Magazine Autunno 2012

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Reader’s Bench

Tutto il mondo dei libri su una panchina

Magazine Autunno 2012

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Reader’s Bench: Cover artist: Danilo Diablo Angeletti Direttore: Clara Raimondi Design Grafico: Francesco Miserendino Vicedirettore: Diego Rosato Caporedattore: Ariberto Terragni

Redazione: Giulia Battaglia Cristina Monteleone Claudia Peduzzi Alberto Petrosino Davide Restelli Chiara Silva Nicoletta Tul Claudio Turetta Floriana Villano Claudio Volpe

Si ringraziano: Irene Alison Filomena Cecere Paola Porcelli Danilo Angeletti Cinzia Volpe www.readers-bench.com readersbench@gmail.com Reader’s Bench Tutto il mondo dei libri su una panchina


Sommario Editoriale......5

Alla scoperta di una scrittice.....64

Danilo Angeletti......6

Intervista a Paola Porcelli.....68 Onorato.....70

Che ci faccio qui?.....10 Man Ray.....14

Fumetteria.....84

Trieste promessa di stupore.....18 Diario di uno scrittore.....22 Una barca nel bosco.....28 Reader’s Kitchen.....32

Leggere la fotografia.....86

Marsiglia hard-boiled.....88 La provenza di Mistral.....90 I sospiri del mio cuore.....94 Le donne e la complessità dell’esistere.....98

Non è cambiato niente.....34 La nuotatrice.....40

Wu Ch’eng-En....102

Una serie fuori dai canoni.....44

Frà Luciano da Napoli....104

Reader’s LifeStyle.....48

L’onestà bugiarda...108

Fantasy News.....50

Little Readers.....112

Tre scrittori per tre magistrati.....54 Irene Alison e la sua Generation....56 Un té per l’autunno.....60

Pasternak poeta in prosa.... Lo Hobbit....118

Lo sbaglio di una notte.....122

Reader’s Club.....124


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Editoriale Le 19.45 di domenica 23 settembre, ultimi controlli al numero autunnale, sono sicura che qualcosa mi sia sfuggito, anzi, sono certa che ci sia più di un errore, disseminato qua e là. Pazienza! D’altronde il compito che ci siamo dati, Tutto il mondo sulla panchina, non é di certo tra i più facili ed è quello che ogni giorno cerchiamo di fare su Reader’s Bench. Un blog letterario, un sito, un magazine, nato per caso, che nel tempo è cresciuto e si è notevolmente arricchito, soprattutto nella veste grafica. Un magazine che in poco più di un mese è stato visualizzato da 40.000 persone, che si vanno ad aggiungere alle 2000 che ogni giorno si accomodano sulla panchina. Un successo che dobbiamo solo a voi che ci leggete, commentate e soprattutto ci ispirate. Il vero motore, nonché fonte immensa di soddisfazioni, siete sempre e solo voi Readers! Ma un ringraziamento, dovuto, va anche a tutti i membri dello Staff più pazzo del mondo che dall’inizio di questa avventura o da qualche mese hanno deciso di affrontare questa avventura che sta prendendo sempre più piede e che presto subirà importanti evoluzioni. Reader’s Bench, proprio qualche giorno fa, ha compiuto i primi due anni di attività e credo che il modo migliore di festeggiare sia proprio quello di dedicare a tutti voi questo numero. Davvero commovente, ma qualcuno di voi si starà chiedendo: che cosa contiene questo numero autunnale di Reader’s Bench? Sono fiera di rispondere e dirvi che all’imterno troverete:recensioni, interviste, racconti, speciali, Reader’s Club, decine di news e suggerimenti per i prossimi acquisti in libreria. Un esclusivo Reader’s Club che parlerà delle vostre passioni: cinema, moda, viaggi e musica. Adesso, più che mai accomodatevi sulla nostra panchina. Clara Raimondi readersbench@gmail.com clararaimondi@readers-bench.com


Danilo Angeletti

Danilo Diablo Angeletti è l’autore della cover del magazine dedicato al fumetto. Grazie al suo tocco magico un ragazza sognante si é accomodata sulla nostra panchina, ha aperto un libro ed intorno a lei si è scatenato un mondo pieno d’immaginazione. Conosciamo meglio l’artista e l’uomo che, tra l’altro, è autore anche di questa copertina.

Come nasce la tua passione per il disegno e quali sono gli artisti, il genere a cui ti ispiri? Fin da bambino e il colpo di fulmine per questo mondo arriva con Goldrake e compagni e da quel momento l’amore per il disegno è sempre aumentato.

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Amo gli illustratori cinematografici di un tempo come R.Casaro ed E.Sciotti con cui ho avuto l’onore ed il piacere di fare brevi tirocini, un po’ come le vecchie botteghe. Ce ne sono molti altri ma sarebbe lunga elencarli tutti, dei miei colleghi moderni apprezzo molto Gabriele Dell’otto e Lucio Parrillo. Ti sei veramente dedicato al disegno a 360 gradi, utilizzando tantissime tecniche. Quali sono quelle che oggi ami utilizzare di più e riescono meglio a tradurre la tua personalità e quali i lavori che ti hanno reso più fiero? Si, ho spaziato e lo faccio ancora tra parchi a tema e giostre itineranti, caschi, moto ed auto, ritratti e tanto altro tra cui sculture di miniature ecc… Delle varie tecniche prediligo senza dubbio l’acrilico perché lo considero il più cattivo (in senso buono) in quanto asciuga velocemente e ti costringe a velocizzare i movimenti e le varie velature, ma ovviamente e molto spesso cerco di giocare e mescolare

più tecniche insieme, una sorta di esperimenti (non tutti vanno a buon fine) anche per non fossilizzare il proprio lavoro. Molti lavori mi hanno reso fiero, ma penso che l’orgoglio più grande è nel vedere un cliente emozionarsi per un tuo ritratto o illustrazione a tal punto di esprimere gioia e malinconia con le lacrime, non c’è niente che valga di più. Disegnatore ma anche insegnante per i corsi al TunuéLab, di Tunué Edizioni. Quale attività preferisci di più e che cosa ti ha dato l’esperienza dell’insegnamento? Disegnare per qualsiasi cliente. Premetto che non ho mai pubblicato nulla e non mi rammarico per questo, implica una velocità di interpretare la richiesta e cercare in alcuni casi di guidare l’osservatore a dire: “bravo è ciò che volevo” e comunque resta un lavoro abbastanza solitario, mentre con l’insegnamento, stranamente, impari con i tuoi alunni, perché ognuno di loro a un suo spaccato di vita,


aspettative ed emozioni e si fida di te fin da subito, nell’attesa di un miglioramento e di poter andar fiero di ciò che DIABLO gli regala nelle giornate dei corsi, è un emozione forte ogni volta e vederli attenti e pieni di passione ti ripaga di tutte le volte che devi ripetere un determinato argomento. Non mi stancherò mai di dirlo, ognuno di noi insegnando…impara.

svolto, 8 e 9 settembre, presso il Palazzo Caetani di Cisterna. Come è andata e soprattutto che cosa dobbiamo aspettarci per la prossima edizione?

Noi tutti siamo molto soddisfatti di questa manifestazione e soprattutto ci siamo divertiti tantissimo, abbiamo avuto un buon riscontro aldilà delle nostre aspettative, e questo ci fan ben sperare per il prossimo futuro. Ci stiamo Nelle tue molteplici attività dobbiamo an- già da subito riattivando per una migliore ornoverare anche quella di essere uno degli ganizzazione e per portare eventi nuovi e a organizzatori del Cisterna Fantasy che si è dare un look ancora più fantasy al Palazzo. Chi vivrà vedrà. Quali saranno i tuoi prossimi impegni e cosa ti auguri per il tuo futuro? Al momento stiamo ripartendo con i ragazzi della Tunué per i nuovi corsi di quest’anno e stiamo cercando di programmare le date per le lezioni di prova (gratuite) e per la presentazione nelle scuole. Sto lavorando a nuove statuine ed altre illustrazioni da portare in fiera a Lucca e progetti di storie in fase di sviluppo. Per il futuro mi auguro di poter vedere qualche mia storia o commissione pubblicata e continuare a fare il mio lavoro con la stessa voglia e curiosità del bambino che iniziò tanti anni fa e ultimo, ma non in quest’ordine, sarei felice se uno dei miei alunni riuscisse a diventare un collega. Dove ti si può trovare nel web. Segnalaci tutti i tuoi recapiti


così che i Readers possano trovarti. WWW.DANILOANGELETTI.IT

Facebook: DaniloDiablodesignAngeletti Sei stato autore della cover per il nostro magazine dedicato al fumetto. Che cosa ti ha ispirato e come è ricaduta la scelta sui tantissimi riferimenti letterari presenti nel disegno? La scelta è stata semplice avendo in casa una moglie lettrice ed alcuni riferimenti sono partiti dalle sue letture ed da quelle che lei mi aveva consigliato, tipo “Il Principe della nebbia” che sembrava perfetto per una storia a fumetti, “Il Gabbiano” è stata una lettura giovanile e così via, ma in finale volevo rappresentare ciò che avviene in tutti i lettori e cioè il loro estraniarsi da ciò che li circonda e in quelle ore sulla panchina-divano-pavimento-terrazza avere completamente un altro mondo intorno e non percepire null’altro…AMOOOOOREEEEEEEE!!! Sei l’autore anche della copertina di questo

numero. Che cosa hai voluto trasmettere e a cosa ti rimanda l’autunno? Spero di poter trasmettere il senso e la gioia di andare anche oltre lo scritto e far capire che ogni romanzo, ogni storia o fumetto, ci riporta un po’ al nostro essere bambini o comunque a quello stato di grazia in cui i nostri eroi, eroine, vivono momenti intensi e soffrono e gioiscono come nella vita reale ma sanno staccarci dalla routine e farci sembrare reale ciò che forse non lo sarà mai. Ma ci tengo a precisare…Forse! E’ il tuo momento, chi vorrresti ringraziare? Se posso vorrei ringraziare intanto voi di Reader’s Bench che da un po’ di tempo mi avete adottato a illustratore speciale, i ragazzi della Tunué che mi hanno regalato la gioia dei corsi e infine, a Dio, per il dono immeritato, a Raffaella, Annalisa, Loredana, Gino, Ilenia e Mariagrazia che ognuno in modo diverso continua a supportarmi e sopportarmi. Un saluto a Nonna Giulia che tra le nuvole ancora ride insieme a me.


Che ci faccio qui?


di Diego Rosato Era una tiepida giornata di primavera. Come sempre fingevo di scrivere articoli per Reader’s Bench, mentre in realtà sonnecchiavo alla scrivania, quando dal messenger la Magna Direttrice Clara mi scrive: - Dobbiamo preparare un breve articolo, max 900 battute su cos’è un blog letterario per KLit: ci pensi tu? In quel momento sono stato abbagliato da un raggio di sole da cui si stagliava un’immagine di me, mentre ricevo il premio per il miglior articolo dell’unverso in ben 120 degli universi possibili e negli altri vincono dei raccomandati, ma il pezzo è meglio. Dovevo scrivere qualcosa di epico! Ho cominciato a buttare giù una breve intro-

duzione e con mio sommo rammarico mi sono reso conto di aver superato le 1200 battute. Così dopo un certosino lavoro di taglia-e-cuci sono riuscito a rispettare la consegna, ma con l’amaro in bocca. No, io quell’articolo lo devo riscrivere e questa volta devo dire tutto: ne va della mia già compremessa salute mentale! Perché? Perché un blog letterario funziona così! Un tempo esistevano i caffè letterari, che consentivano alle persone di riunirsi e discutere di letteratura e più in generale di cultura, ma, diciamo la verità, gli avventori di questi locali erano perlopiù addetti ai lavori e comunque si trattava di gente che aveva il suo tempo da

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perdere. Oggi viviamo un’epoca frenetica, tutti hanno poco tempo per riunirsi e spesso preferiscono trascorrere quel poco tempo da spendere per la vita sociale in modo più leggero. Senza contare la necessità di far coincidere il proprio tempo libero con quello dei compagni di letture. Certo, esistono le riviste, che il lettore può acquistare, scaricare o procurarsi in mille modi per poi fruirne a proprio piacimento, ma non è la stessa cosa: non a caso molti giornali e riviste cartacee (e non parlo solo di terza pagina) si sono spostate sul web, proprio per venire incontro ad un’esigenza forse innata, ma sicuramente esplosa di recente, quella di partecipazione attiva del lettore. Per fortuna è arrivato a salvarci il blog letterario, un caffè letterario asincrono, che ci consente di vivere in comunità la nostra passione di lettori, senza sentirci “legati” ai bisogni altrui. Uno strumento il cui successo permette a chiunque di partecipare attivamente alla vita dei propri libri, influenzandone la storia editoriale e restando comunque liberi: se vi sembra un’esagerazione, pensate al successo de “L’ombra del vento” di Zafon nata dal passaparola dei lettori.

Senza arrivare agli esperimenti di scrittura collettiva, molti lettori sentono il bisogno di commentare, dire la loro, far sapere ai loro amici e magari anche agli autori che quel finale si poteva scrivere meglio, che quell’altra descrizione non è precisissima o che vorrebbero tanto essere come il Capitano Gert Dal Pozzo... sì, come potete vedere ci sono appena cascato in pieno! Perché il blog letterario è così: più che da un’esigenza nasce da un’urgenza. Scusatemi il paragone irriverente, ma a me certe volte “scappa”: leggo un libro e c’è magari anche una piccolissima cosa che proprio devo dire! Il blog letterario dà la possibilità a chiunque di uscire dal suo guscio di lettore isolato ed incontrare una vastissima comunità di suoi consimili con cui interagire, a volte litigare, ma con la certezza che c’è qualcuno che spenderà qualche istante del suo tempo a leggere quello che avete scritto e magari gli farete il regalo di fargli conoscere un libro. Il tutto senza freni, senza inibizioni, senza i diktat spazio-temporali degli incontri dal vivo, grazie all’indipendenza del cyber-spazio. Del resto, chi ha più voglia di indipendenza, di evasione di un lettore?


Man Ray


di Claudio Turetta Sicuramente è uno dei personaggi meno conosciuti della storia, ma il suo apporto alle arti come la fotografia, il cinema e la pittura è stato determinante. Sto parlando di Man Ray, uno dei fotografi più geniali della storia, che ha dato un contributo non indifferente alle arti, trasformando il ritratto da semplice attività documentaristica o celebrativa a vera e propria forma d’arte. Man Ray però non è stato solo fotografo, infatti ha espresso tutto il suo genio attraverso tutte le arti figurative, quindi oltre alla fotografia, la pittura e la cinematografia. Emmanuel Rudnitzky nasce a Filadelfia il 27 agosto del 1890 da genitori ebrei-russi, ma a New York che matura, sia come uomo che come artista. Infatti dopo la scuola superiore inizia a dedicarsi all’arte studiando disegno ed acquarello. Nel 1912 inizia a firmarsi col suo pseudonimo e nasce Man Ray, l’uomo raggio, e due anni dopo acquista la sua prima macchina fotografica per immortalare le sue opere. Nel 1919 assieme al suo grande amico Marcel Duchamp forma il ramo americano del movimento Dada, ma, vedendo che il movimento non riscuote successo, l’anno successivo si trasferisce a Parigi. Nella capitale francese si afferma dapprima

come fotografo, infatti è importante il contributo che dà Man Ray all’arte del ritratto uscendo dal solito schema dei ritratti documentaristi e tramutandoli in forma d’arte. A Parigi è ricercartissimo come ritrattista, e molte personalità si vogliono far fotografare dall’Uomo Raggio, tra i quali James Joyce. La sperimentazione e l’uscire dalle forme convenzionali d’arte è il cuore del pensiero di Man Ray. E sperimentando appunto crea le sue prime “rayografie”, ovvero posiziona oggetti sulla carta sensibile ottenendo effetti suggestivi sulle immagini. A Parigi conosce anche la sua musa e modella preferita, Kiki de Montparnasse, cantante francese. Nel 1924 nasce il surrealismo e Man Ray è il maggiore esponente per quanto riguarda la fotografia. La sua produzione fotografica ed i lavori di ricerca vanno di pari passo con la pubblicazione di sue foto di moda sulla rivista Vogue e nel 1925 assieme ad artitsti come Joan Mirò e Pablo Picasso partecipa alla prima esposizione surrealista alla galleria Pierre di Parigi. Con lo scoppio della seconda guerra mondiale, Man Ray è costretto a tornare negli Stati Uniti, per via delle sue origini ebraiche. Qui si trasferisce a Los Angeles dove insegna fo-

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tografia e pittura in un college e non manca di partecipare con le sue fotografie a mostre come quella alla galleria Julian Levy di New York. A Hollywood inoltre conosce la sua futura moglie Juliet Browner. Negli USA però non viene considerato come meriterebbe in quanto pittore dagli addetti ai lavori, i quali sono ignari dei contributi e delle opere realizzate da Man Ray in Europa. Una volta terminata la guerra fa il suo ritorno a Parigi dove vivrà fino alla fine dei suoi giorni, tornando a volte a Los Angeles, continuando a dedicarsi sia alla fotografia che alla pittura e nel 1975 espone le sue fotografie alla biennale di Venezia nel 1961. Nel 1976 muore a Parigi nella sua casa di Montpassante, poco prima il governo francese

gli aveva assegnato la medaglia all’Ordine per meriti artistici. Come detto Man Ray è stato un’innovatore per la ritrattistica, ma è solo una minima parte dei contributi che ha portato, infatti è stato con Dalì, uno dei maggiori esponenti del surrealismo, sia come pittore che come scultore. Tutto ciò che ha realizzato è stato il frutto di una mente fertile, sempre al lavoro per ciò che amava di più, la fotografia, la pittura e la scultura. Per approfondire Man Ray di Man Ray, prefazione a cura di Merry-A Foresta Editore Actes Sud Sulla fotografia di Man Ray Editore Ascombita


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Trieste, promessa di stupore


di Chiara Silva Alla domanda “Quali città italiane bisogna assolutamente visitare?” Italiani e turisti probabilmente risponderebbero sempre citando Roma, Venezia e Firenze. Ovviamente la risposta non è sbagliata, tuttavia, ci sono tante altre piccole e grandi perle sparse sul nostro territorio che gli stranieri ignorano e che a volte gli stessi Italiani non ricordano. Uno di questi gioielli è proprio Trieste. La casa editrice Lonely planet ha recentemente inserito il capoluogo friulano al primo posto nella lista dei dieci luoghi al mondo ingiustamente meno celebrati (ecco qui la pagine dove si possono trovare le altre nove destinazioni). Trieste è davvero una città imperdibile come suggerisce Lonely planet? La risposta è sicuramente affermativa e solo dopo averla visitata ci si rende davvero conto di quanto Trieste sia una città affascinante. Il mare, come per tante altre città, è il punto di forza di Trieste. Se arrivi in treno, puoi ammirare tutto il golfo e pregustare il panorama che potrai ammirare dall’alto dal colle di San Giusto. Al colle di San Giusto si arriva salendo la Scala dei giganti da Piazza Goldoni e attraversando il Parco della Rimembranza. Qui si trovano la Cattedrale nata nel XIV secolo dalla fusione di due basiliche risalenti al IX e X secolo, il Castello realizzato tra il 1471 e il 1630, i resti del foro romano e il Monumento ai caduti. Per godere ancora una volta della vista di Trieste e del golfo suggerisco anche di non lasciarsi scappare l’occasione di un viaggetto sul tram vecchio stile che parte da Piazza Oberdan e arriva alla frazione di Opicina. La tranvia a trazione elettrica, inaugurata nel

Ascolto consigliato durante la lettura: Luce (tramonti a Nord-Est) di Elisa

1902, collega il centro della città con l’altipiano del Carso e percorre un suggestivo tratto in forte pendenza prima di raggiungere il punto panoramico alla fermata dell’Obelisco. Chi ama i libri e la letteratura, in particolare chi è appassionato di Saba, Svevo e Joyce, potrà ripercorrere i luoghi dove hanno vissuto questi scrittori e dove sono stati ambientati i loro romanzi e le loro poesie. Seguendo gli itinerari proposti, si percorrono vie di Trieste altrimenti tralasciate, con l’occhio vigile di chi sta cercando qualcosa, anche se questo è solo un piccolo cartello che segnala la pasticceria preferita di Joyce. A tutti consiglio di fermarsi alla Libreria antiquaria di via San Nicolò dove Saba lavorò per molti anni, per chiacchierare un po’ con il proprietario, Mario Cerne, che vi racconterà curiosi ed interessanti aneddoti su Saba e su Trieste. Per provare l’emozione di rivivere lo spirito dei caffè storici dove un tempo si incontravano intellettuali, ci si può concedere

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una pausa in grande stile al Caffè Stella Polare di via Dante o al Caffè San Marco di via Battisti. Trieste è famosa per aver sempre ospitato popoli e culture diverse. Questo fatto è testimoniato, ad esempio, dalla presenza di alcuni luoghi di culto non cattolici come la Sinagoga, la Chiesa Serbo-Ortodossa di San Spiridione, la Chiesa Greco-Ortodossa di San Nicolò e la Chiesa di San Silvestro delle comunità riformate elvetica e valdese. Prima di salutare Trieste non può mancare una visita al bianco Castello di Miramare e al suo parco affacciati direttamente

sul mare. Il castello, voluto da Massimiliano d’Asburgo, fu per breve tempo sua dimora e della moglie, Carlotta del Belgio, prima che Massimiliano fosse fucilato in Messico e Carlotta, in seguito all’uccisione del marito, sprofondasse nella follia. Dopo questa breve carrellata dei luoghi d’interesse a Trieste posso però garantire che il regalo più bello che possa fare questa città è il suo tramonto dal Molo Audace, vicino a Piazza dell’Unità, soprattutto se all’orizzonte non ci sono nuvole.

Per organizzare il viaggio consiglio Trieste e Provincia. Il castello di Miramare, il Carso e il litorale, Guide Verdi Italia, Touring Editore, 168 pp., 19,50€. Per scoprire la città da un punto di vista letterario consiglio Senilità di Italo Svevo e le poesie di Saba.

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Diario di uno scrittore


di Alberto Petrosino Eccomi di ritorno. Vi avevo lasciati con le prime avvisaglie di un incendio all’orizzonte… Quindi son di nuovo qua per dare fuoco alla vostra curiosità, o al massimo per farvi leggere qualche altra mia “svarionata” sperando di non annoiarvi troppo. Comunque, per descrivere al meglio come tutto è cominciato, vi lascio alcune pagine tratte da un ampio spazio che potrete trovare al termine del mio primo romanzo, “Oltre il Buio”, nel quale sono descritte accuratamente le tappe che mi hanno condotto dall’incontro con Moony Witcher fino alla collaborazione con la Casini Editore-Art of Life per il progetto “Little Dreamers”. Una sorta di diario che racconta come sono arrivato alla pubblicazione, con tanto di aspettative, speranze e difficoltà incontrate durante il viaggio. Mi faccio un pochino di pubblicità? Sì! Ma in fin dei conti credo che possa rivelarsi interessante per chiunque abbia anche solo immaginato di riuscire a rendere concreto il proprio sogno. Era una mattina grigia: una di quelle mattine in cui il sole sembra una moneta di ferro lontana ed il vento sibila tra gli androni delle case sussurrando brividi di freddo alle membra dei passanti. Una giornata triste, cupa, affrontata lottando contro il tiepido ricordo di un letto accogliente appena abbandonato. Nel cielo veleggiavano nere promesse di tempesta, cariche di pioggia e primordi d’inverno, mentre la danza abbagliante dei lampi illuminava il ventre scuro di nembi rabbiosi. In lontananza, oltre le montagne, si udiva il lugubre ululato dei lupi… Il lugubre ululato dei lupi? Ok, adesso è veramente troppo. Passi il voler romanzare un “incontro” cercando di rendere speciale ogni piccolo particolare che ne ha determinato l’avvento, ma da qui a parlare di lupi e tempeste… La verità è che tutto è cominciato un’anonima mattina di inizio Marzo, a Firenze: nel cielo nessuna strana nube portatrice di sventura baluginava saette, il vento non era mio nemico e gli unici ululati che forse potevo aver udito erano riconducibili ai flebili guaiti del “centenario” cane dei vicini, il quale si sforzava di salire le scale nonostante la veneranda età. Magari, di vero, c’era solo il desiderio di tornare al mio caro amico letto dopo aver fatto le ore piccole la notte precedente…

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Marzo 2011 – 1° Incontro. Una compagna dell’università mi aveva parlato di un fantomatico “corso di scrittura creativa” che si sarebbe tenuto nelle aule della facoltà proprio quel giorno. La cosa sembrava interessante e, nonostante non avessi la minima idea di ciò che mi sarei trovato ad affrontare, decisi che alzarsi presto una volta ogni tanto non mi avrebbe certo fatto male. Ricordo la stanza riecheggiare delle voci sussurrate dei suoi occupanti. Eravamo circa una trentina, seduti uno affianco all’altro nell’attesa che la lezione cominciasse. Non conoscevo quasi nessuno, solo una paio di ragazze ed un ragazzo che seguivano altri esami assieme a me. A quanto avevo capito il “corso di scrittura creativa” prevedeva l’incontro con una famosa scrittrice di romanzi fantasy per bambini, e qualche esercitazione del caso di cui, però, non avevo ancora afferrato il significato. Fatto sta che dopo pochi minuti si presentò al nostro cospetto, accompagnata dal professore che aveva organizzato il tutto, una donna vestita di scuro, dai lunghi capelli neri lisci come seta. Qualche secondo di silenzio, intramezzato da sussurri leggeri e sguardi curiosi nell’attesa che la signora si presentasse. Disse che si chiamava Moony Witcher, pseudonimo di un nome il quale, nel passato, avrebbe richiamato alla memoria tristi articoli di cronaca nera vergati con cruda realtà sulle pagine dei maggiori quotidiani Italiani. Disse che la creatività è un flusso facente parte della nostra anima: un qualcosa di timido e danzante esistente al limitare della nostra percezione, come quelle ombre che, di tanto in tanto, catturano distrattamente l’attenzione facendoci voltare di colpo lo sguardo là dove in realtà non vi è niente. Disse che solo alcune persone riuscivano a trasformare questo “niente” in sogni… Ecco, forse queste non furono le sue esatte parole, ma è un concetto che da quel giorno cominciò a germogliare dentro di me. Proprio come quel minuscolo filo d’erba che la donna aveva preso a esempio per descrivere la capacità di uno scrittore nel creare un romanzo da pochi piccoli elementi… Parlò ancora qualche minuto illustrandoci la sua vita, la sua giovinezza ed il suo mondo. Poi propose un esercizio, per conoscerci attraverso lettere d’inchiostro. Ci chiese di scrivere “Chi eravamo”, invitandoci a raccontare noi stessi in poche righe. Quel piccolo filo d’erba, di cui aveva appena parlato, continuava ad albergare al limitare dei

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miei sensi. Scrissi, senza pensare, senza riflettere, facendo scivolare ricordi, sogni e visioni su quel foglio bianco senza vita. “Mia cara”, mi dissi, “ ci vorranno ben più di sessanta righe per conoscermi…” Quando l’ultima penna stillò il punto finale alle nostre testimonianze la donna ci invitò, a turno, a leggere ad alta voce ciò che avevamo appena prodotto. Qualche mormorio di protesta fece da preludio ad un qualcosa di strano, difficile da comprendere, quasi magico… Ad uno ad uno i miei compagni leggevano la loro vita tradotta in frasi di carta. Si presentavano con un nome, un’età, un passato triste o felice, un presente avvolto in luci ed ombre e un futuro colmo di speranze. Ad alcuni tremava la voce nel ricordare ciò che era stato, altri lasciavano scivolare il tutto come fosse una storia ormai familiare. Al termine di ogni racconto la donna riusciva a vedere tra le righe non scritte di ciò che era stato appena detto. Scavava tra quei ricordi facendo affiorare verità celate o timidi desideri ancora racchiusi nella penna di quanti avevano narrato la propria vita. Un qualcosa di strano, magico per l’appunto. Poi toccò a me. “Verde speranza…” esordii a voce alta, cercando di nascondere l’imbarazzo. “Verde Speranza?” mi fece eco lei interrompendomi, “Cioè, ragazzo, tu ti chiami Verde Speranza?” domandò. Arrossii immediatamente avvertendo gli occhi di tutti fissi su di me, “No” sussurrai, “Mi faccia leggere per favore…” Mi guardò incuriosita, in silenzio, ed io continuai… … “Verde speranza: mentre la scrittrice raccontava la sua storia la mia mente vagava alla ricerca di immagini degne a rappresentarla. La sfida di creare un romanzo prendendo come spunto un unico filo d’erba mi ha mostrato l’illusione di un mondo spettrale. Terra brulla, squassata da terremoti e spazzata da venti radioattivi testimoni di morte. Quella stessa morte che il genere umano ha scatenato nel corso della grande guerra nucleare. Ed ora, mentre i mortali si nascondono in pallide fortezze grigie, cibandosi con pillole di cibo artificiale nella vana speranza di scampare alla furia della natura che essi stessi hanno scatenato, un unico filo d’erba si erge coraggioso a testimonianza di un passato ormai scomparso. Ultima vestigia di ciò che fu prima che l’idiozia dell’uomo cancellasse ogni forma di vita. Im-

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maginare questo piccolo filo d’erba, ed il significato racchiuso nel suo “essere unico”, mi ha fatto pensare ad un titolo per questo ipotetico romanzo, sperando che tale idea resti per sempre nel mio cassetto dei sogni, senza tramutarsi in triste realtà dati i tempi che corrono. “Verde speranza…” …. Scrissi altro nel testo in questione, raccontai di me narrando di un passato e di un presente, come avevano fatto tutti, ma in realtà queste furono le prime parole che usai per presentare “chi ero”. E, forse, furono proprio tali frasi a dar vita al nostro vero incontro. Moony restò zitta alcuni istanti, riflettendo, poi mi disse che avrei dovuto scrivere. Non si addentrò nei meandri della mia vita come aveva fatto con gli altri. Disse solo quella semplice verità e passò ad una nuova persona. Ad un’altra testimonianza. Ad un’altra vita. Ero felice.


Marzo 2011 – 2° Incontro. La seconda lezione del corso prevedeva la lettura ed il commento di alcuni brani, scelti per meditare su come l’osservazione e la riflessione potessero favorire l’associazione di idee in un potenziale scrittore. A seguire sarebbe stata svolta un’altra esercitazione, alla stregua di quella precedente. La mattina mi presentai a lezione già iniziata, sicuramente a causa di una qualche forma di contrattempo insita nella mia natura di ritardatario cronico. Nei giorni che avevano fatto da intramezzo a quel secondo incontro mi ero impegnato ad inviare a Moony alcuni spezzoni tratti da un simil-romanzo che stavo provando a scrivere. Mi aveva risposto per e-mail, assicurandomi che li avrebbe letti e commentati. Ritenevo che ogni più piccola critica, ogni minimo consiglio sarebbero stati un importante punto di crescita. Come ho già detto quel giorno arrivai in ritardo, trovando tutti i ragazzi già seduti ai loro posti, e la scrittrice intenta a dialogare con loro. Quando entrai mi salutò sorridendo, “Ah eccoti qui, pensavo non saresti venuto,” disse, “ascolta, ho letto quello che hai scritto. Mi piace. Davvero! Hai uno stile un pochino barocco. Ritengo che nel tuo modo di descrivere le cose ci sia un qualcosa di raro. Di non comune. Riesci a far visualizzare nella mente del lettore la scena. Ho deciso di inviare queste cose ad un mio editor, per fargliele valutare. Magari ne viene fuori qualcosa…“ Rimasi di sasso, fermo come una statua, immobile davanti a tutti. Ringraziai balbettando, sedendo al mio posto, ancora incredulo per ciò che avevo appena ascoltato. Moony cominciò la propria lezione ma io non sentivo le sue parole. La mente già volava a strani mondi che avrei voluto descrivere. A nuove storie da raccontare. A personaggi non ancora nati, pronti a vivere nelle mie avventure. Il tempo trascorse senza che io potessi accorgermi del suo fluire, fino a quando la donna non ci propose una nuova esercitazione. Questa volta avevamo il compito di stillare una lettera. La prova era rivolta ad esprimere le nostre capacità di espressione caratteriale e sentimentale. La missiva doveva essere indirizzata ad un amico o a un nemico, ad un parente o a un amore. Decisi di scrivere proprio a quest’ultimo, immaginando di essere un cuore infranto, nel tentativo di riconquistare con dolci parole la donna dei miei sogni. La lezione finì prima del previsto, o forse fu la mia passione a far scorrere così velocemente secondi, minuti ed ore. Moony ci lasciò con un “compito per casa”: avremmo dovuto creare una storia prendendo spunto da un incipit fornitoci precedentemente… E qui, cari miei, mi fermo per proseguire al prossimo appuntamento.

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Una barca nel bosco


di Cristina Monteleone Negli ultimi decenni la scuola e l’università in Italia sono state spesso sottoposte a diverse modifiche strutturali dai vari governi che si sono susseguiti, ma non si è riusciti a trovare una soluzione che rendesse solido il sistema scolastico e universitario italiano. Una volta diplomati, è difficile che gli studenti siano professionalmente formati, mentre chi si laurea trova molti ostacoli per inserirsi nel mondo del lavoro. Paola Mastrocola in “Una barca nel bosco” ci racconta perfettamente questa realtà attraverso la storia di Gaspare Torrente, un ragazzo adolescente pieno di talento che vive in una piccola isola del sud d’Italia e che i genitori scelgono di iscrivere ad un liceo di Torino, reputando migliore l’istruzione delle scuole del nord rispetto a quella che riceverebbe nella sua isola.

nel panico e nello sconforto. Chi mai sognerebbe di fare il latinista? Paola Mastrocola ci descrive con ironia le vicende liceali di Gaspare, di come per lui sia impossibile non avere 10 in latino e di come, per integrarsi con i compagni, decida di non studiare più per prendere voti più bassi.

Gaspare sogna di diventare un latinista, trascorre le sue giornate in solitudine a tradurre autori latini, ma a scuola scopre che solo alla fine del primo anno di liceo il professore darà alla sua classe una versione da tradurre e che il resto del tempo lo passeranno a ripassare. Conosce bene anche il francese, Verlaine è il suo autore preferito, e quando si offre volontario per l’interrogazione pensando di parlare delle poesie appena lette la professoressa gli chiede solo “che ore sono?”, gettandolo

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Gli anni del liceo finiscono e Gaspare deve scegliere a quale facoltà iscriversi all’università, pensa per un po’a latino, ma non è veramente convinto, decide allora scienze della comunicazione, che però non lo appaga davvero, fino a quando il professor Batticolla di Giurisprudenza lo ascolta per caso ad una esame e ne riconosce il talento. Gaspare cambia subito facoltà, ormai che qualcuno si è finalmente accorto della sua bravura spera che sia arrivato il suo momento per affermarsi, ma invece la sue aspettative sono deluse di nuovo: Batticolla gli promette un lavoro in uno studio legale, ma purtroppo arriva qualcuno prima di lui a “soffiargli” il posto.

E’ l’amara conclusione di un percorso di “sformazione”, come riportato sulla quarta di copertina, che trasforma radicalmente le aspettative per un futuro di cui Gaspare è portavoce. Sono quindi queste, a mio parere, le reali modifiche da apportare al nostro sistema scolastico ed universitario, che Gaspare ci esprime a modo suo: “ Il fatto è che quando pianti un albero devi pensare a come diventerà: devi vedere il suo futuro, prevederlo. Fargli posto per quando sarà grande. Se no, troppo comodo: tu ti metti attorno tutti gli alberi che vuoi e poi quando ti sono cresciuti che non ti stanno più in casa, cosa ne fai, li butti?” (pag. 222).


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Reader’s Kitchen

di Clara Raimondi

Sonia Peronaci torna in cucina e lo fa Divertendosi! Torna in libreria la donna che è riuscita a fare di una passione, un lavoro. Da prima semplice gourmet, poi cuoca ed infine chef che ha saputo costruire intorno a sé un vero e proprio impero: GialloZafferano. Un sito di cucina numero uno in Italia, una redazione con una decina di collaboratori, uno studio vero e proprio in cui registra video seguitissimi su Youtube e, da due anni a questa parte, anche due libri di cucina di cui Divertiti cucinando è l’ultimo in ordine cronologico. Curato, fotografato dalla redazione e scritto da Sonia in persona, questo libro di cucina è il primo di una serie di manuali che si daranno battaglia da adesso e fino alle prossime festività natalizie. Se è vero che la Parodi uscirà con l’ennesimo best seller e la Clerici arriverà su tutti gli scaffali con Alessandra Spisni (La maestra in cucina, Dalai Editore, 400 pagg, 14.90 euro) e Sergio Barzetti (Decorazioni d’autore, Bibliotheca Culinaria, 64 pagg, 17.50 euro) alla Peronaci tocca un’ardua battaglia che per fortuna ha deciso di combattere con largo anticipo. Divertiti cucinando, 105 ricette, racchiude in sé l’idea di inventarsi un menù completo con quello che troviamo nel frigo. Inventare piatti nuovi e stuzzicanti con quello che abbiamo a disposizione e rendere la solita cena un momento unico e nuovo. Diverse le soluzioni proposte da Sonia per altrettanti eventi: la cenetta a lume di candela, la rimpatriata di amici o il pranzo luculliano. Tutto proposto con semplicità e con un occhio al risparmio con una sezione interamente dedicata al riciclo degli avanzi. Sonia Peronaci strizza l’occhio anche alla tradizione e alle ricetta di famiglia essendo anche figlia d’arte. Un libro completo che potete trovare anche in versione e-book su ITunes Store. Divertiti cucinando di Sonia Peronaci, Mondarodi, 248 pagg, 16.90 euro

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Il giro d’Italia di Jamie Oliver Jamie Oliver torna sul luogo del delitto. Che cosa ne sarebbe della cucina del rossiccio cuoco inglese se non ci fosse stata la gastronomia italiana? Poco o niente, tant’è che delle tradizioni del Mediterraneo ne aveva già parlato in Le mie ricette da Italia, Grecia, Francia, Marocco, Spagna (Tea, 359 pagg, 32.00 euro). Per non parlare del suo ristoranae italiano Jamies’ Italian, in quel di Londra. Ora ci riprova con Il mio giro d’Italia sempre per Tea, ma con prezzo più abbordabile “solo” 25.00 euro.

C’è Tort@ Per Te Buone nuove dal mondo dei Blog e noi di RB non potevamo non parlarvene. Questa volta poi la notizia è particolarmente succosa per diversi motivi: un gruppo di blogger è riuscito a pubblicare le sue ricette e i guadagni della vendita andranno in beneficenza. Ma andiamo per ordine. La Vallè, da anni interessati a campagna di sensibilizzazione per la salute, sponsorizza una manciata di blogger per la creazione di un manuale di cucina. Un libro di ricette nel quale raccogliere il meglio delle loro produzioni: torte di mele, cheese cake, insomma decine di delizie con un’occhio all’apporto calorico e alla qualità degli ingredienti. Ma c’è di più, perché l’intero ricavato sarà devoluto alla Lilt (lega italiano per la lotta contro i tumori). Il libro sarà in uscita il prossimo 9 novembre in piena campagna di sensibilizzazione per a prevenzione del tumore al seno. Il libro sarà acquistabile, al prezzo di 14 euro, in libreria, sui siti di e-commerce e anche su www.lavalledelbenessere.com

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Ariberto Terragni

Non è cambiato niente


Trovava rilassante tornare a casa, dopo una giornata di lavoro, sulle strade vuote e malinconiche di agosto. I finestrini aperti, l’aria leggera che entrava abbondante nell’abitacolo. Era una di quelle giornate in cui la cappa d’afa non pesava, e il solito cielo grigio e compatto della calura aveva assunto dei toni tenui, come in un acquerello. Un anno prima andava ancora tutto bene. I campanelli d’allarme c’erano tutti, ma Giorgio ancora non ci badava troppo. Anche l’estate prima si godeva quella mezzora di macchina che separava casa e ufficio con la musica degli Who e il gomito fuori dal finestrino. Ma ora era tutto diverso. Non c’era più Baba O’Riley in sottofondo, e la sua vita era ormai proiettata in tutt’altra direzione rispetto a dodici mesi prima. Arrivò nei pressi di casa sua, azionò il comando del cancello automatico e parcheggiò in cortile. Il giardino era profumato e in ordine, le piante a posto. Salì al primo piano, suonò il campanello: venne ad aprirgli Michela, sua moglie. Gli sibilò un ciao distratto, stava guardando un quiz preserale alla tv. “Allora, è andato tutto bene?” Disse Michela. “Tutto bene, nei limiti del possibile.” “Ancora con questa storia? Te l’ho già detto che te la devi lasciare alle spalle, quante volte ce lo siamo detti, eh? Basta rimuginare, capito?” “Capito.” Capito sì. Ma per Giorgio era difficile impacchettare quel pezzo del suo passato e fare finta di niente. Stefano era un amico. Dodici anni di lavoro comune, di rischi, di aiuto reciproco. E ora... beh, ora bisognava ricominciare daccapo. Stefano non era stato più lo stesso negli ultimi due anni, almeno. Non gli interessava più il lavoro, aveva cominciato a farsi strane compagnie nei bar che frequentava fino a tardi; una donna sbagliata, poi un’altra, poi un’altra ancora con la quale giurava di aver messo la testa a posto. Una lenta discesa fino ad una mattina d’estate, quando Giorgio aveva provato per l’ennesima volta a mettere le cose in chiaro, dire che così si stava rovinando, che non potevano andare avanti. La risposta brutale di Stefano, la decisione di togliersi dalla società. Michela l’aveva sempre detto, era vero, che Stefano era un buono a nulla e un

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approfittatore, uno che non considerava l’amicizia e che era disposto a dare retta più al primo che passa per la strada che ad un amico di vecchia data. Giorgio si tolse la giacca, la ripose con cura sull’attaccapanni, andò in bagno a lavarsi le mani e sciacquarsi la faccia con l’acqua gelida. Quando tornò in sala da pranzo, Michela gli aveva già preparato uno stuzzichino con salame e parmigiano. “Non mi va che fai quella faccia.” Disse. “E’ che sono un po’ stanco.” “Che ha detto l’avvocato?” “Che è tutto a posto. Stefano rinuncia alla sua metà, e accetta di essere liquidato in due anni.” Lei scrollò la testa: “Vedrai che ti troverai bene da solo. In fondo lui non serviva a niente.” Giorgio provò a pensare. Non aveva tutti i torti. Stefano non era mai stato un gran lavoratore. Non si era mai dato da fare, non aveva mai avuto iniziative: si era sempre aggregato, aveva viaggiato sempre a rimorchio. Michela non aveva tutti i torti, proprio no. Si sedette a tavola. Lei gli appoggiò la mano sulla spalla. “Vedrai che andrà tutto bene, fidati di me: è solo un vantaggio essersi liberati di uno così. Te l’ho sempre detto, no?” Sì, ma eravamo amici, avrebbe voluto dirle per la centesima volta. Erano amici, no? Dopo dodici anni di causa comune si diventa amici per forza, ci si fanno delle confidenze, si dà fiducia all’altro, no? E’ una cosa normale. Ma Stefano in effetti non era mai stato così. Lui era amico di tutti, diceva a ciascuno quello che voleva sentirsi dire, non capivi mai che cosa volesse dire davvero, che cosa pensasse sul serio. Era triste fare della dietrologia. E lo era ancora più del fatto in sé, della noncuranza con cui Stefano aveva accettato di togliersi dalla società, così, di punto in bianco. “Poteva almeno dire di no, dire che...” Pensò Giorgio, ma ad alta voce. “Non gliene fregava niente tesoro, proprio niente.” Michela guardava il quiz. Il presentatore chiedeva ai concorrenti a quanti metri corrispondesse un decametro. La cucina nuova era ancora troppo poco vissuta per potersi dire parte della

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casa, anche se la mobilia era tutta più o meno recente, luccicante, ancora troppo simile ai modelli di un’esposizione. “Ma...” esitò. Deglutì. Si accorse che il colletto della camicia allacciato gli dava fastidio. “Perché non vai a farti una doccia? Sarai stanco, e oggi ha fatto un caldo boia.” “Ma senti, volevo dire un’altra cosa, tu dici che a Stefano non è mai importato niente, ma lui c’era gli anni scorsi, sì, insomma, mi ha dato una mano a far funzionare l’attività, si è dato da fare.” Michela distolse gli occhi dallo schermo. Ruotò gli occhi verso di lui con calma ieratica, e con un’espressione a metà tra la condiscendenza e il rimprovero scandì: “Un film che ti sei fatto tesoro.” “Come?” Adesso non riusciva più a deglutire. “Un film, una tua fantasia. Tu avevi bisogno di credere che lui fosse affidabile, in gamba, eccetera eccetera, ma non lo era allora come non lo è adesso: Stefano è sempre stato una palla al piede, e più tu lo difendevi, più tu lo consideravi un amico, più lui se ne approfittava. Ricordi agli inizi? Lui non faceva che dire di sì a tutto, ma era sempre assente, sempre distante, faceva il minimo, il grosso del lavoro te lo sei sempre smazzato tu, e scusa se adesso un po’ mi incazzo anche, ma devi toglierti dalla testa queste sciocchezze, lo devi proprio fare se vuoi voltare pagina.” A Giorgio girava la testa. La musica degli Who tornò a rombargli nella testa all’improvviso. Fece per alzarsi dalla sedia, ma era sempre lì, con i gomiti incollati al tavolo e uno strano torpore che gli annebbiava le idee. “Forse hai ragione.” Disse lui, con tono convinto. “Togli pure il forse. E’ esattamente come dico io, e lo sai anche tu.” Lo sapeva anche lui. Solo gli dispiaceva ammetterlo. Un’amicizia è una cosa seria, non ne capitano molte nel corso della vita. E poi Giorgio non aveva mai avuto molti amici veri, persone a cui volesse bene come ad un fratello, così la fine di quei lunghi anni aveva per lui il sapore di un lutto. Ecco, sì, un lutto. Gli venne in mente d’un tratto la sequela di scuse e tentennamenti che aveva contraddistinto gli ultimi anni della loro vita comune: non posso ho un impegno,

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non posso sono via, non posso devo andare da mia madre, non posso esco con una che ho conosciuto, non posso devo andare con tizio in un posto. L’avvocato quel pomeriggio si era limitato a celebrare il funerale della loro amicizia. Con i suoi termini burocratici, astratti, con quelle parole contrattuali e prive di significato aveva inumato i loro dodici anni. Una cerimonia sbrigativa e un po’ squallida, come del resto erano stati gli ultimi tempi. Come mai? Giorgio non era in grado di darsi una risposta quella sera. Più provava ad affondare i denti nel problema più la sua mente era attraversata da un’aria gelida. Alla fine riuscì ad alzarsi, ma si trattò di uno sforzo sovrumano: il corpo pesante non collaborava, chiedeva di rimanere lì, sulla sedia ad ascoltare con la più totale disattenzione le battute del quiz. Michela gli lanciò un’occhiata preoccupata: “Sei sicuro di sentirti bene?” Disse. Non voleva che suo marito pagasse ancora per quella situazione: odiava Stefano con tutto il suo cuore. Si era comportato da stronzo, anzi, peggio, da nemico. Con quella sua faccia da ipocrita, i modi melliflui e le bugie a ripetizione che aveva raccontato a destra e a sinistra. “No, sto bene, adesso vado a farmi una bella doccia e non ci penso più.” “Non ci pensi più davvero però.” Giorgio annuì. Michela lesse nei suoi occhi una tristezza antica, il mostro che giaceva in fondo al petto di suo marito e che di tanto in tanto si risvegliava e lanciava grida e colpi d’artiglio. Provò pena per lui, ma si guardò bene dal dirlo. Giorgio se ne andò dalla cucina con la testa leggera e il corpo trascinato a terra da invisibili pesi che gli curvavano la schiena. “Non è cambiato niente” si ripeteva. Non è cambiato niente. Sono cose che succedono. La vita in fondo è questo, è passare da uno stato all’altro. Se ci fermassimo saremmo morti, ecco tutto. Bisogna rinnovarsi. Ma rinnovarsi non è già cambiare? Ed è meglio cambiare o restare se stessi? Sorrise di quei suoi dubbi. L’acqua della doccia scorreva calda e copiosa. Si tolse i vestiti e li scaraventò sulla sedia. La camicia sembrava aver centrato lo schienale, ma scivolò quasi subito a terra. L’acqua era lì, calda e invitante. In qualche modo avrebbe risolto, ne era più che certo.

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La nuotatrice


di Claudia Peduzzi Anche questa estate «olimpica» e’ finita. Molti di noi, come gli atleti, avevano probabilmente riposto nei pochi giorni di ferie tutte le aspettative accumulate in un anno di lavoro. Quanti possono dirsi pienamente soddisfatti? La medaglia d’oro la vince uno solo.... I partecipanti alle Olimpiadi per altro si giocano in 12 giorni ben quattro anni di fatiche, allenamenti, sogni. Durante le gare abbiamo sofferto e sognato con loro, li abbiamo guardati salire sul podio con gli occhi velati da lacrime di commozione. Ma cosa sappiamo realmente di loro? Ho ascoltato con ammirazione la storia di Ruta Meilutyte, nuotatrice lituana classe 1997, medaglia d’oro nei 100 mt rana, mandata a studiare/allenarsi in Inghilterra dall’eta’ di 11 anni. Ma cosa ne sara’ ora di lei? I precedenti non sono tutti rose e fiori. L’ex nuotatrice americana Amanda Beard, 7 medaglie olimpiche di cui le prime vinte a soli 14 anni, ha recentemente pubblicato un libro dal titolo illuminante «In acqua non possono vederti piangere». La Beard rivela che i suoi sorrisi e il fisico da modella (carriera intrapresa dopo aver lasciato il nuoto) nascondevano una realtà fatta di droghe, alcol, anoressia, bulimia ed episodi di automutilazioni. Solo quando e’ riuscita ad ammettere e superare il fatto che «si sentiva obbligata a vincere per non deludere gli altri» si e’ liberata di quel peso psicologico enorme che era stato posato sulle sue spalle di bambina. Ho ritrovato molto della storia personale della Beard nel romanzo di Nicola Keegan «La nuotatrice». Un romanzo che definirei

subacqueo. Nel primo capitolo veniamo immersi nella mente della neonata Philomena e mentre lei «assaggia» l’acqua per la prima volta noi - da quel momento e per tutta la durata del romanzo - nuoteremo tra i suoi pensieri: a volte trasportati dalle onde, altre cercando di cavalcarle, spesso in apnea, talmente coinvolti da dimenticarci di respirare. Non ci sono dialoghi, la scrittura e’ frammentaria, come il fluire dei pensieri, eppure nemmeno


per un attimo si perde il filo della narrazione. Cresciamo con Philomena, soffriamo con lei e quando vince le medaglie d’oro alle Olimpiadi siamo sul podio insieme a lei. Dentro di lei. Non e’ un romanzo sportivo in senso stretto, all’autrice non interessa sottolineare la durezza degli allenamenti e nemmeno esplorare le motivazioni che sottendono gli obiettivi da raggiungere. Il punto nevralgico e’ la personalità di Philomena, una ragazza come tante altre, ma dalla quale possiamo imparare qualche cosa di più. Philomena non nuota per gli altri, ma nemmeno per se stessa. Nuota perché crede sia l’unica cosa che e’ capace di fare ed anche perché tuffandosi può lasciare a bordo piscina, insieme ai vestiti, anche tutti i problemi famigliari. Il nuoto e’ uno sport per solitari, mentre si nuota non si può parlare, non si può ascoltare musica con gli auricolari e, dal momento che non si può smettere di pensare .... Si e’ costretti ad imparare a farlo nel modo giusto, come per la respirazione. Personalmente ho particolarmente apprezzato il pragmatismo americano, che a ragione ritiene che dimostrare un talento sportivo nella vita non e’ sufficiente. Di conseguenza prima che uno sponsor ti danno una borsa di studio e i risultati devono

arrivare in entrambi i campi. La concorrenza e’ spietata, la sfortuna (un infortunio, la distrazione di una delusione d’amore o all’opposto di un innamoramento) e’ dietro l’angolo, quindi e’ bene che ognuno sappia che ci sarà un momento in cui dovrà «passare ad altro». Non e’ una cosa facile da accettare e Philomena combatte questo dictat. Non capisce le sue compagne «che mollano» e nemmeno il fidanzato che LA molla, per trasferirsi a New York, perche’ ormai e’ laureato e la sua carriera di nuotatore e’ da tempo finita. Lei, 12 ori in due olimpiadi, pensa che 28 anni non siano ancora troppi per riuscirci ancora, ma il suo corpo non e’ evidentemente d’accordo e un banale strappo mette fine alla sua carriera agonistica. Senza più la protezione di quel microcosmo subacqueo che le permetteva di fuggire dal mondo reale, Philomena e’ costretta a elaborare il lutto. Compreso quello irrisolto della sorella e del padre. Dopo il rifiuto la rabbia, la depressione giunge in fine la rassegnazione, ma anche la rinascita.«So certe cose. So che siamo nati per stare a galla, che siamo animali ansanti, predatori naturali di aria, che respiriamo allo scoccare del nanosecondo, del microsecondo, all’indietro, in avanti.»


Buon Compleanno Reader’s Bench! Reader’s Bench festeggia i primi due anni di attività con un Concorso

www.readers-bench.com Reader’s Bench http://www.readers-bench.com/ , Tutto il mondo dei libri su una panchina, festeggia i suoi primi due anni di attività con il Concorso: Buon Compleanno Reader’s Bench! Dal 13 settembre fino al 20 ottobre il concorso, in collaborazione con ISBN Edizioni e Miraggi Edizioni, metterà alla prova tutti i lettori che vorranno cimentarsi con un racconto, una poesia, una foto o un video che avrà come tema la panchina. Ogni elaborato dovrà essere inviato a readersbench@gmail.com e saranno i membri dello Staff a giudicare tutti i lavori ad eccezione delle foto che invece saranno sottoposte al giudizio di Andrea Barbati e Bruno Lomasto. I vincitori saranno quattro, uno per ogni categoria.

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Una serie fuori dai canoni


di Giulia Battaglia Sicuramente tutti voi conoscono il proverbio “Mai giudicare un libro dalla copertina”, ma forse non sapevate che vale anche per i manga, in particolare per il manga di cui stiamo per parlare. “Puella Magi Madoka Magica”(Mahō shōjo Madoka Magika) è senza dubbio la serie giapponese del momento, nasce nel 2011 come serie animata, sceneggiata da un quartetto di sceneggiatori giapponesi sotto lo pseudonimo di “Magica Quartet” e visto il grande successo delle 12 puntate animate ne è stata decisa subito la trasposizione a manga, una cosa abbastanza insolita visto che in genere sono i manga ad essere trasposti in animazione e non il contrario. La prima idea che si ha di questa serie guardando le atmosfere rosa e zuccherose della copertina è quella della classica storia di maghette, animaletti fantastici e gingilli magici. Ed è effettivamente così che si presenta all’inizio : Madoka Kaname, una graziosa liceale, è la protagonista di questa storia; una mattina sveglia dopo aver sognato una scena apocalittica, una ragazza con i capelli corvini e un misterioso animaletto bianco. Quella stessa mattina la ragazza misteriosa apparsa in sogno si presenta come nuova allieva nella sua classe, lanciandole un avvertimento “Non diventare mai quella che non sei, o perderai ogni cosa”; Madoka non comprende bene il significato del monito della tenebrosa Homura, ma realizza che la sua vita sta per cambiare quando incontra il buffo e soffice animaletto bianco intravisto in sogno, si tratta del Kyubei, che le

propone di diventare una Ragazza Magica, in cambio lui esaudirà un suo desiderio, qualsiasi esso sia; ma il prezzo di questo desiderio è molto alto, una Ragazza Magica deve usare tutto il suo potere per distruggere delle entità malefiche chiamate Streghe. Questo “contratto” del Kyubei è davvero così vantaggioso? Vale la pena di lottare per vedere uno dei propri desideri esauditi? La lotta alle Streghe è davvero necessaria per l’equilibrio dell’universo? Allora perché la misteriosa Homura continua a dar


la caccia al Kyubei per cercare di eliminarlo e evitare che nascano altre Ragazze Magiche? Sono le premesse di un manga che ben presto si tinge di toni macabri e atmosfere dark, sapientemente rese dal disegnatore emergente Hanokage; diversi personaggi entrano in scena, tutti con una storia tragica da narrare, ognuno è un tassello fondamentale del puzzle, che si ricomporrà soltanto alle battute finali. Dopo la serie in tre volumi del manga sono stati pubblicati due spin off e due volumi contenenti storie illustrate sulla stessa serie disegnati da altri autori. In Italia il manga è pubblicato dalla Planet Manga, che ha acquistato i

diritti anche per i due spin off cartacei della serie “Puella Magi Kazumi Magica - The Innocent Malice” e “Puella Magi Oriko Magica “. Di recente il fenomeno Madoka è divenuto anche un romanzo in due volumi, scritto da Gen Urobuchi, il quale basandosi sulla sceneggiatura originale del Magica Quartet ha narrato gli eventi dal punto di vista di Madoka stessa, aggiungendo informazioni nuove e aneddoti passati della vita della protagonista; il capitolo finale del romanzo viene invece narrato dalla voce della misteriosa Homura, il perché non vi è dato saperlo, almeno finché non ricomporrete tutti i pezzi del puzzle finale.


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Reader’s LifeStyle

di Clara Raimondi

Paola Marella adesso vi arreda casa DISPERATAMENTE

Paola Marella, mediatrice immobiliare, è uno dei volti più noti di ben due programmi di Real Time: Cerco Casa Disperatamente e Vendo Casa Disperatamente. Ora, con il suo libro dedicato all’arredamento, rispolvera il suo tavolo da architetto e cerca di darci le dritte giuste per tutti i lavori di cui necessita la nostra casa. Il manuale, Arredo Casa Disperatamente, rientra perfettamente nell’ottica della nuova manualistica Rizzoli, al solito ben curato, ricco di immagini e compatto, è stato realizzato dal team di Francesca Leoneschi (già ospite della nostra panchina) e racchiude in 245 pagine tantissime nozioni base per chi, come me, si trova a dover ristrutturare la propria casa. Rivestimenti, pavimenti, rubinetterie non avranno più alcun segreto. Un libro che vi aiuterà nella scelta e vi permetterà di non andare completamente sprovveduti nei negozi specializzati. All’interno anche le tendenze arredamento degli ultimi decenni, i capolavori di architetti che hanno fatto la storia del design e soprattutto una serie di soluzioni abitative che la Marella ha curato personalmente o ha “rubato” dai suoi amici architetti. Una sezione prima e dopo e tanti suggerimenti dell’autrice che non si risparmia e realizza un libro completo e soprattutto utile. Unica nota negativa? Il prezzo! Per un manuale 21.50 euro sono davvero tanti. Arredo Casa Disperatamente di Paola Marella, Rizzoli, 245 pagg, 21.50 euro

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Questo libro è un ABAT JOUR Recycling, precycling, sono termini che ormai appartengono al passato. Riciclare o ridurre il numero dei rifiuti non sono niente se paragonati al upcycling che, se permettete, è tutta un’altra storia. L’upcycling è l’arte di ridare nuova vita agli oggetti o, se volete, la capacità di trasformare i rifiuti in qualcosa di utile. Nel libro l’autrice, Elisa Nicoli, vi guaderà passo, passo alla scoperte di nuove tecniche con le quali potrete realizzare con una valigia un armadietto da bagno o arredare, completamente, un intero trilocale. State all’erta, il vostro libro potrebbe diventare un abat jour. Questo libro è un abat jour. Manuale pratico per trasformare le cose. Catalogo ragionato degli oggetti mutanti di Elisa Nicoli, Ponte delle Grazie, 137 pagg, 9.50 euro

L’arte della semplicità

Dominique Loreau, insieme alla sua infinita saggezza zen, in questo libro ci ricorda di ritornare alla semplicità. Del resto il nostro modo di vivere in modo consumistico è fallito, miseramente, e allora per continuare a vivere sereni non ci resta altro che godere delle piccole cose. Gustare il silenzio, svuotare le case da tutto il superfluo e prendersi cura del nostro corpo attraverso un’alimentazione sana e cosmetici naturali. Aummmmm. L’arte della semplicità di Dominique Loreau, Vallardi, 209 pagg, 12.00 euro

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Fantasy News


di Davide Restelli L’autunno 2012 si prepara ad essere una stagione piena di nuove uscite e graditi ritorni nel mondo del fantastico, con tantissimi autori fra i più famosi in arrivo sugli scaffali delle nostre librerie. Per mancanza di reperibilità di tutte le nuove copertine, troverete di alcuni le copertine inglesi, che potrebbero differire da quelle finali italiane

“La Danza dei Draghi” George R.R. Martin Ed Mondadori Ultima parte del quinto romanzo de “Le Cronache del Ghiaccio e del fuoco”. Finalmente anche i fan italiani potranno apprezzare per intero, quello che è stato considerato da molti il miglior romanzo del 2012.

“Heroes” Joe Abercrombie, Ed Gargoyle

Esordio italiano di Joe Abercrombie, con un romanzo autoconclusivo ambientato nell’universo della First Law trilogy. Dicono che Black Dow abbia ucciso più uomini dell’inverno, ed abbia raggiunto il trono del nord scalando una collina di teschi. Il re dell’unione, non era mai stato un confinante geloso, ma ora non può stare a guardare sorridendo, mentre l’altro scala ancora più in alto. Gli ordini sono stati dati, e gli eserciti affiancati nel fango settentrionale. Migliaia di uomini stanno convergendo verso un anello di pietre dimenticato, su una collina senza valore, in una valle poco importante, e hanno portato con loro molto metallo affilato.

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“La Piramide Rossa” Rick Riordan Ed Mondadori Dopo averci portato con le avventure di Percy Jackson nei miti dell’antica Grecia, Rick Riordan ci riprova, con la sua nuova serie, The Kane Chronicles, dove a farla da padroni, sono le divinità egizie. Carter e Sadie Kane sono due fratelli che dal giorno della scomparsa della loro madre vivono separati: Sadle a Londra insieme ai nonni materni e Carter in viaggio per il mondo con il papà archeologo Julius. Ai fratelli Kane sono concessi solo due giorni all’anno da trascorrere insieme, e durante uno di questi Julius decide di portare i figli al British Museum, dove ha in mente di convocare il Dio egiziano della morte Osiride. Nel corso della cerimonia però qualcosa va storto e quatto divinità vengono liberate nel mondo contemporaneo: Horus, Seth, Nefti e Iside. Le divinità risvegliate potrebbero distruggere tutto ciò che conosciamo e solo i due fratelli possono tentare di fermarli... soprattutto perché presto scopriranno di essere gli ultimi due discendenti dei faraoni!

“Il Pianeta dei Venti” George R.R. Martin & Lisa Tuttle, Ed Mondadori

Ritorna sugli scaffali italiani un classico della fantascienza, edito in passato da Nord, e scritto a quattro mani da George R.R. Martin e Lisa Tuttle Il pianeta dei venti” è abitato dai lontani discendenti di astronauti terrestri lì naufragati molti secoli addietro. Abitano le miriadi di isole che costituiscono le terre emerse del pianeta, e solo pochi di loro hanno la possibilità di usare delle specie di ali che permettono loro di planare sulle correnti. Con il tempo si è costituita una classe a sé stante che detiene il potere di volare e le ali stesse. Maris non appartiene alla classe eletta, è un’orfana figlia di pescatori che vive raccogliendo telline sulla spiaggia, ma ha un sogno: diventare una “volatrice” e far sì che la società del pianeta dei venti non sia più classista e maschilista, ma che la possibilità di imparare a usare le ali sia aperta a tutti...

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“I Segreti di Nicholas Flamel l’immortale: Il Traditore” Michael Scott, Ed Mondadori

Quinto libro della fortunatissima serie dedicata ai gemelli Sophie e Josh Newman e all’immortale Nicholas Flamel. Dopo gli avvenimenti de “Il Negromante” i ragazzi hanno diviso le loro strade: Sophie è con Nicholas, Perenelle e il samurai Niten; Josh con John Dee e Virginia Dare. Riusciranno i ragazzi a ricongiungere le loro strade?

“Witch & Wizards: il Nuovo Ordine” James Patterson, Ed Nord John Patterson ci ha abituato negli ultimi anni ad una svolta nella sua carriera. Non più “scrittore”, ma creatore di serie di successo che vengono poi portate su carta da collaboratori. E’ successo prima con la serie Maximum Ride, poi con Daniel X ed ora arriva anche da noi la sua ultima idea: “Witch & Wizards”. Whit e sua sorella Wisty conducono un’esistenza normale, per quanto sia possibile nella società creata dal Nuovo Ordine, un governo totalitario che ha imposto una ferrea censura su tutto: musica, film, libri... Eppure la loro vita viene sconvolta da un avvenimento incredibile anche in un mondo come quello: nel cuore della notte, vengono arrestati con l’accusa di essere due potentissimi maghi...

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Tre scrittori per tre magistrati


di Diego Rosato Avevo letto di questo libro anni fa, quando era pressocché introvabile, poi l’ho “incontrato” a Torino ed ora finalmente l’ho letto. Normalmente non avrei bisogno di raccontare di cosa parla il libro, ma visto l’atteggiamento negazionista e revisionista di alcuni media nostrani, credo che due parole di sinossi sia meglio scriverle.

totale di informazioni che vuole raggiungere la completezza, perlomeno fino allo stato attuale, sull’argomento. In appendice, oltre ad alcuni dati riassuntivi, come l’elenco dei personaggi coinvolti, sono presenti l’indice analitico ed una ricca bibliografia.

Un libro lungo, un po’ difficile da digerire, ma necessario, visto che ancora c’è chi pensa sia Nel febbraio del 1992 un piccolo imprenditore giusto intitolare vie e piazze a Bettino Craxi. denuncia per concussione Mario Chiesa, esponente socialista milanese. Da quella denuncia e dal conseguente arresto nascerà una delle inchieste più note della storia d’Italia, Mani pulite: l’effetto domino, infatti, porterà a scoprire molti intrecci di corruzione nella politica e nell’imprenditoria italiana a tutti i livelli. La storia non terminerà con i processi a corrotti e corruttori, ma sarà intorbidità da dossier contro i magistrati, tentativi di depistaggio e leggi “salvaladri”, fino ad arrivare all’odierno tentativo di “riabilitazione” di ladri e corruttori. In questo libro i tre autori tracciano una ricostruzione meticolosa e minuziosa di tutta l’inchiesta, del contesto in cui nasce, dei prodromi e delle avvisaglie degli anni precedenti e delle conseguenze e gli affetti che ha avuto ed ha ancora oggi. La narrazione non manca della presentazione dei personaggi, dei titoli dei giornali dell’epoca e delle spiegazioni dell’operato dei magistrati in luce delle leggi. Lo stile è asciutto, diretto, talvolta ironico e pungente. Il volume è un fiume di parole, fatti, cifre e ricostruzioni processuali, per una mole

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Irene Alison e la sua Generation

Ho conosciuto Irene Alison lo scorso luglio al Culture Pop Festival durante la presentazione di due nuovi titoli della Postcart: il suo My Generation (192 pagg, 55 foto, 12.50 euro) e Contatti (212 pagg, 12.50 euro) di Gianmaria De Gasperis. Un incontro che ha voluto anche indagare sui nuovi orizzonti del digitale e nella passione, direi dilagante, per la fotografia soprattutto della nostra generazione. E proprio dei giovani autori della nostra fotografia italiana si occupa il suo My Generation, 10 autori e altrettante interviste per scoprire il modo di raccontare la realtà per una generazione di fotografi che oggi, pur vincendo premi internazionali, vivono in una situazione di assoluto precariato. In questa intervista, grazie ad Irene, scopriremo chi sono questi autori che tutto il mondo

ci invidia, come si svolge il loro lavoro e soprattutto come nasce la collaborazione tra fotografo e giornalista nella realizzazione di un reportage. Irene Alison è nata a Napoli, ha lavorato come redattrice per le maggiori testate nazionali e internazionali. Attualmente è direttore del magazine Rearviewmirror, sempre per Postacart, ed oggi si è accomodata sulla nostra panchina, conoscendo la passione per la fotografia di tutti noi Readers. Come nasce l’idea di My Generation? E perché la scelta è ricaduta sull’intervista?L’intento era quello di privilegiare la parola dell’autore piuttosto che l’immagine? Dietro My generation ci sono due tracce: la prima è un articolo che scrissi nel settembre

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del 2010, di ritorno da Visa pour L’Image, celebre festival di fotogiornalismo che ogni anno si tiene a Perpignan, nel sud della Francia. A conclusione di un anno in cui i fotografi italiani erano stati premiati con i più importanti riconoscimenti sull’orizzonte internazionale (dal Word Press Photo of the Year a Pietro Masturzo all’Emerging Photographer Grant a Davide Monteleone) anche un quotidiano come il Sole, abituato a destinare spazi limitati alla fotografia, decideva di celebrare con un pezzo di apertura il successo di questi fotografi, molti dei quali avevano da poco superato i trent’anni. Allo stesso tempo, dietro il libro c’è una tensione più personale, che già da anni mi spingeva a interrogarmi sui modi in cui parlare, da giornalista, della generazione a cui appartengo: quella di un precariato professionale diventato inesorabilmente esistenziale. Che traccia lasceremo? - mi sono chiesta. Saremo tritati via dalla storia? Schiacciati tra il crollo di un sistema economico al tramonto e l’attesa si un futuro che deve ancora arrivare? Poi, guardando chi mi era più vicino, i fotografi, le persone al cui fianco ho lavorato in questi anni di impegno da giornalista, curatrice, direttrice di una rivista di fotografia, mi sono detta: forse qualcuno lascerà una traccia. Forse loro, che hanno fatto del precariato una scelta di vita portata con fierezza e che quotidianamente si sforzano di dare immagine a un modo in mutamento, lasceranno un segno di questo tempo e di questa generazione. Che cosa sia questo segno è ciò che ho voluto indagare con loro, attraverso le mie domande. Chi sono i dieci autori che hai voluto farci conoscere e come vivono questo momento storico in cui si può contare solo su stessi senza appartenere ad alcuna corrente culturale?

Pietro Masturzo, Martina Bacigalupo, Davide Monteleone, Alessandro Cosmelli, Giulio Di Sturco, Massimo Berruti, Simona Ghizzoni, Lorenzo Castore, Alessandro Imbriaco e Sirio Magnabosco sono persone umanamente diversissime e professionisti ciascuno con un proprio, differente, modo di interpretare il ruolo di fotografo. In comune, hanno il fatto avere avviato, partendo da una matrice documentaria, una ricerca sulle forme della rappresentazione, su un’estetica funzionale a dar forma alla spinta narrativa o giornalistica che anima le loro storie: tutti loro stanno costruendo, di progetto in progetto, la propria identità autoriale, tutti hanno molta strada davanti, ma hanno già tutti molte cose da raccontare. Vendita dell’archivio, commissionati, premi, corporate, questa è la vita di un fotografo oggi? E il mercato, la stampa, sono ricettivi ai cambiamenti e alle proposte dei giovani autori? Per oltre mezzo secolo la carta stampata è stata il maggiore interlocutore economico dei fotografi documentari. Oggi che la crisi del mercato editoriale sembra ormai irreversibile (meno


pubblicità, meno soldi, meno pagine nei magazine, meno spazio e meno investimenti dedicati alla fotografia, sempre meno produzioni e sempre più acquisto di immagini di stock), i fotografi devono trovare nuovi mezzi per finanziare i propri progetti e nuovi canali attraverso i quali proporli al pubblico: una risorsa fondamentale, oggi, sono i grant, che coprono le spese per la realizzazione di progetti a lungo termine. Anche piattaforme come Emphas.is, grazie al crowdfunding, danno una chance per trovare finanziamenti per realizzare le proprie idee. Molti sono poi i fotografi di formazione documentaria che tentano il passaggio verso le gallerie, cercando di andare incontro alle richieste di un collezionismo in crescita. Più in generale, ciascun fotografo, oggi, si trova a dover realizzare una complessa sintesi tra più realtà e interlocutori diversi per andare avanti. È un esercizio di equilibrismo, ma è molto stimolante. Sono troppo curiosa di sapere come nasce la collaborazione tra un giornalista ed un fotografo. Come si arriva da un’idea ad un reportage? Per me nasce prima di tutto dall’empatia, da uno sguardo comune sulle cose che mi porta a scegliere il fotografo con cui lavorare sia per la qualità delle sue immagini che per il tipo di sguardo che ha sul mondo. L’idea nasce da uno dei due, e poi ci si confronta sui modi in cui costruirla e, cosa fondamentale, proporla e venderla ai giornali. Il lavoro sul campo, paradossalmente, è la parte più facile, e anche la più divertente. L’affinità di punti di vista permette di lavorare (quasi) sempre in sintonia, e per me la costruzione di un racconto a quattro mani in due lingue diverse - l’immagine e la parola - è la sfida più appassionante del mio lavoro. Mutilazioni femminili, guerre, povertà, eco-

logia sono questi i temi affrontati dai dieci fotoreporter. Quanto credi sia importante il lavoro? Ci sono temi che ti hanno maggiormente colpito? Più che l’argomento dei loro progetti, mi colpisce l’incisività della cifra stilistica che scelgono per raccontare le loro storie, perché per me, in fotografia, la forma è contenuto. Detto questo, mi appassionano profondamente le storie di riscatto femminile di Martina Bacigalupo, così come amo l’universo visionario e oscuro di Lorenzo Castore. Leggendo il libro si scopre che ogni singolo autore è stato influenzato dall’ambiente in cui è cresciuto ma soprattutto dai fotografi, dalle correnti artistiche e dai libri. Che cosa ti ha portato a fare questo lavoro e chi sono


le persone, gli artisti che ti hanno ispirato? Ci sono stati degli incontri - con persone, storie, luoghi - che credo mi abbiano portata fin qui, alla costruzione di un’identità professionale che riflette profondamente la mia identità di persona e di donna. Difficile rintracciare delle ispirazioni, ma credo che i viaggi fatti da bambina con i miei genitori, gli amori avuti nella prima giovinezza, i film della New Hollywood (da Cassavetes a Scorsese), alcuni libri (da Il Mago di Oz di Baum a In culo al mondo di Antonio Lobo Antunes, tanto per arrivare agli estremi della mia libreria…) abbiano nutrito in me una certa attitudine alla scoperta, una certa curiosità romantica e una certa schizofrenia che mi portano a fare quello che faccio.

centinaio di anni, la nostra epoca la identificherebbe come l’epoca delle immagini. Siamo in un periodo di sovraesposizione. In che modo il lavoro di un artista delle immagini può fare la differenza? Grazie all’esercizio del proprio punto di vista. Come i fotografi di My Generation hanno capito bene, con l’enorme mole di letteratura per immagini che si è sedimentata dietro di noi e nella quotidiana sovrapproduzione fotografica che ci assedia, il solo “documentare” non è più sufficiente. La differenza la fa la personalità dello sguardo, l’approfondimento della ricerca, la consapevolezza narrativa e la coerenza tra contenuto e forme del racconto per immagini.

Se uno studioso dovesse connotare, tra un Quali saranno i tuoi prossimi impegni, visto che sei anche direttore di RVM, la rivista fotografica di Postcart? Prima di tutto portare in stampa a fine mese il numero 9 di Rearviewmirror, il cui tema sarà Back to the future?, un’esplorazione sugli intrecci e gli slittamenti tra passato e futuro nell’era della rincorsa a un progresso spesso insostenibile. Poi ci sono molte nuove idee da realizzare insieme ai fotografi, tra cui un progetto a cui sto lavorando insieme a Lorenzo Castore, nato proprio dopo il confronto avuto per My Generation. E poi la scrittura di Futurama, la rubrica di fotografia e nuovi media che curo per La Lettura, il domenicale del Corriere. E ancora, spero, un nuovo libro, alla cui traccia sto pensando proprio in questi giorni… Ogni tuo intervista finisce sempre con una domanda che io voglio girarti e chiederti che giornalista sarai nel prossimo futuro? Spero di restare una giornalista, e una persona, curiosa. Di non annoiarmi. Di saper cambiare spesso pelle. Di continuare a sorprendermi. E di fare cose di cui non credevo di essere capace.


Un té per l’autunno


di Nicoletta Tul La stagione fredda sta facendo capolino dalle tnamita manca della nota affumicata e presenultimi caldi pomeriggi settembrini ed è giunto ta aromi maggiormente maltati. Gli Inglesi lo il omento di preparare la nostra dispensa per amano con un goccio di panna ma io trovo che la nuova stagione con dei sia assolutamente perfetto tè adatti a riscaldarci e riin purezza accompagnato temprarci in ogni momenda un cake agli agrumi e to della giornata. semi di papavero. Per questo ho deciso di Io lo abbino ad un classiprepararvi un piccolo co della Sinologia, un mito menù autunnale accomper tutti gli amanti dell’Opagnato da ottime letture, riente, Marcel Granet di cui ustatevelo! vi consiglio un suo piccolo libro molto utile se volete Per partire bene al mattino fare chiarezza sui concetti la classica scelta degli Indi Taoismo, Buddhismo e glesi in epoca Vittoriana, Confucianesimo: La reliun KEEMUN o QIMEN, gione dei cinesi, Marcel un tè rosso cinese prodotto Granet, Piccola Biblioteca nella regione di Anhui. E’ Adelphi, 192 p., 12 euro un tè relativamente giovane, ha solo 200 anni e nacA metà mattinata un alque grazie all’iniziativa di tro grande classico fra i tè un Mandarino che decise neri, un Darjeeling First di far produrre tè rossi (osflush dalle alte piantagiosia neri, come li chiamiani di Seeyok, dove l’aria mo in Occidente) alla madiventa frizzante e si inniera del Fujien nella sua travedono le punte della regione natale, l’Anhui appunto. catena Himalayana. Il first flush è il primo Lo trovate in tutta Italia, ma è difficile trovarne raccolto, quello più pregiato e meno ossidato, uno veramente buono, come fare a riconoscer- decisamente vegetale dai sentori erbacei e di lo e sceglierlo? Facile, deve avere un aspetto uva moscata e mandorla amara, ve lo consiglio lucido e no opaco o ossidato, con foglie me- solo per il periodo autunnale mentre per l’indiamente spezzate e leggermente rossastre. verno preferisco optare per un raccolto estivo Al profumo un Keemun cinese si riconosce o autunnale. perché è leggermente affumicato e ricorda il Abbinatelo ad un altro grande classico da legtabacco ed il cacao mentre la sua versione vie- gere e rileggere, Rabindranath Tagore e la sua

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delicata raccolta di racconti e poesie, Lipika, dello Yunnan con germogli dorati e lanuginosi SE Edizioni, 88 p., 11 euro profumato al frutto del lichee, si tratta di foglie grandi spesso arrotolate ma anche sciolte A pranzo scegliete un oolong a bassa ossida- e aromatizzate con le bucce e la polpa dei frutzione dalle alture di Taiwan come un Dong ti che vengono poi tolti setacciando le foglie. Ding o un Ali Shan, dai profumi di orchidea Nello Yunnan si producono ottimi tè rossi dal selvaggia, vaniglia verde e fiori bianchi che sapore maltato, pepato e di cacao che accarezben si abbinano a molti pasti e sono ottimi per zano il palato in modo assolutamente sublime. digerire. Finite con le ultime pesche bianche Rimaniamo in Cina e cerchiamo di capire la della stagione che vengono sempre abbinate a vita delle mogli-concubine nella Cina pre-riquesti tè a Taiwan. Per sognare paradisi lonta- voluzionaria con un libro culto di un grande ni che però spesso celano storie decisamente scrittore Su Tong che ha fatto da spunto per un poco felici, ecco a voi un piccolo ma delizioso bellissimo film, Lanterne Rosse di Zhang Yilibro, due racconti mou: Mogli e concubine, Su Tong, Casa editriambientati nelle isole dell’Oceania: Nei mari ce Theoria, 94 p. del Sud, di William Somerset Maugham, Passigli editore, 106 p., 5.16 euro Prima di cena non potete farvi mancare il tè della sera, che in questo caso potete bere Per il tè del pomeriggio vi consiglio un tè rosso pure dopo cena perché il Bancha è un tè verde


giapponese dal bassissimo contenuto di caffeina. Sceglietelo fresco e conservatelo in frigorifero lontano da odori, per preservare al massimo la delicatezza delle foglie e tenetelo in infusione per al massimo due minuti scegliendo acqua a 80°C. Le poesie della buona notte per eccellenza sono quelle di Derek Walcott in Mappa del Nuovo Mondo, Adeplhi, 165 p., 12 euro, che racconta la sua magica isola di S. Lucia e dei suoi Caraibi dove “il sole stanco dell’Impero tramonta”. E vi lascio con un piccolo preludio alla grande arte di Walcott...

Regione della Cina dove cresce il Keemun

“Io, con le gambe incrociate alla luce del giorno, guardo I pugni variegati di nuvole che si raccolgono, sopra Gli sgraziati lineamenti di questa mia isola prona”


Alla scoperta di una scritt Filomena Cecere

foto di Cinzia Volpe Una donna impegnatissima, scrittrice, curatrice di collane, inviata e oggi con una grande sfida davanti, un’associazione culturale, Chimera, nata più di un anno fa. Che cos’é Chimera e di cosa si occupa? Innanzi tutto grazie per l’invito, è sempre un piacere per me incontrare voi di Reader’s

Bench. Chimera nasce grazie a un desiderio, quello di proporre, promuovere e divulgare l’arte e la cultura in tutte le sue forme ed espressioni. Coltivavo da anni quel sogno e solo quando ho sentito che i tempi erano maturi ho proposto l’idea a mia sorella Sara Cecere, pittrice e po-

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etessa e a Cinzia Volpe, fotografa e scrittrice. Si è aggiunta da subito anche Ludovica De Santis, creativa di talento, dando vita alla sezione giovani. Chimera emette il suo primo “vagito” il 4 agosto 2011, come movimento artistico, con un evento-contenitore che racchiudeva presentazioni, reading letterari, conferenza a tema, performance teatrale, mostra collettiva di pittura e fotografia. A gennaio 2012 Chimera da movimento diviene associazione culturale e da quel giorno è stato un susseguirsi di eventi come quello dedicato al body painting, la rassegna mensile Giovedì d’autore, presentazioni di libri presso la libreria La Feltrinelli di Latina con ospiti come Francesco Falconi, Paolo Sortino e tanti altri, il Vernissaund di Paolo Di Orazio ovvero il viaggio alla ricerca delle opere pittoriche dell’artista esposte in tre diversi locali e conclusosi con un concerto dello stesso Di Orazio, il vernissage fotografico di Eleonora Mambrini a La scala rossa de La Feltrinelli di Latina, quello pittorico di Gabriele Casale alla galleria d’arte Spazio Comel e ancora eventi-contenitori con face painting, danza del ventre e tanto altro.

trice:

Presentazioni, concorsi, eventi ma anche una nuova iniziativa per i giovani scrittori: Flash Mob Writers. In che cosa consiste e soprattutto come riuscirà a legare Torino e Latina, in una sorta di ponte invisibile? Sabato 22 settembre si svolgerà il primo Flash Mob Writers ideato e realizzato dall’associa-

zione culturale Chimera. Scrittori noti, emergenti, ma anche esordienti o semplicemente appassionati, si metteranno alla prova incontrandosi all’Hotel Miramare di Latina lido alle ore 16.00 muniti di pc, per creare racconti che inizieranno con una frase specifica, svelata solo all’inizio dell’evento.

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In concomitanza con il Flash Mob Writers di Latina un altro gruppo si incontrerà alla medesima ora ma a chilometri di distanza, precisamente alla libreria Lupo rosso di Torino della nota scrittrice Paola Boni e di Valentina Di Martino. Attraverso la rete e grazie alla collaborazione con la Boni e la Di Martino, riusciremo a creare una sinergia lunga quattro ore in cui gli scrittori potranno creare e confrontarsi con se stessi e con gli altri colleghi. Ma chi scrive ambisce a essere letto. Scrivere per poi pubblicare, questa è la forte e intrigante motivazione per la quale nasce il primo Flash Mob Writers, ecco perché da questa esperienza nascerà un’antologia che raccoglierà le opere di tutti i partecipanti, edita da Chimera Edizioni in formato eBook e venduta sui principali

eBook Store. Per chiudere la serata seguirà una cena letteraria allietata con il reading dei racconti prodotti. Lo scorso giugno Chimera è stata protagonista anche di un evento che ha fatto parlare di sé: Imaginarium Latina Fest. Di cosa si tratta? Imaginarium Latina Fest è la kermesse pontina del fantastico ideata e organizzata da Chimera. La prima edizione si è svolta il 2 e il 3 giugno presso i locali del Museo della Terra pontina, con il patrocinio della Presidenza del Consiglio Provinciale di Latina, del Comune di Latina Assessorato al Turismo e del Consiglio Comunale dei Giovani. Obiettivo del Festival era quello di colmare la


mancanza sul territorio della provincia di Latina di un evento culturale dedicato al fantastico con lo scopo di diventare un grande punto di riferimento del centro sud per gli appassionati del genere, facendone conoscere i molteplici aspetti: dalla letteratura all’illustrazione, dal fumetto ai giochi di ruolo e da tavolo, dai film alle serie tv. Erano presenti autori di fama nazionale, noti illustratori, miniaturisti e collezionisti. Con noi anche l’associazione In cerca di avventura che ha animato i giochi. La seconda edizione si svolgerà l’8 e 9 giugno 2013 e sarà più ricca ed entusiasmante, con tante sorprese e novità. Ma non è tutto. Sappiamo che sarai impegnata anche nei prossimi giorni con Giallolatino e che sei una dei finalisti dei concorsi legati all’evento. Dacci un’anteprima! Dal 27 al 30 settembre Latina ospiterà Giallolatino, l’evento sul giallo, mystery e noir giunto alla sesta edizione. Nasce come concorso di narrativa ma negli anni si sono aggiunti altri interessantissimi premi, come il concorso fotografico Visioni in giallo, il premio di poesia Nero&giallolatino, quello narrativo Gialloatino Giovani e infine il concorso legato a Segretissimo della Mondadori. Come ormai Reder’s Bench ben sa è la scrittura il mio campo, ma quest’anno ho deciso di sperimentare altre forme narrative ed ecco che la

mia raccolta fotografica dal titolo “Attraverso lo specchio” che racconta grazie alle immagini, come in un fotoromanzo giallo, una storia cruenta e straziante, è una delle tre finaliste al premio Visioni in giallo per la sezione Portfoli. Ma non solo perché anche la mia poesia “Ninna nanna macabra” è finalista al premio Nero&giallolatino. Scoprirò la classifica solo il 29 settembre, giorno delle premiazioni. Incrociate le dita insieme a me? Vogliamo conoscere i tuoi prossimi impegni e se magari potremmo leggere qualcosa di nuovo sia sul web che sulla carta stampata ma anche i prossimi impegni di Chimera. Non so se hai capito ma ci piace avere notizie prima degli altri. Eh lo so bene quanto siete curiosi voi di Reader’s Bench, in effetti ci sono molti progetti che stanno prendendo corpo. Per quanto riguarda la mia personale produzione sta per uscire in ebook la seconda raccolta di racconti noir dal titolo “Nuovi ritratti di sangue” e sempre in ebook la seconda puntata sulla strega Lellerith. Sto curando inoltre una nuova antologia di autori vari, che uscirà nel 2013 edita da Edizioni Gds, con racconti che spaziano tra fantasy, urban fantasy, fantascienza, poema fantasy e tanti altri sottogeneri del fantastico. Sempre nel 2013 ci saranno altre pubblicazioni personali di cui non posso ancora dire nulla. Chimera sarà impegnata anche per il 20122013 a La feltrinelli di Latina con la rassegna letteraria mensile Giovedì d’autore, l’8 e il 9 giugno 2013 con Imaginarium Latina Fest e con tantissimi eventi di cui posso solo dire che saranno realizzati all’insegna dell’assoluta originalità. Seguiteci quindi sul sito www.chimeraeventi. it per scoprire le novità dei prossimi mesi.

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Intervista a Paola Porcelli

Paola Porcelli é la vincitrice, per la sezione prosa, di Parole d’Indipendenza, il primo concorso letterario abbinato al festival di letteratura indipendente Culture Pop. Paola incarna perfettamente il nostro ideale di Young Writers: una persona che fa tutt’altro nella vita ma che decide di provarci e di assecondare la sua passione per la scrittura. Per il nostro magazine, versione autunnale, ci ha regalato la possibilità di pubblicare il suo Onorato e anche una piccola intervista con la quale impareremo a conoscerla meglio e soprattutto a condividere l’esperienza di scrittrice alle prime armi. La vittoria è stata fondamentale per lei che da un primo momento di incredulità ha poi trovato la forza e ha continuato a scrivere la storia del piccolo Onorato, trasformandola in un romanzo. Il consiglio per Paola e per tutti i giovani scrittori è sempre quello di partecipare ai concorsi e di farli leggere il più possibile agli amici od inviarli a siti o blog, come il nostro, che gratuitamente vi daranno la loro opinione.

Prima di pensare alla pubblicazione, date un’occhiata alla nostra sezione Young Writers e poi affidatevi ad un buon agente letterario e mai alle case editrici a pagamento. Non resta altro che augurarvi buona fortuna e non solo per pubblicazione del romanzo che avete stipato nel cassetto ma soprattuto per la vostra passione per la scrittura. Speriamo che questa non si esaurisca mai. Grazie Paola per aver accettato questa intervista. Parlaci di te, della tua vita e soprattutto di come è nata la tua passione per la scrittura? Io nella vita sono infermiere e lavoro in ospedale, sono sposata e madre di due figli meravigliosi. Sono una persona molto legata ai ricordi del passato e scrivere un racconto su Onorato, mio nonno, mi ha aiutata a sentirlo ancora una volta vicino ora che lui non è più di questo mondo e con lui tutte quelle persone che mi hanno amata e che hanno accompagnato la mia infanzia e adolescenza. Mi piaceva

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l’idea di fissare in una pagina tutti quegli aneddoti e fatti che ancora a distanza di tempo in famiglia ci piace ricordare. Accanto a questo c’è stato anche un lavoro di ricerca di documenti, di espressioni dialettali e del periodo storico in cui la storia si svolge. Infine c’è la fantasia, grazie alla quale Onorato ha finito per accompagnarmi ancora una volta mentre me lo immaginavo bambino, insieme ai suoi fratelli e poi adulto sulla sua inseparabile bicicletta. Dalla passione alla partecipazione al concorso Parole d’Indipendenza del Culture Pop Festival. Che cosa ti ha fatto decidere e che cosa hai provato quando sei stata designata vincitrice?

sto seguendo il consiglio di Reader’s Bench, infatti lo sto facendo leggere il più possibile ad amici e conoscenti per avere una loro opinione. Vogliamo conoscere i tuoi gusti letterari. Che cosa ami leggere e quali sono i titoli che hai sul comodino? Amo leggere e sono un’onnivora nel senso che mi piace leggere romanzi, ma anche saggi e racconti brevi. Mi piacciono molto le storie in cui ci sono bambini e adolescenti come protagonisti. Mi piacciono le storie contemporanee, ma anche quelle del passato. Sto leggendo “La montagna incantata” di Thomas Mann e sul comodino ho “In fondo alla palude” di Lansdale e “Il bacio della medusa” della Mazzucco.

Sono stata molto felice e mi sono commossa. In concorso c’erano altri racconti meritevoli di vincere a mio giudizio e veder vincere Ono- Vorrei che ti rivolgessi a tutte le persone che rato è stato davvero molto emozionante e un pensano da anni alla loro storia e che non incitamento ad andare avanti. hanno il coraggio di mettersi in gioco. Che cosa consiglieresti, a chi come te, vorrebbe Adesso parlaci del piccolo Onorato e della realizzare un sogno? sua storia che parla d’immigrazione, amicizia ma anche delle difficili condizioni dei Consiglierei di partire dalle storie della prolavoratori costretti ad emigrare agli inizi del pria famiglia, da quelle storie che fin da picco‘900. Da dove viene questa storia? E’ vero li abbiamo sentito raccontare, storie che guarche parla un pò della tua famiglia? date con occhi nuovi e meravigliati diventano fantastiche e preziose, degne di essere narrate. Onorato era mio nonno, che nacque nella regione del Nord Reno Vestfalia in Germania agli inizio del 1900. La sua famiglia, come tantissime altre famiglie friulane in quel tempo, fu costretta ad emigrare perché nella zona d’origine. Da semplice racconto hai avuto il coraggio di farlo diventare un romanzo. Come mai questa scelta e che cosa ti aspetti da e per Onorato? Mi piace definire Onorato un racconto e per ora


Paola Porcelli

Onorato


I La prima cosa che gli tocca fare appena sveglio è andare di corsa alla tinozza dell’acqua per lavarsi. Gli tocca sbrigarsi e fare prima dei fratelli perché se tarda ancora un minuto dovrà mettersi in coda, aspettare il suo turno e prendersi anche qualche calcio negli stinchi. Lui è ancora in mutande con i capelli per aria e mentre tutto infreddolito prova ad infilarsi i calzettoni, Costante gli piglia il maglione riducendolo a una palla buona per giocarci a calcio attraverso la stanza. “Finisila o i clami la mama !” urla Onorato “Oh, povero bambino, ala bisuogna dala so mama !Ah ah ah !” Cerca di non ascoltarlo, ma quello non la smette. “Sì, sì, prendimi pure in giro tu. Ma vedrai quant chi sarai grant i ti fasi vedi iò !” Onorato piglia le braghe e se le tira su, mentre Costante alle sue spalle fa boccacce e smorfie tanto da non riuscire a trattenere le risate. Costante, quindici anni, fa il facchino alla fornace, mentre lui di anni ne ha appena compiuti sette e ha davvero un bel da fare a cercare di difendersi da quel tiranno che si ritrova come fratello. Quanto gli piacerebbe fargliela pagare a quella faccia da schiaffi! Onorato lo guarda sperando che la finisca presto o che salga di corsa la mamma su per la scala e allora sì che gliela farebbe vedere lei una bella lezione, gli darebbe proprio quello che si merita. Sul letto seduto che guarda divertito c’è Arduino, il più piccolo della compagnia, appena sei anni, moccio al naso e un sorriso senza denti. “E tu che ti ridi, tu? Ti ci metti pure tu? Sumo ca aì ora da sii!” fa Onorato rivolto al piccoletto. Fuori fa un freddo cane. La mamma e la colazione in tavola li aspettano di sotto e finalmente il tiranno gli restituisce il maglione che una volta indossato gli provoca un maledetto prurito tutto il giorno. Quel maglione che indossa è proprio uno straccio ormai, deve aver visto tempi

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assai migliori, è tutto rattoppato e l’ha ereditato dal fratello maggiore. Se sopravvivrà ancora finirà per indossarlo anche Arduino. E’ pronto, scende in cucina, saluta la mamma e va nel sottoscala dove l’aspetta la tinozza. Ma che coraggio ci vuole a lavarsi con quest’acqua così gelata? Velocemente come farebbe un gatto, Onorato si toglie le cispe dagli occhi, si asciuga con il telo che è appeso al chiodo che fa da appendino e da una bella alitata sulle mani per scaldarsi. “Brrrrrr…. Mama se freit !!” dice tornando e gli viene da pensare che anche i tubi dell’acqua che arrivano fin solo in cucina hanno freddo, dal momento che la mamma li ha coperti con stracci e pezzuole e sembrano tante sciarpe attorno a un collo. C’è odore di buono, odore di latte caldo e pane nero tostato, odore di legna bruciata e di polenta e frico della sera prima, odore di panni lavati e messi ad asciugare accanto alla stufa, c’è odore della sua mamma, quell’odore che avverte quando le dà un bacio tra la guancia e l’orecchio. Onorato divora la sua colazione in un attimo mentre i fratelli scendono solo ora dalla camera. “Muveivi vos doii !”” li richiama finalmente la mamma. La mamma, una donna alta e dai tratti poco femminili, continua a trafficare in cucina vicino la stufa a legna, con le pinze piglia dei piccoli tizzoni di legna e di carbone ardente per preparare gli scaldini. Ogni ragazzo che va a scuola ne ha uno e anche Costante che a scuola non ci va più da un pezzo ormai, ha il suo. Non è facile trovare i barattoli di latta per fare lo scaldino, ma la mamma è riuscita a farsene mettere da parte tre dal droghiere, di quelli che si usano per tenerci il caffè. Con un bel chiodo e un martello ha fatto dei buchi ai lati del barattolo e ha intrecciato un po’ di filo di ferro per farne il manico. Certo al negozio vendono quelli in rame, già belli e fatti, ma la mamma dice che costano troppo e che anche questi fatti con i barattoli del caffè sono bellissimi perché hanno la stampa con le scritte colorate attorno. Lo scaldino in inverno non serve solo a tenerti al caldo, ti fa compagnia e ti fa da lampada per illuminare la via quando esci di casa la mattina che è ancora un po’

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buio. Un rumore improvviso forse quello delle ruote di un carro sulla strada o forse l’uscio che i fratelli si sono chiusi alle spalle, lo fa ripiombare nella realtà, questa volta è proprio ora di andare. Onorato prende la sacca, ci infila i quaderni e il pezzo di pane nero che è rimasto sul tavolo, prende lo scaldino, mette in spalla anche i pattini da ghiaccio ed esce di casa.

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II Adora la pausa di metà mattina e anche se fuori fa davvero molto freddo è proprio il momento giusto per sbocconcellare il pezzo di pane tirato fuori dalla sacca, standosene seduto sui gradini della scuola. Accanto a lui c’è Tahir. Tahir, che nome strano. Dicono che arrivi da un paese lontanissimo dove gli uomini portano il turbante in testa e parlano una lingua così misteriosa che nessuno capisce. E’ robusto e ben piazzato Tahir, a scuola si è meritato il rispetto di molti ragazzi perché nelle zuffe è praticamente imbattibile. Tahir ha otto anni e va dicendo che fare a pugni glielo ha insegnato il papà e che nel suo paese la lotta la insegnano fin da piccoli. E’ proprio un duro Tahir e quella vistosa cicatrice che porta sul sopracciglio destro, lo fa sembrare uno di quei lottatori che si vedono raffigurati sui carrozzoni del circo che girano di paese in paese. “Devo fare a botte” gli dice Onorato. “Con chi vuoi fare a botte?” chiede Tahir. “Con mio fratello! Mi prende in giro continuamente e m’è venuta una gran voglia di fargliela pagare!” “E’ più grande di te?” “Già” gli fa Onorato pensieroso “ ha quindici anni!” “Ma non hai scampo con lui! Non pensarci nemmeno!” e si mette a ridere. “Lo so, ma voglio imparare lo stesso a battermi!” insiste Onorato. “Per avere la meglio con uno come lui, devi solo pensare a buttarlo giù a terra e strozzarlo!” “Guarda che se mi insegni come si fa, io ti regalo queste.” Onorato tira fuori dalla tasca dei pantaloni una manciata di biglie di terracotta, di quelle che gli prepara la mamma quando va alla fabbrica dei mattoni. Tahir guarda le biglie che sono davvero bellissime, buone per giocarci e fare tante gare con gli amici. Belle! Quelle sì che sono biglie. Tutte tonde, tutte lisce, chissà come corrono ve-

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loci in pista e ce ne sono alcune anche colorate. Si mettono d’accordo per ritrovarsi là tutti i giorni al momento della pausa di metà mattina per l’allenamento. Onorato è proprio soddisfatto dell’accordo fatto con Tahir e subito gli vengono in mente i predicozzi della madre, che deve comportarsi bene, che deve essere educato, che deve studiare perché mamma e papà fanno un sacco di sacrifici per mandarlo a scuola e guai a lui se si mette a fare a botte con gli altri ragazzi, che se sa una cosa del genere quando torna a casa gli dà il resto. La madre è una contadina, si chiama Anna ma qua in Germania quando serve va a stampar mattoni a mano, uno a uno negli stampini di legno, che poi porta a cuocere alla fornace. Certo non deve essere stato facile lasciare il proprio paese, ma non era cosa rimanere lì in Italia, nel Friuli. Era impossibile continuare a vivere in quel posto arroccato sui monti, dove la terra era buona solo per farci pascolare le vacche. Quattro stalle e due malghe non avrebbero sfamato nessuno, ripeteva Anna al marito, non restava che prender su le poche cose che avevano, metterle in valigia e partire in cerca di fortuna. Fu nel 1905, dopo che aver visto nascere e morire l’unica figlia femmina, che almeno con cinque maschi, una mano in casa l’avrebbe potuta dare! Angelo, il marito di Anna, è finito per fare lo spaccapietre in miniera, guadagnandosi da vivere a forza di picconate e in questo lavoro triste e duro s’è tirato appresso anche il figlio più grande, Federico. Federico ha appena diciassette anni e le maestre a scuola hanno sempre detto di lui che è molto intelligente, una specie di genio in matematica e nelle materie scientifiche, ma di questo talento non sa cosa farsene là sotto, nel buio della miniera. Non gli serve né quando con il badile raccoglie il carbone cavato per caricarlo sui vagoni, né quando è costretto a mettersi quasi nudo per il caldo soffocante e strisciare in cunicoli strettissimi senza aria e senza luce. Come loro tanta altra gente è arrivata fin quassù da posti lontani, fuggendo da fame e povertà, trovando finalmente un lavoro. Nella Rhur tedesca le città spuntano come funghi dalla notte al giorno e le indus-

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trie prendono vita così grandi e potenti che sembrano pronte a divorarti. A Onorato spesso lo sfiora il pensiero che il padre insieme al fratello siano davvero come quei cavalieri coraggiosi che combattono contro mostri giganteschi. Le città e le fabbriche crescono rumorose a ritmi nuovi, mai visti prima. Ritmi moderni. Le fornaci sputano fuoco come fossero draghi nel clangore di tubi e armature, nel fragore di macchine e meccanismi che non si fermano mai, neanche di notte. Loro sono furlans e quelli come loro e come Tahir li chiamano katzelmacher ossia“riproduttori di gattini”, perché figliano proprio come fanno i gatti. Ma li chiamano anche bolangerschlugger, inghiotti-polenta e dicono che puzzano, perché non si lavano, che sono crumiri perché lavorano dalla mattina alla sera e si accontentano di paghe basse pur di mantenersi un lavoro senza tutele, trattati come gli schiavi, per un tozzo di pane. Onorato è ancora lì accovacciato sui gradini della scuola con le biglie nella mano. “Ma che fai, hai deciso di rimanere là? Non entri?” gli fa Tahir “E’ ora di rientrare in classe!” Onorato si alza in piedi e si guarda attorno, è proprio vero, là fuori ci sono rimasti solo loro.

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III Ha deciso di mettere da parte quante più biglie possibile e non solo chiedendo alla mamma di preparargliene altre alla fornace. Ha deciso di vincerle, sfidando Costante a giocare a tana così da averne tante in tasca per Tahir che gli insegnerà a fare a botte. Il fratello ha accettato la sfida ed esce di casa deciso a non dargliela vinta, mentre Arduino se ne sta seduto sui gradini davanti l’uscio a guardare. Anche se fa freddo la giornata è luminosa e tersa. Si guardano attorno e concordano che la tana sarà proprio in quel punto dove la terra è solo un po’ umida e a mani nude scavano una piccola buca. Decidono anche da che punto tirare le biglie e segnano così una linea a quattro passi dalla tana con un bastoncino raccattato poco più in là. Fanno la conta e tocca ad Onorato tirare per primo. Onorato si posiziona con i piedi sulla linea, prende una biglia e se la sistema tra il pollice e l’indice, guarda la tana, guarda la biglia, prende la mira e tira. La biglia atterra mancando la tana. “Ma porca miseria!” fa Onorato stizzito. Arduino ride e gli fa una linguaccia. Si avvicina Costante, che se manda una biglia in buca si prende quella del fratello rimasta fuori. E’deciso a fare bene, si concentra e tira su un bel respiro, prende la biglia, le dà un bacio come porta fortuna e mentre con una mano lancia con l’altra incrocia le dita dietro la schiena per fare gli scongiuri. “Oplà-là!” La biglia fa una parabola precisa e si infila dritta dritta nella tana e ci rimane. Soddisfatto Costante va verso la buca e senza neanche girarsi a guardare la faccia del fratello si china, prende la biglia e se la infila in tasca. “Capiit comi ca si faas?” lo avverte divertito Costante. Vanno avanti a giocare un bel po’ e ad Onorato non è andata un granché bene, all’appello gli mancano ben nove biglie. Accidenti! S’è fatto sera ormai, è ora di rientrare e dopo la cena, di corsa a letto.

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La loro camera si trova proprio sopra la cucina e ci si arriva da una scala a pioli di legno, mentre quella della mamma e del papà è al piano terra ed è praticamente un buco. I letti non sono altro che dei pagliericci poggiati su tavelloni di legno e in camera oltre a due seggiole, trova posto la cassapanca della biancheria. Intanto il padre e il fratello Federico sono rientrati da lavoro, da basso li sente parlottare e ogni tanto tossire. Sotto le coperte Onorato non può fare a meno di ascoltare le storie che va raccontando Costante, allunga una mano e tocca quella di Arduino che è tutta appiccicosa, deve averla sicuramente infilata nel barattolo dello zucchero prima di salire in camera. Sono storie di spiris che anche se tu non te ne accorgi, ti seguono, non ti lasciano mai, li vedi o ti sembra di vederli, ma poi ti giri e quelli non ci sono più. Ti sembrano persone, ma se provi a guardarli meglio ti accorgi che non hanno bocca, non hanno occhi e neanche il naso. Sono gli spiriti dei defunti, delle persone che non ci sono più. Eppure ci sono. “Sapete cosa mi hanno raccontato?” fa Costante a bassa voce “I mi an contaat ca una volta per queste campagne, delle persone stavano lavorando la terra e che tentarono inutilmente di cavare via una vecia radiis di quercia che stava proprio iin meis al ciamp. Dopo molti tentativi andati a vuoto, decisero di lasciarla lì...” Sai che novità? Pensa fra sé e sé Onorato. “In chistu ciamp” continua a raccontare il fratello “ci piantarono delle patate, ma attorno a quella radice di quercia non cresceva niente e un giorno un giovane che era lì a badare al campo vide da lontano una ragazza camminare verso di lui. Si conobbero, passarono giornate intere a parlarsi, gli incontri andarono avanti per molto tempo e la ragazza gli regalò un pindacul d’arient in segno di amicizia… Ad un certo punto il giovane guardiano del campo cominciò a stare male. La madre intuì che forse era a causa di una ragazza che il figlio stava così e gli chiese di chi si fosse innamorato. Il ragazzo disse alla madre che da tempo ormai si vedeva con una certa Angela e che questa era la figlia del porcaro. La madre impallidì e disse che questo non era possibile perché Angela, la figlia del porcaro, a era muarta causa una saeta mentre si riparava sotto una quercia cinquant’anni prima. Allora il ragazzo si mise una mano in tasca per prendere il ciondolo che

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gli era stato donato da Angela e si accorse di avere in mano il dito pietrificato di un bambino. A quella vista il giovane corse via di casa come impazzito, corse così lontano che non fu più ritrovato.” “Ma allora i spiris esistono per davvero?” chiede impaurito Arduino. “Certo che esistono! E chi può dire il contrario? A quello là lo stanno ancora cercando! Chisà se bruta fin cala fat!” risponde divertito Costante. Anche a Onorato gli è venuta un po’ di paura e si tira le coperte sulle orecchie, per non sentirlo più. Si raggomitola nel letto e si fa piccolo piccolo per stare più sicuro, ma niente, gli vengono in mente le persone che lui ha conosciuto e che ora sono morte e ha come l’impressione che qualcuno lo stia tirando per i piedi. Sente il cuore saltargli in gola, vorrebbe urlare di piantarla con queste storie, ma sta zitto perché gli darebbe modo per prenderlo in giro ancora un’altra volta. Alla fine tutto tace, è tornata la calma, anche gli spiriti se ne sono andati via e con la luna alla finestra Onorato sprofonda finalmente nel sonno.

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IV Sono giorni che Tahir non viene a scuola, ma Onorato ha deciso che lo aspetterà al solito posto e con le tasche piene di biglie. Ha sentito dire dalle maestre che la scuola non fa per i ragazzi come Tahir ed è molto meglio che vada a fabbricare mattoni pure lui, che almeno un tozzo di pane a casa lo porta. In fondo stampare i mattoni con l’argilla e la sabbia e poi rigirarli al sole per farli seccare è quasi un gioco se non fosse che, come dice la mamma, un gioco è bello quando dura poco. Però chissà quante biglie potrà fabbricarsi ora. Non avrà mica bisogno delle sue e non dovrà neanche chiederle alla mamma come fa lui. Potrà impastarne quante ne vuole e colorarle di giallo e di blu, potrà farne di rosse e di verdi, potrà mischiare le tinte tra loro e farne di mille colori, una diversa dall’altra. A questo pensa Onorato mentre siede in cucina davanti alla stufa che ogni tanto apre per gettarci dentro un legnetto da bruciare. Gli piace starsene lì a guardare la fiamma che avvampa all’improvviso ed è come se danzasse un ritmo indiavolato che può solo immaginare nella sua testa. Sono già un paio di volte che la madre sale su per la scala che reca alla loro camera e ne è scesa prima con alcune federe e lenzuola, poi portando giù delle coperte. Ora le impila sul tavolo e le impacchetta per bene con una tovaglia, legando tutto con dello spago, poi fa lo stesso con maglie, maglioni, gonne e grembiuli. Costante è stranamente silenzioso. Si avvicina al tavolo della cucina e dal cassetto tira fuori un coltellino a punta con cui inizia a scorticare la crosta di formaggio che ha trovato in dispensa e ne da un pezzo a Arduino. Mentre i fratelli si spartiscono quella prelibatezza, Onorato chiede rivolto alla madre: “Maari se fastu?” Anna è talmente presa dai suoi pensieri che non l’ha nemmeno sentito. “Maari mi scoltistu?” Onorato e i fratelli si guardano in faccia perplessi.

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Costante si alza e va verso la madre che sta china a riunire fagotti e bagagli davanti la porta di casa, con una mano le tocca una spalla nel tentativo di attirare la sua attenzione. “Maari” Anna finalmente si gira, incrocia gli occhi di Costante e in un attimo anche quelli degli altri due figli. “Cosa sono questi pacchi?” chiede Costante. “I stasi fasient las valiis…Vostro padre ha deciso che noi quattro rientreremo in Italia, mentre lui e Federico rimarranno qua a lavorare” spiega finalmente Anna. “E la scuola? Io voglio andare a scuola,i vuoi sta cun i miei amiis, maari!” dice Onorato. “Ci andrai in Italia a scuola!” riprende Anna “ Ce ne dobbiamo andare e alla svelta pure! L’altro giorno dove lavora tuo padre an pistaat a sanc doi talians, dicono che sono stati gli operai tedeschi a farlo. A momenti ci rimettono le penne chei poarins, e non è la prima volta che succede una cosa del genere! Ormai la gente qua ci odia a morte, non ci vuole più, dicono che siamo dei Giuda ed è per questo che è meglio che ce ne torniamo a casa!” A casa? E questa che cos’è? Si chiede Onorato fra sé e sé. Lui è nato qua, nella Vesfalia del Nord, questa è la sua casa. Lui in Italia non c’è mai stato e non sa neanche dove si trovi. La madre ora ha preso a sfogarsi e lo fa come se pregasse, come se recitasse la novena di Natale e la sente dire che ormai le loro braccia, che sono state buone per cavare carbone e ferro dalle miniere, non servono più e che molto meglio sarebbe se gli italiani andassero via, così la pianterebbero di rubare il lavoro agli operai tedeschi. Ma che vuole ‘sta gente! Che se ne tornassero al loro paese! Tornassero pure da dove sono venuti, italiani crumiri e traditori! Onorato osserva quelle quattro mura che sono la sua casa e improvvisamente il suo sguardo è attratto da un qualcosa di azzurro che sta proprio sotto il lavello. Si china per guardare meglio e si accorge che si tratta di una biglia. Deve allungarsi ancora un altro po’ se vuole raggiungerla. Finalmente riesce a prenderla, è sua! Esce di casa, il sole è tiepido e si siede sui gradini.

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Apre la mano e guarda la biglia che ha raccolto sotto il lavello. Osservandola meglio si accorge che la tinta azzurra non è uniforme. Nota dei puntini di pigmento blu scuro su un fondo azzurro piÚ chiaro e che in alcune parti la tinta sembra essere trasportata via dal vento, come quello che ora gli sta soffiando leggero sul viso.

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Fumetteria

di Clara Raimondi

Vita Graphic Quanti modi esistono per raccontare una storia? Infiniti. Così come sono incalcolabili le sfaccettature nascoste dietro la trama che si chiama vita. Raccontare la storia di personaggi famosi è sicuramente un’impresa ardua che tanti scrittori hanno affrontato nel corso dei secoli ma da qualche anno esiste un modo nuovo di raccontare ed è tutto graphic. Grazie ai graphic novel abbiamo un nuovo mezzo e la possibilità di abbinare alle storie, le immagini e soprattutto un nuovo punto di vista che può attrarre i più giovani e non solo; insomma tutti quelli che sono desiderosi di vedere i loro miti in una nuova veste. Ma quali sono le ultime proposte in libreria? Iniziamo con la proposta di Coconino Press che ha portato alle stampe Goodbye Bukowski (160 pagg, 16.00 euro) di Flavio Montelli. Un lavoro che ci conduce alla scoperta dei lati inediti dello scrittore, aldilà dell’immagine di simbolo della cultura underground. Nel libro un inaspettato Bukowski padre, afflitto dai demoni che lo accompagneranno per tutta la vita e dagli incontri con le donne che costellarono la sua esistenza. Di Steve Jobs, della sua vita e del suo lavoro sappiamo ogni singolo aspetto ma ne Lo zen di Steve Jobs (Rizzoli Etas, 87 pagg, 15.00 euro) di Forbes, Jess3 e Caleb Melby, ci viene offerto un nuovo punto di vista che ci lascia uno uomo vicino alla cultura e alla religione buddista. Nel primo graphic novel su Jobs si racconta la sua conversione ma anche la sua profonda amicizia con Chino Otogawa. Una storia nella quale fanno capolino i momenti salienti della vita del genio della Apple. Ha la copertina schizzata d’azzurro il Diego Armando Maradona di Beccogiallo (208 pagg, 15.00 euro). Una biografia curata, il solito lavoro approfondito della casa editrice, questa volta incentrato sulla figura de El Pibe de Oro. Genio e follia nel libro di Paolo Castaldi che in 11 capitoli, quasi come se fossero 11 calci di rigore, ci racconta, scegliendo decise pennellate, la storia di un mito. Il libro sarà nelle librerie dal prossimo 10 ottobre.


Zero Calcare. Un polpo alla gola. Un graphic novel nella classifica dei libri più venduti su Amazon.it. Non é uno scherzo ed è successo veramente a Zerocalcare e alla Bao Publishing, nella top ten per settimane questa estate. Ebbene la notizia è che il 19 ottobre uscirà in tutte le librerie Un polpo alla gola. Un storia lunga 192 pagine e tre atti per disseminare gli episodi ma ancora un pò di tempo dovrete attendere prima di tenerlo tra le mani. Nell’attesa non perdetevi gli aggiornamenti su www.zerocalcare.it, il blog italiano dedicato ai fumetti più famoso della rete.

Gli archivi Bonelli: 1 Ad un anno esatto dalla prematura scomparsa di Sergio Bonelli, Rizzoli Lizard da alle stampe il meglio della produzione della casa editrice che prende da lui il nome. Tex, El Muerto, Zagor, Il re delle aquile, Myster No e tanti altri. Tutti personaggi che Sergio Bonelli ha trasformato in vere e proprie passioni per milioni di lettori italiani. Con la prefazione di Vittorio Zincone. Gli archivi Bonelli:1 di Guido Nolitta, Rizzoli Lizard, 616 pagg, 26.00 euro

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Leggere la fotografia


di Claudio Turetta Leggere un libro di testo, si pensa sia una cosa semplice, invece dietro delle parole concatenate tra di loro secondo una serie di regole chiamate grammatica si celano significati nascosti, metafore e quant’altro, ma per capirlo occorre avere alcune volte una certa serie di nozioni a mente.ß A volte per essere un bravo cuoco, bisogna avere un buon palato da mangiatore per far arrivare determinati sapori al palato di chi mangerà le proprie pietanze. Questo libro è appunto una guida che aiuta a saper leggere le fotografie, andando oltre le regole tecniche di composizione (che a volte non è una regola fondamentale per stabilire se una foto sia bella o meno), ma approfondisce il discorso basandosi anche sui mezzi a disposizione, sui mezzi ed anche i contenuti della foto, ad esempio una foto di cronaca sarà diversa come messaggio rispetto ad una foto di moda. Il libro è suddiviso in diversi capitoli e per ognuno ci sono dei casi di studio in cui si spiega in pratica ciò di cui viene parlato all’interno del capitolo e alla fine del libro ci sono degli esercizi per esercitarsi sulla lettura della fotografia e allenare il proprio occhio per saper leggere una foto ed andare oltre la semplice visione della foto. Il libro è scritto da Augusto Pieroni, docente universitario e storico e critico d’arte, ma anche curatore, giornalista. Questo volume, non farà diventare di certo grandi fotografi, per quello servo-

no altri ingredienti, ma di certo sapere come fare per far arrivare un determinato messaggio è una cosa importante, come capire come farlo a trasmettere. Per chi inoltre lavora nel campo della grafica può essere utile per capire come realizzare composizioni di immagini per presentare e promuovere lavori o prodotti. Voto 7.5


Marsiglia hard-boiled


di Diego Rosato Capita che alle volte si stia sfogliando un libro ad una rassegna della piccola editoria e di pensare che non è esattamente il proprio genere. Capita però anche che una ragazza dello staff si dimostri particolarmente entusiasta di quel libro e te lo descriva così bene che decidi di rischiare, se non altro per premiare tanta passione. Capita anche che quel libro, la trilogia di Fabio Montale, sia veramente bello. Nella Marsiglia degli immigrati, nei bassifondi in cui una volta erano confinati gli italiani ed ora sono costretti gli arabi, un poliziotto atipico, uno che ha la fama di essere più un educatore che un investigatore, indaga sulla morte dei suoi amici d’infanzia, compagni di crimini giovanili, da cui si era diviso per senso di colpa ed amore per una donna. Si ritroverà invischiato in storie di mafia, di terrorismo e di emarginazione sociale.

struttibile, ma, trovandosi a lottare solo contro mafiosi e terroristi, non potrebbe sopravvivere per ben tre romanzi altrimenti. L’autore mostra un grande amore per la sua città, Marsiglia, che descrive minuziosamente e sapientemente, pur non lesinando critiche ed amare riflessioni sulle opportunità perse per valorizzarne il territorio. Le storie narrate sono sufficientemente autoconsistenti per poter essere lette indipendentemente le une dalle altre, ma, francamente, non vedo alcun motivo per farlo, dato che sono tutte avvincenti e ben scritte e che l’editore ha pensato bene di riunirle in un unico volume dal prezzo contenuto. Lo stile è decisamente più ricco di quello di un Ellroy, ad esempio, ma mai sovrabbondante. Rispetto all’autore americano, Izzo predilige maggiore introspezione e periodi più articolati. A me è piaciuto di più. Personalmente ho trovato un po’ troppo prolisse le descrizioni dei luoghi e dei cibi, ma, devo ammettere che l’abilità descrittiva di Izzo non è niente male, con la sua capacità di raccontare piccole isole di bellezza, nello squallore dei sobborghi in cui opera Montale.

Fabio Montale è un figlio di emigranti italiani che da giovane, a seguito di una rapina finita male, decide di smetterla col crimine e si arruola in polizia, ma resterà sempre un animo inquieto, un incapace di legarsi affettivamente, seppure non incapace di amare. Il protagonista tracciato da Izzo è una sorta di poliziotto maledetto dal cuore buono, anche se spietato con i suoi spietati nemici, un uomo destinato all’au- Un hard-boiled di tutto rispetto, imperdibile todistruzione ed ai piccoli piaceri della vita. per i fan del genere e per gli amanti della buoCome in tutti i romanzi hard-boiled, Montale na scrttura, ma con lo stomaco forte. forse alle volte è un po’ troppo supereroe indi-

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La Provenza di Mistral


di Claudia Peduzzi Vengo in vacanza in Provenza da quando ero piccola e per anni Mistral per me e’ stato solo il nome di un vento fastidioso. Quando, un po’ piu’ grande, ho scoperto che era anche il nome di uno scrittore, addirittura di un premio Nobel per la letteratura, ho pensato ad uno pseudonimo. Inopinatamente ho appurato essere proprio il nome di famiglia, a testimoniare quanta importanza rivesta il «maestrale» per questa regione. Affermazione condivisa da Mistral stesso, che lo celebra in uno dei suoi “Racconti e leggende Provenzali”: «alcuni dicono sia un vero flagello, ma se smette di soffiare per 15 giorni tutti, per un motivo o per l’altro, iniziano a pregare che ricominci presto». Ogni racconto racchiude una morale piu’ o meno nascosta e in questo caso Mistral conclude che «passiamo la meta’ del nostro tempo a fare come chi cercava il suo asino mentre c’era seduto sopra.» Molte delle sue parabole sono oggi anacronistiche, troppo legate ad un mondo contadino che non c’e’ più, ma questo assunto e’ senza dubbio condivisibile in ogni tempo.

A riprova che la Provenza e’ tra quei pochi paesi in cui se ci nasci non senti il bisogno di andare altrove, Mistral lascio’ raramente la natia Maillane. Classico villaggio del Midi immerso tra colline di olivi e cipressi (che come si scopre nel racconto sul vento servono a creare una barriera protettiva), con il suono delle cicale come colonna sonora e le caratteristiche case in pietra con fioritissime finestre e spettacolari portoni in legno, appare sonnacchioso durante le ore calde della giornata per poi animarsi all’ora dell’aperitivo e del pastis. Prima di lanciarsi alla scoperta dei vini francesi si può approfittare delle ore della pennichella per visitare la casa di Mistral, da lui donata per testamento alla comunità e trasformata in museo nel 1944. Dal momento che viaggiava poco furono in molti a fargli visita a casa, persino Buffalo Bill, al secolo William Cody, che gli lascio’ in regalo il proprio cane. Il suo entusiasmo dovette essere contagioso, perché qualche anno più tardi arrivo’ a Maillane una intera delegazione di Sioux. Non e’ difficile immaginare quale fosse l’argomento comune....Nel 1854 Mistral aveva fondato, con alcuni amici, un movimento per la difesa

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e la conservazione della cultura e della lingua provenzale. Come nome scelsero FELIBRIGE, dal provenzale «felibre» che significa seguace, mentre per il simbolo s’ispirarono alla croce di Tolosa, in quanto l’Occitania corrisponde grosso modo agli antichi territori della Contea di Tolosa, che per altro comprendeva anche parti d’Italia e Spagna. Non per niente il dialetto provenzale assomiglia al dialetto che parliamo noi in Piemonte. A chi non ci crede consiglio la lettura de «Il codice del labirinto» di Kate Mosse, un bel romanzo storico ambientato nel Languedoc del basso medioevo. Tra le parole occitane che non sono passate oltralpe ho scoperto TIAN ed e’ un vero peccato, una mancanza a cui tentero’ di porre rimedio ora sperando di fare cosa gradita. La Tian in provenzale e’ una pirofila in terracotta per la cottura al forno, ma per estensione identifica anche il piatto che tradizionalmente vi si cucina, uno squisito gratin di verdure. Mistral ne fa risalire le origini a Luigi XIV. Apparentemente non ha nulla di regale, ma e’ così buono che non mi stupisce che potesse soddisfare il palato di un re e gli ingredienti possono essere “sistemati” anche in maniera decorativa.

La base sono le verdure: patate, melanzane, pomodori, zucchine, cipolle .... Da tagliare in rondelle piu’ o meno fini (ovviamente piu’ sottili sono meno tempo impiegheranno a cuocere). L’arte consiste nel disporle nella pirofila (che non e’ necessario ungere, ma che andrebbe strofinata con l’aglio) in modo regolare e artistico: a spirale, in costa, alternando i colori.... Vanno quindi condite con erbe fresche o secche (aglio, basilico, rosmarino, origano timo, ecc.), sale, pepe e irrorate con un filo d’olio extra vergine d’oliva. Si copre la Tian con un foglio di alluminio e s’infila in forno a 150/160 per minimo 50 minuti. E’ buono sia caldo che freddo e si conserva in frigorifero senza problemi per almeno due giorni. Si può anche trasformare in piatto completo alternando alle verdure rondelle di formaggio (meglio se di capra), cubetti di salmone oppure riso, che cuocerà tipo pilaf assorbendo l’acqua delle verdure. Non ho ancora sperimentato personalmente la versione per microonde, che riduce il tempo di cottura a 20 min. Il consiglio e di mettere sul fondo del pangrattato per assorbire l’acqua in eccesso. Ormai e’ diventato il mio piatto forte..... con l’approvazione di Mistral!


Riparte il corso di scrittura di Reader’s Bench

Dopo il successo de I viaggiatori non mentono mai, torna a novembre, in collaborazione con Federica Frezza, il corso di scrittura, interamente gratuito, che mette in palio non solo un bellissimo premio ma soprattutto la possibilità di essere pubblicati sul prossimo numero del magazine di Reader’s Bench. Segnate in agenda questa data: 1 novembre 2012, scaldate la tastiera e i polpastrelli e preparatevi a vivere un mese di scrittura intensiva! Reader’s Bench - 93


I sospiri del mio cuore


di Giulia Battaglia Pensate a questi fantastici elementi : amore per fa uno strano incontro, un gatto, che sul trela lettura, manga, animazione giapponese. Ora no della metro, se ne sta a guardare assorto il provate a combinarli...fatto? Avrete così otte- paesaggio; dopo aver cercato di familiarizzanuto una delle perle d’animazione prodotte dallo Studio Ghibli, il famoso studio di animazione giapponese del maestro Hayao Miyazaki. Anche la protagonista di questa storia è un’amante della lettura,proprio come tutti voi. Si chiama Shizuku, è una ragazzina giapponese che frequenta la scuola media e vive una tranquilla esistenza con la sua famiglia. Shizuku è un’accanita lettrice, appena può si reca alla biblioteca della sua scuola o alla quella comunale, dove lavora suo padre, per prendere in prestito dei libri, soprattutto fantastici; un giorno si accorge che nell’elenco delle persone che prendevano in prestito i libri prima di lei, figura sempre lo stesso nome, Seiji Amasawa. Non è certo una coincidenza che possa passare inosservata, almeno non per una persona dalla fantasia galoppante come Shizuku, la quale comincia a fantasticare su che tipo possa essere questo lettore che ha i suoi stessi gusti. In cuor suo Shizuku sogna di diventare una scrittrice, per quello si esercita traducendo testi di canzoni straniere o conti- re con il singolare micio, la ragazzina decide nuando a visitare la biblioteca dove lavora suo di seguirlo, così dopo essersi inoltrata in un padre; è proprio mentre si sta recando lì che quartiere residenziale sconosciuto e una serie

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di viottoli, si ritrova davanti alla vetrina di un negozio di antiquariato; sbirciando al suo interno Shizuku intravede due occhi, sono quelli di una strana statuetta a forma di gatto che indossa un abito elegante. Ben presto un gentile vecchietto apre le porte del negozio alla ragazza e le narra la storia fantastica di Baron, il gatto raffigurato dalla statuetta. Con grande sorpresa di Shizuku, il nipote del vecchio antiquario non è nient’altro che Seiji Amasawa, la persona su cui aveva tanto fantasticato.

Questo film d’animazione è tratto da un manga in due volumi intitolato I Sussurri del cuore di Aoi Hiiragi (edito in Italia dalla Star Comics); ci sono varie sostanziali differenze con la versione cartacea, nella quale è narrata anche la storia d’amore tra la sorella di Shizuku e il fratello maggiore di Seiji e viene dato più spazio alla passione della ragazzina per la lettura.. L’edizione italiana di questo film è relativamente recente, è stato presentato durante la scorsa edizione del Lucca Comics and Games dalla Lucky Red e poi distribuito in dvd Dopo un primo momento di diffidenza verso nel dicembre del 2011. Seiji (i due si erano infatti incontrati a scuola in circostanze poco simpatiche) Shizuku ne Chi si aspetta un film con dei colpi di scena o rimane affascinata, il ragazzo è un costruttore dei risvolti fantastici forse rimarrà un po’ dedi violini e il suo sogno è quello di recarsi in luso, è una storia meravigliosa nella sua semEuropa per raffinare quest’arte. La ragazza si plicità, come solo Miyazaki le sa raccontare; sente molto vicina a Seiji e quando scopre che narra di ragazzi semplici e dei loro sogni, in lui partirà per l’Italia per fare un tirocinio pres- un’atmosfera tipicamente giapponese. Ti diso un liutaio decide di scrivere il suo primo ro- mostra come non servano trame intricate o manzo, da fargli leggere al suo rientro. Come personaggi complessi per costruire una grande protagonista sceglierà il gatto Baron, quella storia, lo spettatore verrà coinvolto nel piccolo statuetta che l’aveva tanto colpita alla sua pri- mondo di Shizuku, sognerà, riderà e piangerà ma visita al negozio del nonno di Seiji; l’am- insieme a lei. Basta un sogno, a far sussultare bientazione ovviamente un mondo fantastico un cuore. e come trama la ricerca di un amore perduto.



Le donne e la complessità dell’esistere


di Claudio Volpe Le donne che fanno letteratura, le donne che scrivono o plasmano l’arte sono una sferzata di luce nel mondo. Sanno leggere nell’anima, le donne, sanno nuotare nella complessità dell’esistenza e sanno farne bellezza, amore, celebrazione della vita. Due donne, due scrittrici stanno scuotendo il panorama letterario di questi ultimi mesi, due scrittrici profondamente diverse eppure così vicine nel respiro dello scrivere: Chiara Lico e Melania Mazzucco. Chiara Lico, giornalista del tg2 consegna ai lettori un romanzo intenso, struggente, immensamente poetico e attuale. “Cioccolato e pistacchio” è un romanzo di vita e di dolore, ma anche di speranza e capacità di rinascere dalle proprie ceneri. Alessandra e Michela sono due donne di oggi, due vittime incolpevoli della cieca follia umana. Le loro storie sono molto diverse ma legate dal filo comune della violenza. Entrambe sono state rese infatti vittime di violenza sessuale o psicologica. La vita di Alessandra è regnata da uno stupro efferato e inumano che le lascia se-

gni indelebili nella carne e nell’anima, Mihela invece viene costretta a prostituirsi, a vendere se stessa e la propria dignità. Entrambe vengono private del futuro, della felicità, della propria storia di vita. Da questa debolezza entrambe sapranno però trovare conforto l’una nello sguardo dell’altra. Lo stile della Lico è intenso e coinvolgente, le parole solo tagli che si aprono nel muro della vita, picconate sulla parete rocciosa della coscienza. I versi scorrono fluidi e musicali, le parole ti restano aggrappate addosso e ti mordono i sensi obbligandoti a riflettere, a pensare, ad immedesimarti. “Altro errore: le ferite non guariscono. Semmai si nascondono nella pelle e alla fine non si vedono più. Ma non scompaiono, vanno solo a fondo e li restano” (pag 39). “Siamo due anime bucate dentro, siamo denti cariati. E puzziamo di marcio”. Sono parole irresistibili, travolgenti quelle della Lico, parole che commuovono proprio come la storia. Un romanzo importante, profondo, viscerale, visionario. Un romanzo che conduce il lettore lungo il viaggio di un approfondito percorso psicologico alla ricerca del mondo

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psichico di ognuno di noi. Cosa accade dentro quando si soffre? Questo sembra volerci dire il romanzo di Chiara Lico. E la domanda contiene già in sé la risposta. Perché il dolore, per quando grande e assurdo possa essere, non deve mai essere inutile. Melania Mazzucco, tra le più note e amate narratrici italiane, offre al lettore un altro dei suoi capolavori. Dopo romanzi come Vita e Un giorno perfetto, è Limbo ad ammaliare il lettore. La Mazzucco narra la storia di Manuela Paris, militare convinta, che si trova alle prese con una vita distrutta da un’esplosione che colpendola in pieno durante una missione in Afghanistan cambia per sempre la sua modalità d’esistenza. Manuela non potrà più fare il lavoro per il quale sente di essere nata, non potrà più partire in missioni di pace, non potrà più spendere la sua vita li dove ce n’è più bisogno. Intanto l’arrivo di un uomo complica-

to, misterioso ed enigmatico stravolgerà i suoi piani e l’amore darà nuova linfa alla sua vita. La felicita sembrerà vicina anche se difficile da riconoscere per via del male di vivere che Manuela è costretta a serbare dentro di sé. Il linguaggio della Mazzucco é come al solito tra le massime forme di celebrazione della poeticità della lingua italiana, un linguaggio asciutto e ritmato ma al contempo fluido e poetico. La quotidianità domina assoluta nelle pagine di Limbo, i versi sono diretti e precisi, ricchi di bellezza descrittiva e narrativa. Ogni gesto, ogni singola azione é in grado di aprire mondi nuovi, spalancare finestre e far vibrare l’anima. “Per la prima volta in vita mia, ero esattamente dove avrei voluto essere. Lo desideravo fin da una sera di novembre del 1992. La Manuela Paris che riconosco come me stessa ha cominciato a esistere quella sera: era iniziata allora la storia che mi aveva portato a Bala Bayak”. E ancora: “Se sei una donna devi lavorare tre volte tanto per dimostrare di valere la metà di un uomo”. Frasi che lasciano il segno e incidono la coscienza nel profondo. Chiara Lico e Melania Mazzucco permettono di comprendere come le scrittrici siano, spesso più degli uomini, in grado di esprimere in poesia e bellezza la complessità del reale, l’enigmaticità del vivere. Come stare al mondo? Questo é l’interrogativo attorno al quale ruotano le opere delle due attente scrittrici. Come esistere e non essere, come gravitare in una dimensione superiore rispetto al semplice e banale essere, al limitante e asfissiante limitarsi? L’imperfezione di ogni vita umana sembra essere ciò che dà valore all’esserci, valore all’esistere. “Cioccolato e pistacchio” e “ Limbo” ne sono una meravigliosa dimostrazione.

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WU CH’ENG-EN


di Nicoletta Tul E’ una delle opere più famose della letteratura cinese seconda solo alla Camera rossa probabilmente. Lo Scimmiotto alias Il Grande Saggio-l’Eguale del Cielo, alias Consapevole di Vacuità è una personaggio mitico nato da una pietra e con favolosi poteri magici. Scritto da Wu Ch’eng-en che visse fra il 1505 ed il 1580 (ma lo Scimmiotto è ambientato in epoca Tang) che passò alla storia per questa sua fantastica composizione, trae spunto dal pellegrinaggio di Tripitaka ossia Hsuan Tsang, noto personaggio storico che nel VII secolo partì per l’India alla ricerca dell’Illuminazione. L’autore usa racconti, spunti teatrali e favole nate attorno al mito di questo personaggio per creare un’epopea che fa ridere e sognare. Lo Scimmiotto rappresenta l’irrequieta instabilità del Genio in contrapposizione con la rigidità dei dogmi religiosi, di fatto questo libro può essere visto anche come una satira nei confronti delle contraddizioni religioni dell’epoca e delle religioni tutte. Dai Taoisti ai Buddhisti all’Imperatore di Giada con i suoi ministri fatati e Pianeti, lo Scimmiotto riesce a prenderli in giro con spirito e genialità diventando un saggio ed un Immortale. Un classico per conoscere un pezzo dell’immensa cultura letteraria della Cina Imperiale. E se volete perfezionare la vostra conoscenza sulle religioni cinesi come

Buddhismo e Taoismo che sono protagoniste del libro vi consiglio i Dizionari delle Religioni della Electa, “Buddismo” e “Taoismo” euro 22.00 ciascuno.

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Fra Luciano da Napoli


di Diego Rosato Quando ho saputo di questa svolta religiosa, sinceramente ho temuto che anche il mio docente di filosofia preferito con l’avanzare degli anni, avesse cominciato a sentire il ticchettare dell’orologio come una marcia funebre e che avesse avvertito il bisogno di pensare un po’ più all’anima. Invece De Crescenzo non si dichiara credente, né non-credente (il che forse lo colloca tra gli agnostici), quanto piuttosto “sperante”, un ingegnere ancora intriso della sua meridionalità. Vi lascio con le recensioni dettagliate dei due volumi in oggetto, ricordandovi che, se siete interessati ad un qualsivoglia argomento, difficilmente troverete qualcuno che ve lo spieghi meglio di Luciano De Crescenzo... se solo ritrovasse un po’ di originalità e, magari, scrivesse quella storia della filosofia contemporanea che manca nella mia libreria... Forse ha ragione lui quando dice che bisognerebbe inventare un farmaco per non pensare.


Quando si parla di santi laici Vi siete mai chiesti cosa abbiano fatto di particolari i santi per meritare tale appellativo? Avete mai pensato alla possibilità di diventarlo a vostra volta? A quanto pare Luciano De Crescenzo sì e sembra nutrire anche qualche piccola speranza di essere ammesso nell’elenco. In questo volume il divulgatore napoletano racconta la vita dei santi che hanno maggiormente influenzato la sua vita. Alcune scelte sembrano un po’ forzate (ad esempio, sceglie san Luigi, perché Luigi è il nome del suo zio preferito da bambino e Giovanna d’Arco perché gli ricorda la combattività di un suo

compagno di classe alle elementari), ma a prescindere dai motivi della scelta, reali o no che siano, alla fine l’autore si sofferma sui santi Maria (annunciando un libro interamente a lei dedicato), Lucia, Caterina da Siena, Rita da Cascia, Anna, Nicola, Gennaro, Ambrogio, Giuliano, Valentino, Luciano, Tommaso d’Aquino, Filippo Neri, Vincenzo de’ Paoli, Francesco d’Assisi, Luigi Gonzaga, Pietro, Paolo, Giuseppe, Giovanni Battista, Giovanna d’Arco, Cosma e Damiano, Giorgio, Matteo, Antonio Abate, Ciro e Pacomio, divisi nelle categorie Donne, Patroni, Filosofi, Predicatori, Pionieri, Martiri ed Eremiti. Ogni capitolo riguarda uno dei santi citati e contiene dei riferimenti alla vita personale dell’autore che in qualche modo hanno a che fare con il santo, magari anche solo perché alcune vicende ricordano quella del santo o fanno da esempio al suo carattere. Lo stile è come sempre in De Crescenzo mai del tutto serio, sempre molto leggero, scorrevole ed ironico. Il libro si legge tutto d’un fiato in poche ore, soprattutto per chi già conosce vita morte e miracoli dell’autore (o ha semplicemente letto la sua autobiografia). Un voto in meno, perché io ho letto l’autobiografia. VOTO 7/10


Da Moana alla Madonna Come aveva annunciato in “Tutti santi - me compreso” Luciano De Crescenzo ha scritto un volume interamente dedicato alla Madonna. Il divulgatore napoletano dichiara che nella sua città la madre di Dio è sempre stata oggetto di un culto particolare, forse per la memoria del culto pagano della Grande Madre, e che a Napoli, quando c’è bisogno di un aiuto è a lei che ci si rivolge.

dirlo, una serie racconti di espisodi personali che lo legano in qualche modo alla figura della Vergine.

Devo dire che questo libro non manca di spunti interessanti e divertenti, ma molti capitoli risultano un po’ ripetitivi (letta la storia di un’apparizione o di una statua che lacrima, è come se le avessi lette tutte) e, neanche a dirlo, gli episodi personali di cui l’autore parla sono Il volume si apre con la poesia “‘A Madonna ben noti ai suoi lettori fedeli. d’ ‘e manadrine” di Fernando Russo e, dopo un’introduzione in cui l’autore arriva ad ipo- Stile divertente, ironico, leggero e scorrevolistizzare una sua apparizione alla Vergine (sic), simo. Contenuti difficili da gestire in un’opera prosegue con una sezione su Maria nelle dal tono scanzonato. Non un grandissimo riscritture (Vangeli, Vangeli apocrifi, teologi e sultato. filosofi, poeti), una su Maria nei suoi ricordi (Madonna dell’Arco, Madonna del Carmine, Rosario), una sulle apparizioni (Madonna di Lourdes, Madonna di Fàtima, Madonne piangenti), una sulle Marie itineranti (Madonne nere, Madonna di Positano e Madonna della ‘Ndrangheta) ed una su Maria nel linguaggio (Non nominare Maria invano, Lassa fa ‘a Madonna e ‘A Madonna v’accumpagna). De Crescenzo in questo volume si lancia in alcune operazioni un po’ più ardite, cercando di trattare temi un po’ meno abusati dagli agiografi e così si spinge in un improvvido paragone tra il nome Madonna e quello Moana (sì, sta pensando proprio a lei), spiega perché anche in napoletano dice Madonna e non Maronna, precisa che un ingegnere ha poche probabilità di incontrare una Madonna, sicuramente meno di quelle di un pastore ed inserisce, neanche a


L’ onestà bugiarda


di Cristina Montelone Conoscere persone caratterialmente diverse da noi è spesso curioso e stimolante, però può accadere di trovarsi in situazioni non facili da gestire ed in grado di condurre anche a conseguenze inaspettate. Tove Jansson nel suo romanzo “L’onestà bugiarda” ci descrive l’incontro/scontro tra due personalità opposte, insieme agli inevitabili effetti collaterali da questo sono generati.

ma la sua inflessibilità allontana emotivamente le persone tanto che nessuno nutre del vero affetto per lei. L’unico al quale Katri è legata è il fratello, Mats, e al loro cane, scegliendo però di non dargli un nome e di educarlo esclusivamente a seguirla con obbedienza, che lei crede essere sinonimo di liberazione dalle responsabilità, ovvero infondere in ognuno sicurezza e sollievo grazie al sapere sempre cosa fare eseguendo gli stessi ordini in tutte Katri Kling è estremamente onesta, con un ca- le situazioni. Mats vuole bene alla sorella, ma rattere rigoroso ed inflessibile, non ha paura di con lei non ha un reale rapporto, ciascuno ha i dire ciò che pensa, anche a costo di riscuotere propri interessi e i momenti che condividono le antipatie della gente, e agisce sempre con lo scopo di fare la cosa giusta, non badando alla strada da percorrere per raggiungere il suo fine. L’obiettivo ha la priorità sul resto, nulla può essere affidato al caso, perciò ogni sua azione è calcolata nei dettagli che le consentono di avere tutto sotto controllo. Anna Aemelin è invece una sognatrice, vive da sola in una casa lontano dal villaggio, trascorre le giornate a leggere e a dormire, non lavora in inverno perché la stagione non le permette di esprimere il suo talento e passa la primavera a disegnare conigli a fiori, illustrazioni di libri per bambini che l’hanno resa famosa. I suoi acquerelli sono molto apprezzati e redditizi, ma Anna non ha interesse per il denaro, preferisce vivere nel suo magico mondo e non si cura di ciò che potrebbe disturbarlo. Katri ha lavorato come contabile nel negozio di alimentari del villaggio, tutti la rispettano per il suo rigore morale e spesso le chiedono consigli su questioni personali da risolvere,

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sono circondati dal silenzio. La situazione si complica quando i due fratelli si trasferiscono a casa di Anna e Katri cerca di assoggettare tutto a nuove regole, trasformando quello che prima per Anna era disinteresse in ordine preciso che le sconvolge la vita: il cibo in frigorifero subisce una classificazione in contenitori che Anna non capisce, le sue lettere accatastate da anni sono minuziosamente raccolte e catalogate da Katri, i vecchi mobili sono buttati via perché inutili ed anche i suoi interessi economici sono sottoposti all’attento controllo di Katri, capace perfino di distogliere Anna dalla sua scarsa considerazione verso il denaro inventandosi delle partite a carte che la obbligano a scegliere come gestire i propri soldi sfruttando la leggerezza del gioco.

librio precario pronto a rompersi con poco: l’eccessiva schiettezza di Katri ha provocato inquietudine in Anna, il dubbio che la gente possa approfittarsi di lei e dei suoi modi distratti, mentre il legame emotivo nato tra Mats e Anna per la comune passione nei romanzi d’avventura spinge Mats ad allontanarsi dalla sorella, costringendola a riflettere se sia veramente l’assoluta dedizione a motivare ogni azione, se davvero il fine possa giustificare il mezzo.

Ma lo scontro ormai è troppo devastante e può risolversi soltanto spezzando il fragile equilibrio che le due donne hanno costruito: entrambe sono ora pronte per gestire da sole la propria vita con la consapevolezza che, a volte, l’eccessiva onestà può far male, e che altre è La convivenza è però difficile e lo scontro tra meglio conoscere chi si ha davanti prima di le loro personalità ha dato origine ad un equi- concedergli la propria fiducia.

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Reader’s Bench Magazine

Cliccate qui Il magazine, interamente gratuito, ricco di news, recensioni, interviste e tanti suggerimenti per le tue spese in libreria, è online ogni tre mesi. Allo scoccare di ogni nuova stagione arriva sulla vostra panchina sempre un numero nuovo! Questo é il numero dedicato all’autunno 2012, il prossimo sarà online giusto in tempo per Natale. Vi conviene restare incollati alla panchina. Reader’s Bench - 111


Little Readers

di Clara Raimondi

Architettura Moderna Pop Up Ricordo ancora con gioia il giorno in cui, durante la mostra di Picasso a Milano nel 2001, vidi un gruppo di bambini della scuola materna, seduti davanti alle opere del maestro spagnolo, dare giudizi ed interpretazioni sui quadri esposti. Quei piccoli riuscivano a spiazzare persino la guida e a vedere molte più cose rispetto ai “grandi”. Credo che con lo stesso spirito nascano i Pop Up di Rizzoli, dedicati all’architettura. Dopo il Rinascimento, è in tutte le librerie l’Architettura Moderna, un excursus visivo e artistico, attraverso le opere degli architetti contemporanei. Dal Crystal Palace di Londra, al ponte di Brooklyn, dalla Tour Eiffel, alla Sidney Opera House. Informazioni e naturalmente tante immagini pronte a saltar fuori. Dai 10 anni in su. Architettura moderna. Il libro Pop Up di Anton Radecsky e David J. Sokol, Rizzoli, 12.00 pagine, 17.50 euro


Ottavo viaggio nel regno della fantasia Geronimo Stilton abbandona il suo studio e le indagini per indossare, di nuovo, l’armatura di cavaliere. Questa volta il nostro investigatore ha rotto l’orologio di nonno Torquato e l’unico in grado di aggiustarlo è Precisio Meccanicis, peccato che la sua bottega si riveli ben presto una porta per un mondo incantato. Geronimo deciderà di attraversarla e si ritroverà catapultato nel Castelcristallo della regina Floridiana. E’ lei insieme a tutti gli abitanti de Regno della fantasia ad essere in pericolo. Toccherà a Geronimo, il nostro cavaliere senza macchia e senza paura, rimettere a posto le cose. Dai 9 anni in su. Ottavo viaggio nel regno della fantasia di Geronimo Stlton, Piemme, 386 pagg, 23.50 euro

Una gita in treno Sandrino continua le sua avventure sia su Rai Yoyo che in libreria. Arriva sui vostri scaffali Un gita in treno. Sandrino deve andare dalla nonna e per raggiungerla decide di prendere un aereo, mentre la famiglia Porcellini prende un treno per raggiungere i cugini. Il treno è un mondo tutto da scoprire, al cui interno c’è la carrozza per leggere, quella per mangiare ed una per dormire. Tutti sono pronti per partire e tu? Dai 4 anni in su. Una gita in treno di Richard Scarry, Mondadori, 48 pagg, 6.50 euro

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Pasternak poeta in prosa


di Ariberto Terragni Per leggere l’unico romanzo di un poeta, il celebre Dottor Živàgo di Boris Pasternak, credo sia utile spogliarsi di ogni convenzione scolastica, in special modo della suddivisione (del tutto arbitraria) tra linguaggio poetico e linguaggio prosaico. Se infatti il Pasternak poeta non si discosta da un modello compositivo lirico descrittivo, sotto un certo aspetto tipico della poetica russa in senso lato, da Esenin fino a Evtusenko tanto per buttare lì due termini di riferimento, il Pasternak prosatore si spinge fino ad alternare la visionarietà frammentata e aerea tipica del registro poetico con la tessitura di una trama complessa, affollata di nomi, di volti e di situazioni. Il Dottor Živàgo finisce per essere il risultato di questa contaminazione o per meglio dire di identificazione tra l’ideale lirico e le necessità storiche (o per usare una parolaccia potremmo anche azzardare ‘storicistiche’) di un romanzo propriamente detto. In Pasternak la fusione avviene con naturalezza, quasi con candore; il passaggio tra la forma del poemetto in prosa e la successione in capi-

toletti che sembrano le pennellate di un impressionista in inverno, il passo è breve, brevissimo, quasi non c’è, non si avverte: ecco, il transito è già avvenuto, senza che quasi ce ne accorgessimo; per recuperare un termine di paragone bisogna rifarsi ai due grandi padri del romanzo russo, Dostoevskij e Tolsotoj, diversi in tutto, ma non nel dotare la storia di tante e robuste architravi su cui poggiare il proprio intento didattico pedagogico.

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Cosa che in Pasternak non avviene. L’intento ideologico c’è, ed è in questo un elemento tipico di ispirazione russa, nella sua accezione più contadina e populista, ma è stemperato in modo non programmatico, sospeso tra gli alambicchi di una sensibilità spiccata per l’immagine e il contesto. La storia, allora, diventa una non storia, ma la vita osservata, accettata senza la pretesa di alcuna trama, di alcun disegno. Paradossalmente, una visione religiosa in quanto passiva, vuota, colma solo della felicità per così dire oggettiva dovuta al fatto di esserci e partecipare alla grazia della vita.

Il disegno provvidenziale non è pane per la letteratura russa, oppure lo è, ma solo a livelli totali, imperscrutabili, nulla che in sostanza abbia a che vedere con la piccolezza del quotidiano, che può essere affidata tanto al caso quanto ad un tentativo di progetto, ma che tanto rientrerà prima o poi nel gran rumore delle cose. Anche la politica allora, nelle vesti drammatiche dei moti rivoluzionari, si risolve in un’immagine fluttuante, “un sospiro troppo a lungo trattenuto”. La storia del medico Jùrij Andrèevič Živàgo è la storia di una ritirata, di un dire di no. La Rivoluzione come negazione del passato za-


rista, l’abbandono della rivoluzione come negazione dei suoi orrori. Le vicissitudini sentimentali del medico poeta sono la traccia di un desiderio intimo di accettazione senza reticenze, ma giocato in termini impossibili: la moglie rappresenta lo stato di fatto delle cose, Lara un’opzione quasi fantastica che fa da contraltare alla necessità stessa di continuare ad essere se stessi per vivere. Ma sarebbe un errore anche intendere Jùrij Andrèevič Živàgo come un antieroe, come uno che rifiuta la società per come è fatta. Le cose non stanno così. Il dottor Živàgo non vorrebbe altro che questo: essere uno tra i tanti, vivere senza pensarci. Il suo è un no di pancia, non di testa, ed è il no che insieme al suo personaggio pronuncia anche Pasternak stesso, contro lo stalinismo, contro il sovietismo non tanto per una scelta intellettuale, ma per un

disgusto istintivo, per un rifiuto di pelle, di corpo, di occhi, di istinto; insomma un rifiuto che la razionalità asseconda solo in un secondo momento, quando è la percezione del mondo ad essersi fatta esausta. Secondo me questo aspetto spiega meglio di tante congetture perché questo romanzo fu messo al bando in Russia fino al 1988: per le potenzialità esplosive di un no espresso non tanto nei termini dell’elaborazione intellettuale (se pensiamo ai grandi sistemi di pensiero russi nel campo della letteratura, dal formalismo in giù, capiamo come il regime padroneggiasse benissimo la dialettica politico/culturale, al punto da non doverla temere poi tanto) ma della pura percezione. Per dirla in termini kantiani, l’Io penso di Živàgo si ferma sulla soglia della sensibilità, senza tradursi in un contenuto astratto, in una teorizzazione raziocinante. Fatale che un argomento del genere risulti molto più persuasivo, per la massa dei lettori, che non un qualche trattato di politologia. La prosa, e in special modo la prosa russa, avrebbe faticato a rendere questo tipo di distacco, di ritorno alle origini per mezzo dell’identificazione del sé con il mondo della natura (forse non è pertinente, ma anche Rimbaud ad un certo punto dice qualcosa di simile); ci voleva l’afflato poetico per raccontarci l’opacità di Živàgo, il suo peregrinare spinto dal vento, la sua santità non voluta, il suo tormento non problematizzato. La Storia in frantumi raccontata da Pasternak non esiste. E’ una storia che rifiuta di strutturarsi e di darsi ad una lettura univoca, ma che si apre ad ogni evenienza, ad ogni contrasto. “Perché la segreta corrente del dolore riscaldi il freddo dell’esistenza” ci suggerisce Živàgo/Pasternak.


Lo Hobbit


di Chiara Silva Chi tra i Tolkieniani di varia devozione non ha provato un senso di vuoto e smarrimento quando sono apparsi i titoli di coda del terzo film de Il signore degli anelli? Chi non ha iniziato a rimpiangere i mesi passati in attesa di vedere il gran finale della trilogia firmata da Peter Jackson? Ebbene, dopo alcuni anni dal successo de Il ritorno del re è stato annunciato ai fan il progetto di una versione cinematografica di Lo hobbit. Il progetto iniziale prevedeva la realizzazione di due film: The hobbit – An unexpected journey (Lo hobbit – Un viaggio inaspettato, uscita italiana prevista per dicembre 2012, un anno dopo le prime aspettative) e The hobbit – There and back again (Lo hobbit – La riconquista del tesoro, uscita prevista a fine anno prossimo). A luglio è stata invece ufficializzata, per la gioia di tutti gli appassionati, la notizia di un terzo film, fortemente voluto da Jackson e dai suoi col-

laboratori per non tralasciare alcuni passaggi interessanti de Lo hobbit e delle appendici de Il signore degli anelli, in modo da collegare le avventure di Bilbo con quelle di Frodo in un’unica grande saga cinematografica. Questa decisione ha però apportato alcune lievi modifiche, in quanto ora è il capitolo conclusivo ad intitolarsi The hobbit – There and back again mentre il secondo film è stato ribattezzato The hobbit – The desolation of Smaug. La scelta di Jackson di dar vita ad una nuova trilogia non è soltanto una buona trovata commerciale ma è anche stata dettata dal fatto che Tolkien in Lo hobbit (1937) racconta alcuni antefatti sviluppati poi ne Il signore degli anelli (1954-55). Lo hobbit, pensato in realtà come fiaba per bambini, narra le imprevedibili circostanze che portano Bilbo Baggins, un hobbit della tranquilla Contea, a misurarsi con i pericoli della Terra di Mezzo. Dopo la presentazione degli hobbit quale gen-

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te semplice, senza grilli per la testa e assolutamente amante delle comodità, dell’ozio e del buon cibo abbondante, Tolkien racconta come il suo protagonista si ritrova catapultato in una pericolosa avventura che lo porterà lontano da casa. Bilbo, infatti, a seguito della visita del mago Gandalf è stato scelto, a sua insaputa e suo malgrado, come ladro per una compagnia di tredici nani diretta alla Montagna Solitaria con lo scopo di riconquistare il tesoro di cui si è impossessato il temibile drago Smaug. I nani, in particolare Thorin, capo della compagine, desiderano rivendicare il tesoro sottrattogli tempo addietro dal drago e sono pronti anche a morire per portare a termine la loro missione. Bilbo, quasi senza rendersene conto, accetta il ruolo di scassinatore e si unisce al gruppo di nani, dando inizio a una nuova fase della sua vita. La strada per il tesoro è ovviamente disseminata di pericoli e di antagonisti ma anche di personaggi amici grazie ai quali

Bilbo e i nani riusciranno ad affrontare Smaug. Uno degli episodi più importanti de Lo hobbit è il racconto di come Bilbo entra in possesso dell’Unico Anello, il cui destino si legge ne Il signore degli anelli. Bilbo trova l’anello mentre vaga nelle gallerie delle Montagne Nebbiose in cerca di un’uscita. Qui si imbatte nell’inquietante Gollum, il precedente proprietario del gioiello, e riesce a salvarsi dalle sue grinfie grazie all’anello che ha il potere di rendere invisibili. Gollum, capendo che il suo tesoro è ora nelle mani di Bilbo, inizia una caccia disperata al ladro e al suo unico bene. Visti i risultati dei tre precedenti film, ci si aspetta una trasposizione all’altezza delle precedenti. Non ci resta che aspettare con impazienza dicembre, per vedere se Jackson riuscirà ancora una volta a dare degnamente vita all’opera di Tolkien e a ripetere il successo della precedente saga.


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Lo sbaglio di una notte, le bugie di una vita


di Floriana Villano Il romanzo di James Patterson è stato sicuramente una delle sorprese più interessanti di questa estate. Ho adorato e, letteralmente, divorato il giallo “Una sola notte”. Ho portato questo libro sempre con me e appena ne avevo l’occasione, lo aprivo e mi accontentavo di leggerne anche solo una riga, pur di andare avanti con il racconto. Di certo non era l’approccio migliore, questo thriller meritava lunghe ore di lettura, immersa in un’atmosfera tranquilla e solenne, ma la curiosità era tanta e mi devastava. Ogni pagina conteneva un colpo di scena o l’indizio di quello che stava per succedere, il preludio a qualcosa di cui si poteva intuire, più o meno, l’andazzo, ma poi si sviluppava in tutt’altro modo. La storia è ben costruita, tutto parte da un equivoco, si vede ciò che si vuol vedere, si finisce col credere a ciò che si sta vedendo e in un attimo la vita cambia in modo inesorabile. È ciò che accade a Lauren Stillwell, brillante e affascinante detective, di una frenetica New York, scenario della sua autodistruzione ma anche della sua ripresa, in una spasmodica lotta per la sopravvivenza. Lei, così attenta e scrupolosa, cade in una tentazione solo per ripicca nei confronti del marito, che lei crede un traditore, ma che alla fine si rivelerà innocente e colpevole allo stesso tempo, eroico e assassino senza possibilità di giustificarsi; lei, dal canto suo, si troverà nell’ingiusta e delicata posizione di doverlo proteggere, ma anche consegnarlo alla giustizia, coprire i dan-

ni causati dal consorte e, contemporaneamente, tirarlo fuori dai guai, salvandolo da se stesso e cercando di recuperare una vita che sembrava perfetta, ma che presenta troppe lacune. Il libro ha un ritmo serratissimo, gli avvenimenti si svolgono in tempi davvero rapidi, senza concedere un minimo di tregua al lettore, rinchiuso in una spirale di sospetti, ingiustizie ed equivoci che sembrano non avere vie d’uscita. Lo scrittore è riuscito, abilmente, a costruire un intreccio davvero contorto e perverso, intorno alla protagonista, vittima di una serie di vicende davvero surreali. Il colpo di scena finale è tutto da gustare, forse l’unico appunto lo farei al finale, un po’ lento e prevedibile, però dati i precedenti avvenimenti non gli ho dato molta importanza. Qualcuno mi aveva messo in guardia sul modo di scrivere di Patterson, definito “piuttosto irritante, scrive come un bambino”; in effetti ha un modo di gestire le frasi molto particolare: troppo corte e quindi periodi quasi inesistenti e, soprattutto, capitoli molto brevi. Questo determina, in modo decisivo, il ritmo della lettura, alquanto serrato, anche se, ad essere sincera, ero talmente presa dalla lettura che alla fine non ci ho fatto caso più di tanto. Consiglio questo libro agli appassionati di thriller, come me, perché davvero è un romanzo che mantiene alte le aspettative e non le delude. Da leggere tutto d’un fiato è, sicuramente da non perdere.

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Reader’s Club La tua passione in un libro

“Non preoccupatevi del futuro. Oppure, preoccupatevene, ma sapendo che tanto è un gesto inutile. Non vi aiuterà più quanto masticare un chewing gum vi possa aiutare a risolv un problema di algebra.”


ù di vere

di Clara Raimondi

Kurt Vonnegut è tornato in libreria il 6 settembre con Guarda l’uccellino (Feltrinelli) 14 racconti inediti scritti all’inizio della sua carriera. Anche ISBN qualche tempo aveva portato alle stampe Baci da 100 dollari. Ancora racconti ma questa volta scritti per una serie di magazine americani femminili.


Cinema Woody Allen di tutto, di più

Il documentario Woody Allen: tutto quello che avreste voluto sapere su Woody Allen ma non avete mai osato chiedere di Robert B. Weide, già presentato all’ultima edizione del Festival di Cannes, è appena sbarcato nella sale cinematografiche. Aneddoti, clip inedite che raccontano la carriera di uno degli interpreti più originali dello show biz. Ma la storia del regista americano é raccontata, anche qui in modo originale, da Eric Vartzbed ne Come Woody Allen può cambiare la vostra vita. Il libro, tra l’altro, è uno dei premi del concorso Un Anno di Reader’s Bench (trovate tutto sul sito, scade il 20 ottobre 2012) racconta la storia dello psicanalista e della sua vita così fortemente influenzata dal cineasta. Nella seconda parte, quella più impegnativa, il lavoro si sposta sull’analisi delle problematiche, più o meno serie, affrontate dai film di Allen. Un libro che tutti i cinefili non possono non avere in libreria. Come Woody Allen può cambiare la vita di Eric Vartzbed, Archinto, 133 pagg, 12.00 euro

Reader’s Bench - 126


Il mito di Grace Kelly Prima è toccato alla Hepburn, poi a Marilyni ed oggi alla Kelly, non alla borsa, intendiamoci, che pur da lei prende il nome, ma ad una delle attrici più famose al mondo, simbolo di stile ed eleganza. Non che le altre non lo fossero, per carità, ma dato che questo è l’anno di Grace devo, quasi obbligatoriamente, definirla così. L’unica donna a meritarsi il titolo di Principessa e di “Ghiaccio Bollente”, così come la definì Hitchcock, è al centro delle trattazioni di alcuni autori italiani, sbarcati, insieme all’attrice nelle nostre librerie. Il primo in ordine di tempo è Grace Kelly. La principessa di Ghiaccio (Aliberti 204 pagg, 15.00 euro) di Andrea Carlo Cappi che abbandona le indagini, i misteri, ambientati in epoche passate (così come lo abbiamo avuto modo di conoscerlo a Giallolatino) per raccontare la storia di un’attrice tra aneddoti e curiosità che riporteranno a galla i misteri dietro ad una vita sempre sotto i riflettori (operazione già riuscita con La donna più bella del mondo, Aliberti, 270 pagg 16.00 euro). Secondo, in ordine di tempo, è Cercando Grace (Rizzoli, 220 pagg, 14.90 euro) di Enzo Miccio, l’esperto di stile e buon gusto del piccolo schermo. Miccio, accantonata per un attimo la tv e la manualistica (Ma come ti vesti?, Matrimonio da favola, entrambi per Rizzoli) affronta il suo primo, vero romanzo.

Trent’anni insieme a un genio Emilio D’Alessandro non avrebbe mai potuto immaginare che un giorno, per caso, si sarebbe trovato davanti alla porta della casa di Kubrick e soprattuto che da lì a qualche anno sarebbe diventato l’assistente personale del regista inglese. Un ingaggio fortuito, poi le prime esperienze sul set, le confidenze e i lunghi viaggi alla ricerca delle location adatte ai suo film. Trent’anni passati a fare da assistente ad un genio ma anche ad imparare tutti i segreti della settima arte. Stanley Kubrick e me. Trent'anni accanto a lui. Rivelazioni e cronache inedite dell'assistente personale di un genio di Emilio D’Alessandro, Il Saggiatore, 354 pagg, 17.00

Reader’s Bench - 127


Viaggi Diario di una blogger Eppur si muove! Avrebbe detto Galilei e , senza disturbare il sonno eterno del maestro, posso dire che mai frase fu più azzeccata soprattutto se la mettiamo in relazione al mondo dei blogger italiani. E sì perché dopo anni di sostanziale indifferenza da parte dei media alcuni, pochi, blogger ce l’hanno fatta. Sono, finalmente, usciti dalla loro stanza, si sono scollati dal loro pc e hanno fatto della propria passione un vero e proprio lavoro. Lo sa bene Sigfrid Verbert che grazie al suo Cavoletto di Bruxelles ne ha fatta di strada, in lungo e in largo per il web, in cucina e anche in libreria. Esce, proprio in questi giorni, il quarto libro della cuoca che, abbandonati i manuali e le raccolte di ricette, si dedica ad una sorta di diario on the road. Luoghi, atmosfere, piccoli e grandi centri raccontati attraverso le immagini e soprattutto il gusto e il sapore dei piatti locali. Per tutti quelli che non si muovono mai a pancia vuota. Diario Italiano. Appunti di viaggio, ricette ed emozioni di Sigrid Verbert, Rizzoli, 254 pagg, 26.00 euro

Reader’s Bench - 128


Berlino in tasca State pensando di organizzare un viaggio all’estero, magari per Capodanno, a Londra? Bé posso dirvi che siete out! La vera città di tendenza del momento è Berlino per cui toglietevi la bombetta e il fumo dagli occhi e andate alla scoperta della capitale tedesca ma non senza il libro giusto: Berlino Pocket, la guida indispensabile per gli itinerari e tutti i suggerimenti per il vostro viaggio. Berlino Pocket di Andrea Shulte-Peevers, EDT, 192 pagg, 12.90 euro

Una Milano tutta da scoprire Bruna Gherner e Luca Gorcelli ci portano alla scoperta di una Milano inedita, lontana dalle strade della moda e dello shopping. Una città a misura d’uomo. tutta da scoprire, girando in bicicletta, tra mercatini che vendono fiori e negozi vintage. Parchi nascosti, mercati di frutta e verdura biologica e tanti, tantissimi suggerimenti per vivere una metropoli in modo low cost. Milano Low Cost di Bruna Gherner e Luca Gorcelli, Bur, 284 pagg, 9.90 euro

Reader’s Bench - 129


Moda I campioni di Domenico Dolce Con un evento che avrebbe fatto invidia ai bei tempi che furono, in una Milano che si è scolata anche l’ultima bottiglia, é stato presentato Campioni di Domenico Dolce. Un libro fotografico per raccontare, in una decina di scatti fotografici in bianco e nero, altrettanti campioni dello sport nazionale. Sessantasette giocatori di calcio ritratti con indosso capi della maison D&G e un inaspettato Domenico Dolce che dimostra di sapersela cavare anche con la fotografia. Il volume, edito da Rizzoli, ha un costo stratosferico che si aggira intorno ai 200 euro che tuttavia vengono giustificati dall’intento benefico. L’intero ricavato della vendita del libro, infatti, sarà devoluto all’associazione AriSLA che si occupa della ricerca per la Sclerosi Laterale Amiotrofica. Campioni di Domenico Dolce, Rizzoli, 560 pagg, 170 euro

Reader’s Bench - 130


Una vita alla moda Sonia Tiffany Grispo di www.trendandthecity. it arriva sugli scaffali delle nostre libreria con Come vivere alla moda. Un manuale ma anche un prontuario ricco di tutte le informazioni che una donna stilosa dovrebbe avere a sua disposizione. Trend, epoche, modelli che hanno fatto la storia della moda ma soprattutto i momenti e le occasioni d’uso non avranno più segreti. Un libro che già dalla copertina promette di svelarci tutti i segreti delle copertine patinate e dell’universo moda. Come vivere alla moda di Sonia Tiffany Grispo, Newton Compton, 224 pagg, 9.90 euro, in formato e.book a 0.99 euro.

Il tubino nero di Elena Per la serie: i blogger che ce l’hanno fatta (che, tra l’altro, sembra il leitmotiv di questo numero), presentiamo il libro di Elena Schiavon che arriva in libreria con il suo Little Black Dress, un sorta di piccolo manuale/agenda dove l’autrice dispensa piccole dritte sulla moda. Per cominciare ad avere un certo stile, da dove partire se non dal semplice tubino nero? Questi e tanti altri suggerimenti in un libro da portare sempre con voi. Little Black Dress di Elena Schiavon, Astraea, 160 pagg, 9.90 euro

Reader’s Bench - 131


Musica Ancora, per sempre, Beatles!

Ricordi, emozioni di due beatlesiani di ferro, raccontati in Let it Beatles, il libro di Andrea Kerbaker e Alberto Tonti (il libreria già dai primi di ottobre). Un racconto che inizia proprio dal quel giorno in cui i Fab Four pubblicarono Love Me Do e che arriva intatto fino a noi. Per tutti quelli che ci sono stati e per quelli che avrebbero tanto voluto esserci. Il libro verrà presentato alla Feltrinelli di Milano in Piazza Piemonte in una serata evento il 5 ottobre, la stessa data che vide la nascita del mito. Con l’esibizione di Rolando Giambelli & the BeaTops, sono sicura che sarà un appuntamento da non perdere. Let it Beatles di Andrea Kerbaker e Alberto Tonti, Skira, 96 pagg, 13.00 euro

Reader’s Bench - 132


Il dono di Tony Bennett L’ultimo, grande, confident singer della storia della musica contemporanea, Tony Bennett, racconta la sua vita e la sua straordinaria carriera in Life is a gift. Un memoriale ed un altro volume pieno zeppo di incontri con altri grandi della musica di oggi e del passato. Un libro per ora solo in lingua inglese e in formato ebook che vale la pena leggere se siete amanti di una delle voci più belle al mondo. Life is a Gift ddi Tony Bennett, Harper, 12.62 euro ( dal prossimo 20 novembre)

Pink Floyd, la prima biografia Tocca a Nick Mason, l’unico componente della band a sopravvivere ai tanti avvicendamenti, tirare le fila e raccontare la storia di un altro gruppo inglese. Dagli esordi negli anni’60, alle sperimentazioni, al successo di The Dark Side of The Moon ma anche gli eccessi, la gestione della celebrità, in un libro che è la prima vera raccolta dei ricordi e della storia dei Pink Floyd. Il miglior regalo che si possa fare ad un vero fan. Inside out. La prima autobiografia dei Pink Floyd di Nick Mason, Rizzoli, 360 pagg, 17.50 euro

Reader’s Bench - 133


Al prossimo numero ...


... 22-12-2012


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