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RAVENNA &DINTORNI 11/12 2014

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MONDOVINO

È Natale. E come ogni anno, puntuale come la morte e le tasse, aumenta il consumo di bollicine. Questo è il periodo dove perfino chi le ha ripudiate durante l’anno le beve, salvo poi rinnegarle finite le feste. Si può essere più stolti di così? Come mai non hai mai bevuto un vino spumante per tutto l’anno e ti riduci solo ora a ingollare quantità industriali di vino “gassificato” da poco prezzo? Non ti senti un po’ fesso consumatore che fai pure l’esperto sulla finezza delle bollicine? Ma lasciamo stare vane polemiche , anche se sarebbe una riflessione da fare. Questo è il periodo dove si beve e si mangia peggio se non si fa un po’ di attenzione. Pacchi di Natale con la solita bottiglia fatta di “acqua e zucchero” insieme al pezzo di pane raffermo chiamato panettone, bar che spacciano frizzantini per grandi spumanti – ho visto anche questo – gente che compra spumante solo perché c’è scritto “champagne” senza rendersi conto della fregatura e molto altro che preferisco evitare perché è Natale e bisogna essere per forza più buoni. Altra sciocchezza delle festività. Meglio, quindi, spendere qualche riga su uno dei prodotti della nostra enologia più invidiati e contraffatti al mondo. Uno di quei vini che se l’Italia fosse Francia nessuno si permetterebbe di contraffarlo e tutti lo berrebbero durante l’anno. Il Natale, infatti, è uno dei periodi dove si consuma di più vino Moscato spumante. Quello che per molti è un “semplice vinellino” dolce in realtà è una delle varietà d’uva più antiche e coltivate nel mondo, che dall’Asia minore si diffuse, grazie ai marinai greci e fenici, in tutto il bacino mediterraneo. Era chiamata dai romani uva apicia o apiana, per la forte dolcezza che richiamava numerose le api. In Italia esistono numerose varietà, anche se un posto di rilievo spetta al moscato di Canelli, in Piemonte,

di Fabio Magnani Giornalista, selezionatore vini con collaborazioni nazionali e internazionali. Consulente di importatori, piattaforme commerciali, ristorazione e aziende vinicole

BRINDISI

Quella dolce delizia del Moscato D’origine piemontese, sia vivace che spumante, è tanto nobile quanto contraffatto CANTINA DOMESTICA COME GESTIRE I VINI SPUMANTI: DALLA TEMPERATURA DI SERVIZIO AI BICCHIERI, ALLA CONSERVAZIONE Vediamo come gestire i vini spumanti tra le mura di casa in modo da avere un prodotto sempre fresco e pronto da bere per gli ospiti improvvisi. Innanzi tutto la temperatura ideale per apprezzare al meglio i vini spumanti è di 7/8 gradi circa. Diventa utile, a questo punto, procurarsi un secchiello per il ghiaccio e, qualora non fosse possibile, le cosiddette “copertine” o “gonne” raffreddate prima nel “freezer” e poi avvolte attorno alla bottiglia. Sono davvero utili, vi permettono di mantenere la bottiglia fresca o di raffreddarla abbastanza velocemente senza troppi stress per il vino. Che lo spumante sia secco o dolce va comunque servito in due momenti. Il primo quando la schiuma arriva al bordo del bicchiere e il secondo subito dopo per riempire il calice. Il rabbocco va fatto quando il calice è mezzo pieno per mantenere sempre la giusta temperature nel calice del vostro ospite. Per essere chiari non dovete mai permettere che il vino spumante si scaldi troppo. Una volta le bollicine erano servite in un calice detto “flute” a forma conica allungata. Questa forma permette il movimento dell’anidride carbonica verso l’alto dando vita al perlage oggetto di valutazione dei vari degustatori. Il mio suggerimento è di abbandonare questo genere di bicchieri e di usare dei calici a tulipano sul modello del Franciacorta . In questo modo avrete la possibilità di godere delle fragranze del vino e di avere una visione corretta anche delle bollicine. Una volta per i moscati dolci spumanti si usavano le coppe aperte perché c’era una teoria oggi abbandonata e che nulla porta. Anche in questo caso affidatevi al bicchiere di cui sopra. Se all’apertura, vi trovate di fronte ad un tappo un po’ ostico, usate le apposite pinze che ne facilitano l’uscita, delle volte basta uno straccetto che aiuta ad avere maggiore presa. Se volete conservare gli spumanti appena aperti, usate degli speciali tappi che aiutano il mantenimento del vino per qualche giorno. Non usate il cucchiaino posto all’apice della bottiglia perché non serve a nulla, si tratta di una leggenda metropolitana.

base del famoso Asti spumante. Comunque sia il moscato piemontese deve molto della sua fama a un appassionato gioielliere viticoltore, Giovan Battista Croce, che alla fine del’500 iniziò a dedicare il proprio tempo libero alla produzione del moscato, riuscendo a creare un vino vivace, stabilmente dolce. La vera esplosione del Moscato D’Asti si ebbe nella seconda

Il Moscato d’Asti “vivace”, non va confuso, (anche se ricavato dalle stesse uve) con il Moscato Spumante. Sopra la vendemmia in Piemonte.

metà dell’800, dopo che Carlo Gancia applicò a questo vino le tecniche francesi di spumantizzazione, creando appunto, la versione spumante dell’Asti che oggi si fregia della denominazione di origine garantita. Dall’opera iniziale di un gioielliere oggi ci troviamo di fronte ad una produzione di milioni di bottiglie commercializzate in tutto il mondo e che interessa cinquantadue comuni nelle province di Asti, Alessandria e Cuneo con un’estensione di vigneti pari a una superficie di circa quattordicimila campi da calcio. Se per un attimo vi fermate a pensare alla passione, all’incessante lavoro di certi vignaioli, agli scoraggiamenti del continuo tentare, alla tenacia di andare avanti e alla gioia nel vedere i risultati ottenuti, pensate ancora che questo sia un semplice “vinellino dolce”? Al consumatore più sprovveduto che si crede furbo perché beve Moscato spumante da poco ricordo che quello autentico è di una bontà unica ed è una tipologia di vino la cui finezza si basa su un’infinità di piccoli equilibri che ne determinano il dettaglio al naso e al palato. La bontà di un Moscato, soprattutto se parliamo di Asti, non la trovate in una bottiglia che costa due euro ma in una che vale almeno cinque volte tanto.

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euro 35,00

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FISICA DELLE BOLLICINE

Le alchimie del “metodo classico”: dalla pigiatura soffice alla “presa di spuma”, fino alla “sboccatura” e ai “tagli” Il fascino delle bollicine comincia già in cantina. È un’arte, quella della spumantizzazione, che fa di un vino fermo, un liquido odoroso che brilla di luce propria con minuscole sfere che danzano fittissime nel bicchiere. Come avviene tutto questo? Vediamo le bollicine per eccellenza, quelle che si creano con il sistema denominato metodo classico o per dirla alla francese, champenoise. Le uve raccolte, per ciò che riguarda gli spumanti italiani, generalmente sono Pinot Nero, Pinot Bianco e Chardonnay. I grappoli sono raccolti a mano, posti in piccole cassette e portate in cantina per essere pressati dolcemente. Alcune aziende differenziano le fasi di pigiatura: una prima, soffice, che da origine a un mosto migliore; la successiva è utilizzata per prodotti di diversa qualità. Ottenuto il mosto, avviene la cosiddetta chiarifica, momento in cui avviene la separazione delle sostanze solide dal mosto stesso. A questo punto ci troviamo di fronte ad un vino fermo posto in bottiglia con l’aggiunta di una soluzione – liqueur de tirage – composta da lieviti e

Pupitries per le bottiglie di spumante

LO STAPPATO

Moscato d’Asti Muray di Marino, dolce e dalla freschezza scalpitante Assaggiamo un piacevole moscato nella versione frizzante e prodotto dall’azienda “Beppe Marino”. Il “Moscato d’Asti Muray” 2013 ha un naso intenso e persistente. Odori di muschio, rose bianche, tè verde, foglie di alloro, cedro e foglie di limone. La bocca è saporita e ha carbonica cremosa. Dolce e dalla freschezza scalpitante. Bocca davvero equilibrata anche in fase di chiusura con amarognolo piacevolissimo. Ottimo vino, da sperimentare molto freddo come aperitivo con qualche mollusco o crostaceo oppure per i più tradizionalisti con piccola pasticceria secca.

una serie di catalizzatori utili per avviare una seconda fermentazione direttamente in bottiglia. Il tappo utilizzato in questa fase è un comune tappo a corona, quello delle bibite per intenderci. Ora comincia una nuova fermentazione che prende il nome di presa di spuma che trasformerà un vino fermo in spumante. Le bottiglie, poste inizialmente in posizione orizzontale, subiranno una serie di operazioni periodiche tra le quali lo sbancamento che può durare dai 12 ai 36 mesi. Le bottiglie, di solito accatastate secondo un certo modello di cantina, sono di tanto in tanto sbattute con forza e riposte in cataste. Quest’operazione viene eseguita in modo meccanico con i giropallet e serve per mantenere in sospensione i lieviti nel liquido. Negli ultimi mesi di questa fase, occorre porre le bottiglie in punta. Ancora oggi c’è chi usa le pupitres, due tavole a forma di “V”rovesciata, ma i più usano sistemi meccanici. Comunque sia in questo stadio le bottiglie periodicamente sono ruotate di un quarto di giro in modo da permettere che i depositi formatisi all’interno scivolino lentamente verso il tappo. Successivamente si passa alla sboccatura (degorgement), il momento in cui l’estremità della bottiglia, dalla parte del tappo, è congelata in un’apposita soluzione e stappata in modo da eliminare la parte congelata con tutti i depositi. Ciò determina la pulizia definitiva dello spumante che andremo a bere ma anche una piccola perdita del vino stesso che sarà sostituita con una soluzione detta liqueur de expedition che contiene in percentuali variabili zuccheri, vino accuratamente selezionato e, a volte, tracce di distillato. La liqueur rappresenta per ogni azienda una sorta di segreto da conservare gelosamente perché caratterizzante la propria etichetta. Molte aziende eseguono dei tagli – cuvée – nel senso che utilizzano vino proveniente da zone di produzione e annate diverse e lo assemblano in percentuali segretissime necessarie per dare allo spumante quell’originale gusto aromatico che identifica una marca. Allora quando ci troviamo davanti ad una bottiglia dove l’anno di vendemmia è chiaramente indicato, siamo di fronte ad un millesimato: lo spumante di questo genere è prodotto con il vino proveniente da una singola annata.

Il buon pesce dal 1955

ASTI SPUMANTE QUALI ABBINAMENTI IN TAVOLA? L’aroma muschiato, la piacevole, la naturale amabilità e la moderata alcolicità fanno dell'Asti spumante un vino dalle particolarità irripetibili. Il suo aroma intenso è ricco di sensazioni che ricordano i fiori di acacia, il glicine, il miele, le spezie, i fiori di sambuco e il bergamotto. Le sue bollicine trasmettono al palato delicatezza e cremosità con sfumature di salvia, basilico e frutta dolce. Il moscato si presta ad abbinamenti di vario genere, dal classico panettone (artigianale è meglio), ai dolci fino a raggiungere il brindisi del nuovo anno. I moscati quando sono davvero buoni, sono da sperimentare con gli abbinamenti più azzardati, che superano il vecchio sposalizio che vedeva l’Asti rigorosamente con preparazioni dolciarie. Interessante provare un passito di moscato con i molluschi, specialmente se si tratta di ostriche, oppure, nel caso di uno spumante dolce, direttamente con i crostacei. E che dire di un petto di pollo lavorato con erbe fini, glassa ed uva passa? In Piemonte gli azzardi di questo tipo si fanno da secoli, come amano dire certi produttori di moscato che lo trovano piacevole anche per l’aperitivo, soprattutto quando il moscato ha una tendenza agrumata ed è servito ben freddo

DUE RICETTE DELLA TRADIZIONE PIEMONTESE Se si preferisce rimanere sul classico degli abbinamenti ecco due ricette della tradizione dolciaria piemontese. Per la stiacciata al rosmarino procuratevi 500 gr. di pasta di pane, 300 gr. di uva rosata, 150 gr. di zucchero di canna, 20 gr. di lievito di birra, 100 gr. di gherigli di noce, sale, olio e un rametto di rosmarino. Si prepara mettendo in padella quattro cucchiai d’olio con il rosmarino tritato. Lontano dal fuoco unite zucchero, noci tritate, un cucchiaino di sale e mescolate. Incorporate alla pasta di pane appena lievitata il composto alle noci e poi i chicchi di uva. Fate riposare per un’ora. Dividete la pasta in tre cordoni che annoderete tra loro come una treccia e cuocete in forno a 170° per 45 minuti. Se invece volete preparare il dessert con panna all’astigiana, procuratevi 5 tuorli e 5 cucchiai di zucchero assieme a 700 ml. di panna fresca, 150 gr. di canditi misti tagliati a dadini e 10 gr. di gelatina in fogli. Mettete a bagno la gelatina in acqua fredda per dieci minuti. Montate i tuorli d’uovo assieme allo zucchero fino a renderli chiari e spumosi. Unite la gelatina, i canditi e la panna montata. Versate in uno stampo e lasciate riposare in frigorifero e, dopo due ore, servite.

Menù di Natale

€ 40

ANTIPASTI: Antipasto freddo secondo pescato, Dadolata di totani su letto di polenta PRIMI: Risotto al sugo bianco di pesce, Lasagnetta di mare Sorbetto SECONDI: Grigliata mista con fritto - DOLCE: Dessert al Mascarpone Caffè e digestivi

Venerdì 12 Dicembre CENA DEGUSTAZIONE con 3 metodi Classici marchigiani dell‘Azienda Vinicola Gioacchino Garofoli Mazzancolle in salsa allo Zafferano con tortino di riso e verdure croccanti

Filetto di San Pietro alle erbette su Rostì di patate

In abbinamento Delis Cremant 2011(Verdicchio)

In abbinamento Brut Riserva 2010 (Verdicchio)

Paccheri con sugo di Ricciola

Torta caprese con salsa al sedano

In abbinamento Brut Rosè Riserva 2011(Montepulciano)

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Piazza Saffi, 13 - Punta Marina Terme (RA) - Tel. 0544 437228

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ANTIPASTI: Baccalà mantecato con chips di patate rosse Cestino di pasta fillo con radicchio e bruciatini di seppia Guazzetto di pescatrice con crostone alle erbe aromatiche PRIMI: Raviolo alla rapa rossa con ripieno di triglia e fonduta di formaggi, Maltagliati seppia e fagioli Sorbetto SECONDI: Orata al cartoccio con verdure miste, Frittura dell’Adriatico DOLCE: Semifreddo al torroncino con salsa al cioccolato bianco Caffè e digestivi Serata musicale in compagnia di Anna Romano


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