamos a fuego medio-alto para que se reduzca nuestra futura salsa de curry con pollo. A los 5 minutos reducimos la temperatura de la cocción a la mitad. Probamos de sal y si es necesario añadimos un poquito más. Picamos los merey y las echamos a la cazuela con las uvas pasas que previamente hemos hidratado. Juntamos todo con una cuchara de madera. Dejamos que se cocinen a fuego medio-bajo durante unos 12 minutos hasta que reduzca la salsa. Si vemos que reduce demasiado podemos añadir un poquito de agua o leche entera. Cuando veamos que la salsa ha espesado ponemos el fuego al mínimo. Así mantenemos el calor mientras preparamos el arroz basmati que nos refrescará el paladar mientras comemos el curry. Servimos el arroz recién hecho junto al pollo al curry en el mismo plato. Espolvoreamos con el cilantro muy picadito por encima.
49
Churros Caseros Preparación
50
Ingredientes 300 g. harina de trigo todo uso 440 ml. de agua 1 cucharadita de sal (5 gramos) azúcar para espolvorear aceite de oliva suave para freír Papel absorbente de cocina Una churrera manual o una manga pastelera con boca fina
Ponemos la harina en un bol amplio. En una cazuela calentamos el agua con la sal. Cuando empiece a hervir la vertemos directamente y de una sola vez sobre la harina. Con una cuchara de madera integramos la harina con el agua. Nos quedará una masa muy pegajosa y bastante compacta. Si tienen máquina para hacer churros la rellenas con la masa. Como supongo que la mayoría no la tienen emplearemos una manga pastelera con una boquilla en forma de estrella. Las mangas pasteleras pueden ser de plástico desechable. Vamos haciendo las porciones de churros con la masa cruda sobre un paño de cocina. Ponemos al fuego una sartén con abundante aceite. Cuando esté caliente introducimos las porciones de masa para freír. Cocinamos a fuego medio para evitar que los churros se queden crudos por dentro. Una vez fritos retiramos a una bandeja con papel de cocina para absorber el exceso de aceite. Servimos espolvoreados de azúcar.
51
52