ANTEPRIMA Edizione 2014
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25 ANNI DI MUSICA E CULTURE
IL TEMA LA TRAGEDIA DELLA GRANDE GUERRA CHE DIEDE VITA AL SECOLO BREVE Ascoltare dal vivo Like a rolling stone suonata da Bob Dylan e Walk on the wilde side di Lou Reed, vedere sul podio Abbado e Boulez, Kleiber e Metha, vivere le dodici ore de I demoni di Dostoevskij per la regia di Peter Stein, sono solo una manciata dei tantissimi i momenti di grande musica e delle molteplici suggestioni culturali che sono entrati a far parte della memoria collettiva della città e del pubblico lungo i 25 anni di storia del Ravenna Festival. Molto sono stati i luoghi inediti o abbandonati restituiti alla città: i vecchi magazzini dello zolfo trasformati in centro culturale Almagià, la Rocca Brancaleone, che a suo tempo era stata era stata un tempio della la lirica, il Pala De André che alternava le vittorie del Messaggero di Timmons e Kiraly ai primi concerti, ancora con una acustica molto problematica. E ancora San Nicolò, oggi diventato museo, fino al più recente Tiro a segno. Nato quasi per sfida dalla visionaria risolutezza di Cristina Mazzavillani e reso subito internazionale grazie al sostegno del maestro Riccardo Muti il Ravenna Festival è cresciuto negli anni con il lavoro di Mario Salvagiani prima, poi di Franco Masotti, Angelo Nicastro, Antonio De Rosa e molti altri che hanno por-
tato avanti questa non facile impresa culturale, con un notevole gioco di squadra. Da quel primo concerto del 1 luglio 1990 molte cose sono cambiate nella città del festival. All’epoca c’era la grande chimica di Raul Gardini, Pierpaolo D’Attore sarebbe stato eletto sindaco dopo poco, mentre Fabrizio Matteucci era un giovane segretario della federazione del Pci e Alberto Cassani, che oggi guida la sfida di Ravenna a Capitale della Cultura, era appena diventato animatore del Circolo Gramsci. L’assessore alla Cultura Ouidad Bakkali invece aveva appena tre anni, ed era da poco arrivata in Italia da Agadir, in Marocco, per raggiungere il padre, operaio all’Enichem. Oggi Ravenna è forse meno ricca dal punto di vista economico. Le ambizioni di Raul sono poco più che un ricordo, ma la cultura è sicuramente molto più vitale di quanto lo sia sia mai stata. Sono cresciute nuove generazioni di musicisti, di cantanti, di attori, che da venticinque anni, ogni estate, hanno avuto una certezza con cui confrontarsi, un momento in cui assistere a spettacoli di altissimo livello e anche un’orizzonte non provinciale in cui cimentarsi come operatori della cultura. Matteo Cavezzali
«Là sono rimasti tutti i morti senza nome, alla maggior parte dei quali piaceva la vita» scrive Ernest Hemingway al ritorno dal fronte italiano. La prima guerra mondiale è stata forse soprattutto questo. Moltissimi morti senza nome. Morti di freddo sui monti innevati, morti affogati nel fango delle trincee, morti di stanchezza e di fame nelle case spogliate di padri e mariti, morti ragazzini trafitti da baionette per mano dei propri coetanei, morti fucilati da connazionali per aver disertato. Morti senza nome celebrati dai loro assassini in monumenti a militi ignoti. Carlo Emilio Gadda, che perse un fratello aviatore, raccontò con queste parole il lutto della madre trasfigurata in uno personaggi de La cognizione del dolore: «Le avevano precisato il nome, crudele e nero, del monte: dove era caduto: e l’altro, desolatamente sereno, della terra dove l’avevano portato». È passato un secolo da quella tragedia che non ebbe nemmeno il merito di insegnare qualcosa alla storia, che si ripeté senza che fosse passata nemmeno una generazione. Moltissime opere letterarie, musicali e teatrali raccontarono «una generazione la quale, anche se sfuggì alle granate, venne distrutta dalla guerra» come scrive nell’incipit di Niente di nuovo sul fronte occidentale Erich Maria Remarque, che visse il conflitto dall’altra parte delle barricate, ma con l’identica percezione di aver guardato in fondo ad un abisso inumano. Quello che diede vita secondo lo storico Hobsbawm al “secolo breve” che si chiude con la fine di un’altra guerra, quella della ex Jugoslavia, a Sarajevo nel 1991. Il Ravenna Festival ricorda quella guerra con il titolo 1914: l'anno che ha cambiato il mondo e proponendo una serie di eventi e concerti tematici, da Riccardo Muti a Moni Ovadia da Elena Bucci a Ute Lemper e non solo. La città di Ravenna, oltre ad aver mandato a morire centinaia di giovani al fronte, in primis i dissidenti anarchici, repubblicani e socialisti protagonisti delle rivolte della Settimana Rossa, ha inoltre il triste primato di aver dato alla Grande Guerra una delle prime vittime il 24 maggio 1915 durante il primo attacco degli austriaci quando un cacciatorpediniere bombardò Porto Corsini togliendo la vita a Natale Zen. (ma. ca.)
RAVENNA &DINTORNI 21/11 2013
II
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La ballerina di origine ucraina Svetlana Zakharova. Inaugurerà la 25esima edizione del Ravenna Festival, il 5 giugno al Pala De André, con un Gran Gala di danza assieme alle étoliles del Teatro Bolshoi di Mosca
Bella Venezia è un ristorante caratterizzato da un'atmosfera classica, quasi d'altri tempi, come non se non vedono più in giro. Era il 1969 quando Carlo Bazzani prendeva in gestione il locale portando da Bologna la sua abilità e le sue conoscenze nella nostra città. Ora i figli Amos, Nada e la signora Irma, propongono portate della tradizione non solo romagnola bensì emiliano-romagnola di ampio respiro. Piatti unici nello stile che hanno reso famoso il locale come il Risotto Bazzani, la Petroniana con zucchine, le patate fritte al profumo di rosmarino e aglio ed il nodino Bazzani. Il Ristorante Bella Venezia è l'ideale per pranzi o cene sia d'inverno che d'estate mettendo anche a diposizione un raffinato giardino estivo, divenendo cosi vivibile anche durante la stagione calda.
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Dai balletti russi alla postmodern dance della Brown
C’è spazio per tutti i linguaggi della danza alla venticinquesima edizione del Ravenna Festival: dal classico al contemporaneo, passando attraverso il modern, il post-modern e il teatro-danza. Ad aprire il prestigioso calendario della manifestazione è la regina della danza, la ballerina di origine ucraina Svetlana Zakharova che si presenterà – oltre che insieme a tre étoile del Teatro Bolshoi di Mosca – con il marito, il violinista Vadim Repin, nel duplice ruolo di solista e direttore dell’Orchestra Cherubini. Un Gala-Concerto à la russe che combina danza e musica, ideato da una coppia di artisti abili nel proporsi sotto la luce migliore, incrociando i rispettivi repertori. Il programma è caratterizzato infatti da miniature coreografiche e musicali, quali La morte del cigno, in cui i languori di Fokin estenuati dall’interpretazione di Zakharova acquistano nuovi bagliori grazie all’esecuzione rapinosa di Repin dei capricci di Saint Saëns. L’appuntamento è per il 5 giugno alle 21.30, al Pala De Andrè. Dopo questo grande evento in esclusiva per l’Italia, è la volta dell’anteprima europea di Chéri, produzione newyorchese di teatro-danza con regia e coreografie di Martha Clarke, che ha per straordinaria protagonista Alessandra Ferri, insieme all’étoile dell’American Ballet, Herman Cornejo, e a Amy Irving, attrice prediletta da grandi registi come Brian De Palma e Steve Soderbergh (vedi a pag III). Tre le date previste, il 9, 10 e 11 giugno al teatro Alighieri. Il pubblico potrà poi ammirare, sabato 21 giugno al Pala De André, uno degli ensemble più brillanti della scena europea: il Ballet du Grand Théâtre di Ginevra, diretto da Tobias Richter e Philippe Cohen, che combina una lunga tradizione con lo slancio contemporaneo. Lo spettacolo sarà diviso in due parti: Lux e Glory. La prima è firmata dallo sviz-
In centro a Ravenna un locale accattivante e accogliente in cui ci si sente a casa propria
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DANZA
La Reverie
zero Ken Ossola e offre una nuova dimensione di un capolavoro della storia della musica, come il Requiem di Fauré. Il suo è un dialogo continuo fra la vita e la morte, tra la luce e le tenebre, in cui alla fine a vincere sono la vita e la luce. Glory è invece opera del greco Andonis Foniadakis che, su musiche di Haendel, dirige i flessuosi danzatori, orchestrandoli come figure di un bassorilievo classico. Il 22 giugno al teatro Alighieri, è la volta di una produzione del Ravenna Festival: Le maître et la ville, creazione che il coreografo e danzatore Micha van Hoecke dedica alla città nei 25 anni di Ravenna Festival. L’artista ha infatti vissuto tutte le evoluzioni della manifestazione ed è qui che molte delle sue più importanti e innovative creazioni hanno preso vita: Adieu à l’Italie, Pélérinage, A la memoire... trasfigurando nella danza le più diverse suggestioni tematiche. Nel mettere in scena questo rapporto profondo che lo lega alla città, si avvale dell’aiuto di giovani allievi delle scuole di danza ravennati, rileggendo con loro frammenti dei suoi spettacoli. Per la prima volta, sarà ospite del festival – il 27 giugno al Pala De Andrè – il coreografo emergente francese Olivier Dubois – di recente nominato direttore del Centre Choréographique National di Roubaix dove è subentrato al posto di Carolyn Carlson – con la sua ultima intensa creazione, Souls, che ha per protagonisti sei danzatori di altrettanti paesi africani accompagnati dal rullio ossessionante e ostinato dei tamburi. Lo spettacolo, che ha visto la prima al Cairo, parla di anime in pena verso la morte. Una specie di via crucis africana, una traversata non così diversa da quelle dei migranti che affrontano il mare su barconi di disperati, o dalle popolazioni in fuga da eccidi e stermini etnici. Si chiude il 3 luglio, sempre al Pala De Andrè, con il ritorno di una delle più note coreografe statunitensi, Trisha Brown, maestra di intelligenza del movimento, di fluidità e purezza. Come pioniera della Postmodern Dance, nelle sue improvvisazioni, ha portato la danza sui tetti e lungo i muri dei palazzi. Propone diversi pezzi fra cui due suoi leggendari lavori degli anni Settanta (gli Early Works) con due performance a Palazzo Rasponi e nella Darsena di città. Roberta Bezzi
RAVENNA &DINTORNI 14/11 2013
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III
L’ÉTOILE
Con Chéri, il grande ritorno sulle scene di Alessandra Ferri
Alessandra Ferri in una scena dello spettacolo “Chéri”.
PROGETTO RIC.CI
Ecco il riallestimento di Terramara e Pupilla Il Ravenna Festival dedica uno speciale approfondimento alla danza contemporanea italiana, grazie a due nuove tappe del Progetto RIC.CI - Reconstruction Italian Contemporary Choreography, curato da Marinella Guatterini. L’obiettivo del progetto, nato nel 2011, è di riconoscere il passato prezioso, creativamente originale, spesso profetico della coreografia contemporanea. Dopo il riallestimento nel 2013 di Duetto di Virgilio Sieni e Alessandro Certini, di La boule de neige di Fabrizio Monteverde e di Calore di Enzo Cosimi, quest’anno la scelta è ricaduta su altre due coreografie considerate esemplari, con giovani interpreti italiani sempre diversi. La prima è Pupilla della performer Valeria Magli, che va in scena il 10 giugno al teatro Rasi. Quando andò in scena per la prima volta, nel 1983, i quadri di Pupilla erano scanditi da riferimenti culturali inequivocabili, come Hans Bellmer, creatore per l’appunto della famosa Die Puppe, bambola snodabile dagli arti quadruplicati e dai seni ingigantiti, che veniva messa in pose disarticolate e paradossali e poi fotografata. L’odierna ricostruzione della pièce, affidata a tre ballerine della Dance Haus Company, torna a raccontare il rapporto tra bambola, infanzia, erotismo e non solo. Il 12 giugno (sempre al Rasi) è poi atteso Terramara, primo vagito di un duo-compagnia, formato da Michele Abbondanza e Antonella Bertoni, accomunati da una comune matrice formativa al fianco di Carolyn Carlson. In una scena invasa da centinaia di arance, si indaga sul trascorrere del tempo e sulla complessità del legame uomo-donna e sulle trasformazioni dell’amore, mentre si intrecciano suggestioni musicali etniche: ungheresi, indiane, rumene e siciliane. Al posto di Abbondanza/Bertoni, coreografi e interpreti originali, si sono Eleonora Chiocchini e Francesco Pacelli.
Quando la danza entra nel sangue, la propria vita è ballo. Alessandra Ferri ci aveva provato ad appendere le scarpette, lasciando a 43 anni e in piena forma fisica, ma non ce l’ha fatta. L’étoile italiana, dopo aver dato l’addio alle scene nel 2007 interpretando una straordinaria Giulietta affiancata da Roberto Bolle nei pas de deux, ci ha ripensato. «La verità è che non ho mai smesso sul serio – ama ripetere –. Il mio fisico si ribellava al riposo, per cui facevo due ore di ballo, più pilates, yoga e gyrotnic tutti i giorni. Non è la scena, non è il pubblico, è proprio il ballare, il bisogno di vibrare che mi mancava». Il suo più che un ritorno indietro, è l’inizio di qualcosa di nuovo. Per questo, dopo aver incantato New York, arriva al Ravenna Festival – il 9, 10 e 11 giugno al teatro Alighieri -, con Chéri, lo spettacolo di teatro-danza che poi sarà in tour in tutto il mondo. Tratto dal romanzo omonimo di Colette del 1919, narra la relazione tra la cortigiana 49 enne Léa e il bellissimo e viziato 25 enne Chéri che, sul palco, è interpretato dal ballerino argentino Herman Cornejo, primo ballerino dell’American Ballet Theatre. Si tratta di una produzione del Signature Theatre a firma della regista e coreografa Martha Clarke. L’idea è piaciuta subito ad Alessandra Ferri che si è rispecchiata nel personaggio di Léa, una donna matura. «A 50 anni – dichiara – è affascinante per una ballerina poter interpretare la propria età. Il balletto ci abitua a storie di ragazze. Per me affrontare l’età che avanza è molto bello». D’altra parte i critici di settore, dal “New York Times” al “Wall Strett Journal”, che hanno già avuto modo di ammirarla oltre oceano, sono unanimi: la Ferri è sublime come sempre, quasi che non avesse mai smesso di ballare neppure per poche settimane. E così è stato infatti. La sua carriera continua e ci sono tutti i presupposti che possa seguire l’esempio di Baryshnikov che danza ancora meravigliosamente a più di sessant’anni. E se il panico da palcoscenico è stato uno dei motivi per cui diede l’addio, ora quell’angoscia non c’è più, è guarita. Forse perché ora danza principalmente per se stessa. Non ha più nulla da dimostrare, se non la sua meravigliosa arte, lei che a vent’anni era già principal dancer dell’American Ballet Theatre a New York. Nella sua corsa irrefrenabile, è poi diventata étoile all’Opéra di Parigi e prima ballerina assoluta del teatro alla Scala. Nel 2008 si occupa della programmazione della danza per il Festival dei Due Mondi di Spoleto, mentre nel 2013 torna a ballare in The Piano Upstairs al festival di Spoleto e a New York con Chéri, ora in tournée. Il resto della storia è tutta da scrivere. Roberta Bezzi
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ANTEPRIMA Edizione 2014
MAESTRI DELLA SINFONICA
OPERA UPCLOSE AL MARIANI
Temirkanov, Gergiev, Nagano e l’omaggio di Muti ad Abbado Gustare piatti tipici e brani di opere famose Ci siamo incontrate, Cristina Mazzavillani Muti ed io, al ristorante "I Passatelli" del Mariani, recentemente, per mangiare qualcosa insieme e fare due chiacchiere. Un momento di relax, un bicchiere (solo uno) di sangiovese, un primo e una deliziosa mela in involucro di pasta frolla. Perché proprio ai Passatelli? Per poter immaginare come saranno le serate quando, tra un piatto e l’altro e un brindisi, le compagnie invitate da Ravenna Festival eseguiranno La Bohéme di Puccini e l’Elisir d'amore di Donizetti fra gli avventori-spettatori. «Certo, è un modo nuovo di interpretare l'opera – dice Cristina – d'altronde sarebbe difficile immaginare una morente Mimì tra i tavoli con piadina e affettati vari. È una versione che sdrammatizza la classicità delle opere come noi le conosciamo, come dire... mangio e mi delizio nell'ascolto di arie celebri». Come ben sappiamo il festival presenta da sempre un programma multidisciplinare, ad ampio spettro, con punte che toccano il massimo della classicità fino a raggiungere quelle di massima innovazione; per questo si distingue da tutti gli altri festival. Per questo vale la pena conoscere più da vicino questi personaggi di Puccini e Donizetti che si aggireranno nell'ampia sala del ristorante Mariani dal 15 al 21 giugno. Opera UpClose fu fondata nell'ottobre del 2009 da Adam SpreaburyMaher, Ben Cooper e Robin Norton-Hale che si avventurarono nella produzione sperimentale de La Bohéme presso il Cock Tavern Theatre, un luogo piccolo e frequentato da un pubblico decisamente non raffinato. «Non avevamo la minima idea – dicono i fondatori – se qualcuno sarebbe venuto a vedere lo spettacolo e neppure se i cantanti lirici fossero preparati ad esibirsi in un così particolare teatro d'avanguardia. Invitammo, titubanti, i giornalisti e la risposta fu una grande sorpresa: numerosi sia i critici che i giornalisti». Quella che era iniziale curiosità divenne vero e proprio successo perché da allora in poi fu una continua escalation. La Bohéme fu rappresentata per sei mesi di seguito, poi passò al Soho Theatre, vinse nel 2011 l'Olivier Award per la migliore produzione di opera. «Inutile dire – continuano quelli della compagnia inglese – che eravamo stupiti, estasiati, del crescente successo della nostra pazza idea». Pensarono allora di cimentarsi in altre opere come Il Barbiere di Siviglia (o meglio, della cittadina inglese Salisbury), Madama Butterfly, La Fanciulla del West, Carmen e Tosca. Nel frattempo ci fu il trasferimento al King's Head Theatre. Il successo aumentò la loro passione nel creare nuove versioni di opere classiche, fino a che nel 2013 presentarono Elisir d'Amore di Donizetti, ovviamente nel loro, per così dire, allestimento conviviale. Anna De Lutiis
I concerti sinfonici hanno costituito, da sempre, le colonne portanti dell’attività musicale di Ravenna Festival. È dunque quasi scontato che per festeggiare un quarto di secolo di attività ininterrotta, il festival abbia deciso di richiamare in Romagna alcune delle più celebri bacchette che lo hanno onorato nel corso degli anni. Manca, è vero, Claudio Abbado, scomparso all’inizio di quest’anno e di cui a Ravenna restano ricordi indelebili: un concerto con gl’immortali Berliner nel 1993, e il suo ritorno sul podio del Festival nel 2011 alla guida dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini. Nel ricordo di Abbado, il Festival dei venticinque anni si affiderà a Yurij Temirkanov, che ormai dal 2006 è ospite regolare a Ravenna, quasi sempre con la Filarmonica di San Pietroburgo, la più antica e gloriosa formazione sinfonica Russa che Temirkanov guida dal 1988, successore del grande Evgenij Mravinskij. Con l’orchestra pietroburghese, il 7 giugno, Temirkanov si cimenterà con un programma interamente russo, dalla Francesca da Rimini di Čajkovskij a Petruška di Stravinskij, passando per il Concerto per violino di Sergej Prokof ’ev (solista Vadim Repim). Toccherà poi l’11 giugno a Kent Nagano, il direttore statunitense che a Ravenna ha esordito nel 1998 dirigendo L’amour des trois oranges ancora di Prokof ’ev, e c h e
stavolta guiderà l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini in un programma tutto brahmsiano che comprende la celeberrima Quarta sinfonia e il Primo concerto per pianoforte, con l’austriaco Till Fellner come solista. Se si volesse assegnare, infine, un immaginario premio fedeltà a un direttore di Ravenna Festival (escludendo, s’intende, Riccardo Muti), di certo Valerij Gergiev sarebbe tra i candidati migliori: dieci sono le sue presenze a Ravenna – la prima data al 1992, con l’Orchestra del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo – in tutti i rami del Festival, dall’opera (Boris Godunov, Lohengrin) ai concerti sinfonici al balletto assieme al grande corpo di ballo del Kirov. Quest’anno, il 14 giugno, alla testa dell’Orchestra Filarmonica Ceca, anche Gergiev marcherà la propria undicesima presenza con un altro omaggio ai grandi russi, assieme al pianista Yeol Eum Son, con un programma che avrà i propri vertici nei Quadri di un’esposizione di Musorgskij orchestrati da Ravel, e nel Secondo concerto per pianoforte di Sergej Rachmaninov. Imprescindibile, soprattutto quando Ravenna festeggia le proprie nozze d’argento con la grande musica, la bacchetta di Riccardo Muti. Il 30 giugno l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini si unirà all’Orchestra Mozart, la compagine fortemente voluta e sostenuta da Claudio Abbado, in un concerto che accosterà due monumenti musicali come la Quinta sinfonia di Cajkovskij e il Terzo concerto per pianoforte di Beethoven, col giovane David Fray come solista.
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RAVENNA &DINTORNI 14/11 2013
ANTEPRIMA Edizione 2014
Da sinistra: Yurij Temirkanov, Kent Nagano, Valerij Gergiev. In basso: Riccardo Muti e la cantante Ute Lemper
Immancabile anche l’appuntamento di Muti con “Le vie dell’amicizia”; e se lo scorso anno Ravenna Festival si era spostato nell’Emilia segnata dal sisma del 2012, quest’anno, il giorno dopo il concerto al Palazzo Mauro De Andrè di Ravenna (5 luglio), il Maestro sarà al Sacrario Militare di Redipuglia, in Friuli, per ricordare le vittime di tutte le guerre con la Messa da requiem di Giuseppe Verdi, nel primo centenario del primo conflitto mondiale. Accanto a Muti, alla Cherubini e a un gruppo di solisti d’eccezione (Tatiana Serjan, Daniela Barcellona, Saimir Pirgu, Riccardo Zanellato), ci sarà la European Spirit of Youth Orchestra, assieme al Coro del Friuli Venezia Giulia e a strumentisti e coristi delle nazioni che presero parte alla Prima guerra mondiale. Il centenario della Grande guerra sarà ampiamente commemorato da Ravenna Festival con una serie di concerti intitolati “Musica e Guerra” che spazieranno su un arco cronologico vastissimo: dal secentesco Combattimento di Tancredi e Clorinda di Claudio Monteverdi (il 24 luglio con l’ensemble La Venexiana diretto da Claudio Cavina) al Novecento di Alfredo Casella, Debussy, Bartók e Stravinskij dei pianisti Emanuele Arciuli e Andrea Rebaudengo, assieme ai percussionisti Andrea Dulbecco e Luca Gusella (il 26 giugno al Teatro Rasi). Il cöté antico-guerresco di Ravenna Festival 2014 sarà testimoniato il 27 giu-
Quest’anno “Le vie
dell’Amicizia del Festival approdano al Sacrario Militare di Redipuglia gno, anche dagli “Echi di battaglie” a Palazzo Rasponi, con l’Ensemble La Pifaresca da un lato, e con La Cafebaum Banda Barocca e il soprano Alice Borciani a sonorizzare le gesta dei pupi siciliani di Giacomo Cuticchio. Per tacere di un’anima bellicamente tormentata come quella di Carlo Gesualdo, principe di Venosa, musicista, uxoricida, cui è dedicato il progetto “Tenebrae. Il principe dei musici” di Giovanni Sollima (a San Vitale l’8 giugno). Dal lato contemporaneo, infine, va segnalato il concerto della chanteuse Ute Lemper che il 19 giugno, accompagnata dall’Orchestra Cherubini, si esibirà in un florilegio di canzoni che hanno il loro punto di partenza in quel 1914 che cambiò le sorti del mondo contemporaneo. Tarcisio Balbo
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ANTEPRIMA Edizione 2014
IL PERSONAGGIO
Quella lucida follia folk Doppio appuntamento con Vinicio Capossela e il suo originale cantautorato Tracciare una panoramica della scena cantautorale italiana degli ultimi cinquant'anni è operazione assai complicata anche e soprattutto per la molteplicità di fattori da tenere in considerazione se si vuol fare una catalogazione dettagliata e ordinata. Possiamo infatti suddividere i cantautori per provenienza, basandoci sulle rinomate scuole romana, milanese, bolognese, genovese e così via. O, ancora, per periodo: i grandi degli anni '60 (Tenco, Paoli, Jannacci, De André e scusate se non continuo), quelli storici degli anni '70 caratterizzati spesso da testi impegnati (Guccini, Dalla, De Gregori), quelli legati alle tendenze pop-rock in voga negli '80 (Vasco Rossi, Ruggeri, Carboni), gli ormai ultra-quarantenni, ma considerati eternamente giovani, che popolano la scena dagli anni '90 (Bersani, Gazzè, Silvestri), e via discorrendo. In questa eterogenea schiera di nomi, ce n’è uno che forse più di ogni altro è riuscito ad estraniarsi dalla solita idea di “cantautore” ormai radicata in Italia, creando un progetto originale, ricco di contaminazioni e spunti, grazie anche all'utilizzo di strumentazioni non tradizionali e a una vocalità molto particolare. Il suo nome è Vinicio Capossela e quest’anno sarà uno dei protagonisti della XXV edizione del Ravenna Festival portando in scena non uno, ma ben due spettacoli a distanza di pochi giorni l’un dall’altro. Ma andiamo con ordine: Capossela nasce in Germania da genitori avellinesi, cresce in Italia facendo la spola tra nord, sud e riviere mantenendosi con mille lavoretti, fino a tentare l'esperienza estera, addirittura nella Grande Mela. Insomma: un background variopinto e multiculturale che si rifletterà nella sua produzione, raggiungendo l'apice nel 2000 con l'ormai celebre disco Canzoni A Manovella. Il suo stile è un minestrone (ma di quelli buoni) di suoni e melodie che pescano dalle più disparate influenze. È follia pura. Fatta di richiami alla roboante musica folk balcanica, sguaiati canti da sagra del paese, urla chiassose da osteria. E, ancora, filastrocche da buffone di corte, canzoni da bar di provincia alle undici di sera, divertenti valzer da balera. Ma allo stesso tempo anche atmosfere cupe, da film noir, accompagnate da sibili drammatici e malinconici. Il tutto condito da liriche che, nel corso degli anni, sono diventate sempre più adulte e mature passando dai quadretti di vita quotidiana
raccontati agli esordi con la cinica leggerezza del cantastorie, fino alle attuali invettive sociali e politiche, senza disdegnare alcuni colti riferimenti letterari. Se a questa eclettica proposta musicale accostiamo anche quella sua immagine da navigato pirata (magari anche cercata e ostentata, ma sicuramente facilitata dall'aspetto fisico), capiamo come il personaggio in questione sia, quantomeno, interessante. Nell'ambito del Ravenna Festival, come detto, Capossela si presenterà con ben due esibizioni che, se possibile, aggiungono ulteriore carne al fuoco della sua versatile carriera. Il 18 giugno si cimenterà nel Carnevale degli Animali (e Altre Bestie d'Amore): sulle musiche della popolare opera di Camille Saint-Saens, il cantautore ricamerà poesie e le sue canzoni con la tipica ironia che lo contraddistingue. Il 29 giugno, invece, lo vedremo sul palco di Palazzo San Giacomo, a Russi, assieme a un collettivo (“La Banda Della Posta”) di anziani suonatori di Calitri, in un repertorio di musiche popolari “ballabili” per i matrimoni. Matteo Fabbri
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Giovanni Sollima, più volte ospite di Ravenna Festival, sarà protagonista della Notte della Taranta: il musicista palermitano, suonando e dirigendo un’orchestra di oltre trenta elementi proporrà infatti la sua personalissima interpretazione della tradizionale pizzica salentina. Appuntamento nel grande prato di Palazzo San Giacomo il 28 giugno, alle 21.30
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L’ANTEPRIMA
Claudio Bisio porta in scena “Gli sdraiati” di Michele Serra Il giornalista e scrittore Michele Serra, nel suo ultimo libro “Gli sdraiati”, si inoltra nel mondo misterioso e problematico degli adolescenti di oggi, non risparmiando nulla sia ai figli che ai padri e raccontando l’estraneità, i conflitti, le occasioni perdute, il formicolare di un’ostilità che nessuna saggezza riesce a placare. Il Ravenna Festival presenta in prima assoluta la versione teatrale del libro, dal titolo “Forever Young”, con protagonista il celebre attore Claudio Bisio e la regia di Giorgio Gallione. L’appuntamento è per tre sere all’Alighieri, dal 25 al 27 giugno.
ROCCA BRANCALEONE
Dalle “visioni” di Sacri Cuori e Brock fino al concerto di Anna Calvi Riprende quest’anno la rassegna di concerti/visioni tra musica e cinema con due appuntamenti alla Rocca Brancaleone. Concerto per film e orchestra è l’originale progetto di Sacri Cuori (band di “razza” romagnola ma di vocazione planetaria) che assieme a Evan Lurie (tra i fondatori della leggendaria band della no wave newyorkese The Loung Lizards) rende omaggio a uno dei più grandi registi del XX secolo, Luis Buñuel, il più famoso esponente del cinema surrealista (10 luglio). Il 7 luglio invece è in programma l’omaggio a Charlie Chaplin, in collaborazione con la Cineteca di Bologna, con l’esecuzione “live” La cantautrice rock di un commento musicale cominglese Anna Calvi posto e diretto da quello speciaattesa alla Rocca lista di fama mondiale che è Brancaleone il 20 giugno. Timothy Brock, sul podio dell’Orchestra del Comunale di Bologna. Alla Rocca Brancaleone ci sarà spazio (il 20 giugno) anche per sonorità più rock con il concerto della cantautrice inglese del momento, Anna Calvi, organizzato in collaborazione con la Bronson Produzioni.
VII
RAVENNA &DINTORNI 21/11 2013
VIII
ANTEPRIMA Edizione 2014
DRAMMATURGIE
PROGETTO NAT
Il teatro del ricordo e del rimpianto In scena Ermanna Montanari, Elena Bucci, Moni Ovadia e Lucilla Galeazzi per un tributo a Giovanni Testori e agli antieroi della Grande Guerra Il ricordo è una vita dopo la morte. Non tutti gli autori hanno le qualità artistiche per giungere a questo prolungamento della vita. Alcuni autori però sono privati di questa seconda esistenza per motivi diversi dal valore. Ci sono parole che lasciano un segno difficile da accettare, molto più semplice è tentare di rimuoverli dalla memoria per soffocare il grido che lanciavano quando erano in vita. Molti hanno cercato di dimenticare di Giovanni Testori, uno dei più importanti intellettuali italiani del Novecento. Scrittore, drammaturgo, pittore, critico d’arte, poeta, regista, attore è stata una personalità una personalità difficile da definire. Non a caso fu lui a prendere il posto di Pier Paolo Pasolini sulla prima pagina del Corriere della Sera quando questo fu brutalmente assassinato per quello che scriveva, e per quello che rappresentava. Testori hanno tentato di ucciderlo in un modo meno rumoroso, hanno tentato di ucciderlo quando era già morto: rimuovendolo. A vent’anni dalla morte e novanta dalla nascita, Ermanna Montanari del Teatro delle Albe vincitrice del Premio Duse 2013 come miglior attrice di prosa, lavorando come sempre fianco a fianco con Marco Martinelli, ha infranto con questo spettacolo un tabù, portando in scena il Testori giornalista con una scelta di suoi memorabili interventi sull’attualità. A te come te racchiude storie drammatiche, vicende spesso disperate che l’occhio pietoso e insieme lucidissimo dello scrittore illumina, cogliendo, in fondo alla tragedia, i segni di una speranza che nemmeno l’ingiustizia più atroce riesce a spegnere del tutto. Il ricordo però è un tributo dovuto anche a persone che in vita non sono state mai in
prima pagina, persone “comuni”, come si suol dire, che possono comunque diventare uniche quando entrano in contatto con grandi eventi storici come la Prima Guerra Mondiale. Hanno scelto di ripercorrere da un punto di vista diverso i protagonisti inconsapevoli di quella guerra due coppie di artisti. Moni Ovadia, attore e musicista che ha fatto della mescolanza della cultura yiddish e quella italiana il proprio timbro autoriale, assieme alla cantautrice folk Lucilla Galeazzi in Doppio fronte, Oratorio per la grande guerra racconteranno la paradossale esperienza dei friulani arruolati nell’esercito austriaco nel 1914 e mandati a combattere sul fronte orientale, che l’anno seguente si trovano in trincea contro l’esercito italiano. La narrazione avverrà attraverso lettere dal fronte e memorie, come quelle di Gadda e Ungaretti, e attraverso canti: patriottici o contro la guerra, d’autore, voci diverse unite nel coro di un’umanità incredula e dolente. Un’altra lettura della guerra sarà quella proposta da due ospiti abituali del Festival: l’attrice Elena Bucci, che il pubblico della kermesse ricorderà in scena accanto a Chiara Muti in Teresa Guiccioli - George Byron e Francesca da Rimini e il fisarmonicista Simone Zanchini, che l’anno scorso rielaborò le musiche del concerto ai giardini pubblici di Casadei Secondo me. I due lavoreranno per lo spettacolo Colloqui con la cattiva dea su storie di guerra combattute al fronte, ma soprattutto a casa, nelle fabbriche, nei postriboli o sul palcoscenico. Un intarsio di voce e fisarmonica che costruirà una serie di affreschi della vita quotidiana nel tempo crudele e aspro dell’Italia in guerra. Matteo Cavezzali
Due produzioni dai talenti africani Giunge al suo terzo anno il progetto N.A.T., Network for African Talents, attivato e coordinato da Ravenna Festival assieme a Kulungwana (Maputo - Mozambico), all’Associazione Takku Ligey (Senegal) e al Fatej Festival organizzato dal Théatre du Chocolat di Yaoundé (Camerun) con il sostegno dell’Unione Europea e dal quale scaturiscono due produzioni teatrali con una forte componente musicale. Si tratta di Opera Lamb, diretto da Mandiye N’Diaye, fondatore e animatore di Takku Ligey, che prende spunto dalla lotta senegalese (denominata “lamb” o “laamb” appunto), sport nazionale per eccellenza divenuto negli ultimi anni un fenomeno sociale di ampie dimensioni con pesanti riflessi sull’economia del paese, e di Night Commuters. Bambini che non dormono mai, concepito da Guido Barbieri e Oscar Pizzo.
INFO E PRENOTAZIONI INTERNET,
SOCIAL NETWORK E BIGLIETTERIA
Per i 44 spettacoli del Festival è possibile prenotare un posto: alla biglietteria del Festival (Teatro Alighieri, via Mariani 2, tel. 0544 249244), sul sito www.ravennafestival.org e attraverso la rete di prevendite ufficiali attiva presso tutte le filiali della Cassa di Risparmio di Ravenna e agli uffici Iat di Ravenna, Marina di Ravenna, Punta Marina, Cervia e Milano Marittima. Esclusivamente alla biglietteria del Festival continua anche la possibilità di sottoscrivere abbonamenti ad 8 spettacoli o di acquistare il Carnet Open (4, 6 oppure 8 spettacoli). Il programma aggiornato del Festival sul sito: http://www.ravennafestival.org, tutte le informazioni anche sulla pagine dei social network del Festival: Facebook, Twitter e Youtube. Info: tickets@ravennafestival.org e 0544 249244.
RISTORANTE SUL LUNGOMARE
RISTORANTE
PISCINA ALBERGO • RISTORANTE di Roberto Spadoni
Specialità di pesce Piatti della tradizione romagnola Pizzeria
Cucina tradizionale di pesce con specialità risotto dal 1961 a MARINA DI RAVENNA
BAGNACAVALLO Piazza della Libertà 15 Tel. 0545 64468 chiuso il mercoledì www.malabocca.it
Viale delle Nazioni, 345 Tel. 0544 530431 Fax 0544 536357 Ristorante aperto il sabato e domenica a pranzo ed il sabato sera solo su prenotazione MARINA DI RAVENNA VIALE DELLE NAZIONI 40 tel. 0544 530186 - 347 5313967
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